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DIOCESI DI PATTI Centro Diocesano Vocazioni La tua parola mi fa vivere Sal 119,50 Riflessioni sul Vangelo del giorno per il Tempo Ordinario (Anno A) Settimane IX - XXII 1

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DIOCESI DI PATTICentro Diocesano Vocazioni

La tua parola mi fa vivere

Sal 119,50

Riflessioni sul Vangelo del giorno per il Tempo Ordinario (Anno A) Settimane IX - XXII

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Il volumetto è stato curato da don Dino Lanza ([email protected]) e dall’equipe del CENTRO DIOCESANO VOCAZIONI.

I testi delle riflessioni, sono stati preparati da:• Settimane IX-XVII da don Adriano Agnello, parroco della Parrocchia S.

Maria di Gesù in Raccuia:• Settimane XVIII-XXI da sr. Carmela Galati, Ancella del Sacro Cuore di

Gesù, originaria di Tortorici.

© 2020 - Centro Diocesano VocazioniSeminario Vescovile di Patti

Piazza Cattedrale - 98066 Patti (ME)Tel. 0941.21047

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Per chi desidera inviare una offertaCCP 11119989 – OVS

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È possibile scaricare i file Word e PDF dal sito www.qumran2.netinserendo il titolo del sussidio

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Presentazione del VescovoIl Sussidio di meditazione «La Tua Parola mi fa vivere» (Sal 119,50), curato dal Centro Diocesano Vocazioni, accompagnerà il nostro cammino umano e cristiano nel Tempo Ordinario. La Parola del Vangelo dona sempre nuova linfa alla nostra esistenza e aiuta il cuore a sintonizzarsi con Dio.

È sorprendente scoprire attraverso la lettura della Parola come Dio parla all’uomo con un linguaggio umano e si rivolge a lui nel tempo nel quale egli vive, ponendogli domande alle quali l’uomo non può rispondere con argomentazioni umane, ma con la fede perché quelle domande fanno parte della sua stessa vita e lo conducono a leggere la storia personale con la sguardo di Dio.

La Parola di Dio, infatti, si fa appello in un’esistenza concreta, mai senza l’esistenza e perciò l’ascolto di essa va confrontato con la vita personale e comunitaria. Per questo l’adesione alla Parola non può essere solo intellettuale, ma deve essere vissuta in una relazione di amicizia orante con Dio e nel servizio all’uomo.

È necessario custodire nel cuore il desiderio di ascoltare la Parola, di lasciarsi interpellare da essa e permettere ad essa di orientare il cammino della vita.

Auguro a quanti mediteranno con le pagine che seguono di vivere questa affascinante e feconda esperienza di ascolto, per rispondere a Dio che ci interpella con la Sua Parola credendo e testimoniando nella storia la Sua presenza.

Vi saluto con affetto e Vi benedico di cuore.

Patti,13 maggio 2020.

+ Guglielmo, Vescovo

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Tempo Ordinario(Anno A)

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IX Settimana del Tempo OrdinarioLunedì 1 Giugno 2020San Giustino, martire

Liturgia della Parola2Pt 1,1-7; Sal 90; Mc 12,1-12

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?». E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

…È MEDITATAI contadini che hanno avuto in affitto la vigna pensano di potersi comportare come vogliono perché hanno una certezza: il padrone se n’è andato lontano. Il che è vero; ma cosa sbagliano? Non in questo giudizio, ma nel pensare che se il padrone se n’è andato, vuol dire che sono soli e lui non c’è più. Questo non è vero, tanto che al momento opportuno si fa sentire attraverso qualcuno: dei servi, poi altri servi, e infine suo figlio. Gli uomini reagiscono a queste visite in modo sconcertante: eliminano i testimoni del padrone, quelli che sono segni del fatto che lui c’è. Perché ormai hanno accettato l’idea (che si sono fatti da soli!) che il padrone non c’entra – e

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non deve c’entrare – con la loro vita e con la gestione della “loro” vigna! Perfino la vigna, da essere del padrone, è diventata loro. Questa è un’idea falsa causata da un cattivo giudizio, cioè da un uso della ragione inesatto. Hanno fatto dei ragionamenti sbagliati, non tenendo in conto tutti gli aspetti (1. La vigna non è loro: il padrone l’ha affittata, non donata! 2. Non potranno mai essere eredi perché questo dipende dalla volontà del padrone e non dalla loro decisione!). Così, non sono arrivati a conoscere il modo di fare del loro padrone, hanno dedotto male su di lui e alla fine si ritrovano a pagarne le conseguenze. Questo è il dramma dell’uomo contemporaneo. “Dio, se c’è, non c’entra” diceva Cornelio Fabro per descrivere il pensiero dell’ateo. E questi pensieri qualche volta li facciamo anche noi: chi non pensa che la propria vita è sua e che dipende da lui? Chi pensa costantemente che gli è stata donata e che gli è donata sempre? Chi di noi, partendo da questa evidenza, arriva a rendersi conto che se è un dono, vuol dire che c’è chi l’ha donata, per cui io sono sempre in relazione a Colui che me la sta donando istante per istante?

…È PREGATAO Signore, nostro Dio,quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. […] Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,la luna e le stelle che tu hai fissate,che cosa è l’uomo perché te ne ricordie il figlio dell’uomo perché te ne curi?Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,di gloria e di onore lo hai coronato:gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,tutto hai posto sotto i suoi piedi […].O Signore, nostro Dio,quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!

Dal Salmo 8…MI IMPEGNA

Al termine di questa giornata, faccio l’esame di coscienza e sto attento a riconoscere ciò che viene da Dio nella mia vita.

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Martedì 2 Giugno 2020BEATA VERGINE MARIA ODIGITRIA

Festa in SiciliaGIORNATA REGIONALE MARIANA SACERDOTALE

Liturgia della ParolaIs 43,16-20; Sal Lc 1,68-79; Lc 1,46-56

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Maria disse:«L’anima mia magnifica il Signoree il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,perché ha guardato l’umiltà della sua serva.D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotentee santo è il suo nome:di generazione in generazione la sua misericordiasi stende su quelli che lo temono.Ha spiegato la potenza del suo braccio,ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;ha ricolmato di beni gli affamati,ha rimandato a mani vuote i ricchi.Ha soccorso Israele, suo servo,ricordandosi della sua misericordia,come aveva promesso ai nostri padri,ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».

…È MEDITATAAttraverso l’inno del “Magnificat”, la Madonna compie un atto di memoria, che è l’atteggiamento più vero che si possa vivere nella vita: tutto mi è dato. Non solo mi è stato dato, ma mi è dato ora. Innanzitutto io sono dato a me stesso; e poi, la mia vita è ricca degli interventi di Colui che è all’origine di ogni mia giornata. E la vita mia non è solo costellata da quello che mi circonda e che faccio, ma ha una radice che affonda nella storia, cioè nel rapporto che Dio ha stretto con me. Io sono ora il rapporto con Colui che è la mia origine. Fare memoria di questo significa riconoscere sia ciò che sono, sia ciò che Dio compie, e permette di intuire una verità che solo la fede può rendere stabile: Egli non abbandona. Così come nel corso della storia si è fatto compagno della mia vita, allo

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stesso modo lo sarà in futuro. La fede genera la speranza. La condizione per questo è l’umiltà (per usare le parole del Magnificat) o povertà di spirito (come dice il Vangelo), o semplicità di cuore. Chi riconosce la propria originaria dipendenza dal Mistero di Dio può camminare lieto nella vita, con la fiducia che tutto gli sarà dato.

…È PREGATASanta Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come acqua di sorgente. Ottienimi un cuore semplice, che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze; un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione, un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore di alcun male. Formami un cuore dolce e umile, che ami senza esigere di essere riamato, contento di scomparire in altri cuori, sacrificandosi davanti al tuo Divin Figlio; un cuore grande e indomabile, così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza lo possa stancare; un cuore tormentato dalla gloria di Cristo, ferito dal suo amore, con una piaga che non si rimargini se non in Cielo. Amen. p. L. De Grandmaison

…MI IMPEGNAOggi prego una decina di S. Rosario chiedendo la grazia della povertà di spirito.

Mercoledì 3 Giugno 2020San Carlo Lwanga e compagni, martiri

Liturgia della Parola2Tm 1,1-3.6-12; Sal 122; Mc 12,18-27

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei - i quali dicono che non c’è risurrezione - e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la

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donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».

…È MEDITATAC’è o no la risurrezione? Il problema è tutto qui. I sadducei affermavano di no, i farisei invece di sì. E il dibattito teologico viene proposto a Gesù, sia perché lui ha la fama di essere autorevole, sia perché se si schiera da un lato o dall’altro si può indebolire il suo seguito. Gesù però non si mette a fare il teologo intellettuale: parte da un dato che è incontestabile. “Non avete letto nel libro di Mosè che Dio dice di essere il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe?”. Dio non è un concetto, ma una persona; e una persona che vive in rapporto (è il “Dio di”). Per fare questo, deve essere vivo sia Lui che quelli che sono in rapporto con Lui: per cui anche coloro che non sono più in questo mondo ma che dimorano in Lui sono vivi, non morti. O più precisamente: sono chiamati a risorgere, cioè a essere vivi per un rapporto vero con Dio. E a noi, che della resurrezione oggi non interessa praticamente nulla, questo dibattito cosa ha da dire? In primo luogo, risponde a una esigenza che tutti abbiamo: ma la mia vita dove va? Perché vivo? Cosa ne sarà di me? Queste domande possiamo fingere di non averle, ma sono nel profondo di ognuno. In secondo luogo ci consola con una certezza: Dio è interessato a me, non vuole che io mi smarrisca nel nulla; sono chiamato a risorgere, cioè a vivere in eterno.

…È PREGATACi hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto fino a che non trova riposo in te.S. Agostino

…MI IMPEGNAPrego in particolare per i cristiani perseguitati nel mondo e

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uccisi, come i martiri Carlo Lwanga e compagni.

Giovedì 4 Giugno 2020San Francesco Caracciolo, sacerdote

1° giovedì del mese: preghiera per le vocazioniLiturgia della Parola

2Tm 2,8-15; Sal 24; Mc 12,28-34LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

…È MEDITATA“Non sei lontano dal regno di Dio”, dice Gesù, perché il regno di Dio è la condizione dove Dio regna. E Dio regna dove si vive secondo la sua volontà, cioè secondo il suo modo di vivere. E “Dio è amore” (1Gv 4,8). La vita di ogni uomo è un camminare cercando l’amore: non solo quello di un uomo o di una donna, ma l’amore come compimento di se stessi. Quando si ama si sta bene; quando uno non ama è insoddisfatto, annoiato, incompiuto. Diventa piatto, stufo delle cose. Una persona innamorata vede tutto “rose e fiori”, la vita gli parla. E Gesù questo lo sa bene; Dio lo aveva già annunziato a Mosè, dicendo che ogni uomo deve impegnarsi a fare due cose: amare Dio sopra ogni cosa e gli altri come se stessi. Perché Dio? Perché se uno toglie Dio dalla propria vita, rimane proiettato verso il nulla (chi può dare senso all’esistenza, senza Dio?). Perché il prossimo? Perché in questo modo la vita diventa carica di tenerezza e di concretezza. E perché se stessi? Perché se uno non si ama, cioè se uno non si prende

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sul serio così, non può vivere. Ecco il regno di Dio: l’uomo che vive con questo cuore, con questa tensione al compimento, che è raggiungere Dio e farlo insieme al suo prossimo.

…È PREGATAInsegnami, Signore, ad amare. Dammi occhi per sapere amare me stesso con verità, senza ingannarmi con soddisfazioni temporanee e a scadenza. Aiutami a comprendere che solo un amore vero verso me stesso mi compie; e aiutami a scoprire per mezzo dei tuoi testimoni che solo amare te con tutto il cuore riempie la vita. Amen.

…MI IMPEGNAFaccio un Atto di offerta della mia persona e della mia vita a Gesù, in tutto.

Venerdì 5 Giugno 2020San Bonifacio, vescovo e martire

Liturgia della Parola2Tm 3,10-16; Sal 118; Mc 12,35-37

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo: “Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi”. Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?». E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.

…È MEDITATAGesù è intelligente, non c’è che dire. In effetti, bisognerebbe accettare che noi siamo presuntuosi perché crediamo di sapere tante cose (che in realtà non sappiamo) e pensiamo che prima di noi nessuno aveva capito certi inganni o si era posto certe domande scomode. Invece, se leggessimo attentamente la Bibbia, scopriremmo che quello su cui tanti vogliono metterci in discussione è già stato affrontato e chiarito. Come nell’esempio del brano di oggi: Gesù fa capire che il Cristo non è uno qualsiasi, ma è Signore. E il Signore non è uno qualsiasi, ma Dio stesso. Quanti oggi mettono in dubbio questo? Che Gesù sia davvero Dio? Tanti magari a parole non lo negano, ma concretamente quanti poi lo

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affermano con i propri gesti? Come stiamo di fronte a Dio? Lo trattiamo come uno qualsiasi, insieme agli altri “dei” della nostra vita? Oppure è Signore e lo seguiamo ed amiamo sopra ogni cosa?

…È PREGATASpirito Santo, metti dentro il mio cuore il santo timore di Dio: affinché io riconosca che nulla è come Lui nella mia vita e io possa fidarmi e affidarmi in tutto alla sua presenza e al suo volere. Amen.

…MI IMPEGNAMetto da parte qualcosa che per me è importante per dedicare del tempo al rapporto con Dio (attraverso la preghiera, il silenzio, il servizio dei fratelli).

Sabato 6 Giugno 2020San Norberto, vescovo

Liturgia della Parola2Tm 4,1-8; Sal 70; Mc 12,38-44

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

…È MEDITATAGesù è un grande osservatore ma non si limita a fare l’analisi esteriore delle cose, come se fosse un sociologo. Gesù osserva le radici del cuore di ogni gesto, coglie l’uomo in quello che fa. Con una parola difficile, potremmo dire che vede l’autocoscienza di ciascuno grazie a come ognuno si muove e si gioca nella vita. Così è per gli scribi, che

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desiderano solamente essere visti e lodati. Per cosa vivono? Per un riconoscimento, per essere “bravi”. Così è anche per la vedova: dà pochi spiccioli, ma è tutto quello che ha. Per che cosa vive? Per Dio. Dà tutta se stessa a un Altro, si riconosce totalmente dipendente da Lui al punto che per Lui dà tutto. Gesù coglie la profondità del cuore dell’uomo, ciò per cui ognuno si muove. E ci insegna a fare lo stesso: per cosa mi muovo io? Cosa ricerco? Cosa mi faccio bastare? Colgo costantemente che la mia vita è in relazione totalizzante con Dio che mi fa istante per istante? Vivo questa relazione come donazione totale a Lui?

…È PREGATAO Dio, tu sei il mio Dio,dall’aurora io ti cerco,ha sete di te l’anima mia,desidera te la mia carnein terra arida, assetata, senz’acqua.Così nel santuario ti ho contemplato,guardando la tua potenza e la tua gloria.Poiché il tuo amore vale più della vita,le mie labbra canteranno la tua lode.Così ti benedirò per tutta la vita:nel tuo nome alzerò le mie mani.Come saziato dai cibi migliori,con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. Dal Salmo 63

…MI IMPEGNAFarò un gesto di elemosina o di carità che non sia qualcosa di superfluo.

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X Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 7 Giugno 2020

SANTISSIMA TRINITÀSolennità

Liturgia della ParolaEs 34,4-6.8-9; Sal da Dn 3; 2 Cor 13,11-13; Gv 3,16-18

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

…È MEDITATAC’è una condizione essenziale dell’esistenza che a noi tende sempre a sfuggire, anzi che noi consideriamo come secondaria: la relazione. Ognuno di noi pensa che l’uomo è qualcuno e che essendo qualcuno entra in relazione con qualcun altro. Invece, attraverso la solennità di questa domenica, scopriamo un altro modo di essere: una persona è qualcuno solo perché è in relazione con qualcun altro, e non il contrario. Che cosa ci dice la SS. Trinità? Che Dio non è individuo ma è persona; e anzi, è relazione di persone. Tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo) e una natura (Dio): questo è il mistero della Trinità. Le tre persone non esistono al di fuori della loro reciproca relazione. Non può esistere il Figlio senza il Padre, né lo Spirito senza il rapporto con gli altri. La relazione è il modo di esistere che hanno le tre persone della Trinità. E l’uomo? Se è fatto ad immagine di Dio, vuol dire che è costituito dalla relazione. Con chi? Con Dio ovviamente (“ad immagine” implica la relazione) e con Cristo nello specifico. Egli è il Dio fatto uomo e in rapporto a Lui ogni uomo diventa capace di scoprire la propria relazione fondamentale con il Padre e di sperimentare, così, la vita stessa di Dio.

…È PREGATA

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Fa’, o Signore, che io mi stupisca sempre di essere fatto in ogni istante da Te; che io sia grato di essere in relazione con Te attraverso tutto e che io possa riconoscerti in questa mia carne d’uomo per mezzo della carne del Tuo Figlio, la Chiesa. Amen.

…MI IMPEGNAPrego per l’unità della Chiesa: per tutto il popolo di Dio, per l’unità tra i fedeli, per l’unità tra laici e clero, tra sacerdoti e vescovi, tra vescovi e il Papa. E prego per l’unità della Chiesa con Cristo, che sia sempre più forte ed evidente.

Lunedì 8 Giugno 2020San Medardo, vescovo

Liturgia della Parola1Re 17,1-6; Sal 120; Mt 5,1-12

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».

…È MEDITATAIl desiderio di Cristo è che siamo beati. Cioè che siamo compiuti! Egli guarda le folle, tanta gente che non aveva altro cui andare appresso al di fuori di lui. E doveva essere gente semplice, umile, non di certo gli esperti del tempo o i notabili della società. Perché solo chi è disposto a perdere tutto può andare dietro Cristo. E proprio a questa gente, a quelli che non hanno null’altro da difendere all’infuori di Lui, Cristo promette ogni tipo di consolazione e di promessa, ogni

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godimento e compimento. Perché il vero compimento è avere Lui e diventare come Lui. Ecco chi sono i beati: coloro che scoprono quanto sia conveniente non vivere più per se stessi, ma per Lui che è morto e ha dato la vita per tutti.

…È PREGATATroppo perde il tempo chi ben non t’ama,dolc’amor Jesù, sovr’ogni amore. […]Servire a Te, Jesù, mi’ amoroso,più soave è che null’altro delecto;non può saper chi di Te sta oziosoquant’è dolce ad amar Te con affecto: gemai el cor non trova altro ripososi non se en Te, Jesù, amor perfecto,che de li tuoi servi se’ consolatore. Dal Laudario di Cortona

…MI IMPEGNACercherò di essere operatore di pace in qualche condizione di conflitto di cui sono a conoscenza.

Martedì 9 Giugno 2020Sant’Efrem, diacono e dottore della Chiesa

Liturgia della Parola1Re 17,7-16; Sal 4; Mt 5,13-16

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

…È MEDITATA“Vedano” voi “e rendano gloria al Padre”: questo è ciò che sta a cuore Gesù. La gloria del Padre è decisiva, ma perché? Perché Dio è egocentrico? Gli piace essere lodato, incensato, ammirato? No! Ireneo di Lione utilizza questa espressione: “la gloria di Dio è l’uomo vivente”, e questo indica lo scopo della

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gloria: perché l’uomo viva, sia vivente. A Gesù sta a cuore il Padre e per questo gli stiamo a cuore noi! Così egli ci guarda: dentro il rapporto con “chi ci fa” e non vuole che noi ci perdiamo. Chi vive di Dio porta nel mondo la sua presenza: presenza che dà senso, cioè direzione e significato al mondo; presenza che ne esalta la bellezza e il gusto, e al tempo stesso che custodisce tale bontà (il sale ha questi due scopi); presenza che permette di vedere con più chiarezza qual è l’origine e il fine di tutto, cioè proprio il Padre. Tutto viene da Lui e tutto va a Lui, e riconoscerlo, seguirlo, accoglierlo, servirlo non è sottomettersi ma compiere se stessi, andare dietro alla propria originaria vocazione, che è la relazione totale con Lui. E questo vale per ogni uomo, credente e non, così che i discepoli (noi) hanno la responsabilità e la grazia di rendere presente Dio in mezzo agli uomini, affinché tutti rendano gloria al Padre, cioè vivano.

…È PREGATASignore, fammi incontrare chi vive di Te, affinché io veda la Tua gloria sul volto dei tuoi figli e possa riceverne parte anche io, per portare a tutti la Tua presenza e godere della Tua vita. Amen.

…MI IMPEGNACompio una delle opere di misericordia corporale e una di quelle spirituali.

Mercoledì 10 Giugno 2020San Massimo d’Aveia, martire

Liturgia della Parola1Re 18,20-39; Sal 15; Mt 5,17-19

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei

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cieli».…È MEDITATA

Forse la Legge di Dio è imperfetta? Gesù viene a dare pieno compimento … perché, mancava qualcosa? Il discorso della montagna riporterà tanti insegnamenti caratterizzati da questa forma: “avete inteso che fu detto … ma io vi dico”. Gesù prende le parole contenute nell’antica alleanza e le radicalizza, spinge fino in fondo il significato di quelle parole. Ad esempio: il “non uccidere” non si limiterà solo all’atto di togliere fisicamente la vita, ma arriverà perfino a come ci si rivolge a qualcuno. Perché questa radicalizzazione? Perché Gesù è un talebano? No! Perché la vita ai suoi occhi è seria e non ci si può limitare al minimo indispensabile. O la si prende sul serio fino in fondo, oppure ci si illude, e si verrà considerati minimi quando saremo faccia a faccia con lui. Ma il punto è: che autorità ha Gesù nel fare questo? Apparentemente nessuna (è un “rabbì”, ma aggiungere qualcosa alla Legge di Dio è ben altra cosa che commentarla); ma proprio il fatto che egli si attribuisce questa autorità fa porre la domanda: ma chi è quest’uomo? Chi può dire: “io” vi dico? In questo modo Gesù mostra che la sua parola ha un rapporto privilegiato con quella di Dio, e ascoltare Lui significa mettersi ancora più facilmente e direttamente in relazione col Padre.

…È PREGATADammi, Signore, la Sapienza che viene da Te, affinché io non mi stanchi di cercare Te sopra ogni cosa e guardi tutto come Tu vuoi, con gli stessi occhi di Tuo Figlio, per scoprire la serietà e la profondità della vita e della grazia che Tu vuoi donare a me. Amen.

…MI IMPEGNANell’esame di coscienza serale, farò particolare attenzione alla superficialità con cui ho vissuto gli insegnamenti del Signore e, confessando a Lui questi peccati, chiederò perdono.

Giovedì 11 Giugno 202018

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San Barnaba, apostolo Liturgia della Parola

At 11,21-26;13,1-3; Sal 97; Mt 10,7-13LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».

…È MEDITATABarnaba è il compagno di predicazione di Paolo, colui che viene accorpato al gruppo degli apostoli e che insieme all’ex-persecutore dei Cristiani fonderà varie Chiese in Asia Minore. La funzione di questo apostolo di seconda generazione ci mostra un aspetto rilevante: il privilegio di annunciare il Vangelo e perfino di fondare chiese non spetta solo a quelli che hanno vissuto con Gesù (gli 11), a quelli, cioè, che fanno questo “di mestiere”, ma a quanti partecipano della vita nuova che li ha raggiunti attraverso il corpo di Gesù, la Chiesa (dove Egli continua a essere presente per mezzo dei Suoi testimoni). Tutti quindi siamo chiamati a svolgere questa funziona, tenendo a mente però ciò che è essenziale: vivere il rapporto con Cristo. Da questo nasce tutto il resto: inondare la vita di questo rapporto, portarlo agli altri, riconoscendo che senza di Lui non vale la pena essere Apostoli o schiavi.

…È PREGATADammi, o Signore, la possibilità di annunciarti in mezzo ai miei fratelli, senza fare necessariamente cose straordinarie se tu non me lo chiederai, ma essendo Tuo/a. Amen.

…MI IMPEGNAPrego in particolare per quanti sono impegnati attivamente nell’apostolato e nell’evangelizzazione.

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Venerdì 12 Giugno 2020San Gaspare Luigi Bertoni, sacerdote

Liturgia della Parola1Re 19,9.11-16; Sal 26; Mt 5,27-32

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».

…È MEDITATAQui abbiamo l’esempio della radicalizzazione della Legge di Dio: non commette adulterio solo chi tradisce fisicamente, ma già chi desidera una donna per possederla. Gesù sposta completamente l’attenzione da un “esteriorismo” delle azioni – per cui, è male solo ciò che viene compiuto di male – a un livello di coscienza dell’uomo. In ogni istante, l’uomo prende posizione di fronte a quello che vive e che fa e sceglie come vivere: cioè, sceglie se usare le cose o se servirle, sceglie di atteggiarsi da uno che stabilisce se il proprio compimento è ciò che lui stesso ha già deciso, oppure se è qualcosa a cui egli risponde (perché gli viene dato da un Altro). E non è affatto la stessa cosa avere una posizione o l’altra nel cuore: dipende da questo il vero compimento della propria vita o la perdita totale di sé. “Se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo”: il vantaggio è che tu non verrai corrotto da quello che ti distrae dal vivere come Dio desidera. Ma per fare questo, occorre “sintonizzarsi” con Dio per mezzo di quello strumento che è la coscienza. Altrimenti si rimarrà solo in superficie di se stessi, vivendo al pari degli animali. Nella coscienza Dio parla: scegliamo di ascoltarlo?

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…È PREGATALa mia vita, Signore, è in mano tua: non permettere che io scelga di strappartela dalle mani. Te l’ho offerta e desidero servire questa vita, perché ho riconosciuto che si ha solo un grande vantaggio a guardare tutto come guardi Tu. Amen.

…MI IMPEGNARinuncio a qualcosa che so che non mi fa bene.

Sabato 13 Giugno 2020Sant’Antonio di Padova, sacerdote e dottore della Chiesa

Liturgia della Parola1Re 19,19-21; Sal 15; Mt 5,33-37

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: «Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti». Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: «Sì, sì»; «No, no»; il di più viene dal Maligno».

…È MEDITATAGesù continua a provocare l’uomo ad avere uno sguardo vero su se stesso, sulle cose, sulla realtà tutta. I latini dicevano: “tot capita, tot sententiae” (che noi traduciamo con: ogni testa è un tribunale!); il rischio è di essere quindi ognuno giudice di quello che si ha di fronte agli occhi, ma a partire da se stessi. Ma Gesù, che conosce il cuore dell’uomo, sa che questa posizione che può assumere è un inganno. L’uomo non è signore del mondo, anche se da Dio è stato messo al vertice della creazione; l’uomo è posto alla sommità non per stabilire cosa è giusto o no, ma per vedere più da vicino il cielo. Avere una posizione onesta, uno sguardo limpido che non aggiunge nulla di sé e delle proprie opinioni a quello che accade o alla gente (quanti giudizi diamo sulle persone! Ma sono i nostri giudizi, cioè diciamo della gente quello che noi abbiamo come criteri di giudizio: cioè quello che noi possiamo stabilire e perfino essere!) è assumere uno sguardo su tutto lasciandosi

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determinare da Dio, che è la verità della mia vita e di tutto il resto.

…È PREGATATu mi chiedi, Signore, di giudicare e di non giudicare: di giudicare nel senso di dire le cose per come stanno; di non giudicare nel senso di non stabilire io la misura delle cose a partire dai miei pensieri, appioppando sulla realtà e sui miei fratelli le mie misure come se io fossi superiore al resto. Lascia allora, o Dio, che io sia sempre libero da questa tentazione di essere giudice, per poter solo affermare liberamente che Tu sei tutto. Amen.

…MI IMPEGNAPrendo l’impegno di valutare se esprimo giudizi sulle cose e, se sì, chiedo perdono a Dio e a qualcuno che ho giudicato.

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XI Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 14 Giugno 2020

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTOSolennità

Liturgia della ParolaDt 8,2-3.14-16; Sal 147; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

…È MEDITATALa vita dell’uomo è definita da una parolina: “per”. S. Paolo dirà: «se noi viviamo, viviamo “per” il Signore; se moriamo, moriamo “per” il Signore». Perfino il morire è “per”! Questa è una condizione dell’esistenza di cui l’uomo deve rendersi conto: che è fatto “per” qualcuno e “per” qualcosa. Vive per essere felice; vive per raggiungere degli obiettivi, per sperimentare l’amore, per dare amore a qualcuno… qualsiasi cosa faccia, l’uomo è “in rapporto” a ciò “per” cui vive in quel momento. Un neonato vive per sua madre e una madre vive per i suoi figli (se non fosse così, perderebbe il senso della propria maternità; potrebbe aver dato la vita a qualcuno, ma non sarebbe madre se non fosse in relazione a loro). Gli esempi potrebbero continuare. Il “per” indica una relazione dove fondamentale non è solo la relazione stessa, ma anche ciò con cui si è in relazione. Per cosa vivo? Per chi vivo? Perché, se la mia vita è relazione, allora io sono determinato

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“da” ciò “per” cui vivo. Qual è la verità più profonda della vita di ogni uomo? Che sebbene sia continuamente proteso a compiersi in un “per”, sebbene sia impegnato “per” qualcuno, tutti gli obiettivi e le persone non sono sufficienti a colmare questo suo essere proteso nella vita, questo suo continuo impegnarsi, questo suo instancabile ricercare una felicità che duri. È un’evidenza! Se bastasse ciò “per” cui ci impegniamo, perché dobbiamo continuare a impegnarci? Ci potremmo fermare … eppure, non appena stiamo bene su un certo aspetto, dentro di noi qualcosa ci spinge a tornare in movimento, a cercare qualcosa “per” cui valga la pena alzarsi dal letto (anche se abbiamo tutto). “Colui che mangia di me vivrà per me”: ecco il senso dell’Eucaristia. Vivere “per” Lui, per Colui che è all’origine di me e che solo può dare un senso al mio vivere, è possibile perché Lui stesso si dà a me nel segno così effimero del pane e del vino. Ma lì, proprio lì, si può incontrare Colui “per” cui tutta l’esistenza è fatta.

…È PREGATAO Dio, che nel mistero eucaristico ci hai dato il pane vero disceso dal cielo, fa’ che viviamo sempre in te con la forza di questo cibo spirituale e nell’ultimo giorno risorgiamo gloriosi alla vita eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen.

…MI IMPEGNACercherò durante la settimana di fermarmi in preghiera davanti al Santissimo Sacramento per adorarlo e dirgli che vivo per Lui.

Lunedì 15 Giugno 2020San Vito, martire

Liturgia della Parola1Re 21,1-16; Sal 5; Mt 5,38-42

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà

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ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

…È MEDITATA“Occhio per occhio e dente per dente” era un metro di giustizia. Prima di questa norma, la legge diceva che se io subivo un torto, potevo rispondere con un atto superiore al torto subito (per punire oltre che vendicare, e al tempo stesso per scoraggiare ulteriori torti). Poi la norma dell’occhio per occhio ha voluto mitigare il giustizialismo e stabilire una proporzionalità: tanto hai subito, tanto potrai rivendicare. Gesù, come al solito, va oltre: tanto hai subito? Non solo non rivendicare affatto, ma addirittura concedigli il resto. Ma perché questo atteggiamento remissivo e di sottomissione? Perché la vita di un uomo non si compie nel prendere o nel possedere, ma nel dare. Anche quando si subisce un male. Vuoi vivere da uomo? Non smettere mai di esserlo, non smettere mai di dare, non smettere mai di riconoscere che la tua vita non consiste in quello che possiedi né in quello che subisci o nella giustizia che puoi ottenere. La tua vita ti è data, e tu sei chiamato a essere conforme a questo: come ti è stato dato, così dai, anche a chi ti strappa dalle mani.

…È PREGATA“Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso? Che cosa potrà l’uomo dare in cambio di sé?”: fa che queste parole, Gesù, diventino il motore della mia esistenza quotidiana. Amen.

…MI IMPEGNAAsseconderò le richieste che oggi mi verranno rivolte.

Martedì 16 Giugno 2020San Mamiliano, vescovo e martire

Liturgia della Parola1Re 21,17-29; Sal 50; Mt 5,43-48

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: «Amerai il tuo prossimo» e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il

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suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

…È MEDITATA“Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”: se c’è una cosa che istintivamente diremmo “contro natura”, forse è proprio questa. Che sentimenti si provano contro chi fa del male? Di certo non l’amore! Uno ama quelli che lo fanno stare bene, quelli di cui si fida e che gli sono affidati, quelli con cui riconosce una sintonia. Ma allora Gesù che razza di insegnamento dà? Fare una cosa contro-istintiva? Come si può chiedere questo? C’è una ragionevolezza profondissima nelle parole del Signore (il che aiuta a comprendere il perché del suo comando, ma non toglie nemmeno una briciola dell’impegno che ci vuole a metterlo in pratica): Dio fa così. “Eh, ma Dio è Dio, io non sono Dio!”. È vero, ma Gesù non lo sa? Lo sa talmente bene che distingue: “siate perfetti come il Padre vostro”. Noi non siamo il Padre, ma … possiamo essere come Lui. Perfetti, addirittura! Ma come? Perché? Il nostro modo di vivere e di trattare può essere basato sui nostri criteri oppure essere determinato dal rapporto che Dio ha con noi. La moralità è lasciarsi pervadere dallo sguardo e dalla misura di Dio; come Lui ci ha raggiunti? Come ci ha toccati? Ci ha chiesto se eravamo suoi amici o nemici? Ci ha amato solo a condizione di essere buoni? Forse noi ci illudiamo di essere amati da Dio perché eravamo e siamo giusti, ma non è affatto così. Se io “divento lo sguardo” che Dio ha su di me (e su tutto), imparerò pian piano a guardare tutto come Lui e perfino il nemico e il persecutore da me riceveranno non lo sguardo istintivo e animalesco (che magari ricevo io in quel momento), ma quello divino, che diventa la mia sorgente di vita.

…È PREGATASignore, dammi il tuo cuore, la tua mente, il tuo sguardo. Che io ti riconosca in ogni istante e che mi riconosca peccatore amato. Che io sia solo il mio “si” a Te. Amen.

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…MI IMPEGNAOggi prego per quelli che mi fanno del male, per quelli che mi perseguitano in qualche modo, per quelli che mi ostacolano, per quelli che mi screditano, per quelli che mi umiliano, per quelli che vogliono approfittare di me. Prego per quelli che hanno voluto farmi soffrire in passato e per quelli che mi sono ostili oggi in tutti i modi. Chiedo al Signore di insegnarmi ad amarli come Lui ama me.

Mercoledì 17 Giugno 2020San Ranieri di Pisa, eremita

Liturgia della Parola2Re 2,1.6-14; Sal 30; Mt 6,1-6.16-18

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

…È MEDITATAC’è un ritornello in questo brano: “e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Che cos’è il segreto? Ovviamente il punto che nessuno vede e scopre; ma è un punto di relazione.

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È come se Gesù stesse dicendo: tu sei sempre in relazione al Padre, e non solo quando fai qualcosa pubblicamente, ma perfino quando non fai nulla. Sei costantemente relazione con Lui, sei fatto di Lui, le fibre della tua carne sono fatte istante per istante da Lui, e questo non si vede con gli occhi, non dipende dalla volontà né dalle buone disposizioni. Questo è un fatto primordiale: io sono fatto. Per questo il Padre mio, da cui dipendo e derivo, “vede nel segreto”: vede nel segreto di me, mi conosce fin nelle mie midolla. È questa la cosa più vera di me. Il giudizio di Gesù coglie un aspetto decisivo: non fare tutte queste cose per mostrarti agli altri, cioè per stringere una relazione con essi tale per cui tu possa essere lodato, ammirato … non cercare in queste relazioni la tua soddisfazione. È effimero! Chi ti sta facendo in questo momento? Gli altri? I loro sguardi, la loro adulazione? Di chi sei relazione essenziale? Sei fatto da e per il Padre. Allora, custodisci e vivi questo segreto, inizia a guardarti con questi (Suoi) occhi, e non avrai bisogno di altre conferme per sentirti soddisfatto della tua vita.

…È PREGATASignore, tu mi scruti e mi conosci,tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri,osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. […]Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? dal Salmo 139

…MI IMPEGNAOggi compirò possibilmente tutte e tre le opere indicate da Gesù nel vangelo.

Giovedì 18 Giugno 2020San Calogero, eremita

Liturgia della ParolaSir 48,1-15; Sal 96; Mt 6,7-15

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di

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parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:Padre nostro che sei nei cieli,sia santificato il tuo nome,venga il tuo regno,sia fatta la tua volontà,come in cielo così in terra.Dacci oggi il nostro pane quotidiano,e rimetti a noi i nostri debiticome anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,e non abbandonarci alla tentazione,ma liberaci dal male.Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

…È MEDITATACol Battesimo siamo diventati figli. Che mistero grande! Siamo talmente abituati a dirlo che nemmeno ci facciamo caso: non è la stessa cosa essere battezzati o meno, perché quello che cambia è il fatto di essere figli o no. Tutti gli uomini sono creati da Dio, ma non tutti gli uomini sono figli per mezzo del Figlio. Si diventa figli solo se si viene introdotti dal Figlio a un rapporto con il Padre. Per gli uomini, direttamente, è impossibile; altrimenti, perché Dio stesso si sarebbe dovuto fare uomo per farci entrare in questa comunione di vita con Lui? Se fosse bastato lo sforzo umano, Cristo non avrebbe avuto motivo di nascere e nemmeno di morire e poi risorgere. La vita di Dio è altra dalla nostra, ma non più totalmente. Egli ha scelto di amarci e di donarci la sua stessa vita attraverso quella di Suo Figlio e noi partecipiamo alla vita del Figlio (e a tutti i suoi misteri) per mezzo dei sacramenti e specialmente col Battesimo. Entra in noi la vita di Cristo risorto e noi veniamo immessi nella sua vita. Così, nella nostra vita possiamo scoprire una cosa immensa: possiamo chiamare Dio, il nostro creatore che noi non possiamo vedere e possedere, con il nome di Padre. Dio è Padre, cioè uno che non solo mi dà la vita, ma che si preoccupa per me, che si prende cura, mi sostiene, mi indirizza, mi educa e mi corregge (anche duramente, se necessario!), perché desidera che io diventi

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uomo. Il “Padre nostro” è la preghiera dell’uomo vero, perché sa di essere tutto del Padre e sa che Cristo è il dono attraverso cui ciò può essere possibile istante dopo istante.

…È PREGATAPadre nostro…

…MI IMPEGNAAndrò a ricercare la data del mio Battesimo e ringrazierò Dio per questo dono immenso, chiedendogli di farmi comprendere sempre di più la sua profondità e ricchezza.

Venerdì 19 Giugno 2020SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ

Solennità GIORNATA DI SANTIFICAZIONE SACERDOTALE

Liturgia della ParolaDt 7,6-11; Sal 102; 1Gv 4,7-16; Mt 11,25-30

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

…È MEDITATA“Venite a me”: venite, dice il Signore. È l’invito maggiormente carico di tenerezza che ci sia in tutto il Vangelo: venite a me, non rimanete soli, chiusi in voi stessi e lontani. Venite, io vi sto attendendo. “Voi tutti che siete stanchi e oppressi”: questo è il giudizio più vero che possiamo dare di noi stessi. Chi di noi non si sente stanco e oppresso? Non solo per i problemi che possiamo avere o meno, ma per il fatto che ogni sera andiamo a letto e sappiamo che non è ancora bastato quello che abbiamo fatto della nostra giornata e della nostra vita fino a quel momento per renderci soddisfatti e in pace. Cosa mai occorrerà per ottenere questo risultato? E quante volte poi noi

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stessi diventiamo ostacolo ai nostri desideri!? “Io vi darò ristoro”: ecco la proposta consolante! C’è una sorgente di ristoro, come una fonte di acqua nel deserto. C’è qualcuno che si propone di alleviare le mie fatiche e di liberarmi dal senso della mia oppressione. Non ci chiede di fare un altro tentativo, ma di accettare Lui. “Prendete il mio giogo sopra di voi”: come si ottiene questo ristoro e questa liberazione? Paradossalmente non liberandosi di un peso, ma prendendone un altro: il Suo. Ma il Suo è migliore del nostro perché significa portare nella nostra vita Lui! Prenderci carico di Lui diventa una possibilità di bene come una madre che si prende carico di una vita che cresce nel suo grembo e che è promessa di vita nuova. “E imparate da me che sono mite e umile di cuore”: perché Lui può ristorare? Perché il suo cuore è mite e umile, cioè capace di riconoscere che tutto viene dal Padre. Mite e umile è un modo per dire che non si fa da sé, che appartiene, che si abbandona nelle mani di Colui che è all’origine di tutto.

…È PREGATACi hai donato tuo Figlio, o Padre, affinché noi vedessimo l’amore coi nostri occhi. Donaci il tuo Spirito perché sappiamo essere suoi imitatori e sappiamo fare della nostra vita un dono d’amore a Te che sei l’amore infinito. Amen.

…MI IMPEGNAPrego in particolare per i sacerdoti, domandando la grazia di tante nuove vocazioni sante e la perfezione di coloro che hanno già detto il loro “sì” a Cristo nella Chiesa.

Sabato 20 Giugno 2020Cuore Immacolato di Maria

Liturgia della ParolaIs 61,9-11; Sal 1Sam 2,1.4-8; Lc 2,41-51

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che

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i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

…È MEDITATALa madre di Gesù è, insieme a S. Giuseppe, la prima che si ritrova ad avere a che fare con la novità strabiliante che è suo figlio. Lei sa come è stato generato in lei; sa quanta ricchezza di mistero ci sia in quella vita, eppure scopre ogni volta, giorno dopo giorno, che quel figlio è davvero altro. Il grande pregio della Madonna è di avere avuto un cuore docile. Ha detto sì a Dio nel momento dell’annuncio dell’angelo, ma il suo “sì” non si è fermato lì: ogni giorno era un continuo dire di sì, costretta quasi dall’inevitabile evidenza della presenza di suo figlio. Di fronte a questa continua iniziativa di Dio, che atteggiamento vivere? Un continuo “sì”, cioè un continuo stare di fronte a quello che vedeva con una domanda: che quello che accadeva davanti ai suoi occhi si riempisse di senso, diventasse vero, cioè svelasse tutta la sua pienezza. In altre parole, che quella promessa iniziata nell’annunciazione si realizzasse. Ma questo desiderio di pienezza e di bene non era per lei una pretesa, ma uno “stare”, un guardare e attendere. Custodire e meditare: cioè non volere aggiungere nulla ma nemmeno perdere nulla di quello che stava vivendo, certa che in quei fatti passava il compimento della sua vita; attraverso quei fatti si faceva strada in lei e nel mondo il compimento del mondo, perché suo figlio diventava più vero per tutti.

…È PREGATAO Maria, dammi un cuore simile al tuo, capace di custodire e meditare gli avvenimenti che mi circondano, capace di intuire

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la presenza di Dio nelle mie giornate, capace di farGli spazio affinché io sia più ricco dell’unica cosa utile alla vita. Amen.

…MI IMPEGNAOggi prenderò un po’ di tempo per rimanere in silenzio e contemplare le cose che Dio sta compiendo nella mia vita.

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XII Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 21 Giugno 2020San Luigi Gonzaga, religioso

Liturgia della ParolaGer 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

…È MEDITATA“Voi valete”. Non perché fate tante cose buone, non perché ottenete risultati, non perché siete riconosciuti e apprezzati. Questi sono i criteri di valore che usa il mondo: una persona vale se ha almeno una di questa caratteristica; invece per Gesù il valore della persona non è dato da quello che fa, ma dal fatto che è. Più precisamente, dal fatto che è in costante rapporto con chi la fa. Dio ci considera preziosi, al punto da non voler perdere nessuno. Ecco il motivo per il quale Gesù chiede a tutti di riconoscerlo: perché se non si arriva a cogliere chi è lui (e quindi chi è l’origine e il fine della vita dell’uomo), ci si perde nel nulla. Si crede che l’unico senso della vita è quello che si fa e i riconoscimenti che si hanno. La vita è misurata solamente dall’amore che si riceve e dall’adesione a tale amore.

…È PREGATAChe cosa è l’uomo perché te ne ricordi,

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il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Eppure lo hai fatto poco meno degli angeli,di gloria e di onore lo hai coronato.O Signore, nostro Dio,quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!

dal Salmo 8 …MI IMPEGNA

Dirò una preghiera insieme a un mio familiare.

Lunedì 22 Giugno 2020San Paolino da Nola, vescovo

Liturgia della Parola2Re 17,5-8.13-15.18; Sal 59; Mt 7,1-5

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

…È MEDITATAForse queste, tra le parole di Gesù, sono quelle che creano più difficoltà ad essere accettate. Non perché non le si ritiene giuste, ma perché esigono un cambiamento radicale nel modo di stare nel mondo. Giudicare, cioè essere la misura degli altri è ciò che abitualmente facciamo tutti. Ci viene spontaneo notare i limiti degli altri, senza pensare che, come loro, anche noi abbiamo i nostri. Cosa fare? Due cose: la prima, domandare la grazia di qualcuno che ci ponga innanzi i nostri limiti e ce li faccia vedere (è una grazia! Questo è il modo per diventare umili, per crescere e non misurare nessuno); la seconda, imparare ad assumere verso se stessi e verso gli altri lo stesso atteggiamento che Dio usa verso di noi, e cioè la misericordia, quel giudizio di amore gratuito che prescinde da

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tutto perché si fonda proprio sull’amore.…È PREGATA

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

…MI IMPEGNAChiederò perdono a una persona verso cui ho espresso giudizi.

Martedì 23 Giugno 2020San Giuseppe Cafasso, sacerdote

Liturgia della Parola2Re 19,9-11.14-21.31-35.36; Sal 47; Mt 7, 6.12-14

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

…È MEDITATALa regola d’oro è una formula di saggezza umana condivisa da tante religioni e culture, anche più antiche del Vangelo: non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te. In Gesù, però, e solo in lui, questa formula diventa leggermente diversa: fai agli altri quello che vuoi sia fatto a te. Sembra la stessa cosa, ma non è così: perché, non è uguale “non fare il male” e “fare il bene”. Per non fare il male si può anche non agire e quindi non fare il bene. Non odiare non equivale ad amare: c’è una gran bella differenza! Non è solo “altruismo reciproco”, come dicono certi “esperti”, ma è una posizione che guarda l’altro a partire dal bisogno di amore che uno vive per se stesso; l’altro è come me e non solo non vuole subire il male, ma è fatto per ricevere il bene. E io in questo che c’entro? Sono io il primo che ho la responsabilità di compiere il bene cui l’altro anela, appena me ne rendo conto; senza di me si perderà questa possibilità, e io non permetterò all’altro di sperimentare

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quell’amore che potrà diventare poi fonte di amore per qualcun altro. Solo così si istaura la “civiltà dell’amore”.

…È PREGATAOh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:dove è odio, fa ch’io porti amore,dove è offesa, ch’io porti il perdono,dove è discordia, ch’io porti la fede,dove è l’errore, ch’io porti la Verità,dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.

San Francesco di Assisi…MI IMPEGNA

Vado a trovare una persona sola.

Mercoledì 24 Giugno 2020NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Solennità Liturgia della Parola

Is 49,1-6; Sal 138; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAPer Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

…È MEDITATA

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La venuta di Dio nel mondo è preparata dalla nascita di Giovanni il Battista. È già di suo qualcosa di straordinario, dato che i suoi genitori erano avanzati in età e per di più Elisabetta era sterile. Inoltre, il silenzio di Zaccaria rotto soltanto dalla sua adesione all’iniziativa di Dio per il mondo lascia vedere quanto ci sia dietro la nascita di questo bambino. Questi eventi cosa dicono a noi? Ci pongono qualche domanda: siamo in attesa che Dio intervenga nella nostra storia? E di fronte all’evento che sconvolge i nostri progetti, come reagiamo? Lo riconosciamo come un’opera di Dio che interpella la maturazione della nostra fede e la nostra adesione a Lui? Arriviamo a rendere testimonianza di questo? Perché se accade questo in noi, allora Dio potrà continuare a farsi strada nel mondo e nella vita degli uomini, anche attraverso di noi. Non c’è altro che ci viene chiesto al di fuori di questo: non di essere come Giovanni Battista, ma di essere testimoni di Dio nella nostra vita, per tutti.

…È PREGATAChe chi mi vede, Signore, veda la tua opera in me! Che io possa vederti e lasciarti entrare nella mia vita, così che tutti vedendo me, vedano Te. Amen.

…MI IMPEGNAFarò un gesto di carità nei confronti dei miei genitori (o un gesto concreto, oppure, se sono ritornati al Padre, farò celebrare per loro una S. Messa, a cui parteciperò).

Giovedì 25 Giugno 2020San Guglielmo da Vercelli, abate

Liturgia della Parola2Re 24,8-17; Sal 78; Mt 7,21-29

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: «Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?». Ma allora io dichiarerò loro: «Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate

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l’iniquità!». Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.

…È MEDITATA“Non vi ho mai conosciuti”: tremo al pensiero di sentirmi dire da Gesù queste parole! Quante volte impegniamo la nostra vita nelle opere buone, e lo facciamo nel nome di Gesù? Quante volte ci dedichiamo alla carità, quante volte svolgiamo il nostro lavoro e lo facciamo senza interesse personale, ma solo per un bene reale e onesto? Eppure, il rischio di “non conoscere” Gesù c’è! Perché è questo il problema: non per chi fai le cose, ma chi conosci mentre le fai. Le opere che compiamo, così come le parole che diciamo e gli atteggiamenti che assumiamo o ci fanno conoscere di più Gesù e il nostro bisogno di Lui, oppure saranno un pretesto per confermarci da soli. Sappiamo già chi è Gesù, non abbiamo più bisogno di conoscerlo perché già lo sappiamo, e quindi … non lo conosciamo. La conseguenza è che a lungo andare la nostra vita non regge, perché il nostro fondamento non è solido: siamo noi al fondamento di noi stessi! A parole no, ma nei fatti accade questo. La conoscenza del Signore rende più umili e coscienti di essere in costante dipendenza da Lui; se questa certezza non diventa coscienza abituale ed esistenziale, allora abbiamo sbagliato qualcosa.

…È PREGATANon voglio essere uno che dice “Signore, Signore”: voglio essere uno che ha bisogno di Te! Dammi questa grazia, o Gesù! Amen.

…MI IMPEGNAAll’inizio di ogni azione di questa giornata domanderò il dono dello Spirito Santo.

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Venerdì 26 Giugno 2020San Josemaria Escrivà de Balaguer, sacerdote

Liturgia della Parola2Re 25,1-12; Sal 136; Mt 8,1-4

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

…È MEDITATADopo aver insegnato, Gesù mostra con un gesto semplice tutto ciò che ha detto: guarisce un lebbroso. La legge di Mosè prevedeva che tali malati non dovessero essere toccati, sia per ragioni sanitarie, sia perché, essendo una malattia incurabile, essa aveva a che fare con la punizione di Dio. Qui è come se Gesù facesse vedere cosa significa “avete inteso che fu detto … ma io vi dico”: Lui cambia il modo di guardare quell’uomo e addirittura lo tocca. Mostra che Lui non è venuto per giudicare ma per salvare, e tutte le sue parole, le norme che ha detto, hanno solamente questo scopo. Ma attenzione: non bisogna fare di lui un “totem”, un oggetto di fronte a cui piegarsi per ottenere il miracolo, come fosse una magia. Gesù non è un amuleto porta fortuna, né una soluzione ai problemi: è uno che spinge ad avere un rapporto, e ciò che ha a cuore è il nostro bisogno. Non “i nostri bisogni”, ma “il” nostro bisogno, cioè il fatto che siamo bisogno! Ci accorgiamo di questo? Oppure pensiamo solo di avere bisogni che, una volta soddisfatti, ci lasciano tranquilli? Se è così, non abbiamo davvero bisogno di Gesù, ma solo dei suoi favori. Ma cercare una persona solo per i favori che può farci non è proprio il massimo: significa approfittarne, non amarla. Il lebbroso sa che cade a pezzi (letteralmente) e senza Gesù nulla nella sua vita può salvarlo; e noi sappiamo questo?

…È PREGATA

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Ti riconosco, Cristo, per quello che sei: senza di te, null’altro mi basta. Mi affanno nella vita a essere soddisfatto, eppure ogni tentativo lascia il posto a un altro bisogno … perché sono bisognoso di te: solo tu mi guardi così! Ho bisogno di toccarti per non cadere a pezzi. Toccami, Gesù, perché tu sei Dio e solo con te la mia vita rinascerà. Amen.

…MI IMPEGNAAndrò incontro al bisogno di qualcuno che chiede a me un aiuto, di qualsiasi genere.

Sabato 27 Giugno 2020San Cirillo d’Alessandria, vescovo e dottore della Chiesa

Liturgia della ParolaLam 2,2.10-14.18-19; Sal 73; Mt 8,5-17

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: “Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie”.

…È MEDITATACon che sguardo stavano i contemporanei di Gesù davanti a

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lui? Gli appartenenti al popolo ebraico facevano l’esperienza della memoria: vedevano Gesù e si ricordavano di qualcosa che era stato detto prima e che finalmente vedevano accadere davanti ai loro occhi. Il profeta Isaia aveva annunciato la venuta di un uomo che si sarebbe caricato delle malattie del popolo, il Servo sofferente; e Matteo nello scrivere il suo Vangelo si ricorda di questa profezia. Ecco cos’è la memoria: non è ricordarsi di qualcosa di passato, ma stare di fronte a qualcosa nel presente che ha la sua radice nel passato e che però non è rimasto nel passato, ma che accade ora. La memoria è un atto presente, continuo, che coglie nel passato l’origine dell’azione presente. Senza il presente, senza la contemporaneità dell’avvenimento non c’è memoria ma solo ricordo. Il centurione romano non appartiene al popolo ebraico e non fa questo atto di memoria, eppure compie l’atto umano più vero: la fede. Pur senza affondare le sue radici nell’origine passata, egli riesce a dire di Gesù chi egli è veramente, cogliendo la sua natura: tutto puoi, o Signore! Ecco cosa è la fede: riconoscere chi è Gesù, riconoscere e affermare la sua persona, la sua divinità, starvi di fronte con maturità e umanità, cogliendo il rapporto che Egli può avere con tutto.

…È PREGATANon ho altro da difendere, o Gesù, se non la tua persona. Non voglio salvare me ma voglio te, perché se ho te ho tutto ciò che mi serve per vivere. Dammi la grazia di saperti riconoscere in ogni istante della mia giornata, così che possa sempre ringraziarti per la cura che hai per me. Amen.

…MI IMPEGNAAndrò a trovare un ammalato.

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XIII Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 28 Giugno 2020Sant’Ireneo, vescovo e martire

GIORNATA PER LA CARITÀ DEL PAPALiturgia della Parola

2Re 4,8-11.14-16; Sal 88; Rm 6,3-4.8-11; Mt 10,37-42LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.

…È MEDITATAGesù ha una pretesa unica. Nessuno nella storia ha mai osato dire questo e dopo di lui queste sue parole sono state quasi subito messe in discussione, non in teoria ma nei fatti: “chi ama il padre, la madre, il figlio o la figlia più di me non è degno di me”. Ma come si può dire una cosa del genere? Si può amare qualcuno di più di un genitore o di un figlio? Sono le parole di un pazzo? Oppure queste parole hanno una ragione? Gesù scommette sulla nostra libertà: non sul fatto che noi possiamo fare quello che vogliamo (non è questa la libertà!), ma sul fatto che il nostro cuore è capace di riconoscere e di aderire a ciò che lo fa stare bene. Il nostro cuore è fatto per appartenere, e Gesù si pone di fronte a noi proprio in questa maniera: vuole essere uno a cui poter appartenere più di quanto si appartenga ai propri genitori o ai propri figli; più di quanto si senta i propri genitori o i propri figli come parte di sé. Perché genitori e figli ci vengono dati?; ma qual è la loro origine? Non siamo noi, né sono i nostri nonni. Loro, a loro volta, appartengono a qualcun altro, e al tempo stesso sono fatti per appartenere a qualcuno.

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Insomma: ma a chi si può appartenere davvero per sentirsi compiuti? E chi ci può appartenere davvero affinché ci sentiamo soddisfatti? Ecco la pretesa di Gesù: se uno non mi riconosce come la cosa più importante di tutte (di tutte!), non è degno di me, perché io non sono una cosa tra le altre, ma solo la loro origine, sono il motivo per cui hanno vissuto, sono il senso delle loro giornate, colui che hanno domandato quando erano in difficoltà e colui che hanno ringraziato quando erano nella gioia. Io sono il volto del mistero di Dio da cui ogni respiro trae la sua consistenza e da cui ogni gesto riceve ogni significato. Senza arrivare a questa profondità, l’esistenza di ogni essere umano si ferma alla superficie. Gesù ci pone innanzi la nostra libertà e ci chiede di usarla: che cosa desideri più di tutto come compimento di te? A cosa vuoi appartenere? Cosa vuoi amare più di ogni altra cosa?

…È PREGATANon ho nulla di più prezioso di Te, o Signore: se mi manca la tua grazia, come potrò godere di tutto il resto? Vedo che le cose della vita, le persone e perfino gli affetti più cari passano: se non li rimetto alle tue mani, come potrò custodirli sempre? Dammi la grazia, allora, di non anteporre mai nulla all’amore verso di Te. Amen.

…MI IMPEGNANella messa di oggi offrirò al Signore le persone che più amo, domandandoGli di guardarle con i Suoi occhi e chiedendo a Lui di prendere il primo posto nel mio cuore.

Lunedì 29 Giugno 2020SANTI PIETRO E PAOLO, APOSTOLI

Solennità Liturgia della Parola

At 12,1-11; Sal 33; 2Tm 4,6-8.17.18; Mt 16,13-19LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio

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vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

…È MEDITATA“Voi chi dite che io sia?” È di fronte a questa domanda che l’uomo deve prendere posizione, perché se c’è una cosa veramente disonesta che l’uomo può fare è trattare Gesù come uno irrilevante, da non prendere in considerazione. Invece, non c’è nella storia del mondo una cosa più decisiva di questa: Dio – l’immenso, l’eterno, il mistero di tutto, l’origine dell’esistenza – è entrato nella vita mia e di ogni uomo in maniera umana, si è fatto uomo per farsi conoscere da me, affinché io potessi riconoscerlo presente! Da quando questo fatto è accaduto 2000 anni fa, se uno ha a cuore il compimento della propria vita, deve poter dire di Cristo: tu sei per me questo! Ti riconosco come la presenza di Dio nel mondo, come il compimento di me! Oppure, può dire: no, tu sei un inganno, un impostore. È falso questo, ma prima ancora del giudizio in sé è decisivo prendere posizione davanti a lui (come fa fare lo stesso Gesù agli apostoli). Il delitto del mondo di oggi è proprio questo: aver ucciso Dio, averlo messo tra le cose che non hanno nulla da dire alla mia vita di uomo, come un morto che rimane nel passato e che non ha più capacità di determinare il presente. Non è più determinante per la vita: ecco il dramma della contemporaneità. La Chiesa e i cristiani, invece, devono innanzitutto riformulare il proprio atto di fede in Dio-fatto-uomo e grazie a questo riproporlo a tutti, oggi, con la stessa radicalità con cui lo stesso Gesù pose la sua persona e la sua domanda agli apostoli: per voi io chi sono?

…È PREGATAChe io non sia tiepido, Gesù! Voglio lasciarmi provocare dalle tue parole, affinché possa riconoscerti per quello che sei e possa dire chi sei per me! Non c’è maturazione della fede senza l’espressione di questo giudizio. Fa’ che io stia sempre davanti a te con il cuore di Pietro, con la fede degli apostoli, e

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possa dare la mia vita per dire a tutti chi sei tu. Amen.…MI IMPEGNA

Recito il Credo, non in modo meccanico ma soffermandomi con attenzione su ogni frase.

Martedì 30 Giugno 2020Santi Primi Martiri della Chiesa di Roma

Liturgia della ParolaAm 3,1-8;4,11-12; Sal 5; Mt 8,23-27

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».

…È MEDITATAEgli dormiva. Quante volte ci sembra che Gesù, in mezzo alle tempeste che ci sovrastano, dorma! Di fronte a ciò che è più grande e potente di noi, che rischia di annientarci, noi riconosciamo subito che siamo inermi: non siamo onnipotenti, non siamo capaci di salvarci da soli. E così, la posizione più autenticamente religiosa, ragionevolmente religiosa, emerge: il grido al Dio che possa salvarci! Però Gesù rimprovera questo grido: perché? Non perché non sia valido, ma perché non hanno tenuto conto di un altro fattore: la sua presenza! Hanno creduto che potevano morire, come se Lui non fosse stato lì. “Siamo perduti!”, hanno detto gli apostoli. Non è stata una mancanza di religiosità che ha dominato in loro, ma una mancanza di fede! È come se avessero gridato a un Dio assente. Non hanno fatto maturare la religiosità fino al giudizio della fede: il Dio che mi deve salvare, a cui posso appellarmi, è qui con me, mi è accanto, e io sono con lui, per cui cosa dovrò temere? Lui può tutto: perché disperare?

…È PREGATAIl Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

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Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché Tu sei con me, Signore.

dal Salmo 23…MI IMPEGNA

Mi metterò in contatto con una persona che vive una situazione di difficoltà, sostenendola con la mia fede.

LUGLIO

Mercoledì 1 Luglio 2020Santa Ester, regina

Liturgia della ParolaAm 5,14-15.21-24; Sal 49; Mt 8,28-34

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?». A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.

…È MEDITATAI demòni riconoscono Gesù e affermano che il suo compito è “tormentarli”. Che significa? Che Lui è colui che eliminerà il male dal mondo, che non gli lascerà spazio, che metterà l’uomo nella condizione del bene. Che un demonio si senta tormentato indica che Cristo è non solo capace di fare questo, ma che per di più ha questa ragione di esistenza. Non che lui sia venuto a battagliare contro di loro, ma a portare la libertà e il bene nel mondo – e di conseguenza, a non lasciare spazio al male. Ma i gadareni non accettano il miracolo di Gesù, lo

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pregano di andare via dal loro territorio. Perché? Perché amano il male? Forse, come ogni uomo – perché tutti subiamo il fascino del male – ma non solo per questo: precisamente, perché non vogliono fare spazio a una vita nuova, cambiata. Avevano il loro sistema di vita: loro erano i buoni, lì c’erano i cattivi (quelli posseduti), e Gesù liberando i posseduti ha fatto venire fuori l’ipocrisia: chi sono i cattivi? Quelli che accettano il sistema corrotto facendolo passare per ordine. Così, Gesù tormenta non soltanto i demòni, ma tutti coloro che hanno uno sguardo perverso sul male e sull’ordine del mondo: perché l’unico bene è quello che vale per tutti e dove io mi rendo conto che il male è anche causa mia. Solo così si può essere liberati dalla schiavitù del male e del peccato, e solo Cristo può fare questo. L’uomo è libero di accettare questa liberazione o meno.

…È PREGATAPietà di me, o Dio, nel tuo amore;nella tua grande misericordiacancella la mia iniquità.Lavami tutto dalla mia colpa,dal mio peccato rendimi puro.Sì, le mie iniquità io le riconosco,il mio peccato mi sta sempre dinanzi.Contro di te, contro te solo ho peccato,quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto:così sei giusto nella tua sentenza,sei retto nel tuo giudizio.Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

dal Salmo 51…MI IMPEGNA

Andrò a confessarmi, se non oggi entro questa settimana.

Giovedì 2 Luglio 2020San Bernardino Realino, sacerdote

1° giovedì del mese: preghiera per le vocazioniLiturgia della ParolaAm 7,10-17; Sal 18; Mt 9,1-8

LA PAROLA DEL SIGNORE

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…È ASCOLTATAIn quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati - disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

…È MEDITATA“Àlzati e cammina”. Non rimanere bloccato in te stesso, non rimanere fossilizzato nel tuo peccato, non restare a terra privo di forze. Àlzati, ti dico: perché di fronte a me non conta quello che hai fatto o la tua condizione di debolezza e fragilità; conta solo il tuo desiderio di essere liberato e salvato. Àlzati, mettiti in piedi! Non sei più nella condizione di servo, ma di uomo liberato dall’incontro con me. Hai la statura di uomo nuovo. Cammina, non rimanere fermo! Non ti ho rimesso in piedi perché tu fossi bloccato, ma per andare avanti, affrontare il mondo, l’esistenza intera grazie a me. Cammina, vieni incontro a me come un bambino quando impara a muovere i primi passi; vai verso la vita, dove potrai scoprire quanto di buono c’è per te. Cammina, perché solo il viandante può giungere alla meta. Liberato dal limite che era diventato la misura con cui ti guardavi, risollevato dalla polvere per potere respirare aria nuova, rinvigorito e ricolmo di speranza, va’ verso ciò che compie pienamente il tuo cuore, senza esitare.

…È PREGATATi loderò, Signore, re,e ti canterò, Dio, mio salvatore,loderò il tuo nome,perché sei stato mio riparo e mio aiuto,salvando il mio corpo dalla perdizione,dal laccio di una lingua calunniatrice,dalle labbra di quelli che proferiscono menzogna,

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e di fronte a quanti mi circondavanosei stato il mio aiuto e mi hai liberato,secondo la grandezza della tua misericordiae del tuo nome. dal libro del Siracide 51,1-3

…MI IMPEGNAVado a contemplare uno spettacolo della natura – se non è possibile oggi, appena lo sarà – per rendere grazie e lode a Dio e nutrire il mio spirito della Sua presenza che mi circonda.

Venerdì 3 Luglio 2020SAN TOMMASO, apostolo

Festa Liturgia della Parola

Ef 2,19-22; Sal 116; Gv 20,24-29LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATATommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

…È MEDITATAInvece che provare, “vedere per credere”: è questo che chiede Tommaso. Che c’è di sbagliato? Bisogna essere bigotti, buttarsi in base a quello che dicono gli altri e basta? Tommaso usa la propria ragione e questo certamente non glielo si può attribuire come una colpa; anzi, è l’atteggiamento di chi non è disposto a lasciarsi prendere in giro. Il problema è che Tommaso stabilisce la misura della verità: egli si fa criterio di ciò che è possibile e di ciò che non lo è. Se i suoi occhi vedono, allora è possibile; se non vedono, non è possibile. È questo un modo di ragionare valido? Se sì, vorrebbe dire che

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la fede è solo per chi è irrazionale; perché la fede è il riconoscimento di una possibilità che va oltre la nostra misura e la nostra comprensione. Per definizione, la fede è capace di dire “è” a una cosa che la ragione da sola non può affermare! Noi, uomini del 2020, crediamo e siamo certi ragionevolmente che Gesù è vivo oggi: siamo pazzi? Oppure affermiamo qualcosa che la sola ragione non potrebbe ammettere? Ora, che cosa è più ragionevole? Lasciare che ci sia una possibilità che a me sfugge oppure stabilire io quali siano le sole cose possibili? Chi è più intelligente? Quando si parla della fede, ciò che è in gioco è la propria umanità nella sua interezza. Senza fede non si conosce: credere per vedere!

…È PREGATANon tento, o Signore, di penetrare la tua profondità, poiché non posso neppur da lontano paragonarle il mio intelletto; ma desidero intendere almeno fino a un certo punto la tua verità, che il mio cuore crede e ama. Non cerco infatti di capire per credere, ma credo per capire. S. Anselmo d’Aosta, Proslogion

…MI IMPEGNARinnoverò la mia fede con la recita del Credo davanti alla presenza di Gesù eucaristico, presente nel tabernacolo.

Sabato 4 Luglio 2020Sant’Elisabetta del Portogallo, regina

Liturgia della ParolaAm 9,11-15; Sal 84; Mt 9,14-17

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi,

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altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

…È MEDITATAC’è poco da fare: Gesù è una cosa nuova rispetto al solito. Non ce ne accorgiamo? Non ci stupisce più? Vuol dire che abbiamo fatto rientrare Gesù nei nostri schemi e nelle nostre misure. È lui stesso che afferma la sua novità! Egli è Dio, quindi non può essere qualcosa che già sappiamo; quante volte ci scombina i piani, quante volte non capiamo dove ci sta portando! Egli è sempre nuovo rispetto a noi; ma noi siamo disposti a lasciarci cambiare e rinnovare da lui? Oppure vorremmo un “Cristo a modo nostro” che ci consoli e giustifichi nei nostri ragionamenti e modi di fare, che ci dica sempre “hai ragione”, che faccia quello che vogliamo? Questo non è Cristo: siamo noi che ci facciamo “dei” di noi stessi e mettiamo su questa “deificazione” il volto di Cristo. Gesù è venuto a spezzare le nostre misure anguste con cui ci trattiamo e a far entrare aria nuova nei nostri polmoni, una misura nuova nella nostra mente e nel nostro cuore: la misura infinita di Dio. A noi la scelta se scandalizzarci (cioè bloccarci) di fronte alla sua iniziativa o se assecondare il lavoro di “rinnovamento” che Egli ha iniziato in noi col Battesimo.

…È PREGATAAiutami a riconoscere la novità che hai portato nel mondo e nella mia vita, o Gesù, affinché mi lasci cambiare da te e dal tuo Spirito. Dammi la grazia di questa conversione costante, attraverso la mediazione della Chiesa. Amen.

…MI IMPEGNAReciterò la sequenza allo Spirito Santo “Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo … ”, cercandola su internet o in qualche libro di preghiere se non la possiedo.

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XIV Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 5 Luglio 2020Santa Febronia, vergine e martire

Liturgia della ParolaZc 9,9-10; Sal 144; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.

…È MEDITATAIncredibilmente, per poter conoscere Dio non occorre essere degli “esperti” di Lui, ma persone semplici e umili. “Piccoli”, come dice Gesù: perché Dio lo si conosce non grazie a una particolare sapienza, che magari non tutti possono avere, ma grazie all’incontro con Lui. Occorre semplicemente incontrarlo per riconoscerlo; e incontrare una persona è alla portata di tutti: non bisogna avere una laurea per sapere incontrare qualcuno! Ma Dio, il suo volto, la sua persona, i suoi tratti veri, dove li incontriamo? In Gesù (“chi ha visto me, ha visto il Padre”). Dio è altro da noi e anche dal mondo: per questo si è fatto uomo, per poter fare sì che gli occhi nostri, da quel momento in poi, fossero calamitati da quei tratti, le nostre orecchie da quelle parole che solo Gesù ha detto. Se vogliamo conoscere Dio, capirlo un po’, non dobbiamo immaginarci chissà cosa né inventarci una forma nuova di religiosità: dobbiamo accettare che Lui abbia stabilito il modo di farsi conoscere, attraverso suo Figlio, il Dio-con-noi, Gesù Cristo. Essere piccoli di fronte a Lui significa, dunque, lasciarsi incontrare senza anteporre nessuna precomprensione e nessun pregiudizio: lasciarsi toccare, guidare, confermare da quella presenza che ha cambiato la storia e la vita di tanti

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uomini.…È PREGATA

Dammi un cuore semplice, o Dio, che si stupisca di quello che gli viene donato, che sappia rendere grazie per ogni istante, che sappia rendere lode perché riconosce la tua presenza e sappia rimanere piccolo di fronte a Te, per lasciarsi abbracciare e abbandonare in Te. Amen.

…MI IMPEGNANella preghiera del S. Rosario domanderò la semplicità di cuore, per intercessione della Madonna.

Lunedì 6 Luglio 2020Santa Maria Goretti, martire

Liturgia della ParolaOs 2,14.15-16.19-20; Sal 144; Mt 9,18-26

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata. Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

…È MEDITATA“Dov’è la vita che abbiamo perduto vivendo?” diceva il poeta Eliot. È una frase che ci dovrebbe fare riflettere, perché noi possiamo anche vivere le nostre giornate senza viverle veramente. Da che cosa si capisce se stiamo vivendo davvero? Se non perdiamo vita, ma se anzi essa si accresce di pienezza e di intensità. In fondo, era quello che stava accadendo a queste due donne – una che perdeva sangue, e quindi vita, da 12 anni; l’altra, di 12 anni, che era morta. La nostra vita è semplicemente un andare incontro alla morte?

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Se così fosse, che possibilità abbiamo di trovare pienezza e intensità nuove nella nostra vita? Sarebbe tutto un grande inganno. Eppure, sentiamo tutti dentro il profondo del nostro essere che siamo fatti per la vita, che ci ribelliamo a una vita senza senso e pienezza, tanto che ne siamo insoddisfatti. Siamo fatti per questa vita, ma essa ci può solo venire data (come d’altronde ci è data la vita stessa, quella biologica!). Non domandare questa vita, non indirizzare questa domanda di una vita veramente viva a Colui che solo può riempire la nostra vita, è il solo e vero modo per perdere la vita vivendo.

…È PREGATAPrendi la mia vita, prendila Signor,e la tua fiamma bruci nel mio cuor.Tutto l’esser mio vibri per te,sii mio Signore e divino re.Fonte di vita, di pace e amor,a te io grido la notte e il dì;sii mio sostegno, guidami tu: dammi la vita, Tu mio solo ben. dal canto “Prendi la mia vita”

…MI IMPEGNAAndrò al cimitero a pregare per un caro defunto.

Martedì 7 Luglio 2020San Firmino, vescovo e martire

Liturgia della ParolaOs 8,4-7.11-13; Sal 113; Mt 9,32-38

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».

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…È MEDITATAIn realtà, gli operai non sarebbero così pochi come sembra: noi pensiamo che essi siano soltanto quelli che vivono una consacrazione speciale come ad esempio i sacerdoti (i quali, è vero, hanno la funzione peculiare di curare il popolo di Dio). Ma in realtà a tutti i battezzati è dato il compito di prendersi cura del mondo! La Chiesa intera (non solo i sacerdoti!) è chiamata a evangelizzare. Ogni battezzato è sacerdote, re e profeta, può cioè pregare e offrire se stesso per gli altri suoi fratelli uomini, partecipare alla funzione regale di Cristo e annunciare la parola di Dio ai suoi fratelli! Se tutti i cristiani vivessero la propria vocazione di seguaci e annunciatori di Cristo senza delegarlo a chi ha il “ruolo” di fare ciò, allora non solo si avrebbe una maggiore partecipazione nella vita della Chiesa ma si avrebbero di sicuro anche delle vocazioni di speciale consacrazione al Signore! È quello che il Concilio Vaticano II si auspicava più di 50 anni fa, ed è quello che il clero deve sostenere con ancora più vigore. Ci potranno essere delle vocazioni solo se gli uomini saranno capaci di ascoltare e riconoscere la chiamata del Signore, ma senza un contesto in cui ciò diventi familiare, esse faranno una fatica maggiore a sbocciare. Dobbiamo domandare sempre di più che Dio ci mantenga fedeli alla nostra chiamata, cioè al rapporto con Lui, per diventare instancabili operai nella terra in cui lui ci chiama a vivere e lavorare.

…È PREGATAManda, o Signore, apostoli santi nella tua Chiesa! Manda me, Signore, ad annunciare a tutti il tuo regno e la tua persona! E se me lo chiedi, aiutami a dirti di sì e fare della mia vita un’opera particolare per la santificazione di tutti. Amen.

…MI IMPEGNAMi fermo a riflettere su come posso fare un’opera di evangelizzazione nella mia giornata, per poi mettere in pratica il mio pensiero.

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Mercoledì 8 Luglio 2020Santi Aquila e Priscilla, sposi e martiri

Liturgia della ParolaOs 10,1-3.7-8.12; Sal 104; Mt 10,1-7

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».

…È MEDITATAGesù chiama alcuni, tra tutti i suoi seguaci, a un rapporto più particolare: gli apostoli, di cui ricordiamo i nomi. Gesù li invia inizialmente, come dice il brano di oggi, a quelli che appartenevano al popolo ebraico; è come se dicesse loro: “abbiate cura che quelli che hanno ricevuto la rivelazione di Dio conoscano che essa si è compiuta in me, e rendete testimonianza di questo con i segni delle guarigioni”. Perché il metodo di Dio non è raggiungere direttamente tutti, ma attraverso pochi toccare altri e via via altri ancora. Così Gesù chiama alcuni perché altri ricevano il suo annuncio; e si rivolge al popolo di Israele affinché da quello anche altri ricevano la buona notizia. Noi abbiamo ricevuto questo annuncio, siamo testimoni di questa novità: abbiamo accolto l’invito del Signore ad andare ad annunciare il Regno di Dio? Lo viviamo, lo testimoniamo? Ci è stato dato: lo stiamo facendo diventare il centro della nostra vita? Stiamo facendo delle nostre vite, in tutto quello che di particolare hanno (famiglia, lavoro, figli, attività) un luogo dove l’opera di Dio nel mondo si compia?

…È PREGATAVoglio farti spazio nella mia vita, Signore, affinché tu ne

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prenda possesso in modo completo: solo se Tu sei in me e io in Te potrò portare frutto per il mondo intero e per me stesso. Compi la mia vita così come Tu vuoi, e aiutami a fare della mia intera esistenza un’opera Tua. Amen.

…MI IMPEGNASe non crea scandalo, digiunerò saltando un pasto, oppure rinunciando a qualcosa.

Giovedì 9 Luglio 2020Santi Agostino Zhao Rong e compagni, martiri cinesi

Liturgia della ParolaOs 11,1.3-4.8-9; Sal 79; Mt 10,7-15

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

…È MEDITATA“Dio, che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te” (S. Agostino): questo assioma non viene mai smentito in tutta la Bibbia. Dio o Gesù prendono sempre l’iniziativa ma non si impongono mai sulla libertà di un uomo. Si propongono, annunciano, rischiano tutto, provocano anche, ma attendono sempre che l’uomo dica il proprio sì a quell’iniziativa. Certo, una volta che uno dice sì, poi deve essere fedele a quel sì: non può far finta di non averlo mai detto! Così come, di fronte alla proposta di Dio, uno non può avere l’atteggiamento del disprezzo: stiamo parlando di Dio, del creatore dell’universo e di me! Fino a che non l’ho conosciuto, fino a che Egli non mi

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ha toccato da vicino, allora potrei anche essere superbo; ma se mi è arrivata la sua parola, il suo annuncio, non posso continuare a fare come se egli non fosse importante. Può il vaso dire al vasaio: “tu non sei importante per la mia esistenza”? Il nostro Dio è un Dio esigente, non perché ci mette innanzi cose difficili da compiere ma perché esige che riconosciamo chi siamo noi e chi è lui per la nostra vita. Se uno decide di non farlo oppure sceglie che Colui che è all’origine della sua vita è nulla, sceglie di autodannarsi, perché è come una pianta che sceglie di non bere più acqua, un termosifone che sceglie di non rimanere attaccato alla caldaia: prima o poi si spegne.

…È PREGATAChe io non abbia a rifiutarti mai, o Dio! Non per timore della tua punizione, ma per paura della povertà in cui cadrei! Senza di te, come potrei vivere, come potrei respirare, come potrei gustare, come potrei gioire? Che io dica sempre il mio “sì” alla tua iniziativa verso di me! Amen.

…MI IMPEGNAVado a messa e mi metto a disposizione per leggere una lettura.

Venerdì 10 Luglio 2020Sante Rufina e Seconda, martiri

Liturgia della ParolaOs 14,2-10; Sal 50; Mt 10,16-23

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi

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avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».

…È MEDITATAPrudenti e semplici: non scemi e nemmeno saputelli, ma intelligenti e fiduciosi. È l’atteggiamento che Gesù chiede ai suoi discepoli. Perché vuole che siano “suoi” discepoli, che siano sempre fondati su di Lui, che mantengano costantemente il rapporto con lui, che è la loro origine! E questo non significa subire le condizioni del mondo, perché se uno è in Cristo, partecipa della vita di Cristo; ed Egli non è affatto scemo, anzi! Gesù è la Verità, è la luce del mondo … è uno che dice le cose per come stanno perché va fino alla radice di esse, riconoscendo e mostrando qual è l’essenza del mondo stesso! Il mondo, però, odia Gesù e i suoi seguaci: perché essi ricordano loro se sono nella menzogna, se non riconoscono Cristo! Per questo si corre il rischio del rifiuto, dell’odio, della contrapposizione. Di fronte a questo, però, deve dominare nel discepolo una sola certezza: nulla potrà strapparci dalle mani di Cristo, che ha vinto ogni male (è risorto!); e se siamo in Lui non solo potremo passare per le condizioni che Egli ha vissuto (rifiuto, condanna, sofferenza, morte), ma otterremo anche l’esito della sua vita: quella che vince ogni male e ogni limite.

…È PREGATAVeni Sancte Spiritus,veni per Mariam.(Vieni Santo Spirito, vieni per Maria)

…MI IMPEGNARipeterò questa giaculatoria più volte durante la giornata.

Sabato 11 Luglio 2020SAN BENEDETTO DA NORCIA, abate e patrono d’Europa

Festa Liturgia della Parola

Prov 2,1-9; Sal 33; Mt 19,27-29LA PAROLA DEL SIGNORE

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…È ASCOLTATAIn quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

…È MEDITATAL’uomo non fa niente per niente, e questo, incredibilmente, non è sbagliato! Ci siamo abituati a credere che le nostre azioni non devono aspettarsi alcun riconoscimento, ma in realtà questo non corrisponde al bisogno che ciascuno sente nel proprio cuore. Non perché le cose debbano farsi per mero interesse, ma perché ciascuno sente che la propria esistenza non è fatta per arrivare a perdere, bensì a ottenere: siamo fatti per una pienezza. Infatti, alla richiesta di Pietro, Gesù non risponde dicendo: “avete me, che cos’altro volete??”, bensì: “Avrete il centuplo sulla terra e la vita eterna”. Questa si chiama convenienza, proprio in linguaggio economico: uno lascia una cosa e ne guadagna cento! Più di questo, cos’altro si può chiedere? La cosa strana dell’uomo di oggi è che non crede più nel centuplo. Stranamente, questa convenienza – che non è ipotetica ma certa, perché fondata sulla promessa di Dio – non interessa, non è tenuta in considerazione. Eppure Gesù la afferma senza giri di parole! Allora dovremmo farci una domanda soltanto: ci interessa avere cento volte in tutto quello che abbiamo oppure siamo così attaccati a quel misero “1” che stringiamo tra le mani? Siamo così avari oppure siamo liberi di accettare la promessa del 100 a 1? Non ci interessa una pienezza così smodata come quella promessa da Gesù?

…È PREGATADio onnipotente ed eterno, per i meriti e l’esempio di san Benedetto rinnova in me il Tuo Santo Spirito; donami forza nel combattimento contro le seduzioni del maligno, pazienza nelle tribolazioni della vita, prudenza nei pericoli. Aumenta in me l’amore della castità, il desiderio della povertà, l’ardore nell’obbedienza, l’umile fedeltà nell’osservanza della vita

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cristiana. Confortato da Te e sostenuto dalla carità dei fratelli, possa servirTi gioiosamente e giungere vittorioso alla patria celeste insieme a tutti i santi. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

…MI IMPEGNAFaccio una donazione ai poveri.

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XV Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 12 Luglio 2020San Giovanni Gualberto, abate

Liturgia della ParolaIs 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è

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colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

…È MEDITATADio prende l’iniziativa: su questo non bisogna avere dubbi. Iniziativa su cosa? Sul rapporto con me: non sono io che mi pongo il problema di stringere una relazione con Lui, ma è Lui che in un modo o nell’altro fa di tutto affinché io viva in unione alla sua persona. Col tempo si impara a riconoscere questa dinamica: si scopre che il nostro desiderio di bene, che ci costituisce, è desiderio di Lui ed è risvegliato proprio dal bene che accade, cioè da Lui. È determinante, quindi, la predisposizione con cui uno sta di fronte alla vita: se è disponibile, cioè aperto, sarà in grado di riconoscere e accogliere l’iniziativa di Dio, e nel momento in cui questa sarà fatta diventare un alimento costante delle proprie giornate e dei propri pensieri, pian piano trasformerà il cuore dell’uomo perché porterà una novità di vita che prima non c’era: la sua stessa vita in me. Ecco la Parola di Dio, la sua opera, la sua iniziativa: Cristo; ecco il terreno in cui il seme viene gettato, la mia disponibilità, il mio desiderio: io. Tutta la vita si gioca nell’apertura o nella chiusura a questo rapporto.

…È PREGATAVoglio essere terreno buono, o Dio, perché so che la tua parola, cioè il tuo Figlio, è venuto per portare frutto in me, per far sì che io non rimanga sterile ma collabori con la tua opera nel mondo. Aiutami a dissodare il terreno del mio cuore, così che il seme che getterai potrà trovare accoglienza: te lo chiedo per me e per tutti coloro che mi stanno vicino. Amen.

…MI IMPEGNAOggi eviterò di distrarmi e perdere tempo in attività che non mi aiutano ad accrescere la mia fede.

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Lunedì 13 Luglio 2020Sant’Enrico II, imperatore

Liturgia della ParolaIs 1,10-17; Sal 49; Mt 10,34 -11,1

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

…È MEDITATASiamo abituati a riferirci a Gesù come a colui che è venuto a portare la pace nel mondo, a mettere fine ai conflitti, a curare ogni malattia e vincere ogni limite umano. E tutte queste cose non solo sono vere perché lo ripetiamo da secoli, ma lo afferma la stessa Sacra Scrittura. Ad esempio, il profeta Isaia definirà il Messia atteso “principe della pace” (Is 9,5). Gesù smentisce tutto ciò? No. Le sue parole non sono quelle di un malvagio guerrafondaio, ma di un uomo che domanda radicalità. Dovremmo abituarci a guardare Gesù in questo modo, invece che considerarlo la panacea per tutti i mali senza spina dorsale. Radicalità non significa fondamentalismo ma presa di posizione, cioè maturità. Egli vede il mondo e l’uomo con lo sguardo di Dio, il quale chiede solo una cosa: che la sua creatura riconosca il suo creatore, cioè affermi la verità di sé e del mondo. Per fare questo, deve prendere una posizione contro ciò che lo distoglie da questo giudizio (e a

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volte, si distoglie da solo!). Per questo il rischio è di incappare in scontri e separazioni: perché non si accetta che Dio sia la verità di ogni cosa più di quanto lo possa essere io. Spesso, per curare una ferita purulenta, occorre incidere l’infezione per eliminare ciò che danneggerebbe ancora di più la salute. Incidere fa male, ma permette di ottenere il bene più grande e vero.

…È PREGATAPerché le genti sono in tumultoe i popoli cospirano invano?Insorgono i re della terrae i prìncipi congiurano insiemecontro il Signore e il suo consacrato:«Spezziamo le loro catene,gettiamo via da noi il loro giogo!».Ride colui che sta nei cieli,il Signore si fa beffe di loro.Egli parla nella sua ira,li spaventa con la sua collera:«Io stesso ho stabilito il mio sovranosul Sion, mia santa montagna».Voglio annunciare il decreto del Signore.Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,io oggi ti ho generato». dal Salmo 2

…MI IMPEGNAPregherò all’inizio dei pasti apertamente, coinvolgendo le persone che sono con me.

Martedì 14 Luglio 2020San Camillo de’ Lellis, sacerdote

Liturgia della ParolaIs 7,1-9; Sal 47; Mt 11,20-24

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi,

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già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

…È MEDITATAOgni tanto si sente parlare qualche biblista dicendo che Gesù non usa mai il linguaggio invettivo da profeta dell’Antico Testamento, perché egli è più un sapiente che cerca di persuadere chi lo ascolta. Mi chiedo cosa direbbero di un brano come questo: guai, giudizio, durezza! Applicare a Gesù etichette è facile, perché si ha il bisogno di venire confermati nella propria posizione o nella propria interpretazione. Invece, egli rimane sempre altro rispetto a quello che pensiamo di lui; è, infatti, questo l’errore delle città contro cui Gesù si scaglia. Non lo hanno riconosciuto per quello che è, lo hanno rifiutato prendendolo per un rabbì come altri. Non hanno colto in lui la presenza di Dio, di quel Dio che proprio attraverso di lui li esortava alla conversione, cioè a cambiare sguardo e vita, a mettersi dietro di lui e lasciarsi cambiare. La fede, quella vera, riconosce che Dio smuove l’uomo, a volte anche in modi dolorosi. Ma se di fronte alla provocazione che riceviamo da Lui rimaniamo inerti, vuol dire che non abbiamo nessun desiderio di vita.

…È PREGATAI tuoi rimproveri, Gesù, sono come quelli di un genitore che desidera che il proprio figlio maturi; li accetto, o Signore, perché so che tanti passi devo compiere per diventare come tu desideri! Ma non mi abbandonare nel momento della distrazione o della prova: perché solo se tu sei sempre con me io potrò essere salvato da me stesso. Amen.

…MI IMPEGNANel giorno di S. Camillo de Lellis, andrò a visitare un ammalato, portando a lui/lei non solo la mia compagnia, ma soprattutto la consolazione della fede.

Mercoledì 15 Luglio 202067

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San Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa Liturgia della Parola

Is 10,5-7.13-16; Sal 93; Mt 11,25-27LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

…È MEDITATAC’è una promessa contenuta in queste parole: siamo nelle mani del Figlio, poiché tutto gli è stato dato dal Padre. Qual è la ragione di questo dono? È solo nel Figlio che il mondo si compie. S. Paolo dirà che “tutto è stato fatto per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1,16): è questo il mistero contenuto fin dall’eternità nel cuore del Padre. Il Figlio è colui in cui si riversa tutto l’amore del Padre e la creazione intera, uomo compreso, partecipa di questo amore: la sua vocazione è di appartenere a Dio per mezzo di Cristo. L’uomo è chiamato a divenire egli stesso figlio di Dio per mezzo del Figlio Unigenito e così diventa partecipe dell’amore divino del Padre, un amore eterno, pieno, totale: è questo l’anelito del nostro cuore. L’uomo è chiamato a diventare figlio lasciando che il Figlio diventi realtà in lui: in questo rapporto di mutua appartenenza noi ci compiamo davvero. Tutto gli è stato dato nelle mani affinché Egli, il Figlio eterno del Padre, possa portarlo a compimento, possa farlo diventare pienamente vero, possa innestarlo dentro questo amore infinito che fa diventare davvero se stessi, fa essere ciò per cui si è fatti. La gioia più grande per l’uomo è potere vedere e sperimentare il compimento di sé e di coloro che ama; la persona di Cristo, nelle cui mani siamo messi e che ci porta dentro il mistero del Padre, è per ciascuno questa inattesa e al tempo stesso eternamente desiderata possibilità.

…È PREGATAHo una grande fiducia, o Signore: nulla potrà separarmi dal tuo amore. Confido in questa esperienza, o Dio, nella tua

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misericordia che previene ogni mio gesto e ogni mia decisione. Dammi solo la forza di aderire alla mia libertà vera, che sei Tu, per rimanere sempre nelle tue mani. Amen.

…MI IMPEGNAPrendo l’impegno di pregare per una settimana per un bambino in particolare che c’è nel mio quartiere o comunque vicino casa mia.

Giovedì 16 Luglio 2020Beata Vergine Maria del Monte Carmelo

Liturgia della ParolaIs 26,7-9.12.16-19; Sal 101; Mt 11,28-30

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

…È MEDITATAIl giogo non è certo uno strumento di libertà. I buoi lo subivano con tutto il suo peso e la sua durezza, e grazie a questo strumento venivano comandati dal colui che guidava il carro o l’aratro, per sfruttare la loro forza e muovere ciò che doveva essere trainato. Incredibilmente, Gesù utilizza proprio questa immagine per parlare della situazione liberante che si ottiene dallo stare con lui; grazie al suo giogo, afferma, si può fare esperienza di ristoro! Come è possibile? I buoi erano affaticati e oppressi dal peso del giogo e proprio quello strumento di privazione di libertà testimoniava il fatto che “andare avanti” era causa di fatica. Proprio questa immagine ci fa capire perché Gesù ci invita a cambiare il nostro giogo: perché di fatto ciascuno di noi va avanti nella sua vita portando il peso di ciò che lo può opprimere, trascinando il proprio carico, e spesso è affaticato perché la vita stessa è dura da affrontare. Siamo spesso soggiogati dai nostri limiti e da quello che gli altri si aspettano da noi; spesso, accettiamo di rimanere nella vita in modo passivo, e l’unica cosa che possiamo fare è l’esperienza della fatica e dell’oppressione. Il giogo di Gesù perché ristora? Perché Egli non vuole

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opprimere, ma liberare. Non ci si può illudere: l’uomo non è capace di rimanere senza un giogo (e non perché sia un bue, ma perché non è mai padrone di sé!), ma può scegliere a chi sottomettersi. Cioè, a chi aderire, chi abbracciare: perché c’è una bella differenza tra essere sotto uno che ti vuole opprimere e uno che ti vuole rendere libero!

…È PREGATADammi la grazia di saper obbedire, o Dio, non ai padroni del mondo, non a me stesso ma a Te che sei il Signore di ogni cosa e che hai creato tutto per il bene e la libertà. Fammi fare l’esperienza del tuo ristoro, della pienezza che viene da te, così che mai senta il bisogno di abbandonarti per seguire ciò che mi rende schiavo. Amen.

…MI IMPEGNAVado in chiesa e mi fermo a pregare per un po’ di tempo, rinnovando l’offerta della mia vita per intercessione della Madonna del Carmelo.

Venerdì 17 Luglio 2020Sant’Alessio, mendicante

Liturgia della ParolaIs 38,1-6.21-22.7-8; Sal da Is 38; Mt 12,1-8

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

…È MEDITATAIl sabato è la grande istituzione dell’antica Alleanza perché il segno dell’opera di Dio nella creazione: il settimo giorno Egli si

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riposò e allo stesso modo l’uomo deve riposare, per ricordarsi dell’opera di Dio, cioè per lasciare a Dio un tempo suo, quel tempo che permette poi di riprendere il resto del tempo in modo nuovo. Gesù cambia la prospettiva e stravolge tutto: dal momento in cui Dio si è fatto uomo non ci sarà più un sabato, perché il tempo in cui l’uomo dovrà ricordarsi di Dio e della sua opera (cioè rimetterla al centro del suo cuore) sarà la quotidianità. Dio ha assunto il tempo come parte di sé divenendo egli stesso temporale; Gesù è nato, ha vissuto un tot di tempo, ha insegnato per tre anni … il tempo è diventato un elemento nel quale Egli si è mosso. Paradossalmente, una buona parte di miracoli e guarigioni egli le ha fatte proprio di sabato, nel giorno del riposo assoluto, suscitando l’ira dei farisei! Perché, se il sabato è il giorno in cui ci si ricorda del Signore, allora, Egli faceva rivolgere il cuore degli uomini verso il Padre proprio attraverso il suo operare. Che cosa è più importante, allora: la forma della Legge o il suo cuore? L’adesione al comando era segno di osservanza; la maturazione della Legge era segno di amore, cioè di un giudizio guidato dallo Spirito. Cristo, che conosce il cuore del Padre, sa che relegare a Dio un solo giorno è troppo poco. Egli scombina questo schema perché il Padre chiede all’uomo una sola cosa: che sia tutto Suo.

…È PREGATALodate, servi del Signore,lodate il nome del Signore.Sia benedetto il nome del Signore,ora e sempre.Dal sorgere del sole al suo tramonto,sia lodato il nome del Signore. dal Salmo 112

…MI IMPEGNAFaccio di questa mia giornata un tempo per Dio, offrendola a Lui e cercando di scoprire dentro il mio lavoro quotidiano cosa Dio mi stia dicendo.Sabato 18 Luglio 2020San Federico di Utrecht, vescovo

Liturgia della ParolaMic 2,1-5; Sal 9; Mt 12,14-21

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LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:«Ecco il mio servo, che io ho scelto;il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.Porrò il mio spirito sopra di luie annuncerà alle nazioni la giustizia.Non contesterà né grideràné si udrà nelle piazze la sua voce.Non spezzerà una canna già incrinata,non spegnerà una fiamma smorta,finché non abbia fatto trionfare la giustizia;nel suo nome spereranno le nazioni».

…È MEDITATAC’è una strana contraddizione in questo brano: da una parte il fatto che Gesù compie delle guarigioni e delle opere di giustizia (come conferma il brano di Isaia); dall’altra i farisei che vogliono uccidere Gesù (di per sé un’uccisione è un atto di ingiustizia, anche se spesso la si giustifica con varie ragioni). Se Gesù compie le parole annunciate dai profeti, se guarisce le malattie e le infermità, perché vogliono ucciderlo? Perché egli compiva queste opere nel giorno di sabato. In questo modo non soltanto disobbediva alla legge (e all’interpretazione che ne era stata data), ma istillava nel popolo l’idea che si potesse fare quello che si voleva, e questo andava contro il volere di Dio (e l’ordine costituito). Ma il popolo sapeva bene che solo un uomo di Dio avrebbe potuto compiere miracoli e guarigioni: poco importa se sia sabato o lunedì! Ciò che conta è che quel rabbì è mandato da Dio, altrimenti non avrebbe potuto compiere un bel nulla. L’evidenza che appare agli occhi dei semplici è invisibile a quelli dei farisei, che misurano tutto e tutti a partire dalla legge e dai criteri di conformità a essa. Ora, l’atteggiamento dei farisei è più diffuso di quanto non sembri: chi di noi non misura tutto e tutti a partire dai propri criteri e dalle proprie misure? Chi di noi non giudica gli altri (e a volte ci mette sopra

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una bella croce)? Forse, allora, l’opera di Cristo verso di noi non è guarirci dai mali del corpo, ma da quelli dello spirito.

…È PREGATALa tua Chiesa, Signore, sia sempre testimone di questa grande novità che hai portato nel mondo: non c’è giustizia senza di Te, non c’è pace senza la tua opera, non c’è fede senza la tua presenza, non c’è speranza senza la tua parola. Che tutto il mondo veda questa testimonianza e creda in Te, o Dio! Amen.

…MI IMPEGNATelefonerò a qualcuno che per me è testimone di Cristo e, se ne ho bisogno, chiedo di essere aiutato ad affrontare una qualche fatica che vivo.

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XVI Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 19 Luglio 2020Sant’Arsenio il Grande, eremita

Liturgia della ParolaSap 12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che

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commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

…È MEDITATAIl brano di questa domenica contiene tre parabole che parlano del Regno dei cieli. Sono molto diverse per lunghezza ma tutte hanno in comune un elemento: il regno è sempre qualcosa che si espande, che cresce, che non è statico. Nella prima parabola “è simile a un uomo che ha seminato” del grano, cioè a una realtà in movimento, dove c’è un’azione che inizia e che si svolge; nella seconda “è simile a un granello di senape” piantato nella terra, che nel tempo crescerà; nella terza “è simile al lievito” che fa lievitare, cioè crescere, tutta la pasta. Perché queste similitudini? Cosa vogliono annunciare? Innanzitutto la realtà del Regno: esiste, è qualcosa che deve compiersi. Ma, in secondo luogo, il fatto che il Regno non solo verrà nel futuro, ma si costruisce, cresce nel tempo; c’è un “principio vitale” nel Regno che spinge a far maturare la realtà in cui è messo. In altre parole, Gesù annunciando il Regno, dice che Dio ha intenzione di fare di tutta la realtà il luogo dove Lui sarà Signore e tutti potranno partecipare a questa signoria. La realtà intera è chiamata a partecipare alla vita del Regno, tanto che esso non è già pronto in attesa di instaurarsi quando questo mondo finirà: esso sta crescendo, così come il lievito fa lievitare tutta la pasta, o un albero che diventa grande o un campo di grano che arriva alla sua maturazione. L’uomo deve prendere parte a questa maturazione della realtà tutta: ma che cosa è il “principio vitale” della realtà, cioè quella cosa che dà la vita, la spinta a che la realtà maturi? Cristo. È Lui il Regno già compiuto, poiché in Lui Dio regna; ma Lui ha il compito e il desiderio, oltre che la vocazione, di portare tutta l’opera del Padre a compimento: di ricondurre tutti a Lui. Cosa è allora il Regno? È la nostra vocazione. Siamo chiamati a vivere in eterno nel luogo dove il male non avrà più potere (la zizzania bruciata), dove tutto ciò che siamo troverà consolazione e soddisfazione (gli uccelli che fanno il nido tra i rami), dove godremo della pienezza della vita (la pasta lievitata). Siamo

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fatti per il Regno, perché siamo fatti per Cristo; e siamo chiamati a edificare già ora il Regno, a fargli spazio nella nostra vita, affinché quel principio vitale trovi in noi terreno fertile e si espanda, toccando attraverso di noi ogni realtà.

…È PREGATAVenga il tuo Regno! Sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra.

…MI IMPEGNAPregherò con il “Padre nostro” al mattino, a mezzogiorno e alla sera, in modo non frettoloso, ma ponendo attenzione alle parole della preghiera di Gesù.

Lunedì 20 Luglio 2020Sant’Apollinare di Ravenna, vescovo e martire

Liturgia della ParolaMic 6,1-4.6-8; Sal 49; Mt 12,38-42

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».

…È MEDITATA“Vi è qui uno più grande”! La gente chiede segni e non vede la cosa più evidente, e cioè che “IL” segno ce l’ha davanti agli occhi: Lui è il segno. Per credere al Padre gli uomini hanno bisogno di segni, e così ha mandato il Figlio; per credere al Figlio vogliono altri segni … ma Gesù non ci sta. L’uomo deve fare il percorso della conoscenza che porta dall’evidenza al mistero: ciò che ha davanti agli occhi è già segno, e rivela qualcosa di ben più misterioso di quello che si vede! Ma senza

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arrivare a questo giudizio di conoscenza, non ci potrà mai essere spazio per la fede! Per credere ci vuole intelligenza e ragione! Gesù condanna questa “stentatezza” nella conoscenza che riscontra nei suoi contemporanei; ma noi, uomini razionalisti, non usiamo forse gli stessi criteri nei confronti di Dio?

…È PREGATALa tua Chiesa è il segno della tua presenza in mezzo a noi, Gesù: fa’ che tutti gli uomini la guardino con questi occhi e non con quelli della mondanità. E fa’ che tutti noi membri della Chiesa non causiamo mai scandalo negli altri, ma testimoniamo con la vita chi sei tu per noi. Amen.

…MI IMPEGNAPrego in particolare per il Papa, i Vescovi e i sacerdoti, offrendo un piccolo sacrificio per la loro santificazione.

Martedì 21 Luglio 2020San Lorenzo da Brindisi, sacerdote e dottore della Chiesa

Liturgia della ParolaMic 7,14-15.18-20; Sal 84; Mt 12,46-50

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».

…È MEDITATAGesù ha proprio un chiodo fisso: il Padre. Tutto quello che vede lo riconduce a Lui, dalle cose più semplici (gli uccelli del cielo, i gigli del campo) a quelle più importanti: perfino gli affetti familiari sono occasione per riandare con il cuore al Padre e per richiamare tutti a questo giudizio. La vita è rapporto con Lui, in ogni circostanza e in ogni aspetto; per cui, se si perde questa profondità di sguardo, le circostanze e perfino le persone saranno occasione di distrazione. Questo

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vuol dire che non bisogna avere nessun interesse o nessun affetto? Niente affatto! Vuol dire porre tutto ciò che si ha e che si vive dentro il rapporto con il Padre, così come faceva Gesù; perché solo dentro questo rapporto le cose che si amano non si perdono, anzi vengono valorizzate. Incredibilmente, in questa frase apparentemente dura e un po’ scioccante, Gesù dichiara due cose: la prima, ci dà la possibilità di essere affezionati a lui come a una persona cara, facendo diventare la propria vita un’obbedienza al Padre; la seconda, ci dice qual è il valore degli affetti (e quindi anche della madre di Gesù per lui), e cioè dono del Padre da essere vissuto come continuo richiamo a Lui. Tutto diventa prezioso se in rapporto alla sua origine; e per noi diventa prezioso Cristo stesso, se ci uniamo anche noi all’origine che abbiamo in comune.

…È PREGATASe ci rivolgiamo a te, Maria, è perché vogliamo imparare a guardare Gesù come hai imparato tu. Lui ha insegnato a te per prima a tenere fissa lo sguardo verso il Padre, e così anche noi che siamo figli di Dio e figli tuoi, vogliamo fare lo stesso. Metti dentro il nostro cuore questo amore unico, così che possiamo possedere la vita vera e il nostro Signore, tuo figlio. Amen.

…MI IMPEGNADirò una preghiera insieme con la mia famiglia, prima di andare a dormire.

Mercoledì 22 Luglio 2020SANTA MARIA MADDALENA, discepola del Signore

Festa Liturgia della Parola

Ct 3,1-4; Sal 62; Gv 20,1-2.11-18LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIl primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Maria

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stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

…È MEDITATAMaria Maddalena è entrata nella storia per una ragione: è stata la prima annunciatrice della Risurrezione del Signore! Tutta la nostra fede in questo fatto che ha rivoluzionato il mondo, tutta la speranza che possiamo avere nel vivere le nostre vite, le dobbiamo a questa donna intrepida, quasi inopportuna nei suoi modi di fare per l’epoca in cui viveva. Una donna che non sta sottomessa a un gruppo di uomini e che, anzi, è incaricata di rendere testimonianza proprio a loro! La Maddalena ha saputo cogliere il frutto maturo della speranza per il mondo intero grazie al suo pianto e al suo rimanere attaccata al suo Rabbunì; il bisogno di Lui e di Lui soltanto ha fatto sì che non se ne andasse da quel luogo di morte e ha permesso di scoprire che dentro la morte era rinata la vita! Possa Maria Maddalena aiutare anche noi a rinnovare la nostra speranza nella risurrezione di Cristo, possa insegnarci ad amarlo con una tale radicalità che anche noi possiamo diventare testimoni come lei, e godere così di quell’esperienza del sentirci chiamati per nome da Gesù: per nome, proprio io, perché Lui, il Signore risorto e vivente oggi, si rivolge a me, mi viene incontro per confortare me e rendermi partecipe della sua gioia, da donare a tutti.

…È PREGATADio onnipotente ed eterno, il tuo Figlio ha voluto affidare a

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Maria Maddalena il primo annunzio della gioia pasquale; fa’ che per il suo esempio e la sua intercessione proclamiamo al mondo il Signore risorto, per contemplarlo accanto a te nella gloria. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

…MI IMPEGNAComprerò dei fiori e li porterò in dono al Signore, in Chiesa.

Giovedì 23 Luglio 2020SANTA BRIGIDA, religiosaPatrona d’Europa

Festa Liturgia della ParolaGal 2,19-20; Sal 33; Gv 15,1-8

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

…È MEDITATAIn questi 8 versetti, il verbo “rimanere” è ripetuto per 6 volte: non perché Gesù non sa trovare altre parole, ma perché per lui è un concetto fondamentale. Rimanere: non c’è altro metodo per non perdere il rapporto vitale con Dio. Non si mantiene viva la fede attraverso uno sforzo personale, ma solo attraverso l’appartenenza a lui; è in lui la sorgente della vita e della fede, non in noi. La fede è una cosa personale, data a ciascuno di noi, ma non è grazie ai nostri impegni e alle nostre riflessioni che essa si mantiene viva, bensì solo se rimane innestata nel rapporto con Dio. Così come essa è sorta dall’incontro con Lui, allo stesso modo resta viva solo se

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rimane attaccata a Lui, se mantiene, cioè, lo stesso metodo con cui è nata. “Senza di me non potete fare nulla” non significa soltanto che siamo incapaci di ottenere nessun risultato vero e duraturo senza Cristo (il che è più che vero!), ma che noi non dobbiamo mai correre il rischio di staccarci da lui nel pensare di fare qualcosa e di concepire noi stessi. Il rischio infatti è: abbiamo incontrato Gesù, abbiamo capito, quindi ora tocca a noi. Ecco, questo è l’errore diabolico in cui senza accorgercene cadiamo: diabolico perché separa noi dalla nostra origine (dia-ballo in greco vuol dire proprio separare). Possiamo spostare l’attenzione da lui a noi nel vivere la vita (ad esempio: in un matrimonio, quante volte una persona – che crede e che ha scelto di sposarsi in chiesa senza dubbi di fede – pensa che tenere in piedi la relazione di coppia dipenda dai suoi sforzi o da quelli dell’altra persona o da quelli di entrambi? Il matrimonio, così, è nato da un’unione operata da Dio, ma poi si pensa a gestirla da soli; e come vale per questo esempio, vale per tutto). Può un tralcio esistere se non è attaccato alla vite? Può un ramo portare frutto se non è attaccato al tronco? In teoria lo sappiamo; e allora dobbiamo solo riconoscere chi è il nostro tronco, qual è il nostro vero punto di origine, e il fatto che dobbiamo mantenerci costantemente attaccati a esso per non perdere la vita vivendo.

…È PREGATAFa’ che io non perda mai l’origine della mia esistenza, o Dio: non come un’origine nel tempo da cui in fondo mi posso allontanare per fare la mia vita, ma come sorgente continua di ciò che sono. Fa’ che io non mi stacchi mai da Te, Signore; e se dovessi farlo, richiamami sempre con la tua grazia a tornare a Te, per amore del tuo nome. Amen.

…MI IMPEGNAFarò delle pulizie in casa, per vedere con i miei occhi e con le mie mani come la casa, senza la continua presenza di uno che se ne prende cura, pian piano diventa inospitale.

Venerdì 24 Luglio 2020Santa Cristina di Bolsena, martire

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Liturgia della ParolaGer 3,14-17; Sal da Ger 31; Mt 13,18-23

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

…È MEDITATAGesù ci invita a essere terreno buono, capace di accogliere il seme della Parola, che è lui stesso insieme a ciò che ci dice. La ragione non è perché ci vuole “buoni”, cioè pii e devoti, ma perché ci vuole vivi, cioè capaci di portare vita. Il terreno buono è innanzitutto quello che viene vangato, pulito dalle erbacce, lavorato con la zappa e l’aratro: questo è un processo faticoso e anche in un certo senso doloroso: ma solo così il terreno non sarà ostile ad accogliere il seme gettato. Per cui, per essere terreno buono dobbiamo accettare di lavorare su noi stessi, di lasciarci zappare dal “contadino” che è lo Spirito di Dio. Gesù ci chiede di portare vita nel mondo, perché senza di noi la Sua vita non apparirà. Non ci chiede di portare la nostra vita, ma la Sua! Quale grande privilegio ci è dato! E questo non è solo un bene per tutti, ma innanzitutto per noi stessi. Un terreno che porta vita è un terreno fertile; al contrario, un terreno sterile – perché è sassoso o perché soffocato dalle erbacce – non sarà apprezzato né valorizzato per piantarci cose da mangiare. È la vita di cui gli uomini hanno bisogno; e questa vita ci è promessa! Non ci viene chiesto di crearla o di esserne all’altezza, bensì di essere disponibili ad accoglierla.

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…È PREGATACome vuoi cambiarmi, o Dio? Perché se non mi fai diventare tu terreno buono, io sarò sempre sterile! Dammi quella grazia che tocca il cuore, che provoca la vita, perché io desidero essere capace di accoglierti e portare frutto per me e per il mondo intero. Amen.

…MI IMPEGNAFarò un atto di consacrazione al Signore di tutto ciò che sono, chiedendogli di compiere la mia vocazione.

Sabato 25 Luglio 2020SAN GIACOMO IL MAGGIORE, apostolo

Festa Liturgia della Parola

2Cor 4,7-15; Sal 125; Mt 20,20-28LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

…È MEDITATAGesù avrà potere, giudicherà. Giovanni e Giacomo vogliono sedere accanto a lui, godere indirettamente della ricaduta del suo potere su tutto, ma non hanno tenuto conto di due cose: primo, tutta la vita di Gesù è rapporto col Padre. È questo il suo potere. Lui non vuole potere, vuole obbedire. Quello che vuole il Padre vuole il Figlio, e questo non riguarda solo la decisione di chi siederà alla destra e alla sinistra di Gesù, ma il

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suo modo di essere. Tutto il suo vivere non è decisione ed esercizio di potere, ma ascolto e obbedienza a Dio Padre. In tutto: anche nell’essere consegnato ai pagani e ucciso. Secondo: il modo di essere e di vivere dei suoi discepoli non può essere uguale a quello di tutti gli altri. Gli uomini seguono principi e criteri di quel mondo che non conosce Dio così come Gesù lo rivela. Gli uomini dominano e opprimono, si impongono e fanno di tutto per affermarsi e non essere sottomessi a nessuno: mors tua, vita mea. Solo così si può essere qualcuno …, l’importante è non essere impediti da nessuno, costi quel che costi. Gesù, invece, vuole dei discepoli che avranno un altro modo di esercitare il loro potere: non ama essere seguito da gente che tiene sempre la testa alta ma che ha il proprio centro nella relazione di donazione. Solo chi si dona vive come Dio, cioè come lui. Ma “donarsi” cosa vuol dire? Stare di fronte all’altro con il cuore docile, attento, aperto, disponibile. “Donarsi” è riconoscere che l’altro è prezioso e io non posso fare altro che servirlo. L’altro, così per com’è; non per ottenere io una gratificazione, ma per essere uno che vive di donazione, e basta. Per essere uno che vive! È questo che compie il cuore mio e dell’altro: obbedire, essere sempre teso ad ascoltare il volere di Dio per me e per gli altri, dare la vita. Gesù è disposto a sacrificarsi per riscattare noi dalla condizione di morte! Ci vuole staccare da un continuo strappare a morsi la vita e spadroneggiare su quello che siamo per donarci un modo di possedere, un modo di relazionarci con noi stessi, con gli altri e con il Padre che è nuovo, dell’altro mondo; per donarci il possesso di Dio e appartenergli in tutto, qualsiasi cosa accada.

…È PREGATATi chiedo di sapere capire che la vita non la si vive veramente se non la si dona, o Gesù; i tuoi apostoli hanno scoperto grazie a te questo mistero e alla fine si sono sacrificati pur di affermare che tu sei la vera vita. Dammi questa grazia di comprendere e, se tu me lo chiedi, di sacrificarmi per te. Amen.

…MI IMPEGNAMi fermerò a contemplare il Crocifisso per un po’ di tempo in

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questa giornata, e mediterò sul dono che Gesù ha fatto della sua vita per la mia.

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XVII Settimana del Tempo OrdinarioDomenica 26 Luglio 2020Santi Anna e Gioacchino, genitori della Vergine Maria

Liturgia della Parola1Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

…È MEDITATAQuesta volta Gesù non spiega il Regno dei cieli con delle immagini “dinamiche”, come nella domenica scorsa, ma usa delle similitudini di tipo qualitativo e quantitativo. Un tesoro, una perla preziosa, una rete piena di pesci: cosa hanno in comune? Il fatto che sono tutti “tanta roba”! E, da una parte, queste immagini ci richiamano alla coscienza un giudizio: il Regno dei cieli è prezioso! Anzi, è la cosa più preziosa che ci sia, al punto che uno che lo scopre è disposto a vendere tutto pur di ottenerla. C’è quindi un vantaggio a privarsi di tutto per ottenere il Regno: solo uno sciocco farebbe questo se non ci fosse un guadagno maggiore. E nessun uomo è così sciocco, perché per natura l’uomo cerca il “di più”, la pienezza. Ancora, il Regno dei cieli non è una cosa povera, ma un’esperienza di sovrabbondanza. In esso, però, non ci sarà “di tutto e di più”, ma solo il “di più”, cioè il meglio. Non ci si deve illudere che si può possedere il Regno, o si possa farne

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parte, avendo al tempo stesso atteggiamenti contrari a esso. Per “acquistarlo” bisogna vendere tutto; per farne parte bisogna scegliere di entrarci. Perché il Regno è la verità del mondo, e se uno non lo sceglie, vi rimarrà fuori. Il Regno è simile a una rete: significa che esso raccoglie, contiene; significa, ancora, che va verso una realizzazione (la rete serve a uno scopo: non ad abbellire le stanze, ma a pescare! E compie il proprio scopo quando viene usata e la pesca si realizza). La vita intera, quindi, è un cammino al compimento del Regno, e tale cammino implica il desiderio dell’uomo di aderire al compimento, di sceglierlo, di riconoscerlo e desiderarlo con tutto se stessi, di togliere quello che è meno prezioso del Regno stesso. Può sembrare un perdere qualcosa, ma il guadagno sarà molto maggiore. Ce l’ha promesso Gesù!

…È PREGATARiconosco che la mia vita è una ricerca: qualsiasi cosa faccio sto cercando la mia felicità, ciò che mi fa stare bene, che mi soddisfa e mi rende lieto. Ma poiché so, o Dio, che spesso sono proprio io che metto dei limiti alla mia ricerca, voglio chiederti di darmi quell’ardore e quella passione per potermi decidere a lasciare ciò che non mi rende davvero felice e acquistare così Te, che sei la cosa più preziosa che io abbia mai incontrato. Ti prego, esaudiscimi!

…MI IMPEGNAMi priverò di qualcosa che mi distrae da Cristo.

Lunedì 27 Luglio 2020San Pantaleone, medico e martire

Liturgia della ParolaGer 13,1-11; Sal da Dt 32; Mt 13,31-35

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi

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rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

…È MEDITATAAvete mai visto un seme di senape? Ha ragione Gesù a dire che è il più piccolo di tutti i semi, per lo meno è uno dei più piccoli al mondo: è quasi quanto la capocchia di uno spillo. E poi, il tipo di senape che doveva conoscere Gesù era la “senape nera”, che può arrivare a un’altezza di 3 metri. Ora, al di là della questione agreste, è interessante il motivo per cui Gesù utilizza proprio questa immagine: che potenzialità ha dentro di sé! Sembra una cosa scontata, invece ci fa capire che se il Regno dei cieli è il progetto finale di Dio, non occorre aspettarsi che inizi “col botto”, cioè in maniera grandiosa ed eclatante. L’inizio è discreto, quasi invisibile, eppure porta dentro di sé la potenzialità più grande che ci sia. Così come la salvezza è entrata nel mondo attraverso il sì di una fanciulla e poi la nascita di un bambino (la cosa più normale che ci sia), allo stesso modo il compimento del Regno arriverà solo se si riconoscerà il suo inizio così piccolo e discreto. Non bisogna ingannarsi, dunque: anche se non sembra, il Regno tende a svilupparsi nel segreto.

…È PREGATAFa’, o Signore, che non perdiamo mai la fiducia nel tuo Regno: anche se in apparenza il mondo sembra prevalere sulla Tua presenza e la Tua salvezza pare non arrivare mai, sappiamo che Tu sei fedele e che porterai a compimento la Tua opera. Lasciaci vedere i segni del Tuo Regno e così potremo essere testimoni della Tua speranza per tutti. Amen.

…MI IMPEGNAMi fermerò a riflettere per cercare di scorgere i semi di bene che ci sono nella mia vita, e alla fine renderò lode al Signore perché sono semi del suo Regno!Martedì 28 Luglio 2020Santi Nazario e Celso, martiri

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Liturgia della ParolaGer 14,17-22; Sal 78; Mt 13,36-43

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

…È MEDITATAPerché c’è il male nel mondo? “Perché un nemico ce l’ha messo”: non è desiderio di Dio, ma opera di uno, il diavolo, che desidera che l’opera di Dio si perda. Ma come stare di fronte al male? “Il male fa male! Eliminiamolo!”. No, dice Gesù, “perché si corre un rischio grandissimo: strappando le erbacce, si può strappare pure il grano buono insieme a esse”. Quello che a noi sembra contro-intuitivo, per Gesù è evidente; e lo è anche per chiunque ha un minimo di esperienza agricola. Questo significa che dobbiamo convivere con il male? Si. È questa l’unica possibilità per evitare scandali maggiori. Quante volte ci poniamo il problema di una sofferenza ingiusta? È forse ciò che ci paralizza maggiormente nel credere che Dio ci vuole bene; ma il problema è proprio nello scandalo che può accadere. Chi deve giudicare? Dio, e lui solo; spetta a lui conoscere chi è il grano buono e chi è la zizzania! Il grano deve solo preoccuparsi di maturare, di arrivare al compimento di sé, affinché possa essere raccolto e custodito; non spetta al grano strappare la zizzania! Né spetta ad altri fare giustizia, perché i criteri usati saranno sempre parziali. Quindi, convivere con il male sopportando e basta? Non solo sopportando, ma portando frutto, perché il grano non

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solo sopporta, ma genera i chicchi da cui verrà la farina. In questo modo, il terreno non sarà solo luogo della zizzania, ma anche di una forma di vita che, anche in mezzo al male, germoglia e matura. E chi raccoglie vedrà non solo un campo di erbacce, ma un luogo dove nonostante tutto cresce il grano. “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”, dice Gesù (Lc 21,19).

…È PREGATATi chiedo, o Signore, di togliermi una tentazione: quella di creare un mondo purificato dal male. Non spetta a me fare questo, ma solo al Padre. Insegnami a non essere giudice di nessuno, nemmeno di me stesso! Dammi soltanto la forza di stare nel mondo, anche in mezzo a ciò che vuole soffocare la vita, ben radicato in Te, perché se io vivo così porto frutto, cioè porto la vita che Tu mi dai, e il male non avrà l’ultima parola. Amen.

…MI IMPEGNAMi impegnerò a sopportare pazientemente le persone moleste, per tutto l’arco della settimana.

Mercoledì 29 Luglio 2020Santa Marta di Betania

Liturgia della Parola1Gv 4,7-16; Sal 33; Gv 11,19-27

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

…È MEDITATADopo il famoso brano di Marta e Maria, in cui la povera Marta

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si becca un “rimprovero” da Gesù (“tu ti affanni per tante cose, ma una sola è quella che vale”), stavolta accade un cambiamento: alla morte di Lazzaro, nel momento in cui sente dire che Gesù sta arrivando, ella si alza e gli va incontro. Ha capito Marta: la cosa essenziale non è mettersi a fare, ma stare attaccati a Lui. E la cosa principale per poterlo fare è andargli incontro; non rimanere chiusi in se stessi, ma uscire verso di Lui, per poterlo accogliere. E grazie all’incontro con Lui diventerà ancora più certa nella sua fede: stare presso Gesù è l’unica cosa che vale perché è Lui ciò che vale! È Lui la presenza di Dio nel mondo. Non dovremo aspettare l’aldilà per incontrarlo, perché ci ha raggiunto qui e ora. Viene nel mondo e noi possiamo andargli incontro, stare con Lui, confermare la nostra fede in Lui.

…È PREGATADi fronte alle mie difficoltà fammi sentire che tu stai venendo da me, perché io non rimanga bloccato dal mio limite e dal peso che mi opprime, ma possa uscire, alzarmi, venirti incontro, o Cristo, e ritrovare speranza, certezza, letizia. Perché tutto mi può portare a riconoscere che “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”, perfino il mio male, il mio limite, ciò che mi blocca! Anzi, proprio questo sarà la prova che Tu sei il Dio-con-noi.

…MI IMPEGNAAiuterò qualcuno che si trova in difficoltà per far sperimentare la carità di Dio.

Giovedì 30 Luglio 2020San Pietro Crisologo, vescovo e dottore della Chiesa

Liturgia della ParolaGer 18,1-6; Sal 145; Mt 13,47-53

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà

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pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Terminate queste parabole, Gesù partì di là.

…È MEDITATALa maturazione della persona si vede grazie al giudizio che esprime e quindi alla conseguente azione che compie. E questo è ciò che sta a cuore a Gesù ed è il motivo per cui egli insegni e lo faccia tra l’altro con parabole: perché vuole provocare questa maturazione in chi lo ascolta. I discepoli di Gesù hanno una vocazione: non solo di dire “bello quello che dici”, ma di vivere e testimoniare la novità che hanno scoperto e portarla alla luce di tutti. Così, chi ascolta e vive gli insegnamenti di Gesù è “simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose vecchie e cose antiche”: ha un tesoro di vita, cose preziose che ha accumulato, e in esse non c’è solo quello che gli hanno lasciato i suoi genitori, ma anche ciò che ha ricevuto personalmente dal proprio incontro col Signore. La fede ha bisogno di rinnovarsi giorno dopo giorno, e ha bisogno di essere vissuta dentro la storia che l’ha originata: non però come una cosa del passato, ma come una novità che coglie la sua origine nel passato ma che deve essere vissuta nel presente. Così è la portata del Regno: fa diventare nuovo ciò che per noi è scontato (la vita!) e ci fa essere portatori di una novità nella nostra storia.

…È PREGATATu, che fai nuove tutte le cose, fa’ che oggi diventiamo nuovi con te! dall’omonimo canto liturgico

…MI IMPEGNASceglierò di fare qualcosa di buono per la mia vita che normalmente non faccio (che testimoni a me stesso innanzitutto la novità che mi è stata donata col Vangelo).

Venerdì 31 Luglio 2020Sant’Ignazio di Loyola, sacerdote

Liturgia della ParolaGer 26,1-9; Sal 68; Mt 13,54-58

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LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

…È MEDITATAIncredibilmente, è proprio la conoscenza di Gesù che blocca la fede nei suoi compaesani. Sembra un paradosso, ma questo brano ci fa capire una cosa fondamentale: su Gesù si può avere un preconcetto, un pregiudizio, cioè un’idea che ci impedisce di conoscerlo veramente per quello che è e per come lui vuole. Non dobbiamo meravigliarci: quante volte facciamo questa cosa con persone che conosciamo!? “Quello è così, mi puoi dire quello che vuoi mai io non cambio idea!”. Pensiamo a quanto questo sia catastrofico nel rapporto con Dio: non ci permette di conoscerlo davvero! E poi ci stupiamo che non esaudisca le nostre preghiere. Certo, perché in fondo non stiamo pregando Lui, ma le nostre idee. “Dio ci sta punendo”, ho sentito dire tantissime volte durante la pandemia. Ma siamo sicuri che sia questo il Dio che ci ha fatto conoscere Gesù? A me non risulta. Eppure, la gente ne rimane convinta, e non mi meraviglio che poi non ottenga ciò che chiede. Gli abitanti di Nazaret sanno chi è Gesù, conoscono la sua famiglia e si stupiscono che lui parli con tale sapienza: non fanno il passo della conoscenza vera e si fermano a quello che hanno già nelle loro teste, a quello che sanno già. Così, si perdono la possibilità di riconoscere Dio presente in mezzo a loro, davanti ai loro occhi. Non illudiamoci: ci vuole un cuore semplice e una disponibilità a essere intelligenti per conoscere Dio. Senza queste due attitudini (che sono umane, ce le hanno tutti … ma non tutti le usano!), senza accettare che Dio sia altro da quello che io penso, senza concedere a Lui la possibilità di essere altro, Egli ci rimarrà estraneo. E così,

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malauguratamente, noi saremo estranei a Lui.…È PREGATA

Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me lo hai dato, a te, Signore, lo ridóno; tutto è tuo, di tutto disponi secondo la tua volontà: dammi solo il tuo amore e la tua grazia; e questo mi basta. S. Ignazio di Loyola

…MI IMPEGNAFarò una giornata di ritiro spirituale (o, se non mi è possibile, almeno un tempo durante la giornata) lontano dalle distrazioni per potermi dedicare ad approfondire la conoscenza di Gesù con la meditazione e la preghiera, lasciandomi provocare da Lui e non dai miei pensieri su di Lui.

AGOSTO

Sabato 1 Agosto 2020Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa

Liturgia della ParolaGer 26,11-16.24; Sal 68; Mt 14,1-12

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

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…È MEDITATAIl giudizio di Dio è fastidioso, perché ci mette davanti a quello che siamo. Tutti sappiamo di non essere perfetti, ma non ci piace ammetterlo, perché questo ci costringe a confrontarci con la perfezione e a fare dei passi verso una verità che ci può mettere alle strette: devo cambiare? In quale aspetto? Erode, nonostante la sua crudeltà e il suo immenso potere, è un pusillanime: non ha il coraggio di affermare una cosa giusta, perché si ritrova incastrato nel male che compie. Non ha la forza di uscire da sé e riconoscersi miserabile, bisognoso di perdono e di conversione. Per questo fa arrestare Giovanni Battista e per questo, alla fine, acconsentirà a ucciderlo. Che mai ci capiti di essere incastrati in qualche male del genere. Ma se anche dovesse capitarci, che mai rifiutiamo la grazia di uscirne! Dio non ci lascia marcire nel male, ma a noi è data la libertà di accettare il suo dono oppure no.

…È PREGATAGesù mio, io ti amo con tutto il cuore. Mi pento di aver, per il passato, tante volte disgustata la tua bontà infinita. Propongo con la tua grazia di non offenderti più per l’avvenire ed, al presente, miserabile qual sono, io mi consacro tutto a te: ti dono e rinunzio a tutta la mia volontà, agli affetti, ai desideri e a tutte le cose mie. Da oggi in avanti, fai di me e delle mie cose tutto quello che ti piace. Solo ti chiedo e voglio il tuo santo amore, la perseveranza finale e l’adempimento perfetto della tua volontà. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

…MI IMPEGNAVado a confessarmi.

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XVIII Settimana del Tempo Ordinario

Domenica, 2 agosto 2020Sant’Eusebio di Vercelli, vescovo

Liturgia della ParolaIs 55,1-3; Sal 144; Rm 8,35.37-39; Mt 14,13-21

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

…È MEDITATAGesù, alla notizia dell’uccisione di Giovanni, sente il bisogno di appartarsi. L’ingiustizia e la cattiveria lo addolorano. Ha bisogno di ritirarsi, di pregare: comunicare col Padre suo, farsi avvolgere dal suo abbraccio. L’incontro col Padre non lo chiude ma lo rende più attento “alle folle”, agli altri, a chi soffre; prova compassione e si mette all’opera, cura i malati. Soprattutto guarisce dall’individualismo e da certa superficialità quelli che gli stanno più vicini. A chi ha un problema è più facile dire “va’ altrove”, come gli apostoli suggerivano a Gesù: “congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. L’esempio e l’invito di Gesù è quello di implicarsi, donarsi: “date voi stessi da mangiare”. Dalla disponibilità nasce la solidarietà, la condivisione che attira la benedizione del Signore e allora tutti possono

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“mangiare a sazietà”. “Dodici ceste piene” … I pezzi avanzati devono essere raccolti, conservati, re-distribuiti: un servizio a tempo pieno per sfamare tutti, non un giorno ma tutto l’anno. Sullo sfondo due banchetti, uno nella reggia di Erode, nella casa di un potente e termina con la morte; l’altro nel deserto, con cinque pani e due pesci. Gesù prepara un banchetto per la vita, “tutti mangiarono a sazietà, … circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini”. Il potere uccide, la gratuità genera vita. La tentazione di noi tutti, sposati o consacrati, giovani o anziani, uomini o donne è quella di volere dominare sugli altri, sulle cose. Gesù ci ricorda che solo quando decidiamo di donarci, di metterci al servizio dei fratelli con quel che siamo e quel che abbiamo, generiamo vita. Anche nel “deserto” tutti mangeranno a sazietà.

…È PREGATASignore Gesù, aiutami ad uscire dalla paralisi di ciò che mi fa soffrire, dall’incapacità di assumermi responsabilità. Aiutami a farmi carico della “fame” dei fratelli, soprattutto ad ascoltare la tua Parola che m‘invita a servire con gioia, con quello che sono ed ho.

…MI IMPEGNAOggi farò in modo di stare un po’ di tempo in silenzio, in preghiera per lasciarmi amare dal Signore per poi andare verso i fratelli (rendermi amabile).

Lunedì, 3 agosto 2020Beata Vergine Maria “Scala del Paradiso”

Liturgia della ParolaGer 28,1-17; Sal 118; Mt 14,22-36

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono

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dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.

…È MEDITATAColpisce come un Gesù mite, rispettoso della libertà, del “se vuoi”, costringa i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva. Sappiamo per esperienza che la sazietà porta a mettersi sdraiati, comodi sul divano. La costrizione di Gesù è un gesto di amore, un prendersi cura di noi che spesso dimentichiamo di essere in cammino verso la vera libertà che si trova nella fraternità. Gesù, dopo che ci sazia col suo amore, con la sua gioia, con la sua pace, ci manda, ci obbliga a portare, a donare ai fratelli quello che abbiamo ricevuto, perché solo condividendo, spendendoci, resteremo nel suo amore e la gioia e la pace si moltiplicheranno. Andare dai fratelli non è un cammino facile; incontreremo difficoltà di vario genere: pregiudizi, rifiuti, incomprensioni, calunnie, tradimenti, ma Gesù non ci lascia soli. Con Lui possiamo tutto, ma dobbiamo fidarci: “uomo/donna di poca fede, perché dubiti?”. Dall’evangelista Giovanni sappiamo che la folla sfamata vuole farlo re: “Gesù sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò sul monte, lui da solo” (Gv 6,15). Sia nel dolore che nella gratificazione, Gesù si ritira in preghiera, da solo. Nella preghiera cresce la nostra conoscenza di Gesù e la nostra relazione intima con Lui si approfondisce. Cresce anche la nostra fiducia nel Signore e impariamo a riconoscerlo presente nella nostra vita e a superare le nostre paure, anche nella tempesta e con i venti

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contrari.…È PREGATA

Signore, quando per il dubbio, la paura, l’incomprensione sento di affondare, comanda che io venga a te! Perdonami e aumenta la mia fede.

…MI IMPEGNAOggi, dopo aver pregato, mi costringerò ad affrontare quel conflitto, quella situazione che mi fa paura.

Martedì, 4 agosto 2020San Giovanni Maria Vianney, sacerdote

Liturgia della ParolaGer 30,1-2.12-15.18-22; Sal 101; Mt 15,1-2.10-14

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!». Poi, riunita la folla, disse loro: «Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!». Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: «Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati?». Ed egli rispose: «Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».

…È MEDITATAIn questo breve testo notiamo che sono presenti diversi personaggi, farisei, scribi, folla, discepoli. Il fatto non è irrilevante, poiché viene affrontato un problema che riguarda tutti. Gesù fa un’affermazione che a noi, forse, non dice molto ma per i suoi ascoltatori è scandalosa. Gesù dice che tutto ciò che entra nella bocca non rende impuro l’uomo. Ciò vuol dire che l’uomo può mangiare e bere di tutto perché tutta la creazione è buona. Tutto è mondo, tutto è amato da Dio, tutto è per l’uomo. Il problema è ciò che esce dalla bocca. Cosa esce dalla bocca? La parola. Ogni nostra azione è governata da una parola interiore, ovvero intenzione, che viene dal

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cuore. Gesù trasporta il problema del bene e del male dalle cose al cuore dell’uomo e alle intenzioni dell’uomo. Il bene e il male stanno nelle mie intenzioni, stanno nel mio cuore, stanno nella parola che governa le mie azioni. La mia è un’intenzione di vita o di morte? Di egoismo o di amore? Di dono o di possesso? Di libertà o di schiavitù? Di gioia o di tristezza? Si fa appello alla mia responsabilità, al mio discernimento, per capire davvero qual è la parola del mio cuore. Uno che fa consistere tutta la sua religiosità in tante norme e osservandole si sente a posto, è guida cieca di altri ciechi, perché il problema del male è aprire gli occhi sul cuore, sulle proprie intenzioni, sulla propria Parola interiore: viene da Dio o non viene da Dio? È Parola che edifica o demolisce? Questo mi rende responsabile in prima persona, non posso delegarlo ad altri. Bisogna prendere coscienza che va tenuto pulito il cuore, libero da qualsiasi pregiudizio in modo che da me escano sempre parole che edificano.

…È PREGATAScrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri: vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita. Sal 139,23-24

…MI IMPEGNAPrima di parlare mi chiederò cosa mi muove, qual è la vera intenzione.

Mercoledì, 5 agosto 2020Dedicazione Basilica Santa Maria Maggiore

Liturgia della ParolaGer 31,1-7; cant. Ger 31,10-13; Mt 15,21-28

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore,

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aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, - disse la donna - eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

…È MEDITATA“Gesù si dirige verso la zona di Tiro e di Sidòne”, esce dalla Palestina e va nella zona dei pagani. Gesù esce dal Padre, esce da Nazareth, esce dalla Palestina … Uscire è l’atteggiamento di fondo di Gesù: uscire e cercare sono la sua missione. Da quella regione viene una donna, che grida il suo dolore, la sua disperazione. Un grido che è preghiera. Si rivolge a Gesù chiamandolo “Signore” per ben tre volte. Lo supplica perché liberi la vita di sua figlia dal demonio, dalla tentazione. Inizialmente l’atteggiamento di Gesù ci scandalizza perché non le rivolge neppure una parola. Ma una lettura più attenta ci fa comprendere che l’agire di Gesù evidenzia il forte contrasto tra l’incredulità del popolo d’Israele e la fede dei pagani, proprio nel comportamento di questa donna che Gesù ora loda: “Donna, grande è la tua fede!”. Il discorso che si sta svolgendo nel Vangelo di Matteo è il discorso del pane; la fede è ciò che consente l’accesso al pane dei figli e la non fede è la preclusione. Pane, pane di vita: vita. Ecco questa vita è data a chi crede, a chi la chiede con fiducia; non è data, invece, a chi non crede, a chi chiede segni o credenziali o pretende la vita. In questo breve brano è sotteso il travaglio del passaggio dell’annuncio della fede dagli ebrei ai pagani. La donna cananea è immagine della chiesa dei pagani, cioè della chiesa che non ha l’immediata radice in Israele, della chiesa nostra che partecipa al pane dei figli mediante la fede nel Messia di Israele, il Gesù di Nazareth, che dona la sua vita, presente nel pane, nell’Eucaristia.“Sia fatto a te come vuoi!”, dice esattamente il testo, perché questa donna vuole come Gesù, vuole come Dio vuole, e quindi è perfettamente sintonizzata e si realizza allora quello che lei chiede, che è la volontà di Dio. “E da quell’istante sua figlia fu guarita”. La fede agisce a distanza, cioè in assenza di Gesù; non è presente Gesù là dove si compie il miracolo.

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Come dire che la fede rende presente Gesù, in un certo senso assente.

…È PREGATAAiuta, o Madre, la nostra fede! Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata. Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa. Aiutaci ad affidarci pienamente a Lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare. Amen. Papa Francesco

…MI IMPEGNAMi lascerò trovare dal Signore che mi cerca. Dedicherò un tempo più lungo alla preghiera silenziosa.

Giovedì, 6 agosto 2020TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

Festa 1° giovedì del mese: preghiera per le vocazioni

Liturgia della ParolaDn 7,9-10.13-14; Sal 96; Mt 17,1-9

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

…È MEDITATAPietro Giacomo e Giovanni sono presi in disparte, anche noi

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siamo presi in disparte, perché il Signore vuole condividere con noi la sua gloria. L’amore chiede di poter amare, di condividere la sua gioia. E lì, sul monte, Gesù viene trasfigurato. Svela la sua profonda natura, la sua vera identità. Non si toglie il vestito dozzinale sotto cui si nasconde Superman, no. È lo sguardo dei discepoli che cambia. Perché la bellezza, come l’innamoramento, come la fede, sta nel nostro modo di vedere. Quando sono innamorata trovo il mio amato il più bello fra tutti. Quando amo una disciplina sportiva sono disposto a sudare e a faticare per praticarla. Molte cose concorrono nella bellezza. Una fra queste, certamente, è lo sguardo interiore capace di cogliere la verità, l’armonia, la pienezza in un oggetto, in un paesaggio, in una persona. Possiamo stare con Gesù tutta la vita, e frequentarlo, e credere, e seguirlo, ma fino a quando il nostro sguardo interiore non si arrenderà alla sua bellezza, non ne saremo mai definitivamente segnati. Se prendiamo sul serio questo viaggio interiore, se riusciamo ad abbandonare le nostre resistenze e a cedere al corteggiamento di Dio, faremo esperienza della sua immensa bellezza. Là dove bellezza, verità e bontà si sommano. È bellissimo credere; bellissimo essere cristiani; bellissimo scoprire di essere amato e di amare. Perciò sono discepola: è la cosa più bella che sia accaduta nella mia vita. Sul Tabor scopriamo di essere amati nel Figlio. Gesù è l’amato. E solo l’amore cambia, converte, mette le ali. I discepoli precipitano in terra, tanto potente sono la gloria e la bellezza. Cedono, si arrendono. In Cristo glorioso scoprono anch’essi di essere amati. E Gesù incoraggia i suoi: alzatevi, non temete. Alzati, fratello. Alzati, sorella. Sappiti amato. Cosa mai ti può spaventare se Dio è così vicino, accessibile, benevolo? Si torna nella pianura, allora, ma con il cuore toccato, ferito dalla bellezza, con il volto trasfigurato come Mosè quando scendeva dal monte dopo avere incontrato il suo Dio. “Ci sarà un tempo di fatica e di morte, certo. Un tempo necessario, in cui il chicco deve marcire nella terra per portare frutto. Gesù lo sa. I discepoli ancora lo ignorano. Ma quel Tabor illumina il Golgota” (P. Curtaz).

…È PREGATA

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«Stai con me, e io inizierò a risplendere come tu risplendi; a risplendere fino ad essere luce per gli altri. La luce, o Gesù, verrà tutta da te: nulla sarà merito mio. Sarai tu a risplendere, attraverso di me, sugli altri. Fa’ che io ti lodi così, nel modo che tu più gradisci, risplendendo sopra tutti coloro che sono intorno a me. Da’ luce a loro e da’ luce a me; illumina loro insieme a me, attraverso di me. Insegnami a diffondere la tua lode, la tua verità, la tua volontà. Fa’ che io ti annunci non con le parole ma con l’esempio, con quella forza attraente, quella influenza solidale che proviene da ciò che faccio, con la mia visibile somiglianza ai tuoi santi, e con la chiara pienezza dell’amore che il mio cuore nutre per te». J.H. Newman

…MI IMPEGNAStarò davanti alla creazione, in particolare davanti all’uomo, immagine di Dio, con stupore, con occhi nuovi, gli occhi dell’amore.

Venerdì, 7 agosto 2020San Gaetano da Thiene, sacerdote

Liturgia della ParolaNa 2,1.3;3,1-3.6-7; cant. Dt 32,35-41; Mt 16,24-28

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno».

…È MEDITATA“Se qualcuno vuole”, è un invito e rimanda ad una scelta ad un atto di libertà. Uno può anche non volere. È un atto di volontà e di libertà massima dell’uomo andare dietro a Gesù. Chi è il discepolo? È colui che va dietro al Figlio di Dio, che fa

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lo stesso cammino, lo stesso genere di vita, incontra le stesse difficoltà, lo stesso risultato, la stessa vittoria sul male e sulla morte. I discepoli sono stati chiamati per seguire Gesù, per andargli dietro. In questi versetti c’è tutta la nostra identità di discepoli, chiamati, invitati, in libertà, ad andare dietro a Lui, a saper rinnegare il nostro falso io, i falsi valori, a lottare contro il male, e tutto ciò che distrugge la nostra vita, soprattutto il nostro egoismo. Infatti, la vera lotta è contro noi stessi. Nella misura in cui vado dietro a Gesù, amo Gesù, capisco che i miei criteri vanno cambiati, che la mia vita va cambiata. “Prenda la sua croce”. Ognuno prenda la sua croce, perché ognuno ha la sua, che solo lui può portare, nessun altro al posto suo. Cioè la lotta contro il mio male la posso fare solo io, non un altro per me. Un altro non può recitare il mea culpa al posto mio. Ognuno ha la sua croce quotidiana: la lotta contro il suo egoismo, radice di tutti i mali. “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà per causa mia, la troverà”. Chi vuole salvare la propria vita, ovvero, vive da egoista, ha già la morte nel cuore e produce la morte fuori di sé. Chi invece vive nell’amore, si spende, la salva. Vivere è saper amare. E il massimo dell’amore è dare la vita. Non aspettando le grandi occasioni, ma nei piccoli gesti di ogni giorno. L’uomo pensa che più guadagna più ha vita; in realtà, più guadagna più perde vita. Quand’anche avesse guadagnato tutto, ha sacrificato in anticipo la sua vita. Perché la vita non è accumulare, la vita è amare e donare. La tua vita ce l’hai se vivi amando, se no l’hai persa. Credo sia un’esperienza che, almeno una volta, tutti abbiamo fatto: dimenticarsi per far felice qualcuno. Risultato: una gioia indicibile. Perché non vivere sempre in questo modo?

…È PREGATASignore, tu hai detto “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6). Io desidero seguirti sulla via dell’amore. Manda il tuo spirito di verità, perché mi illumini e io scelga sempre ciò che è bene. Aiutami a non dimenticare che la mia vita sarà veramente bella nella misura in cui cerco di far felice chi mi sta accanto.

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…MI IMPEGNAOggi saluterò tutti con un sorriso e col desiderio di capire come posso essere di aiuto alle persone che incontro, soprattutto quelle con le quali vivo.

Sabato, 8 agosto 2020San Domenico di Guzman, sacerdote e fondatore

Liturgia della ParolaAb 1,12-2,4; Sal 9; Mt 17,14-19

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile».

…È MEDITATAIn questo breve brano, il tema fondamentale è la fede. “La fede non è un ragionamento convincente, non è un’educazione ricevuta, non è nemmeno un’altra cosa pericolosissima: una consolazione psicologica. Siccome la vita è difficile, siccome tutti abbiamo paura di vivere, ci rifugiamo nel cristianesimo per trovare un antidolorifico, per trovare qualcosa che ci consoli: questa non è la fede in Gesù Cristo” (L. Epicoco). La fede è fiducia in Gesù. Fiducia in lui significa che conto su di lui, lascio agire lui e lui agisce da Dio. La fede mi mette in comunione con Dio e mi rende possibile quel che fa Dio. Sempre Matteo ci ricorda che a Nazareth Gesù non poté compiere miracoli, perché non trovò fede (Cfr Mt 13,58). “L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo”. I discepoli, dei quali si dice che hanno ricevuto il potere sui demoni e su ogni specie di malattie (Mt 10,1), ora non riescono

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a fare quello che prima erano riusciti a fare. Questi discepoli rappresentano la comunità cristiana, rappresentano noi. La diagnosi che fa Gesù: siete una generazione di poca fede, senza fede. La poca fede, davanti alla grossa prova, diventa mancanza di fede, ed è la mancanza di fede l’origine del male: l’incapacità di vincerlo una volta che il male c’è. La fede è ascoltare Gesù, il Figlio. “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo” (Mt 17,5). Il vero problema del discepolo è ascoltare, quindi, fare quel che dice il Figlio: amare il Padre ed i fratelli. Alla fede tutto è possibile. Questa fede vince lo spirito del male che è esattamente l’egoismo. Ha vinto le radici di tutti quei mali che sono all’origine dei vari mali storici. Il problema della lotta contro il male non è avere tecniche più o meno raffinate, accorgimenti nuovi, perché il vero male è “non ascoltare Dio”, è l’ incredulità, la diffidenza verso Dio: questa è la radice di tutti i mali. Se ascoltiamo Gesù, abbiamo già vinto il male. La mancanza di fede rende perversi: “generazione perversa”; “perversa” vuol dire che si gira in molte direzioni tranne che in quella giusta (S. Fausti). Invece che volgersi al Signore, siccome non c’è fiducia in Lui, ci volgiamo a tutti i nostri idoli: immagine, carriera, denaro, droga, sesso … L’origine dei mali è proprio questa mancanza di fiducia: non credere che Dio vuole il mio bene, mi vuole felice. “Questa razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera ed il digiuno”. Questo demonio, il demonio dell’incredulità, il demonio della diffidenza, è il demonio radicale che abbiamo tutti, si scaccia solo con la preghiera e il digiuno, ovvero la comunione con Dio e la solidarietà con i fratelli.

…È PREGATAMio Signore e mio Dio, aumenta la mia fede! Aiutami a comprendere che tu mi ami e mi vuoi felice e che solo nella tua volontà io trovo gioia e pace.

…MI IMPEGNAMi allenerò nell’ascolto di Dio e del fratello … Darò un po’ più di tempo alla preghiera e al prossimo.

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XIX Settimana del Tempo OrdinarioDomenica, 9 agosto 2020Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), martirePatrona d’Europa

Liturgia della Parola1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

…È MEDITATAIl centro del vangelo di oggi è il camminare sulle acque: è ripetuto quattro volte, due volte per Gesù e due volte per Pietro. Il camminare sulle acque è il desiderio fondamentale dell’uomo: non essere inghiottiti dalla morte, vincere il male e la morte. Ciò che permette di camminare sulle acque è la fede. Nel Vangelo di Matteo ci sono tre scene sulla barca. La barca è sempre simbolo della Chiesa e rappresenta la Chiesa nelle sue tre situazioni: • nella prima scena, al capitolo 8, Gesù è insieme ai discepoli e dorme; si risveglia mentre vanno a fondo: rappresenta la prima vicenda della Chiesa che è sulla stessa barca con Gesù, con Gesù che dorme e si risveglia, cioè con Gesù risorto. È la prima tempesta che hanno avuto i discepoli. Proprio in quella

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prima tempesta, Gesù confeziona il pane, cioè dà la sua vita per noi;• in questa seconda scena (Mt 14,22) Lui non c’è più: è la storia della Chiesa dopo la Resurrezione e l’Ascensione. Lui è sul monte, da solo, a pregare; noi qui da soli, ad affrontare le stesse difficoltà, a cercare di camminare sulle acque come ha fatto Lui. Ma come si fa? È il problema della Chiesa, è il nostro problema; • poi la terza scena, al capitolo 16, dove Gesù è sulla barca con i discepoli che non hanno pane; fa delle osservazioni dicendo: non è che non avete pane, avete un po’ troppo lievito! il pane c’è, ma questo pane è corrotto dal lievito del potere e da altri lieviti. I discepoli sono chiusi nelle loro paure, i loro fantasmi diventano realtà. Il Signore è sempre presente sulla barca, come pane, come amore fraterno. Noi corriamo il pericolo di ridurre tutto a fantasma anche il pane, l’Eucaristia. L’oggetto della nostra fede è superare la fragilità delle nostre relazioni, è esattamente l’amore per il fratello, perché l’amore non muore, vince la morte. “Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù”. Pietro osa, cioè affronta, sulla Parola di Dio, quello che è il desiderio impossibile dell’uomo, e vede, con sorpresa, che cammina sulle acque. Se guardo alla promessa di Dio, se l’ascolto, effettivamente realizzo ciò che Lui dice. Ma la realizzazione dipende dalla mia fede, se l’ascolto, se mi butto, se cammino … guardando Lui. Quindi la fede dipende da questo: che cosa, chi guardo? Se guardo alla mia realtà, alle mie paure, certamente vado a fondo. Se guardo Gesù cammino … sulle acque, supero la “tempesta” del male. Pietro l’esperienza di fede non la fa stando sulla barca, tenendosi al caldo con gli altri, la fa andando a fondo da solo. C’è una solitudine nella fede. È un’esperienza di salvezza personale che non può essere fatto da un altro al posto mio. Uno può stare nella Chiesa, perché è sempre stato in questa barca, anche senza fede. L’esperienza di fede la fa quando esce dalla barca, va a fondo, sperimenta la salvezza, allora torna sulla barca, il vento cessa, c’è la calma.

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…È PREGATAChi sei, dolce Luce che mi inondi e rischiari la notte del mio cuore?Tu mi guidi qual mano di una mamma: ma se mi lasci non più d’un passo solo avanzerei.Tu sei spazio che l’esser mio circonda e in cui si cela.Se m’abbandoni cado nell’abisso del nulla, donde all’esser mi chiamasti.Tu a me vicino più di me stesso, più intimo dell’intimo mio.Eppur nessun Ti tocca o Ti comprende e d’ogni nome infrangi le catene: Spirito Santo, Eterno Amore! Edith Stein

…MI IMPEGNADarò nome alle mie paure e le affronterò guardando il Signore che mi tende la mano con tenerezza.

Lunedì, 10 agosto 2020SAN LORENZO, diacono e martire

Festa Liturgia della Parola

2Cor 9,6-10; Sal 111; Gv 12,24-26LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».

…È MEDITATAIl problema è sempre vedere Gesù, conoscerlo, credere in Lui: è il senso di tutto il Vangelo. E Gesù risponde indirettamente, dicendo dov’è che si vede lui. Lo si vede nella sua gloria. E la sua gloria consiste nell’essere innalzato sulla Croce, lì è il luogo dove si vede il Signore; dove vedo Dio? Sulla Croce. La sua gloria, dice, è quella del chicco di frumento; la gloria di un seme è il suo frutto, lui porta frutto proprio morendo in Croce. Il brano è molto composito, è un po’ la sintesi di tutta la vita di Gesù e tutti i vari elementi si unificano attorno alla Croce che

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è il luogo della rivelazione di Dio. Sì, Gesù è re e messia. In che modo? Come il chicco di frumento che muore e dà la vita. E allora Gesù vuole dire che la sua gloria, che sarà la Croce, non sarà la morte, sarà il dare la vita, come per il chicco di frumento, sarà il portare molto frutto; sarà il mostrare che Lui, dando la vita, è come il Padre che dà la vita. C’è una legge necessaria, anche per il Figlio dell’uomo: quella di morire, la legge di ogni uomo. Perché l’uomo è di sua natura mortale. Come tutta la sua vita è stato un dono d’amore, così la sua morte sarà il dono d’amore pieno. A chi? A chi lo uccide! Quindi è un dono d’amore assoluto e gratuito! E quella sarà la gloria. Qui viene detto, allora, dov’è che possono vedere il Signore. Lo vedranno quando muore. Lì si vedrà davvero che Lui è il Signore. Perché? Perché dà la vita. Così come il seme. La vita è relazione, è dono; se la doni, la realizzi; se ti chiudi in te l’hai già persa. Solo la grazia di Cristo, cioè la sua stessa capacità di amare, ci può spingere a questa radicale e nuova capacità di concepire la vita.

…È PREGATATu mi offri un amore che non si ritrae nemmeno davanti alle sofferenze più atroci e terribili, nemmeno davanti alla croce, e io continuo nei miei poveri calcoli, nelle solite piccinerie, nella ricerca spasmodica di garanzie, di difese, di consensi … Aiutami Signore a dare il meglio di me, a sperimentare la gioia di donarmi senza riserve sull’esempio dei tuoi santi.

…MI IMPEGNAOggi donerò un po’ del mio tempo al fratello che il Signore mi metterà accanto, soprattutto a quello più antipatico.

Martedì, 11 agosto 2020Santa Chiara d’Assisi, vergine

Liturgia della ParolaEz 2,8-3,4; Sal 118; Mt 18,1-5.10.12-14

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel

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regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».

…È MEDITATA“Chi dunque è il più grande nel Regno dei cieli?” Questa domanda emerge più volte, anche negli altri vangeli. Marco (9,3) ci presenta gli apostoli che litigano sul chi è il più grande tra loro, e poi ancora al capitolo successivo, Giacomo e Giovanni domandano di stare uno a destra e l’altro a sinistra nel suo Regno. È la lotta per essere il più grande che divide le persone. La competitività non è una caratteristica solo della nostra società, è molto antica. L’uomo sta insieme agli altri mosso da un desiderio: essere sempre di più. Desidera realizzarsi in misura sempre maggiore e questo è giusto. Il problema è comprendere cosa significa essere grande, essere più grande, realizzarsi. Gesù mostrerà un paradosso: diventare bambini. È il grande mistero da comprendere. Il bambino rappresenta quel che l’uomo non vuole essere. Tutto lo sforzo della sua vita è non essere piccolo, è uscire da quello stato di necessità e di bisogno, è essere autonomo, autosufficiente. “In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Gesù parla con autorità. Dobbiamo convertirci, cioè cambiare criteri. Cambiare i criteri sull’unità di misura della grandezza. L’uomo deve diventare grande, anzi più grande, ma secondo la grandezza di Dio che non occupa nessun posto e lascia spazio agli altri. Dio è amore, l’amore lascia spazio all’altro, si restringe … nell’Incarnazione. La conversione alla quale ci invita Gesù, è quella descritta da San Paolo: “Abbiate gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il Quale pur essendo Dio non considerò un tesoro geloso la sua

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uguaglianza con Dio, ma spogliò (svuotò) se stesso assumendo la condizione di servo, e si fece ultimo fino alla morte e alla morte di Croce. Proprio per questo Dio lo ha esaltato” (Fil 2,5-11). È la sua piccolezza che fa vedere la grandezza di Dio, la grandezza dell’amore. Quindi è necessaria questa conversione. Questa conversione porta a “diventare” come i bambini; non si tratta di essere bambini ma di diventare bambini, diventare figli, diventare ciò che siamo: questo fonda la fraternità. Se sono figlio, vivrò da fratello. Se, invece, mi son fatto da me è chiaro che non sono fratello di nessuno. Siamo fratelli, perché abbiamo un Padre comune. Uno che si sente figlio amato, può diventare padre e madre, cioè può voler bene. Questo è il mistero del cristianesimo: il più piccolo è il più grande di tutti. Il più grande è Dio che si è fatto il più piccolo di tutti per essere con tutti. Allora per noi il più piccolo rappresenta il Signore stesso. Il più piccolo all’interno della comunità, il carcerato, il nudo, il delinquente, il disgraziato, lo sfortunato, il povero, l’immigrato, chi non ha radici, chi non vale niente per noi è il Signore. Ogni volta che l’hai fatto ad uno di questi piccoli, l’hai fatto a me.

…È PREGATAO Chiara, che con la luce della tua vita evangelica rischiarasti l’orizzonte del tuo secolo, illumina anche noi che, oggi più che mai, siamo assetati di verità e di vero amore. Con la testimonianza della tua vita, tu hai da dire anche a noi, dopo sette secoli, una parola di speranza e di fiducia che attinge la sua forza dal Vangelo, verità eterna. Amen

…MI IMPEGNADesidero gli stessi sentimenti di Gesù: diventare piccolo per amore, cambiare i criteri di vita …

Mercoledì, 12 agosto 2020Santa Giovanna Francesca de Chantal, religiosa

Liturgia della ParolaEz 9,1-7;10,18-22; Sal 112; Mt 18,15-20

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

…È MEDITATAI versetti del vangelo di ieri (Mt 18,12-14) che precedono il discorso di Gesù sulla correzione fraterna, parlano della pecora smarrita. Quanto amore ha il pastore nel cercare quell’unica pecorella! Quando la ritrova, se la pone sulle spalle e si rallegra. Ecco l’atteggiamento autentico di chi corregge: ama il fratello e vuole che non si smarrisca; lo cerca con amore. Dalle parole di Gesù, la correzione fraterna è indicata come necessaria. Come praticarla? Se si guarda con attenzione il Signore, si diventa capaci di prendersi cura dei fratelli, anche con la correzione. Correggere è una dimensione della carità cristiana, suppone la forma più alta di amore, è superamento dell’indifferenza: è più comodo star tranquilli e non dire niente. Uno dei modi di cercare la pecora smarrita è anche mostragli perché è smarrita; l’amore cioè ha bisogno anche di verità. Lo spirito con il quale dobbiamo agire nella correzione fraterna non è quello di vendetta, di punizione, di stizza, di giudizio, di condanna, ma di guadagnare il fratello. Se prevedo di non guadagnare il fratello, meglio non dirgli niente. Normalmente, le osservazioni che facciamo producono indurimento nell’altro, perché non sono fatte con lo spirito giusto. D’altra parte, solo davanti ad uno che ti accetta, non ti attacca, non approfitta dei tuoi limiti per averti in mano, puoi riconoscere il tuo errore, se no ti difendi. La correzione fraterna esige davvero una profonda stima e rispetto dell’altro: lui è importante, mi sta a cuore, è mio fratello, non

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posso perderlo a causa del suo errore. Guadagnare il fratello e ristabilire la fraternità, mediante l’amore e la verità, è il fine stesso di tutta l’azione di Gesù. Usare anche la mediazione di altri, vuol dire tentarle tutte. Non basta dire: “Ho provato, non sono riuscito, lo abbandono”. Provo con un altro e poi, se non basta, proverò ancora in un altro modo. L’atteggiamento suggeritoci da Gesù per una vera correzione è il seguente: pregare, metterci insieme due o tre e chiedere al Padre. Il fatto che noi ci uniamo per chiedergli una cosa, agli orecchi del Padre è una sinfonia, una preghiera irresistibile dei figli che gli chiedono l’amore fraterno, e non può non darglielo. È ciò che desidera. “Sarò con voi fino alla fine dei tempi”. La presenza stessa di Dio nel mondo è legata alla fraternità tra di noi. Dio, che è Padre, è dove ci sono dei figli. Una presenza garantita dalla fraternità, che scaturisce dalla preghiera e dal perdono. Ecco la correzione fraterna, la punta più alta della capacità di volersi bene.

…È PREGATAPerdonaci, Signore, per tutte le volte in cui, per pigrizia, abbiamo visto il fratello errare e Io abbiamo lasciato nell’errore. Perdonaci per quelle volte in cui, richiamati a correggerci dal male, abbiamo reagito dicendo: “Pensa ai fatti tuoi!”. Non capivamo che eri tu a invitarci al bene, che eri tu a scuoterci dalla nostra pigrizia. Fa’ che almeno la nostra preghiera, semplice e sincera, ci purifichi e ci renda capaci di amore vero.

.…MI IMPEGNAChiedo al Signore la luce per accorgermi del fratello che ha bisogno del mio aiuto (perché in errore) e la capacità di aiutarlo con amore (correzione fraterna).

Giovedì, 13 agosto 2020Santi Ponziano e Ippolito, martiri

Liturgia della ParolaEz 12,1-12; Sal 77; Mt 18,21-19,1

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò

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perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.

…È MEDITATAQuesta parabola è propria di Matteo, è il cuore del discorso sulla Chiesa. Il perdono è il centro della vita cristiana e il discorso sul perdono chiude il capitolo sulla comunità. “La comunità perfetta non è dove non si sbaglia, dove ti tagliano subito la testa prima ancora di sbagliare e non respiri per paura di sbagliare. La comunità buona, la comunità familiare, di amici, la comunità religiosa, la comunità parrocchiale, non è dove non si sbaglia, ma dove si può sbagliare, sapendo di essere perdonati. Il talento è l’unità di misura più grossa delle monete: trentasei chili di materiale prezioso. Quindi, per dar l’idea del debito, un talento è seimila giornate lavorative, diecimila talenti sono sessanta milioni di giornate lavorative, cioè duecentomila anni di lavoro. Se si vuol tradurre in altri termini di peso: trentasei chili viene ad essere tremilaseicento

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quintali; sarebbero trecentosessanta furgoni carichi di materiale prezioso, quindi una colonna di tre o quattro o cinque chilometri; questo è il debito che abbiamo con Dio, ciascuno di noi. Cosa gli dobbiamo? Gli devo di esistere, tutto ciò che ho, tutto ciò che sono. Siccome poi gli ho rubato tutto, me lo perdona e gli devo anche che mi ha donato se stesso, ben più di diecimila talenti, mi ha donato di essere suo figlio. Tutto ciò che ho e sono è dono infinito” (S. Fausti). Ci capita nella vita quotidiana che c’è sempre qualcuno che ha con noi qualche debito, un debito ragionevole: cento danari sono tre stipendi, è un debito discreto ma normale. Sono quei debiti normali che riteniamo sempre che gli altri abbiano nei nostri confronti, gli altri sono sempre debitori di qualcosa. Allora, invece della magnanimità del Signore che ci ha condonato diecimila talenti, noi con l’altro, applichiamo un’altra categoria, quella della giustizia. Se io non perdono e condanno l’altro che è figlio di Dio, condanno anche me stesso. Il Padre mi perdona perché sono suo figlio; se condanno l’altro vuol dire che non ho capito che son figlio e che anche l’altro è suo figlio. Il perdono esiste e vive se è ricevuto e dato. Dio mi perdona ma, se io non perdono, blocco la circolazione di esso, condanno alla morte me e il fratello. È una grande responsabilità vivere il perdono di Dio. “Come sembra difficile tante volte perdonare! Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici” (Papa Francesco).

…È PREGATASignore tu hai perdonato coloro che ti hanno messo in croce! Addirittura, li hai scusati: “Padre perdonali, non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Hai chiamato amico Giuda (cf. Mt 26,50) che ti ha tradito! Insegnami a perdonare. Insegnami ad amare, come Tu mi ami.

…MI IMPEGNAReciterò con maggiore attenzione la preghiera del Padre Nostro, soffermandomi, sulla frase: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

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Venerdì, 14 agosto 2020San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire

Liturgia della ParolaEz 16,1-15.60-63; cant. Is 12; Mt 19,3-12

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne”? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».

…È MEDITATAIl contesto della discussione è interessante. Gesù sta andando a Gerusalemme dove donerà la vita. Ed è in questo cammino che guarisce molti malati, si prende cura dei nostri mali. In questo racconto, si prende cura del nostro male originario che è l’incapacità di rapporto corretto con l’altro. Il brano, nella prima parte, affronta il tema del matrimonio e del divorzio, nella seconda quella del celibato per il regno dei cieli. Matteo unisce i due temi, perché si illuminano a vicenda. Il tema centrale è proprio sull’unione fedele, indefettibile della coppia. Gesù riporta come era al principio il rapporto uomo-donna. Nel progetto originario di Dio il rapporto uomo-donna non è qualcosa di semplicemente utile per propagare la specie, ma è come il marchio dell’immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen

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1,27), il che vuol dire che né il maschio, né la femmina da soli sono immagine di Dio ma lo diventano nella loro relazione reciproca perché Dio è amore. In cosa consiste il celibato? Consiste nel vivere l’amore per Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la vita, con tutte le forze. Anche nel matrimonio si è chiamati a vivere con la stessa intensità l’amore per Dio. Il celibe lo vive direttamente senza la mediazione dell’altro; cosa che non è per tutti ma solo per coloro ai quali è donato. I celibi non dimentichino che l’amore è realmente amore per l’altro, non è egoismo. Non è che non ci si sposa per convenienza. Chi è chiamato da Dio, ha scelto liberamente il celibato, proprio per testimoniare l’amore assoluto di Dio a tutti. È il grande dono che Dio fa a qualcuno, per tutti gli altri. Un dono che rende sensibili, attenti, capaci di spendersi minuto per minuto per il Regno di Dio, amando concretamente i fratelli; sull’esempio di Gesù, capaci di donare anche la vita come ha fatto San Massimiliano M. Kolbe.

…È PREGATASignore Gesù, riempi il mio cuore del tuo amore affinché io ami veramente, in maniera libera e disinteressata le persone che mi metti accanto. Che io cerchi, solo e sempre, il bene dell’altro e sappia sempre rispettare e accogliere la sua diversità, senza sentirmi minacciato. Amen

…MI IMPEGNAVigilerò sulle mie relazioni per viverle con amore disinteressato, autentico, privo di egoismo.

Sabato, 15 agosto 2020ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Solennità Liturgia della Parola

Ap 11,19;12,1-6.10; Sal 44; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e

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benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse:«L’anima mia magnifica il Signoree il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,perché ha guardato l’umiltà della sua serva.D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotentee Santo è il suo nome;di generazione in generazione la sua misericordiaper quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio,ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;ha ricolmato di beni gli affamati,ha rimandato i ricchi a mani vuote.Ha soccorso Israele, suo servo,ricordandosi della sua misericordia,come aveva detto ai nostri padri,per Abramo e la sua discendenza, per sempre».Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

…È MEDITATALa liturgia, oggi, ci parla dell’incontro tra Dio e l’uomo. Di un Dio che ha in simpatia l’uomo, di un Dio che vuole donarsi all’uomo. Perché avvenga l’incontro, bisogna che ci sia in noi il desiderio, l’attesa, la ricerca. Se non lo desidero, non lo conosco; se non lo attendo, non lo incontro; se non lo cerco, non lo trovo. Il Signore ci visita ma come facciamo a riconoscere la sua visita? La Parola che ascoltiamo è da Dio oppure no? La gioia è il segno della presenza del Signore. Elisabetta riconosce la presenza del Signore perché, all’arrivo di Maria, il bimbo nel suo grembo danza di gioia. L’esultanza interiore, profonda in noi, è il segno della presenza di Dio. L’incontro con una persona che ci dà gioia è segno della presenza di Dio. Diceva Lutero in un bel commento al Magnificat, che se Maria davanti alla benedizione e alle lodi di Elisabetta avesse detto: “E sì, hai proprio ragione, sono proprio brava; Dio ha capito che merito molto”, in quel

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momento Maria sarebbe stata come Lucifero. Invece Maria in quel momento, ha pensato a Dio, e a Lui ha elevato un canto di lode. Quando si dice che “l’uomo è creato per lodare Dio”, non dobbiamo pensare con questo che Dio sia così vanitoso che ha bisogno della nostra lode; si tratta del fatto che noi, lodandolo, abbiamo la sua stessa gioia, la sua stessa vita, il suo stesso amore. La lode è la caratteristica fondamentale dell’amore. Cosa vuol dire lodare qualcuno? Vuol dire essere contento che l’altro è quello che è; vuol dire gioire della sua gioia. E se io posso gioire di Dio, ho la gioia di Dio, vivo di Dio, ho il suo Spirito, ho la sua vita. Per questo la lode, la gioia e l’amore sono il fine della nostra vita. Con la lode noi gioiamo di Dio. È il contrario dell’invidia, dove ci dà fastidio il bene dell’altro, perché non lo possediamo noi; noi vogliamo possedere e il possesso distrugge il dono e la relazione. Maria, invece, avendo ricevuto il dono - e non un dono qualunque, ha nel suo seno il Donatore di tutto, il Signore - cosa fa? Condivide, in fretta porta la presenza di Dio ad Elisabetta, gioisce con Elisabetta perché è stata favorita da Dio con la maternità, loda Dio che opera grandi cose. Spesse volte proiettiamo su Dio tutto il peggio che c’è in noi, tutte le nostre colpe, tutti i nostri desideri di punizione, tutti i nostri deliri di onnipotenza. Come ha fatto Adamo che ha fatto piccolo Dio; il serpente gli insinua: “Guarda che Dio è invidioso di te, ti ha vietato di mangiare dell’albero, perché sapeva che se tu ne avessi mangiato, saresti diventato grande come Lui”. L’invidia cerca di fare l’altro piccolo, meschino. Maria fa Dio grande. E più fai grande Dio, più sei grande tu che sei a sua immagine e somiglianza. Il far grande Lui, dilata tutte le tue possibilità. Contemplare la sua grandezza dà gioia infinita a te. Sei contento di Lui perché Lui è grande, è grande nell’amore, è dono, e tu, considerando la sua grandezza, gioisci della sua magnanimità, della sua bontà, del suo amore e sei in Lui. Per cui il problema nostro è far grande Dio, dare a Dio la sua giusta dimensione. Quando preghiamo questo canto, chiediamo la coscienza di Maria, la coscienza di Israele, della Chiesa, e chiediamo proprio quella beatitudine che ci fa capire il senso della storia e della vita in grande, e che poi si realizza

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nel piccolo.…È PREGATA

Ti adoro mio Dio, ti ringrazio di avermi creato, sei meraviglioso, mi hai arricchito di doni, continuamente mi rinnovi con la tua misericordia e il tuo perdono. Maria, donna del coraggio, che in fretta ti sei messa in cammino per servire, aiutami ad uscire da me stesso per andare e portare aiuto a chi è in difficoltà.

…MI IMPEGNAA non ripiegarmi su me stesso, ad abbandonare la pigrizia, a combattere l’invidia, ovvero, a gioire del bene del fratello.

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XX Settimana del Tempo OrdinarioDomenica, 16 Agosto 2020San Rocco, pellegrino e taumaturgo

Liturgia della ParolaIs 56,1.6-7; Sal 66; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore - disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

…È MEDITATALa salvezza è per tutti. Non è un privilegio di alcuni. La scena del Vangelo ci fa riflettere sulla forza della fede. Una fede grande, quella della donna, che ottenne da Cristo il miracolo: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”. Così, quest’anonima donna del popolo di Canaan, diventa icona della fede dei cosiddetti “lontani”; coloro che non sembrano porsi il problema di Dio, o che professano un altro credo e che, tuttavia, cercano, s’interrogano sulla Verità, ed hanno nel cuore il desiderio di conoscere il vero volto di Dio. Spesso, questo desiderio nasce dalle situazioni difficili ed angoscianti della vita, quando l’uomo, toccando il proprio limite, si pone delle domande sui tanti “perché” dell’esistenza: perché il dolore? perché il dolore dei deboli, dei piccoli, il dolore dei propri figli? perché la malattia che ci consuma e ci rende impotenti, e che sembra, finanche, toglierci la dignità? perché la povertà estrema, l’ingiustizia, la violenza, lo sterminio di interi popoli e la guerra? perché la morte? È da

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qui che, spesso, inizia un faticoso percorso di fede, la ricerca di Qualcuno cui appellarsi, perché ci soccorra, ci liberi, ci salvi, ci dia una speranza, oltre il buio della morte. È la ricerca di un senso profondo per la nostra vita, e per la storia nella quale siamo immersi; è la storia di questa donna, che non si scoraggia di fronte all’atteggiamento di Gesù che la ignora: “Egli non le rivolse neppure una parola”. Si compirà il miracolo, un miracolo che è, anche, il lento affiorare di una fede splendida e chiara, la cui forza è tutta nel cuore di questa madre. Lei sa di essere una straniera, e accetta l’osservazione del Maestro quando dice: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”; ascolta la risposta, ma insiste nella domanda. Sa, anche, d’essere considerata alla stregua di un «cane», d’essere una persona da tener lontana, e, quando Gesù le dice quelle parole, solo apparentemente, sprezzanti: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”, pensando a sua figlia malata, al suo “ cucciolo”, che ha bisogno d’esser risanata da Cristo, risponde con quella splendida frase: “ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Ora, la fede della donna ha raggiunto il suo culmine, e, mentre la giovinetta, prodigiosamente, guarisce, la madre diventa maestra di fede. Il nostro sguardo miope, tante volte, non sa scorgere i segni di una fede nascente, nel cuore di quelli che, abitualmente, chiamiamo i “lontani”, non credenti, atei, o appartenenti ad un’altra religione. C’è un profondo bisogno di incontrare Dio in ogni uomo, anche nel più agnostico o distratto, anche nel peggior delinquente, e tutti noi dovremmo saper andare loro incontro, con umiltà e rispetto, per spianare la via all’incontro col Signore. Il desiderio, che ogni uomo possa fare esperienza del vero Dio, e conoscere l’unico Salvatore Gesù Cristo, dovrebbe diventare in ogni cristiano un’ansia da tenere viva nel cuore; quell’ansia che, in Isaia, si fa visione profetica, là dove dice: “Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per onorare il nome del Signore, e per essere suoi servi …” (Is 56,6), tutti costoro, una moltitudine immensa, Dio stesso li condurrà nella sua casa, ed in essa, li colmerà di gioia; li introdurrà in quella dimora eterna che “si chiamerà

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casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 56,7). Sappiamo che la via da percorrere, prima che questa speranza si realizzi pienamente, è ancora lunga; ma la preghiera, di ognuno e di tutti, può abbreviare i tempi, così come può abbreviarli il dialogo, accompagnato dalla testimonianza della vita, una testimonianza forte, seria e incisiva, che faccia sorgere degli interrogativi, in chi ancora non riesce a credere, non riesce a distinguere, tra le tante voci che risuonano nel mondo, la voce del Figlio di Dio.

…È PREGATASignore, dammi la fede: fede nella tua grazia, nella tua misericordia, nella tua Provvidenza che vigila, dirige, permette; dammi fede nel bene, nella bontà, nel dolore, nell’incomprensione, nell’opera alla quale tu mi hai chiamato a collaborare.

…MI IMPEGNAA pregare con insistenza e a chiedere costantemente il dono della fede.

Lunedì, 17 agosto 2020Santa Beatrice da Silva, vergine

Liturgia della ParolaEz 24,15-24; cant. Dt 32; Mt 19,16-22

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.

…È MEDITATAFin dai primi versetti di questo capitolo 19 di Matteo notiamo che si fa riferimento a come vivere le relazioni fondamentali

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della persona: rapporto con l’altro, con se stessi, con le creature. Il brano di oggi ci aiuta a riflettere sulla relazione con le creature. Un tale, osservante della legge, si avvicina a Gesù e gli manifesta il desiderio di felicità che porta nel suo cuore; vuole vita, la vita per sempre (eterna). Sente che la legge non soddisfa pienamente il suo cuore. Sente l’esigenza di un di più, di andare oltre, sente che gli manca … Qualcuno. Gesù accoglie il suo desiderio: “Se vuoi essere perfetto” completo, se vuoi raggiungere il traguardo, “vendi quello che possiedi … poi vieni e seguimi”. Vendi tutto ciò che può rientrare nella categoria “beni”. Non solo i beni materiali, ma anche altri, l’intelligenza, la sensibilità, la volontà, il tuo tempo, le tue forze. I beni non sono il fine della vita, sono piuttosto mezzi per vivere e, nel caso della proposta del vangelo, sono mezzi per vivere da figli e da fratelli. Quando da mezzi diventano fine, si corre il rischio non di possedere dei beni, ma di esserne posseduti. Noi siamo chiamati a usarli come mezzi, tanto quanto ci possono servire per lodare, benedire il Signore con scioltezza, con libertà e amare i fratelli con disponibilità. La risposta di Gesù mette in luce al giovane, da un lato, il suo attaccamento a dei beni e dall’altro, la possibilità che Dio diventi il suo tu. Andare, vendere e dare ai poveri, deriva da un’esperienza, da un’intuizione o da un principio di esperienza anche profonda, che viene regalata. Qualcosa che è qualitativamente diverso e che esprime una qualità nuova nel rapporto con le cose e con le persone, come dono conseguente al seguire Gesù Cristo, convinti di lui, convinti da lui e per affetto nei suoi riguardi. È veramente il passaggio dalla legge imperativa e proibitiva al vangelo che mi offre d’incontrarmi a tu per tu con uno che mi ama. “Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze”. Cioè il suo cuore è in quello che ha. Peccato! Per lui valgono più i beni anziché la relazione col Datore dei beni. Naturale conseguenza: non ha la felicità che tanto desidera, ma la tristezza.

…È PREGATASignore Gesù libera il mio cuore da tutti quei legami (con le cose, abitudini e persone), che non mi permettono di

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accogliere le tue proposte. Dammi sapienza perché io sappia ciò che ti è gradito e la forza di decidere e scegliere il vero bene. Solo così sarò felice.

…MI IMPEGNAMi chiederò cosa mi manca veramente per essere felice e agirò di conseguenza.

Martedì, 18 agosto 2020Sant’Elena, imperatrice

Liturgia della ParolaEz 28,1-10; cant. Dt 32; Mt 19,23-30

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

…È MEDITATAIl Vangelo di oggi è la continuazione di quello di ieri. Gesù commenta la triste decisione del giovane: “In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli …”. I discepoli, sebbene alla stessa proposta che Gesù aveva fatto loro avevano risposto lasciando tutto, rimangono stupiti, spaventati. “Allora chi può essere salvato?” Mi piace pensare che i discepoli intuiscono che nonostante il loro sì iniziale, il loro stare con Gesù, sono ancora lontani dalla vera libertà che richiede la sequela di Gesù: la libertà del cuore. Sentono che il loro cuore è occupato dalla paura, da un’idea di messia forte e potente, da interessi personali, da piccole rivalità, o vanità.

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Sono ancora lontani dall’idea di un Dio che si annienta, sceglie la piccolezza, il limite umano. Anche il giovane aveva osservato i comandamenti ma … non ha saputo andare oltre. C’è un rischio anche per chi ha già lasciato tutto: il rischio di cercare altre ricchezze, di continuare a fare i conti, di esigere, di confidare nei propri meriti, come il giovane ricco che confida nelle sue ricchezze. “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”. Lo sguardo e le parole di Gesù, che conosce i cuori, incoraggiano. Quante volte abbiamo la sensazione che invece di andare avanti, andiamo indietro. Facciamo bei propositi: voglio solo ed esclusivamente gli interessi di Gesù, l’amore disinteressato per lui e i fratelli. E poi, ci ritroviamo soffocati dalle nostre piccinerie, e siamo tentati di dire: no! non ce la faccio, è impossibile! E viviamo una sequela per abitudine, triste e rassegnata. Gesù ci dice: “Se il tuo desiderio di seguirmi è autentico, se veramente vuoi vivere da cristiano, non temere! A poco a poco, gradualmente io ti renderò libero, capace di amare e di lasciarti amare”. Dio renderà possibile quello che a te sembra impossibile. Pietro, che si sente nel numero di quelli favoriti, a cui Dio ha reso possibile decidere bene, chiede: noi, che a differenza del giovane abbiamo lasciato tutto, cosa ne avremo? Gesù risponde portando l’argomento su un piano differente, più alto. La ricompensa per chi lascia tutto è grandissima, molto più grande di quanto si possa pensare: la ricompensa è Gesù stesso, la sua persona, la sua amicizia. Fanno eco le parole del Padre misericordioso rivolte al figlio maggiore: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”(Lc 15,31); oppure quelle di Gesù riferiteci dall’evangelista Giovanni: “Questa è la vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3). Dal momento che ho detto sì alla sua chiamata, altro che cento benefici: sono tantissimi e incalcolabili.

…È PREGATAIo sono creato per fare qualcosa per cui nessun altro è creato, e per essere qualcuno di assolutamente originale. “Io occupo un posto mio nei consigli di Dio, nel mondo di Dio: un posto da nessun altro occupato. Poco importa che io sia ricco o povero,

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disprezzato o stimato dagli uomini: Dio mi conosce e mi chiama per nome. Egli mi ha affidato un lavoro che non ha affidato a nessun altro. Io ho la mia missione. In qualche modo sono necessario ai suoi intenti, tanto necessario al posto mio quanto un Arcangelo al suo. Egli non ha creato me inutilmente. Io farò del bene, farò il suo lavoro. Sarò un angelo di pace, un predicatore di verità nel posto che egli mi ha assegnato, anche senza che io lo sappia pur ch’io segua i suoi comandamenti e lo serva nella mia vocazione”. J.H. Newman

…MI IMPEGNAMi chiedo cosa amo veramente. Desidero vivere o vivacchiare?

Mercoledì, 19 agosto 2020San Giovanni Eudes, sacerdote

Liturgia della ParolaEz 34,1-11; Sal 22; Mt 20,1-16

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo

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e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

…È MEDITATAÈ una parabola che riporta solamente Matteo. Così terminava anche il brano precedente: i primi saranno gli ultimi e viceversa (cf. Mt 19,30). Questo brano ci presenta come Dio ci retribuisce. Il centro del brano è: tu sei invidioso. In greco compare: “il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono”, cioè la bontà di Dio è per noi cattiveria, perché per noi è ingiusto. Non è giusto che a chi lavora un’ora, Dio gli dia il salario di un giorno. Ce l’abbiamo con Dio perché è buono con gli ultimi. Questa parabola richiama quella del fratello maggiore che si adira col Padre, perché accoglie il minore (cf. Lc 15,11-32); richiama Giona che si adira con Dio, che si incupisce e dice: meglio morire, se tu sei fatto così! (cf. Gn 4). Questi andavano distrutti! Mica perdonati! La retribuzione che Dio ci dà è se stesso, che è Amore e Grazia. E i giusti si arrabbiano che Dio dia se stesso per amore e per grazia: vorrebbero il salario del loro sudore. Dio non è oggetto di guadagno o di perdita. “Ricevettero ciascuno un denaro” Questo denaro è figura proprio della realizzazione piena dell’uomo, è la comunione con Dio; è Dio stesso; Dio dà se stesso in ogni dono. Siamo tutti chiamati a essere operai della vigna, cioè a raccogliere questo frutto che è l’amore del Padre ed è l’amore dei fratelli. La preoccupazione del Signore è di chiamare tutti, nessuno è escluso! Il Signore non può dare a nessuno meno di un denaro perché serve per vivere. E cosa serve per vivere all’uomo? Serve l’amore del Padre, serve essere figlio, serve Dio stesso che è amore, che è Vita. Dio non può dare meno di se stesso. Dà tutto. Anche a chi arriva all’ultima ora. Aveva detto al giovane ricco: “va’ e dai tutti i tuoi beni ai poveri, e poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). Appunto, “seguimi”, perché io do tutto ai poveri, cominciando dagli ultimi. Qui c’è sotto un mistero da capire: quelli che vogliono di più da Dio, non hanno capito che Dio dà se stesso. Quindi disprezzano ciò che ricevono, disprezzano Dio. Vogliono ridurre Dio a un prodotto del loro

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lavoro. Vogliono comprare Dio con il loro lavoro. Non hanno capito che la retribuzione è l’essere come Lui. È uguale per chi arriva alla fine. Essere arrivato prima è un dono per il quale ringraziare. L’apice della parabola: “Amico, io non ti faccio torto”, do anche a te tutto, non l’hai capito? Tu vuoi proprio andare via, perché io sono buono? Cioè mi rifiuti come padre, mi rifiuti come amore, mi rifiuti come Dio. Qui, il rifiuto di Dio lo fa il giusto. È il pericolo costante. È l’atteggiamento del Fariseo (cf. Lc 18,9-14). Se nella vita materiale abbiamo l’attaccamento alle ricchezze, nella vita spirituale c’è un attaccamento ancora più pericoloso a quella che è la nostra “ricchezza spirituale”, la nostra onorabilità, la nostra bravura.

…È PREGATASignore aiutami a rallegrarmi sempre del bene che vedo negli altri. A volte mi sento come assediato da pensieri di invidia nei confronti di persone che hanno più di me, vivono felici e in pace. Ti chiedo perdono per tutti questi brutti pensieri che mi sconvolgono. Riempi il mio cuore di gratitudine verso di te e di amore sincero verso i fratelli, tuoi figli. Amen

…MI IMPEGNAMi sforzerò di gioire del bene degli altri e combatterò i miei atteggiamenti invidiosi.

Giovedì, 20 agosto 2020San Bernardo da Chiaravalle, abate e dottore della Chiesa

Liturgia della ParolaEz 36,23-28; Sal 50; Mt 22,1-14

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede

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alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

…È MEDITATAOggi il Signore ci invita a mangiare con lui, nella sua grande sala da pranzo, così grande da starci il mondo intero. Dio ha tanta voglia di stare e di godere con noi. È il Dio che crea e ama invitare l’uomo alla festa. Tutto ciò che Dio fa, nel corso della storia, è un creare questo ambiente ideale delle nozze: l’ambiente della comunione. Tutta la letteratura profetica maggiore converge nell’indicare questa immagine delle nozze come quella che, più da vicino, richiama il cuore di Dio, perché il progetto di questo cuore è creare comunione. Tutta la storia d’Israele è una storia di comunione nella quale l’amante (Dio) cerca l’amata (Israele). Ed è un corrersi dietro tra Dio e l’uomo, tra l’amata che scappa e l’amante che cerca di raggiungerla e la invita a nozze. Purtroppo, e molto spesso, all’invito di Dio si contrappone un rifiuto da parte dell’uomo: non accoglie l’invito, non è interessato, non vuole. In ognuno di noi questa è la radice fondamentale da estirpare: la presenza in noi di una resistenza profonda che si chiama autosufficienza. È il male più radicale. Nessuna perversione è così grave come l’autosufficienza: ritenere di non avere bisogno di essere salvato. “Tutto è pronto, vieni alle nozze!” Un Dio mendicante della mia adesione e che mi sussurra: “Lásciati amare da me. Vieni alle nozze, permettimi che io ti dica quanto ti voglio bene”. In questa festa, cui siamo invitati, noi non dobbiamo fare nient’altro che accettare l’invito, è già tutto pronto. È la gratuità di Dio! A noi non viene chiesto nessun contributo in termini di merito. È un amore donato, pronto, disponibile. Devo solamente sedermi a tavola, gustare il suo amore. “Radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e

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buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali”. La stanza si riempì, fu gremita di commensali. Così si realizza il sogno di Dio, che quella grande sala nella quale lui è presente, si riempia di noi. Dio non ha altri sogni, se non vedere quella stanza piena. “Scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale”. L’abito nuziale che quest’uomo non ha è la superficialità, la pigrizia, la tiepidezza, il disinteresse per il vangelo come buona notizia, amore gratuito, perdono. Sentiamo dire a volte: “Non frequento la chiesa, ma leggo il Vangelo perché mi da delle cose, delle idee, un progetto politico sociale, culturale”. Tali persone non vivono il Vangelo come Vita nuova. Figura dell’uomo senza abito nuziale è Giuda, il discepolo che sposa la causa, l’idea, gli obiettivi politici; al limite, anche la fatica di portare avanti un progetto, ma non sposa la persona, non accoglie quell’amore che Gesù gratuitamente gli da, neanche dopo il tradimento.

…È PREGATAPietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia, nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Fammi sentire gioia e letizia, non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato.

…MI IMPEGNAAccetterò l’invito a nozze di Gesù, accogliendo con gratitudine, possibilmente anche oggi, i sacramenti della Riconciliazione e della Comunione.

Venerdì, 21 agosto 2020San Pio X, papa

Liturgia della ParolaEz 37,1-14; Sal 106; Mt 22,34-40

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da

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questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».…È MEDITATA

“Per metterlo alla prova”. Non c’ è di peggio che avvicinarsi all’altro con l’inganno, facendo finta di cercare la verità. La verità va cercata con cuore sincero. Gesù stesso è la verità e non si incontra nella doppiezza. “Nella Legge, qual è il grande comandamento?” Lo sapevano tutti che era santificare il sabato. Gesù però non cita nessuna delle dieci parole. La sua risposta spiazza tutti. Sintetizza tutta la legge, quella legge che non è venuto ad abolire ma a perfezionare, in una azione che sta nel cuore della vita ed è l’esigenza di ogni cuore: amare. “Amerai” al futuro, azione che impegna tutta la vita, una necessità per vivere. Il primato spetta a Dio “amerai con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente”. Segue subito, “amerai il tuo prossimo come te stesso”, ovviamente con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Chi di noi non vuole per se amore totale, anche se non sempre le nostre scelte manifestano che ci amiamo veramente? La novità di Gesù, che sarà il cuore del Vangelo, sta proprio nel mettere insieme Dio e il prossimo. Ci ha rivelato un Dio come “Padre nostro”, Padre di tutti gli uomini. Quindi il prossimo è mio fratello. La vita è la reciprocità dell’amore: posso amare me stesso in quanto sono amato da Dio. Se non amo Dio, non mi amo, cioè l’amore in me si estingue, diventa morte, non ha risposta. Il prossimo lo devo amare come me stesso. “Prossimo” è superlativo di “vicino”, ma è difficile amare il vicino; il lontano è facilissimo, il vicino mi fa da specchio, mi rivela tutti i miei limiti e i suoi. Su questi limiti c’è la collisione, c’è la paura, c’è il contrario dell’amore. La reciprocità dell’amore è la realizzazione della libertà. Libertà non è fare quel che pare e piace, magari distruggere tutto. Libertà è la capacità di amarsi reciprocamente. Il prossimo lo amo come me stesso, in quanto amato infinitamente da Dio, con lo stesso amore. Amare il prossimo, il fratello, vuol dire aiutarlo ad essere se stesso. Amare l’altro non vuol dire subire l’altro. Lo amo come me stesso. Come mi amo? Amando Dio e realizzandomi. Così amo lui, aiutandolo a realizzarsi, a essere diverso da me, a essere quello che è così com’è e ad amare

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Dio.…È PREGATA

Signore, insegnami ad amarti veramente, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto me stesso. Insegnami ad amarmi per poter amare il prossimo come me stesso. Che io non mi avvicini mai a nessuno con inganno, ma col solo desiderio di volere il suo bene. Fa’ che io riconosca in tutti la tua presenza e li ami come fratelli.

…MI IMPEGNAPorrò attenzione al mio prossimo (i più vicini nel mio quotidiano) per guardarlo e amarlo come lo guarda e lo ama Dio, che è nostro Padre.

Sabato, 22 agosto 2020Beata Vergine Maria Regina

Liturgia della ParolaEz 43,1-7; Sal 84; Mt 23,1-12

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

…È MEDITATAInizia il capitolo 23 che coincide con l’inizio del discorso di congedo di Gesù fino al cap. 25, prima del grande racconto della morte e resurrezione. Gesù, prima di andarsene, ci mette in guardia su quel virus tipico di ogni discepolo, di ogni

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religione, che non è mai estinto e che c’è in ciascuno di noi: il virus dell’ipocrisia, tipico della persona religiosa, ma non solo. È un invito alla libertà interiore alla quale si arriva snidando quel male sottile che sta dentro ciascuno di noi: l’incoerenza tra il dire e il fare. “Dicono e non fanno”: volere apparire, a tutti i livelli, importanti, maestri, padri, signori, persone che dominano. Si può prevalere sull’altro o con la cattiveria, o anche con le qualità che si hanno, per dominare e servirsi degli altri come piedistallo, con ipocrisia. Fai beneficenza, purché ti mettano la lapide, ti mettano sul bollettino, e tu ne abbia un ritorno di immagine. Su questo, tutti noi siamo sensibili, perché è determinante il come siamo visti, stimati, ammirati. L’uomo ha bisogno di ammirazione e di stima. O scopre davvero la sua identità, nell’amore infinito che Dio ha per lui, e allora vive gioioso di questa stima e la comunica agli altri, amando; oppure la mendica, in tutti i modi, dagli uomini, anzi la carpisce, anche con rapporti di falsità e di reciproco dominio, per sentirsi qualcuno. “Uno solo è il vostro Maestro”. C’è un solo maestro interiore in ciascuno di noi: lo Spirito Santo che ci suggerisce la verità tutta intera e tutti siamo ammaestrati da Dio direttamente. C’è nel nostro cuore la voce della coscienza, la voce della verità, la voce di Dio; poi la confronteremo con gli altri nel dialogo, con Lui nella preghiera, ma saremo noi a comprendere, a sperimentare, a decidere. Tolta ad una persona questa possibilità, le hai tolto la libertà, l’intelligenza, la dignità di figlio di Dio. Uno solo è il maestro, quello interiore. “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”. Se uno vuole essere grande si faccia servo di tutti. Solo così, insieme al fratello Gesù, si volgerà all’unico Padre, sarà discepolo del Maestro interiore, lo Spirito Santo, riconoscerà tutti gli uomini fratelli e vivrà nella vera libertà. In questo senso non c’è esempio più bello di Maria, Ancella del Signore, che oggi celebriamo col titolo di Regina.

…È PREGATASe insorgeranno i venti delle tentazioni, se incorrerai negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella invoca Maria. Se sarai sbattuto dalle onde della superbia, e dell’ambizione, della detrazione, della rivalità aspra, guarda la stella, invoca Maria.

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S. Bernardo…MI IMPEGNA

Sull’esempio della Madonna scriverò il mio Magnificat ed eviterò tutto ciò che sa di apparenza, di falsità, di ipocrisia, di dominio sugli altri.

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XXI Settimana del Tempo OrdinarioDomenica, 23 agosto 2020Santa Rosa da Lima, vergine

Liturgia della ParolaIs 22,19-23; Sal 137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

…È MEDITATAL’uomo è essenzialmente desiderio. Il desiderio è la sua facoltà più povera perché, non produce niente; ma anche la facoltà più alta: col desiderio può accogliere tutto. Il Signore non è da produrre, è da accogliere. L’amore può essere accolto solo da chi lo desidera, quindi coltiviamo questo desiderio. Sant’Agostino diceva che tutta la preghiera è una palestra, una ginnastica del desiderio. E l’uomo alla fine diventa ciò che desidera, ciò che ama. Nella prima parte, la risposta di Gesù molto famosa: “Pietro, tu sei beato!” Riconoscere lui è la grande beatitudine, la Chiesa nasce da questa beatitudine; nella seconda, la promessa fatta a Pietro: “Su di te edificherò la mia Chiesa”. Il punto determinante nel nostro rapporto con Dio è quando smettiamo di fargli domande, di metterlo in questione e accettiamo che sia lui a farcele. Allora, la mia vita cambia, entro in relazione vera con lui, se no, sono sempre in relazione con le mie idee su di lui, più o meno belle, più o meno eleganti, ma mai avrò intimità con Lui. Il vero problema della fede è ascoltare Dio e

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rispondergli; solo ascoltandolo, diventiamo respons-abili, abili a rispondere, capaci di rispondere; diventiamo suoi interlocutori. La fede è questo dialogo con Dio, dove lui interroga e io rispondo, la risposta diventa la mia vita. Cosa chiede il Signore? Quasi ci supplica: Ascolta! Ascolta Israele! Ascolta, tu che vuoi credere, desideri credere. Ascolta! Solo se ascolto, entro in relazione, lo conosco, lo amo. La domanda fondamentale della fede cristiana non è un’ipotesi su Dio, ma è la relazione personale con Gesù, che è il Signore, il mio Signore, il mio Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Problema centrale: Chi è Gesù per me? È il mio principio, il mio fine, il mio tutto, il mio Dio, colui che mi ama, che dà la vita per me? Dove ritrovo la sensatezza di tutta l’esistenza, non solo mia, ma della storia del mondo? La conoscenza di Cristo è data a chi lo ama. Al di fuori dell’amore non c’è conoscenza; ci può essere conoscenza teorica. Una persona la conosci nella misura in cui la ami. Dio è amore, lo conosco attraverso l’amore. La fede è sapere che Dio mi è fedele, che Dio ha molta fiducia in me, che ha dato se stesso per me …

…È PREGATASignore Gesù, io credo in te. Tu sei il Figlio di Dio, hai dato la vita per me: sei morto in croce e sei risorto. Cammini con me e continuamente mi supplichi di accogliere il tuo amore, di lasciarmi amare per diventare amabile con i fratelli e godere la vera libertà di figlio di Dio.

…MI IMPEGNAVoglio vivere da figlio di Dio. Far conoscere e amare Gesù non con le parole ma con la mia vita, impregnata di preghiera e di amore verso tutti.

Lunedì, 24 agosto 2020SAN BARTOLOMEO, apostolo

Festa Liturgia della Parola

Ap 21,9-14; Sal 144; Gv 1,45-51LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il

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figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

…È MEDITATA“Filippo trovò Natanaèle e gli disse: Abbiamo trovato … Gesù”. Ecco la struttura fondamentale della fede, ma anche della conoscenza. Ogni fede ed ogni conoscenza la riceviamo dall’altro, verifichiamo se corrisponde o meno a realtà e una volta che l’abbiamo sperimentata la comunichiamo. La testimonianza parte sempre da un dire, che è il punto di arrivo di un’esperienza. Al dire corrisponde l’udire. Una parola se è detta, ma non ascoltata, non esiste. All’uomo viene tutto dall’ascolto: sviluppa la sua intelligenza, la sua volontà, la sua azione. Quindi, la parola ci determina totalmente, diventiamo la parola che ascoltiamo. Il discepolo è colui che ascolta la Parola. La cosa principale dell’ascolto è il silenzio; se ho dentro tante altre parole, non entra nulla. La prima condizione per poter versare qualcosa in una bottiglia è che sia vuota. “Da Nazareth può mai uscire qualcosa di buono?” Probabilmente, nella domanda di Natanaèle spunta anche la rivalità che esisteva tra i piccoli villaggi della stessa regione: Cana e Nazareth. Inoltre, secondo l’insegnamento ufficiale degli scribi, il Messia sarebbe venuto da Betlemme, in Giudea. “Vieni e vedi”. È uscendo dal proprio mondo, mettendosi in cammino che ci si accorge dell’altro, lo “vedi”, lo incontri, lo conosci, lo ami. Per conoscere Gesù, fare esperienza di Lui bisogna mettersi in cammino, muoversi. Non si può restare fermi nelle proprie posizioni, idee e pregiudizi. “Ecco un Israelita autentico, in cui non c’è inganno”. Gesù afferma che già lo conosceva quando era sotto il fico. Come poteva essere Natanaèle un “israelita autentico” se non accettava Gesù in

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qualità di Messia? Natanaèle “era sotto il fico”. Il fico era il simbolo di Israele (cf. Mi 4,4; Zc 3,10; 1Re 5,5). Israelita autentico è colui che sa disfarsi delle sue proprie idee quando percepisce che non concordano con il progetto di Dio. L’israelita che non è disposto ad operare questa conversione non è né autentico, né onesto. Natanaèle è autentico. Lui aspettava il messia secondo l’insegnamento ufficiale dell’epoca (cf. Gv 7,41-42.52). Per questo, all’inizio, non accettava un messia venuto da Nazareth. Ma l’incontro con Gesù lo ha aiutato a capire che il progetto di Dio non sempre è come la gente immagina o desidera che sia. Lui riconosce il suo inganno, cambia idea, accetta Gesù come messia e confessa: “Maestro, tu sei il Figlio di Dio: tu sei il re di Israele!” La confessione di Natanaèle è appena l’inizio: chi sarà fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo. Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. È il sogno di Giacobbe divenuto realtà (cf. Gn 28,10-22).

…È PREGATAConcedimi Signore, di stare alla Tua presenza e di adorarTi nel profondo del cuore. Aiutami a far silenzio, intorno a me e dentro di me, per poter meglio ascoltare la Tua voce. San Bartolomeo aiutami ad essere un vero cristiano.

…MI IMPEGNAFarò un quarto d’ora di silenzio per far risuonare dentro di me queste domande: cosa veramente cerco? Chi ascolto? Chi amo?

Martedì, 25 agosto 2020San Ludovico, re

Liturgia della Parola2Ts 2,1-3.13-17; Sal 95; Mt 23,23-26

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del

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bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

…È MEDITATA“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”. “Ipocrita”, in origine, significava attore; quindi chiunque rappresenta una parte non sua, o pretende di essere quel che non è. Fingersi religioso, devoto, osservante per fini egoistici, indica durezza e vanità del cuore. Le dure minacce di Gesù sono contro le apparenze esterne, quando non corrispondono a quello che c’è nel cuore. Certe persone si fanno credere esemplari e piissime, mentre sanno che i loro cuori sono corrotti. La contraddizione tra le apparenze e la realtà viene dal Signore descritta e condannata con questa immagine familiare ai suoi uditori: “pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno siete pieni di avidità e d’intemperanza”. L’ipocrisia si esprime anche nel legalismo, molto ligio a tanti rituali che dimentica però le cose essenziali: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Quel legalismo che distrugge la sostanza della legge che è l’amore. La nettezza esterna non giova a nulla quando l’interno è sudicio. L’avidità e l’intemperanza, in altri termini, i beni male acquistati per soddisfare le loro passioni, contaminavano le feste ed i pasti giornalieri degli Scribi e dei Farisei, sebbene essi non trascurassero mai le purificazioni cerimoniali. Gesù è preciso nel dirci quali sono le cose che contano: giustizia, misericordia e fedeltà. Quando una persona è onesta, le funziona il cuore ed è affidabile; allora può permettersi anche di pensare al resto. Ma se abbiamo problemi con una o con tutte e tre queste cose, allora dovremmo pensare prima a mettere a posto queste e poi al resto. Torna il termine cieco. Un esterno ineccepibile, e all’interno? Se i pensieri che abbiamo fossero trasparenti, cosa vedrebbero le persone con le quali trattiamo? “Quando l’esterno sarà come l’interno sarà il regno di Dio. Mettere a posto la nostra vita interiore può cambiare anche radicalmente la nostra immagine. Ma non succede quasi mai il contrario. Perché salvare la faccia non salva anche l’anima, anzi. Sarà questo il motivo per cui Gesù si trova molto a suo agio con i peccatori e le prostitute:

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quando decidono di convertirsi, non perdono tempo a difendere la loro apparenza ma si occupano totalmente della sostanza. La loro conversione non è un lifting, ma è un cambiamento del cuore. Il loro problema non è ciò che pensano gli altri, ma ciò che pensa Dio. E proprio per questo a loro non importa il giudizio degli altri ma solo quello di Dio” (F. Rosini).

…È PREGATALiberami Signore da qualsiasi forma di ipocrisia. Aiutami ad agire con purezza di cuore. Dammi la tua libertà! Che io non agisca mai per farmi vedere ed essere lodato, ma per amore.

…MI IMPEGNAProcurerò di relazionarmi con gli altri nella giustizia, con misericordia e fedeltà.

Mercoledì, 26 agosto 2020Sant’Alessandro di Bergamo, martire

Liturgia della Parola2Ts 3,6-10.16-18; Sal 127; Mt 23,27-32

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

…È MEDITATAQuesta è la metafora più esplicita in cui l’ipocrita assomiglia al sepolcro: è uno morto dentro. È la maschera funebre di se stesso, però fatta bene, accuratissima, imbiancata. Era usanza presso gli ebrei imbiancare accuratamente i sepolcri per renderli ben visibili ed evitare un contatto involontario, che avrebbe impedito all’uomo la partecipazione al culto (causando uno stato di impurità rituale). Si può apparire

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all’esterno avvolti di un alone di fedeltà, ligi alle esigenze di Dio espresse nei comandamenti, ma contenere dentro di sé, nel proprio cuore, ogni forma di malvagità che conduce alla morte: “Dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità”. È terribile questa situazione perché rappresenta il fallimento totale di una vita: essa è solo l’involucro illusorio di un cadavere, è solo luogo di morte. Mi torna in mente il doloroso racconto di una donna maltrattata dal marito. Per anni aveva subito ogni tipo di violenza, ma nessuno dava ascolto alla sua richiesta di aiuto perché tutti, dai più vicini ai lontani, gli stessi suoi genitori, avevano sempre visto nel marito una persona educata, gentile, rispettosa, stimatissima dai colleghi. Ineccepibile nel suo comportamento con gli altri, mentre violento con la moglie! Come può ingannare l’apparenza! L’ipocrisia è una parola che tocca ciascuno di noi e che ci mette di fronte a ciò che rende autentica la nostra esistenza di cristiani. Ciò che comunica la vita e ciò che qualifica l’autenticità di un discepolo di Cristo è il grande comandamento dell’amore. Ora, l’ipocrisia, intesa come attaccamento apparente alla Legge di Dio, non giunge al cuore della Legge, al grande comandamento dell’amore, e rende così vana ogni altra osservanza. Non si tratta di scegliere tra il più e il meno, ma tra l’essere e il non essere, tra la realtà e la finzione, tra la verità e la menzogna, tra la vita e la morte. In una vita senza amore la pretesa della fedeltà alle esigenze di Dio è fittizia e inesistente. Usando l’immagine del sepolcro imbiancato, si potrebbe dire che il risultato di un’esistenza ipocrita è l’illusione di una vita che, paradossalmente, comunica morte.

…È PREGATAIl nostro cuore, o Signore, nasconde spesso falsità e ipocrisia. Purificalo e rendilo dimora della tua Parola perché essa lo illumini e ci renda capaci di agire sempre nella verità dell’amore.

…MI IMPEGNACercherò di agire nella verità e chiederò insistentemente al Signore di liberarmi dalle maschere che mi sono costruite.

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Giovedì, 27 agosto 2020Santa Monica, madre di Sant’Agostino

Liturgia della Parola1Cor 1,1-9; Sal 144; Mt 24,42-51

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

…È MEDITATAIl senso della nostra vita è l’incontro col Signore. Quindi, è importante il cammino che porta a questa meta. La nostra vita va in detta direzione? Concretamente: cerco e voglio l’unione col Signore? Adesso e non soltanto al termine della vita terrena. Il discorso di Gesù è una esortazione a vivere bene il presente. Il brano vuole aiutarci a vedere la realtà; a fare un continuo discernimento. I discorsi sulla fine del mondo, che sempre ci allarmano, non devono servire come spauracchio per farci temere e chiudere gli occhi. Devono, invece, farci capire che la vita ha un termine e arriviamo dove vogliamo noi. Dipende da come e verso dove camminiamo oggi, da cosa scegliamo. Quindi ci richiama alla responsabilità, nel presente. “Vegliare”, vuol dire avere un atteggiamento intelligente e fattivo di amore verso l’altro, come ha fatto il Signore con noi. Chi fa così è beato. È l’ultima beatitudine del vangelo che le raccoglie tutte; è la beatitudine di chi è come il Figlio. Difatti, al suo ritorno il Signore gli affiderà l’amministrazione di tutti i

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suoi beni, cioè diventerà uguale a lui nella sua gloria, e la sua gloria sulla terra è l’amore, è il servizio intelligente dei fratelli. “Servo fidato e prudente”. Il servo fedele è quello che fa quello che deve fare ed è saggio perché sa quello che deve fare. E cosa deve fare? Dare il cibo a tempo dovuto ai suoi familiari. Cioè, ognuno di noi ha un incarico: servire i nostri familiari, i nostri fratelli dando loro il cibo a tempo dovuto. Quindi è un servizio fatto con intelligenza all’altro a tempo dovuto, non fuori tempo. “Servo malvagio”. Il servo malvagio è colui che ha lo spirito padronale di chi vuol possedere tutto e maltratta gli altri; così facendo, perde tutto, anche la vita. Servire vuol dire amare, promuovere l’altro. Vuol dire accogliere il Signore che bussa, nel peccatore, nel delinquente, nel malato, nel debole, nel fragile, nel povero, nell’immigrato, in chi è nudo. Superiamo le nostre chiusure per essere uomini nuovi che sanno accogliere. E ogni miseria diventa per noi il luogo della misericordia, la casa del Padre dove nessuno scassina e ruba. Chiediamo al Signore il dono del discernimento per riconoscerlo e incontrarlo là dove meno pensiamo e per imparare a leggere i mali della storia non come luogo di sconfitta, ma come luogo di crescita, come provocazione all’amore.

…È PREGATASignore rendici vigilanti e attenti alla tua venuta. Dacci sapienza e discernimento perché possiamo sempre agire con amore per il bene nostro e dei fratelli.

…MI IMPEGNAM’impegnerò a trattare la creazione non da padrone ma da “servo fedele”, figlio del Padre.

Venerdì, 28 agosto 2020Sant’Agostino, vescovo e dottore della Chiesa

Liturgia della Parola1Cor 1,17-25; Sal 32; Mt 25,1-13

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque

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sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

…È MEDITATA“Il regno dei cieli” è visto nella sua prospettiva finale che è l’incontro con lo sposo. Ma già tutta l’esistenza terrena è una uscita incontro allo sposo. C’è una prima uscita dalla madre per venire alla luce; c’è una seconda uscita che dura tutta la vita: l’uscita dal proprio egoismo, l’uscita da sé verso l’altro. C’è alla fine l’uscita definitiva dalla madre terra per andare incontro al Signore. Noi usciamo dalla nostra vita con la nostra lampada. Il problema della parabola è tutto sul combustibile che ci deve essere dentro, in questo “vaso” del nostro corpo. Infatti, il nostro corpo è tempio dello Spirito e proprio con questo corpo andiamo incontro al Signore. Il Signore è chiamato lo sposo, che è la più bella definizione di Dio. “Dieci vergini”: dieci è il numero della totalità, il numero della comunità. Tutta l’umanità esce incontro allo sposo, lo sappia o no; stolti o saggi, tutti andiamo incontro al Signore. Però, è diverso essere stolti o saggi. Nel vangelo di Matteo lo stolto è quel credente che dice: “Signore, Signore!” ma non fa la volontà del Padre e la volontà del Padre è amare i fratelli. Saggio è chi compie la volontà del Padre. Tutte prendono le lampade. Ognuno porta se stesso col proprio corpo, però qualcuno senza e qualcuno con l’olio: l’amore. Ogni nostra azione compiuta sotto l’influsso dello Spirito è un’azione di amore, divina, eterna; senza lo Spirito di amore è un’azione diabolica, ci divide dagli altri, da noi stessi, ci uccide. La

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nostra esistenza, invece di trasfigurarsi in luce diventa sempre più opaca, sempre più chiusa. Quindi il problema non è l’incontro finale, ma come mi preparo all’incontro fin d’ora. Il Signore vuole che noi sviluppiamo in pienezza la nostra vita di figli e il suo ritardo è proprio perché noi abbiamo tutto il tempo sufficiente per crescere sempre più. “A mezzanotte”: quando tutti dormono. Con la morte non è tutto finito, ma è il momento dell’incontro definitivo. Nella notte, ovvero con la morte, avviene la cosa principale della vita: l’incontro con lo sposo, il Signore. Le stolte si accorgono, allora, di non avere olio nelle loro lampade. Cioè, la loro vita terrena non è stata una vita nell’amore e nello Spirito, ma una vita chiusa in se stessa nell’egoismo, quindi totalmente vuota. Se uno ha vissuto senza amore; sia stato il più grande uomo, la più grande donna del mondo, si trova ora senza olio, senza amore, con un terribile verdetto: “non ti conosco!”

…È PREGATA“Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te!” S. AgostinoSignore con il battesimo mi hai fatto dono del tuo Spirito mi hai reso capace di amare Te e i fratelli. Una “lampada” di cui mi devo prendere cura, tenendola accesa, crescendo nell’amore. Perdona le mie mancanze di amore, le mie chiusure, il mio egoismo! Aiutami a vivere nell’amore.

…MI IMPEGNADedicherò mezz’ora alla preghiera, pensando al mio incontro definitivo col Signore.

Sabato, 29 agosto 2020Martirio di San Giovanni Battista

Liturgia della ParolaGer 1,17-19; Sal 70; Mc 6,17-29

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché

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Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

…È MEDITATAGiovanni il Battista è colui che predica la penitenza, la conversione, riconosce Gesù come “l’Agnello di Dio venuto a togliere il peccato del mondo” (Gv 1,29), con profonda umiltà sa mettersi da parte: “Egli (Gesù) deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3,30), testimonia con il sangue la sua fedeltà a Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione. Per amore alla verità, non scende a compromessi e non ha timore di rivolgersi, con parole forti, a chi ha il potere di ucciderlo. La celebrazione del martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore di Cristo, con la sua Parola, con la Verità. La vita cristiana esige, per cosi dire, il “martirio” della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Siamo invitati a esaminare senza sconti la nostra vita, a lasciarci illuminare sui compromessi, sulle situazioni pericolose nelle quali forse ci troviamo, proprio dove non abbiamo forza e volontà per troncare e voltare pagina: quell’amicizia che ci insinua calunnie sugli altri; quell’affetto

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troppo “corposo”, che ha già messo il laccio al cuore e ci conduce al tradimento; quel rancore che arde, sordo, sotto la cenere del tempo; quell’adulazione che risuona nelle nostre orecchie e ci fa perdere il senso della realtà. Per la Bibbia correggere un saggio è renderlo ancora più saggio. Correggere uno stolto invece, significa attirarne le ire. “Non ti è lecito”: non per un rigido legalismo, ma perché sei creato per essere libero, felice, e non ti è lecito andare contro natura, il peccato non si addice all’uomo, genera la morte, sempre. Erode “ascoltava perplesso”, vigilava, temeva. Ma non è sufficiente. Ha ormai consegnato il cuore a Erodiade che, con il suo rancore, lo trascina nell’abisso, perché l’accendersi di una passione spalanca sempre il passo a peccati più gravi. Si è infilato in una strada senza ritorno, condannandosi ad una vita sterile, chiusa nell’egoismo. L’episodio di Erode ci invita a chiedere a Dio la grazia di un cuore pronto al pentimento, a rientrare in noi stessi come il figliol prodigo, ad ascoltare la correzione. Certo, quando arriva fa male, perché graffia l’orgoglio che ci vorrebbe impenitenti, ma poi reca il bene immenso della libertà. Accettiamo la correzione, per divenire liberi come Giovanni, senza paura e lontani dai compromessi, dalle ipocrisie e dai ricatti. Per poter essere liberi e non temere di dire la verità è necessario aver tagliato con i criteri del mondo. Aver rinunciato al “potere” che si nutre della morte dell’altro; ogni potere, infatti, a casa, in ufficio e a scuola, sino ai palazzi de re e dei governanti, non può affermarsi se non uccidendo l’altro. Un cuore radicato in Dio, anche se cade, è capace di contrizione e di umiltà. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se abbiamo un solido rapporto col Signore. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività quotidiane della vita, ma è esattamente il contrario: solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, vivremo nella verità, liberi da compromessi e saremo felici, nonostante tutto, perché la Verità è Gesù.

…È PREGATASignore Gesù, io sento il fascino della verità ma spesso mi ritrovo prigioniero dei miei compromessi col male. La paura, la

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vigliaccheria non mi fanno denunciare le mie ingiustizie e quelle di chi ha in mano il potere. Ti prego liberami da qualsiasi convivenza col peccato, rendimi giusto e saggio, capace di accogliere la correzione con pace.

…MI IMPEGNAMi sforzerò di vivere nella verità, soprattutto cercherò di ascoltare e accogliere con pace la correzione.

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XXII Settimana del Tempo OrdinarioDomenica, 30 agosto 2020Beato Alfredo Ildefonso Schuster, vescovo

Liturgia della ParolaGer 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

…È MEDITATAIl brano contiene l’identità di Gesù rivelata, per la prima volta, da lui stesso. Pietro reagisce brutalmente, lo prende in disparte e lo rimprovera. Gesù risponde chiamandolo satana e gli dice qual è l’identità del discepolo. Al centro di questo brano c’è la rivelazione della Croce del Signore. Per la prima volta, appare in termini chiari, nelle parole stesse di Gesù, come la Croce sia la realizzazione della salvezza dell’uomo e la rivelazione di Dio. Gesù comincia a mostrare apertamente ai discepoli chi è Lui. Lui è uno che deve andare a Gerusalemme. La parola “dovere”, nel Vangelo, riguarda solo il Signore e riguarda solo la sua croce. È dovere di Dio, che è amore, stare dove l’uomo ha bisogno di salvezza. È suo dovere andare a Gerusalemme che è il centro del potere economico, culturale, religioso e civile. Gesù deve patire per questo potere, perché questo rappresenta il male che è nel

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mondo, il male che è in ciascuno di noi. Noi, facilmente, pensiamo che Dio sia la persona più ricca del mondo, più potente, e vorremmo anche noi essere come Lui, ricchissimi, potentissimi, autosufficienti. Invece, Dio, che è amore, è povero, perché dà tutto, è servo, è umile, non potente e bisognoso di tutti, perché l’amore non è autosufficiente, ha bisogno dell’altro. Gesù ci porta la salvezza proprio in quanto povero, servo, umile e prende su di sé tutta la cattiveria e il male del mondo, la nostra brama di avere, di potere, di apparire. Viene ucciso proprio in quanto Signore, povero, umile e servo, ovvero Figlio di Dio; un Dio così non poteva essere accettato. Infatti Pietro, che ci rappresenta, si scandalizza nell’apprendere che Gesù, il Figlio di Dio, debba soffrire. Gesù si volta, lo guarda in faccia e gli dice, non come dice la traduzione “lungi da me” o “lontano da me”, non lo manda via, ma: “va’ dietro, non star davanti”. Pietro sa affrontare lo scontro ed è questo scontro che lo costituisce discepolo, ci costituisce discepoli. Ed è uno scontro mai finito nella vita. Tra Dio che è amore fino in fondo e noi che abbiamo esattamente le tendenze opposte. Se leggiamo attentamente il Vangelo, se lo prendiamo sul serio, lo scontro è inevitabile perché la nostra logica è lontana da Dio. Per fortuna, Dio si impegna ed è fedele alla Sua Parola, alle Sue scelte. Mi piace sottolineare come Gesù riprenda Pietro, però davvero lo ri-prende, lo ri-chiama, lo chiama ancora dietro a sé. Questo è davvero qualcosa che sa di evangelo, di buona notizia: “il Signore non si stanca di te, il Signore ti rimprovera, ti fa capire, ma non ti manda via. Ti richiama dietro a sé, a seguirlo come i discepoli. Porta Lui il peso, si assume Lui la fatica, l’incarico, la sofferenza di rompere poco alla volta quell’assurdità, di dissolvere quella cecità, di sciogliere quella durezza di cuore. È molto bello questo: dietro a me!” (S. Fausti). “Se uno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Questo versetto ci dice l’identità del credente. In una riga o poco più c’è tutta la teologia del discepolo, la teologia della Chiesa.

…È PREGATASignore aiutami ad essere veramente tuo discepolo, a starti

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dietro, a seguire le tue orme. Aiutami ad essere umile, bisognoso di amore, di salvezza, ma soprattutto fammi comprendere che ho bisogno dell’aiuto tuo e dei fratelli. Amen

…MI IMPEGNAEviterò in me tutto ciò che sa di apparenza, di grandezza, di potere, di autosufficienza.

Lunedì, 31 agosto 2020San Raimondo Nonnato, religioso

Liturgia della Parola1Cor 2,1-5; Sal 118; Lc 4,16-30

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:«Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato con l’unzionee mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;a rimettere in libertà gli oppressi,a proclamare l’anno di grazia del Signore».Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli,

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passando in mezzo a loro, si mise in cammino.…È MEDITATA

Questo brano del Vangelo di Luca è il primo discorso di Gesù, il discorso inaugurale a Nazareth. È un discorso dove spiega il senso di tutta la sua azione. Ci dice cosa fa, come lo fa, dove lo fa, quando lo fa, quali sono le reazioni. È una predica inaugurale un po’ sfortunata perché finisce con il lancio del predicatore dalla roccia, però lui se n’è andato. È l’anticipo del finale quando in realtà Lui verrà ucciso fuori dalla città, ma Lui se ne andrà, risorgerà, quindi è già preludio della morte e resurrezione. Gesù ritorna dal Giordano, dove è stato battezzato, dal deserto, dove è stato tentato, e torna nella potenza dello Spirito, quello Spirito che ha ricevuto in pienezza nel battesimo, che è lo Spirito del Figlio, che lo rende solidale con i fratelli, quello Spirito che non cede alle tentazioni, alle prospettive e alle lusinghe del diavolo: “Se sei figlio fa’ questo, quest’altro”. Gesù mantiene sempre lo Spirito che ha manifestato nel battesimo ed è in questo Spirito che Lui inizia il suo ministero in Galilea. Viene a Nazareth, appunto il luogo della sua vita quotidiana, dove ha vissuto trent’anni, cioè tutta la sua esistenza: è quello il luogo dove si realizza il Vangelo. Gesù torna a Nazareth dopo aver dato nome ai suoi desideri, e aver deciso chi vuole essere, cosa vuole fare della sua vita, come vuole rispondere all’invito del Padre. Entra nella sinagoga con l’emozione di chi è tornato dove aveva imparato a conoscere la Parola, dove aveva imparato a leggere, in quella che era stata il centro della sua vita. Porta la Buona Notizia innanzitutto nei luoghi che gli sono più familiari. La missione non è una fuga dal quotidiano, ma comincia dalle persone più vicine. Gesù inizia ad annunciare il Vangelo a quelli che lo conoscono meglio, suscitando stupore ma anche rabbia in chi si sente provocato dalla Parola. I compaesani di Gesù fanno fatica ad accettare il suo cambiamento, come succede spesso a noi: vogliamo che le persone restino incasellate là dove le abbiamo messe. “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Gesù assume su di sé la coerenza della Parola proclamata. Non parla solo di liberazione, ma si impegna a liberare. Non parla solo di

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giustizia, ma si impegna per fare giustizia. Non parla solo di misericordia, si fa misericordia. “Ogni volta che parliamo dovremmo essere consapevoli che, mentre pronunciamo una parola, quella parola si sta anche compiendo e sta diventando un fatto, di cui siamo inevitabilmente responsabili” (G. Piccolo).

…È PREGATASignore Gesù fammi dono del tuo Spirito di libertà affinché mi renda capace di accogliere la novità del tuo Vangelo. Solo il tuo Spirito può liberarmi dalla tentazione di non accogliere il cambiamento delle persone dovuto alla loro crescita e alla loro coerenza di vita. Dammi occhi e cuore nuovi per accogliere con stupore il mistero delle persone del mio quotidiano.

…MI IMPEGNACercherò di accogliere con stupore e gratitudine l’operato delle persone del mio quotidiano.

SETTEMBRE

Martedì, 1 settembre 2020San Cono Navacita, abate

GIORNATA PER LA CUSTODIA DEL CREATOLiturgia della Parola

1Cor 2,10-16; Sal 144; Lc 4,31-37LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

…È MEDITATALa Parola di Gesù porta la liberazione dal male. La prima

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azione che compie ha un valore programmatico, come a dire che tutto il Vangelo è un esorcismo, una liberazione dal male. Noi parliamo molto di libertà. In realtà nella Bibbia non si parla di libertà, ma di liberazione: “guarda che sei schiavo, devi raggiungere la libertà”. Siamo abitati da due spiriti: lo spirito della menzogna, del diavolo che ci divide dalla Parola, dalla verità, dal Padre, dai fratelli, da noi stessi, dalla creazione e ci mette gli uni contro gli altri; e lo Spirito di Dio che è Spirito di verità, di amore e di vita, che fa esattamente il contrario dell’altro. La tentazione non è male ma è l’occasione in cui siamo obbligati a fare una scelta: seguire l’uno o l’altro spirito. Noi vogliamo la verità, cerchiamo la verità ma con più facilità scegliamo la menzogna, sbagliamo e facciamo il male. E allora lo spirito di menzogna ci accusa dicendo: “tu non puoi fare altro che così, sei colpevole e adesso devi pagare”; lo spirito di verità, invece è paraclito, ci dice: “guarda, hai sbagliato, ma c’è il perdono, quindi puoi sempre cambiar vita, puoi liberarti dal male” (Liberazione).Tutta la vita spirituale è saper distinguere l’uno dall’altro e dire sì all’uno invece che all’altro. Se io non li distinguo resterò succube e non agirò mai liberamente. “Bisogna, quindi, cominciare a distinguere i due spiriti e capire che uno porta al male e mi fa star male. A lui dirò: “taci e esci”. All’altro, che mi spinge al bene e mi dona pace e gioia, dirò: “bene, grazie, andiamo avanti”. Quel che coltivi, poi cresce in te. Tutta la vita spirituale è questo: distinguere l’uno dall’altro e poi dire sì all’uno e no all’altro. Alla fine ciò a cui dici no si stanca e se ne va, ciò a cui dici sì, lo coltivi e cresce” (S. Fausti). “Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro”. Questa persona andava normalmente al culto e alla Parola e si teneva il suo spirito di demonio immondo tranquillamente. Questo vuol dire che si possono anche frequentare tutti i luoghi sacri, si possono fare tutti i pellegrinaggi senza mai ascoltare la Parola in realtà, perché Gesù è la Parola. Solo quando entra in noi veramente la Parola di Verità, nell’incontro con la persona di Gesù, avviene la liberazione.

…È PREGATAAiutami Signore Gesù a distinguere lo spirito di Verità da

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quello di menzogna perché io scelga sempre ciò che è bene per me e per tutta la creazione.

…MI IMPEGNADedicherò ogni giorno un tempo ad esaminare le mie azioni per evitare quelle che mi lasciano nell’agitazione.

Mercoledì, 2 settembre 2020Sant’Elpidio, abate

Liturgia della Parola1Cor 3,1-9; Sal 32; Lc 4,38-44

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagòga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva. Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo. Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagòghe della Giudea.

…È MEDITATAGesù guarisce la suocera di Pietro dalla febbre. Non è un gran miracolo, diremmo che non è neppure un miracolo: dalla febbre si guarisce facilmente. Noi siamo abituati a leggere il miracolo come un segno grandioso. I miracoli che Gesù fa, sia piccoli che grandi, sono dei segni di qualcos’altro, di compassione e misericordia. Quel che conta non è il miracolo, ma il significato. La casa è il luogo delle relazioni, dove viviamo la quotidianità delle nostre relazioni. Tutta la nostra vita dipende da cosa viviamo in casa, da cosa abbiamo vissuto all’inizio e da cosa viviamo adesso. In questa casa c’è una grande febbre, un male che domina i rapporti. C’è una febbre nella casa dell’uomo, in ogni casa e nella casa che è il mondo, che fa sì che ci distruggiamo l’un l’altro, perché tutti vogliamo

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essere l’uno più grande degli altri. Questa ossessione, questo diavolo è nelle nostre relazioni, nella nostra casa. È la febbre del dominio che guasta tutti i nostri rapporti interpersonali, sociali, addirittura planetari. Il mondo è devastato da questa sete di dominio, di potere sull’altro. Quindi è un grande miracolo liberare da questa febbre. “Si china sopra di lei”. È bello questo essere chinati, è un’immagine materna questo prendersi cura. Il risultato è che “subito, levatasi”. Levarsi è la stessa parola che indica la resurrezione di Gesù. Ciò che avviene a questa donna è una vera resurrezione. Non solo si alza dal letto, ma si alza definitivamente. “E li serviva”. “Li serviva” è un’azione continuata. Il servizio è la qualifica fondamentale di Gesù, che è venuto a servire e a dare la sua vita per tutti. Servire è la qualità fondamentale di Dio, che è Amore. L’amore è servizio per l’altro. L’egoismo, invece, si serve dell’altro. Quindi in questa donna avviene la vera resurrezione: passa da morte a vita perché finalmente ama. La piena libertà è servire. La libertà che intende il Vangelo è esattamente il contrario di quella che intendiamo noi. Per noi la libertà è quella di dominare sugli altri, spadroneggiare sul mondo. La vera libertà, invece, è quella di Gàlati 5,13, la libertà di Dio, che è la libertà di amarci e servirci reciprocamente. Allora questa donna è veramente guarita da quella febbre che la costringe a farsi servire dagli altri e può mettersi a servire. È libera.

…È PREGATASignore Gesù, chinati su di me come hai fatto con la suocera di Pietro e guariscimi dalla mia “febbre” di dominare sugli altri, di farmi servire. Dammi la tua libertà perché, guarito, io possa mettermi a servire i fratelli con gioia.

…MI IMPEGNACurerò la mia “febbre” di dominio sugli altri, prendendomi cura di loro soprattutto di quelli più fastidiosi.

Giovedì, 3 settembre 2020San Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa

Liturgia della Parola1Cor 3,18-23; Sal 23; Lc 5,1-11

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LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

…È MEDITATASperimentata la guarigione dal male, la liberazione dal nostro egoismo, Gesù ci associa alla sua missione. Pescare l’uomo e tirarlo fuori dall’acqua vuol dire farlo vivere. Solo chi ha sperimentato la vita può aiutare l’altro a vivere. “Va’ al largo e getta le reti”. Non si può restare a bordo per paura. Siamo chiamati ad andare molto al largo. A pescare in pieno giorno. Non dobbiamo avere paura di entrare nel mondo. Il mare è il simbolo del male, della perversità, dove si affoga. Il problema non è l’essere più o meno bravi ed esperti ma ascoltare la sua Parola. “E riempirono entrambe le barche fino quasi a sommergerle”. Risultato sovrabbondante, impensato e improbabile in pieno giorno, ma ottenuto proprio per l’obbedienza alla Parola. Ciò che è impossibile, può realizzarsi attraverso l’ascolto della Parola. Pietro si è rivolto a Gesù in due modi diversi: la prima volta ha chiamato Gesù Maestro, l’ultima volta Signore. C’è una grossa differenza. Il maestro è colui che m’insegna e poi mi lascia. Il Signore, invece, è Dio. È il mio Signore, colui che mi ha amato e ha dato se stesso per

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me. Quindi Gesù non è semplicemente colui che devo imitare, ma è il mio Signore, il centro della mia vita, colui che mi ama infinitamente, colui che amo; allora sì, tutto è possibile. “Non temere”. Nella Bibbia viene fuori circa 365 volte. Ciò significa che ogni giorno Dio si presenta e mi dice “Non temere”. “E seguirono lui”. Adesso comincia il cammino. Seguire Lui vuol dire fare lo stesso cammino, la stessa strada, le stesse scelte, lo stesso percorso ed è il cammino della vita, il cammino del Figlio che va incontro ai fratelli. È bello questo racconto perché ci fa capire come avviene il passaggio in noi, che già siamo credenti, dal fallimento di una vita spenta, senza risultato, a una vita piena. Questo brano è analogo al brano dell’annunciazione a Maria. “Sulla tua parola calerò le reti”. Questa parola diventa feconda. I nostri cuori, pieni di Gesù, traboccheranno amore e raggiungeranno molti.

…È PREGATASignore Gesù, quante volte mi sento stanco, frustrato! Desidero tanto essere umile e servizievole e invece mi ritrovo incapace, anche di un sorriso. Ti prego guariscimi! Fa’ che io mi abbandoni a te con fiducia. La tua parola “Non temere” mi spinga fuori dal mio io e mi lanci nel mare del servizio gioioso.

…MI IMPEGNAOgni giorno leggerò un breve brano del vangelo in atteggiamento di ascolto profondo di Gesù che mi parla.

Venerdì, 4 settembre 2020Santa Rosalia, vergine

Liturgia della Parola1Cor 4,1-5; Sal 36; Lc 5,33-39

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si

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adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

…È MEDITATAIn questo brano sono rappresentate le due forme di religiosità fondamentale: quella ancorata alla tradizione, al passato, e quella al futuro, più rivoluzionaria, che vuole le cose nuove e le sta aspettando. Il testo è tutta una contrapposizione tra i discepoli di Gesù e i discepoli di Giovanni e dei farisei, giocata su parole molto elementari e suggestive: mangiare e bere, digiunare e pregare, con o senza lo sposo, vestito nuovo o vecchio, vino nuovo o vecchio. Attraverso queste metafore molto semplici si esprime l’essenza del cristianesimo come gioia, come pienezza di vita. I discepoli mangiano e bevono come ad un banchetto di nozze. Le nozze tra Dio e l’uomo che si compiono per chi ascolta la Parola. Mangiare e bere nel Vangelo richiamano qualcosa di preciso: “Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo; prendete e bevete”. È l’Eucaristia. Il cristiano, qui e ora, nelle condizioni nelle quali si trova, di tutto e sempre fa Eucaristia, mangia e beve, tutto riceve come dono di Dio, tutto vive con lo Spirito di Dio, tutto in chiave eucaristica. Per cui la nostra vita è perpetua Eucaristia, perpetuo rendimento di grazie, qui e ora di ogni cosa. Del bene come dono, del male come perdono. Quindi è una vita ormai piena. La parola “Sposo” è la più bella definizione di Dio. Si spiega allora che il nostro mangiare e il nostro bere non sono un mangiare e bere qualunque, è un banchetto nuziale, perché lo sposo è con noi sempre (cf. Mt 28,20). “Quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno”. Il digiuno ha un forte significato religioso presso tutti i popoli. Mangiare vuol dire vivere, digiunare vuol dire morire. Il digiuno è un segno di accettazione del limite e della morte. Vuol dire che si riconosce che la vita ha un limite e lo si accetta: è un segno di sapienza. In quest’ottica, per prendere consapevolezza del nostro limite e della necessità di essere salvati, la chiesa ci chiede di digiunare il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo.

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…È PREGATASignore Gesù, perdonami! Non sempre vivo in maniera eucaristica, con atteggiamento grato e gioioso. Dimentico facilmente che tu sei sempre con me, che non solo ti sei fatto uomo ma addirittura ti sei fatto pane per starmi vicino, per rendere la mia vita gioiosa e bella. Fa’ che io mangi del tuo pane e diventi anch’io pane che si dona agli altri.

…MI IMPEGNARenderò grazie per ogni cosa. Desidero che la mia vita sia una perenne Eucaristia.

Sabato, 5 settembre 2020Santa Teresa di Calcutta, religiosa

Liturgia della Parola1Cor 4,6-15; Sal 144; Lc 6,1-5

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

…È MEDITATALa scena si svolge di sabato: Gesù cammina fra i campi di grano maturo. Il campo di grano garantisce la vita al contadino. Gesù è il campo che garantisce la vita in assoluto. In Lui la terra ha dato il suo frutto; mentre Lui passa, la terra fiorisce. Infatti è passato sulla terra facendo del bene a tutti e dando alla terra il frutto: l’amore di Dio e del prossimo. I discepoli sfregano e mangiano le spighe. Se Gesù è come il campo di grano, i discepoli mangiano il Signore del sabato. Di cosa vive il discepolo? Vive di Gesù. Mangia, assimila, interiorizza, vive, ama Gesù. Uno vive di ciò che mangia. Chi ama, vive di ciò che ama. Chi mangia Gesù diventa Gesù. I farisei, persone bravissime, si trovano sempre dappertutto, sono sempre tra i piedi e criticano tutti gli altri. Spuntano

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dovunque: in casa, nei prati, nel deserto, pronti a fare un’obiezione: “perché fate ciò che non è lecito di sabato?” Il principio del lecito e dell’illecito è la vita dell’uomo. Ciò che favorisce la vita è lecito, ciò che è contro è illecito. Non esiste un dovere superiore alla vita e all’amore. Dio non proibisce niente. Ci proibisce solo ciò che ci fa male. E se ci facciamo male, è medico, non giustiziere. È sposo. È Colui che dà il cibo. È il nostro cibo, il nostro alimento, la nostra vita. Dio vieta solo ciò che dà morte: l’egoismo, l’auto-accentramento, il volere avere tutto in mano, il voler servire se stessi, il non accettare di essere figli, il non accettare di essere fratelli, il voler essere padroni del mondo. Ciò che ci dà la morte è vietato. Dio vieta solo la morte, non la vita. La vita fondata sul lecito o illecito, invece che sull’amore e il perdono di Dio, è veramente una vita impostata male, meschina, dominata dalla paura, ossessionata dai divieti. Abbiamo tutti dentro questo fariseo da combattere. “Entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni”. Entrare nella casa di Dio, prendere il pane, mangiare, dare a quelli insieme a lui. Richiama l’Eucarestia, che è il cibo del nostro “sabato”, è Dio stesso che si dona come cibo all’uomo: di questo vive l’uomo nuovo. Di Colui che è il Figlio dell’uomo che perdona i peccati, che mangia con i peccatori, che è il medico, che è lo sposo, che è il vestito, che è il vino e il cibo: dona tutto se stesso. Vivere di Lui è l’essenza del Vangelo: da questo si capisce ciò che è lecito e ciò che non è lecito, qual è la fame dell’uomo e come mai il Figlio dell’uomo è Signore del sabato. Per “Figlio dell’uomo” s’intende Gesù, il Signore. Ma anche ogni uomo, ormai, è signore del sabato, perché viviamo ormai della festa, della pienezza di vita. Il fatto che per noi il sabato è la domenica, che è il primo giorno della settimana, mentre il sabato è l’ultimo, vuol dire che noi viviamo sempre nella festa, già dal primo giorno della settimana, perché ormai viviamo in comunione con il Signore del sabato.

“Che oggi ci possa essere la pace dentro te.Che tu possa credere nel tuo più alto potere: che tu ora ti trovi esattamente nel posto in cui

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il tuo destino voleva tu fossi. Che tu possa sempre tenere a mentele infinite possibilità che nascono dalla fede.Che tu possa usare i doni che hai ricevuto,e trasmettere l’amore che ti è stato dato...Possa tu essere sempre contento di saperedi essere figlio di Dio...Lascia che questa presenza si radichi nelle tue ossa,e consenti alla tua anima di cantare la libertà,di danzare, di glorificare, e amare.È là (nel tabernacolo) per ciascuno di voi!”

Santa Teresa di Calcutta…È PREGATA

Signore Gesù, grazie per aver voluto restare tra noi nell’Eucaristia. Io dimentico con facilità che tu sei prigioniero di amore nel tabernacolo e magari da lungo tempo non vengo neanche a farti una visita. Attirami con forza a te affinché io desideri e cerchi la tua compagnia e tutto sarà meno faticoso.

…MI IMPEGNAFarò, con più frequenza, una visita a Gesù, presente nel tabernacolo.

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