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Associazione Culturale "Giulianova sul Web" - C.F. 91040070673 Rivista Madonna dello Splendore n° 34 del 22 Aprile 2015 I Brandi-Trifoni di Ottavio Di Stanislao Rintracciare l’origine di questa famiglia vuol dire ripercorrere la storia dell’insediamento agricolo nel nostro territorio, dal dominio feudale alla formazione del ceto proprietario locale, per cominciare ad indagare su dinamiche socio-economiche di cui sappiamo molto poco. Ma vuol dire anche comprendere i toponimi, riscoprire il nostro paesaggio agricolo alla luce della storia delle famiglie che vi hanno vissuto per secoli. ~ i ~

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Associazione Culturale "Giulianova sul Web" - C.F. 91040070673

Rivista Madonna dello Splendore n° 34 del 22 Aprile 2015

I Brandi-Trifonidi Ottavio Di Stanislao

Rintracciare l’origine di questa famiglia vuol dire ripercorrere la storia dell’insediamento agricolo nel nostro territorio, dal dominio feudale alla formazione del ceto proprietario locale, per cominciare ad indagare su dinamiche socio-economiche di cui sappiamo molto poco. Ma vuol dire anche comprendere i toponimi, riscoprire il nostro paesaggio agricolo alla luce della storia delle famiglie che vi hanno vissuto per secoli.

La vallata del Tordino nel foglio 2 dell’Atlante geografico del Regno di Napoli del cartografo-geografo Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, monumentale opera terminata nel 1812. I toponimi derivano dai nomi dalle famiglie di secolare insediamento (Muzii, Marabè [Brandi], Trifoni, Coticchia, Falucci [Falini]. Uno Stato topografico delle ville, borghi, casali, contrade e comprensori di case situati nel tenimento di Giulia del 1826 registrava “Case di Trifoni” con 48 abitanti e “Case di Brandi” con 17 abitanti.

A.S.Te, Intendenza borbonica, b. 135, fasc. 4.

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I Brandi erano originari di Roiano di Campli, giunsero a Giulianova nella seconda metà del ’600(1). Nel 1661, da quello che possiamo considerare il capostipite della famiglia, Giovanni Antonio, e dalla prima moglie, Maddalena di Francesco di Torricella, nacque Barnaba, il primogenito, cui seguirono Gaspare nel 1668, Giuseppe nel 1670, Sabatino nel 1672 e Domenico Antonio nel 1678(2). La fertile pianura alluvionale di Giulianova doveva essere ritenuta un ambiente ideale per le potenzialità produttive agricole, soprattutto per contadini che avevano conosciuto le ristrettezze produttive delle coltivazioni di montagna. Nel Catasto onciario di Giulianova del 1742(3) i Brandi avevano terre lavorative e casa rustica nella contrada campo cillitti seu Ruzzelli. Ma già negli atti notarili della fine del ’600, la zona veniva individuata proprio con il nome della famiglia: “case di Brandi” o “cerque di Brandi”(4). All’inizio dell’Ottocento anche la cartografia ufficiale riportava, nei pressi del fosso Fonte Rossa, il toponimo derivante dalla storpiatura del nome di colui che era stato a lungo proprietario: Barnaba - Barnabeo - Marabeo - Marabè [Vedi cartografia].Giovanni Antonio morì nel 1679 e nel testamento, redatto dal padre guardiano del convento dei minori osservanti o zoccolanti di Mosciano, rivelò la devozione che aveva per questo cenobio nella cui chiesa dichiarò di voler essere sepolto, mentre destinò alla cappella del terzo ordine francescano della stessa chiesa un consistente lascito(5). Barnaba quindi si ritrovò, giovanissimo, a capo della famiglia e della masseria come risulta dallo Stato delle anime del 1681, dove Extra maenia Giulia, alla Masseria di Barnabeo Branni sono annotati Domenica matregna, i fratelli minori Gaspare, Giuseppe e Domenico Antonio, in quanto l’altro fratello Sabatino doveva essere morto in tenera età, un garzone, e risultava aggregato alla masseria anche il nucleo familiare di Marco di Campli con la moglie Santa. In quello stesso anno 1681 Barnaba sposò Teodora Muzii, figlia di Muzio delli fondi, massaro, abitante fra il formale dei risi e il Tordino e la cui famiglia, molto probabilmente, era dedita proprio a questa coltivazione. Barnaba dimostrò molta intraprendenza, riuscendo in breve tempo ad accrescere il patrimonio famigliare con l’acquisizione di nuovi terreni, facendo spesso ricorso anche al credito puntualmente onorato(6). Soprattutto, nel 1693 ottenne in enfiteusi “a terza generazione” dagli Acquaviva 11 tomolate del beneficio dei santi sette fratelli in contrada Campocelletti(7). Anche l’ordinazione sacerdotale del fratello più piccolo Domenico Antonio, costituiva all’epoca un indicatore importante dello status sociale raggiunto dalla famiglia.Barnaba morì nell’aprile del 1741, due mesi prima di compiere l’allora considerevole età di ottanta anni. Degli otto figli gli sopravvissero solo Gioacchino e Nicola che lasciò eredi a condizione di continuare a vivere insieme e non dividere le proprietà famigliari(8).Nel 1740 la famiglia risultava composta da Barnaba, dai figli Gioacchino e Nicola, dalla nuora Maddalena (moglie di Nicola), dai nipoti Pietro Antonio (figlio di Gioacchino) con la moglie Maria Antonia, dagli altri nipoti figli di Nicola, Antonio, Ursula, Saverio e Paolo, oltre che da sei famulus, cioè giovani servitori aggregati alla famiglia. Da segnalare l’imparentamento con altre famiglie di massari che si distinguevano per l’alto numero dei componenti e per il solido insediamento sul territorio giuliese. Così Gioacchino aveva sposato in seconde nozze una Piercecchi, mentre il figlio Pietro si era unito in matrimonio con Maria Antonia Coticchia. Poter contare su parentele vaste era vitale per poter affrontare i lavori agricoli che richiedevano un gran numero di braccia. Molto probabilmente in questa strategia è da collocare il rapporto della famiglia Brandi con i Trifoni, che prenderà ad intrecciarsi dalla metà del ’700.Alcuni atti notarili dei primi decenni del ’700(9) sembrano rivelare l’origine da Mosciano della famiglia Trifoni, o anche Trufoni, che aveva casa “sotto al borgo dell’Annunziata”(10). Si insediano a Giulianova, “nelle Piane di Giulia”, nei primi anni Venti del XVIII secolo acquisendo in pochi anni diversi terreni in proprietà o in enfiteusi.Quando, alla fine del 1731, prendono in enfiteusi una masseria di 11 tomolate da Luca Ciotti in località fonte delle noci, “vicino alle palombare delli Ciafardoni”, sono tutti residenti a Giulianova. Dal 1736 al 1740 acquisteranno terreni per circa 62 tomolate pagando in totale oltre mille ducati(11). Si stabiliscono in un grande caseggiato da loro realizzato in aperta campagna, nell’ottocento trasformato in bigattiera, di cui sono ancora visibili alcuni elementi originari.Dovevano essere quattro i fratelli, figli di Antonio: Michele, Pasquale, Andrea e Filippo. I primi tre si trasferiscono a Giulianova, mentre Filippo rimane a Mosciano(12). Quello che assume il ruolo di leader è Andrea che stipula atti notarili anche per i fratelli e che per la prematura morte di questi ben presto si troverà da solo a guidare la famiglia. Nel 1740 la famiglia è infatti formata dalla cognata Lucia, vedova di Michele, con i figli Domenico, Berardino e Sabatino, dai figli di Pasquale: Tommaso, Vittoria e Michele, dal nucleo di Andrea con la moglie Caterina e la figlia Maria, oltre al fratello di Lucia, Francesco, con la figlia Maria e da quattro famulus. Del maggio1743 è il matrimonio tra Antonio Brandi, figlio di Nicola, e Maria Trifoni, figlia di Andrea.

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Facciata sud della casa originaria dei Trifoni nella campagna di Colleranesco risalente alla fine degli anni ’20 del ’700. (Foto Franco Giuliani)

La differenza di età fra i due giovani e la giovanissima età di Andrea fanno supporre una decisa volontà delle famiglie a realizzare questa unione. Infatti Andrea, nato il 14 novembre 1725, non era ancora diciottenne, mentre Maria doveva avere all’incirca ventiquattro anni(13). I legami si rafforzarono negli anni successivi con i matrimoni delle altre figlie di Nicola Brandi con i nipoti di Andrea Trifoni. Il 10 aprile 1750 si unirono in matrimonio Tommaso, figlio di Pasquale Tifoni e Ursula Brandi(14) e il 30 gennaio 1754 Berardino, figlio di Michele Trifoni, sposò in seconde nozze Lucia Brandi. Non avendo figli maschi Andrea, con disposizione testamentaria, lasciò eredi i nipoti(15). Fra

questi Michele acquisirà il ruolo di guida di tutta la famiglia. Sacerdote, per un periodo canonico della collegiata di S. Flaviano, poi vicario foraneo, sarà il punto di riferimento cui tutti gli esponenti ricorreranno per le vicende famigliari e patrimoniali(16).I Trifoni vissero a lungo in comune con i beni indivisi. Nel 1764 una convenzione tra don Michele ed il cugino Bernardino annunciava la volontà di dividete tutto l’asse ereditario in due parti per i rispettivi rami della famiglia. Si indicava sommariamente la consistenza patrimoniale, sia dei beni mobili che immobili, comprese scorte e animali, dichiarando che tali beni appartenevano per metà a ciascuna delle due parti. Ma subito dopo si manifestava la volontà di “riunire li suddetti beni e far vita comune fra di loro e di tutto l’asse ereditario di stare e godere pacificamente li suddetti beni e non intendono ne l’uno ne l’altro alienare li sopradetti di loro averi ma bensì sempre accrescerli […] e così si sono convenuti fra di loro”(17). Ed infatti don Michele nel 1768 comprò i terreni di proprietà del convento di S. Agostino di Teramo a Giulianova, si trattava di oltre venticinque tomolate, ritenute dai frati venditori scarsamente produttive e di cui alcune incolte, ma contigue ad altre proprietà della famiglia che ne rafforzavano la posizione egemone in quella parte della campagna giuliese(18). Per lo stesso motivo Michele, Bernardino e Pasquale nel 1773 permutavano alcune proprietà in Montone con tre terreni dei padri celestini di Giulianova per circa 15 tomolate in contrada Palombaie(19).Nel 1769 lo stesso don Michele stipulò convenzione con Antonio Brandi per compensare le doti matrimoniali spettanti alle sorelle Brandi, Orsola e Lucia, come si è detto andate in spose ai cugini Pasquale e Berardino Trifoni, con quella spettante a Maria Trifoni, moglie defunta dello stesso Antonio(20).Nel 1783 fu stipulato un nuovo atto di convenzione per la divisione dei beni familiari. Presenti Michele, anche per i nipoti, da una parte, e Bernardino con i nipoti Bartolomeo e Domenico figli di Sabatino, dall’altra. Si premetteva di aver fatto sempre vita comune e di essere vissuti “sin oggi in perfetta società”, perché lo strumento di convenzione di divisione del 1764 non era stato mai eseguito. Si stabiliva di dividere il patrimonio in due porzioni, una ciascuna per i discendenti di Pasquale e di Michele: quindi una per don Michele, figlio di Pasquale, da ridividere a metà con i nipoti Pasquale, Antonio e Flaviano, figli di Tommaso, l’altra per Bernardino, figlio di Michele, da dividere a metà con Bartolomeo e Domenico, figli di Sabatino. Si conveniva che qualora si volesse procedere alla divisione, sarebbero stati nominati di comune accordo due periti(21). Tale intento venne eseguito il 9 settembre 1788, con atto di convenzione che sancì per la prima volta la divisione del patrimonio familiare. Furono individuate due porzioni: la prima di tomolate 142, quarte 1 e stoppelli 3,5; la seconda ditomalate 144, quarte 3 e stoppelli 4,5. La differenza si compensava con circa 238 ducati(22). Nel 1802 avviene la divisione fra i due rami discendenti da Michele(23), cui seguirà immediatamente la divisione fra i fratelli Domenico e Bartolomeo(24).Era infatti avvenuto che Domenico aveva sposato Caterina Brandi, a cui il padre Angelo Antonio aveva destinato tutte le proprietà, prima costituendole in dote da consegnare dopo la sua morte, poi donandole direttamente, con riserva d’usufrutto finché fosse rimasto in vita e con il patto di fare vita comune “a un sol tetto e una sola mensa”(25).

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Il 22 novembre 1808 viene rogato l’atto di divisione tra i fratelli don Flaviano e Pasquale Trifoni e lo zio don Michele Tifoni. “… hanno asserito che fin dal 9 settembre 1788 essi si divisero da Andrea, Giuseppe, Bartolomeo e Domenico Trifoni, nipoti di esso Michele e cugini di Flaviano e Pasquale e dall’epoca suddetta fino al presente giorno sono vissuti in società ed unione, posseduti ed usufruttuari i beni comuni. In oggi poi non potendo ulteriormente vivere comunemente hanno risoluto e determinato dividersi tutti i beni stabili, mobili, semoventi in due parti uguali, cioè una parte intera spetta a don Michele e l’altra a detti germani Flaviano e Pasquale Trifoni” L’agrimensore Liborio de Maulo, incaricato di fare la divisione, individuava due porzioni di circa 71 tomolate ciascuna, delle circa 143 totali. Restano indivise le masserie di Cologna e Morro(26). La porzione destinata ai fratelli veniva immediatamente divisa con atto successivo(27).Riflettendo sull’entità di queste divisioni emerge un dato molto interessante: poiché la prima divisione fra i due rami della famiglia era avvenuta in due parti, e se presupponiamo che Michele e nipoti nel ventennio 1788-1808 non avessero ampliato il loro patrimonio [143 tomolate], i discendenti di Pasquale, nel periodo 1788-1802, avevano quasi raddoppiato la loro proprietà fondiaria in quanto, come si è visto ripartirono 278 tomolate [145 + 133]. In sostanza, dalle 70 tomolate del 1764 i Trifoni erano passati alle 461 del 1808. Ma nel Catasto provvisorio, c.d. napoleonico, redatto tra il 1809 e il 1812 tali dati non corrispondono. Infatti, in esso al sacerdote Michele Trifoni risultano intestate circa 162 tomolate, ad Andrea circa 78, a Bartolomeo circa 61, e Domenico circa 30(28). In tale documento risultano proprietari di case in Giulianova: don Michele, Giuseppe e Domenico nel rione della Rocca, Pasquale a S. Francesco, mentre la casa originaria in Colleranesco era per otto membri di Michele, per sei di Andrea e per altri sei di Bartolomeo.D’altronde anche i Brandi avevano esteso considerevolmente le proprietà, infatti nella divisione bonaria del 1762 Nicola con il figlio Antonio da una parte, e il nipote Pietro Antonio dall’altra, si erano ripartiti due porzioni di circa 30 tomolate(29), mentre nel catasto provvisorio i discendenti Angelo Antonio, figlio di Antonio, e Pietro nipote di Pietro Antonio, risultavano intestatari rispettivamente di 91 e 40 tomolate circa. Mentre però i Brandi avevano spesso fatto ricorso al credito, tale pratica non risulta per i Trifoni che erano impegnati anche come affittuari(30).

Villa Trifoni in Campocelletti, realizzata negli ultimi decenni dell’Ottocento nel luogo dove si insediarono i Brandi nella seconda metà del Seicento.

L’unico esponente della famiglia Trifoni a far parte del consiglio cittadino nel corso del ’700, fu Giuseppe (1765-1817), perché l’unico a saper leggere e scrivere(31). Con la riforma amministrativa del 1806, è anzitutto la classe dei proprietari terrieri ad essere chiamata a comporre “i corpi rappresentativi dell’università” e quindi i Trifoni, e anche i Brandi nei primi anni, sono costantemente presenti nelle liste degli eleggibili e fanno parte del decurionato(32).Pasquale Trifoni (1748-1832) è compreso nell’elenco dei duecento più ricchi proprietari della provincia compilato dall’intendente di Teramo per il ministero dell’Interno. Nel 1808 aveva pagato più di 103 ducati di tasse(33).

Negli stessi atti notarili quando si passa a dividere la casa, nella pur sommaria descrizione è possibile individuare lo stabile in parte ancora visibile nella struttura originaria, nella campagna di Colleranesco, nonostante le superfetazioni apportate nel corso degli anni.“Divisone della casa di loro abitazione fatta da esse parti e cioè da Bartolomeo e Domenico si è divisa ed Andrea e f.lli anno sciolti e si anno prese l’entrata col portone stanziolino sopra di esse e porzione della logia cioè quattro archi la prima stanza superiore ad uso di cucina, confinante a due lati Pasquale Trifoni, la seconda stanza attaccata alla medesima cucina dove al presente dorme Andrea la terza stanza dove dorme Giuseppe confinante tutti e tre con Pasquale e colla parte e porzione di Bartolomeo e Domenico e con la palombaia sopra la detta cucina la più grande con due fondaci sotto di esse stanze colla metà della cantina confinante ed attaccata con Pasquale con dichiarazione che per la divisione della medesima si debba fare

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una grastellata e serrarsi da ambe le parti acciò non li venga impedita l’aria e tutto ciò si debba fare in comune.Parte e porzione della stallone dei buoi verso settentrione dove si rattrova la porta di entrata […] resta indiviso la fabbrica nuova dove rattrovasi li due bregni e il caldaio per uso da cuocere il mosto che si ne abbiano da servire ogni tanto quocere […] resta in comune ed indiviso il forno da cocere il pane, il pozzo e li terreni […] lasciati per comodo comune intorno a detta casa .. quello intorno allo stallo bei buoi …” [Dalla divisionedel 1802].“Divisone della casa di abitazione: Porzione di don Michele: la sala colli due arconi; le stanziole nella loggia col cortile delle medesime; e il portone, salita ed ingresso comune; mezza cucina vecchia e la cucinetta; mezza cantina e la metà della caldaia da cuocere mosto; la stalla de bovi, l’intiera casa di Giulia in contrada di S. Francesco, col fondaco attaccato. Porzione di Pasquale e Flaviano: mezza cucina vecchia; due stanze; mezza cantina e la metà della caldaia da cuocere mosto; la stalla e l’intera casa in Giulia, contrada della Misericordia che era di Cornice; un fondaco dentro di Giulia in contrada di S. Francesco che si tiene da Nicola Faiazza …” b. 733, vol. 32, f. 133.

APPENDICEEnfiteusi Ciotti-Trifoni 1731Col presente albarano come fusse pubblico istrumento Andrea Trifone e fratelli abitanti nella piana di questa terra di Giulia si dichiarano pigliare in enfiteusi ad perpetum una massaria del dottore signor Gialluca Ciotti di Teramo, sita in detto piano di Giulia con tutti li terreni adiacenti, uniti e separati dalla medesima, anche quelli di la dal fiume Tordino, coll’obbligo di corrispondere a detto Padrone una salma di grano l’anno alla regia misura di Teramo, concio e recipiente, per li terreni siti in detta piana per tomolata alla vece, ed un tomolo per tomolata similmente alla vece per i terreni di la dal fiume, coll’obbligo d’augumentarli [sic] ed arborarli con tutti li patti soliti a ponersi in esso contratto ad meliorandum e di corrispondere li soliti regali nelle quattro staggioni dell’anno con procederesi alla misura e canniatura di detti terreni secondo la quantità dei medesimi senza diminuzione o deduzione alcuna fare la detta corrisposta nel modo ch’è scritto con doversi apprezzare la vigna e capanne colla clausura ed il prezzo d’esse s’obbligano detto Andrea e f.lli pagare a detto padrone con tutti gli altri arbori senza che di quelli poi il prefato padrone ne possa pretendere cosa alcuna […] coll’elezione di un perito per ciascheduno per l’apprezzo … 15 ott. 1730 Stima fatta nella masseria del sig. GioLuca Ciotti in contrada della fonte delle noci, vicina alle palombare delli signori Ciafardoni.In principio abbiamo visto e riconosciuto una casa di tre stanze, una il quale è cascata la lamia […] con forno e caposcale […] una pagliara attaccata alla casa […] capanne davanti la casa n° 253, capanne senza vite n° 16, fichi n° 12, tre piante di mele, un piantone di noce, due girasoli, una vigna diruta di capacità di coppe 7.

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NOTE

1 Nel libro dei battezzati della parrocchia di S. Flaviano, relativo al periodo 1660-1689, numerose registrazioni danno conto di un significativo fenomeno di immigrazione cui era oggetto Giulianova in quel tempo. Oltre che dalle Marche, soprattutto da Fermo, le provenienze più frequenti riguardavano soprattutto Campli e i suoi villaggi: Cesenà, Paterno, Penna, Collicelli, Battaglia, Morge, Roiano e alcune volte viene usata l’espressione generica “delle ville di Campli”.

2 Giovanni Antonio ebbe tre mogli. Nel libro dei battezzati della parrocchia di S. Flaviano risulta infatti che il secondogenito, Gasparra nacque da Bernarda, mentre gli ultimi tre figli nacquero da Domenica di Carlo di S. Atto. Sabatino evidentemente morì in tenera età perché non è citato in uno Stato delle anime del 1681.

3 A.S.Te, Catasti antichi, Giulianova 1742. In realtà, come si legge nel recto del primo foglio del volume: A XII settembre 1742 primo giorno. Notamento di terreno de’ cittadini di Giuliae forastieri per la formazione del nuovo catasto, si tratta di un documento preparatorio al catasto vero e proprio.

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4 Nel Catasto Provvisorio di Giulia (1809-1812), Angelantonio Brandi risultava proprietario di 21 tomolate di terreno “querciato”.

5 Il testamento, datato 7 marzo 1679, è allegato in originale all’atto del notaio Boffa del 1722 con cui i discendenti eseguono effettivamente la volontà di Giovanni Antonio. Redatto dal padre guardiano Michele da Notaresco, in calce reca due annotazioni di ricevuta, del 1681 e del 1683, di una salma di grano consegnate al convento da “Marnabeo” per le terre lasciate dal padre. 5 lug 1722. Nel convento dei Santi sette frati di Mosciano. Costituiti: Barnaba Brandi con il fratello don Domenico Antonio, e il nipote Sabatino da una parte, Giovanni de Panicis procuratore della venerabile cappella del terzo ordine di Mosciano. Il quondam Giovanni Antonio loro padre ed avo rispettivamente nel suo ultimo testamento rogato per le mani del reverendo padre Michele Angelo da Notaresco sotto li 16 marzo 1679 ordinò e lasciò alla venerabile cappella del terzo ordine di S. Francesco nel convento dei Santi sette frati sei tomolate [nel teramano la tomolata era pari a 4.016 mq] di terra nel tenimento di Giulia in contrada delle case d’Archione giusta li beni di Gio di Marchionno di Mosciano da una parte di Vincenzo di Canzio di sotto la marana e da un’altra parte li beni di Francesco di Archione et altri fini perché li frati siano obbligati di celebrare tane messe per quanto frutto ne ricavava da detto pezzo di terra ogni anno, e perché li detti Brandi non hanno sin’ora adempiuto al pio legato e per non far patire quell’anima di detto loro padre, si sono convenuti con detto priore d’assegnarli le dette terre libere e franche da ogni peso e servitù, […] e li detti frati siano tenuti a celebrare messe venti l’anno per l’anima del loro padre ed avo Giovanni Antonio Brandi in perpetuo… A.S.Te Atti dei notai, Giuseppe Boffa di Giulia b. 348, vol. 5, atto 353.

6 Giulia, 27 luglio 1686, nella bottega aromataria della duchessa Francesca Caracciolo in casa dell’abate Coletta, sulla pubblica piazza. Barnaba Brandi compra da Mattia Marchese di Montorio 5 tomolate di terra lavorativa in contrada fonte rossa per 65 ducati. Idem, Antonio Nizza di Giulia, b. 216, vol. 7, atto 825. Giulia, 4 dicembre 1687. Censo per Cosmo de Bartolomei. Barnaba Brandi si obbliga all’annualità di 23 carlini per un capitale di 25 ducati con garanzia tre tomolate in contrada chiamata volgarmente delle case di Brandi, la strada dove si va alla città di Teramo, a capo la strada vicinale, a piedi il fosso, ad un lato la via pubblica, all’altro lato i beni di Scipione Scialletta di Montorio. Idem, Giovanni Battista Boccalari di Giulia, b.241, vol. 3, atto 103. Giulia, 26 febbraio 1692. Barnaba Brandi, ricompra di censo da don Cosmo de Bartolomei, Idem, Antonio Nizza di Giulia, b. 216, vol. 9, atto 941. Giulia, 17 febbraio 1699. Domenica di Carlo di S. Atto, vedova di Gio. Antonio Brandi, donazione al figlio chierico Domenico Antonio di un terreno di 1 tomolata in S. Atto, contrada fosso di Mazzone, assegnatogli dal fratello Girolamo di Carlo. Idem, vol. 11, atto 1114. Giulia, 18 febbraio 1699 Gaspare e Giuseppe Brandi donano al fratello Domenico Antonio 3 tomolate in contrada cerqua grossa. Idem, atto 1115. Giulia, 8 maggio 1703 Domenico Antonio Brandi compra da Anna Maria Sulpizii e Giulio Antonio Summa di Tortoreto una palombaia diruta con due tomolate di terreno in Mosciano, contrada palombare delli Sulpizi, cinque coppe in detta contrada, due tomolate in contrada case di Scarazza; altro pezzo di terra di coppe quattro in detta contrada, tomolate 14 e 3 quarte in Giulianova, contrada Solagne per ducati 182. Idem, Teodoro Nizza di Giulia, b. 343, vol, 2, atto 88. Giulia, 17 settembre 1706 Barnaba Brandi si obbliga all’annualità di 38 carlini per un capitale di ducati 40 con i canonici Giovanni Piermattei e Berardo Addalli con il patto della retrovendita e con garanzia 5 tomolate in contrada Castelletta. Idem, vol. 3, atto 251. Giulianova, 20 settembre 1707. Il priore della confraternita di S. Antonio da Padova di Mosciano compra annui carlini 27 da Barnaba Brandi, proprietario di 5 tomolatete in contrada Castelletta per un capitale di ducati 30 (restituiti nel 1735). Idem, Giuseppe Boffa di Giulianova, b.347, vol. 1, atto n. 82, p. 31v. 19 ago 1738 Estinzione di censo fatto dal canonico Guerrucci a Gioacchino Brandi per il padre Barnaba impedito (strumento Teodoro Nizza 17 settembre 1706) Idem, atto 192.

7 L’atto fu rogato nella casa dell’arciprete di Mosciano Antonio Ubaldi il 14 gennaio 1693. Per l’abate Francesco Acquaviva intervenne il dottore Giovanni Domenico Amedeo vicario, agente e procuratore generale. Idem, Biagio Pomilio di Morro, b. 231, vol. 2, c. 96. Evidentemente nel corso degli anni i Brandi avevano preso in enfiteusi altri terreni feudali poiché nel 1863 don Biagio Trifoni (sacerdote-canonico 1808-1876), figlio di Domenico e Caterina Brandi, affrancò il canone dovuto alla duchessa Giulia Colonna Stigliani, vedova del duca Giangirolamo Acquaviva, per tre fondi rustici in Fosso Salvio, Castelletta e Campocelletti di 17, 17 e 21 tomolate, “in catasto in testa ad Angelantonio Brandi”. Il canone consisteva in sedici salme di grano annuo, pari a quasi 31 quintali, fu riscattato per 2.120 ducati equivalenti a lire 9.010. Idem, Antonio Lelli di Giulia, atto 44/1863.

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8 Giulia, 23 gennaio 1737. Testamento di Barnaba Brandi. Nella casa rurale del testatore, nella Piana di questo luogo […] giacente a letto, infermo nel corpo ma sano di mente […] nomina eredi i figli Gioacchino e Nicola e dopo la morte di questi li loro figli maschi solamente, escluse le femmine alle quali si debba dare solamente la dote di paraggio in tempo che ciascuna si mariterà col consenso e volontà del suo padre; detto Giacchino, Nicola e loro figli debbono sempre stare uniti e fare fra di loro vita comune e stare insieme al bene e al male, e se qualcheduno di detti figli, o dopo la morte di questi li loro figli o qualcheduno delli medesimi non volesse vivere […] colli fratelli e volesse separarsi con causa o senza causa, in tal caso quello che si vuole separare non possa pretendere altra cosa che la legittima che de jure li spetta sopra li beni d’esso testatore, e tutto il di più della porzione […] all’altri che saranno uniti e faranno unita dimora fra loro […] Ordina che dopo la sua morte gli eredi debbano dare ai pp. Zoccolanti del convento dei S. sette frati salme 5 di regno una tantum una salma l’anno […] esecutore testamentario il nipote chierico Antonio. Idem, Giuseppe Mezzopreti di Giulia, b. 455, vol, 1, atto 154.

9 Il I maggio 1724 Andrea di Antonio compra 2 tommolate e 12 coppe in Mosciano, contrada Campiglioni, da Nicola e Germano di Pietro, atto rogato nella sua casa di Mosciano sotto il borgo della SS. Annunziata. Idem, Alessandro Rossi di Mosciano, b. 436, vol. 2, c. 28, atto n. 59. Il 17 gennaio 1725 Andrea di Antonio Trifoni di Mosciano compra un fondaco dal III ordine di Mosciano. Atto rogato nel convento dei SS. Sette frati dal notaio Giuseppe Boffa (b. 348, vol. 5, n. 472). Ho usato l’espressione dubitativa perché nel registro dei battezzati della parrocchia di Mosciano degli ultimi decenni del ’600 non vi è traccia dei fratelli Trifoni (Michele, Pasquale, Andrea e Filippo), né vi è traccia dei figli di Michele e di Andrea nel registro che comprende i battezzati del secondo decennio del ’700.

10 Prendeva il nome dall’omonima chiesa esistente nella piazza principale di Mosciano fino agli anni ’60 del ’900 e poi abbattuta per far posto alla sede della Cassa di risparmio.

11 L’8 novembre 1731 Andrea e fratelli Trifoni abitanti nella piana di Giulianova pigliano in enfiteusi ad perpetuam una masseria del dottor Gianluca Ciotti di Teramo, sita in detta piana con li terreni adiacenti uniti e separati dalla medesima anche quelli aldilà del fiume Tordino … A.S.Te, Atti dei notai, Angelo Antonio Macozzi di Mosciano, b. 467, vol. 1, n. 22, cc. 38v-45 (albarano di compromesso del 15 ott 1730) [Appendice 2]. Il 20 dicembre 1734 Andrea Trifoni di Mosciano, degente a Giulianova compra casa a Giulianova nella contrada della strada del convento di S. Francesco, Idem, Alessandro Rossi di Mosciano, b. 437, vol. 12, c. 89, atto 407. Il 14 aprile 1736 Andrea Trifoni di Mosciano abitante a Giulianova compra da Antonio Apollonii di Teramo una masseria di tommolate 39,5 con casa rustica di 4 membri, forno ed altro per la comodità di detta casa, sita in Giulianova con 600 capanne, 22 pascelle di olive, 6 piedi di fichi ed altri alberi fruttiferi ed infruttiferi per ducatiti 889 (920 – 31 peso della regia colletta). Apprezzo fatto da Vito Antonio Sorbi di Tossicia. Confini. Da capo parte del convento di S. Francesco di Giulia e parte l’ospedale, da piedi detto convento e l’Acquaviva, da un lato il sig. Lorenzo Rossi e l’Acquaviva, dall’altro lato i beni di S. Giovanni evangelista, S. Berardo e altri fini. Idem Francesco Pietro Anastasio Mariani di Teramo, b. 475, vol. 2, atto 251, c. 39. Il compromesso era stato rogato dal notaio Mezzopreti di Giulia il 7 marzo precedente. Il 22 gennaio 1737 nella casa di Gian Luca Ciotti a Teramo, Andrea Trifoni di Mosciano abitante nella piana di Giulianova, compra dal dott fisico Pietrantonio Spagnoli di Teramo, in contrada S. Nicola, un pezzo di terra di 6 tommolate per ducati 60. Apprezzo di Matteo Pantarano alias marcheggiano, uomo esperto. Idem atto 282. Il 25 giugno 1740 Andrea Trifoni compra da Bartolomeo e Stefano Uccelli di Villa Butteri e da Barnaba Mazzarelli di Torricella 2 pezzi di terra; uno di tomolate 14 con casaleno diruto e sei querce in contrada S. Nicolare e l’altra di tomolate 2,5 in contrada di Trento per ducati 201. Idem, vol. 4, atto 453 c. 29v.

12 Mosciano, 27 gennnaio 1737 convenzione tra i fratelli Andrea e Filippo Trifoni di Mosciano. Sebbene siano seguite le quietanze tra le parti, Andrea, per togliersi dallo scrupolo di coscienza e quietare ogni lite che potesse nascere tra loro di lesione e d’ogni altra pretensione ch’esso Filippo potrebbe avere e per vivere da fratello si è convenuto d’assegnargli e consegnargli li seguenti beni: sopraffatto di capanne su terreno di 7 tomolate di proprietà del vicario Angelo Guerrucci in contrada Campiglioni; una casa in contrada borgo SS. Nonciata; terreno di 3 tomolate in contrada Campiglioni. Idem, Alessandro Rossi di Mosciano, b. 437, vol. 17, c. 10.

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13 Ritengo che possa essere veritiera l’indicazione del 1731, contenuta nel questionario preliminare alla Visita pastorale, dove viene annotata “Maria figlia di Andrea Trifoni di anni 12”. È invece eccessiva l’età di 25 anni attribuita alla stessa nello Stato delle anime del 1740. Allo stesso modo non è attendibile l’età di 45 anni con cui viene indicato Andrea nello stesso documento, come anche l’indicazione sul libro parrocchiale dei morti alla data del 22 novembre 1754: “Andrea Trufone di anni 80” è da ritenere eccessiva.

14 Il matrimonio si celebrò nella chiesa del convento dei Santi sette frati, testimoni Andrea Trifoni e Pietro Brandi, zii degli sposi.

15 “… affinché i suoi beni siano conservati in famiglia per non havere esso testatore figli maschi, istituisce Michele, Berardino, Tommaso e Sabatino [eredi universali] suoi cari e strettissimi nipoti carnali […] istituisce erede particolare Maria sua cara figlia procurata in costanza di legittimo matrimonio colla quondam Vittoria di Pietro, nella legittima tantum e per essa nella dote di paraggio et ultra paraggium di ducati 300, benché tanto non gli spettasse, li quali si li debbiano pagare nel modo e forma che si trova contenuto nelli capitoli matrimoniali contratti tra detta Maria sua figlia et Antonio di Nicola di Brando suo sposo, oltre le 4 tomolate di terra della quondam Vittoria sua madre siti a Castellalto […] come pure il prezzo di un bue di ducati 12, una botte da contener vino di salme 6, due casse nuove col suo addubbo descritto in detti capitoli matrimoniali …”A.S.Te, Atti dei notai, Angelo Antonio Macozzi di Mosciano, b. 468, vol. 3, n. 155.

16 “Attestiamo e facciamo fede […] come il sacerdote don Michele Trifoni tiene in sua casa quattro nipoti cioè: Pasquale, Antonio, Vincenzo e Flaviano figli legittimi e naturali del quondam Tommaso Trifoni fratello carnale del suddetto sacerdote don Michele, con i quali nipoti esso don Michele sempre ha vissuto e sotto un sol tetto ha dimorato e dimora con essi suoi nipoti ed uno di essi per nome Flaviano intende inoltrarsi alla vita ecclesiastica […] 18 agosto 1780 Felice Saraceni Capo regimento, Teodoro Cervoni e Domenico Cavucci compagni di regimento, Africani cancelliere. Archivio Vescovile Teramo,Ordinazioni Giulia, b. 88 f. 10.

17 Idem, Alessandro Rossi di Mosciano, b. 441, vol. 42, atto 2125. Queste le proprietà indicate: terreni per 70 tomolate, 130 salme di grano, 15 di fave, buoi aratori 11, vacche 21, giumente 18, pecore 130, agnelli 40, somare 5, casa e fondaco in Giulianova, botti di vino 7, botti in tutto n. 13, il capannato vecchio e nuovo con tutto il casamento e palombare in campagna, piedi di olive 400 ca. Seminato di grano tomoli 120, masseria in enfiteusi di tomolate 48 con capannato vecchio e nuovo, alberoni e casa rustica dei signori Ciotti di Teramo. La salma corrispondeva a 123 kg, per cui i Trifoni disponevano di 16 tonnellate di grano in un anno (1764) contrassegnato dalla carestia. Viste la quantità di tali scorte si comprende “l’attenzione”, cui fu fatta oggetto da parte di una comitiva armata di banditi “torregiani” [di Torre del Greco] che saccheggiarono anche il convento di Mosciano e si portarono nei pressi del paese dove uccisero il balivo nel novembre del 1766. L’episodio è riportato nel Notiziario redatto da Saverio Crocetti, all’epoca arciprete di Mosciano. Il documento, conservato presso la Biblioteca Provinciale M. Delfico di Teramo è stato pubblicato da Giovanna Manetta Sabatini in Mosciano Sant’Angelo nell’Abruzzo teramano e nel Regno di Napoli durante il secolo XVII, Teramo, 1997.

18 Quattro tomolate in contrada Salsiero, dodici a Colleranesco, cinque in contrada Valfuori e altre quattro a Piane di mezzo. Per i frati “dai descritti quattro territori il venerabile convento poco frutto ne ritrae per la distanza dal luogo e hanno trovato rimpiegare il loro prezzo (212 ducati) in un terreno più fruttifero e comodo, tutto capannato e situato nelle vicinanze della città …” Idem, Francesco Nicola Cagnacci di Teramo, b. 545, vol. 29.

19 Idem, Flaviano Paolini di Giulia, b. 802, vol. 1, atto del 30 luglio 1773, c. 20v.

20 24 febbraio 1769. Giulia, nella bottega di Gennaro Piccioni in pubblica piazza. Convenzione tra don Michele Trifoni anche per parte di Pasquale, Flaviano, Antonio e Vincenzo, pupilli suoi nipoti carnali figli della vedova Ursolina Brandi procreati in costanza di matrimonio con il quondam Tommaso Tifoni suo fratello carnale morto ab intestato e Berardino Trifoni suo fratello cugino marito di Lucia Brandi da una parte e Antonio Brandi dall’altra. Avendo detto Antonio preso per moglie la quondam Maria Trifoni figlia del quondam Andrea zio carnale di Michele e Berardino Trifoni, gli furono promessi da Andrea Trifoni 300 ducati dè quali ricevè la somma di ducati 100 […] il quondam Tommaso Trifoni, fratello carnale di Michele prese per

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moglie Lucia Brandi, altra sorella di Ursula e sorella carnale di Antonio con la promessa di dote di ducati 100 per ciascuno che vengono a compensare ed eguagliare li ducati 200 residui di dote che spettavano ad Antonio e perciò le parti volendo insieme per final pagamento le rispettive doti compensare […] ipotecano e assicurano Antonio per ducati 200 un terreno alberato con capanne di tomolate 2,5 in fosso Salvio; Michele, Berardino e pupilli, per cautela degli eredi assicurano ed ipotecano per ducati 200 un terreno avanti la casa dove abitano in Colleranesco […] e rilasciano finale e generale quietanza. Idem, Alessandro Rossi di Mosciano, b. 442, vol. 47, atto 2529.

21 Idem, Melchiorre de Panicis di Mosciano, b. 866, vol. 1, anno 1783, c. 134.

22 Idem, vol. 2, anno 1788, cc. 40v-50.

23 I marzo 1802. Nel casino di campagna dell’ex canonico Don Michele Trufoni. Divisione e quietanza tra li fratelli germani Giuseppe, Andrea e Berardo Trifoni e li germani Bartolomeo e Domenico Trufoni di Giulia. Li predetti cugini hanno asserito che essendo vissuti in comune ed unione tra essi sino al predetto giorno dopo la divisione che da circa anni 14 addietro a questa parte seguì tra Michele, Flaviano, Pasquale Trufoni e Berardino Trufoni, padre di Giuseppe, Andrea e Berardo e detti costituiti Bartolomeo e Domenico nipoti del quondam Berardino, sono venuti nella deliberazione di dividersi tutti li di loro communi beni, casamenti, mobili e stabili, semoventi che loro toccarono in parte nella divisione seguita 14 anni addietro, nonché gli augumenti sino al presente giorno […] eleggono perito Bartolomeo Recinella di Teramo che esegue la misura di tutti i beni comuni e ne ha fatto la divisione in due parti uguali […] mi sono portato in tenimento di Giulia nella loro comune casa di abitazione sita in lontananza da circa un miglio da detta terra per misurare e dividere tutti gli terreni, albori sistenti in essi senza verun apprezzo […] tanto quelli pervenutegli dalla prima divisione, fatta col loro comune zio Michele e fratelli cugini carnali Flaviano e Pasquale […] quanto quelli pervenutigli dal nuovo acquisto […] Vengono individuate due parti e porzioni rispettivamente di circa 145 tomolate (Andrea e fratelli) e di circa 133 tomolate (Bartolomeo e Domenico); il vantaggio della prima parte di tomolate 12 e 1 quarta, con 96 piantoni di ulivi, era riconosciuto come compenso delle spese fatte per acquisti di terreni e piante di ulivi per la società. I terreni enfiteutici venivano divisi in due porzioni di 10 tomolate circa. Giuseppe firma anche per i fratelli Andrea e Berardo che non sanno scrivere. Idem, Francesco Antonio De Florentiis di Mosciano, b. 772, vol. 26, cc. 25-36.

24 26 aprile 1802. Divisione tra Bartolomeo e Domenico Trifoni. “mediante la mezzanità del loro comune zio Michele” Le case in campagna venivano assegnate a Bartolomeo la casa di Giulia alla Misericordia di due membri a Domenico, il sottostante fondaco a Bartolomeo, il fondaco in c. da S. Francesco a Domenico; Idem, cc. 67-69v.

25 22 ottobre 1804. Mosciano. Angelantonio Brandi asserisce che nel foglio nuziale per pubblico strumento rogato da me [notaio De Florentiis voume 24, c. 43 e segg.] l’8 giugno 1800 per il matrimonio tra la figlia Caterina e Domenico Trifoni, promise e costituì in dote tutti i suoi beni alla figlia da consegnare dopo la sua morte e di Saveria sua moglie per goderne l’usufrutto insieme alla stessa Caterina, Domenico e figli nascituri, con Splendora e Teresa altre figlie finché esse non si collocassero in matrimonio. Si riservava anche la libertà di disporre (vendere alienare e vincolare) dei suddetti beni. I futuri coniugi ed i figli nascituri dovevano portare “tutto l’ossequio e riverenza ad esso Angelantonio e sua moglie Saveria, ma anche assisterli e dare loro ogni aiuto in caso di bisogno ed infermità a tal effetto abbiano a vivere ad un sol tetto ed ad una sola mensa […] Ora[poiché Caterina e Domenico si sono portati bene] per non far nascere questioni in futuro ha risoluto fare una nuova donazione di tutti i suoi beni riservandosi l’usufrutto, a condizione che essi Caterina e Domenico continuino ad abitare appresso esso Angelantonio … dichiara di avere altre due figlie maritate, Maria Giuseppe [maritata con Domenico Iacone] e Splendora contente della dote loro stabilita e nulla più pretendere; dichiara avere altra figlia nubile chiamata Teresa e stabilisce per la dote di quella e la legittima la somma di ducati 110 da pagare da esso Angelantonio e dopo la sua morte da detta Caterina. Idem, b. 772, vol. 28, c.57.

26 Idem, b. 733, vol. 32, c. 133.

27 23 nov 1808 Divisione tra i fratelli Flaviano e Pasquale. Al primo una porzione di tomolate 39 :3/4; al secondo tomolate 32: 2 : 3 ¼ che sarebbero state compensate quando si sarebbe fatta

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la divisione delle masserie di Cologna, Morro e Case di Trento. Flaviano predeva la case dentro Giulia alla Misericordia; Pasquale quella in campagna e il fondaco in S. Francesco. Idem, c. 139.

28 Vedi A. Palandrani, Residenze padronali e paesaggio rurale: le”ville” nel quadro insediativo del territorio di Colleranesco, II parte, in Festeggiamenti in onore di S. Giuseppe, n. 12, 2010.

29 Idem, notaio Alessandro Rossi di Mosciano, b. 440, vol. 40, atto 1951, c. 32, 27 marzo 1762.

30 Un attestato giurato di Bernardino del 1789 ci rivela che la famiglia era subentrata all’ aggiudicatore della gara per l’affitto dei beni ex feudali in Terravecchia di Giulianova, gara che si era svolta ad Atri per evitare concorrenti, avendo come socio occulto il computista dell’amministrazione allodiale Francesco Antonio Morganti che era il “regista” di tutta l’operazione. Idem, Marcello Guerrucci di Mosciano, b. 894, vol. 8, atto 169. Negli anni ’90 del ’700 erano stati affittuari dei beni del beneficio ecclesiastico di S. Bartolomeo e Igino presso la Collegiata di S. Flaviano. Vedi la convenzione con il nuovo affittuario Giosaffatte de Vincentiis del 1795. Idem, Ciriaco Paolini di Giulia, b. 1036, vol. 3, cc. 6-9.

31 Nel 1791 l’università di Giulianova chiedeva alla Regia Camera della Sommaria di non assecondare le richieste di esenzione dall’amministrazione cittadina da parte dei decurioni perché non si riusciva ad eleggere elementi sufficienti a ricoprire le cariche comunali. Passando ad esaminare le condizioni dei vari decurioni, sul nostro annotava: “Don Giuseppe Trifoni possiede beni once 386:31, è figlio di famiglia ma è gestore degli affari della casa nella quale non vi sono altri che possono essere (eletti) perché tutti illetterati ed addetti alla campagna”. A.S.Te, Regia Udienza, Provisioni di Regia Camera, b. 30, vol. 95, cc. 238-240.

32 Nel 1828 Ventura Trifoni (1801-1877) fu eletto sindaco, ma in occasione della prima visita al comune l’intendente Tomacelli rilevava: “In Giulianova deve cambiarsi il sindaco perché campagnolo e che abita circa due miglia distante dal paese, oltre di essere inetto ed inabile alla carica”. O. Di Stanislao, L’identità municipale di Giulianova attraverso i sindaci, in Nascita del comune moderno e del Ministero dell’Interno nell’Italia meridionale (1806-1815), Teramo, Media, 2007, p.105.

33 A.S.Te, Intendenza francese, b. 96, fasc. 6.

Albero Genealogico famiglia Trifoni

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Albero Genealogico famiglia Brandi

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