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Quinta puntata. E l’ultimo giorno non poteva che arrivare… Meno male che al momento della colazione facciamo una bella chiacchierata con Massimo che ci racconta i suoi trascorsi in Africa, tra una rivista e un’associa- zione di aiuti a chi davvero ne ha bisogno, la sua storia è davvero ricca. E ci confida che intrattenersi con gli ospiti del Riad è molto spesso un “mettere alla prova” per capire chi si ha davanti e come la gente si comporta di fronte a certe notizie o, chia- miamole pure così, brutture della vita. E’ un piacere stare ad ascoltarlo… Ma dobbiamo uscire. Oggi ci aspetta il Museo Dar Si Said, sede del Museo delle Arti Marocchine… Peccato solo aver scelto il giorno di chiusura. Allora ci dirigiamo al Palazzo Bahia. Costruito nel XIX secolo come residenza del sultano Ahmed el Mansour, colui che ha garantito al paese grande ricchezza, è in stile arabo-moresco con materiali preziosi, tra i quali marmo di Carrara che è stato scambiato con carichi di zucchero. Bahia significa brillante e con esso i Marocchini pensarono di aver costruito il più grandioso palazzo di tutti i tempi. L’ampio cortile e il loggiato con pavimenti in mar- mo e piastrelle colorate erano destinati alle concu- bine del sultano. Il palazzo non lesina nemmeno in una serie di giardini stupendi. Mentre ci spostiamo da una stanza all’altra, evitan- do le orde di gruppi con guida che racconta la sua storia in ogni lingua, scatto fotografie e non posso fare a meno di immaginare il palazzo all’epoca di maggior splendore, con il vociare, con i pettegolez- zi, pieno del fascino e dei colori delle belle concubi- ne. Nonostante abbia letto in numerosi libri che la vita delle concubine non fosse certo rose e fiori… Due su tutti: Il Giardino delle Favorite di Katie Hick- man e Il Decimo Dono di Jane Johnson. Al termine della visita, rapida e indolore, anche per via di nana che rompe, giriamo per i giardini del palazzo letteralmente invasi dai gatti. E qui scatta la crisi di nana: le manca il suo gatto, quindi li ac- carezza tutti, ma proprio tutti. Passaggio obbligato per alleviare la mancanza. Riusciamo a trascinarla fuori e ci concediamo un giro da veri turisti, dopo quello di ieri a dorso di cammello (che secondo me resta un dromedario). Altra estenuante contrattazione, ma nulla rispetto a quella che verrà in seguito. Si sale. E lei sta sulla cassetta di guida anteriore. Da vera pettegola. Il giro, lo devo ammettere, nonostante le mie ti- tubanze iniziali, è meraviglioso, le viettine della Medina si aprono in scorci nascosti e fotografare le persone intente al lavoro o al passeggio quotidia- no è stupendo. Tranne quando lasciamo le mura della Medina e ci catapultiamo nel traffico, terribile traffico, cittadino per raggiungere la piazza Djemaa El Fna. Oggi mi tocca affrontarla sul serio. Prima di arrivarci passiamo di fronte all’hotel La Mamou- nia, considerato senz’ombra di dubbio il più bello MARRAKECH EXPRESS. PALAZZO BAHIA: TURISTI IN CARROZZA: PIAZZA DJEMAA EL FNA. (DAY 3) DIARIO DI BORDO di Valeria Merlini

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Marrakech Express 5a puntata

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Quinta puntata.

E l’ultimo giorno non poteva che arrivare… Meno male che al momento della colazione facciamo una bella chiacchierata con Massimo che ci racconta i suoi trascorsi in Africa, tra una rivista e un’associa-zione di aiuti a chi davvero ne ha bisogno, la sua storia è davvero ricca. E ci confida che intrattenersi con gli ospiti del Riad è molto spesso un “mettere alla prova” per capire chi si ha davanti e come la gente si comporta di fronte a certe notizie o, chia-miamole pure così, brutture della vita. E’ un piacere stare ad ascoltarlo…Ma dobbiamo uscire. Oggi ci aspetta il Museo Dar Si Said, sede del Museo delle Arti Marocchine… Peccato solo aver scelto il giorno di chiusura. Allora ci dirigiamo al Palazzo Bahia. Costruito nel XIX secolo come residenza del sultano Ahmed el Mansour, colui che ha garantito al paese grande ricchezza, è in stile arabo-moresco con materiali preziosi, tra i quali marmo di Carrara che è stato scambiato con carichi di zucchero. Bahia significa brillante e con esso i Marocchini pensarono di aver costruito il più grandioso palazzo di tutti i tempi.L’ampio cortile e il loggiato con pavimenti in mar-mo e piastrelle colorate erano destinati alle concu-bine del sultano. Il palazzo non lesina nemmeno in una serie di giardini stupendi.Mentre ci spostiamo da una stanza all’altra, evitan-do le orde di gruppi con guida che racconta la sua

storia in ogni lingua, scatto fotografie e non posso fare a meno di immaginare il palazzo all’epoca di maggior splendore, con il vociare, con i pettegolez-zi, pieno del fascino e dei colori delle belle concubi-ne. Nonostante abbia letto in numerosi libri che la vita delle concubine non fosse certo rose e fiori… Due su tutti: Il Giardino delle Favorite di Katie Hick-man e Il Decimo Dono di Jane Johnson.Al termine della visita, rapida e indolore, anche per via di nana che rompe, giriamo per i giardini del palazzo letteralmente invasi dai gatti. E qui scatta la crisi di nana: le manca il suo gatto, quindi li ac-carezza tutti, ma proprio tutti. Passaggio obbligato per alleviare la mancanza.Riusciamo a trascinarla fuori e ci concediamo un giro da veri turisti, dopo quello di ieri a dorso di cammello (che secondo me resta un dromedario). Altra estenuante contrattazione, ma nulla rispetto a quella che verrà in seguito. Si sale. E lei sta sulla cassetta di guida anteriore. Da vera pettegola. Il giro, lo devo ammettere, nonostante le mie ti-tubanze iniziali, è meraviglioso, le viettine della Medina si aprono in scorci nascosti e fotografare le persone intente al lavoro o al passeggio quotidia-no è stupendo. Tranne quando lasciamo le mura della Medina e ci catapultiamo nel traffico, terribile traffico, cittadino per raggiungere la piazza Djemaa El Fna. Oggi mi tocca affrontarla sul serio. Prima di arrivarci passiamo di fronte all’hotel La Mamou-nia, considerato senz’ombra di dubbio il più bello

MARRAKECH EXPRESS. PALAZZO BAHIA: TURISTI IN CARROZZA: PIAZZA DJEMAA EL FNA. (DAY 3)

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d’Africa.Ed eccoci alla piazza. Di nuovo mi muovo con cau-tela: non so dove siano i serpenti e cosa possa suc-cedermi. Arrivati al centro della piazza, quella del film Marrakech Express appunto, ci viene incontro Marco con il suo fetido padrone. Marco è un’ado-rabile pulciosissima scimmietta, il fetido padrone quello che te la piazza addosso per le foto di rou-tine e per sganciarti soldi. Peccato che me la sarei portata via… Per strapparlo da quella catena…Dopo l’incontro, felice, ma al tempo stesso triste per la povera vita che gli tocca, eccoli! Vicini ai loro suonatori di flauto magico, ecco i cobra, neri e viscidi… Anche se lontana, c’è poco da fare, mi fanno paura e schifo. E le storie che raccontano sono vere: mentre i pifferai magici suonano, i loro esimi colleghi hanno altri serpenti in mano e giron-zolano a caccia di turisti, fino a quando trovano lo sventurato che si è avvicinato troppo e che in men che non si dica si ritrovano il rettile (non il cobra, per fortuna) al collo. Non fa per me. Sto alla larga e fotografo con il tele. Mentre sorseggio una meravi-gliosa spremuta d’arancia…

continua.

©foto violablanca, Valeria Merlini 2010