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«Nuove energie per tutta la scuola» Bagnasco: rimettere al centro l’intero sistema formativo per dare futuro alla società ENRICO LENZI Una «società che non investa energie economiche e umane nella scuola, nella formazione e nell’innovazione, finisce per subordinare l’uomo al lavoro e al denaro». E proprio per questo «riconoscere davvero alla famiglia la libertà di scelta in campo educativo» diventa quanto mai urgente e indifferibile, perché è qui che si gioca il futuro non soltanto delle giovani generazioni, ma soprattutto quello del Paese. E in questa emergenza educativa «la Chiesa è per la scuola, perché è interessata a una formazione integrale e armonica dell’individuo». Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, coglie l’occasione dell’apertura, ieri a Roma, del «Laboratorio nazionale» sul tema dell’educazione e della scuola, per tornare a ribadire l’impegno dei vescovi «per la scuola». Una scuola senza aggettivi, bensì l’intero sistema formativo: dalla scuola materna alla formazione professionale, passando per primaria, media e superiori. Ma soprattutto «l’intero sistema», perché «il tema dell’educazione acquisisce oggi un’importanza decisiva, tanto maggiore quanto più è in continua evoluzione il contesto sociale ed economico nel quale siamo inseriti». E i giovani, «anche senza saperlo esprimere, chiedono di essere accompagnati e di avere davanti a sé esempi credibili e autorevoli». Poco prima, il vescovo di Piacenza-Bobbio Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università (che assieme a quella per la famiglia ha dato avvio a questo cammino), aveva sottolineato come «questo laboratorio intende essere il primo passo per sensibilizzare e mobilitare tutti i soggetti presenti nella scuola perché il tema torni davvero al centro dell’agenda di questo Paese». Davanti a una «scuola che sembra sempre più un supermarket», ha proseguito il cardinale Bagnasco, occorre chiedere «più sostegno alle Istituzioni», le quali, però, hanno in questi ultimi tempi intrapreso una strada differente con «tagli al personale e ai fondi stanziati per le attività e la strumentazione». E sono le famiglie le prime a dover sollevare la propria voce. Proprio loro, a cui la Costituzione «riconosce il dovere e il diritti di educare e istruire i figli secondo una linea educativa

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«Nuove energie per tutta la scuola» Bagnasco: rimettere al centro l’intero sistema formativo per dare futuro alla società ENRICO LENZI 

Una  «società   che  non   investa  energie  economiche  e  umane  nella   scuola,   nella   formazione  e nell’innovazione,  finisce  per  subordinare   l’uomo al   lavoro  e  al  denaro».  E  proprio  per  questo «riconoscere davvero alla famiglia  la  libertà di scelta  in campo educativo» diventa quanto mai urgente e indifferibile, perché è qui che si gioca il futuro non soltanto delle giovani generazioni, ma soprattutto quello del Paese. E in questa emergenza educativa «la Chiesa è per la scuola, perché è interessata a una formazione integrale e armonica dell’individuo». Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, coglie l’occasione dell’apertura, ieri a Roma, del «Laboratorio nazionale» sul tema dell’educazione e della scuola, per tornare a ribadire l’impegno dei  vescovi  «per  la scuola».  Una scuola  senza aggettivi,  bensì   l’intero sistema formativo:  dalla scuola materna alla formazione professionale, passando per primaria, media e superiori.Ma soprattutto «l’intero sistema», perché «il tema dell’educazione acquisisce oggi un’importanza decisiva, tanto maggiore quanto più è in continua evoluzione il contesto sociale ed economico nel quale   siamo   inseriti».   E   i   giovani,   «anche   senza   saperlo   esprimere,   chiedono   di   essere accompagnati e di avere davanti a sé esempi credibili  e autorevoli». Poco prima,  il  vescovo di Piacenza-Bobbio  Gianni   Ambrosio,   presidente   della   Commissione   episcopale   per   l’educazione cattolica,   la  scuola  e  l’università  (che assieme a quella per  la  famiglia  ha dato avvio a questo cammino),   aveva   sottolineato   come   «questo   laboratorio   intende   essere   il   primo   passo   per sensibilizzare e mobilitare  tutti i  soggetti presenti nella scuola perché  il   tema torni  davvero al centro dell’agenda di questo Paese».Davanti   a   una   «scuola   che   sembra   sempre   più   un   supermarket»,   ha   proseguito   il   cardinale Bagnasco, occorre chiedere «più sostegno alle Istituzioni», le quali, però, hanno in questi ultimi tempi intrapreso una strada differente con «tagli al personale e ai fondi stanziati per le attività e la strumentazione». E sono le famiglie le prime a dover sollevare la propria voce.Proprio loro, a cui la Costituzione «riconosce il dovere e il diritti di educare e istruire i figli secondo una  linea  educativa   liberamente scelta».   In  questo  contesto,  ovviamente,  si   inserisce  anche  il capitolo relativo alla parità scolastica non ancora pienamente attuata e che di fatto limita questo diritto delle famiglie. Un diritto riconosciuto e sostenuto anche con una risoluzione del Parlamento Europeo del 1984, anche se, commenta il presidente della Cei, «in questo campo i richiami della Ue al nostro Paese non trovano l’attenzione che ben altri richiami ottengono». Ma l’intervento del cardinale Bagnasco che ha aperto i   lavori  della «due giorni» del  Laboratorio nazionale,  è stato l’occasione   per   riportare   al   centro   «tutta   la   scuola»,   a   cui   è   urgente   riconoscere   una   reale autonomia.   Perché   a   soffrire   è   «l’intera   scuola»,   nella   quale   si   assiste   a   una   «più   faticosa comunicazione tra educandi ed educatori, oltre a un rapporto più difficoltoso e frammentario con le famiglie, primo soggetto della formazione dei figli.  Fondamentale è il rapporto tra famiglia e scuola», che deve «estendersi anche all’intera società». In gioco vi è la «trasmissione non solo dei saperi,  ma anche dei   valori  e  della  memoria   tra  una  generazione all’altra».  Passaggio  oggi   in pericolo, complice una famiglia «spesso smarrita di fronte alle nuove sfide e meno attrezzata ad assumersi  vereresponsabilità educative» e una scuola che «senza mezzi adeguati è chiamata a svolgere un ruolo di supplenza e di sostegno nei confronti della famiglia». E là dove le famiglie desiderano   vivere   pienamente   questo   loro   diritto,   lo   Stato   è   chiamato   a   sostenerlo   anche economicamente, perché «è in gioco la libertà di scelta dei genitori circa l’educazione dei propri figli:   straordinaria  e  affascinante  avventura».  Una riflessione,  quella  avviata  con  il  Laboratorio nazionale, che riunisce per due giorni nella Capitale alcune centinaia di rappresentanti di tutte le 

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associazioni  e  realtà cattoliche presenti nella scuola statale e paritaria,  che oggi  è chiamata a fornire alcune linee per il cammino futuro. 

Adesso più che mai bisogna ritrovare la passione educativaPer   Tibaldi   è   l’unico   modo   per   superare   l’individualismo   che,   rimarca  Manna (Censis), si è imposto anche per colpa della tv e ha rovesciato la scala di valori del vivere insieme.Una scuola  «vittima» di  una società  che ha rovesciato   la  scala  dei  valori  e  che nel  tempo ha progressivamente perso il proprio ruolo di luogo della trasmissione tra una generazione e l’altra. È una analisi lucida e per certi versi spietata, quella che Elisa Manna, responsabile delle politiche culturali   del   Censis   offre   alla   platea   del   Laboratorio   nazionale   promosso   dalla   Cei   sul   tema dell’educazione. La ricercatrice del Censis nella sua relazione ha snocciolato con grande efficacia le cause che nel tempo hanno minato le radici della scuola. «Già negli anni ’80 - ha spiegato Manna - abbiamo assistito a un cambiamento involutivo della scoietà con il comparire di un individualismo libertario, di un soggettivismo esasperato e un relativismo che ha di fatto portato a un distacco totale dalle proprie radici». In tutto questo, una grande responsabilità l’ha avuta (e continua ad averla)   la   televisione   che   «ha   offerto  modelli   comportamentali   che   hanno   esasperato   questi atteggiamenti individualistici e scarsamente comunitari». Scenari e modelli che hanno «intaccato» anche il mondo della scuola e della formazione.Una scuola, quella italiana, che, ha sottolineato nel suo intervento Andrea Gavosto, direttore della Fondazione   Agnelli   (che   ha   realizzato   numerose   ricerche   sull’educazione),   risulta   «com-plessivamente indietro nei risultati delle indagini internazionali rispetto ad altri Paesi europei e non solo» e «al suo interno mostra risultati fortemente diversificati a seconda della regione». E così se nell’indagine Ocse sulla capacità di lettura e comprensione di un testo da parte dei ragazzi di 15 anni l’Italia si colloca complessivamente al 23° posto della classifica (distante quasi 60 punti dalla   Corea),   scopriamo  che   il   dato   suddiviso  per   regione,   vede   la   Lombardia   ai   primi  posti, distanziata  di   soli   17  punti  dalla   Corea.  Resta   forte   nei   risultati   conseguiti,   soprattutto  nelle superiori, il ceto sociale e culturale delle famiglie di provenienza: i risultati migliori sono conseguiti da coloro che hanno i genitori con un livello di scolarità elevato, mentre i figli di genitori che hanno al massimo la licenza media si collocano nella parte basse delle classifiche internazionali. In questo la scuola obbligatoria non è ancora riuscita a sostenere i capaci e meritevoli, come invece è sancito dalla   Costituzione.   Ma   se   in   alcune   classifiche   l’Italia   arranca,   «siamo   al   primo   posto   per l’integrazione  degli   alunni   con  disabilità   -   sottolinea  Gavosto  ,   con   l’inserimento  quasi   totale all’interno delle classi regolari». Scelta positiva, ma che ha portato con sè un aumento degli in-segnanti di sostegno, a cui spesso viene «scaricata» l’intera responsabilità formativa dell’alunno portatore di handicap.La sfida che  la scuola e  la  famiglia hanno davanti è da  far tremare  le vene ai  polsi.  «Occorre ritrovare e incentivare la passione educativa - commenta nel suo intervento il terzo relatore della mattinata Marco Tibaldi, docente di Filosofia e storia nei licei di Bologna -. Obiettivo non facile, anche perché se il  termine passione ha in sè l’aspetto dell’amore, conserva anche quello della sofferenza». E ancora una volta risuonano i termini «testimoni credibili », «adulti capaci di essere significativi»,  «educatori  capaci  di  mettersi  anche all’ascolto».  Piste per un cammino che deve avere   come   traguardo   il   rilancio   dell’azione   educativa   e   la   trasmissione tra   generazioni.

Avvenire, 4 maggio 2013