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W.A.VE. Workshop di progettazione architettonica dell'università Iuav di Venezia

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WS SPADONISUCCESSO AL CONCORSO PER RIO DE JANEIRO 2016

DI GIacomo cecchettoe alberta meneGalDo Dopo il marcus Prize 2011 a Diébédo Francis Kéré e il compasso d’oro a leonardo Sonnoli, ancora un successo notevole tra i docenti del WaVe 2011. È degli ultimi giorni, infatti, la notizia che lo studio di Francisco Spadoni si è classificato al terzo posto nel concorso internazionale per la progettazione della cittadella olimpica per “rio de Janeiro 2016”. come ci spiega Spadon, il bando di

concorso richiedeva edifici per circa 700mila metri quadri, tra cui 11mila alloggi per atleti e addetti stampa. a questi si aggiungevano un grande polo amministrativo e congressuale, dati che rendono il progetto certamente molto impegnativo, tanto più se – come racconta il brasiliano – la fase di ideazione è ristretta a cinque giorni, tra natale e capodanno, con un lavoro svolto soprattutto con modelli di studio, la stessa modalità operativa richiesta agli studenti dei WS.

Per Spadoni il terzo posto è un traguardo prezioso: non sarà realizzato, infatti, solamente il primo classificato (al quale spetta il 40% del progetto finale), ma anche i tre progetti successivi in proporzioni minori. la particolarità del progetto dello studio Spadoni aa è l’approccio all’esecuzione dei parcheggi, riporta la motivazione. Siccome non si possono costruire parcheggi sotterranei a rio de Janeiro, si prevede una struttura fuori terra,

avvolta da altri edifici, coperti quindi da un parco. Una soluzione interessante per un progetto difficile, che va a ridisegnare una città importante a livello internazionale in un momento delicato come la concomitanza del mondiale del 2014 e le olimpiadi due anni dopo. ed è anche un risultato che rende Spadoni visibilmente orgoglioso, tanto da fargli dichiarare che è «tutto quello che si può volere».

DI GIorDano coVa e mIchele brIDa Il titolo della conferenza è “Patestos e Spadoni a confronto”, ma potrebbe benissimo essere qualcosa come “europa e Sudamerica a confronto”, quantomeno per quanto riguarda le pratiche urbanistiche e l’urban regeneration. la differenza non è tanto nella concezione dell’architettura, vista da entrambi come occasione per creare nuovi spazi, nuove prospettive e nuovi frammenti di città. la diversità maggiore è nel contesto in cui i due protagonisti sono impegnati.Patestos prende parola per primo e chiarisce di non essere (purtroppo) un libero professionista, ma di occuparsi di ricerca e didattica. Inizialmente fa una riflessione introduttiva sull’urbanistica dell’immediato secondo dopoguerra. In quel momento storico gli urbanisti al servizio delle amministrazioni si arrabattavano nel progettare città continue e megalopoli territoriali, proponendo interventi atti a creare qualcosa di nuovo, senza necessariamente connettersi all’antico. l’Iuav era all’avanguardia nella ricerca architettonica di quel periodo (e lo stesso Patestos, come puntualizza carnevale nell’introduzione, ha conseguito il dottorato presso l’Istituto veneziano): si iniziava a capire che non esisteva la possibilità di creare parti di città nuove del tutto autonome, ma che occorreva interagire con la città storica. È necessario tener conto del genius loci; analizzare gli aspetti culturali della città, affinché ogni intervento non costituisca solo un mero abbellimento della città, ma comporti un cambiamento strutturale; e creare luoghi anche socialmente importanti. Questo si ottiene solo dal connubio tra teoria della progettazione

urbana, storia della città e studio delle tipologie edilizie. l’architettura è da considerarsi “frammento urbano”, soprattutto in europa, dove ogni opera è inserita in contesti con una storia millenaria. «Questo – prosegue Patestos – è un atteggiamento fuori moda, ma è anche l’unico modo per superare il concetto di architettura come mera figurazione». a sostegno di quanto affermato, l’architetto greco presenta due tesi di laurea di cui è stato relatore. la prima: un progetto di centro civico e culturale all’interno di piazzale aldo moro a torino, un vuoto urbano di circa un ettaro, clamoroso risultato del pressapochismo dell’urbanistica degli anni Sessanta e oggi spazio degradato all’interno di un’area di grande interesse. Il secondo progetto è un complesso ubicato ai piedi della mole antonelliana. la parola passa a Spadoni che si cimenta in pubblico per la “prima volta” con un eloquio italiano positivamente sorprendente e che conduce l’uditorio a rapportarsi con una realtà esotica opposta a quella della torino di Patestos: San Paolo in brasile. attraverso immagini notevoli illustra le caratteristiche di questa metropoli dove l’avenida Paulista, strada definita “museo dell’architettura moderna brasiliana” è stata ricostruita tre volte nell’ultimo secolo, e dove le favelas sono a diretto contatto con gli edifici borghesi. Spadoni definisce San Paolo «città senza memoria», in cui le rovine del secolo XVIII e XIX costituiscono l’unico patrimonio archeologico. l’architetto brasiliano espone quindi alcuni progetti, realizzati e non, organizzati in quattro “operazioni concettuali”: la “foresta urbana”, la piazza, l’intervento sull’isolato e quello sul singolo edificio. I progetti per il Dom Pedro Park e il marginal teté-Pinheiros

sviluppano l’idea della foresta urbana, riempiendo gli spazi residuali del tessuto formatisi dalla crescita incontrollata di infrastrutture e edifici. le proposte per largo da batata e boirro novo costituiscono esempi circa le modalità di progettare una piazza che divenga fulcro ordinatore funzionale e infrastrutturale. Per quanto riguarda gli interventi sull’isolato vengono presentati due progetti che risolvono ambedue la questione dello spazio pubblico come vuoto di sosta e di passaggio, uno spazio che consente, per citare Patestos, la «riappropriazione collettiva della città da parte dei cittadini»: il campus dell’Università mackenzie e il Paula Souza center. Gli edifici singoli sono rappresentati da una serie di padiglioni ed edifici di servizi pubblici ben inseriti in punti nevralgici di San Paolo.È il momento delle considerazioni finali. Patestos, a cui si chiede quali siano le differenze di approccio con il collega d’oltreoceano, risponde che è più corretto parlare di affinità. “Francisco”, commenta il docente di torino, «fa l’analisi urbana e territoriale, ed è difensore della tradizione del moderno». apprezza inoltre il fatto che Spadoni non si ferma all’immagine e non scade nel funzionalismo né nel decostruttivismo tanto lodato attualmente dalle riviste di architettura. Il titolo della conferenza potrebbe benissimo essere “europa e Sudamerica a confronto”, ma forse sarebbe più appropriato, vista l’amicizia e la stima reciproca tra i due relatori, “Incontro tra europa e Sudamerica”.

CONFERENZA BINATAPATESTOS/SPADONIINCONTRO TRA EUROPA E SUDAMERICA

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SPADONIArchItetturA Per meDIAre trA Arte, tecNIcA e SOcIetàInterVISta a FrancISco SPaDonI VeneZIa, 5 lUGlIo 2011

DI GIacomo cecchetto e alberta meneGalDoDalla sintesi all’analisi per sovvertire il sistema tradizionale e lavorare sull’idea, che troverà solo successivamente una spiegazione sociale. Francisco Spadoni racconta il suo approccio tematico e metodologico all’area di progetto. come brunelleschi, il quale già alla sua epoca insegnava che l’architettura ha il difficile compito di mediare tra arte, tecnica e società.W Con quale atteggiamento un architetto cosmopolita si accosta all’idea di intervenire in una città come Venezia?FS Venezia, nell’immaginario di un sudamericano come me, è un’astrazione. modificare il suo tessuto, proporre interventi sembra quasi impossibile. allo stesso tempo però il primo desiderio dell’architetto che vede Venezia è “fare qualcosa”, lasciare un segno nella città. Il mio si rifà alla possibilità tutta brasiliana di inventare in territori nuovi. oltre alla Venezia storica c’è una Venezia dimenticata, un brandello di città diversa, ora non edificata, con cui voglio confrontarmi. W L’area infatti era originariamente adibita a discarica. Che spunti possono derivare da questa peculiarità? FS Il problema dei rifiuti è una delle questioni globalmente più sentite. a Venezia questo tema assume un’importanza simbolica: non si pensa mai che in una città astratta ci siano dei rifiuti, ma qui come altrove c’è vita, e quindi spazzatura. Sacca Fisola, con il centro di raccolta e di stoccaggio, è sempre stata trattata come un’isola che non c’è. la riqualificazione assume quindi un significato altro, trasformando l’isola nascosta in luogo nuovo.W Come intende la rigenerazione e lo sfruttamento della preesistenza?FS nella conferenza del 4 luglio abbiamo riflettuto sulla riqualificazione di San Paolo, una città molto estesa, veramente “urbana”. a Venezia la situazione è certamente differente, parlare di rigenerazione implica, per me, pensare a nuove infrastrutture per rendere la città vivibile. Siamo in un luogo storico, migliorare la dotazione infrastrutturale significa costruire una nuova Venezia a supporto dell’antica. la città è già urbanisticamente “carica”, il tessuto è denso di residenze. Per questo ritengo importante dare un altro tipo di contributo.W La separazione netta data dal canale quali spunti può suggerire? Come intende affrontare il tema della connessione?FS Volevo lavorare con un’architettura infrastrutturale per collegare fisicamente le due isole separate da un canale di ben 85 m. Questo segno d’acqua è per me un territorio a tutti gli effetti, a Venezia l’acqua è luogo. ritengo che si possano distinguere all’interno del WS tre territori: Sacca Fisola, Sacca San biagio e il canale. a questi si aggiunge un’ulteriore questione , data da tutte le barche che quotidianamente si dedicano alla raccolta dei rifiuti. a Venezia la spazzatura naviga, e occorre cercare un luogo di raccolta adatto: penso a una piattaforma dove trovino posto la gestione e la raccolta. la situazione odierna infatti non permette né riqualificazione né sviluppo.

PAteStOSL’AttuALItà DeLLA StOrIAInterVISta a coStantIno PateStoS VeneZIa, 5 lUGlIo 2011

DI marIa aUrora bonomI e caterIna ePIbolIcostantino Patestos inizia subito a parlare facendo una premessa: secondo lui non ci sono architetture brutte o belle, architetti capaci o incapaci. le idee e i metodi meritano tutte uguale rispetto. alcuni verranno ricordati o apprezzati per le loro idee innovative. moltissimi invece non lasceranno un segno. l’unico parametro in base al quale giudicare è la coerenza intrinseca. W Una questione imprescindibile per fare architettura?CP la storia, sicuramente. Per cercare il nuovo dobbiamo guardare indietro. anche le avanguardie che hanno teorizzato la rottura con la storia – come il bauhaus – ne conoscevano ogni aspetto. la storia dà sempre delle lezioni a noi progettisti.W Vi sono differenze tra i modi di insegnare l’architettura in Grecia e in Italia? CP Fino a dieci anni fa ce n’erano. In Grecia prevaleva una cultura tecnica che privilegiava la materialità della costruzione. mancavano i corsi di teoria della progettazione, oggi presenti. a mio avviso,

non si può imparare a fare senza capire il perché.Prima l’insegnamento della storia si fermava agli inizi del novecento. ora è stata finalmente capita l’importanza della contemporaneità. e soprattutto c’è nuovo sangue. alle due scuole storiche, atene e Salonicco, ora se ne sono aggiunte altre quattro grazie a miei connazionali formati all’estero e tornati in patria per portare innovazione.W La sua idea di social housing? Come viene affrontato il problema nel suo paese?CP l’essenziale per l’architettura è che si inserisca nel contesto. non basta che l’edificio sia bello, deve integrarsi con il luogo che lo accoglie, divenirne parte. In Grecia non si è ancora arrivati a parlare concretamente di social housing. Da qualche tempo si è cominciato a fare housing sotto forma di permute. Vi è un investitore che acquista grandi appezzamenti e in seguito si occupa di lottizzare e urbanizzare i suoli. ognuno poi, rileva la sua parte e costruisce “come vuole”, senza regole e con una vasta gamma di linguaggi. manca però uno studio accurato del territorio e un sistema capace di dare congruenza agli interventi. atene vista dall’alto si presenta con un

nucleo centrale abbastanza compatto circondato da uno sprawl totalmente disaggregato.W Nel suo programma lei considera importante dare spazio alle idee degli studenti? CP certo! Il docente deve guidare lo studente, anche con correzioni o critiche. In particolar modo nei primi anni d’esperienza, quando c’è molto da imparare. tuttavia è essenziale lasciare che ogni allievo esprima del tutto l’idea che vuole trasmettere col suo progetto anche se non è perfettamente allineata con il docente. Interpretazioni diverse possono costituire motivo d’arricchimento reciproco. mi piace sempre pensare che le vie del progetto sono infinite.W Un consiglio per gli studenti? CP Studiate, studiate e poi studiate. analizzate a fondo i progetti degli architetti, dei maestri di architettura. non limitatevi a sapere che mutande indossava le corbusier. Giorgio Grassi diceva che è bello guardare i monumenti non da turisti, ma da architetti, con l’occhio di chi sa cogliere i riferimenti, di chi deve poi a sua volta “fare”. Imparate da ciò che vi circonda. e vedrete che la lezione degli antichi tornerà sempre a essere attuale.

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lEZIONEALLOGGIO + PREFABBRICATO = HOUSINGPIETRO VAllE Al WS CROSET

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DI alberta meneGalDotetti a falda, coperture in coppi, banali “casette unifamiliari”: questo è quello che richiede oggi il committente medio, questo è quello che l’architetto vuole combattere. Pietro Valle, nel suo intervento di lunedì 4 luglio al WS croset, propone e commenta una serie di progetti del suo studio, tutti realizzati grazie alla fruttuosa collaborazione con una ditta toscana impegnata nella produzione di sistemi prefabbricati per l’edilizia residenziale.la modularità diventa elemento chiave della composizione e genera nuove opportunità, la prefabbricazione consente una mediazione tra il produttore e la massa dei consumatori. le variazioni tipologiche sono una preziosa risorsa: la prefabbricazione si realizza attraverso l’uso di un modulo preciso, che scandisce la ripartizione degli spazi interni, plausibili di variabilità e combinabilità. le stanze vengono assemblate come tanti “mattoncini lego” e generano spazi di attraversamento, alloggi mono-affaccio, impianti cruciformi e cortili centrali. l’attenzione per gli esterni e per i giardini

non diminuisce, perché vengono trattati come stanze esterne e così si trasformano in elementi di separazione tra un alloggio e l’altro dando carattere all’intervento.Il rifiuto di tipologie precostituite e la continua ricerca di modulazioni spaziali danno origine a prospetti interessanti e variati; le metrature piuttosto ridotte sono rivalutate dalla presenza di ampi balconi e logge che contribuiscono a caratterizzare le facciate.I costi sono notevolmente contenuti, attorno ai 1.600 euro per metro quadro, così come i tempi di realizzazione. Il risparmio complessivo si aggira attorno al trenta per cento. tutto questo è reso possibile grazie all’impiego di lastre sandwich prefabbricate, montate sul solaio e “incernierate” tra loro. le dimensioni standardizzate non costituiscono un ostacolo, ma regolano la dimensione degli alloggi generati dalla somma o dalla sottrazione dei moduli unitari. anche i serramenti sono sottoposti a standardizzazione, ma ciò non implica minore cura o attenzione per il dettaglio. Il tentativo di generare oscurità e sicurezza si traspone nella

posa in opera di cornici spesse che circondano le finestre e contengono le serrande. la sfida imposta dal progetto residenziale è ardua: per dimostrarlo Valle cita un concorso per la conversione di una torre, inizialmente adibita ad albergo, in residenze. l’esempio è pretesto per una critica al sistema “demenziale” che regola le concessioni edilizie e ad alcuni interventi non pensati che propongono alloggi con un unico affaccio rivolto a nord o presentano, ad esempio, le scale antincendio in facciata. croset sottolinea quanto sia importante lavorare sulla cellula abitativa, la cui ripetizione genera realtà più complesse; quest’unità di base può essere oggetto di successivi ampliamenti. la progettazione deve prendere in considerazione le diverse scale: dalla singola unità abitativa al rapporto con la città, dall’attenzione rivolta allo spazio comune agli ambiti di relazione tra gli alloggi.

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DI marIa aUrora bonomI e caterIna ePIbolIViviamo in un periodo di stallo in cui la costruzione di residenze popolari ha subito una brusco arresto. eppure la domanda per alloggi a prezzi agevolati continua a crescere. Invece di costruire vecchi falansteri superati ancor prima di essere utilizzati occorre capire di cosa necessita realmente la società contemporanea. l’ha spiegato mercoledì 29 giugno barbara Del brocco, docente al “master housing” della Facoltà di architettura di “roma tre”, in una conferenza del workshop chun/De matteis.negli anni Settanta l’industria chiamava a sé grandi masse di lavoratori che divenivano i maggiori utenti delle case popolari. oggi invece le categorie che richiedono edilizia sociale sono le più varie. barbara Del brocco ha esaminato poi alcuni dati socio-economici. la famiglia standard composta da quattro persone non rappresenta più la “norma” in Italia. a ciò si aggiunge anche l’invecchiamento della popolazione, la precarietà e la crisi economica che ha fatto aumentare del 360% il prezzo degli immobili. chi richiede quindi la casa popolare? nuclei famigliari ristretti, a volte tanto ristretti da essere composti da una sola persona: anziani, single, genitori separati, studenti e lavoratori che cercano un alloggio temporaneo, e infine gli immigrati. la società contemporanea è cambiata rispetto a quella in cui sono stati costruiti molti complessi di edilizia popolare e quindi l’auspicio è che il social housing stia al passo con le nuove esigenze.esigenze diverse da quelle che la Del brocco ha illustrato passando in rassegna le leggi sulle case

popolari, dall’accentramento statale del 1903, con la legge luzzatti, alle evoluzioni del primo e del secondo dopoguerra, con i due settenni Ina-casa e la realizzazione dei primi quartieri popolari. tra questi cita quello di adalberto libera a roma, simbolo di un periodo felice dell’architettura popolare italiana. tempi d’oro durati ben poco: finiti i finanziamenti derivanti dalla trattenuta GeScal le residenze pubbliche subiscono un crollo fino ad arrivare allo stallo odierno.oggi l’80% della popolazione vive in case di proprietà, ma per poterselo permettere deve ricorrere a soluzioni impegnative. Indebitarsi con un mutuo, comprare case più piccole o frazionare quelle che già abitano, andare a vivere negli hinterland delle grandi città, occupare abusivamente stabili abbandonati, tanto per citarne alcune.Il prolungamento della convivenza dei giovani con i genitori – i cosiddetti “bamboccioni” – nasconde in realtà esperienze ben più tragiche: il 46,4% dei giovani non “abbandona il nido” per problemi economici o di precariato.Per la Del brocco bisogna dunque progettare nuovi alloggi innovando le tipologie: case ben inserite in una comunità residenziale di quartiere sia a livello urbano e finanziario sia a livello sociale, ponendo maggiore interesse alla sostenibilità, ai costi accessibili e alle reali esigenze degli utenti, integrati da un dialogo costruttivo.

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lEZIONE ABITARE A VENEZIA MIGRAZIONI E MODELLIAlESSANDRA MARIN Al WS CHUN/DE MATTEIS

DI eleonora canettIcome è stato risolto il problema della casa popolare a Venezia nel novecento? alessandra marin, ospite del WS chun/De matteis, ha approfondito questo tema con un’analisi delle dinamiche che hanno portato alla nascita di nuovi insediamenti residenziali e delle forme che questi ultimi hanno assunto sulla terraferma e nella città storica.I primi spostamenti della popolazione, decuplicata nel giro di cinquant’anni, sono intimamente connessi all’espansione industriale, che richiede da subito nuovi spazi al di fuori dall’area insulare. le esigenze dell’abitare mutano rispetto alle epoche precedenti e il primo modello al quale si guarda è la città giardino teorizzata da ebenezer howard in Inghilterra: le nuove istanze confluiscono nel quartiere Giuseppe Volpi realizzato dallo IacP di Venezia. l’intervento si annuncia come trait d’union tra mestre e le isole e si impone come avanguardia di quella grande Venezia teorizzata da tempo, concepita come il risultato della dissociazione delle funzioni urbane a scala territoriale. a sud di marghera si collocano le aree destinate al lavoro, a nord le residenze, a ovest la porta della città; i luoghi di rappresentanza permangono nella città storica affiancata ai fasti di un lido che si rafforza nel ruolo di recettore del turismo internazionale. Il primo quartiere influenzato da queste riflessioni è l’Ina-casa San marco che vede l’intervento di Giuseppe Samonà e luigi Piccinato. I due elaborano la planimetria generale del primo progetto nel 1950 con la consapevolezza che sia necessario raccogliere le opinioni degli operai residenti a Venezia e recepire i problemi del loro disagio. Progressivamente compaiono delle variazioni rispetto all’impostazione standard della città giardino, pur permanendo l’esigenza di spazi verdi per il tempo libero. la mobilità si sposta lungo il perimetro e i servizi vengono localizzati in punti prestabiliti all’interno dei lotti. le unità abitative si aggregano in corpi orizzontali, in grado di ospitare fino a duecento inquilini, e in edifici a torre (previsti di dodici piani e realizzati soltanto di sei). la città si propaga verso la laguna mutando con lentezza. Il passaggio successivo è costituito dall’urbanizzazione delle barene di San Giuliano, come compimento dell’unità tra la città storica e la città contemporanea. al concorso partecipano ancora Giuseppe Samonà e luigi Piccinato, affiancati da Giovanni astengo e da un gruppo di architetti attivi nell’ambiente veneziano. alle loro forme razionaliste si contrappone la scuola romana capeggiata da ludovico Quaroni, che trae il proprio concept progettuale dal movimento sinuoso della costa. nessuna di queste elaborazioni riesce a prevalere sull’altra e, alla fine, il titolo di vincitore è assegnato a Saverio muratori, che già nella sua opera Studi sull’operante storia urbana di Venezia aveva analizzato tre modelli di insediamento rifacendosi alla città lagunare dei fondatori, a quella gotica e a quella rinascimentale. numerosi sono i progetti che si succedono nel corso degli anni, da quello di Gino Valle per il quartiere PeeP bissuola Q-11, all’intervento, di poco precedente, realizzato da Giancarlo De carlo nell’isola di mazzorbo nella laguna nord. alcuni anni più tardi, progettando il quartiere IacP, Vittorio Gregotti e associati rivoluzionano l’area ex Saffa di cannaregio: qui le scale e i giardini si relazionano con gli spazi pubblici in forme inedite, ma emergono ancora elementi peculiari dell’edilizia veneziana: dalla rivisitazione del portego all’importanza accordata alle soglie degli edifici.

WS CHUN/DE MATTEISSOCIAL HOUSING: PRESENTAZIONE DEGLI STUDENTI COREANI

DI arGent lUmI e eleonora canettIÈ affidata alla voce diretta degli studenti coreani la conferenza sul social housing in corea, approfondimento tematico all’interno del workshop chun/De matteis tenuto il 4 luglio. Il loro imbarazzo iniziale scompare presto e, parlando in perfetto inglese, illustrano ai colleghi italiani le caratteristiche della “casa passiva”. con l’ausilio di piante e sezioni specificano alcune soluzioni sostenibili adottate nel loro Paese: la luce naturale è elemento chiave e l’installazione di sistemi meccanici permette di deviare, concentrare o schermare i raggi del sole; il colore gioca un ruolo importante in queste dinamiche, accompagnando al benessere fisico anche quello percettivo; e infine l’acqua viene raccolta in appositi serbatoi e scaldata grazie a un impianto fotovoltaico installato sul tetto. la trattazione si sposta poi sulla scala urbana e gli studenti schematizzano alcuni dei percorsi possibili tra gli edifici e attorno a essi. le finestre vengono

classificate in base alla loro disposizione nella stanza; possono essere singole o doppie, disposte l’una di fronte all’altra o collocate in colonna sulla stessa parete. Questo accorgimento consente la circolazione dell’aria anche in mancanza di vento. l’isolamento è garantito dall’installazione di un doppio vetro. Segue poi una presentazione veloce sull’evoluzione urbana nel ventesimo secolo.la costruzione selvaggia degli anni Sessanta ha generato città scomode fatte solo di strade, case alte e parcheggi, sostituite poco alla volta da un paesaggio urbano più attento agli spazi verdi. nell’ultimo decennio del novecento i principali servizi pubblici sono riposizionati al centro dei complessi e le entrate comuni si individuano più facilmente, i parcheggi vengono portati nel sottosuolo e oggi la superficie cittadina è abbellita da fontane e parchi gioco per bambini. In parallelo si evolve anche l’edilizia sociale, inizialmente ricavata da appartamenti esistenti. Dal 1971, anno che segna la nascita del social housing in corea, si passa alla

prima costruzione appositamente pensata solo nel 1988. Il nuovo millennio inizia con una disponibilità di alloggi vasta e varia, tanto da poter garantire una copertura delle richieste per circa trent’anni. Dal 2007 gli appartamenti invenduti sono impiegati per soddisfare esigenze specifiche. Quelli destinati agli studenti prevedono spazi flessibili, con stanze chiuse, cucine e armadi ridotti; le porte scorrevoli permettono di ampliare occasionalmente gli spazi d’uso comune. Questo accorgimento è valido anche per le residenze occupate da giovani coppie con bambini e per gli appartamenti destinati agli anziani. Questi ultimi prediligono soluzioni che agevolano l’accessibilità. tra le considerazioni sui cambiamenti tuttora in atto avanzate dagli studenti coreani del WS traspare la necessità di piani flessibili capaci di migliorare la crescita urbana.

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WS BRICOlO SOPRALLUOGO A MONTE GRAPPASUl gRAPPA, DOPO lA “VITTORIA”

DI SteFano tonIatola terza fase del progetto arriva alla fine della prima settimana, venerdì 1° luglio, col sopralluogo sul monte Grappa. In quel giorno gli studenti del WS di Filippo bricolo hanno la prima esperienza nel sito di progetto, cima Grappa, dopo una prima fase di conoscenza e una seconda progettuale di tipo empatico – emozionale. ora è la volta della verifica della conoscenza in loco, che sarà seguita da una quarta e ultima di sviluppo del progetto vero e proprio. la prima fase si è svolta interamente nelle aule. Gli studenti hanno realizzato un plastico basato su un approccio di tipo cartaceo e archivistico per avere, attraverso la ricostruzione fisica del sito, una conoscenza analitica da confrontare con quella percettiva. Su queste elaborazioni gli studenti hanno potuto svolgere la seconda fase producendo le prime idee progettuali che

li accompagnano nella visita del monte Grappa: «È necessario portare nel luogo già delle proposte», spiega Filippo bricolo. cima Grappa si presenta oggi come un enorme inno all’Italia e a una guerra che si vuol far credere vinta. È necessario ignorare questo tipo di retorica in quanto, in guerra, non vi sono mai né vinti né vincitori. Una volta passata la bufera le ossa italiane o austriache biancheggiano al sole mescolate e irriconoscibili, come racconta molto bene Paolo malaguti nel suo libro Sul Grappa dopo la vittoria, (ed. Santi Quaranta, 2010). la guerra è una tragedia universale. Giànel 1879, quando fu inaugurato l’ossario di custoza, campeggiava una frase: «nemici in vita, morte li adeguò, pietà li raccolse».ecco perché cima Grappa si deve presentare al cittadino europeo come luogo di memoria condivisa, per ricordare che questo dramma non ha portato solo distruzione,

ma deve costituire fondamento di unità. l’obiettivo del WS è trasmettere questi concetti attraverso con l’architettura: quella di un museo. Quelli realizzati fino a oggi non sono in grado di far capire ai visitatori il vero senso della guerra. Un interessante spunto è un museo nel carso Goriziano: «Quello di caporetto non è un museo di guerra, della vittoria e della gloria, delle bandiere liberate o calpestate, della conquista o della vendetta, del revanscismo o dell’orgoglio nazionalistico, ma dell’uomo e delle sue angustie. In prima fila sta l’uomo, colui che ripete, esprimendosi nelle diverse lingue del mondo: maledetta guerra».Gli studenti sono poi condotti a “scoprire” il loro lavoro. «Il progetto c’è già, è qui – afferma bricolo –. bisogna solo aprire gli occhi per trovarlo». muovendosi tra i segni della guerra e della storia recente arrivano all’ultima

cima, dove molti si ricredono sulle loro idee di progetto, altri riconoscono come reali i luoghi che avevano solamente immaginato. le nostre montagne si sono generate attraverso continue stratificazioni. la storia che noi vogliamo raccontare altro non è che una di queste. anche questo layer è concluso. Il progetto non sarà altro che un nuovo strato sovrapposto al precedente. Il concetto della stratificazione è fondamentale. anche in futuro per chi si confronterà con questi luoghi. la terza fase è completa. la conoscenza dei luoghi è assimilata. c’è giusto il tempo per un’ultima cena.

DI claUDIa chImento e SteFano tonIatolamberto amistadi, architetto operante nel trentino occidentale e collaboratore di luciano Semerani, ha tenutouna conferenza ipertestuale il 5 luglio, nel WS bricolo. amistadi, che ha svolto ricerche sulla possibilità di riutilizzo dei manufatti della prima guerra mondiale, ha esposto l’intervento di valle del chiese, che consiste nel posizionamento di una scultura a forma di bucranio su un bunker austroungarico. È l’introduzione del tema della conferenza: il simbolismo in architettura. I simboli sono delle metafore da interpretare. alcuni sono intuibili, altri restano criptici o divengono conoscibili solo attraverso attente e profonde analisi. In architettura la simbologia è assimilabile allo zoomorfismo: Giuseppe Samonà sosteneva che un disegno funziona quando vi si può riconoscere forme animali. Questo discorso viene ripreso anche da John hejduk, che esprime semanticamente con le sue architetture la possibilità di comunicare messaggi attraverso eloquenza, afasia e silenzio. l’architettura narra in continuazione una microstoria, che però è sempre estremamente articolata altrimenti si rischierebbe la banalità, l’espressione attraverso segni violenti. luoghi eloquenti come l’ossario di redipuglia, con la magnifica scalinata che porta al nulla, mostrano in modo involontario l’inattendibilità di quei falsi valori che hanno animato la realizzazione di queste opere.È facile essere violenti e non bisogna eccedere all’apparente facilità di trasmissione della memoria.Un approccio più valido può essere quello della “retorica” applicata all’architettura come appare dai meccanismi

di anticipazioni e attesa utilizzati da carlo Scarpa nei suoi restauri e nei suoi allestimenti. Questi meccanismi narrativi vengono mostrati ai ragazzi del WS per accrescere il loro bagaglio di riferimenti. nel sito di progetto si possono ritrovare due livelli di narrazione. Il primo è il paesaggio esterno, ossia il panorama e lo scenario circostante; il secondo, invece, è costituito non solo dallo spazio interno del museo, ma anche dalle qualità che il fruitore riesce a percepire. compito dell’architetto dovrebbe essere quello di modificare il paesaggio usando artifici retorici pari a quelli della narrazione, della musica, e di tutte le altre forme di espressione.

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lEZIONEL’ARCHITETTURA NARRATA.SIMBOLISMO IN ARCHITETTURAlAMBERTO AMISTADI Al WS BRICOlO

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Mercoledì 6 luglio 2011W.A.VE.Workshop di architettura a Venezianumero 7Supplemento aIuav giornale dell’universitàregistro stampa n. 1391tribunale di VeneziaISSn 2038-6257

Responsabili scientificimassimiliano ciammaichellamarina montuorileonardo Sonnoli

Direzione redazione testi e immaginimarina montuori

Direzione blog/multimediamassimiliano ciammaichella

Direzione redazione graficaleonardo Sonnoli

TutorStefania catinellaandrea Giambartolomeianna Saccani

Collaboratorimonica Pastoreanna Silvestri

laboratorio interfacoltà Far/Fdanell’ambito dei workshop estivia.a. 2010-11 Far/Fda_Iuav

Redazione testiFrancesca badinmaria aurora bonomimichele bridaeleonora canettiGiulia cavallarielena cazzuffiGiacomo cecchettoclaudia chimentoGiordano covaemanuele D’antrassicaterina epibolimarco ludovicoargent lumialberta menegaldomiriam Peraroconcita Piazzaangela robusti riccardo ruvoloStefano toniatoGiulia torinocaterina VignaduzzoValentina Volpato

Redazione graficaGregorio carlettichiara costantiniclaudia GalloSara Giubellianna Scorretti

Illustrazione e fotografiaalberto bassanGiulia carraroandrea Giacomettialessio Gobbiscarlo lissaUmberto PertosaFederico maria Pivettalaura PortesanJacopo trabuio

Blogelisa cortelazzoSara Dottoandrea Gambardellaandrea marchesiniletizia mion

onlinehttp://[email protected]

Tutor di coordinamento Valentina amarillianiel Guxholliroberta ScapinSami Sinella

Coordinamento generaleesther Giani

Le immagini di copertina documentanole strutture temporanee presenti nel paesaggio urbano di Venezia.In questo numero foto di anna Scorretti.

Progetto grafico W.A.VE. 2011leonardo Sonnoli - tassinari/Vetta, con Irene bacchi (identità visiva), con monica Pastore, anna Saccani, anna Silvestri (quotidiano)

DI GIUlIa caVallarI W Il vostro WS si può considerare una sperimentazione, forse la più estrema di questa edizione. Sono stati dati punti fermi agli studenti da cui partire per l’elaborazione di questi scenari futuri?MM consideriamo l’area di progetto (1.200 kmq) come già urbanizzata al cento per cento. Sappiamo inoltre da uno studio che le zone più densamente popolate hanno maggiore sostenibilità, ovvero si è visto che più densa è la zona, meno si spende in energia per abitante. così abbiamo iniziato con un’analisi dei punti forti e dei punti deboli per capire cosa pensavano gli studenti. abbiamo usato diverse metodologie di studio che vengono spesso usate in economia per lavorare con un gruppo di persone. Grazie a un sistema a sorteggio (il lancio dei fagioli sulla cartina) sono stati definiti i luoghi in cui inviare gli studenti per fotografare e comprenderne le dinamiche. ho poi chiesto loro di elaborare, secondo logiche astratte, dei prototipi, delle idee libere dal luogo, per sperimentare un linguaggio fatto di possibilità. cosa cambia nella percezione se si crea un muro più o meno alto? Un muro a mezza altezza crea l’esigenza di elevarsi per vedere cosa c’è oltre, mentre davanti a un muro alto vien meno anche la curiosità stessa di guardare oltre. Dall’idea che Venezia non è solo il “pesce” che siamo abituati a vedere, ma si estende in tutta la laguna, nasceranno diversi progetti. come è noto, l’immagine di Venezia è indissolubilmente legata al turismo, ma se viene a mancare questo fenomeno così forte viene meno la città che si sviluppa attorno a detto magnete. Quindi abbiamo fatto semplici calcoli. la consistenza demografica di napoli o manhattan è di 31, 33 milioni di abitanti, quella di amsterdam di 5 milioni, mentre quella di Venezia arriva a 9 milioni. Queste cifre costituiscono un tentativo di elaborare dati per insegnare come lavorare in futuro sulle città.W Qual è il modo in cui pensa di sviluppare negli studenti la capacità di esplorare e discutere questi scenari?

MM noi usiamo una metodologia, senz’altro discutibile, ma riteniamo che se è utile al raggiungimento dell’obiettivo è pur sempre buona. la cosa principale che chiediamo agli studenti è di ripensare alle strategie che oggi si danno per scontate essere le migliori, per scoprire che vi possono essere altri modi per arrivare alla meta. Un esempio pratico: tutti noi allacciamo le scarpe nel modo che ci viene convenzionalmente insegnato ma è errato poiché girando i lacci due volte nello stesso verso, si ottiene un nodo che può muoversi e sciogliersi. Se annodassimo prima da un lato e poi dall’lato avremmo come risultato un nodo fermo. Questo a dimostrazione che non tutte le cose che crediamo migliori lo siano realmente. Vorremmo mettere gli studenti nelle condizioni di vedere e pensare da soli (infatti non tutto il lavoro svolto nel WS è di gruppo, buona parte è individuale), per arrivare a ricavare delle regole, forse già esistenti o forse nuove.W Come guiderà gli studenti nel passaggio dalla grande alla piccola scala quando il progetto lo richiederà?MM Qualche progetto sarà forse 1:1, altri 1:40.000. ci saranno davvero tutte le scale. noi non cercheremo di raggiungere una forma architettonica, ma vorremo trovare in termini urbanistici qualche soluzione e porre delle domande. non abbiamo la presunzione di avere risposte, ma il solo porci domande ci spinge alla crescita. le risposte giuste non esistono.W In relazione all’urban regeneration, ha intenzione di lavorare con i suoi studenti principalmente a livello compositivo o si occuperà anche dell’aspetto costruttivo tecnologico?MM Di certo non sarà solo a livello compositivo, l’architettura necessita della tecnologia: è un legame indissolubile.W Verso una previsione futura, in che misura si può intervenire sull’utilizzo di tecnologie sostenibili nella trasformazione di industrie pesanti, fabbriche e luoghi contaminati?MM Questa è una domanda da un milione di dollari. aspettate fino alla fine, forse avremmo le risposte. non ne sono sicuro, ma ci proveremo.

FeDerIco marIa PIVetta

Page 8: WAVe11 numero 7

AVVISIAPPuNtAmeNtI

AteLIer cONFereNZe BINAte/LectureS

GALLerIA FOtOGrAFIcA

AUDITORIUM SANTA MARTA28 giugno–8 luglio, ore 17:00

Urban regeneration: esperienze a confronto Urban regeneration: comparing experiencesmoderatore chairman Giancarlo carnevale

6 luglio Schneider/lovero

7 luglio chun/Deganello

8 luglio mazzanti/carnevale

Vi segnaliamo che è disponibile on line la nuova galleria fotografica WS 2011 raggiungibile attraverso il nostro bloghttp://farworkshop.wordpress.com/.

APERTURA ISCRIZIONE ESAMI tutti gli studenti registrati nei workshop dovran-no provvedere ad iscriversi al relativo esame tra-mite spin dal 1 all’11 luglio. Si ricorda che per l’esame del prof. navarra ci si dovrà iscrivere con il prof. carnevale.STAMPE Da lunedì 4 luglio si potranno ritirare i materiali messi a disposizione dalla facoltà per i plastici. Il ritiro avverrà dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 17: 00 presso la stanza accanto all’ufficio tecnico (piano terra Santa marta, dopo le aule G e I). Si ricorda che gli studenti incaricati dovran-no venire accompagnati almeno da un tutor.SERVIZI nei corridoi di ciascuna sede sono stati attrezza-ti contenitori appositi per la raccolta differenziata (carta, plastica, ecc.) e per i materiali scartati dai plastici. Utilizzateli! all’esterno di ciascuna sede è stato attrezzato un luogo apposito per even-tuali operazioni di verniciatura spray (anche per la colla!) dei modelli o parti di esso.

PULIZIE nelle aule: tutto ciò che sarà lasciato per terra e su sedie sarà gettato. Usare i sacchetti neri forniti per un eccesso di rifiuti. lasciarli legati in aula per lo smaltimento. nei corridoi: tutto ciò che sarà lasciato per ter-ra, su tavoli e sedie sarà gettato. a partire dalla terza settimana a ciascun WS sarà fornito una scopa e una paletta per una pulizia autonoma dell’aula, soprattutto per il giorno della mostra finale!PLASTICI la Facoltà mette a disposizione dei materiali di cartoleria (fogli 100X70 cm in carton legno e carton sandwich da 1/2/3 mm). a partire da mercoledì 6 luglio, ciascun docen-te e/o relativi collaboratori potranno far ritirare presso la stanza dell’organizzazione i materiali. Scambi di materiali potranno avvenire solo se concordati tra i laboratori e coordinati dagli inte-ressati. Si ricorda che questo contributo è inte-so per la mostra finale.

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Workshop di a

rchitettura a Veneziaanno V

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uotidiano dell’Università Iuav di Venezia

COTONIFICIO SANTA MARTA

piano terraA1 Del boA2 chun/De matteisB PatestosC crosetD GalantinoE mariniF bugatti/cattaneoG carnevale/GianiI lovero

piano primoL1 rotaL2 KollhoffM1 DeganelloM2 correttiN1 agency + Fram_menti SchneiderN2 FicarelliO1 SpadoniO2 mazzanti

MAGAZZINI LIGABUE/EDIFICIO 6

piano terra0.1-0.3 rossetti0.2-0.4 Kéré0.5-0.7 narne0.8-0.10 latini

piano primo1.1-1.3 bricolo1.2-1.4 Supersudaca Rascovsky1.5-1.6 redazione Wave e blog1.7-1.9 elasticospa Pujatti1.8 mutschlechner

piano secondo2.2 okada2.3 navarra2.4 Kelly/borghini2.5 De architekten cie Medic + Puljiz

WS brIcoloMAGAZZINI LIGABUE 1.1 -1.306 luglio, ore 15:00Stefano Pujatti (elasticoSpa)Conferenza: Percezione Elastica

WS elaStIcoSPaMAGAZZINI LIGABUE 1.7-1.906 luglio, ore 16:00Ian+Conferenza: +++

WS brIcoloMAGAZZINI LIGABUE 1.1 -1.307 luglio, ore 11:00mauro marzoConferenza: Fino alla Linea del Suolo

WS elaStIcoSPaMAGAZZINI LIGABUE 1.7-1.907 luglio, ore 11:00Simone Sfriso (tam)Conferenza: Di diritto e di rovescio

comUne DI GrISIGnano DI Zocco

ACCESSO BIBLIOTECA DPA ECCEZIONALMENTE APERTA A TUTTI I PARTECIPANTI DEI WORKSHOPl’accesso alla biblioteca (II piano Dpa, Santa marta) è consentito, nei limiti delle postazioni disponibili per ragioni di sicurezza, a tutti i par-tecipanti del WS: docenti Iuav, docenti esterni, collaboratori e studenti. Si potranno consultare volumi e periodici ed effettuare riproduzioni nel rispetto della normativa vigente in materia di di-ritto d’autore. Gli studenti possono accedere a gruppi di 5 (max 10) per volta. la capienza della biblioteca è di 30 posti e occorre consentire la frequentazione all’utenza regolare. Il prestito sarà concesso ai soli docenti Iuav o loro delegati, per uno o più giorni. tutti i volumi pre-stati devono essere caricati a nome di un do-cente Iuav. In biblioteca il personale fornirà i mo-duli per la richiesta di accesso e per la delega al prestito. Per altri chiarimenti rivolgersi alla dott.ssa carla Pezzin (biblioteca Dpa, orario ufficio, telefono 041 2571008).