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Permanente di archeologia a)Periodo indigeno – ritrovamenti principali La stipe Filera: Protome femminile – VI sec. a.C. Rinvenuta in contrada Filera di Garaguso insieme alla dea e al tempietto, costituisce un’offerta votiva alla divinità. Il colore e la qualità dell’argilla sono chiari indizi di produzione locale, avvenuta presumibilmente su matrici il cui apparato iconografico è, tuttavia, magnogreco. Le aree sacre di Garaguso hanno restituito numerosi ex voto fittili che raffigurano divinità femminili legate al culto delle acque e, inoltre, divinità maschili connesse alla guerra.

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Permanente di archeologia

a)Periodo indigeno – ritrovamenti principali

La stipe Filera:

Protome femminile – VI sec. a.C.

Rinvenuta in contrada Filera di Garaguso insieme alla dea e al tempietto, costituisce

un’offerta votiva alla divinità. Il colore e la qualità dell’argilla sono chiari indizi di produzione

locale, avvenuta presumibilmente su matrici il cui apparato iconografico è, tuttavia,

magnogreco. Le aree sacre di Garaguso hanno restituito numerosi ex voto fittili che

raffigurano divinità femminili legate al culto delle acque e, inoltre, divinità maschili connesse

alla guerra.

Il tempietto e la dea di Garaguso – 480-470 a. C.

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A Garaguso (Matera) agli inizi del Novecento gli scavi portano alla luce l’antico abitato

arcaico e la relativa necropoli in contrada Filera.

La grande varietà di doni offerti nelle aree sacre era depositata in fosse scavate all’interno

del perimetro del santuario, con oggetti spezzati per motivi rituali.

Il modellino del tempio con la statuetta femminile in marmo, protomi femminili, statuette

femminili sedute con chitòn ionico o peplo dorico, ed una statuetta di ragazzo accovacciato

appartengono ad una stipe votiva databile VI secolo a.C.

Tali offerte costituiscono la testimonianza più interessante della cultura religiosa locale:

l’abbondanza di statuine votive in terracotta, che raffigurano, alternativamente, divinità e

devote offerenti, dipende dal loro basso costo. Gli oggetti sono, infatti, prodotti in loco, ma

plasmati su matrici chiaramente magnogreche, achee in particolare. L’organizzazione

religiosa indigena, si rivela dunque aperta a influssi ellenici sin dalla fase arcaica, come

dimostra la tipologia degli oggetti offerti nei santuari. Le terrecotte figurate rappresentano, in

tal senso, l’influenza e i contatti tra la realtà indigena e il mondo coloniale magnogreco.

La statuetta della “dea” è stata ritrovata nei primi decenni del Novecento a Garaguso,

insieme al modellino del tempio e ad alcune statuette fittili. L’esemplare, in marmo

alabastrino, raffigura una donna seduta in trono in posizione ieratica, vestita di chitone (lunga

veste con panneggio a pieghe verticali) ed himation (mantello), i cui lembi scendono lungo le

braccia ricadendo ai lati del trono in morbide pieghe trasversali. Il capo è coronato da un

diadema, da cui fuoriescono le grosse e morbide ciocche della capigliatura. Le braccia,

serrate al corpo, sono protese, con le mani sulle ginocchia nell’atto di reggere un oggetto,

non rinvenuto.

L’iconografia e la resa stilistica sono tipiche dello stile severo magnogreco ma risentono

dell’influenza dell’ambiente ionico-insulare. L’opera è databile 480-470 a.C. e attribuibile ad

ambiente metapontino, in considerazione dell’alta specializzazione delle maestranze del

luogo nella scultura in marmo. La statua è ideologicamente e strutturalmente legata ad un

modellino di tempio in marmo (lunghezza cm. 51; altezza cm. 42; larghezza cm. 36), ricavato

da un blocco monolitico di colore grigiastro. La struttura del tempietto si presenta

rettangolare, in antis, con copertura a doppio spiovente definita agli spigoli da acroteri

laterali. La fronte ha un’apertura centrale di forma rettangolare con gradino, sovrastata da

una piccola cornice a gola e inquadrata da due pilastrini d’anta sporgenti. Su questi poggia la

trabeazione liscia sormontata dal frontone. I lati lunghi si presentano come lastre lisce. Poche

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tracce superstiti di colore rivelano un raffinato uso della policromia. La localizzazione della

stipe, a poca distanza dall’abitato e nei pressi di una fonte, fa ipotizzare la presenza di un

santuario campestre connesso con le vicine sorgenti d’acqua: il gruppo scultoreo può essere

interpretato come una riproposizione in formato ridotto della divinità venerata in quel

santuario (Demetra o Persefone) e del suo tempio e, in quanto tale, potrebbe essere stato

offerto a tale dea dai coloni di Metaponto.

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Fregio dei cavalieri da Braida di Vaglio VI sec. a.C.

L’edificio di Braida era decorato da lastre in terracotta con rilievo a stampo, in cui più volte si

ripete lo schema iconografico della monomachia: due opliti si affrontano a duello e sono tra

loro simmetricamente contrapposti. Ciascuno dei due, con elmo corinzio crestato, scudo

circolare e lancia, è seguito da un palafreniere a cavallo che ne conduce per le briglie un

altro. I profili dei due opliti e i loro occhi, di prospetto alla maniera arcaica, spiccano nella

composizione, così come ampio risalto è dato alla perfetta simmetria dei due palafrenieri, in

chitonisco e gonnellino, con coroncina di riccioli sulla fronte e folta chioma ricadente sugli

omeri, profilo aguzzo e occhi a mandorla resi sempre di prospetto. Una composizione sobria

ed equilibrata, eseguita probabilmente da figuli metapontini al principio del VI secolo e voluta,

si pensa, da una committenza indigena di alto rango che si identifica fortemente con il mondo

degli eroi dell’epos ellenico.

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Antefisse da Serra di Vaglio VI a.C.

Nell’edilizia pubblica, sacra e privata di Serra di Vaglio viene fatto largo uso di antefisse che

seguono i modelli metapontini nei profili, moduli e motivi decorativi, a testimonianza della

recezione e dell’immediata adozione del modello greco di decorazione dei tetti per mezzo di

terrecotte policrome. I ritrovamenti di Serra rivelano, inoltre, l’elaborazione locale di tali

terrecotte e l’uso di tipologie etrusco-campane. La produzione risulta notevole per quantità e

ricchezza, inizia già nel corso del VI sec. a.C. e si intensifica sensibilmente nel secolo

successivo, quando sono riconoscibili almeno dodici diverse tipologie di antefisse

gorgoniche. Di forma circolare o a lastra semicircolare, raffigurano volti di gorgoni che

rivelano la commistione di elementi iconografici greci ed indigeni. Oltre alla raffigurazione

della protome gorgonica, di ascendenza metapontina, è presente un tipo a testa femminile

con chioma a trecce perlinate, iscritta in una cornice sbaccellata, che corrisponde ad un

modello etrusco-campano diffuso negli ultimi anni del VI

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Finds from Garaguso:

The Filera votive deposit:

Female bust – VI century BC

Found in the Filera district of Garaguso together with the goddess and the little temple, the bust is

a votive offering to the deity. The color and quality of the clay are clear signs of local production: it

has presumably been done through matrices whose iconography is typical of Magna Graecia. The

sacred areas of Garaguso have yielded numerous clay ex-voto depicting female deities connected

with the cult of waters and also male gods related to the war.

The Temple and the Goddess from Garaguso - 480-470 BC

At Garaguso (Matera) in the beginning of the 20th century excavations brought to light the ancient

archaic settlement and its cemetery in the Filera district. The great variety of gifts offered in the

sacred areas was deposited in pits dug within the perimeter of the sanctuary. These deposits

contained also many objects that had been broken for ritual reasons. The small model of a temple

and its marble female figurine, female busts, female statuettes wearing Ionic chiton or Doric

peplum, and a statuette of a crouching boy belong to a votive deposit datable VI century BC.

These offerings are the most interesting evidence of the indigenous cults: the abundance of votive

terracotta figurines, alternately representing deities and devotees, depends on their low cost. The

items are produced in situ, but they’re clearly modeled on Greek matrices, specifically Achaean.

The indigenous religious organization, is open to Hellenic influences already from the Archaic

period, as evidenced by the type of items offered in the shrines. In this respect, the terracotta

figures testify the contacts between the indigenous populations and the colonies. The statue of the

"goddess" has been found in the first decades of the 20 th century at Garaguso, along with the

model of the temple and some clay figurines. The alabaster marble statuette depicts a woman

seated on a throne in hieratic position, dressed in chiton (long dress hanging in loose folds) and

himation (mantle usually worn over the chiton), whose pleats fall gently on her arms and on the

sides of the throne. The head is crowned by a diadem, from which big and soft curls spout. Her

arms are tight to the body and stretched, hands on her knees in the act of holding an object that

hasn’t been found along with her. The iconography and style come clearly from Magna Graecia but

a slight influence of Ionic islands severe style is also perceptible. The work is datable 480-470 BC

and attributable to Metapontum workshops, considering the high specialization of the local

sculptors in carving marble. The statue is ideologically and structurally related to a small model of a

temple (length cm. 51; height cm. 42; width cm. 36), obtained from a monolithic grayish block of

marble. The structure of the temple is rectangular, in antis, with a double gabled roof featuring

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acroteria at the apices of the pediment. The front side has a central rectangular stepped opening,

topped by a small frame and surrounded by two protruding columns, on which is based the smooth

entablature, surmounted by the pediment. The long sides are plain surfaces. Few surviving color

traces indicate a refined polychromy. The location of the deposit, not so far from the town and

close to a spring, suggests the presence of a rural sanctuary connected with the nearby water

springs: the sculptural group may be interpreted as a small-scale model of the worshipped

goddess (Demeter or Persephone) and her temple. They might have been offered to the Garaguso

deity by the inhabitants of Metaponto.

Braida and Serra di Vaglio: space organization, sepulchres, dwellings

The old village is located to the East of Potenza (at a distance of about 12 km), on top of Serra San

Bernardo, a plateau-shaped ridge that gently slopes with cliffs and terraces on the eastern side, up

till the Braida plain. The site enjoys a strategic position: the hill is, in fact, the confluence point of

several roads that connect inner Lucania and the Tyrrhenian and Ionian coasts. Lying on the

highest peak of all the hills arranged along the Bradano and Basento rivers, the site overlooks the

surrounding mountains and plains, controlling trade flows. The first traces of human presence date

back to the late Iron Age, as evidenced by the abundant "curtain" pottery (late VIII – VII century

BC) which has been found, by circular base dwellings with low skirting board made of stones and

inner cobblestone floor, by the nearby enchytrismos burials and tombs found elsewhere, which

consist of simple pits surrounded by a circuit of stones where the corpse is huddled up. The tombs

reveal a socio-economic differentiation within the community. From the late VII century Vaglio

reacts to the changes occurring on the coast after the foundation of Metaponto with the

construction, instead of the former village of huts, of a more complez settlement, as testified by a

number of Metapontum-style architectural terracottas produced in situ. The space is organized in a

more regular way with the creation of a central road axis, paved in the V century, with which the

newly-built dwellings align themselves. At the same time (early VI century BC) the Braida complex

is built in a nearby and less high district, situated at the convergence point of many roads that link it

with the indigenous neighbours, the Apulian area and the Tyrrhenian and Ionian coasts. The

archaeological excavations have discovered a paved area bordered by a row of semi-squared

blocks - it was probably a porch - on which stands a little building with stone foundations, an

elevation made of perishable materials and Greek-style wooden roof. The complex seems to be a

meeting and exchange place, controlled by an élite that fully identifies itself with the Greek models,

as evidenced by the clay frieze depicting hoplites in combat. The trades are supervised by

indigenous high rank representatives (basileis) and perhaps enjoy the protection of a deity. At

Braida, in 1994, were also found extremely rich tombs dating late VI and middle V century BC: they

are pit graves with a wooden box and a curled up corpse inside, once covered by cairns of stones

and containing precious outfits. Argive embossed shields and prometopidia (elements of horse

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harness) appear in male equipements; similarly, female outfits exhibit their wealth through golden

jewels that sometimes are unique (as for the diadem and the braid-clip from Tomb 102). The

complex of Braida, abandoned in the middle VI century BC, is probably relocated in the eastern

area of the town, where there are remains of large white paving stones. Here the structure keeps

its civil and sacred functions until the III century BC. The movement of Italic populations, the

establishment of Lucans at Posidonia and the sudden interruption of Metaponto’s influence are the

main factors causing Vaglio, in the II half of the IV century, to edificate many new small housing

units, which cancel the previous ones. The tendency to intensively use the plateau is clearly-

visible: the houses, almost all uniform in structure, have a warehouse and a kitchen with a fireplace

(as the so-called "House of Pithoi" attests). The town loses its features and conforms with the other

indigenous centers such as Oppido Lucano, Pomarico Vecchio, Montescaglioso, that are

carachterized by regular urban plants and small lined up houses overlooking perpendicular roads.

A new aggregation place is built: a sanctuary, located in the Madonna di Rossano district, comes

to life in the II half of the IV century BC and is dedicated to a Lucan goddess related to the healing

power of the sources, Mefitis.

Finds:

Frieze of the Horsemen from Braida di Vaglio - VI century BC

The palace of Braida was decorated with terracotta embossed slabs, on which the iconography of

monomachy was repeated: two symmetrically opposed hoplites are clashing. Each one, featuring a

Corinthian crested helmet, a round shield and a spear, is followed by a groom on horseback

reining also another horse. The profiles of the two hoplites and their eyes, depicted full face in the

archaic style, are as prominent in the composition as the perfect symmetry of the two grooms, in

chitoniskos and skirt, with a crown of curls on his forehead, bushy hair falling on their shoulders,

sharp profile and full face almond eyes. A sober and balanced composition, probably made by

craftsmen from Metapontum at the beginning of the VI century and probably commissioned by

indigenous high rank individuals who strongly identify themselves with epic heroes of Greece.

Antefixes from Serra di Vaglio - VI century BC

Serra di Vaglio public, sacred and private buildings feature many terracotta antefixes which follow

Metapontum profiles, forms and decorative patterns, as a result of the full reception and immediate

adoption of the Greek practice of decorating the roofs with polychrome pottery. The findings from

Serra also show a local processing of these types and a taste for Etruscan-Campanian pottery

patterns as well. The production is considerably abundant and rich: it begins in the VI century BC

and becomes intense in the next century, when at least twelve different types of gorgoneia can be

distinguished. Circular or semicircular in shape, the antefixes depict Gorgons that reveal the

mixture of Greek and indigenous iconography. In addition to the Metapontum-style gorgoneion,

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quite widespread is a female head with bead braids, surrounded by a protruding frame, which

corresponds to an Etruscan-Campanian late VI century model.

Finds from Serra del Carpine - Cancellara: necropolis and burial kits.

Cancellara lies on the peak of a hill in the Serra del Carpine district: it is an uneven plateau, difficult

to get to, with a single passage in the Northeast through which the Acropolis can be reached. The

site location is strategic and makes it one of the major strongholds of Basilicata, along with Serra di

Vaglio, Civita di Tricarico, Torretta di Pietragalla and Oppido Lucano: the location allows the

inhabitants to control the valleys of Bradano and Basento rivers. As for Serra di Vaglio, Cozzo

Presepe and Satriano, Cancellara features a defensive aggere circuit (to the West) datable early VI

century BC, which surrounds not only the town but also the necropolis. The latter, discovered by

Francesco Rinaldi in the '60s, consists of over thirty graves (end VI century), dug into the

sandstone at a short distance from each other, not aligned and without any brick or stone roofs.

Not even the skeletons, placed on the left side in crouched position, show a uniform orientation.

Kits are homogeneous and consist essentially of local subgeometric pottery, achromatic or two-

coloured, associated with a single piece of import, a vase painted black, probably considered the

most precious item and therefore located near the right hand of the deceased, brought upwards

towards his face. Other objects are jars (ollae), jugs, dippers, askoi, all closely related to burials.

The olla, in particular, which is always present in these funerary kits, seems to be linked to the

indigenous religious practice and to have a symbolic value at the same time: its function of

container for solid or liquid food emphasizes the wealth that had been hoarded by the deceased;

jars also prove that these populations have already assimilated the Greek lifestyle. Excavations

conducted in 1966 by the Archaeological Superintendence of Basilicata, lead to the discovery of a

necropolis which occupies most of the plateau (middle VI – middle V century BC) which once again

consists in pit tombs with curled up corpses; in 1972 the archaeologists bring to light a necropolis

within the defensive circuit (early VI century BC), whose tombs feature bodies in fetal position and

are constantly oriented N-S.

Il Mondo Indigeno tra VII e VI secolo a.C.

Nel VII secolo a.C. le popolazioni indigene della nostra regione entrano in contatto con le colonie greche e tale incontro determina una graduale trasformazione degli abitati, degli usi e costumi delle popolazioni, dei beni

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che si producono e si vendono. Le trasformazioni avvenute sono leggibili attraverso gli oggetti d’uso quotidiano, i corredi tombali, i doni offerti alle divinità, i materiali impiegati sia nella costruzione sia nella decorazione degli edifici.

I centri indigeni più prossimi alla fascia costiera vengono rapidamente assorbiti nella sfera culturale e politica delle colonie, mentre quelli dell’interno, pur mantenendo una loro autonomia politica, sono più o meno rapidamente interessati dalla penetrazione commerciale greca lungo le vallate fluviali. Una diffusa rete di scambi, in particolare con Metaponto, consente, inoltre, la ricezione da parte delle comunità anelleniche di usi quotidiani e modelli culturali di matrice ellenica. Lo attesta la situazione di centri come Garaguso, Serra di Vaglio, Serra del Carpine di Cancellara e Torre di Satriano.

Le aristocrazie indigene adottano rituali e costumi greci e aderiscono alle pratiche del banchetto e del simposio (consumo collettivo di carni arrostite e vino), uso documentato dalla composizione dei corredi tombali, caratterizzati dalla presenza di spiedi e alari, dell’oinochoe (brocca per la mescita del vino), della coppa per bere, e più tardi del cratere.

Nelle tombe femminili l’indizio più evidente dell’appartenenza all’aristocrazia è rappresentato dalle ricche parures di monili e dalla complessità delle acconciature e delle vesti, ricoperte di metallo, osso e ambra. In età classica il processo di acculturazione compie un salto di qualità sia riguardo agli atteggiamenti ideologici, sia sotto il profilo delle pratiche religiose.

Serra e Braida di Vaglio: l’organizzazione dello spazio, i sepolcri, le abitazioni.

L’antico abitato si trova a circa 12 km ad Est di Potenza, sulla sommità di Serra San Bernardo, un pianoro a forma di sperone che degrada sul lato

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orientale, attraverso balze e terrazze, fino alla piana Braida. Il sito gode di una posizione geografica strategica: la collina è, infatti, punto di confluenza di numerose vie che mettono in comunicazione la Lucania interna con le coste ionica e tirrenica. Essendo, inoltre, il punto più elevato di una serie di colline disposte lungo il corso del Bradano e del Basento, sovrasta le cime e le piane circostanti, controllandone i flussi commerciali. Le prime tracce di antropizzazione risalgono all’età del Ferro inoltrata, come attesta l’abbondante ceramica “a tenda” (fine VIII-VII secolo a.C.) emersa durante le campagne di scavo, strutture abitative a pianta circolare con zoccolo basso in pietre e acciottolato interno, vicine sepolture a enchytrismos e altre tombe rinvenute in altre zone e costituite da semplici fosse circondate da un circolo in pietre con cadavere rannicchiato. I corredi tombali rivelano già una differenziazione socio-economica all’interno della comunità. A partire dalla fine del VII secolo Vaglio reagisce alle trasformazioni avvenute sulla costa in seguito alla fondazione di Metaponto con la costruzione, in luogo del precedente villaggio di capanne, di un abitato più complesso, documentato da una serie di terrecotte architettoniche di tipo metapontino, ma prodotte in loco. Lo spazio viene organizzato in maniera più regolare con la creazione di un asse viario centrale, pavimentato più tardi (V sec), cui si allineano le nuove strutture abitative. Contemporaneamente (primi anni VI sec. a.C.) viene costruito il complesso di Braida, in una contrada non distante e meno elevata, situata nel punto di convergenza di numerose strade che la collegano con i centri indigeni vicini, con l’area apula e con le coste ioniche e tirrenica.

Lo scavo archeologico ha messo in luce un’area pavimentata e delimitata da un filare di blocchi semisquadrati - si trattava, probabilmente, di un portico - su cui sorge un piccolo edificio con fondazioni in pietra, elevato in materiale deperibile e copertura lignea di tipo greco.

Il complesso sembra costituire un luogo di incontro, sosta e scambio ideale, controllato da una élite emergente che si identifica appieno con il modello greco, come attesta la decorazione fittile che raffigura opliti in combattimento. I traffici avvengono qui grazie alla mediazione di esponenti indigeni di rango (basileis) e forse sotto la protezione di una divinità.

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In località Braida, nel 1994, sono state rinvenute anche tombe, databili tra la fine del VI e la metà del V sec a.C., straordinariamente ricche: sono sepolcri a fossa con cassa di legno e defunto in posizione rannicchiata, originariamente coperti da tumuli di pietre, dotati di preziosi corredi. Scudi “argivi” decorati a sbalzo e prometopidia (elementi della bardatura dei cavalli) figurano nei corredi maschili; le tombe femminili esibiscono analoga ricchezza attraverso monili in oro che in alcuni casi sono degli unica (come il diadema e i fermatrecce della tomba 102). Il complesso di Braida, abbandonato intorno alla metà del VI a.C., viene verosimilmente riproposto nella zona orientale dell’abitato, che presenta resti di un’area lastricata a larghi basoli bianchi. Qui la struttura conserva la sua funzione pubblica e sacra fino alla metà del III secolo a.C. Il movimento delle genti italiche, la lucanizzazione di Posidonia e l’improvvisa interruzione dell’influenza di Metaponto sono i fattori principali di una crisi che conduce Vaglio, nella seconda metà del IV secolo, ad un nuovo momento edilizio, in cui si assiste alla costruzione di una trama di piccole unità abitative che annulla quelle precedenti. È evidente la tendenza ad utilizzare in maniera intensiva il pianoro: le abitazioni, quasi tutte uniformi nella struttura, dispongono di un vano-deposito e di un vano-cucina con focolare (la cd. “casa dei pithoi” ne è la prova). L’abitato perde così i caratteri di specificità che lo hanno contraddistinto e si uniforma a centri indigeni come Oppido Lucano, Pomarico Vecchio, Montescaglioso, tutti dotati di impianti urbani regolari con piccole abitazioni allineate ed affacciate su assi viari perpendicolari. Sorge, inoltre, un nuovo centro politico e di aggregazione sociale: un santuario, sito in contrada Madonna di Rossano, è edificato nella seconda metà del IV e dedicato ad una divinità lucana legata alle sorgenti, la dea Mefite.

Ritrovamenti di Serra del Carpine - Cancellara: la necropoli e i corredi funerari.

Il sito di Cancellara occupa la sommità di un’altura in contrada Serra del Carpine: si tratta di un pianoro accidentato e difficilmente accessibile, con

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un unico passaggio a Nord-Est che consente di raggiungere l’acropoli. La posizione del sito è strategica e ne fece una delle maggiori roccaforti lucane, insieme a Serra di Vaglio, Civita di Tricarico, Torretta di Pietragalla e Oppido Lucano: l’ubicazione garantisce, infatti, il controllo delle valli del Bradano e del Basento. Come Serra di Vaglio, Cozzo Presepe e Satriano, anche l’insediamento di Cancellara è caratterizzato da una struttura difensiva ad aggere (ad Ovest) databile inizi VI secolo a.C., che circoscrive non soltanto l’abitato, ma anche la necropoli. Quest’ultima, scoperta dal direttore Francesco Ranaldi negli anni ’60, consta di oltre trenta tombe a fossa terragna databili fine VI a.C., scavate nell’arenaria a breve distanza l’una dall’altra e prive sia di una copertura in laterizio o in pietra, sia di un allineamento comune. Nemmeno gli scheletri, deposti sul fianco sinistro in posizione rannicchiata, hanno un orientamento uniforme. I corredi sono omogenei e costituiti sostanzialmente da ceramica locale acroma o a decorazione subgeometrica bicroma, associata ad un unico esemplare di importazione, un vaso a vernice nera, considerato probabilmente l’oggetto più prezioso e pertanto collocato nei pressi della mano destra del defunto, portata in alto verso il volto. Gli altri oggetti sono olle, brocchette, attingitoi, askoi, forme strettamente legate al rituale funebre. L’olla, in particolare, sempre presente all’interno dei corredi, sembra essere connessa a pratiche cultuali indigene e, al contempo, avere valore simbolico: la sua funzione pratica di contenitore per alimenti, solidi o liquidi che fossero, sottolinea l’accumulo di ricchezza da parte del defunto e l’assunzione di un modello di vita attinto al mondo greco.

Gli scavi condotti nel 1966 dalla Soprintendenza Archeologica di Basilicata, portano alla scoperta di una necropoli che occupa gran parte del pianoro, databile dalla metà del VI alla metà del V secolo a.C.: si tratta ancora una volta di tombe a fossa al cui interno il cadavere è posto in posizione rannicchiata; nel 1972 l’attività di scavo porta alla luce una necropoli compresa nel circuito difensivo (inizi VI sec.), le cui sepolture sono sempre caratterizzate da deposizione fetale, ma hanno orientamento costante N-S.

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The indigenous world between VII and VI centuries BC

In the VII century BC the indigenous populations of Basilicata region get in touch with the Greek colonies, and this contact leads to a gradual transformation of villages, customs, traditions, and of the consumer goods as well. The transformations are recognizable through the everyday life objects, the burial furnishings, the gifts to the gods and the materials used to construct and decorate the buildings. The indigenous villages lying closer to the coast are rapidly absorbed into the cultural and political sphere of the colonies; the inner centers, while keeping their political autonomy, are more or less quickly affected by the Greek trade penetration along the river valleys. A widespread exchange network, especially between the indigenous and Metapontum, causes the non-hellenic communities to take Hellenic everyday life uses and cultural patterns. This is confirmed by the archaeological evidence from Garaguso, Serra di Vaglio, Serra del Carpine (Cancellara) and Torre di Satriano. The indigenous aristocracies adopt Greek rituals and customs and adhere to the practice of banquet and symposium (collective consumption of roast meat and wine), according to the composition of burial sets, featuring spits, andirons, oinochoai (wine jugs), drinking cups, and later kraters. In the female tombs the clearest sign of aristocratic ranking consists in rich parures, very elaborate hairstyles and clothes covered with precious metals, bones and amber. In the Classical period the acculturation process takes a quantum leap with regard both to ideological attitudes, and to religious practice.

Braida and Serra di Vaglio: space organization, sepulchres, dwellings

The old village is located to the East of Potenza (at a distance of about 12 km), on top of Serra San Bernardo, a plateau-shaped ridge that gently slopes with cliffs and terraces on the eastern side, up till the Braida plain. The site enjoys a strategic position: the hill is, in fact, the confluence point of several roads that connect inner Lucania and the Tyrrhenian and Ionian coasts. Lying on the highest peak of all the hills arranged along the Bradano and Basento rivers, the site overlooks the surrounding mountains and plains, controlling trade flows. The first traces of human presence date back to the late Iron Age, as evidenced by the abundant "curtain" pottery (late VIII – VII century BC) which has been found, by circular base dwellings with low skirting board made of stones and inner cobblestone floor, by the nearby enchytrismos burials and tombs found elsewhere, which consist of simple pits surrounded by a circuit of stones where the corpse is huddled up. The tombs reveal a socio-economic differentiation within the community. From the late VII century Vaglio reacts to the changes occurring on the coast after the foundation of Metaponto with the construction, instead of the former village of huts, of a more complez settlement,

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as testified by a number of Metapontum-style architectural terracottas produced in situ. The space is organized in a more regular way with the creation of a central road axis, paved in the V century, with which the newly-built dwellings align themselves. At the same time (early VI century BC) the Braida complex is built in a nearby and less high district, situated at the convergence point of many roads that link it with the indigenous neighbours, the Apulian area and the Tyrrhenian and Ionian coasts. The archaeological excavations have discovered a paved area bordered by a row of semi-squared blocks - it was probably a porch - on which stands a little building with stone foundations, an elevation made of perishable materials and Greek-style wooden roof. The complex seems to be a meeting and exchange place, controlled by an élite that fully identifies itself with the Greek models, as evidenced by the clay frieze depicting hoplites in combat. The trades are supervised by indigenous high rank representatives (basileis) and perhaps enjoy the protection of a deity. At Braida, in 1994, were also found extremely rich tombs dating late VI and middle V century BC: they are pit graves with a wooden box and a curled up corpse inside, once covered by cairns of stones and containing precious outfits. Argive embossed shields and prometopidia (elements of horse harness) appear in male equipements; similarly, female outfits exhibit their wealth through golden jewels that sometimes are unique (as for the diadem and the braid-clip from Tomb 102). The complex of Braida, abandoned in the middle VI century BC, is probably relocated in the eastern area of the town, where there are remains of large white paving stones. Here the structure keeps its civil and sacred functions until the III century BC. The movement of Italic populations, the establishment of Lucans at Posidonia and the sudden interruption of Metaponto’s influence are the main factors causing Vaglio, in the II half of the IV century, to edificate many new small housing units, which cancel the previous ones. The tendency to intensively use the plateau is clearly-visible: the houses, almost all uniform in structure, have a warehouse and a kitchen with a fireplace (as the so-called "House of Pithoi" attests). The town loses its features and conforms with the other indigenous centers such as Oppido Lucano, Pomarico Vecchio, Montescaglioso, that are carachterized by regular urban plants and small lined up houses overlooking perpendicular roads. A new aggregation place is built: a sanctuary, located in the Madonna di Rossano district, comes to life in the II half of the IV century BC and is dedicated to a Lucan goddess related to the healing power of the sources, Mefitis.

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Le monde indigène entre VIIe et VIe siècle avant JC

Dans le VIIème siècle avant J.C. les populations autochtones de notre région sont en contact avec les colonies grecques, et cette rencontre donne lieu à une progressive transformation des villages, des usages et coutumes des populations, des biens qui sont produits et vendus.

On peut lire les changements à travers des objets quotidiens, les trousseaux funéraires, les cadeaux donné aux dieux, les matériaux utilisés pour la construction de bâtiments et pour leur décoration.

Les centres autochtones près de la côte sont rapidement absorbés par le domaine culturel et politique des colonies, tandis que les centres plus à l’intérieur, tout en conservant leur autonomie politique, sont plus ou moins rapidement touchés par la pénétration du commerce grec le long des vallées fluviales.

Un diffus réseau d'échanges, surtout avec Metaponto, permet aussi la réception par les communautés anhelleniques d'usages et d’habitudes culturelles de matrice Grèce. C’est attesté par la situation des centres comme Garaguso, Serra di Vaglio, Serra del Carpine, Cancellara et Torre di Satriano.

Les aristocraties autochtones adoptent les rituels et les coutumes des grecs et adhérent aux pratiques du banquet et du symposium (consommation collective de viande rôtie et vin). Cet usage est documenté par la composition des trousseaux des tombes, caractérisés par la présence de chenets et broches, de l'oinochoe (pots pour verser le vin), de la coupe à boire, et plus tard du cratère.

Dans les tombes féminines, le signe le plus clair de l'appartenance à l'aristocratie est représenté par des riches parures de bijoux et par la complexité des coiffures et des vêtements, recouverts de métal, os et ambre.

Pendant l’époque classique le processus de l'acculturation améliore pour ce qui concerne les attitudes idéologiques et les pratiques religieuses.

Serra et Braida près Vaglio

La vieille ville est située à environ 12 km à l'est de Potenza, au-dessus de Serra San Bernardo, un plateau en forme d’éperon qui descend sur le versant oriental, à

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travers escarpements et terrasses, jusqu’à la plaine de Braida. Le site bénéficie d'une position géographique stratégique, la colline est, en effet, le point de confluence de plusieurs routes qui mettent en communication la Lucanie intérieure avec les côtes Ionienne et Tyrrhénienne. Étant le point culminant d'une série de collines disposées le long du cours du Bradano et du Basento, il domine les montagnes et les plaines adjacentes, donc il contrôle les flux commerciaux.

Les premières traces de présence humaine remontent à de l'Age du Fer avancée, en effet il y a plusieures pièces en céramique "à rideau" (fin du VIII-VII a. JC) émergées au cours des fouilles, il y a aussi des habitation à base circulaire avec un socle bas en pierres et un pavés interne, pas loin des sépultures à enchytrismos et d'autres tombes découvertes plus loin constituées par de simples fosses entourées d'un cercle de pierres avec le corps recroquevillés. Le contenu des tombes a révélé une différenciation socio-économique au sein de la communauté. De la fin du VIIe siècle Vaglio réagit aux changements qui se produisent sur la côte après la fondation de Metaponto avec la construction, au lieu de l'ancien village de cabanes, d'un centre habité plus complexe, documenté par un certain nombre de terres cuites architecturales de type Metapontino, mais produites localement.

L'espace est organisé en manière plus régulière avec la création d'un réseau routier central, pavé plus tard (Vème siècle), bordée de nouveaux logements. Dans le même temps (début du VIème siècle avant JC.) le complexe de Braida est construit dans un quartier pas très loin et moins haut, situé au point de convergence de nombreuses routes qui relient le centre avec les autres voisins autochtones, avec la région de l’Apulie et avec les côtes Ionienne et Tyrrhénienne. Les fouilles archéologiques ont révélée une zone pavée et bordée par une rangée de blocs demi carrés - c'est probablement un portique - sur laquelle se dresse un petit bâtiment avec des fondations en pierre, élevé en matériaux périssables et avec un toit en bois de type grecque.

Il semble un idéal lieu de rencontre, d'arrêt et d'échange, contrôlé par une élite émergente qui s'identifie pleinement avec le modèle grec, comme en témoigne la décoration en terre cuite qui représent des hoplites au combat. Les trafics se produisent ici grâce à la médiation des représentants autochtones d’haut rang (basileius) et peut-être sous la protection d'une divinité.

En localité Braida, en 1994, ont également été retrouvées des tombes, de la fin du Vième et la moitié du Vème siècle a. JC, extraordinairement riches. Ce sont des

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tombes à fosse en bois, le mort se trouve en position accroupie. A l'origine le tombes étaient couvertes avec des monticules de pierres, et il y avait, dans le tombes des hommes, des trousseaux précieux, boucliers «argiens» décorés en relief et prometopidia (harnais pour les chevaux), les tombes des femmes exhibent la même richesse grâce aux bijoux en or lesquels, dans certains cas, sont des uniques (comme le diadème et barrettes pour les tresse de la Tombe 102).

Le complexe de Braida, abandonné au milieu du VIème siecle avant J.C., vient sans doute rebâti dans la zone a l'ouest de la ville, qui présente de restes d'une zone dallée par des grandes pavés blanches.

Ici, la structure conserve sa fonction civile et sacrée jusqu'à la moitié du IIIème siècle avant J.C. Le mouvement des peuples italiques, la présence des lucaniens à Posidonia et la soudaine interruption de l’influence de Metaponto sont les principaux facteurs d’une crise qui conduise Vaglio, dans la seconde moitié du IVème siècle, à la nouvelle construction  d’un réseau de petites unités d'habitation qui annulent les précédentes.

De toute évidence est la tendance à utiliser de façon intensive le plateau: les maisons, presque toutes uniformes dans la structure, ont un entrepôt vide et une salle-cuisine avec cheminée (la surnommé "Maison des pithoi" n’est la preuve). La ville perd les caractéristiques qui l’ont marquée et se conforme aux centres autochtones comme Oppido Lucano, Pomarico Vecchio, Montescaglioso, tous équipés d’une agglomération urbaine ordinaire avec ses petites maisons alignées et faisant face à des routes perpendiculaires. Un nouveau centre politique et d’agrégation sociale naît : c’est un sanctuaire, situé à Contrada Madonna di Rossano, qui est construit dans la seconde moitié du IVème siècle et dédié à une divinité Lucanienne liées aux sources d’eau: le déesse Méfit.

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