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“L’analisi e il lavoro fatto vogliono essere contemporaneamente un punto di arrivo […] e di partenza per avviare concrete iniziative sui territori dove la Banca intende svolgere un ruolo di stimolo progettuale e di erogatore di finanza e consulenza, per essere sempre più vicina alle imprese.”

Gabriele Piccini – Country Chairman Italy UniCredit S.p.A. “[…] se è vero (noi ne siamo certi…) che i distretti stanno traghettando l’Italia fuori dalla crisi, è anche vero che verrà il momento di programmare la crescita. E i distretti vogliono farsi trovare pronti.”

Valter Taranzano – Presidente Federazione dei Distretti Italiani

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PREFAZIONE .................................................................................................................................................... II

PRESENTAZIONE ............................................................................................................................................ III

1 I DISTRETTI DELLA MODA: UN PROGETTO AL SERVIZIO DEI TERRITORI ................................................ 1

2 IL METODO DI INDAGINE ....................................................................................................................... 8

2.1 MODALITÀ E FINALITÀ DELL’ANALISI .................................................................................................................. 8 2.2 I DUE CAMPIONI DELL’ANALISI .......................................................................................................................... 8 2.3 L’ANALISI QUALITATIVA .................................................................................................................................. 8 2.4 L’ANALISI QUANTITATIVA .............................................................................................................................. 15

3 I DISTRETTI ........................................................................................................................................... 18

3.1 DISTRETTO DEL CAPPELLO DI MONTAPPONE E MASSA FERMANA ........................................................................ 18 3.2 DISTRETTO CALZATURIERO DI FERMO .............................................................................................................. 31 3.3 DISTRETTO DELL’OCCHIALE DI BELLUNO .......................................................................................................... 43 3.4 DISTRETTO DEI PRODOTTI IN PELLE E CUOIO DI SANTA CROCE SULL'ARNO.............................................................. 57 3.5 DISTRETTO INDUSTRIALE TESSILE - LANIERO DI BIELLA ........................................................................................ 71 3.6 DISTRETTO ORAFO DI VALENZA PO ................................................................................................................ 86 3.7 DISTRETTO VENETO DELL’ABBIGLIAMENTO – VERONA MODA ........................................................................... 100 3.8 DISTRETTO DELLO SPORTSYSTEM DI MONTEBELLUNA ...................................................................................... 113 3.9 DISTRETTO VENETO SISTEMA MODA ............................................................................................................ 128 3.10 DISTRETTO PRODUTTIVO DELLA FILIERA MODA PUGLIA ................................................................................... 142 3.11 DISTRETTO ORAFO-ARGENTIERO DI VICENZA ................................................................................................. 156 3.12 DISTRETTO DEL TESSILE-ABBIGLIAMENTO DI PRATO ........................................................................................ 170

4 CONCLUSIONI ..................................................................................................................................... 184

5 QUADRO DI SINTESI DATI QUANTITATIVI .......................................................................................... 189

6 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................... 190

7 CURATORI E COLLABORATORI DEL PROGETTO “I DISTRETTI DELLA MODA” ..................................... 191

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I Distretti della ModaIndice

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I Distretti della Moda

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Prefazione

Country Chairman Italy UniCredit

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I distretti, la forza del Made in Italy: con l’aggregazione stanno superando la crisi, con le progettualità comuni vinceranno in futuro

È di moda, oggi, parlare di imprese in rete e di aggregazioni. Alcuni tendono a scollegare queste strategie dai distretti. Sbagliando. Perché le piccole e le medie imprese del sistema distrettuale da tempo fanno gruppo-squadra.

I metadistretti di qualche anno fa non erano forse gli avamposti sperimentali delle reti di oggi? Idistretti per primi hanno capito che il Made in Italy nel mondo andava valorizzato con nuovi percorsi imprenditoriali finalizzati alle aggregazioni di aziende.

In tempi non sospetti (quando le reti non andavano ancora di moda…) la Federazione dei Distretti Italiani, che si confronta costantemente con i suoi associati, intuì dove questo percorso avrebbe portato, capì che i sistemi distrettuali erano ormai diventati aperti e diffusi. Le loro radici territoriali restavano, ma i confini si allargavano, abbracciando più territori, più province, più regioni. Così la Federazione diede vita a una nuova governance. Basta distretto con confini delineati, ma Paese suddiviso in quattro cluster, classificati secondo le “4A” del Made in Italy: Abbigliamento-Moda; Automazione-Meccanica; Arredo-Casa; Alimentare-Agroindustriale-Ittico. Il tutto proponeva un’interazione tra più territori, più esperienze, più valenze.

Nella sua azione di “generatore” di progettualità comuni, poi, la Federazione è andata oltre. Si è messa a studiare e a indagare i vari settori distrettuali. Sempre con lo scopo di rintracciare strade comuni percorribili per far crescere, migliorare, magari far anche uscire dalla crisi i distretti stessi.

Lungo questa strada, abbiamo trovato in Unicredit un partner convinto e preparato. Un partner col quale abbiamo dato vita a una prima analisi, calibrata su 10 distretti della meccanica (uno dei settori delle 4A). Dal primo step osservativo e valutativo si è poi passati a vere e proprie progettualità comuni tra i 10 distretti che hanno dato risultati importanti a tutti i livelli.

Oggi l’esperienza viene replicata con una delle 4A che maggiormente rappresentano il Made in Italy (assieme all’alimentare): la moda, l’abbigliamento. Abbiamo messo sotto la lente d’ingrandimento i 12 distretti del sistema-moda che vanno per la maggiore, arrivando a definire un quadro di sintesi preciso e mirato.

vero (noi ne siamo certi…) che i distretti stanno traghettando l’Italia fuori dalla crisi, è anche vero che verrà il momento di programmare la crescita. E i distretti vogliono farsi trovare pronti.

Valter TaranzanoPresidente Federazione Distretti Italiani

Mirato a cosa? A identificare iniziative sinergiche, percorsi collettivi, obiettivi comuni. Perché se è

III

I Distretti della ModaPresentazione

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I distretti della Moda:un progetto al servizio dei territori

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I Distretti della Moda

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1 I distretti della Moda: un progetto al servizio dei territori

In chiusura del 2009 la Federazione dei Distretti Italiani e l’unità dei Progetti Speciali UniCredit Corporate Banking hanno presentato insieme un evento dal titolo “I Distretti della Meccanica – 10 realtà a confronto per valorizzare le eccellenze ed agire sui territori”. Tale evento ha rappresentato un momento di conclusione di un più ampio progetto nel quale i due partner hanno messo a fattor comune le proprie competenze e capacità realizzative per comprendere e per supportare successivamente le progettualità strategiche di 10 territori specializzati nelle produzioni meccaniche. Si è trattato di un momento di pubblica convergenza che ha visto come protagonisti gli imprenditori dei territori coinvolti, le istituzioni, la banca, il mondo associativo e quello della ricerca, In tale occasione sono stati presentati non solo gli esiti dello studio svolto in buona parte sui territori interessati e destinato ad individuare gli elementi strategici di forza e di debolezza di ciascun distretto, ma anche e soprattutto le idee di progetto alle quali UniCredit e la Federazione dei Distretti potessero contribuire insieme, favorendone la realizzazione in linea con la fotografia dei bisogni e delle opportunità emerse dall’analisi.

Visto il gradimento dell’iniziativa da parte della stampa ed in particolare degli attori dei territori coinvolti, nel corso dell’evento stesso i due partner, hanno voluto lanciare la palla in avanti, dichiarando pubblicamente l’intento di sviluppare nell’immediato futuro un’iniziativa analoga destinata ad un’altra delle celebri “4 A” del Made in Italy (Automazione-Meccanica, Abbigliamento-Moda, Alimentare, Arredo), ed in particolare, al settore che - pur con volumi meno importanti rispetto a quelli espressi dalla meccanica - richiama fortemente l’attenzione sul manifatturiero italiano in tutto il mondo: il settore Moda-Persona. Ecco allora che, partendo dalle medesime logiche di conoscenza e di servizio ai territori già sperimentate sui distretti della meccanica, nella primavera del 2010 i due partner hanno lanciato un nuovo progetto sul settore che aggrega sotto di sé sia segmenti merceologici specializzati nella produzione di beni intermedi, che vanno dal tessile alla lavorazione delle pelli, sia comparti produttivi ben più noti al consumatore finale, come quelli dell’abbigliamento, della calzatura e della pelletteria, senza dimenticare quelli dell’oreficeria e dell’accessorio.

Il Sistema Moda italiano, di fatto, è uno dei comparti che storicamente hanno contribuito maggiormente alla crescita economica del nostro Paese. Nel corso degli anni, il continuo sviluppo del settore ha permesso all’Italia di acquisire una posizione di assoluta leadership in questo campo. In tale dinamica l’export ha giocato un ruolo fondamentale, trainando l’industria italiana ai vertici mondiali del settore: dal 1975 al 1995 l’export italiano del settore è passato da 1,9 a 32,8 miliardi di euro. Confrontando tale crescita con quella del Valore Aggiunto del settore, emerge chiaramente la stretta correlazione esistente tra i due fattori fino agli anni ’90, periodo nel quale le esportazioni sono cresciute in modo più rilevante rispetto al Valore Aggiunto, evidenziando un settore sempre più internazionalizzato. In termini di Valore Aggiunto il Sistema Moda italiano nel 2008 ha raggiunto un valore di 27,4 miliardi di euro, pari all’11% dell’intera industria manifatturiera italiana. Di fatto, il peso del sistema moda sul manifatturiero nazionale è molto significativo, soprattutto se confrontato con il 3,6% della Francia, il 4,9% della Spagna, il 2,9% del Regno Unito e l’1,7% della Germania. Tali Paesi, tra l’altro, nel corso degli anni hanno progressivamente ridotto l’impatto delle proprie filiere tessile-abbigliamento, concia, pelletteria e calzatura sulla propria economia nazionale.

Anche relativamente all’export il Sistema Moda gioca un ruolo fondamentale all’interno della bilancia commerciale nazionale: nel 2008 il settore ha contribuito per 41,9 miliardi di euro, pari all’11,5% del totale, con un ruolo trainante da parte dell’Abbigliamento (40%) seguito dal Tessile (26%) e dal Calzaturiero (18,2%), mentre hanno contribuito in misura minore la Concia e la Pelletteria (entrambi attorno al 7,5%)1.

1 Rapporto “M2 – Meridiano Moda” Febbraio 2010 a cura di ITF, Unioncamere e Ambrosetti.

I Distretti della Moda

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Fonte: rielaborazione The European House-Ambrosetti su dati Eurostat, 2010

Se, come abbiamo visto, da un lato il Sistema Moda-Persona italiano riveste una grande importanza per il Paese, dall’altro va anche detto che questo settore rispecchia pienamente i modelli produttivi peculiari che contraddistinguono molti altri comparti tipici del nostro sistema industriale. In particolare, la presenza di un esiguo numero di grandi imprese affiancate da una miriade di imprese medie, piccole e piccolissime con una forte specializzazione nelle produzioni manifatturiere. Tale modello, nel corso degli anni, si è sviluppato in maniera ancor più accentuata in

Figura 2.1 - Valore della Produzione del Sistema Moda nell’UE-12, 2006

Figura 1.1 - Ripartizione del Valore Aggiunto e dell’Export dell’industria manifatturiera italiana nel 2008

Fonte: rielaborazione The European House-Ambrosetti su dati Eurostat, 2010

Pertanto, sia per Valore Aggiunto che per Export il Sistema Moda italiano risulta secondo soltanto al grande comparto della Meccanica, il settore sul quale, non a caso, ci siamo concentrati per il primo dei nostri progetti sui distretti italiani.

Il primato del Sistema Moda italiano si conferma anche a livello europeo: l’Italia, con il 44% del valore della Produzione complessiva dell’UE-12, detiene, infatti, la prima posizione per Valore della Produzione del Sistema Moda in Europa occidentale, seguita a distanza da Francia (14%), Germania (13%) e Spagna (11%). Nel dettaglio dei singoli comparti, il nostro Paese detiene la leadership europea (UE-12) nel settore conciario, con il 78% della produzione di settore, e in quelli della pelletteria e del calzaturiero che si attestano entrambi al 59% della produzione complessiva dell’Europa Occidentale. Anche nei comparti del tessile e dell’abbigliamento l’Italia vanta una posizione di rilievo, rappresentando rispettivamente il 36% e il 42% del Valore delle Produzione europea di settore.

Germania 13%

Francia 13%

Spagna 11%

Italia 44%

Danimarca <1%

Irlanda <1%

Lussemburgo <1%

Belgio 4%UK 7%Portogallo 4%

Olanda 2%

Grecia 2%

36%

78%

59%

59%

42%

Calzaturiero

Pelletteria

Concia

Tessile

Abbigliamento

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I Distretti della Moda

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I Distretti della Moda

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Tabella 1.1 - I settori principali dei distretti industriali

Fonte: Istat

Questi dati non possono, quindi, che confermare la validità della scelta fatta dai due partner UniCredit e Federazione Distretti nel concentrare l’attenzione del nuovo progetto sui distretti del settore moda. Ciò individuando innanzitutto un numero di territori agevolmente gestibile e al tempo stesso rappresentativo in termini di diversificazione delle produzioni e di distribuzione geografica, sul quale effettuare un’indagine a tutto campo per comprendere il posizionamento strategico, le performance economico-finanziarie e di conseguenza gli interventi più opportuni e per sviluppare, laddove possibile, iniziative coordinate a supporto dei territori interessati.

Il progetto ha portato i due partner ad individuare insieme un novero iniziale di una ventina di distretti del settore, con i quali la Federazione intrattiene rapporti (alcuni direttamente associati, altri non ancora). A ciascuno di questi è stata proposta formalmente la partecipazione attiva all’iniziativa,

Antonio Ricciardi, 2008

molti territori che hanno abbinato la concentrazione territoriale alla componente settoriale, sviluppando il fenomeno dei distretti industriali in proporzioni ben più evidenti di quanto non sia avvenuto in molti altri paesi europei.

Il distretto industriale è un addensamento territoriale con un’alta concentrazione di piccole e medie imprese industriali ad elevata specializzazione produttiva, generalmente caratterizzate da un’intensa interdipendenza dei loro cicli produttivi e fortemente integrate con l’ambiente socio-economico locale che le ospita. Il distretto non va confuso con le aree industriali: territori dove sono concentrate imprese di differenti settori e specializzazioni, che molto spesso non hanno sviluppato tra loro alcun tipo di collaborazione e alcun legame con il territorio2. Generalmente, in un distretto operano imprese indipendenti, ma integrate in una rete di relazioni di cooperazione informale e di lungo periodo. La caratteristica peculiare dei distretti è, infatti, la collaborazione tra imprese: nel distretto si distribuiscono gli ordini di produzione, si realizzano insieme servizi, si mettono in comune conoscenze e si sviluppa insieme innovazione.

Il modello produttivo del distretto industriale ha dimostrato nel tempo di funzionare particolarmente bene nei settori del Sistema Moda. Se è vero, quindi, che il peso dei distretti sul totale dell’economia italiana è rilevante (le 215.000 aziende manifatturiere dei distretti italiani con 2 milioni di addetti realizzano il 27,2% del PIL italiano e il 46% delle esportazioni totali), è un dato di fatto che oltre il 45% dei distretti italiani fa riferimento ai comparti del macro-settore del Moda-Persona.

Settore Distretti %

Tessile-abbigliamento 45 28,8

Meccanica 38 24,4

Beni per la casa 32 20,5

Pelli, cuoio e calzature 20 12,8

Alimentari 7 4,5

Oreficeria 6 3,8

Cartotecniche e poligrafiche 4 2,6

Prodotti in gomma e in plastica 4 2,6

Totale Italia 156 100,0

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I Distretti della Moda

Figura 3.1 - I 12 distretti partecipanti al progetti “I Distretti della Moda”

Per ciascuno dei 12 distretti partecipanti si è organizzato un incontro sul territorio con l’obiettivo di confrontarsi con un congruo numero di opinion leader locali, tra i quali imprenditori storici del territorio, rappresentanti delle istituzioni locali, del mondo associativo e corporativo dotati di una visione quanto più possibile completa e aggiornata sulle dinamiche in atto nel distretto.

Il team di lavoro, espressione delle competenze in capo ai due partner di progetto, ha iniziato un viaggio lungo oltre 8.000 Km che lo ha portato a incontrare realtà produttive molto diverse tra loro: imprenditori di grandi, piccole e piccolissime dimensioni, assessori provinciali e comunali, sindaci, funzionari e presidenti di associazioni di categoria, referenti di enti di distretto e rappresentanti delle Camere di Commercio. Nel corso del viaggio tra i 12 territori abbiamo ascoltato le diverse voci del distretto, talvolta anche parzialmente discordanti tra loro, per comprenderne la storia, le ragioni del successo e delle eventuali difficoltà. Si è poi proceduto ad uniformare l’esito dei colloqui attraverso un metodo di analisi qualitativa in grado di restituire per ciascuno dei temi trattati un punteggio di sintesi, espressione del posizionamento strategico assunto dal distretto. Siamo convinti che effettuare uno studio a distanza di centinaia di chilometri, senza “sporcarsi le mani” lavorando a stretto contatto con la gente del territorio, semplicemente sulla base di informazioni raccolte a vario titolo, non avrebbe consentito di avvicinarsi così tanto alla realtà dei singoli aggregati. Così facendo speriamo di aver colto, se non l’essenza più profonda, senz’altro gli elementi chiave di ogni distretto per ricostruirne il posizionamento attuale e soprattutto le prospettive. A ciò va poi aggiunto che la fase successiva del progetto, quella nella quale potranno essere sviluppate le proposte e le iniziative più coerenti con il check-up strategico emerso dal distretto, è realizzabile solo nella misura in cui i promotori del progetto siano vicini e presenti sui territori interessati, così come un grande gruppo bancario qual è UniCredit può garantire in virtù della sua capillare rete di servizio.

I temi trattati nella sessione di approfondimento qualitativo vertono su quattro filoni principali, declinati in dettaglio nel corso delle interviste ai protagonisti locali. Questi sono rispettivamente: cooperazione, strategia, innovazione e internazionalizzazione. Per comprendere con precisione

non solo in termini di disponibilità a far incontrare il team di lavoro con un numero di opinion leaderdel territorio, sia nella fase di analisi strategica preliminare che di sviluppo di eventuali progettualità, ma anche in termini di disponibilità a fornire un elenco di imprese ascrivibili al distretto per costituirci un campione rappresentativo nella fase di analisi quantitativa.Inoltre, ciascun distretto è stato anche chiamato ad indicare un “referente di distretto” nel ruolo di promotore e coordinatore sul territorio delle diverse fasi del progetto. I diversi territori coinvolti nella fase preliminare, per motivazioni di volta in volta diverse, si sono ridotti ad un numero definitivo di 12 distretti effettivamente partecipanti al progetto.

PUGLIAMETADISTRETTO DELL’ABBIGLIAMENTO MODA PUGLIESE

VENETOVENETO SISTEMA MODA

VENETOVERONA MODA

ABBIGLIAMENTO

MARCHEDEL CAPPELLO DI MONTAPPONE

VENETODELL'OCCHIALE DI BELLUNO

ACCESSORIO

PIEMONTEORAFO DI VALENZA PO

VENETOORAFO ARGENTIERO DI VICENZA

OREFICERIA

TOSCANACONCIARIO DI SANTA CROCE SULL'ARNO

MARCHECALZATURIERO FERMANO MACERATESE

VENETOSPORTSYSTEM DI MONTEBELLUNA

CALZATURE E CUOIO

PIEMONTETESSILE DI BIELLA

TOSCANATESSILE DI PRATO

TESSILE

PUGLIAMETADISTRETTO DELL’ABBIGLIAMENTO MODA PUGLIESE

VENETOVENETO SISTEMA MODA

VENETOVERONA MODA

ABBIGLIAMENTO

MARCHEDEL CAPPELLO DI MONTAPPONE

VENETODELL'OCCHIALE DI BELLUNO

ACCESSORIO

PIEMONTEORAFO DI VALENZA PO

VENETOORAFO ARGENTIERO DI VICENZA

OREFICERIA

TOSCANACONCIARIO DI SANTA CROCE SULL'ARNO

MARCHECALZATURIERO FERMANO MACERATESE

VENETOSPORTSYSTEM DI MONTEBELLUNA

CALZATURE E CUOIO

PIEMONTETESSILE DI BIELLA

TOSCANATESSILE DI PRATO

TESSILETessile

OAccessorio

OOreficeria

OCalzature e Cuoio

OAbbigliamento

Tessile

OAccessorio

OOreficeria

OCalzature e Cuoio

OAbbigliamento

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I Distretti della Moda

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come siano state affrontate le singole tematiche si rinvia al capitolo n.2 relativo al “Metodo di Indagine”.

È in ogni caso utile evidenziare come alcune tra le tematiche da noi approfondite nel corso del presente studio siano oggi di scottante attualità nell’evolversi del dibattito sui distretti industriali, ed in senso più ampio, nelle analisi relative alla trasformazione del sistema produttivo nazionale. Tra questi, uno dei temi più caldi e che ci sta più a cuore è quello della vitalità dei distretti e della la loro evoluzione verso reti di imprese, aggregati sempre meno legati ad una connotazione esclusivamente territoriale. Distretti e reti sono realtà che nel dibattito taluni tendono a porre in antitesi tra loro, indicando il distretto come modello produttivo superato a vantaggio esclusivo delle reti. Una posizione che – alla luce della nostra esperienza sul campo – non ci sentiamo di sottoscrivere se non soltanto in parte, ritenendo che la rete possa rappresentare senza dubbio la logica e consequenziale evoluzione del distretto, senza tuttavia che ciò presupponga l’esaurirsi definitivo del ruolo dei distretti intesi come aggregato a forte connotazione territoriale.

È un dato di fatto storico che l’economia italiana sia caratterizzata da un capitalismo della piccola impresa e al tempo stesso da un capitalismo del territorio. Ed è proprio sul territorio, in perfetta simbiosi con le comunità locali, che si sono addensate nel corso degli anni delle fitte reti locali che hanno favorito la diffusione della conoscenza e la crescita delle imprese in un tessuto di filiere finemente specializzate. Piccola impresa e capitalismo del territorio sono, quindi, fenomeni strettamente interdipendenti: la maggior parte delle microimprese presenti e attive nel circuito produttivo non potrebbe sopravvivere in assenza di legami forti con il proprio territorio e le reti di relazione in esso presenti. Sono queste reti che, infatti, rendono accessibili alle piccole imprese locali le economie di specializzazione e di scala, consentendo loro di organizzare processi produttivi moderni, dotati competenze di qualità e di un mercato di sbocco sufficientemente ampio. La chiave che rende possibile l’esistenza efficiente di molte piccole imprese sta proprio nella loro appartenenza a filiere localizzate che consentono di accedere a risorse eccedenti il loro ambito individuale. È la filiera che, grazie alla stabilità che garantisce nei rapporti verticali tra fornitori e clienti, consente di sommare idee, capacità, capitali, volumi produttivi che fanno parte della stessa catena produttiva, in particolare se risiedono in un territorio limitato come accade tipicamente nei distretti industriali (Bagnasco A., Bonomi A., Calmieri D., Rullani E., 2008)3. È evidente, quindi, che la filiera, nella sua eterogeneità, rappresenti un elemento chiave per la competitività del Sistema Moda italiano, al punto che la perdita anche di un solo componente potrebbe portare, nel lungo periodo, alla definitiva deindustrializzazione del settore, come peraltro già avvenuto nei principali Paesi dell’Europa occidentale. Ecco perché nella fase di studio del nostro progetto ci è sembrato importante indagare in maniera approfondita la reale consistenza dei rapporti di filiera e l’intensità dei cicli di cooperazione tra le imprese presenti in ciascuno dei distretti visitati. L’intento è quello di riuscire ad intercettare e quindi di supportare concretamente progetti che vadano nella direzione della salvaguardia delle filiere storiche, per definizione fortemente radicate nel territorio che le ha generate.

Ecco che, pur in modo spontaneo e poco organizzato, i territori italiani hanno fino ad oggi fornito alle imprese locali quelle esternalità materiali ed immateriali di cui queste – specie se piccole e piccolissime – hanno bisogno per entrare nei circuiti della produzione moderna. Tuttavia le sfide competitive a cui è sottoposto oggi l’imprenditore mettono alla prova e, talvolta, rimettono profondamente in discussione i modelli organizzativi che si sono consolidati nel tempo. In particolare, effetti dirompenti sulla competitività delle PMI italiane dei settori moda-persona ha avuto il fenomeno della globalizzazione. Tale fenomeno interviene su due fronti principali inducendo necessarie reazioni da parte dei sistemi produttivi locali: da una parte assegna importanti vantaggi di costo alla localizzazione della produzione verso i Paesi emergenti, inducendo l’imprenditore a scelte drastiche ma spesso indispensabili alla sopravvivenza dell’azienda, e dall’altra induce ad aprire le storiche filiere locali sia a monte (fornitori di materie prime, di semilavorati, di lavorazioni e di servizi) sia a valle (reti commerciali dirette e indirette). Si tratta di processi ineluttabili ai quali le imprese, anche piccole, devono dare risposta per poter competere nella nuova dimensione globale.

Bagnasco A., Bonomi A., Calmieri D., Rullani E. (2008), “Reti d’impresa: fenomeni emergenti” (cap. 2) - Reti d’impresa oltre i distretti – a cura di AIP ed. Il Sole 24 Ore

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I Distretti della Moda

In tale contesto, il territorio a scala locale che storicamente caratterizza i distretti industriali sembra evidenziare una progressiva perdita di ruolo dovuta al fatto che la maggior mobilità delle persone, delle informazioni e delle merci riduce il vantaggio competitivo garantito dalla prossimità fisica. A tal proposito, vi è chi ritiene che occorra riposizionare le attività che possono ancora godere di vantaggi competitivi laddove svolte su scala locale rispetto a quelle che possono invece attingere da bacini più estesi ed aperti. Da questo punto di vista, il locale, consentendo rapporti stabili e intensi tra gruppi di persone fortemente integrate tra loro, assume significato nella specializzazione su competenze ad elevata complessità che richiedono un confronto particolarmente serrato (progettazione e sperimentazione congiunta, condivisione delle idee e dei rischi), mentre l’accesso a reti di relazione e fornitura più lunghe e distanti può risultare proficuo se applicato a funzioni di minor complessità e delicatezza (acquisizione dei materiali, realizzazione più o meno parziale dei manufatti, finitura, commercializzazione operativa del prodotto) (Bagnasco A., Bonomi A., Calmieri D., Rullani E., 2008).

Come intuibile, si tratta di fenomeni che spesso prendono forma autonomamente e spontaneamente, ma che porterebbero senz’altro maggiori risultati per le comunità interessate se guidati e coordinati in maniera efficace attraverso la realizzazione di forme di governance di distretto ben più serrate di quanto abbiamo molto spesso potuto verificare nel corso del nostro viaggio tra i distretti italiani. Proprio in merito al delicato tema della governance l’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani nella sua mappatura dei 92 distretti più importanti rileva forme di coordinamento e governo piuttosto differenziate tra un territorio e l’altro, ove la forma del Comitato di Distretto – che assume denominazioni diverse a seconda delle regioni (Comitato d’Area in Toscana, Comitato d’Indirizzo e Coordinamento nelle Marche, Agenzia per lo Sviluppo in Friuli Venezia Giulia) – risulta la più diffusa, pur con accezioni che si articolano da quella snella, flessibile e composta da pochi soggetti (ad es. tipica in Lombardia) a forme caratterizzate dall’ampia rappresentanza delle istituzioni politiche e associative locali (ad es. in Toscana). Nei distretti veneti le figura protagoniste della governance distrettuale sono invece il Rappresentante di Distretto (soggetto che rappresenta il patto di sviluppo e ne assicura la coerenza strategica monitorandone la realizzazione) e gli Attuatori del Patto di Distretto (persone impegnate in un’azienda del distretto in quanto titolari o dirigenti, che si prestano per gestire progetti a carattere consortile). In altre realtà territoriali sono le Agenzie di Sviluppo ad assolvere alle funzioni amministrative e di coordinamento (ad es. nel Lazio e in Abruzzo), mentre il caso dell’Emilia Romagna testimonia come sia possibile mettere in atto un efficace sistema di governance senza che siano definite a priori strutture, regole e modalità standard suggerite dalla Regione o da altra entità superiore, bensì facendo perno sulla volontà dei singoli soggetti coinvolti nelle realtà distrettuali a vario titolo (imprenditori, amministratori, ricercatori, ecc.) di rendersi propulsori dello sviluppo del proprio territorio e di favorire la concertazione e la cooperazione tra gli attori locali. In questa regione manca, infatti, una specifica normativa che regoli l’individuazione, l’istituzione ed il funzionamento dei distretti e delle figure preposte al loro governo. Governo che tuttavia viene egregiamente assicurato da organismi di natura privatistica (associazioni imprenditoriali, centri di ricerca, consorzi di produttori) o da enti pubblici (comuni, camere di commercio) che prendono autonomamente l’iniziativa, partecipando attivamente alla gestione dei distretti e governandone i processi decisionali, con un condiviso e forte senso di responsabilità e di proattività verso il bene comune4.

In ogni caso – alla luce di quanto è per noi stato possibile riscontrare nelle due edizioni del nostro viaggio attraverso i distretti (Distretti della Meccanica nel 2009 e Distretti della Moda nel 2010) – è fondamentale sottolineare che le performance competitive conseguibili dal singolo distretto (da noi accuratamente misurate nello studio) dipendono in larga misura da fattori endogeni alle dinamiche del territorio, e tra questi è compresa la capacità che questo ha di immaginare, volere e quindi attuare in maniera integrata strategie e politiche di sviluppo. Tali intenti, però, riescono ad essere perseguiti soltanto laddove emerga un impegno fortemente condiviso dalle differenti classi di attori che costituiscono la comunità locale, al di là delle possibili modalità tecniche nelle quali, come abbiamo visto, è possibile organizzarne la governance del distretto industriale.

Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani a cura di Unioncamere e Confindustria – 1° rapporto (gennaio 2010)

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I Distretti della Moda

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2 Il metodo di indagine

2.1 Modalità e finalità dell’analisi

Il progetto “I Distretti della Moda” intende mettere a disposizione dei 12 territori che hanno partecipato all’iniziativa una base conoscitiva dalla quale sia possibile prendere spunto per sviluppare idee e progettualità coerenti con quanto evidenziato nella fase di studio. L’obiettivo che si sono prefissi i due partner promotori dell’iniziativa è quello di essere concretamente d’ausilio alle scelte strategiche dei singoli distretti protagonisti del progetto. Il lavoro intende infatti mettere a disposizione una solida base di discussione per agevolare forme di dialogo tra i diversi soggetti in campo: i singoli distretti, la Banca, la Federazione e - laddove sia opportuno e utile - le Istituzioni. Da queste premesse confidiamo possano innescarsi processi virtuosi che vadano a rafforzare i punti di eccellenza ed a colmare i punti di debolezza strategica emersi dall’analisi per ciascuno dei distretti coinvolti attraverso lo sviluppo di iniziative auspicabilmente di portata comune.

2.2 I due campioni dell’analisi

Nel perseguimento degli obiettivi indicati, l’analisi si è orientata verso due ambiti di approfondimento, funzionali all’individuazione di fenomeni di carattere qualitativo e quantitativo. Il primo, attraverso un programma di interviste individuali, rivolte ad un numero di opinion leader per ciascun distretto (imprenditori, referenti di distretto, rappresentanti delle istituzioni locali o del mondo associativo), ha consentito di elaborare un profilo strategico del distretto che, in relazione a tutti gli altri, forma un quadro d’insieme e di raffronto.

Parallelamente all’analisi qualitativa, è stata condotta un’analisi economico-finanziaria su un campione significativo di imprese per ciascuno dei distretti oggetto dello studio. L’analisi quantitativa si basa sui dati di bilancio delle singole imprese selezionate da cui è stato possibile ricavare importanti indicazioni sullo stato di salute e sulle dinamiche di ogni distretto di appartenenza – anche in questo caso contestualizzate in un quadro generale con le risultanze di tutti gli aggregati locali esaminati. È importante sottolineare che le imprese prese in considerazione, per evidenti ragioni di reperibilità dei dati di bilancio, sono tutte società di capitali.

Analisi qualitativa e analisi quantitativa confluiscono insieme in una scheda di approfondimento per ciascuno dei 12 distretti visitati che vuole essere una fotografia della realtà da noi riscontrata personalmente nel distretto – normalizzata secondo un metodo destinato a rendere omogenee e confrontabili le risultanze delle 66 interviste individuali con i rispettivi opinion leader locali – a cui si unisce dal lato economico e finanziario l’immagine, ancor più oggettiva, fotografata dai bilanci delle imprese ascrivibili al distretto.

2.3 L’analisi qualitativa

Come accennato, una parte importante del lavoro - sicuramente la più originale dell’analisi svolta dal team - si è concentrata sull’individuazione di quegli elementi essenziali che caratterizzano le realtà distrettuali, tuttavia non direttamente derivabili dalle fonti disponibili quali bilanci aziendali, dati statistici ufficiali pubblicati dalle istituzioni di distretto o studi pubblicati da altri istituti di ricerca. Pertanto, è stato sviluppato allo scopo un metodo di analisi originale destinato alla misurazione dei livelli di cooperazione, evoluzione strategica, innovazione e internazionalizzazione la cui applicazione consente di sintetizzare con un buon grado di approssimazione il posizionamento del

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9

I Distretti della Moda

singolo distretto, di evidenziarne i punti di forza e quelli di debolezza e di individuare gli elementi sui quali sarebbe opportuno intervenire nelle fasi operative del progetto per migliorare il grado competitivo del distretto stesso.

0%

INTERNAZIONALIZZAZIONE

INN

OV

AZI

ON

E

100%

0% 100%

Figura 2.3.1 - I quattro criteri utilizzati per il posizionamento dei distretti

Per ciascuno dei quattro macro-assi tematici (cooperazione, strategia, innovazione e internazionalizzazione) dell’indagine è stato quindi declinato un novero di argomentazioni di dettaglio, destinate a determinare l’incidenza delle componenti che concorrono alla valutazione. In particolare, per ciascuno degli argomenti di dettaglio, è stata elaborata una griglia di affermazioni tra le quali individuare quella che più fedelmente riesce a descrivere la realtà del distretto circa il tema in questione. A ciascuna affermazione corrisponde un punteggio assegnato.

L’alimentazione del modello di valutazione è stata condotta mediante un questionario guida rivolto ad un congruo numero di opinion leader, accuratamente selezionati in ciascun distretto tra imprenditori di riferimento, referenti amministrativi e organizzativi del distretto e rappresentanti del mondo istituzionale locale (associazioni industriali, camere di commercio, comuni, ecc.).

Ciascun degli opinion leader di distretto è stato intervistato individualmente dai componenti del team di lavoro nel corso di incontri appositamente organizzati sul territorio. Nel corso dell’incontro individuale l’intervistato si è così trovato ad approfondire le singole tematiche di dettaglio in un dialogo discorsivo con l’intervistatore, a cui spettava il compito di guidare l’intervista ed interpretarne le risultanze in modo da incanalarle nei criteri del metodo di misurazione qualitativa. Per ciascuna delle tematiche proposte intervistato ed intervistatore hanno, infatti, concordato la categoria e l’intensità di risposta che meglio descrive la realtà del distretto in modo da indirizzare la risposta nelle fattispecie più in linea con quella proposta dal modello riportato di seguito.

COOPERAZIONE

STR

ATE

GIA

0%

100%

0% 100%

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a

inte

nsa

COOPERAZIONEGrado di cooperazione e di coordinamento tra le imprese del distretto. Maturità ed estensione delle reti di imprese.Evoluzione delle forme di governance e radicamento dell'attività economica nel tessuto sociale ed economico del distretto.1 RUOLO GUIDA DELLE IMPRESE LEADER

Nel distretto sono presenti alcune imprese di dimensioni maggiori che stimolano lo sviluppo di una rete di fornitori sul territorio

Nel distretto si possono individuare una o più imprese leader che si avvalgono di un rete informale di fornitori sul territorio

Il distretto è contraddistinto da diverse imprese leader che si avvalgono di un rete consolidata di fornitori sul territorio

2 INTERDIPENDENZA PRODUTTIVA E COOPERAZIONE TRA IMPRESEOccasionali relazioni di fornitura tra le imprese del distretto

Moderato grado di interdipendenza nei cicli produttivi tra le imprese del distretto

Forte interdipendenza nei cicli produttivi talvolta accompagnata dalla realizzazione di progetti consortili finalizzati (es. brand di distretto, consorzi tematici)

3 ESTENSIONE DELLE RETI DI IMPRESELe imprese del distretto cooperano in prevalenza con reti di imprese localizzate all'interno del territorio individuato dal distretto stesso

Le imprese del distretto talvolta cooperano anche con reti di imprese che si estendono sul territorio nazionale

Le imprese del distretto cooperano regolarmente con reti che si estendono sia a livello nazionale che internazionale

4 GOVERNANCE DI DISTRETTOPresenza di un ente destinato a promuovere la cooperazione tra imprese , con semplici funzioni di rappresentanza del distretto (Camera di Commercio, Associazione Industriali Territoriale, Enti Locali, ecc.)

Presenza di fenomeni di effettiva collaborazione tra le imprese del distretto e le istituzioni promossi e coordinati anche a livello di distretto

Il distretto attraverso proprie istituzioni di coordinamento (comitato di distretto, manager di distretto...) riesce ad esprimere una "Strategia di Distretto" tale da indirizzare le scelte aziendali verso obiettivi di comune interesse

5 RADICAMENTO DEL DISTRETTO NEL TESSUTO SOCIALE ED ECONOMICO LOCALEIl tessuto sociale locale identifica il distretto come una delle componenti dell'economia locale con l'eventuale interazione nei confronti del sistema educativo locale (istituti professionali, scuole di design...)

A livello nazionale e all'estero l'economia locale viene spesso associata con quella tipica del distretto

A livello nazionale e all'estero l'economia locale viene comunemente identificata con quella tipica del distretto e a questa fanno capo quote significative di occupazione e di reddito del territorio di riferimento

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mod

erat

a

inte

nsa

STRATEGIAOrientamento da parte delle imprese del distretto ad applicare strategie coerenti in tema di:politiche di marca, orientamento al mercato, investimenti, organizzazione aziendale e governance.6 POLITICHE DI MARCA

Prevalenza di imprese e di imprese che effettuano lavorazioni per conto di committenti terzi non necessariamente localizzati nel distrettoPresenza di alcune imprese che si sono dotate di marchi propri o in licenza ( ) che si appoggiano ad una rete locale di terzisti

Ampia presenza di imprese di marca ( ) che si appoggiano sia a reti di terzisti locali che nazionali o esteri

7 STRATEGIE DI SVILUPPO (PRODOTTO/MARKETING)Le imprese del distretto sono prevalentemente concentrate sullo sviluppo di prodotti tradizionali di qualità

Tra le imprese del distretto vi è una diffusa propensione all'innovazione di prodotto

Tra le imprese del distretto molte ripongono particolare attenzione sia all'innovazione di prodotto che alle strategie di marketing

8 ORIENTAMENTO AL MERCATOLe imprese del distretto sono riconosciute prevalentemente per la qualità e l'efficienza delle proprie produzioni, ma non hanno ancora sviluppato un pieno orientamento al mercato (prevalenza di terzisti)

Molte imprese del distretto hanno svluppato la capacità di individuare e seguire prontamente le tendenze del mercato di riferimento (mix di terzisti e aziende pronto-moda)

Diverse imprese del distretto hanno sviluppato la capacità di anticipare e generare le tendenze del mercato di riferimento (marcata presenza di imprese a brand)

9 PROPENSIONE AGLI INVESTIMENTIPresenza preponderante di micro e piccole imprese con limitata propensione agli investimenti produttivi e commerciali in ambito nazionale ed internazionale

Presenza preponderante di piccole e medie imprese con discreta propensione agli investimenti per lo sviluppo aziendale in ambito nazionale ed internazionale

Molti imprenditori locali evidenziano una cultura dell'investimento sistematico in attività produttive e commerciali, nazionali ed internazionali

10 PASSAGGIO GENERAZIONALE E GOVERNANCE Gli imprenditori del distretto generalmente gestiscono il passaggio generazionale in maniera tradizionale mantenendo una governance strettamente familiare

Nel distretto alcuni imprenditori hanno iniziato a programmare per tempo il passaggio generazionale con qualche caso di apertura della governance familiare verso la delega manageriale

Nel distretto alcuni imprenditori hanno iniziato a programmare per tempo il passaggio generazionale con fenomeni di delega manageriale e di apertura del capitale a soci esterni

11 APERTURA DEL PORTAFOGLIO CLIENTELA DEI TERZISTII terzisti del distretto servono in misura preponderante (>60%) le imprese leader locali

I terzisti del distretto vendono sistematicamente anche ad imprese clienti al di fuori dell'ambito distrettuale

I terzisti del distretto diversificano regolarmente il portafoglio clienti sia sul mercato nazionale che internazionale

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I Distretti della Moda

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mod

erat

a

inte

nsa

INNOVAZIONEGrado di propensione all'innovazione tecnica, stilistica, strategica e organizzativa del distretto.

12 PROPENSIONE ALL'INNOVAZIONE Sono in prevalenza le aziende più grandi ad effettuare investimenti in ricerca e innovazione stilistica . Le PMI si limitano ad adeguare la produzione alla domanda delle imprese leader.

Gli investimenti in ricerca e innovazione stilistica vengono effettuati in prevalenza dalle aziende più grandi, ma anche dalle PMI più dinamiche

Tra le imprese del distretto è prassi pianificare regolari investimenti in ricerca e innovazione stilistica , in qualche caso con fenomeni di cooperazione tra imprese leader e PMI

13 TRADIZIONE E RIPOSIZIONAMENTOIl distretto nel suo insieme si mantiene focalizzato sulle produzioni tradizionali che ne hanno contraddistinto la storia

Alcune imprese del distretto si sono riposizionate con successo riuscendo a mettere a frutto competenze tradizionali e capacità di innovazione (tecnica, stilistica e di marketing)

Il distretto nel suo insieme ha saputo riposizionarsi con successo mettendo a frutto competenze tradizionali e capacità di innovazione (tecnica, stilistica e di marketing)

14 SINERGIE CON UNIVERSITA'/CENTRI DI RICERCA E STILENel distretto non risultano al momento fenomeni di collaborazione tra imprese e università e/o centri di ricerca e stile

Nel distretto si sono verificati fenomeni isolati di collaborazione tra singole imprese e università o centri di ricerca/stile

Nel distretto si sono verificati diversi fenomeni di collaborazione tra imprese e università o centri di ricerca/stile , talvolta promossi e coordinati a livello di distretto

15 ATTRAZIONE DI COMPETENZE ESTERNELe imprese del distretto in genere preferiscono formare internamente e fidelizzare competenze specialistiche, manageriali e mano d'opera

In qualche caso le imprese del distretto acquisiscono dall'esterno competenze specialistiche e manageriali come fonte di innovazione

Nel distretto il mercato del lavoro è vivace e le imprese riescono ad attrarre anche da altre regioni competenze specialistiche e manageriali di valore

16 DIRITTI DI PROPRIETA' INTELLETTUALE (modelli di utilità, disegno industriale, marchio)Sostanziale assenza di ricorso a forme di tutela della Proprietà Intellettuale da parte delle imprese del distretto

Sporadico ricorso a forme di tutela della Proprietà Intellettuale da parte delle imprese del distretto

Ricorso sistematico da parte di alcune imprese leader a forme di tutela della Proprietà Intellettuale

17 LOGISTICA INTEGRATAGestione individuale e tradizionale dei servizi logistici da parte delle imprese del distretto

Presenza di strutture logistiche integrate a livello di distretto

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I Distretti della Moda

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nsa

INTERNAZIONALIZZAZIONEGrado di apertura internazionale del distretto sia in termini commerciali che produttivi.

18 QUOTA EXPORT DEL DISTRETTO

La quota percentuale del volume di fatturato esportato sarà rilevata dalla dichiarazione ufficiale dell'ente di coordinamento del distretto

19 NOTORIETA' INTERNAZIONALE DEL DISTRETTONel distretto non vi sono brand riconosciuti a livello internazionale

Alcune imprese del distretto hanno un brand riconosciuto a livello internazionale

Il distretto è noto a livello internazionale per i brand di diverse imprese ivi localizzate

20 MULTI-LOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA La catena del valore delle filiere produttive tipiche del distretto viene prevalentemente mantenuta all'interno del distretto

Alcune imprese del distretto hanno attivato azioni di delocalizzazione per le fasi produttive a minor valore aggiunto

Nel distretto si registra una diffusa propensione ad azioni di multi-localizzazione produttiva , con il mantenimento delle funzioni aziendali cruciali e delle fasi produttive a più elevato valore aggiunto all'interno del distretto

21 INTERAZIONE CON PARTNER ESTERILe imprese del distretto fanno ricorso alla pratica della partnership commerciale estera (es. accordi di distribuzione) per la penetrazione di specifici mercati di particolare interesse strategico

Alcune imprese del distretto ricorrono occasionalmente alla creazione di in mercati esteri, per soddifare esigenze di produzione e distribuzione locali

Un certo numero di imprese del distretto ricerca sistematicamente opportunità di cooperazione commerciale e produttiva in aree di particolare interesse strategico

22 ATTIVITA' A SOSTEGNO DELL'EXPORT PER LE PMILe PMI del distretto esportano seguendo strategie e canali commerciali sviluppati in totale autonomia

Le PMI del distretto partecipano occasionalmente ad iniziative promozionali coordinate (missioni imprenditoriali, fiere…) Le PMI del distretto partecipano sistematicamente e con soddisfazione ad iniziative promozionali coordinate (missioni imprenditoriali, fiere…)

Figura 2.3.2 - Il questionario qualitativo e la griglia delle tematiche affrontate

Nei dodici distretti protagonisti dell’indagine, sono state raccolte in totale 66 interviste, corrispondenti ad un numero di opinion leader variabile tra i quattro e gli otto intervistati per ciascun distretto.

Come è naturale in una rilevazione statistica a carattere qualitativo, le possibili componenti di errore di tipo soggettivo ed oggettivo, nella misurazione del singolo fenomeno, possono essere senza dubbio presenti e non vanno pertanto sottovalutate, se si intendono raggiungere risultati quanto più possibile corretti. Per ovviare alle singole componenti di errore nella misurazione dei fenomeni indagati, e quindi a distorsioni nel posizionamento dei singoli distretti, si è ritenuto utile mettere in evidenza a priori quali potessero essere le criticità, al fine di individuare ed applicare opportuni correttivi destinati ad attenuarne l’incidenza.

In particolare di seguito ne diamo un quadro d’insieme:

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I Distretti della Moda

14

Figura 2.3.5 - Il quadro di sintesi sui quattro assi di posizionamento strategico

Tipologia di errore atteso Modalità per ovviare all'incidenza dell'errore

Soggettivo

L’intervistato tende ad identificare la propria visione dal punto di vista aziendale con quella del distretto

Numerosità degli intervistati per attenuare l'incidenza statistica della singola risposta

L'intervistato tende a sovra-stimare o a sotto-stimare il rispettivo fenomeno indagato

Numerosità degli intervistati per attenuare l'incidenza statistica della singola risposta

L'intervistato risponde in maniera disarmonica rispetto agli altri intervistati del medesimo distretto

Numerosità degli intervistati per attenuare l'incidenza statistica della singola risposta

Assegnazione di un 'peso' differente ad ogni intervistato

L'intervistatore tende ad assegnare alla risposta un valore distorto rispetto a quello realmente inteso dall'intervistato

Diversificazione degli intervistatori per attenuare eventuali distorsioni nella raccolta delle interviste

Oggettivo

Non tutti gli intervistati dichiarano il medesimo livello di confidenza sulle tematiche affreontate

Assegnazione di un 'peso' differente ad ogni intervistato, a seconda del livello di confidenza dichiarato

La singola domanda incide troppo o troppo poco per una corretta valutazione del fenomeno

Ad ogni risposta vengono assegnati punteggi e pesi differenti a seconda dell'effettivo grado di importanza assegnato

Figura 2.3.3 - Possibili componenti di errore nell’indagine qualitativa e correttivi

L’elaborazione delle risposte ottenute da tutti gli opinion leader intervistati secondo il modello descritto consente di ottenere il posizionamento relativo di ciascun distretto su una scala normalizzata che spazia tra un minimo dello 0% ed un massimo del 100%. Il metodo consente così di verificare la posizione relativa del singolo distretto sia in capo allo specifico tema indagato (ad es. “Ruolo guida delle imprese leader”) che in capo all’asse tematico (ad es. “Cooperazione”), il tutto raggruppato poi in un quadro di sintesi che consente di posizionare ciascun distretto in un raffronto complessivo con gli altri distretti rispetto alle quattro macro aree tematiche individuate.

Ruolo guida delle imprese leader

Valenza

FermoMontappone

BellunoSanta Croce Biella

Verona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 2.3.4 - Esempio del quadro di sintesi su una singola argomentazione di dettaglio di un asse di posizionamento strategico

DA INTEGRARE

COOPERAZIONE

STR

ATE

GIA

.Distretto A

.Distretto B

.Distretto C

.Distretto D.Distretto E

.Distretto F

.Distretto G.Distretto H

.Distretto I

VIRTUOSI

DA PIANIFICAREDA RIVITALIZZARE

DA INTEGRARE

COOPERAZIONE

STR

ATE

GIA

.Distretto A

.Distretto B

.Distretto C

.Distretto D.Distretto E

.Distretto F

.Distretto G.Distretto H

.Distretto I

VIRTUOSI

DA PIANIFICAREDA RIVITALIZZARE

COOPERAZIONE

STR

ATE

GIA

.Distretto A.Distretto A

.Distretto B.Distretto B

.Distretto C.Distretto C

.Distretto D.Distretto D.Distretto E.Distretto E

.Distretto F.Distretto F

.Distretto G.Distretto G.Distretto H.Distretto H

.Distretto I.Distretto I

VIRTUOSI

DA PIANIFICAREDA RIVITALIZZARE

DA INTERNAZIONALIZZARE

INTERNAZIONALIZZAZIONE

INN

OV

AZI

ON

E

.Distretto A

.Distretto D

VIRTUOSI

.Distretto G.Distretto F

.Distretto B

DA INNOVARE

.Distretto C.Distretto I

DA RIVITALIZZARE

.Distretto H

.Distretto E

DA INTERNAZIONALIZZARE

INTERNAZIONALIZZAZIONE

INN

OV

AZI

ON

E

.Distretto A

.Distretto D

VIRTUOSI

.Distretto G.Distretto F

.Distretto B

DA INNOVARE

.Distretto C.Distretto I

DA RIVITALIZZARE

.Distretto H

.Distretto E

INTERNAZIONALIZZAZIONE

INN

OV

AZI

ON

E

.Distretto A.Distretto A

.Distretto D.Distretto D

VIRTUOSI

.Distretto G.Distretto G.Distretto F.Distretto F

.Distretto B.Distretto B

DA INNOVARE

.Distretto C.Distretto C.Distretto I.Distretto I

DA RIVITALIZZARE

.Distretto H.Distretto H

.Distretto E.Distretto E

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I Distretti della Moda

2.4 L’analisi quantitativa

Per ciascuno dei dodici distretti inclusi nell’analisi si è inoltre proceduto alla costruzione di un ampio campione di imprese, che potesse rappresentare in maniera significativa e quanto più fedele possibile la popolazione industriale del distretto stesso, al fine di misurarne le dinamiche economiche e finanziarie.

L’individuazione dei 12 campioni di imprese (uno per distretto) è stata effettuata grazie alle indicazioni provenienti dei rispettivi enti di riferimento di distretto. Ognuno di questi ha comunicato l’elenco delle imprese ascrivibili al distretto (ad es. gli aderenti al patto di distretto) o, laddove tale elenco non fosse disponibile o completo, una lista di aziende quanto più rappresentativa possibile dell’intera realtà distrettuale. Come si può intuire, se per i distretti di più bassa numerosità la raccolta dei dati sugli aderenti è risultata più semplice, per le realtà di maggiori dimensioni, non sempre è stato possibile ricostruire la mappatura completa delle imprese. In tali casi si è proceduto per approssimazione, costruendo cluster rappresentativi, il più possibile vicini alla realtà distrettuale. In tal senso quindi, se il dato sulla numerosità totale e sui volumi economici globali del singolo distretto non sempre è perfettamente coincidente con la realtà complessiva del distretto, considerata l’ampia copertura comunque ottenuta, riteniamo di poter essere piuttosto confidenti sull’affidabilità dei dati medi di performance, efficienza e solidità finanziaria, ricostruiti attraverso i nostri campioni.

Una volta messi a punto i rispettivi campioni, per ciascuna delle aziende anagrafate è stata avviata l’estrazione da banche dati ufficiali delle evidenze di bilancio disaggregate (singole voci di stato patrimoniale e conto economico per gli esercizi che vanno dal 2005 al 2009).

Si tenga presente che l’estrazione dei dati di bilancio è stata possibile solo per le imprese registrate in forma di società di capitali (S.p.A., S.r.l.) e non per le imprese individuali e per le società di persone (S.n.c., S.a.s.), visto l’obbligo di deposito del bilancio presso la rispettiva CCIAA vigente solo per la prima categoria di aziende. Pur coscienti del fatto che la realtà dei distretti italiani comprende in molti casi un numero significativo di imprese appartenenti alla seconda tipologia - l’indisponibilità dei dati ed il fatto che la forma giuridica della società di persone raccoglie, nella quasi totalità dei casi, imprese di piccole o piccolissime dimensioni a carattere prevalentemente artigiano - abbiamo ritenuto che i campioni così costruiti fossero comunque sufficientemente rappresentativi delle effettive realtà considerate.

Il data base complessivo aggrega dati per un totale di 1.477 imprese per le quali, come detto, sono stati estratti e rielaborati i valori di bilancio degli ultimi 5 esercizi fiscali disponibili, per un totale di 18,3 miliardi di euro di fatturato aggregato. I dati sono stati successivamente rielaborati in indici puntuali e medi per azienda, per fasce di fatturato, per singolo distretto e per l’insieme dei distretti, allo scopo di far emergere le opportune evidenze economico-finanziarie e statistiche.

Riportiamo di seguito un elenco di sintesi delle voci di bilancio (Tabella 2.4.1) e degli indici (Tabella 2.4.2) utilizzati.

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I Distretti della Moda

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Tabella 2.4.2 - Indici5 di bilancio calcolati

Essendo il tema della capitalizzazione delle imprese di particolare interesse, si è provveduto ad analizzare più nel dettaglio l’adeguatezza del rapporto tra patrimonio netto e la totalità delle attività di ciascuna azienda dei singoli distretti analizzati secondo i dati di bilancio del 2009. In linea con la

EBITDA mgn. % (Earnings before interests, taxes, depreciation and amortization): è un indice (espresso in % sul fatturato) di redditività della gestione caratteristica assimilabile al Margine Operativo Lordo (MOL). In sostanza esprime il risultato dell’operazione Ricavi - Costo del Venduto (al lordo di tasse, ammortamenti, interessi e svalutazioni).

CAGR (Compound Annual Growth Rate): tasso medio annuo di crescita relativo al periodo preso in considerazione.

ROI (Return On Investment): è un indice di redditività, calcolato rapportando il Risultato Operativo sul Capitale Investito (proprio e di terzi). Per valutarne l’ordine di grandezza può essere raffrontato con il rendimento di un investimento di medio termine privo di rischio (es. rendimento dei BTP decennali).

EBIT/DIP: è un indice di produttività, che evidenzia il Risultato Operativo (EBIT) prodotto da ciascun dipendente. Tanto più è elevato l’indice e tanto più sarà elevato il reddito (al lordo delle tasse e della gestione finanziaria) prodotto da ciascun dipendente interno all’azienda.

PFN/EBITDA: è la capacità (espressa in numero di anni) di ripagare la quantità di debito accumulato (Posizione Finanziaria Netta) attraverso i flussi di marginalità lorda prodotti dalla gestione caratteristica dell’impresa. Tanto più è contenuto il valore, tanto più sarà “tranquilla” la situazione finanziaria dell’azienda.

D/E (Debt/Equity): indica in che misura un’impresa fa ricorso alla leva finanziaria, cioè al capitale di debito (Debt) in rapporto al capitale proprio dell’imprenditore (Equity).

Equity/Tot Attivo: indica il livello di capitalizzazione dell’impresa in termini percentuali, cioè l’incidenza del patrimonio netto sul totale delle attività dell’impresa.

- Attivo di Stato Patrimoniale Immobilizzazioni in partecipazioni Immobilizzazioni finanziarie Totale attivo immobilizzato Crediti commerciali Crediti finanziari Altre attività finanziarie Disponibilità liquide Totale Attivo

- Passivo di Stato Patrimoniale Patrimonio netto Obbligazioni (entro e oltre i 12 mesi) Debiti bancari (entro e oltre i 12 mesi) Altri debiti finanziari

- Conto Economico Ricavi netti Valore aggiunto operativo Margine operativo lordo Margine operativo netto Proventi finanziari Oneri finanziari Proventi/Perdite finanziarie Utile/perdita d'esercizio

- Numero di dipendenti

Tabella 2.4.1 - Voci di bilancio estratte

Performance Efficienza Sostenibilità finanziaria

Ebitda mgn %

EbitdaFatturato totale

Cagr fatturato %1

(n-1)Fatt. anno n

Fatt. anno 1- 1

ROI %

Reddito OperativoCapitale investito

Val. agg. per dipendente

Valore aggiunton. dipendenti

PFN / EbitdaPos. Fin. Netta

Ebitda

D/E

Deb. fin. totaliPatrimonio netto

Performance Efficienza Sostenibilità finanziaria

Ebitda mgn %

EbitdaFatturato totale

EbitdaFatturato totale

Cagr fatturato %1

(n-1)Fatt. anno n

Fatt. anno 1- 1

1(n-1)

1(n-1)Fatt. anno n

Fatt. anno 1- 1

Fatt. anno n

Fatt. anno 1- 1

ROI %

Reddito OperativoCapitale investitoReddito OperativoCapitale investito

Val. agg. per dipendente

Valore aggiunton. dipendenti

Valore aggiunton. dipendenti

PFN / EbitdaPos. Fin. Netta

EbitdaPos. Fin. Netta

Ebitda

D/E

Deb. fin. totaliPatrimonio netto

Deb. fin. totaliPatrimonio netto

Capitalizzazione

Equity / Tot Attivo

Patrimonio nettoTotate Attività

CapitalizzazioneCapitalizzazione

Equity / Tot Attivo

Patrimonio nettoTotate Attività

CapitalizzazioneCapitalizzazione

Equity / Tot Attivo

Patrimonio nettoTotate Attività

CapitalizzazioneCapitalizzazione

Equity / Tot Attivo

Patrimonio nettoTotate Attività

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17

I Distretti della Moda

Figura 2.4.1 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese per ciascun distretto

letteratura esistente, è stato possibile distinguere le imprese per ciascun distretto in tre fasce differenti (Figura 2.3.5): imprese sottocapitalizzate, con rapporto Equity/Totale Attivo inferiore al 20%, imprese adeguatamente capitalizzate, laddove tale indice sia compreso tra il 20% e il 60%, e imprese con capitalizzazione più che adeguata, per quelle con un livello di capitale proprio superiore al 60% del totale attivo. Per la fascia di imprese sottocapitalizzate si è inoltre provveduto ad evidenziare il deficit complessivo di equity per l’intero campione di distretto laddove si volessero portare tutti gli operatori alla soglia di capitalizzazione da noi considerata sufficiente (equity pari al 20% dell’attivo). D’altra parte, per le imprese dotate di un livello di capitalizzazione più che adeguato si è calcolato l’ammontare di equity disponibile complessivamente al livello di distretto che potrebbe essere investito nell’immediato senza intaccare la qualità del livello di capitalizzazione. Inoltre, per ciascuna delle tre fasce di capitalizzazione si è messa in evidenza la dimensione media rappresentata dal fatturato mediano delle imprese raggruppate in ciascuna fascia di pertinenza.

Capitalizzazione imprese(% su tot)

39,3%

47,6%

13,1%

Distretto x

Carente Adeguata Più che adeguata

+6.7 Mio€

-13.8 Mio€

2,9 Mio€

Fatturato mediano

Equity

2,1 Mio€

1,3 Mio€

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I Distretti della Moda

18

3 I Distretti

3.1 Distretto del Cappello di Montappone e Massa Fermana

Il distretto marchigiano del Cappello interessa un’area situata tra la giovane provincia di Fermo e quella di Macerata, facendo perno in particolare sui comuni di Montappone e di Massa Fermana. Testimonianze storiche risalenti al 1600, riportano dell’attività di artigiani locali che iniziarono a specializzarsi nell’intreccio della paglia proveniente dagli scarti di lavorazione agricola per la produzione di cappelli. Le prime vere fabbriche artigiane destinate al confezionamento in serie di cappelli risalgono, tuttavia, alla metà del XIX secolo, mentre la moderna produzione industriale di cappelli nasce di fatto negli anni del secondo dopoguerra. Ciò grazie allo sviluppo di un paio di aziende di dimensioni maggiori che, grazie al successo dei propri prodotti, iniziarono a garantire ampie opportunità di occupazione al territorio, divenendo in breve il fulcro dell’attività economica locale. In questo periodo si assiste al proliferare di piccole imprese familiari, nate dall’impulso imprenditoriale di maestranze esperte in uscita delle aziende storiche per iniziare a sperimentare in proprio nuove lavorazioni, ricorrendo non di rado a materiali alternativi alla paglia tradizionale, come il feltro, i tessuti ed i filati lavorati a maglia. Grazie a questo processo evolutivo, il distretto è arrivato ad assumere l’attuale connotazione, inglobando oggi circa 60-70 imprese, in prevalenza di piccole e piccolissime dimensioni, specializzate nella produzione del cappello e affiancate da una quarantina di imprese dell’indotto (finitura, tintoria, confezionamento).

Il distretto di Montappone viene indicato come una delle più importanti aree industriali europee, specializzata nella produzione di questo accessorio d’abbigliamento e nota a livello internazionale per l’eccellenza dei suoi prodotti.

Fino alla fine degli anni ’90 in quest’area – contraddistinta da un’imprenditoria a carattere prevalentemente familiare ed artigiano – prevalgono politiche commerciali centrate esclusivamente sul prodotto. Ed è proprio il prodotto che nel corso degli anni si evolve nella sua destinazione d’uso. Negli anni le tipologie di cappello si moltiplicano: dai semplici copricapo utilizzati per le attività lavorative si aggiungono prodotti destinati allo sport, al tempo libero, all'alta moda, oltre ad accessori coordinati, quali guanti e sciarpe. Se tali politiche risultavano in passato sufficienti a riscuotere ampi successi di mercato, grazie al delicato compromesso tra competitività di prezzo, flessibilità produttiva e qualità, nell’ultimo decennio si sta assistendo ad una rapida evoluzione del mercato, che vede il prepotente ingresso di paesi produttori a basso costo con prodotti dirompentemente competitivi in termini di prezzo, seppur dal modesto contenuto modaiolo. Pertanto, la configurazione strategica delle imprese del distretto, orientate esclusivamente alla fattura del prodotto, inizia a rivelarsi un limite strutturale. Ecco che, grazie anche ad indicazioni e suggerimenti provenienti dal mondo accademico – come lo studio “Il distretto produttivo del cappello-analisi competitiva e prospettive di sviluppo”, pubblicato alla fine degli anni ’90 a cura del Prof. Fabio Pollice – alcune imprese iniziano a prendere coscienza della necessità di assumere un maggiore orientamento al mercato, facendo sempre più attenzione ai concetti di marca e di innovazione.

Oggi sono diverse le imprese che vantano rapporti diretti e consolidati con i mercati asiatici, pur mantenendo le competenze chiave all’interno del distretto e continuando ad investire nel tessuto produttivo locale. Parallelamente all’importazione di materie prime, semilavorati e prodotti finiti dall’Estremo Oriente sta crescendo anche la visibilità internazionale del distretto, che oggi dichiara una quota dell’export pari a circa il 60% della produzione.

La piccola dimensione che caratterizza le imprese localizzate nel distretto del cappello di Montappone risulta, nonostante tutto, ancora oggi un fattore in grado di garantire la flessibilità e la reattività che il mercato ed i marchi della moda richiedono. Il modello imprenditoriale tipico del tessuto produttivo locale – a detta degli stessi opinion leader del distretto da noi intervistati – ha, tuttavia, il suo rovescio della medaglia nel marcato individualismo che

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19

I Distretti della Moda

Figura 3.1.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

contraddistingue il piccolo imprenditore dell’entroterra marchigiano. Ne risulta che questo fenomeno così diffuso, fino ad oggi ha limitato la possibilità di attivare forme concrete di cooperazione e di realizzare iniziative di vantaggio comune.

Un elemento interessante in tema di cooperazione è tuttavia la presenza del Consorzio Cappeldoc, costituito a Montappone nel 1994 per favorire l’integrazione e la collaborazione fra le imprese locali. Fino al 2002 il Consorzio, ha svolto prevalentemente attività di promozione, organizzando la partecipazione collettiva a fiere nazionali ed estere, introducendo inoltre programmi di certificazione della qualità. Successivamente il Consorzio ha ampliato il proprio campo di attività, aggiungendo nell’oggetto sociale la possibilità di importare o esportare prodotti a favore delle imprese associate ed attivandosi per ottenere il riconoscimento ufficiale di una sorta di “Marchio DOP” (di origine e di qualità) del cappello, a cui collegare un rigoroso processo disciplinare di certificazione della produzione locale di qualità. A queste si sono affiancate diverse altre iniziative di Cappeldoc, orientate a stimolare lo spirito cooperativo tra le imprese e contraddistinte da risultati alterni.

Le prove che il Distretto del Cappello di Montappone con il suo Consorzio Cappeldoc deve oggi affrontare, sembrano essere quindi di carattere culturale, prima che commerciale. Il distretto deve ora dimostrare di saper affrontare e vincere le sfide provenienti dal mercato globale con imprese flessibili e reattive, ma anche capaci - quando necessario - di mettere da parte gli individualismi ed aggregarsi per raggiungere assieme obiettivi di interesse comune.

Posizionamento qualitativo

Pur distinguendosi per un livello di cooperazione che appare in linea con quello di molti altri distretti tra quelli da noi visitati, grazie al forte radicamento territoriale, il posizionamento complessivo di Montappone nei quattro assi tematici da noi affrontati evidenzia diversi elementi di criticità sui quali vale la pena di effettuare un approfondimento. Come vedremo in seguito, le aziende del distretto appaiono penalizzate non solo da un dimensionamento medio assai ridotto, ma anche da una mentalità imprenditoriale spesso ancora legata a schemi troppo tradizionali, da cui conseguono un basso grado di orientamento alle politiche di marca ed una modesta propensione all’innovazione. Al tempo stesso l’apertura ai mercati internazionali delle imprese locali – che pur riescono a destinare una buona quota del fatturato all’esportazione – non appare del tutto sufficiente a garantire una piena integrazione del distretto nelle severe logiche dell’economia globale.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

PugliaVicenza

Prato

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Page 25: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

20

Figura 3.1.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Trattandosi di un territorio contraddistinto da un tessuto economico sostanzialmente mono-settoriale, si può dire che vi sia una sovrapposizione quasi perfetta dell’economia locale con le

Cooperazione

Dagli incontri con gli opinion leader locali, nel distretto è emersa la presenza di un nucleo di una decina di imprese storiche, talvolta organizzate in gruppi di piccole aziende specializzate per tipologia di produzione, che hanno assunto un ruolo preminente nel tessuto produttivo locale.

Ruolo guida delle imprese leader

Montappone

Fermo BellunoSanta Croce Biella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.1.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Tali realtà hanno definito nel tempo rapporti di collaborazione piuttosto stabili, pur diversificando le relazioni con diversi façonisti e terzisti a seconda delle competenze di volta in volta necessarie. Se nei rapporti di fornitura è riscontrabile un certo grado di interdipendenza e di dialogo tra le imprese, non si può però dire che abbiano avuto grande successo le sporadiche iniziative di carattere consortile sperimentate negli anni.

Le reti di fornitura delle imprese locali non di rado si allungano al di fuori del perimetro del distretto, arrivando ormai da tempo a optare per scelte di sourcing anche sui lontani mercati dell’estremo Oriente, ed in particolare in Cina, posizionando a sorpresa Montappone tra i distretti che possiedono reti di imprese più lunghe.

Estensione delle reti di imprese

MontapponeFermo BellunoSanta Croce

Biella Valenza

Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.1.3 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

L’ente di coordinamento del distretto è, già da tempo, il Consorzio Cappeldoc, che riunisce con regolarità temporale gli imprenditori locali del settore, ma che fino ad oggi non sembra avere avuto la forza e la delega necessarie a concretizzare iniziative di portata realmente strategica. Ciò non toglie che il Consorzio sia riuscito senza dubbio a creare nei suoi 15 anni di attività numerose occasioni di confronto costruttivo tra gli imprenditori locali, sfociate in alcune iniziative di portata operativa.

Governance di distretto

FermoBelluno

Santa CroceBiella

Valenza Verona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

Montappone

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Page 26: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

21

I Distretti della Moda

Figura 3.1.7 - Strategia – Orientamento al mercato

In tema di investimenti, gli imprenditori locali risultano contraddistinti da una discreta propensione ad investire nello sviluppo della propria azienda, seppur – a detta di alcuni – ciò non avvenga sempre secondo strategie lineari e coerenti nel tempo.

Un tema che contraddistingue il distretto rispetto ad un modo di fare impresa assai tradizionale è quello del passaggio generazionale e della governance familiare: sono diverse le aziende storiche

attività tipiche del distretto, e quindi un forte radicamento delle attività economiche con il tessuto sociale espresso dal territorio.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

MontapponeFermo

BellunoSanta Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.1.5 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Strategia

In tema di politiche di marca non si può affermare che fino ad oggi a Montappone si siano sviluppati brand realmente riconosciuti dal mercato. Tale caratteristica posiziona il distretto, relativamente a questa tematica, in prossimità delle realtà produttive specializzate nel terzismo (Verona, Puglia) e nella fornitura di beni intermedi (Prato, Santa Croce).

Politiche di marca

MontapponeFermoBellunoSanta Croce

Biella

ValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

Puglia VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.1.6 - Strategia – Politiche di marca

Seppure, infatti, alcune imprese abbiano recentemente iniziato a sviluppare linee di prodotto proprie, la maggioranza delle aziende lavora per conto di note marche e catene della moda nazionale ed internazionale, che a loro volta commercializzano le collezioni con i propri brand.

Il distretto marchigiano del cappello è da sempre concentrato su una forte tradizione di prodotto, con un discreto orientamento all’innovazione stilistica e dei materiali. Ciò nonostante, gli opinion leader locali indicano una sostanziale assenza di orientamento alle politiche di marketing. Di fatto le imprese del distretto, tra le quali diverse sono improntate al modello del “Pronto Moda”, risultano attente ad individuare e a seguire rapidamente i trend del mercato della moda, ma non certo in grado – viste le modeste dimensioni aziendali – di generare tali tendenze.

Orientamento al mercato

MontapponeFermo

Belluno Santa Croce BiellaValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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I Distretti della Moda

22

Figura 3.1.9 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Nell’insieme, il distretto si mantiene focalizzato sulle produzioni che ne hanno contraddistinto la storia, ma vi sono anche imprese che negli anni hanno saputo riposizionarsi con successo, mettendo a frutto competenze tradizionali e capacità di innovazione. In particolare, c'è chi ha saputo differenziare il prodotto estendendo la propria gamma, pur nel mantenimento di una forte identità imprenditoriale.

In tema di collaborazione con il mondo accademico e scolastico, nel distretto si sono verificati fenomeni, in verità piuttosto sporadici, di collaborazione tra imprese e centri di ricerca/stile, come il Polimoda di Firenze ed altre collaborazioni di più basso profilo con le scuole di formazione tecnica locali. Tali evidenze portano, infatti, il distretto a classificarsi su posizioni marginali per quanto riguarda la tematica in esame e testimoniano una modesta attenzione da parte delle aziende locali in merito allo sviluppo di progetti di collaborazione con le istituzioni preposte alla ricerca e all’innovazione.

più grandi che risulta abbiano impostato il delicato tema del passaggio generazionale ma, viste le modeste dimensioni medie d’impresa, non appare esservi alcuna apertura all’inserimento di competenze manageriali esterne alle famiglie. Questo modello di governance, a detta degli stessi opinion leader del distretto, tende a limitare ulteriormente le possibilità di concretizzare forme aggregative tra le imprese del distretto.

Passaggio generazionale e governance

MontapponeFermo

BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda PugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40%

Figura 3.1.8 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

In ultimo, dalle indicazioni raccolte si rileva che i terzisti del distretto servono in misura preponderante i clienti locali, quindi orientandosi verso il mantenimento di una modesta diversificazione del portafoglio ordini, basata prevalentemente sulla conoscenza personale del cliente nel rapporto di fornitura.

Innovazione

Gli investimenti in ricerca e innovazione stilistica, secondo quanto riportato dagli opinion leader locali, vengono effettuati in prevalenza dalle aziende più grandi. In particolare, le imprese con linee di prodotto di gamma più alta investono nel rinnovo del design, nella sperimentazione di nuove forme e in rapporti di collaborazione con designer e stilisti, mentre i più piccoli sembrano “subire” gli effetti dell’innovazione, non riuscendo a governarla.

Propensione all'innovazione

FermoBelluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Montappone

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

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23

I Distretti della Moda

Figura 3.1.12 - Internazionalizzazione – Quota export

Ciò avviene a discapito del fatto che, come rilevato in precedenza, nel distretto non vi siano dei veri e propri fenomeni di marca e quindi che non siano presenti brand effettivamente riconosciuti in campo internazionale.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

MontapponeFermo Belluno

Santa CroceBiellaValenza

Verona

MontebellunaVeneto ModaPugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.1.10 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

Va inoltre detto che le imprese del distretto – secondo le testimonianze raccolte – preferiscono formare internamente, fidelizzando le competenze specialistiche e la mano d'opera qualificata, sempre meno facile da reperire tra le giovani generazioni, piuttosto che cercare di attrarre competenze manageriali e tecniche al di fuori del distretto come modalità informale di accesso all’innovazione.

Attrazione di competenze esterne

Montappone

FermoBelluno

Santa CroceBiella

Valenza

Verona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenza Prato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.1.11 - Innovazione – Attrazione di competenze esterne

Nel distretto di Montappone non si può certo parlare di una sistematica attività di protezione della proprietà intellettuale. Soltanto alcune aziende, infatti, depositano i modelli ritenuti di maggior interesse, con risultati tuttavia molto spesso vanificati dalla facilità di aggirare gli strumenti di protezione con "imitazioni rivisitate".

La gestione della logistica, infine, risulta essere condotta in forma prettamente individuale e tradizionale, anche se alcuni imprenditori sono consapevoli che una collaborazione a livello distrettuale sul fronte della logistica potrebbe consentire a molte aziende di individuare sensibili aumenti di efficienza, relativamente a questa voce di costo.

Internazionalizzazione

La quota di export dichiarata dal distretto del cappello di Montappone è circa del 60%, ed indica una buona propensione dei produttori locali a vendere sui mercati internazionali.

Quota export del distretto

FermoBelluno

Santa Croce Biella ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Montappone

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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I Distretti della Moda

24

Figura 3.1.14 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

L’interazione con controparti estere avviene prevalentemente ricorrendo a forme di partnership commerciale, ampiamente preferite rispetto a forme più impegnative di joint-venture, con soci locali nei mercati prescelti.

Infine, le PMI del distretto risultano partecipare in modo più che occasionale ad iniziative promozionali coordinate, quali missioni commerciali o fiere collettive all’estero (ad es. alla Fiera di Parigi "Prêt-à-Porter"), soprattutto quando queste risultano supportate da finanziamenti regionali a fondo perduto, destinati ad abbattere i costi vivi di partecipazione.

Posizionamento economico-finanziario

Con le sue 23 aziende, il campione rappresentativo del distretto del Cappello di Montappone è il più piccolo, assieme a quello della Puglia, tra quelli da noi presi in considerazione. Nonostante la bassa numerosità, nel complesso il distretto mostra una performance discreta e complessivamente in linea con i dati medi degli altri distretti da noi analizzati. I margini operativi lordi rasentano infatti mediamente il 10%, mentre il tasso medio di crescita del fatturato, nel periodo di osservazione, è di poco superiore all’1% annuo.

Notorietà internazionale del distretto

FermoBelluno

Santa Croce BiellaValenzaVerona

MontebellunaVeneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Montappone

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.1.13 - Internazionalizzazione – Notorietà internazionale

Secondo le indicazioni raccolte dagli opinion leader, alcune tra le imprese più dinamiche stanno recentemente iniziando a muoversi per promuovere la propria visibilità e riconoscibilità sui mercati esteri.

In tema di localizzazione della produzione va detto che la catena del valore delle filiere tipiche del distretto viene in buona parte mantenuta sul territorio, pur con diffusi e ricorrenti fenomeni di accordi commerciali per la produzione di semi-lavorati o anche di prodotti finiti dall'estero (in particolare dalla Cina). Tali aperture non hanno tuttavia impedito di mantenere in loco un forte presidio delle fasi produttive a maggior valore aggiunto.

Multi-localizzazione produttiva

Montappone

FermoBelluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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25

I Distretti della Moda

Tabella 3.1.1 - Dati di performance del campione

Nel periodo considerato, il fatturato complessivo del campione, raggiunto il picco massimo nel 2006, segue un andamento altalenante, attestandosi nel 2009 su valori comunque di poco superiori a quelli registrati nel 2005. L’avvento della crisi economica non sembra aver intaccato oltremodo i livelli di marginalità spuntati dai piccoli produttori locali del distretto. Il margine operativo lordo medio, infatti, subisce una progressiva, seppur non radicale, contrazione stabilizzandosi nel 2009 intorno al 9%.

Performancemedia periodo 2005-2009

Belluno

Fermo

Veneto

Prato

MontebellunaVerona

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Figura 3.1.15 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Le imprese che costituiscono il campione rappresentativo del distretto (solo società di capitali), sono tutte realtà produttive di piccole e piccolissime dimensioni, con fatturati inferiori a 10 mln €.

PERFORMANCE - Distretto del Cappello di MontapponeFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 1.935 9,7% 1,1% 23 100% 2 9%Mediana 1.019 9,1% 2,6%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ - - - - - - - - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 1.935 9,7% 1,1% 23 100% 2 9%

Fatturato complessivo 44.514

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

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I Distretti della Moda

26

Figura 3.1.17 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100

115

110 111

104

90

95

100

105

110

115

120

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto del Cappello di Montappone

EBITDA MGN

10,4%10,1%

9,1% 9,0%

10,8%

7,0%7,5%

8,0%8,5%

9,0%9,5%

10,0%10,5%

11,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto del Cappello di Montappone

Figura 3.1.16 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

Sul fronte dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse umane e finanziarie, il distretto del Cappello si avvicina ai livelli medi mostrati dai distretti popolati anche da imprese di maggiori dimensioni più strategicamente evoluti, come il distretto dell’Occhiale e quello della Calzatura. Analizzando la dinamica del dato, si nota che dopo il 2006 l’indice di produttività medio segue un andamento discendente, prevalentemente determinato dalla contrazione della marginalità che, come abbiamo visto, ha interessato le imprese del distretto. Ciò si traduce in una parallela contrazione del ROI medio delle imprese analizzate.

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I Distretti della Moda

Figura 3.1.18 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005-2009

Sotto il profilo della sostenibilità finanziaria, il distretto di Montappone mostra un quadro complessivamente buono, anche nel raffronto con gli altri distretti da noi considerati. In particolare, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009 si registra un rapporto di indebitamento medio relativamente contenuto ed una capacità di ripagare lo stock di debito tramite i margini operativi lordi limitata a 2 anni.

Tabella 3.1.2 - Dati di efficienza del campione

EFFICIENZA - Distretto del Cappello di MontapponeEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 24 8,4% 100% 2 9%Mediana 10 8,9%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ - - - - - - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 23,9 8,4% 100% 2 9%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

EBIT/DIP2

27,6 29,1

18,6

24,321,1

0

5

10

15

20

25

30

35

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto del Cappello di Montappone

ROI

7,4%

5,6%

11,0% 10,5%

8,8%

0,0%

2,0%

4,0%

6,0%

8,0%

10,0%

12,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto del Cappello di Montappone

Page 33: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

28

Tabella 3.1.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Figura 3.1.19 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Analizzando il dato nello specifico, balza all’occhio che tra il 2008 e il 2009 le piccole realtà produttive del distretto abbiano sperimentato un progressivo deterioramento dell’indice di sostenibilità finanziaria, pur mantenendosi su livelli complessivamente non ancora preoccupanti. Per quanto riguarda il livello di leva finanziaria (D/E), si evidenzia una situazione di sostanziale stabilità su valori non particolarmente spinti.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto del Cappello di MontapponePFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 2,3 1,2 100% 2 9%Mediana 1,3 1,4

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ - - - - - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2,3 1,2 100% 2 9%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

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29

I Distretti della Moda

Figura 3.1.20 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005-2009

È interessante osservare, infine, la situazione relativa al livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Nel quinquennio considerato, tale indice risulta compreso in un range tra il 26% e il 28%, per un livello di capitalizzazione che si può considerare nel complesso accettabile. Secondo i dati di bilancio del 2009, il 39% delle imprese del campione di distretto risulta sottocapitalizzata, con un deficit complessivo di capitale che ammonterebbe a 1,5 milioni di euro. Allo stesso tempo, vi sono anche alcune imprese (il 4% del totale) che, invece, sono più che adeguatamente capitalizzate con soli 160.000 euro di capitale potenzialmente investibile.

Distretto del Cappello di Montappone Distretto del Cappello di Montappone

D/E

1,1

1,3

1,2

1,11,1

1,0

1,1

1,1

1,2

1,2

1,3

1,3

2005 2006 2007 2008 2009

PFN/EBITDA

1,6 1,61,9

2,9

3,7

0,00,51,01,52,02,53,03,54,0

2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.1.21 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

Equity/Tot Attivo

29% 28%

26% 26% 27%

17%

19%

21%

23%

25%

27%

29%

31%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto del Cappello di Montappone

Capitalizzazione imprese(% su tot)

39,1%

56,5%

4,3%

Distretto del Cappello di Montappone

Carente Adeguata Più che adeguata

+0,16 Mio€

-1,5 Mio€

6,1 Mio€

Fatturato mediano Equity

1,0 Mio€

1,0 Mio€

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In sintesi

Nonostante il forte individualismo dell’imprenditoria marchigiana, il distretto del cappello di Montappone fa registrare un discreto livello di cooperazione riconducibile da un lato al forte radicamento con il tessuto produttivo locale, mentre dall’altro ad alcuni fenomeni di estensione delle reti di fornitura, in primis il sourcing verso i mercati dell’Estremo Oriente.

Dal punto di vista strategico la dimensione aziendale limitata, l’assenza di fenomeni di marca e la forte focalizzazione delle imprese sul prodotto hanno rallentato significativamente l’evoluzione del modello di business delle aziende localizzate nel distretto, impedendo fino ad oggi un vero e proprio processo di riposizionamento strategico.

Solo le aziende più grandi effettuano investimenti in ricerca ed innovazione stilistica; la maggior parte delle imprese del distretto si limita invece a “subire” l’innovazione. Anche le collaborazioni con il mondo accademico e con i centri di ricerca appaiono assai limitate e di portata modesta.

La logistica viene gestita in maniera assolutamente tradizionale anche in virtù della particolare conformazione geografica dell’area distrettuale, che non favorisce una gestione integrata dello stoccaggio e della movimentazione delle merci.

Nonostante la forte propensione all’export (quota dichiarata attorno al 60%), la notorietà internazionale del distretto rimane assai limitata.

La catena del valore delle filiere produttive del distretto rimane fortemente ancorata al territorio marchigiano. Rapporti consolidati con l’estero riguardano, invece, il sourcing di materie prime, di semi-lavorati e di prodotti finiti.

Il distretto del Cappello di Montappone, nonostante la ridotta dimensione delle imprese ivi localizzate – potenziale fattore di debolezza prospettica non certo trascurabile – sotto il profilo economico-finanziario appare al momento in un discreto stato di salute. Le aziende del campione rappresentativo del distretto sembrano aver retto l’impatto della recente crisi economica, riuscendo a difendere in buona parte i margini reddituali raggiunti e mantenendo un’accettabile livello di sostenibilità dal lato finanziario.

È importante sottolineare che esiste una fetta non trascurabile di imprese (il 39% del campione) che opera in uno stato di sottocapitalizzazione strutturale – fatto non certo raro tra le piccole imprese dei territori da noi visitati – ma che aggiunge un ulteriore fattore di vulnerabilità alle PMI già particolarmente esposte alle dinamiche congiunturali.

I Distretti della Moda

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3.2 Distretto calzaturiero di Fermo

Il distretto calzaturiero fermano-maceratese, formalmente riconosciuto nel 1998, raccoglie circa 2.700 aziende concentrate principalmente nei comuni della provincia di Fermo. Oltre ¾ di queste imprese afferiscono alla categoria degli artigiani di piccola e piccolissima dimensione. Nel distretto è possibile distinguere tre aree geografiche di specializzazione produttiva: il Comune di Porto Sant'Elpidio, sede delle aziende calzaturiere operanti nel segmento “donna”, il Comune di Montegranaro, ove si concentrano le aziende calzaturiere del segmento “uomo”, e l’area del Comune di Monte Urano, ove risiedono invece le imprese calzaturiere operanti nel segmento “bambino”.

Nel corso degli anni, i calzaturifici del fermano si sono specializzati nelle più redditizie produzioni del segmento medio-fine, mantenendo tuttavia una dimensione d’impresa tipicamente ridotta (in media sono circa 20 gli addetti per azienda).

A seguito della recente crisi internazionale, alcuni operatori del distretto stanno reagendo con un orientamento sempre più mirato alla qualità e ai contenuti di innovazione richiesti dalle fasce di mercato superiori, pur non sfruttando appieno le potenzialità offerte dal tessuto imprenditoriale e produttivo locale. La strada da percorrere sembra ancora lunga, prima di poter vedere i risultati di carattere aggregato; a tal proposito, risultano essere numericamente poche le imprese che nel tempo sono riuscite ad imporre sul mercato linee di prodotto con marchi propri (sia a livello nazionale che internazionale). Prevalgono ancora, invece, le collaborazioni produttive con le griffe dell’alta moda dell’abbigliamento che optano per il licensing dei propri brand alle imprese calzaturiere locali.

Con un'elevata quota di export il distretto evidenzia una forte propensione ai mercati internazionali. A tale proposito va anche detto che, negli ultimi anni, diverse imprese fermane hanno de-localizzato parte delle proprie attività produttive nei cosiddetti “Paesi low-cost”, soprattutto per le produzioni di fascia inferiore. Pur riconoscendo il vantaggio competitivo derivante dalla concentrazione settoriale sul territorio tipica dell’economia di distretto, gli imprenditori locali sono tuttavia consapevoli di come l’economia del distretto si sia in qualche caso rivelata un limite piuttosto che uno stimolo alla competitività: la relativa facilità nel reperimento di forniture e di lavorazioni esterne direttamente in loco e la continua espansione del mercato negli anni d’oro non hanno certo incoraggiato gli imprenditori né alla pianificazione né all’impostazione di strategie commerciali e distributive efficienti. L’avvento della crisi economica ha quindi messo in evidenza tutti i limiti di questo modello di sviluppo che non ha incoraggiato le imprese a prepararsi alle attuali condizioni di mercato globale meno favorevoli alle precedenti strutture delle imprese del settore. Il forte individualismo dell’imprenditoria locale ha, inoltre, ostacolato lo sviluppo di forme di cooperazione tra imprese, ora più che mai necessarie per affrontare le situazioni di mercato con una massa critica più adeguata alle esigenze di economicità del settore.

Gli opinion leader da noi incontrati hanno, inoltre, evidenziato altre problematiche, di tipo storico, che affliggono da tempo le imprese del distretto. Prima tra tutte, la carenza di adeguate infrastrutture d’accesso, fattore che limita fortemente le capacità di sviluppo dell’area. La sfavorevole posizione geografica e gli insufficienti collegamenti con i principali snodi commerciali nazionali pongono le imprese calzaturiere fermane di fronte ad una difficile gestione non solo della logistica sia in entrata (gestione degli approvvigionamenti) che in uscita (gestione della distribuzione), ma anche dei rapporti con la clientela. Tutto ciò, considerata anche la piccola dimensione delle imprese, si riflette sensibilmente sui costi di approvvigionamento e di commercializzazione, limitandone ulteriormente le capacità competitive.

Posizionamento qualitativo

In relazione al complesso dei distretti da noi incontrati, il calzaturiero fermano si posiziona su valori intermedi sia in termini di cooperazione tra gli attori del territorio, che di comportamenti

31

I Distretti della Moda

Page 37: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

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Figura 3.2.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

I tentativi di lanciare sul territorio del distretto progetti di portata comune, nonostante questo clima teoricamente favorevole alla cooperazione, hanno riscosso un successo assai limitato a causa della forte componente individualista dell’imprenditoria locale. Soltanto alcune operazioni di networking, caratterizzate dalla forte volontà di un’impresa leader capace di catalizzare le forze dei più piccoli, sembrano aver conseguito risultati apprezzabili.

Secondo quanto emerso dalle interviste condotte con gli opinion leader locali, le imprese del Fermano-Maceratese tendono a concentrare l’attività di rete nei confronti di imprese

strategici degli imprenditori. Il distretto risulta invece collocato nel gruppo di testa sull’asse dell’internazionalizzazione, registrando di fatto il valore maggiore su questa importante tematica, grazie soprattutto all’elevata quota export che riesce a conseguire. In riferimento al tema dell’innovazione, secondo quanto riferitoci dagli opinion leader locali, il distretto fermano mostra, invece, qualche criticità in più, pur evidenziando alcuni segnali positivi per il futuro.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.2.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Relativamente al grado di cooperazione, il distretto di Fermo, sulla base di alcune specificità del suo tessuto imprenditoriale che andremo ad approfondire in seguito, evidenzia un posizionamento intermedio rispetto a quelli totalizzati dagli altri distretti da noi incontrati nel corso del progetto.

Dalle interviste rivolte agli opinion leader di Fermo risultano essere qui presenti alcune imprese leader (es. Nero Giardini, Formentini, Elisabet, Della Valle, Paciotti) che operano con una rete di fornitori consolidata da tempo. Laddove questi rapporti di collaborazione hanno raggiunto un grado di elevata stabilità nel tempo, tra le imprese si è creato un rapporto di forte interdipendenza nei cicli produttivi ed un’intensa interazione tra il committente e il terzista.

Ruolo guida delle imprese leader

FermoMontappone

BellunoSanta Croce Biella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 38: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

33

I Distretti della Moda

Figura 3.2.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Trattandosi di un territorio contraddistinto da un tessuto imprenditoriale fortemente concentrato sul settore della calzatura, la sovrapposizione tra le attività del distretto ed economia locale risulta assai marcata. Viene segnalato dagli operatori locali che, alla forte percezione del distretto tra gli addetti ai lavori, corrisponde tuttavia una scarsa percezione dello stesso da parte del consumatore finale. A tal proposito, c’è chi indicherebbe come utile la possibilità di accreditare con più forza il distretto presso il consumatore finale con operazioni di comunicazione che facciano percepire la tradizione produttiva ed il suo reale valore per il cliente.

Strategia

Nel distretto Fermano-Maceratese non mancano le imprese che hanno saputo creare fenomeni di marca ampiamente riconosciuti dal mercato grazie ad attente operazioni di marketing. Tale capacità nello sviluppo di brand distintivi e riconoscibili agli occhi del cliente finale risulta un punto di forza assoluto del distretto fermano, da cui gli altri distretti protagonisti dello studio potrebbero trarne un utile spunto.

prevalentemente locali, mostrando in questo caso caratteristiche analoghe a quelle manifestate dal distretto tessile di Prato. Tale fenomeno evidenzia quanto il vantaggio competitivo dell’essere posizionati in un territorio che storicamente ha agevolato il reperimento di forniture e risorse umane altamente qualificate si stia oggi – in un mondo globalizzato – trasformando in un limite poiché le imprese locali, scarsamente avvezze alla ricerca delle migliori opportunità offerte da un mercato più ampio, tendono ad accontentarsi delle soluzioni di prossimità offerte dal distretto.

Estensione delle reti di imprese

FermoMontapponeBellunoSanta Croce

Biella Valenza

Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.2.3 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

In termini di governance di distretto va detto che, ad oggi, non esiste un vero e proprio ente di coordinamento e rappresentanza, ma vige tra le imprese locali la consuetudine di organizzare incontri periodici nel contesto dalla sezione calzaturiera della sede territoriale di Confindustria. Questo tipo di organizzazione, pur esprimendo intenti positivi in termini di confronto, non ha consentito al distretto di dotarsi di strumenti di governo necessari ad imprimere una vera e unica direzione strategica. In riferimento a ciò, peraltro, il distretto fermano evidenzia una situazione che risulta comune a buona parte dei distretti da noi visitati.

Governance di distretto

MontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Fermo

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Page 39: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

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Figura 3.2.6 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

Infine, dalle indicazioni raccolte, si rileva che molte delle piccole imprese lavorano principalmente su due fronti: come fornitori su base regolare delle imprese leader locali, ma anche servendo direttamente un proprio mercato con produzioni autonome di qualità.

Innovazione

Gli investimenti in ricerca e innovazione stilistica, secondo quanto riportato dagli opinion leader locali, vengono effettuati in prevalenza dalle aziende più grandi, mentre tra le piccole prevale

Politiche di marca

FermoMontappone BellunoSanta Croce

Biella

ValenzaVeronaMontebelluna

Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.2.5 - Strategia – Politiche di marca

Nel giro di alcuni anni, infatti, alcune imprese tradizionalmente concentrate sul prezzo o sulla qualità del prodotto si sono orientate con crescente attenzione alle strategie di mercato. Al tempo stesso sul territorio sono, però, rimaste ancora molte PMI concentrate esclusivamente sulla capacità di fare un ottimo prodotto, ma che non hanno ancora compreso le potenzialità offerte dall’intensificazione del rapporto con il cliente finale, attraverso politiche distributive più evolute e vicine al mercato.

Se la grande maggioranza delle imprese del distretto ha sviluppato una buona capacità di individuare e seguire prontamente le tendenze del mercato, i casi di imprese capaci di anticipare e generare tali tendenze esistono, ma sono ancora assolutamente limitati.

Secondo quanto riportato dagli opinion leader intervistati, gli imprenditori locali risultano contraddistinti da una discreta propensione ad investire con orgoglio nello sviluppo della propria azienda; ciò detto, non si arriva, però, a parlare di una generalizzata cultura dell’investimento produttivo e del re-investimento sistematico degli utili in azienda, ma di una diffusa attenzione all’investimento produttivo.

Il tema della governance d’impresa risulta essere per gli imprenditori una questione molto delicata, in quanto gestito con modalità del tutto tradizionale. L’orientamento a mantenere un governo dell’impresa strettamente legato alla famiglia sembra essere un elemento assai diffuso anche in questo distretto che, secondo i dati, riporta un’età media dell’imprenditore tra le più elevate della regione, denotando una certa difficoltà a gestire anche il passaggio dei poteri da una generazione all’altra, a causa della poca propensione a consegnare le chiavi dell’azienda ai figli. Sono inoltre rari i casi di manager esterni presenti in azienda, e ancor più episodici i fenomeni di apertura al capitale di rischio esterno. Un quadro di questo tipo rende dunque evidentemente più difficoltoso affrontare i temi della crescita dimensionale delle piccole imprese e dell’adattamento dei modelli di business al mutato contesto competitivo internazionale.

Passaggio generazionale e governance

FermoMontappone

BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda PugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40%

Page 40: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

35

I Distretti della Moda

Figura 3.2.8 - Innovazione – Tradizione e posizionamento

In tema di interazione con il mondo accademico e stilistico all’interno del distretto si sono tentate diverse esperienze di collaborazione, ad esempio quella con la Fondazione Elios e le Università locali per avviare un centro di ricerca/sviluppo comune e la creazione di laboratori di modelleria con l’ausilio di finanziamenti regionali, e inoltre, quella con il Polimoda di Firenze, ma con risultati spesso deludenti rispetto alle aspettative iniziali.

In tema di risorse qualificate, solo le imprese leader del distretto riescono e vogliono attrarre competenze provenienti da fuori dei confini del distretto, mentre le altre aziende rimangono legate alle competenze artigianali locali e a modelli di gestione basati sul reperimento delle risorse all’interno del perimetro familiare.

Piuttosto sporadico è il ricorso da parte delle imprese del distretto a forme di tutela della proprietà intellettuale: solo le più grandi, infatti, si possono permettere di ricorrere a forme di tutela dei propri marchi e del design.

La gestione della logistica è condotta dalle piccole e medie imprese in forma strettamente tradizionale, basandosi sui servizi offerti dai principali vettori a base standardizzata. Ci si sta, tuttavia, rendendo conto che una collaborazione a livello distrettuale in tema logistico potrebbe consentire di incidere sensibilmente su questa voce di costo e si sta infatti iniziando a parlare dell’ipotesi di un interporto che possa fare da centro unico di smistamento delle merci del distretto. A differenza della quasi totalità dei distretti analizzati - ad eccezione del distretto di Santa Croce - i produttori operanti sul territorio fermano si sono attrezzati implementando piattaforme logistiche che coinvolgono attivamente anche la propria rete di fornitura locale in una logica di razionalizzazione dei costi e di diminuzione dei tempi di risposta al mercato.

l’orientamento a seguire un’innovazione di carattere meramente estetico imposta dai trend del mercato. Con riferimento alla propensione all’innovazione, tale dinamica sembra essere comune a molti dei distretti incontrati, soprattutto dove esiste un’elevata concentrazione di PMI e micro-imprese trainate da poche grandi imprese leader presenti sul territorio.

Propensione all'innovazione

Montappone Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Fermo

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.2.7 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Se confrontato con gli altri distretti, il distretto fermano è tra i pochi che hanno saputo riposizionarsi con successo nel corso dell’ultimo decennio, passando dalla tradizionale focalizzazione sul segmento economico, ormai prodotto interamente all’estero, a quella sui segmenti medio-fine e fine, mettendo a così frutto competenze tradizionali con capacità di innovazione tecnica e stilistica.

Tradizione e riposizionamento

Fermo

MontapponeBelluno Santa CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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I Distretti della Moda

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Figura 3.2.11 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

L’interazione con l’estero avviene prevalentemente ricorrendo a forme di partnership commerciale, ma non mancano i casi di joint-venture con soci esteri in particolare nei casi in cui si sono spostate importanti fasi della produzione.

Le PMI del distretto, infine, risultano partecipare in modo piuttosto sistematico e con una certa soddisfazione alle iniziative promozionali all’estero (missioni commerciali, fiere collettive) sia nel caso che siano coordinate a livello di settore nazionale che a livello del distretto stesso.

Logistica integrata

FermoMontapponeBelluno

Santa Croce

BiellaValenzaVerona

Montebelluna Veneto Moda PugliaVicenza

Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Figura 3.2.9 - Innovazione – Logistica integrata

Internazionalizzazione

La quota di export dichiarata dal distretto Fermano-Maceratese della calzatura è circa pari all’80%, un dato che indica l’elevatissima propensione dei produttori locali al commercio globale.

Quota export del distretto

MontapponeBelluno

Santa Croce Biella ValenzaVerona

MontebellunaVeneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Fermo

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.2.10 - Internazionalizzazione – Quota export

Grazie alla forte vocazione internazionale e alla notorietà di alcuni dei marchi di punta capaci di esprimere attraverso efficaci politiche di marketing il forte legame con il territorio, ne consegue che il distretto sia riconosciuto a livello mondiale per i suoi brand. Sono inoltre numerose le imprese di dimensione intermedia che risultano note sui mercati esteri. In questo caso il fenomeno non appare generalizzato dal punto di vista geografico, ma ha valore per i mercati nei quali la singola impresa ha deciso di indirizzare le proprie politiche di promozione e distribuzione.

Nel distretto si registra una diffusa propensione ad azioni di multi-localizzazione produttiva, pur mantenendo le funzioni aziendali cruciali e le fasi produttive a più elevato valore aggiunto all'interno del distretto. In particolare, per le imprese posizionate sulle fasce medio-inferiori del mercato è risultato indispensabile spostare gran parte delle fasi produttive verso le aree con mano d’opera a basso costo per far fronte all’aggressività competitiva dei produttori provenienti dai Paesi low-cost, come la Cina.

Multi-localizzazione produttiva

Fermo

Montappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 42: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

37

I Distretti della Moda

positivi in termini di performance relativa, intesa sia come capacità di crescita (tasso medio di crescita dei fatturati +7% annuo nel periodo 2005-2009) che come capacità di generare marginalità operativa (Ebitda medio 11% nel medesimo periodo).

Posizionamento economico-finanziario

Con le sue 229 aziende, il campione delle imprese del distretto calzaturiero Fermano-Maceratese è uno dei distretti più nutriti tra quelli trattati nel nostro studio. Come si può notare dai dati di sintesi, nel confronto con gli altri distretti, l’aggregato evidenzia risultati assai

Performancemedia periodo 2005-2009

Figura 3.2.12 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Il campione di imprese analizzato è prevalentemente composto da aziende di piccole dimensioni (86%) con un fatturato mediano pari a poco più di 2 milioni di euro. Allo stesso tempo, si evidenzia la presenza di pochissime imprese di grandi dimensioni - tra cui primeggiano nomi largamente noti come Tod’s, Fornari e Nero Giardini - che ottengono risultati migliori in termini di marginalità operativa lorda, mentre in termini di crescita dei fatturati sono le imprese con volume d’affari compreso tra i 10 e i 50 milioni di euro a mostrare performance lievemente migliori rispetto alle grandi.

Fermo

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Tabella 3.2.1 - Dati di performance del campione

Nel periodo in esame, il fatturato del campione segue una progressione fino al 2008, quando risulta accresciuto del 43% rispetto a quello del 2005, per contrarsi però dell’8% circa nel 2009. Nello stesso periodo, il margine operativo lordo medio per la totalità delle imprese

PERFORMANCE-Distretto calzaturiero fermano-macerateseFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 8.601 11,1% 7,1% 229 100% 29 13%Mediana 2.472 13,0% 3,1%

- Grandi imp. 50 mln./€ 229.936 17,0% 8,1% 4 2% 3 75% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 19.044 6,3% 8,5% 28 12% 6 21% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2.622 7,1% 4,1% 197 86% 20 10%

Fatturato complessivo 1.969.544

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

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analizzate oscilla tra l’11,6% del 2005 e l’11,1% del 2009, evidenziando una flessione, seppur nel complesso assai contenuta.

Figura 3.2.14 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100119

136 143132

020406080

100120140160

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

EBITDA MGN

11,4%11,3%

11,4%

11,1%

11,6%

10,8%10,9%11,0%11,1%11,2%11,3%11,4%11,5%11,6%11,7%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

Figura 3.2.13 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

In termini di efficienza nell’impiego del capitale umano e finanziario, il campione evidenzia risultati nettamente superiori alle medie riportate negli altri distretti esaminati. A mostrare risultati assolutamente migliori sia in termini di produttività del capitale umano che degli investimenti sono le imprese di maggiori dimensioni, forti della loro capacità di spuntare margini operativi lordi mediamente migliori, anche ai tempi della crisi. Se si osserva, però, il dato complessivo delle aziende del campione si nota un pesante deterioramento del ROI registrato nel corso dell’ultimo esercizio trainato dal calo della redditività ed, in maniera meno accentuata, una contemporanea flessione dell’indice Ebit/Dipendenti.

I Distretti della Moda

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Page 44: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

EFFICIENZA-Distretto calzaturiero fermano-macerateseEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 27 10,5% 100% 29 13%Mediana 8 6,8%

- Grandi imp. 50 mln./€ 63,2 13,0% 2% 3 75% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 13,4 7,6% 12% 6 21% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 10,0 7,0% 86% 20 10%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Figura 3.2.15 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005-2009

Dal punto di vista della sostenibilità finanziaria il distretto della Calzatura di Fermo appare nel complesso il più solido tra il novero di quelli in esame, mostrando un ricorso assai moderato a capitale di terzi rispetto al capitale proprio (con un indice Debito/Equity medio di periodo pari a 0,4) ed un’agevole capacità di coprire i debiti accumulati, pari a meno di un anno di margini operativi lordi.

Tabella 3.2.2 - Dati di efficienza del campione

EBIT/DIP2

24,228,1

26,029,829,1

0

5

10

15

20

25

30

35

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

ROI11,2%

9,4%

10,7%10,9%

11,1%

8,5%

9,0%

9,5%

10,0%

10,5%

11,0%

11,5%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

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I Distretti della Moda

Page 45: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

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Figura 3.2.16 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Entrando nel dettaglio della dinamica del dato, nel quinquennio analizzato a livello di distretto si registra in media una sostanziale stabilità del livello di leva finanziaria su valori assolutamente moderati. In aggiunta, le imprese del campione risultano godere di un’ampia solidità finanziaria che degrada soltanto marginalmente tra il 2007 e il 2009. Anche in questo caso sono le imprese di maggior dimensione a mostrarsi più solide finanziariamente, grazie all’ottimale dotazione di risorse proprie messa in campo.

Tabella 3.2.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

SOSTENIBILITA' FIN.-Distretto calzaturiero fermano-maceratesePFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 0,8 0,4 100% 29 13%Mediana 1,6 1,5

- Grandi imp. 50 mln./€ 0,2 0,2 2% 3 75% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 2,4 1,8 12% 6 21% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 1,4 1,3 86% 20 10%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

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41

I Distretti della Moda

Figura 3.2.17 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005-2009

Infine, è utile osservare nel dettaglio il grado di capitalizzazione delle imprese rappresentative del distretto fermano-maceratese misurato dall’indice Equity/Totale attivo. Tra il 2005 e il 2009, tale indice assume valori compresi tra il 42% e il 45% dell’attivo, mostrando in generale un livello di capitalizzazione più che soddisfacente. Se esaminiamo i dati di bilancio relativi all’ultimo esercizio, però, risulta che una percentuale importante di imprese del distretto (59%) sia sottocapitalizzata, per un deficit complessivo di equity pari a circa 48 milioni di euro. Al contrario, invece, soltanto il 4% della totalità degli operatori del distretto presenta un livello di capitalizzazione più che adeguato, con un ammontare di circa 114 milioni di euro di patrimonio netto potenzialmente disponibile da investire nel breve periodo, cifra questa del tutto ragguardevole. In termini dimensionali, tra le imprese strutturalmente sottocapitalizzate sono quelle di più piccole dimensioni a prevalere.

Equity/Tot Attivo

44%45%

44%

42%

42%

40%41%41%42%42%43%43%44%44%45%45%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

Capitalizzazione imprese(% su tot)

59,0%

37,1%

3,9%

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

Carente Adeguata Più che adeguata

+113,8Mio€

-48,2 Mio€

7,5 Mio€

Fatturato mediano Equity

9,3 Mio€

6,4 Mio€

PFN/EBITDA

0,5

0,7

0,9 0,90,8

0,00,10,20,30,40,50,60,70,80,91,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

D/E

0,40,40,4

0,50,4

0,3

0,4

0,5

0,6

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto calzaturiero fermano-maceratese

Figura 3.2.18 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

Page 47: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

42

In sintesi

Il distretto evidenzia un grado intermedio di cooperazione che deriva dall’azione congiunta di due fenomeni opposti. Da un lato, le imprese leader operanti sul territorio si appoggiano ad una rete stabile di fornitori locali, raggiungendo un elevato grado di interdipendenza dei cicli produttivi, a testimonianza di una marcata cooperazione esistente tra le imprese. Dall’altro, lo spiccato individualismo dell’imprenditoria fermana sembra ostacolare l’implementazione di iniziative comuni di natura consortile, che andrebbero in particolare a beneficio delle PMI del distretto. L’effetto negativo di tale ritrosia alla cooperazione è amplificato dalla mancanza di un ente di distretto dotato di sufficiente forza per riuscire a coagulare gli interessi delle imprese localizzate sul territorio allo scopo di sviluppare una vera e propria strategia di distretto.

L’attaccamento al territorio delle imprese del distretto, da sempre considerato un punto di forza, si sta rivelando oggi in qualche caso un limite che impedisce alle imprese stesse di cavalcare positivamente gli effetti della globalizzazione nella ricerca delle migliori opportunità presenti su un mercato più ampio.

Nel distretto non mancano le imprese che hanno saputo creare fenomeni di marca ampiamente riconosciuti dal mercato grazie ad attente operazioni di marketing. Tale capacità nello sviluppo di brand distintivi e riconoscibili agli occhi del cliente finale risulta un punto di forza assoluto del distretto fermano, da cui altri distretti protagonisti del nostro progetto potrebbero trarre spunto.

Il distretto fermano è tra quelli che hanno saputo riposizionarsi con successo nel corso dell’ultimo decennio, passando dalla tradizionale focalizzazione sul segmento economico, ormai prodotto interamente all’estero, a quella sui segmenti medio-fine e fine, mettendo a frutto competenze tradizionali e capacità di innovazione tecnica e stilistica.

La quota di export dichiarata dal distretto Fermano-Maceratese della calzatura è pari all’80% circa, un dato che indica l’elevatissima propensione ai mercati internazionali dei produttori locali.

Il distretto della Calzatura di Fermo e Macerata si trova in una situazione economico-finanziaria solo marginalmente intaccata dalla recente crisi economica.

Dall’analisi quantitativa viene confermata l’importanza delle dimensioni aziendali in relazione alla performance economica-finanziaria. Sono le pochissime imprese di grandi dimensioni presenti nel distretto, infatti, a spiccare per i migliori risultati in termini di redditività, produttività e sostenibilità finanziaria.

La maggioranza delle imprese di piccole dimensioni sembra particolarmente accusare il deterioramento del quadro economico settoriale, trovandosi tra l’altro in una situazione di maggior vulnerabilità sotto il profilo della capitalizzazione. Quasi il 60% delle imprese del distretto, infatti, è risultata carente in termini di patrimonio netto rispetto al capitale investito nelle attività d’impresa. Pertanto, nel calzaturiero fermano-maceratese, a fianco di alcune splendide storie di successo da prendere senz’altro come esempio, vi sono evidenti spazi di miglioramento a disposizione delle PMI del territorio più attente e disponibili al cambiamento.

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43

I Distretti della Moda

3.3 Distretto dell’Occhiale di Belluno

L'insediamento produttivo dell'occhialeria nella provincia di Belluno è un caso esemplare di distretto industriale italiano di successo. La sua storia inizia nel 1878 con la costituzione della prima fabbrica di occhiali a Calalzo di Cadore. Il territorio circostante, che rappresenta oggi il Distretto dell’Occhialeria di Belluno, ha progressivamente consolidato tutte le caratteristiche tipiche dell'economia distrettuale: densità di insediamenti, prevalenza numerica di piccole imprese, intensi rapporti interaziendali di filiera, di competitività e di produzione per conto terzi, profondo radicamento culturale e sociale con il territorio. Nel corso degli anni, si sono affermati quattro gruppi industriali leader che, grazie ai propri marchi ed alla capacità di affrontare il mercato globale, sono riusciti a far crescere il distretto sfruttando al meglio il dinamismo imprenditoriale locale.

Il distretto dell’occhiale - superati i confini che lo vedono storicamente radicato nell’area del Cadore - oggi si estende al territorio dell’intera provincia di Belluno toccando anche altre aree della Regione Veneto. In particolare le provincie di Treviso, Padova e Venezia vedono la presenza di importanti insediamenti produttivi.

Le caratteristiche geografico - ambientali del Bellunese rendono quest’area un territorio unico nel suo genere. In un simile contesto, tanto pregiato quanto fragile ed esigente, si è costituita una vera e propria civiltà della montagna, ove oggi convivono in equilibrio industria manifatturiera e turistica, settori economici che dalla seconda metà del Novecento hanno reso possibile lo sviluppo di un notevole benessere economico ad una zona d’Italia di antica povertà.

Il distretto bellunese si è progressivamente specializzato in tutte le produzioni che riguardano il mondo dell'occhiale: montature da vista, occhiali da sole, minuterie per occhiali, macchinari ed attrezzature di produzione, trattamenti galvanici, astucci e lenti. Nel distretto sono presenti un centinaio di aziende a carattere industriale e circa 300 aziende artigiane, con un tasso di disoccupazione inferiore alla metà di quello rilevato in Paesi come Francia, Gran Bretagna e Germania. Il fatturato locale costituisce l’85% della produzione italiana di settore, mentre la percentuale di export si attesta negli anni costantemente attorno all’80%. Il fatturato 2009 è risultato pari a circa 1.780 milioni di euro, dei quali 1.400 imputabili all’export. Il 46% dei flussi di export del distretto è diretto in Europa, il 35% verso l’America del Nord e il 19% nel resto del mondo.

Caratteristica peculiare di un distretto industriale è la singolare divisione del lavoro che, invece di coinvolgere diversi reparti di una sola grande impresa, si ripartisce tra imprese autonome di piccole e piccolissime dimensioni, gestite da singoli imprenditori, ognuno dei quali è quotidianamente impegnato a perseguire il proprio interesse economico, mantenendo e accrescendo la propria capacità competitiva. Nel distretto bellunese dell’occhiale la presenza di un’alta concentrazione di imprenditorialità è connessa anche alla possibilità di frazionare il ciclo produttivo della montatura per occhiali: esso rimane - pur nella crescente meccanizzazione ed informatizzazione del processo produttivo - un prodotto manifatturiero che richiede ancora, per una quota attorno al 60% del complessivo di lavorazione, l’intervento di accurate lavorazioni manuali.

La struttura del processo produttivo odierno è il risultato di macchinari spesso prodotti all’interno delle stesse occhialerie e collegate con particolari accorgimenti tecnici ad impianti computerizzati. Conseguenza di ciò è stata la velocizzazione dei processi, la ricerca di continui margini di innovazione, il miglioramento della qualità nel rispetto degli standard comunitari ed internazionali e, soprattutto, la possibilità di ottenere lavorazioni molto complesse e flessibili che si collocano in nicchie di mercato specializzate.

Abituati a collaborare con aziende territorialmente contigue nella medesima filiera produttiva e, a confrontarsi con i numerosi competitors locali, gli imprenditori industriali ed artigiani del distretto dell’occhiale hanno fatto dell'innovazione una parola d'ordine, ricercando costantemente nuove soluzioni di prodotto e di processo.

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I Distretti della Moda

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Il modello imprenditoriale ed aziendale che è alla base del distretto bellunese dell’occhiale e dei suoi successi si incentra, dunque, sulla capacità di lavorare in un sistema di rete, sulla pratica del metodo sperimentale e sulla disponibilità diffusa a personalizzare il rischio di impresa. La stragrande maggioranza delle occhialerie bellunesi, per attenuare i limiti della piccola piccolissima dimensione che le contraddistingue, hanno dato vita a modalità di lavoro intrecciate come una rete, all'interno di un sistema di molteplici e differenziati rapporti interaziendali. Ogni impresa del distretto individua la propria strada con un processo continuo di sperimentazione concreta delle alternative aziendali possibili, facendo tesoro dai casi di successo o di insuccesso, propri e altrui.

Negli anni del più recente passato, il distretto ha iniziato ad attraversare un periodo definito da alcuni “di transizione”, visto da molte piccole imprese come il declino ineluttabile di quel modello imprenditoriale che ne ha determinato il successo storico. Nonostante ciò, tra le realtà imprenditoriali locali, vi è un nucleo di 30-40 imprese che sta dimostrando grande volontà e capacità di riposizionarsi nel mercato per superare il modello del terzismo puro. Tra queste, molte hanno iniziato ad operare con marchi propri riconosciuti dai mercati della clientela retail nazionale ed internazionale, con il quale viene istaurato un rapporto sempre più diretto ed intensivo. Ed è da questa nuova imprenditoria, giovane e pronta al cambiamento da cui il distretto deve prendere spunto per un rilancio diffuso delle proprie imprese.

Altro elemento cruciale emerso negli incontri con gli opinion leader del distretto da noi intervistati afferisce all’aspetto dell’orgoglioso individualismo che contraddistingue da sempre gli imprenditori del territorio. Un individualismo che in passato ha creato quel clima di sana competizione imprenditoriale, stimolo per la crescita impetuosa dell’economia del distretto, ma che oggi rappresenta il più grande ostacolo alla realizzazione di attività a carattere aggregativo, utili a superare i limiti della modesta dimensione aziendale che caratterizza i singoli.

Posizionamento qualitativo

Il distretto dell’occhiale di Belluno si posiziona nel quadrante virtuoso della matrice strategia/cooperazione, confermando la solidità e la stabilità dei rapporti di collaborazione tra le imprese locali. Il distretto evidenzia altresì un elevato grado di internazionalizzazione, che lo pone nelle prime posizioni rispetto alle altre realtà distrettuali considerate anche su questa tematica. Qualche spazio di miglioramento, da approfondire però nel dettaglio, appare invece sul tema dell’innovazione.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.3.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Page 50: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

45

I Distretti della Moda

Figura 3.3.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

Pur in questo clima di collaborazione e scambio tra grande e piccola impresa, gli opinion leader ci segnalano che le progettualità a carattere consortile e le cooperazioni finalizzate emerse dal territorio faticano non poco a decollare per motivazioni prevalentemente rintracciabili nel carattere spiccatamente individualista dell’imprenditoria locale.

Le interviste da noi effettuate hanno poi rivelato che le imprese del distretto dell’occhialeria tendono preferibilmente a fare rete con altre imprese della zona, con le quali condividono mentalità e orientamenti. Ciò non toglie che accorrano rapporti più o meno occasionali di fornitura anche con imprese residenti in altre parti d’Italia.

In termini di governance di distretto, anche a Belluno, come in diverse altre realtà da noi visitate, ad oggi non è stato ufficialmente creato un vero e proprio ente di distretto destinato a coordinare le attività dello stesso. Sono, infatti, le due anime associative dell’imprenditoria locale ,Confindustria e Confartigianato in collaborazione con la Camera di Commercio di Belluno che, in espressione di interessi non sempre coincidenti, rappresentano formalmente il distretto.

Cooperazione

Secondo le informazioni raccolte nel corso delle interviste rivolte agli opinion leader del distretto dell’occhiale di Belluno risulta che le 4 imprese leader storiche (Luxottica, Safilo, Marcolin e De Rigo) operino con una rete di fornitori assolutamente consolidata nel tempo. Ci viene, infatti, riferito che le aziende sopravvissute alla selezione dell’ultimo decennio hanno mantenuto rapporti di fornitura molto stabili grazie agli elevatissimi standard qualitativi delle proprie lavorazioni.

Ruolo guida delle imprese leader

Belluno

FermoMontappone Santa Croce Biella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.3.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Laddove, infatti, si è mantenuta la produzione sul territorio del Cadore, i rapporti di collaborazione tra grande e piccola impresa sono rimasti molto stabili, con una forte osmosi di competenze e di idee (molte volte sono i piccoli che sviluppano le idee per i grandi) tra le due categorie di imprese, creando in questo modo un rapporto di fitta interdipendenza nei cicli produttivi tra committente e terzista.

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

BellunoFermoMontappone Santa CroceBiellaValenza

VeronaMontebelluna Veneto Moda

PugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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I Distretti della Moda

46

Figura 3.3.6 - Strategia – Politiche di marca

Se i modelli di business delle imprese leader sono ampiamente improntati all’innovazione di prodotto e ai contenuti di marketing, tra le imprese medio-piccole si sta solo recentemente comprendendo la necessità di porre un’attenzione sempre maggiore alle strategie di mercato. Al tempo stesso, sul territorio sono rimaste ancora molte piccole imprese (in prevalenza nel segmento dei terzisti) che indugiano sulla storica capacità di fare un prodotto (o sue componenti) di qualità eccellente, ove prevalgono lavorazioni ad elevato tasso di artigianalità. Tali imprese difficilmente sono riuscite ad instaurare un contatto diretto con il mercato, fattore che le rende senza dubbio più vulnerabili e quindi maggiormente esposte al rischio di declino economico rispetto alle imprese di pari dimensione che sono invece affacciate a valle sul mercato retail.

Governance di distretto

Fermo Montappone Santa CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Belluno

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.3.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Questo modello di organizzazione, seppur utile e opportuno per facilitare il confronto, alla prova dei fatti, non sembra aver consentito al distretto di raggiungere una governance sufficientemente incisiva in direzione di una strategia coerente.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

BellunoFermo

MontapponeSanta Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.3.5 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Il territorio sul quale insiste il distretto del Cadore è contraddistinto da un tessuto imprenditoriale che presenta una forte concentrazione di imprese del settore dell’occhialeria. Nella zona sono insediate, infatti, anche alcune imprese di altri settori industriali, ma con una concentrazione assolutamente marginale rispetto a quella di riferimento. Negli anni anche il settore turistico ha avuto un importante sviluppo, ma in ogni caso l’incidenza dell’occhialeria sul complesso dell’economia locale risulta senz’altro prevalente, indicando quindi un forte radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico della valle.

Strategia

In termini di politiche di marca, oltre alle imprese leader titolari di molti marchi sia in proprietà che in licenza, le imprese medio-piccole a contatto diretto con il mercato si muovono tipicamente con marchi acquisiti in licenza o con private label, ma tra queste non manca qualche caso di impresa dotata di marchi propri di portata essenzialmente nazionale.

Politiche di marca

BellunoFermoMontappone

Santa Croce

Biella

ValenzaVeronaMontebelluna

Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

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47

I Distretti della Moda

Figura 3.3.8 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

Alcuni tra gli imprenditori più attenti – secondo le testimonianze raccolte – risulta che abbiano provveduto a programmare per tempo il passaggio dei poteri alla generazione successiva, senza per questo aver aperto le porte dell’azienda al capitale di rischio di terzi, un tema che rimane - qui come altrove - ancora molto difficile da affrontare, pur con qualche fenomeno isolato che si è mosso in controtendenza.

Come in parte già anticipato, risulta poi che le piccole imprese del distretto lavorino su più fronti distinti: in prevalenza come fornitori su base regolare delle imprese leader locali, ma anche nell'ambito di produzioni in conto proprio ed in conto terzi per imprese clienti nazionali. Parallelamente ci viene anche riferito di alcune imprese impegnate nello sviluppo di collezioni private label per la clientela di rango nazionale ed internazionale (grandi catene dell’occhialeria e department stores).

Innovazione

Gli investimenti in ricerca e innovazione stilistica e tecnica, effettuati in modo sistematico dalle aziende più grandi, sono sicuramente meno intensi per le piccole imprese. Per queste ultime ci viene detto che il 70% dell’innovazione è di tipo incrementale, mentre il restante 30% è specificatamente diretta a soddisfare le richieste dei grandi clienti.

Strategie di sviluppo (prodotto/marketing)

Belluno

FermoMontappone Santa Croce BiellaValenza VeronaMontebelluna

Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.3.7 - Strategia – Strategie di sviluppo

Se la fascia di piccole e medie imprese del distretto integrate con il mercato ha sviluppato una capacità autonoma di individuare e seguire prontamente le tendenze e le mode, i casi di imprese in grado di anticipare e generare tali tendenze sono ascrivibili esclusivamente al novero delle imprese leader, le quali, di fatto, grazie alla propria posizione competitiva a livello globale, pilotano gli orientamenti e le mode del settore.

Dalle interviste agli opinion leader locali risulta che molti imprenditori del distretto sono abituati ad investire con grande orgoglio ed in modo sistematico nello sviluppo dell’azienda di famiglia, continuando a credere nel proprio mestiere anche nei momenti di maggior difficoltà.

Assai delicato, anche a Belluno, è il tema della governance d’impresa. L’orientamento del piccolo e medio imprenditore è, nella maggior parte dei casi, quello di mantenere una gestione strettamente legata al perimetro familiare, evitando, nei limiti del possibile, l’inserimento in azienda di manager esterni a cui delegare competenze chiave.

Passaggio generazionale e governance

BellunoFermo Montappone

Santa Croce

BiellaValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda PugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40%

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I Distretti della Moda

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Figura 3.3.11 - Innovazione – Diritti di proprietà intellettuale

Fatta eccezione per le imprese maggiori, risulta anche qui piuttosto sporadico il ricorso a forme di tutela della proprietà intellettuale, essendo di fatto difficile e dispersivo tutelare il singolo modello di occhiale. In ogni caso, se facciamo un raffronto complessivo con gli altri distretti da noi

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Santa CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Belluno

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.3.9 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Le imprese del distretto tendono nel complesso ad essere piuttosto legate alla tradizione in termini di organizzazione e strategia aziendale, ma vi sono alcuni giovani imprenditori che hanno saputo riposizionarsi con successo mettendo a frutto il patrimonio di competenze storiche abbinandolo alla capacità di innovazione tecnica e stilistica. In aggiunta, altri sono stati in grado di mettere in atto azioni di estensione del brand, affiancando all'occhiale la produzione di accessori, pur mantenendo coerenza produttiva e commerciale. Va comunque detto che, già prima della crisi economica globale, il distretto aveva iniziato a vivere un importante momento di transizione tuttora in atto. In tale contesto, soltanto chi saprà trovare una propria collocazione strategica coerente con il forte dinamismo del mercato, potrà realmente garantirsi un futuro.

Tradizione e riposizionamento

BellunoFermo

MontapponeSanta CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.3.10 - Innovazione – Tradizione e riposizionamento

Non sono molti i casi riferiti dagli opinion leader in tema di interazione con il mondo accademico e della ricerca, ma il più significativo è sicuramente quello di Certottica, ente di certificazione dei prodotti ottici, nato a Longarone da una collaborazione con le Università di Padova e di Udine e che svolge anche progetti di ricerca e innovazione con le singole imprese del territorio.

In tema di risorse umane le PMI del distretto dell’occhiale sono nel complesso orientate a plasmare le competenze più qualificate direttamente al proprio interno per fidelizzarle nel tempo. Solo le imprese leader, come Luxottica, sono invece orientate – anche grazie al respiro internazionale che possono garantire – ad attrarre “in valle” competenze specialistiche e manageriali, anche elevate. Secondo le indicazioni raccolte sembra, però, che stia emergendo una certa disaffezione dei giovani del luogo verso la carriera nel settore dell'occhialeria, percepito in maniera meno attrattiva di un tempo: le imprese locali sembrano, infatti, faticare sempre più nel trovare giovani maestranze e tecnici da far crescere in azienda.

Diritti di proprieta' intellettuale (modelli di utilità, disegno industriale, marchio)

Belluno

Fermo

MontapponeSanta Croce

BiellaValenzaVeronaMontebelluna

Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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49

I Distretti della Moda

Figura 3.3.13 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Nel distretto si registra una diffusissima propensione ad azioni di de-localizzazione e di multi-localizzazione produttiva. Tali fenomeni in molti casi – a detta degli opinion leader intervistati – stanno però svuotando di competenze il territorio, con imprese che hanno trasferito all’estero la quasi totalità dei propri processi produttivi, trasformandosi in mere piattaforme di assemblaggio e commercializzazione. Oggi sembra, però, che stia maturando una nuova consapevolezza tra gli imprenditori verso la valorizzazione delle competenze e della tradizione del distretto, quali riconosciuti fattori critici di successo per rilanciare l’immagine dell’occhiale italiano.

Le strategie commerciali sui mercati internazionali evidenziano un ampio ricorso alla forma della partnership commerciale contrattualizzata con singoli distributori locali. In particolare, tali accordi vengono solitamente gestiti con forniture spot e richieste di un'esclusiva legata ai volumi di vendita. Al contrario, in ambito produttivo sono più frequenti i casi di joint-venture siglate con i partner locali.

visitati, quello di Belluno appare (insieme a Biella e a Montebelluna) uno dei più attivi sul fronte della brevettazione, grazie anche alla forte componente tecnologica impiegata in alcune lavorazioni. C’è chi afferma, tra l’altro, che potrebbe essere utile arrivare a proteggere i processi produttivi, laddove questi si rivelassero elementi critici per il successo del prodotto finito.

La gestione del tema logistico è condotta dalle piccole e medie imprese su base individuale ed in forma strettamente tradizionale; l'unica azienda che ad oggi opera in modo più evoluto dal punto di vista logistico è senz’altro Luxottica. Un panorama siffatto lascerebbe quindi ampi spazi di efficientamento laddove si riuscisse ad impostare una collaborazione a livello distrettuale.

Internazionalizzazione

La quota di export rilevabile dai dati ufficiali sul distretto dell’occhialeria di Belluno è dell’80%, un valore assai elevato che conferma la fortissima vocazione internazionale dei produttori locali, anche di media e di piccola dimensione. Il distretto, peraltro, è riconosciuto all’estero non solo per l’indiscussa notorietà delle proprie imprese leader: Va detto, infatti, che anche diverse imprese di dimensioni minori sono titolari di marchi noti sui mercati internazionali. Ne consegue che l’occhiale bellunese è affermato a livello mondiale per i suoi brand, da sempre sinonimo di eccellenza di prodotto e di avanguardia del design italiano.

Figura 3.3.12 - Internazionalizzazione – Quota export

Quota export del distretto

FermoMontapponeSanta Croce Biella ValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Belluno

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Multi-localizzazione produttiva

Belluno

FermoMontappone

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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I Distretti della Moda

50

Figura 3.3.15 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Tra le imprese che costituiscono il campione rappresentativo della realtà del distretto (costituito solo da società di capitali per evidenti ragioni di reperibilità dei dati di bilancio), la maggior parte (l’89%) sono piccole realtà con fatturati inferiori a 10 mln €. Sono, però, le imprese più grandi (quelle con fatturati oltre i 50 mln €) a riportare risultati di eccellenza in termini di performance, ed in particolare a surclassare le altre fasce dimensionali per marginalità operativa. Approfondendo questo dato, risulta evidente che l’ampia differenza dei valori per questo segmento dimensionale sia inficiata in buona parte dal colosso Luxottica, che riporta un Ebitda nettamente superiore alle

Attività a sostegno dell'export per le pmi

BellunoFermoMontappone

Santa Croce

BiellaValenzaVerona

MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenzaPrato

30% 40% 50% 60% 70%

Figura 3.3.14 - Internazionalizzazione – Attività a sostegno dell’export per le PMI

Le PMI più attente, infine, risultano partecipare in modo attivo e sistematico alle iniziative di promozione istituzionale all’estero (missioni commerciali, fiere collettive), laddove queste siano ritenute realmente efficaci. Ciò non toglie che si stia lavorando a livello di istituzioni locali per accrescere ulteriormente la portata di tali iniziative che possono indubbiamente avvantaggiare in termini di visibilità commerciale le aziende del distretto.

Posizionamento economico-finanziario

Con il suo campione rappresentativo di 84 imprese, il distretto dell’Occhiale del Cadore si distingue nel novero dei 12 distretti protagonisti del nostro studio per una performance straordinariamente positiva in termini di marginalità operativa media. L’Ebitda medio dell’aggregato nel periodo 2005-2009 si assesta, infatti, oltre il 17%, valore che balza subito all’occhio nel raffronto tra i diversi territori da noi incontrati. Se il distretto bellunese eccelle per marginalità, nel medesimo periodo questo risulta ben più allineato agli altri in termini di crescita dei fatturati.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

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51

I Distretti della Moda

Figura 3.3.16 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

In termini di efficienza nell’impiego del capitale umano e finanziario, il distretto di Belluno nel suo complesso mostra in media risultati migliori rispetto alla maggioranza delle realtà analizzate, seguendo a ruota i distretti marchigiani di Fermo e Montappone. Anche in questo caso l’indice di produttività (Ebit/dipendenti) ed il ROI premiano nettamente la fascia di imprese più grandi, che riportano risultati ben superiori a quelli delle altre due classi dimensionali. Entrambi gli indici, raggiunti i livelli massimi nel periodo 2006-’07, nel biennio successivo subiscono un brusco ridimensionamento.

altre tre imprese della medesima categoria (Safilo, De Rigo e Marcolin), differenza che diventa più marcata nell’ultimo biennio, nel corso del quale gli effetti della crisi globale si sono resi ben visibili.

PERFORMANCE - Distretto dell'occhialeria di BellunoFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 27.015 17,4% 1,9% 84 100% 21 25%Mediana 2.137 7,2% -4,2%

- Grandi imp. fatt. 50 mln./€ 485.653 19,2% 2,1% 4 5% 1 25% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 26.127 6,9% 7,9% 5 6% 2 40% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2.613 8,2% -3,3% 75 89% 18 24%

Fatturato complessivo 2.269.257

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Tabella 3.3.1. Dati di performance del campione

Nel 2008-’09, il fatturato complessivo del campione – cresciuto fino a raggiungere nel 2007 un valore del 33% superiore rispetto a quello del 2005 – sperimenta una fase di contrazione, tornando su livelli appena superiori a quelli di inizio periodo. In questo caso sono, però, le medie imprese (con fatturato compreso tra 10 e 50 mln €) a comportarsi meglio delle altre. Il margine operativo lordo medio riportato dalle imprese del distretto cresce invece fino all’eccezionale picco positivo del 28,1% nel 2006, trainato dai leader Luxottica e Safilo, per iniziare già nel 2007 un periodo di rapida erosione, che lo porta nel 2009 ad un livello medio del 10%. È interessante notare che non è la categoria delle imprese più piccole a riportare la marginalità più bassa; queste, infatti, riportano un MOL medio di periodo pari all’8,2% contro il 6,9% delle medie imprese.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100123

133121

108

020406080

100120140160

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

EBITDA MGN

28,1%

18,7%

13,3%10,0%

16,1%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

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I Distretti della Moda

52

Figura 3.3.18 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005-2009

Figura 3.3.17 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

Tabella 3.3.1- Dati di efficienza del campione

2 Valori in mgl/€

ROI

7,1%

4,4%6,4%

11,9% 12,2%

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

EBIT/DIP2

19,3

34,7

8,6

15,8

27,4

05

10152025303540

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

EFFICIENZA - Distretto dell'occhialeria di BellunoEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 21 8,6% 100% 21 25%Mediana 5 4,4%

- Grandi imp. 50 mln./€ 24,4 9,1% 5% 1 25% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 6,6 2,9% 6% 2 40% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 6,1 5,1% 89% 18 24%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

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53

I Distretti della Moda

Tabella 3.3.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

La sostenibilità finanziaria del distretto è complessivamente in linea con quella evidenziata degli altri distretti, sia in termini di utilizzo della leva finanziaria sia rispetto alla copertura del debito tramite i flussi della gestione operativa.

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Figura 3.3.19 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Se andiamo, però, a approfondire la dinamica del dato, possiamo notare un progressivo e generalizzato deterioramento dell’ottimo livello di sostenibilità raggiunto nel 2006, causato dalla pesante contrazione dei flussi di redditività operativa. Ciò avviene mentre il livello di leva finanziaria rimane sostanzialmente stabile. Osservando, invece, la composizione del dato, notiamo che le imprese finanziariamente più virtuose sono le più piccole, che ricorrono al debito in misura minore e lo ripagano quindi con più facilità attraverso i propri flussi di reddito operativo.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto dell'occhialeria di BellunoPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 3,0 1,1 100% 21 25%Mediana 2,4 1,5

- Grandi imp. 50 mln./€ 3,0 1,1 5% 1 25% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 6,2 1,3 6% 2 40% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2,8 1,0 89% 18 24%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

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I Distretti della Moda

54

PFN/EBITDA

5,0

1,62,4

4,14,4

0

1

2

3

4

5

6

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

D/E

1,41,2

1,31,4

0,6

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

1,4

1,6

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

Figura 3.3.20 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005-2009

È interessante osservare, infine, la situazione concernente il livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Tale indice, raggiunti i livelli più elevati nel 2006, degrada un po’ negli anni successivi, senza mai raggiungere livelli nel complesso preoccupanti. Tra le imprese che compongono il campione, secondo l’analisi dei dati di bilancio 2009, quasi il 40% risulta sottocapitalizzata, con un deficit complessivo per il distretto che, se si volessero portare tutti gli operatori alla soglia di capitalizzazione da noi considerata sufficiente, ammonterebbe a quasi 14 milioni di euro. In termini dimensionali possiamo osservare che a presentarsi come sottocapitalizzate sono tipicamente le imprese più piccole (1,3 mln € di fatturato mediano). D’altro canto, il 47,6% delle imprese dell’occhiale di Belluno risulta invece adeguatamente capitalizzata, mentre il 13% raggiunge addirittura un livello di capitalizzazione da noi considerato ben più che adeguato, con 6,7 milioni di euro di equity immediatamente utilizzabili per gli investimenti senza che gli indici degradino. Da notare che queste ultime due categorie di imprese presentano in media un profilo dimensionale significativamente superiore rispetto alla categoria delle sottocapitalizzate.

Capitalizzazione imprese(% su tot)

39,3%

47,6%

13,1%

Distretto dell'occhialeria di Belluno

Carente Adeguata Più che adeguata

+6.7 Mio€

-13.8 Mio€

2,9 Mio€

Fatturato mediano

Equity

2,1 Mio€

1,3 Mio€

Equity/Tot Attivo

31% 30%33%

44%

26%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto dell'occhialeria di Belluno

Figura 3.3.21 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

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55

I Distretti della Moda

In sintesi

Secondo quanto raccolto tramite l’indagine sul campo, il livello di cooperazione registrato all’interno del distretto dell’Occhiale bellunese è piuttosto elevato. Ciò è dovuto allo stretto e consolidato legame che intercorre tra le imprese leader ed i fornitori locali, che si distinguono per lo standard qualitativo delle loro lavorazioni. Nonostante l’ormai diffusa tendenza alla de-localizzazione produttiva - laddove la produzione sia stata mantenuta in loco - grandi e piccole imprese collaborano intensamente tra loro, in un clima di forte osmosi di competenze e idee.

Il clima cooperativo instauratosi tra le aziende, però, stenta a tradursi in efficaci progetti e iniziative consortili. Ciò avviene a causa dello spiccato individualismo dell’imprenditoria bellunese e alla scarsa incisività della governance di distretto, in mano alle sezioni di Confindustria e Confartigianato locali, non sempre espressione di interessi perfettamente conciliabili.

Sotto il profilo strategico, il distretto dell’occhialeria si posiziona molto bene se rapportato agli altri distretti incontrati nel nostro progetto. A contribuire in maniera preponderante è la capacità di sviluppare politiche di marca evolute sia da parte delle imprese leader, che operano con brand propri o presi in licenza, sia da parte delle imprese più piccole che, oltre ad essere dotate di marchi in licenza e di private label, hanno anche lanciato dei marchi propri di portata nazionale.

Allo stesso tempo, solo le imprese leader hanno raggiunto una posizione di forza (a livello nazionale e internazionale) tale da poter imporre le tendenze al mercato. Le piccole, pur divenute sempre più capaci di recepirle, rimangono ancora ancorate ad un modello tradizionale, incentrato sulla qualità e sull’efficienza di prodotto.

In tema di governance d’impresa, ad esclusione dei grandi gruppi ormai internazionali, nella stragrande maggioranza delle aziende localizzate nel distretto l’equazione tra proprietà e famiglia rimane valida, sebbene la programmazione del passaggio generazione sia abbastanza diffusa.

Secondo quanto riferitoci dagli opinion leader intervistati, le imprese leader investono sistematicamente in innovazione sia tecnica che stilistica, mentre le PMI mostrano una propensione all’innovazione meno marcata. In aggiunta, se nel complesso le aziende operanti nel distretto sono molto attaccate alla tradizione, esiste una nuova generazione di imprenditori che ha saputo puntare sulle leve dell’innovazione e del marketing, riposizionando con successo le proprie aziende, anche attraverso la diversificazione nel segmento dell’accessorio moda.

La capacità di attrarre competenze specialistiche dall’esterno del distretto bellunese si limita alle sole aziende leader che, grazie alla propria notorietà internazionale, riescono ad attrarre in valle talenti professionali e manager.

Seppure si registri una limitata propensione all’utilizzo degli strumenti della proprietà intellettuale tra le PMI del distretto, la protezione delle idee e delle invenzioni è garantita in modo efficace rispetto agli altri territori da noi incontrati, grazie anche alle tecnologie utilizzate nei processi produttivi, spesso soggette a forme di brevettazione.

Secondo i dati ufficiali, la quota export complessiva del distretto di Belluno è pari all’80% del fatturato complessivo, a dimostrazione della forte posizione di leadership ricoperta a livello internazionale dalle imprese originarie del distretto. L’occhiale bellunese è, infatti, affermato a livello mondiale per i suoi brand, da sempre sinonimo di eccellenza di prodotto e di avanguardia del design italiano.

Si evidenzia oggi una diffusissima propensione alla multi-localizzazione produttiva che – a detta degli opinion leader incontrati – sta impoverendo il patrimonio di competenze del

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I Distretti della Moda

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territorio. Al tempo stesso cresce, però, nell’imprenditoria locale, in particolare tra le PMI, la consapevolezza che una politica di rivalutazione del tessuto produttivo distrettuale sia di vitale importanza per mantenere la storica immagine di eccellenza guadagnata negli anni dall’occhialeria italiana.

Sotto il profilo economico-finanziario il distretto dell’occhiale di Belluno, nonostante gli evidenti morsi della crisi, ci appare ancora in uno stato di salute più che discreto. Certo è che la capacità di fare reddito appare, oggi più che mai, legata alla massa critica raggiungibile e ai modelli aziendali utilizzati. Sono, infatti, le imprese leader – intese sia per dimensione che per adeguatezza del modello di business nell’affrontare i mercati globali – che riescono a governare la catena del valore.

In molti casi le piccole imprese, grazie alla loro flessibilità, riescono a spuntare risultati migliori delle medie imprese, con posizioni finanziarie, non di rado, più sostenibili rispetto a quelle dei colleghi di maggiore dimensione.

Non va tuttavia dimenticato che vi è un 40% di imprese – e tra queste soprattutto quelle di minori dimensioni – che farebbero bene ad attrezzarsi con una dote di capitale più robusta per poter continuare ad affrontare con una certa tranquillità le sfide che le attendono.

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I Distretti della Moda

3.4 Distretto dei prodotti in pelle e cuoio di Santa Croce sull'Arno

Il distretto conciario di Santa Croce sull'Arno rappresenta una delle principali realtà nel campo della lavorazione conciaria a livello italiano ed internazionale. Le prime attività conciarie della zona risalgono alla metà dell‘800, ma solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale si assiste ad una forte espansione dell’attività industriale, che si colloca nel tessuto urbano preesistente. Con gli anni ’70 inizia il processo di spostamento degli insediamenti produttivi dai centri abitati alle zone industriali.

Questo processo dà avvio ad un percorso di industrializzazione caratterizzato dalla concertazione delle politiche di sviluppo fra le amministrazioni pubbliche locali e le imprese, attraverso le proprie associazioni che istituzionalmente le rappresentano.

Nel distretto di Santa Croce si concentra circa il 35% della produzione nazionale di pelli ed il 98% della produzione nazionale di cuoio da suola.

Il modello produttivo che caratterizza l’attività del distretto conciario vede una struttura estremamente frammentata di piccole e medie imprese, integrate con attività conto terzi specializzate in specifiche fasi di lavorazione. Nel distretto sono presenti circa 600 aziende (tra concerie e lavorazioni per conto terzi) con 8.000 addetti ed una dimensione media di circa 12 addetti per impresa.

Nel corso degli anni, a complemento del distretto, si sono affiancate attività direttamente o indirettamente collegate alla concia quali la produzione di reagenti chimici, di macchine per conceria, di servizi, manifatture dell'abbigliamento, della pelletteria e delle calzature che hanno dato origine ad un'altra importante fetta di occupazione nell’indotto. Alcune di queste attività, infatti, rappresentano realtà importanti nel contesto nazionale, seppure all’interno di nicchie di mercato. A titolo di esempio, il settore delle “macchine per conceria” del distretto rappresenta il 30% della produzione nazionale di settore.

Relativamente ai flussi commerciali, il 75% delle materie prime, pelli grezze o semilavorate, provengono dal macello europeo e dall’Europa Orientale, il 15% da quello nazionale e il 10% da altri mercati soprattutto dell'America del Nord e dell’America Latina. Le esportazioni rappresentano circa il 50% del fatturato e sono indirizzate prevalentemente al mercato europeo (50%), a quello asiatico e nord americano.

Le aziende conciarie del comprensorio sono state affiancate nell’affrontare le diverse problematiche relative alle loro attività dalle associazioni locali di categoria, che confluiscono in due organizzazioni di riferimento:

Associazione Conciatori di Santa Croce: raccoglie circa 300 concerie ubicate sulla riva destra dell’Arno nei Comuni di Santa Croce, Fucecchio e Castelfranco, per lo più specializzate nella concia al cromo;

Consorzio Conciatori di Ponte a Egola: aderiscono circa 100 concerie del Comune di San Miniato, che producono prevalentemente cuoio da suola e pellami conciati al vegetale.

Le Associazioni hanno svolto storicamente un ruolo fondamentale di accompagnamento allo sviluppo industriale del distretto, non solo in termini di supporto tecnico e consulenziale, ma anche e soprattutto in termini di orientamento strategico per lo sviluppo del distretto. Grazie anche al loro lungimirante operato, infatti, la lavorazione conciaria nell’area di Santa Croce è oggi arrivata a ridurre al minimo l’impatto ambientale. Attraverso il coordinamento delle Associazioni, le concerie hanno affrontato con grande efficacia temi complessi come la realizzazione delle aree industriali, di impianti centralizzati di depurazione, il recupero dei sottoprodotti di lavorazione, il riutilizzo dei fanghi reflui della depurazione, dando vita ad un’articolata organizzazione di specifiche società consortili impegnate a produrre nuove tecnologie e nuovi investimenti al servizio del settore conciario del comprensorio.

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I Distretti della Moda

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Nel tempo, le Associazioni hanno supportato attivamente lo sviluppo commerciale all’estero, promuovendo e coordinando la partecipazione a mostre e fiere internazionali. La crescente vocazione all’export del distretto (65-70% delle concerie) è provata dalla presenza delle concerie italiane alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore. Le aziende associate intrattengono oggigiorno rapporti con quasi tutti i paesi dell’Unione Europea e con Stati Uniti, Canada, Cina, Giappone, Hong Kong, Corea, altri Paesi asiatici, Africa Sub-Sahariana, America Centrale e Meridionale, e Est Europeo. Rapporti occasionali si sono verificati con paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.

Negli ultimi dieci anni, il distretto ha visto una costante progressione dei propri volumi produttivi, seppur in presenza di alterni momenti congiunturali, che non hanno comunque mai intaccato i livelli occupazionali. Questi risultati sono dovuti alla struttura stessa del distretto che ha saputo sviluppare al suo interno una forte elasticità produttiva, grazie alla quale il distretto ha potuto sostenere le accelerazioni del ciclo e al tempo stesso assecondare le richieste del mercato e delle mode. Tutto questo grazie ad un’altissima specializzazione e ad una straordinaria capacità di integrazione delle singole unità produttive.

Dal lato degli approvvigionamenti delle materie prime, il distretto ha saputo operare una diversificazione dei mercati di provenienza in funzione del quantitativo disponibile di pellame grezzo, acquistando anche dai mercati emergenti, ed un’accurata selezione dei fornitori . Ulteriori vantaggi sono stati ottenuti attraverso primi tentativi di ristrutturazione organizzativa delle imprese del settore. Questo non ha naturalmente riguardato gli assetti proprietari, ma essenzialmente la possibilità di realizzare economie di scala nelle fasi produttive caratterizzate da maggiore concorrenza internazionale. Gruppi o consorzi sono stati costituiti per l'acquisto dei fattori di produzione (materie prime e prodotti chimici), per l'ottimizzazione dei canali commerciali, della produzione, della ricerca e sviluppo e, in alcuni casi, della logistica.

Tuttavia i risultati più significativi si sono registrati sul versante della produzione. In questo caso l'intero distretto ha puntato sui fattori che da sempre lo contraddistinguono: flessibilità produttiva, qualità, gamma, personalizzazione e contenuto moda. Gli elevati standard tecnologici delle imprese del settore hanno permesso di ampliare notevolmente sia la qualità che la gamma dei prodotti offerti. Attualmente nel distretto è possibile effettuare la lavorazione di qualsiasi tipo di pellame dal bovino all’ovino e al rettile. Ciò ha consentito al distretto di riuscire a soddisfare il contenuto "moda" di una domanda caratterizzata da produzioni di piccoli lotti di elevata qualità, non standardizzate, con tempi rapidi di consegna. Sempre di più è il distretto stesso ad anticipare le tendenze moda coniugando esperienza secolare, evoluzione tecnologica, estro e creatività.

La tutela dell'ambiente – stella polare del distretto – rappresenta non solo la strada per penetrare nuovi mercati, ma anche una via lungimirante per il contenimento e la riduzione dei costi di produzione. Questi risultati sono stati ottenuti grazie alla realizzazione di impianti centralizzati di depurazione, riconosciuti in campo internazionale, che, attraverso sistemi automatizzati di controllo della quantità e qualità delle acque reflue, hanno creato sistemi di tariffazione premianti per le aziende meno inquinanti.

L’aspetto della formazione e della qualificazione del personale è uno dei temi centrali per lo sviluppo del distretto. Le associazioni ed i consorzi che raggruppano le imprese del distretto offrono da tempo servizi formativi di elevato livello. A questi si affiancherà a breve il nascente Polo Tecnologico che, fra l'altro, si occuperà di promuovere la specializzazione del personale tecnico sia a livello di scuola media superiore che universitaria e di intraprendere attività di formazione professionale e di ricerca applicata. A tal proposito, in collaborazione con l’Università di Pisa, sono già stati attivati due diplomi universitari in chimica-conciaria ed ingegneria chimica-conciaria. In particolare, i campi di intervento del Polo Tecnologico - società mista pubblico-privata a maggioranza privata - rappresentano ambiti progettuali distinti benché integrati fra loro: progetti di ricerca ed applicazione di soluzioni per il monitoraggio ambientale e l'eco-compatibilità del comparto, e progetti di innovazione di prodotto e di comunicazione esterna per il mercato.

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I Distretti della Moda

Figura 3.4.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Di fatto l’acquisto di materiali grezzi proviene oramai in buona misura da fornitori esteri, mentre risulta tuttora cruciale la presenza di una rete di terzisti locali in grado di garantire standard qualitativi e capacità di interazione assolutamente unici.

Qui il ricorso al fenomeno del terzismo viene indicato come molto intenso, anche per le imprese che sono comunque già in grado di integrare gran parte della filiera produttiva al proprio interno. Ciò avviene poiché - oltre ad essere una naturale valvola di sfogo in grado di

Posizionamento qualitativo

Il distretto conciario di Santa Croce fa registrare un posizionamento distintivo in entrambe le nostre matrici di valutazione qualitativa. In particolare, esso riporta risultati di eccellenza nell’ambito della cooperazione, ove la forte interazione tra le imprese locali ed i risultati concreti ottenuti a livello di governance nell’impostare strategie condivise di distretto consentono di misurare un indice di cooperazione particolarmente significativo. Il distretto di Santa Croce appare molto ben posizionato anche sull’asse dell’innovazione, grazie alla costanza nel rinnovo dei contenuti tecnici e di prodotto delle imprese locali, così come all’efficacia delle azioni di riposizionamento strategico intraprese negli anni. Qualche spazio di ulteriore crescita si può forse individuare sull’asse tematico dell’internazionalizzazione.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

PugliaVicenza

Prato

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.4.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Da quanto emerso dalle interviste con gli opinion leader di Santa Croce, risulta che nel distretto vi sono 5 o 6 imprese che si possono considerare leader, alcune per motivi storici altre per la posizione raggiunta in tempi più recenti, le quali collaborano con una fitta rete di PMI locali assolutamente consolidata nel tempo.

Ruolo guida delle imprese leader

Santa Croce

FermoMontappone Belluno

Biella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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I Distretti della Moda

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Figura 3.4.5 - Cooperazione – Governance di distretto

Società e consorzi hanno la peculiarità di essere voluti e controllati direttamente dai privati, gli imprenditori stessi, che hanno pieno interesse a portare avanti in comune la gestione di tematiche ambientali e industriali che, se non affrontate tempestivamente ed in forma cooperativa, avrebbero condotto al declino l’intero distretto. A tal proposito, va constatato che la credibilità delle Associazioni dei conciatori, abbinata all’operato di una pubblica amministrazione

mettere a disposizione rapidamente capacità produttiva nei momenti di picco della domanda - il terzista di Santa Croce rappresenta un insostituibile apporto di competenze ed idee. Fattori questi che messi assieme contribuiscono alla creazione di un modello produttivo flessibile e pronto a rispondere in maniera adeguata ai tempi sempre più veloci della clientela dei diversi comparti moda.

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

Santa CroceFermoMontappone Belluno

BiellaValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.4.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

Ecco perché in un territorio come questo, caratterizzato dall’intensa interdipendenza nei cicli produttivi tra impresa medio-grande e piccole imprese, la salvaguardia della fascia dei terzisti diventa un fattore di vitale importanza per il futuro del distretto stesso. Grazie, infatti, alla garanzia di ottenere lavorazioni di assoluta qualità nell’area del distretto, le imprese locali tendono a fare rete con le altre imprese del territorio e, secondo quanto ci viene riferito, chi ha provato ad allontanarsi dal distretto ha ottenuto scarsi successi.

Estensione delle reti di imprese

FermoMontappone

BellunoBiella ValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Santa Croce

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.4.4 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

Pur non esistendo al momento un ente che garantisca personalità giuridica al distretto, la governance avviene attraverso il coordinamento delle due organizzazioni imprenditoriali locali: l’Associazione dei Conciatori di Santa Croce e il Consorzio dei Conciatori di Ponte Egola. Le due Associazioni, in buona sinergia con il settore pubblico, svolgono da tempo un importante ruolo di accompagnamento allo sviluppo industriale del distretto e hanno creato negli anni un grappolo di società private, miste pubblico-private e consortili finalizzate alla gestione di specifici servizi di vitale importanza per il territorio.

Governance di distretto

Fermo MontapponeBelluno

Biella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Santa Croce

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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I Distretti della Moda

Figura 3.4.7 - Strategia – Orientamento al mercato

Dalle interviste agli opinion leader di Santa Croce risulta che nel distretto vi sia sempre stata una propensione sistematica all'investimento da parte degli imprenditori. Il settore pubblico in un certo periodo storico ha addirittura dovuto contingentare l'espansione industriale per esigenze di tutela ambientale. Tali limiti sono poi stati brillantemente superati grazie all’introduzione di

lungimirante, sono riuscite qui ad esprimere in diversi casi una vera e propria “strategia di distretto”, alla quale gli imprenditori hanno effettivamente aderito.

Il territorio sul quale insiste il distretto di Santa Croce sull’Arno è un’area contraddistinta dalla presenza dell’intera filiera della pelle: dalle prime lavorazioni della materia grezza fino alla calzatura, con una fortissima concentrazione, quindi, di imprese del settore. Si può pertanto affermare che l’economia locale sia praticamente identificata con le attività del distretto, a cui fanno capo quote assolutamente significative di occupazione e di reddito non solo dell’area in questione, ma anche dell’intera provincia di Pisa.

Strategia

In tema di politiche di branding va notato che il distretto di Santa Croce – non trattando prodotti destinati al consumatore finale, bensì destinati all’industria pellettiera e della calzatura – non è attrezzato per esprimere politiche di marca destinate al retail. Nonostante questo, gli operatori di tutto il mondo riconoscono i manufatti del distretto quali prodotti di assoluta eccellenza qualitativa.

Politiche di marca

Santa CroceFermoMontappone Belluno

Biella

ValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

Puglia VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.4.6 - Strategia – Politiche di marca

Per accrescere la riconoscibilità del prodotto intermedio originario di quest’area, da alcuni anni le imprese di Santa Croce hanno provveduto a registrare il marchio “Pelle di Toscana”, nell’intento di comunicare in maniera univoca un brand che riesca a coniugare al tempo stesso contenuti di tradizione e di innovazione, creatività e rispetto dell'ambiente.

Tra le imprese del distretto la costante innovazione di prodotto è ormai un fattore di successo consolidato che si abbina ad un time-to-market sempre più ridotto ed alla capacità di fare proposte creative alle imprese clienti del settore moda. Ed è in questo contesto che le imprese locali, in collaborazione con gli “uffici stile” delle imprese clienti del settore moda e, in qualche caso, con stilisti interni presente nelle aziende di maggiori dimensioni, riescono ad anticipare e a sviluppare le tendenze future del settore moda pelle. Tale orientamento al mercato, pur in presenza di una produzione di semilavorati, è senza dubbio uno degli elementi distintivi del distretto e ha contribuito in maniera determinante al riposizionamento dello stesso su un segmento fashion oriented ad elevato valore aggiunto.

Orientamento al mercato

Santa CroceFermoMontappone

BellunoBiellaValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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I Distretti della Moda

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Figura 3.4.9 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Il distretto di Santa Croce già sul finire degli anni ’90 è riuscito ad effettuare una sapiente operazione di riposizionamento strategico da mero fornitore di semi-lavorati conciari destinati a settori più ricchi ad effettivo creatore di contenuti moda che, grazie alla sempre più stretta collaborazione con i brand della fashion industry, arrivano direttamente sui più sofisticati mercati retail.

tecnologie eco-compatibili avanzate che hanno permesso alle imprese di continuare a crescere in linea con quanto il mercato richiedeva loro.

Figura 3.4.8 - Strategia – Propensione agli investimenti

Negli anni più recenti – grazie anche all’importante svolta strategica che ha avvicinato ed integrato sempre più il distretto con i settori della moda – è riaffiorata prepotentemente tra le giovani generazioni la voglia di fare impresa. In un contesto di passaggio generazionale in corso o già avvenuto, il controllo delle imprese rimane, però, strettamente legato al perimetro familiare: da quanto risulta dalle interviste, infatti, non sono graditi manager esterni nei ruoli chiave delle imprese, né tanto meno piace l’idea di aprire la compagine azionaria a capitali di rischio esterni.

In termini di apertura del portafoglio clienti dei terzisti risulta che le piccole imprese del distretto, oltre a lavorare intensamente come fornitori delle imprese leader locali, effettuino talvolta anche lavorazioni per conto di clienti terzi localizzati in altri ambiti territoriali nazionali; ad esempio per le imprese conciarie del distretto di Arzignano (VI), ove pare manchi un terzismo di qualità comparabile a quello di Santa Croce.

Innovazione

Come precedentemente accennato, tra le imprese del distretto è pratica comune effettuare sistematici investimenti in ricerca e innovazione stilistica. In particolare, l'innovazione nello stile si concretizza in un'attività di collaborazione continua con la clientela di riferimento, cioè le grandi griffe della moda.

Risulta, inoltre, che le imprese maggiori si siano dotate in molti casi di stilisti interni che elaborano le proposte sulle quali confrontarsi direttamente con il cliente, prima di passare in produzione.

Propensione agli investimenti

Santa CroceFermo Montappone

BellunoBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Biella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Santa Croce

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

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I Distretti della Moda

Figura 3.4.12 - Innovazione – Logistica integrata

Tradizione e riposizionamento

FermoMontappone

BellunoBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

Santa Croce

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.4.10 - Innovazione – Tradizione e riposizionamento

Non mancano qui a Santa Croce i casi di interazione con il mondo accademico della ricerca e della formazione, come in precedenza sottolineato: è, infatti, attivo il cosiddetto Polo Tecnologico Conciario (POTECO), ente finanziato direttamente dalle aziende del distretto che svolge attività di ricerca ed erogazione di servizi alle imprese locali. Sono attivi, inoltre, corsi di laurea distaccati dell'Università di Pisa delle Facoltà di Ingegneria e di Chimica, ma risultano anche numerose collaborazioni di più basso livello tra le singole aziende conciarie e gli istituti tecnici, finalizzate alla formazione e all’inserimento nel mondo produttivo di tecnici e specialisti altamente qualificati.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

Santa CroceFermo

MontapponeBelluno

BiellaValenza

Verona

MontebellunaVeneto ModaPugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.4.11 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

In tema di risorse umane le imprese del distretto rappresentano un polo di attrazione per la mano d'opera sia generica che altamente specializzata. Diverse imprese si appoggiano a consulenti tecnici e stilistici provenienti da fuori, ma in ambito manageriale gli imprenditori - come già detto - preferiscono mantenere il governo delle funzioni chiave dell’azienda in ambito strettamente familiare.

Piuttosto sporadico risulta, invece, il ricorso da parte delle imprese del distretto a forme di tutela della proprietà intellettuale come la brevettazione. In qualche caso è il Polo Tecnologico a depositare brevetti su specifici processi produttivi, ma la natura e la velocità nell’evoluzione del prodotto in questo settore rendono piuttosto dispersiva la tutela dei processi. Al contrario, i produttori di macchinari per le concerie ricorrono in modo più frequente alla brevettazione, poiché utilizzano tecnologie più facilmente difendibili da attività di imitazione.

La gestione degli aspetti logistici al momento è condotta dalle piccole e medie imprese su base prettamente individuale, ma è emerso dalle indicazioni degli opinion leader intervistati che è in via di approntamento un nuovo polo logistico intermodale dotato di servizi doganali per servire in maniera più efficiente e veloce l’intera area industriale del distretto conciario. Tale iniziativa pone Santa Croce in posizione nettamente più evoluta rispetto a tutte le altre realtà distrettuali incontrate nel nostro viaggio.

Logistica integrata

FermoMontapponeBellunoBiellaValenza

Verona

Montebelluna Veneto Moda PugliaVicenza

Prato

Santa Croce

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Page 69: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

64

Figura 3.4.15 - Internazionalizzazione – Attività a sostegno dell’export per le PMI

Internazionalizzazione

I dati ufficiali relativi elle esportazioni del distretto di Santa Croce parlano di una quota export pari a circa il 50% del fatturato complessivo, la cui metà è destinata ai mercati europei mentre la rimanenza viaggia verso Asia e Nord America.

Quota export del distretto

FermoMontapponeBellunoBiella Valenza

VeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Santa Croce

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.4.13 - Internazionalizzazione – Quota export

Il distretto, pur non essendo dotato di marchi retail noti al grande pubblico è ampiamente riconosciuto all’estero per la qualità delle lavorazioni da qui provenienti. A ciò si aggiungono interessanti iniziative tese a rafforzare la percezione della qualità del prodotto, come quella già citata del marchio di distretto “Pelle di Toscana”, voluta dalle locali associazioni conciarie.

A Santa Croce la catena del valore della filiera produttiva viene prevalentemente mantenuta all'interno del distretto, anche se non sono mancate alcune esperienze di de-localizzazione nei Paesi dell’Europa Orientale. In realtà, pare che i risultati di tali esperienze non abbiano portato esiti di particolare soddisfazione, dal momento che la componente del costo del lavoro nel settore della concia – al contrario di quanto avviene nell’attiguo settore calzaturiero – incide in modo piuttosto modesto (tra il 10 e il 15%), attenuando notevolmente i vantaggi di costo derivanti dall’azione di de-localizzazione, la cui contropartita è invece pesante dal lato qualitativo.

Multi-localizzazione produttiva

Santa Croce

FermoMontappone Belluno

BiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto ModaPuglia

VicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.4.14 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Le strategie di azione delle imprese del distretto sui mercati internazionali evidenziano un ampio ricorso alla forma della partnership commerciale, mentre chi è andato all’estero (in particolare in Oriente) con intenti produttivi si è orientato verso la forma della joint-venture con partner locali.

Di comune accordo, le locali Associazioni conciarie e la CCIAA sono in grado di individuare mercati di particolare interesse per organizzare missioni commerciali e partecipazioni collettive a fiere internazionali allo scopo di aiutare le PMI meno strutturate ad affacciarsi su tali mercati. Queste iniziative riscuotono un discreto seguito di imprese che partecipano attivamente alle missioni proposte.

Attività a sostegno dell'export per le pmi

Santa CroceFermoMontappone BellunoBiella

ValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda

PugliaVicenzaPrato

30% 40% 50% 60% 70%

Page 70: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

65

I Distretti della Moda

Tabella 3.4.1 - Dati di performance del campione

Posizionamento economico-finanziario

Il campione di imprese rappresentative del distretto della concia di Santa Croce sull’Arno raggruppa 152 aziende, con un fatturato complessivo nel 2009 pari a 930 milioni di euro. In termini di performance, a partire dal 2008 l’aggregato accusa un pesante rallentamento dei fatturati che lo penalizza nel raffronto con gli altri distretti da noi esaminati. In termini di marginalità operativa, invece, le imprese conciarie mostrano valori in linea con la maggioranza delle altre realtà distrettuali incontrate.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

Puglia

Valenza Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Figura 3.4.16 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Tra le imprese che costituiscono il campione (società di capitali per le quali vengono pubblicati i dati di bilanci), la maggior parte (l’83%) sono piccole realtà con fatturati inferiori a 10 mln €. Sono, però, le imprese di medie dimensioni (quelle con fatturati compresi tra 10 e 50 mln €) a riportare i risultati migliori in termini di performance.

PERFORMANCE - Distretto conciario di Santa CroceFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 6.151 6,5% -5,0% 152 100% 28 18%Mediana 4.057 5,5% -6,7%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 17.335 6,6% -2,7% 26 17% 9 35% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 3.843 6,5% -6,9% 126 83% 19 15%

Fatturato complessivo 934.978

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Page 71: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

66

Dopo essere cresciuto costantemente fino al 2007, il fatturato complessivo del campione inizia una fase di contrazione, attestandosi nel 2009 su livelli nettamente inferiori rispetto a quelli di inizio periodo. A pesare maggiormente è la riduzione del giro d’affari accusata dalle imprese di più piccole dimensioni.

Il margine operativo lordo medio riportato dalle imprese del distretto subisce un calo evidente nel 2006, passando al 6,1% dal 7,1% dell’anno precedente, per poi stabilizzarsi intorno al 6,5% negli anni successivi. È interessante notare che la categoria delle imprese più piccole mostra una marginalità in linea con quella delle imprese di medie dimensioni.

Figura 3.4.17 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

Nonostante la fiacca performance reddituale del distretto, le aziende del campione evidenziano risultati in linea con i distretti più dinamici sia in termini di produttività del capitale umano che di rendimento delle risorse finanziarie investite. In termini di efficienza sono sempre le imprese di medie dimensioni a riportare risultati migliori, seppur non di molto rispetto alle imprese di piccole dimensioni. L’indice di produttività medio del campione subisce un brusco calo passando dai 23.6000 euro nel 2005 ai 13.800 euro per dipendente nel 2009. Analogamente, il ROI medio subisce una graduale contrazione a partire dal 2007, arrivando ad un livello pari al 4,1% nel 2009.

Figura 3.4.18 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100108 110 104

82

0

20

40

60

80

100

120

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto conciario di Santa Croce

EBITDA MGN

6,1%

6,5% 6,5%

6,3%

7,1%

5,4%5,6%5,8%6,0%6,2%6,4%6,6%6,8%7,0%7,2%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto conciario di Santa Croce

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I Distretti della Moda

EFFICIENZA-Distretto conciario di Santa CroceEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 20 5,8% 100% 28 18%Mediana 16 5,3%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 20,9 5,8% 17% 9 35% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 18,9 5,7% 83% 19 15%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

EBIT/DIP2

23,620,9

13,8

19,422,6

0

5

10

15

20

25

2005 2006 2007 2008 2009

ROI

5,5%

4,1%

7,0%6,0%

6,5%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

8,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Distretto conciario di Santa Croce Distretto conciario di Santa Croce

Tabella 3.4.2 - Dati di efficienza del campione

Figura 3.4.20 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Figura 3.4.19 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005-2009

Sotto il profilo della solidità economico-finanziaria, il distretto di Santa Croce presenta un sostanziale equilibrio tra ricorso a capitali di debito rispetto al capitale di rischio, a fronte di una capacità discreta nel ripagare lo stock di debito accumulato tramite flussi operativi, seppur in linea con la maggioranza dei distretti da noi studiati.

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

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I Distretti della Moda

68

Se andiamo però a vedere la dinamica del dato, possiamo notare un progressivo e generalizzato deterioramento del livello di sostenibilità nel periodo 2005-‘09, causato dall’osservata contrazione dei flussi di redditività operativa, mentre il livello di leva finanziaria rimane sostanzialmente stabile. Guardando, invece, alla composizione del dato, notiamo che le imprese finanziariamente più sostenibili risultano essere quelle più piccole, che ricorrono al debito in misura minore e lo ripagano quindi con più facilità attraverso i flussi di reddito operativo.

Tabella 3.4.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

SOSTENIBILITA' FIN - Distretto conciario di Santa CrocePFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 4,2 1,1 100% 28 18%Mediana 4,0 1,4

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 4,8 1,2 17% 9 35% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 3,7 1,0 83% 19 15%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

PFN/EBITDA

3,44,1 4,1

4,45,0

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

2005 2006 2007 2008 2009

D/E

1,11,0

1,11,3

1,2

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

1,4

2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.21 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005-2009

È interessante osservare, infine, la situazione relativa al livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Tale indice subisce un miglioramento nel periodo compreso tra il 2008 e il 2009 portandosi ad un livello medio pari al 37%. Dall’analisi dei bilanci del 2009, è possibile rilevare che circa il 30% delle imprese del campione risulta sottocapitalizzata, con deficit complessivo di distretto che ammonta a circa 13 milioni di euro. Il 53% delle imprese del distretto della concia di Santa Croce presenta invece una capitalizzazione adeguata, mentre il 19% di esse è addirittura caratterizzato da una capitalizzazione più che adeguata con 17,7 milioni di euro potenzialmente pronti da investire. In termini dimensionali è possibile notare che le aziende più che adeguatamente capitalizzate sono di piccole dimensioni come anche quelle sottocapitalizzate.

Distretto conciario di Santa CroceDistretto conciario di Santa Croce

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69

I Distretti della Moda

Figura 3.4.22 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

In sintesi

Il modello produttivo che caratterizza l’attività del distretto conciario vede una struttura estremamente frammentata di piccole e medie imprese, integrate con attività conto terzi specializzate in specifiche fasi di lavorazione. Tali fattori - al contrario di quanto abbiamo potuto riscontrare in altri distretti - non sembrano limitare oltremodo i risultati di Santa Croce grazie alla presenza di un tessuto produttivo estremamente coeso e retto da una governance di distretto assolutamente concreta e lungimirante.

Negli ultimi dieci anni il distretto, seppur in presenza di alterni momenti congiunturali, ha visto una costante progressione dei propri volumi produttivi che non hanno comunque mai intaccato i livelli occupazionali. Questi risultati sono dovuti alla struttura stessa del distretto, che ha saputo sviluppare al suo interno una forte elasticità produttiva, grazie alla quale il distretto ha potuto sostenere le accelerazioni del ciclo e al tempo stesso assecondare le richieste dei mercati e delle mode.

Equity/Tot Attivo

35%

37%

33%31% 31%

28%29%30%31%32%33%34%35%36%37%38%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto conciario di Santa Croce

Capitalizzazione imprese(% su tot)

27,6%

53,3%

19,1%

EFFICIENZA - Distretto conciario di Santa Croce

Carente Adeguata Più che adeguata

+17.7 Mio€

-13.4 Mio€

3,4 Mio€

Fatturato mediano Equity

5,2 Mio€

3,4 Mio€

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I Distretti della Moda

70

Santa Croce, nei parametri misurati dalla nostra indagine, riporta risultati di eccellenza in termini di cooperazione, ove la forte interazione tra le imprese locali e la presenza di una fitta rete di terzisti, in grado di garantire standard qualitativi assolutamente unici e cooperazione attiva, sono alla base della presenza di una filiera produttiva assolutamente vitale.

Fattore essenziale al successo complessivo del distretto di Santa Croce è senz’altro la presenza di una governance efficace. Questa si realizza attraverso il coordinamento delle organizzazioni imprenditoriali locali che, abbinato all’operato di una pubblica amministrazione lungimirante, svolge da tempo un importante ruolo di accompagnamento allo sviluppo industriale del distretto. La concretezza e la credibilità della formula ha consentito di esprimere una vera e propria “strategia di distretto”, alla quale gli imprenditori sembrano aver effettivamente aderito, mettendo da parte gli individualismi ed evidenziando in molti casi comportamenti virtuosi in forma corale.

In tema di politiche di branding le imprese di Santa Croce, non trattando prodotti destinati al consumatore finale, non si sono attrezzate per esprimere politiche di marca. Ciò detto il distretto ha provveduto a registrare il marchio “Pelle di Toscana” per accrescere la riconoscibilità delle sue produzioni intermedie anche nel retail, nell’intento di comunicare un brand che riesca a coniugare contenuti di tradizione e di innovazione, creatività e rispetto dell'ambiente.

Le imprese locali, grazie alla stretta collaborazione con gli uffici stile delle imprese clienti, molto spesso riescono a sviluppare le tendenze future del settore moda pelle. Tale orientamento al mercato, pur in un contesto di produzioni intermedie, è senza dubbio uno degli elementi distintivi del distretto e ha contribuito in maniera determinante al suo riposizionamento sui segmenti fashion oriented a più elevato valore aggiunto.

Intravediamo qualche spazio di ulteriore crescita per Santa Croce sull’asse tematico dell’internazionalizzazione, ove il distretto evidenzia attualmente una quota export pari al 50% del proprio fatturato, un livello già senz’altro significativo. Nonostante ciò, ci aspettiamo che questa percentuale possa incrementarsi ulteriormente se gli imprenditori locali riusciranno a valorizzare opportunamente le proprie produzioni su mercati meno maturi di quelli tradizionali, ma nei quali i consumatori sono sempre più ricettivi verso le eccellenze che può offrire il made in Italy più qualificato.

Secondo i dati derivanti dall’analisi quantitativa, è possibile affermare che il distretto della concia di Santa Croce sull’Arno, pur conservando una discreta solidità, presenta un equilibrio economico-finanziario parzialmente intaccato dalla crisi economica internazionale.

Dal punto di vista della performance reddituale, sono le imprese più piccole a sperimentare contrazioni del fatturato e della marginalità lorda più importanti, a fronte però, di una posizione finanziaria storicamente più stabile rispetto alle imprese di medie dimensioni.

Allo stesso tempo è importante notare che più del 70% delle imprese del distretto presenta una capitalizzazione quantomeno adeguata, fatto alla base della constata propensione sistematica all’investimento dell’imprenditoria locale.

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71

I Distretti della Moda

3.5 Distretto industriale tessile - laniero di Biella

La lavorazione della lana sul territorio biellese ha origini remote. Sembra, infatti, che l’industria laniera locale risalga addirittura al 500 a.C., ma notizie più certe si hanno solo dopo l’anno mille, quando compaiono le prime associazioni di artigiani e le corporazioni. Successivamente, il ’700 ha rappresentato la nascita dei primi grandi stabilimenti manifatturieri, mentre l’'800 ha visto il passaggio all’industrializzazione. Con l’arrivo della produzione industriale, quest’area si è affermata come uno dei principali poli mondiali dell’industria laniera, riconosciuta per i propri filati e tessuti di elevato standard qualitativo e buona competitività. Il XX secolo viene vissuto dall’imprenditoria locale all’insegna dell’internazionalizzazione, mentre le sfide del nuovo millennio saranno tutte giocate sul tema della globalizzazione al fine di individuare nuovi e auspicabilmente stabili equilibri.

Negli anni, a contribuire al successo del distretto laniero biellese è stata non solo la qualità intrinseca delle preziose fibre tessili prodotte in loco o accuratamente selezionate all’origine in più Paesi del mondo, ma anche la lungimiranza dell’imprenditoria locale nello sfruttare il patrimonio di risorse naturali ed energetiche disponibili sul territorio, così come la capacità di mettere a frutto competenze tecnologiche e professionali stratificatesi nelle diverse generazioni.

Il distretto tessile - laniero biellese conta la presenza di circa 1.200 imprese raggruppabili in tre categorie principali: le imprese leader, prevalentemente di medie dimensioni (in media 300 unità), le piccole e medie imprese “indipendenti”6 che producono a marchio proprio e/o svolgono attività di subfornitura e/o terzismo, e le imprese terziste e/o sub-fornitrici che intrattengono una densa trama di relazioni produttive interaziendali con le imprese più importanti del distretto.

Le imprese leader hanno contribuito a creare l’immagine di eccellenza e di eleganza della produzione di alta gamma del tessile - laniero biellese, il cui nome è riconosciuto a livello internazionale. La qualità dei loro prodotti è frutto di una tradizione produttiva, in qualche caso ultracentenaria, da cui derivano l’approfondita conoscenza delle materie prime e delle tecniche di lavorazione, la disponibilità di competenze e la specializzazione. In generale, due sono le tendenze strategiche perseguite dalle imprese leader con l’adozione di diversi assetti produttivi: da un lato, alcune imprese hanno perseguito una strategia di “nicchia” con attenzione alla raffinatezza e all’eccellenza del prodotto Made in, adottando una struttura produttiva verticalmente integrata per garantire il controllo sulla qualità, flessibilità e velocità di risposta al mercato e protezione del know-how; dall’altro lato, troviamo imprese che hanno optato per una strategia di differenziazione, offrendo prodotti competitivi per le fasce media e medio-alta del mercato con la creazione di gruppi industriali articolati in diversi stabilimenti produttivi, a volte vendendo direttamente al cliente finale attraverso l’integrazione a valle.

Le PMI indipendenti e terziste sono caratterizzate da una forte eterogeneità nelle soluzioni produttive adottate a seconda sia della dimensione sia del posizionamento sul mercato. In particolare, la qualità risulta essere l’elemento competitivo più importante, indipendentemente dalla fascia di mercato servita, in linea con la tradizione e l’immagine del tessile - laniero biellese. Accanto a ciò, è possibile rilevare che il servizio, inteso come capacità di personalizzazione del prodotto secondo le esigenze del cliente e rapidità delle consegne, e il prezzo, anche se in misura minore, rappresentano i principali fattori di competitività delle imprese appartenenti alle fasce media e bassa di mercato. L’innovazione, invece, sembra avere un peso rilevante per la competitività delle imprese operanti nella fascia alta con un focus sull’innovazione di prodotto più che di processo.

Il periodo di massima crescita per le imprese del distretto ha inizio negli anni ’70 e segna il passaggio dal modello di lanificio a ciclo completo svolto all’interno di una singola impresa al modello di produzione “orizzontale” con la specializzazione delle singole aziende per fasi di lavorazione, reso possibile anche dall’introduzione di nuove tecnologie. Con la separazione delle

6 Maggioni M. A. (2009), “Il distretto tessile biellese – l’eccellenza sfida la crisi”, Enciclopedia delle Economie Territoriali, Quaderni Fondazione Fiera Milano

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I Distretti della Moda

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fasi labour - intensive dai lanifici si assiste, infatti, alla nascita di nuove imprese terziste dotate di ampia flessibilità della capacità produttiva nella lavorazione, e alla contestuale polverizzazione del tessuto industriale biellese con la riduzione delle dimensioni medie delle aziende della filiera.

A partire dagli anni ’90, invece, si comincia a registrare un’inversione di tendenza con la diffusione dei fenomeni di concentrazione e diversificazione della produzione tuttora in atto. Di conseguenza, la crescita dimensionale di alcune aziende, la creazione di alleanze orizzontali e verticali accompagnate dalle sempre più frequenti fusioni e acquisizioni, hanno dato vita a gruppi industriali che comprendono tutte le fasi del processo produttivo. Nonostante questo ritorno all’integrazione verticale, si afferma contestualmente una tendenza verso la formazione di aggregazioni industriali con logiche di tipo orizzontale e di diversificazione in produzioni affini o complementari. In questo modo, i gruppi che si sono specializzati nelle fasi a maggior valore aggiunto hanno potuto raggiungere i punti più alti della filiera, mettendo in comune risorse e know-how in modo da superare gli svantaggi derivanti dalla piccola dimensione.

Il distretto tessile - laniero di Biella da ormai un decennio sta vivendo un profondo processo di ristrutturazione del sistema produttivo che ha impatto sia in termini di organizzazione produttiva che sotto il profilo commerciale. Gli effetti del riposizionamento del distretto si sono accentuati con l’avvento della più recente crisi finanziaria internazionale alla quale esso sta cercando di dare risposte in forma differenziata a seconda della dimensione di impresa, della specializzazione produttiva, del possesso o meno di un marchio conosciuto a livello nazionale e/o internazionale. In tempi recenti si sono, infatti, verificati fenomeni di ricompattazione della filiera produttiva, attraverso un’integrazione sia a monte sia a valle da parte delle imprese più grandi, di esternalizzazione al di fuori del distretto di alcune fasi rilevanti del processo produttivo e di de-localizzazione anche in mercati esteri. In particolare, le fasi a monte della filiera a minor valore aggiunto, come la filatura, hanno subito una forte de-localizzazione all’estero con il conseguente impoverimento del tessuto imprenditoriale locale. Al contrario, capacità di tenuta è stata dimostrata dai lanifici biellesi che rappresentano ancora oggi una realtà unica sia a livello europeo che a livello globale. Ulteriore differenziazione di risposte è riscontrabile nelle politiche di internazionalizzazione produttiva delle imprese leader del distretto. Da un lato, in risposta alla crisi e alla pressione competitiva dei competitor internazionali localizzati in paesi low-cost, le imprese leader operanti nella nicchia di eccellenza hanno incrementato il controllo sull’intero ciclo produttivo per garantire standard qualitativi sempre più elevati scegliendo di non delocalizzare nei paesi dell’Europa orientale o del Sud Est Asiatico perché ciò comporterebbe una considerevole perdita di elasticità e di allungamento del time-to-market. Le imprese leader che, invece, si posizionano su fasce di mercato di qualità medio-alta e alta hanno iniziato a delocalizzare nei paesi dell’Europa orientale riproducendo la struttura e l’organizzazione della loro azienda: nella maggior parte dei casi, è stata ricostituita all’estero l’intera impresa utilizzando personale straniero formato in Italia o affidando la formazione a capi di reparto italiani, in modo da salvaguardare la qualità del prodotto.

Dalla voce degli opinion leader del distretto emerge fortemente la necessità di un ulteriore evoluzione strutturale, non solo a livello della singola realtà aziendale ma anche, e soprattutto, a livello di “sistema” per aiutare le imprese biellesi a cogliere le opportunità che la crisi stessa porta con sé, a soddisfare i bisogni del mercato a valle dell’abbigliamento in continua evoluzione (ad es. trend verso l’abbigliamento informale e sportwear nel segmento maschile) e ad adattare le produzioni tradizionali alle esigenze locali dei mercati esteri.

In una logica comune di riposizionamento dell’intero distretto sono quattro le linee guida indicate dall’Unione Industriali di Biella: miglioramento dell’accesso al credito, innovazione, internazionalizzazione e protezione del know-how tessile.

Risulta evidente che l’accesso al credito bancario sia una necessità, come riportato dagli opinion leader incontrati, sia di breve periodo per tutte le imprese del distretto viste le difficoltà sperimentate dall’intera filiera del tessile - abbigliamento, sia di lungo periodo per supportare l’adozione di una cultura dell’investimento necessaria per lo sviluppo aziendale.

Determinante per il mantenimento e la crescita del valore aggiunto è anche la tensione generalizzata verso l’innovazione di processo, di servizio o di prodotto. Ad oggi, la maggiore dinamicità al livello di innovazione di prodotto si è riscontrata nel comparto del tessile “tecnico”,

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I Distretti della Moda

dove emerge un diffuso orientamento a realizzare tessuti innovativi con l’intento di recepire nuovi segnali dal mercato a valle ed estendere la loro destinazione ai mercati “non tradizionali”. A titolo di esempio citiamo uno dei progetti già avviati, Navaltex, che vede la collaborazione di 50 aziende tessili con il settore nautico per la realizzazione di tessuti con prestazioni assolutamente innovative. Fondamentale tassello per lo sviluppo di strategie di innovazione è Città Studi Biella, ente fondato per iniziativa delle istituzioni e dell'imprenditoria locale allo scopo di favorire lo sviluppo tecnico scientifico dell'industria biellese. L’ente raggruppa una sede universitaria, un’agenzia per la formazione professionale e un’area di servizi, ricerca e consulenza alle imprese. La missione di Città Studi è proprio quella di rappresentare una “struttura integrata” per rispondere alle esigenze del territorio in merito a formazione, ricerca e diffusione dell’innovazione tecnologica.

Per quanto riguarda l’internazionalizzazione, emerge l’esigenza sempre più forte delle imprese focalizzate sul tessile “fashion” di aggredire alcuni mercati esteri, in particolare Cina, Russia e Brasile, che stanno divenendo mercati chiave di sbocco per i tessuti biellesi. Per fare ciò, le imprese locali necessitano di sviluppare la capacità di adattare il prodotto tradizionale alle esigenze peculiari di questi Paesi e di implementare la modalità più adeguata per estendere le reti di impresa al di fuori dei confini nazionali.

Infine, il distretto si propone di divenire il polo nazionale e internazionale dello sviluppo e conseguentemente della protezione del know-how tessile, non solo di tipo ingegneristico, dando vita ad una vera e propria “filiera del know-how” in collaborazione con altri distretti operanti nelle diverse fasi della filiera del tessile - abbigliamento, come il Distretto Serico di Como, Prato, Lecco e Varese. Con riferimento alla tutela del prodotto “Made in”, che trae il suo valore intrinseco proprio dal know-how accumulato, gli imprenditori biellesi da sempre hanno cercato di sensibilizzare il mondo politico ed economico-industriale alla messa a punto di un’adeguata legislazione con valenza a livello europeo, parzialmente ottenuta con la promulgazione della cosiddetta “Legge Reguzzoni - Versace” dell’aprile 2010.

Posizionamento qualitativo

Lo storico distretto laniero di Biella si posiziona nella parte alta di entrambe le matrici qualitative da noi elaborate. In particolare, se raffrontato con gli altri distretti protagonisti dello studio, esso evidenzia valori tra i più alti sia in termini di cooperazione che di strategia, ma si posiziona in maniera distintiva anche nella matrice di innovazione/internazionalizzazione, mettendo in risalto diversi punti di forza al suo attivo che avremo modo di osservare in dettaglio qui di seguito.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.5.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Page 79: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

74

Figura 3.5.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Il territorio biellese è un’area contraddistinta dalla presenza, oltre che dell’intera filiera tessile, di altri settori economici rilevanti. Tuttavia, la storicità e la concentrazione di imprese del tessile nel tempo hanno determinato un’identità generalmente percepita tra settore e territorio. Non di

Cooperazione

Le interviste con gli opinion leader di Biella indicano che le 5 o 6 imprese leader del distretto (tra cui spiccano nomi come Zegna e Loro Piana) preferiscono avere rapporti stabili con i propri fornitori, per assicurare elevati standard qualitativi di prodotto, e quindi sono solite cooperare con una rete consolidata di fornitori locali. D’altra parte la filiera tessile è qui ancora integralmente presente, nonostante le fasi di difficoltà attraversate negli anni ed i conseguenti fenomeni di trasferimento all’estero di parti della produzione. In tale contesto, il grado di interdipendenza tra le imprese nei cicli produttivi è indubbiamente elevato, e lo è in particolare nei momenti di ciclo congiunturale positivo, quando la saturazione della capacità produttiva delle imprese maggiori impone un ricorso intensivo alla rete di collaborazioni esterne.

Ruolo guida delle imprese leader

Biella

FermoMontappone

BellunoSanta Croce

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.5.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

BiellaFermoMontappone Belluno

Santa CroceValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.5.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

Come detto le imprese biellesi cooperano preferibilmente con reti di fornitura messe a disposizione dal territorio, ma non mancano i casi di imprese del distretto che si appoggiano a reti di fornitura più lunghe, reti che arrivano ad essere talvolta transnazionali, in quanto frutto di investimenti produttivi localizzati all'estero dagli stessi imprenditori del territorio.

La governance del distretto è affidata formalmente al Comitato di Distretto, articolato nelle sue variegate componenti (imprenditori, istituzioni locali, sindacati, associazionismo) che ne fanno un ente di consultazione e di rappresentanza. A detta degli opinion leader incontrati, quando si tratta, tuttavia, di sviluppare progetti di carattere operativo, sono le associazioni imprenditoriali a prendere in mano le redini e a condurre le progettualità individuate.

Governance di distretto

BiellaFermo Montappone

BellunoSanta Croce

Valenza Verona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Page 80: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

75

I Distretti della Moda

Figura 3.5.7 - Strategia – Orientamento al mercato

rado l’economia locale viene, pertanto, associata all’attività economica del distretto, a cui fanno capo quote importanti di occupazione e reddito del territorio.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

BiellaFermo Montappone

Belluno Santa CroceValenza

VeronaMontebelluna Veneto Moda

PugliaVicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.5.5 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Strategia

In tema di politiche di marca va detto che – pur trattandosi di un distretto prevalentemente orientato a produzioni intermedie per l’industria della moda, quindi non destinate al consumatore finale – non mancano alcuni importanti esempi di imprese leader che hanno saputo costruire dei brand fortemente riconosciuti in ambito retail. Parallelamente troviamo qui un ampio novero di imprese considerabili come unbranded, ma contraddistinte dall’assoluta eccellenza di prodotto e quindi ampiamente riconosciute nella nutrita schiera degli addetti ai lavori della moda.

Politiche di marca

BiellaFermoMontappone Belluno

Santa Croce ValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

Puglia VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.5.6 - Strategia – Politiche di marca

Se il tessile biellese è noto per la lunga tradizione di qualità, è altrettanto vero che tra le imprese locali si è diffusa negli ultimi anni una forte propensione all'innovazione di prodotto, sempre più necessaria per mantenere le posizioni raggiunte in un mercato che ha iniziato da tempo a spostare le produzioni di massa nelle aree a più basso costo. In questo contesto, la frontiera da esplorare è senz’altro quella delle strategie di marketing e comunicazione, tematiche sulle quali i leader locali riescono a muoversi ormai con grande efficacia, ma che le imprese di piccole e medie dimensioni devono ancora imparare ad affrontare con i giusti strumenti.

In tema di orientamento al mercato troviamo qui, secondo le indicazioni raccolte nell’indagine, una polarizzazione tra due distinte tendenze di fondo: se da una parte i grossi gruppi, come Zegna, hanno sviluppato le competenze necessarie per arrivare ad orientare le tendenze del mercato, dall’altra molte imprese minori sono rimaste fortemente aggrappate alla propria storica cultura di prodotto, che consente di raggiungere eccellenze qualitative, ma al tempo stesso limita la capacità reattiva agli impulsi sempre più rapidi dettati dalla moda. In ogni caso le risposte degli opinion leader elaborate secondo il nostro metodo di valutazione evidenziano che Biella risulta uno dei distretti più orientati al mercato tra quelli da noi incontrati, nonostante il suo posizionamento su segmenti intermedi della filiera.

Orientamento al mercato

BiellaFermo

Montappone

BellunoSanta CroceValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Page 81: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

76

Figura 3.5.9 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Se il distretto nel suo insieme si mantiene focalizzato su produzioni tessili tradizionali che ne hanno segnato la storia, vi sono diverse realtà imprenditoriali che hanno saputo riposizionarsi con successo, riuscendo a mettere a frutto competenze storiche e forte capacità di innovazione. Si tratta di un processo di portata sempre più ampia, in corso ormai da anni e che è destinato a sfociare nella ristrutturazione complessiva del sistema produttivo locale, con impatto sia in termini organizzativi sia commerciali.

In tema di propensione all’investimento – detto che il settore richiede un costante rinnovo dei beni strumentali per rimanere in condizione di generare innovazione di prodotto – il distretto biellese evidenzia un orientamento piuttosto marcato e diffuso all’investimento produttivo, orientamento che nelle imprese maggiori si manifesta come una vera e propria cultura dell’investimento, ma che nelle imprese più piccole è percepito più come una necessità per rimanere al passo con la concorrenza piuttosto che un’opportunità di sviluppo.

Secondo quanto riportato dagli intervistati, sembra che il delicato tema del passaggio generazionale sia stato affrontato - almeno in alcuni casi - in maniera equilibrata e graduale con importanti esempi di orientamento verso la delega manageriale, quantomeno nei gruppi industriali di dimensioni più importanti. Ciò non vuol dire che qui non vi sia la tradizionale propensione al mantenimento della governance aziendale all’interno del perimetro familiare, caratteristica che rimane in ogni caso la norma anche tra gli imprenditori del territorio biellese.

Passaggio generazionale e governance

BiellaFermo Montappone

BellunoSanta Croce

Valenza VeronaMontebellunaVeneto Moda PugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40%

Figura 3.5.8 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

Per quanto riguarda l’apertura del portafoglio clienti dei terzisti, risulta che le piccole imprese del distretto, oltre a lavorare come fornitori di riferimento per le imprese leader locali, effettuino non di rado anche lavorazioni per conto di clienti localizzati in altri ambiti del territorio nazionale, discorso che vale in particolare per alcune lavorazioni specifiche che richiedono competenze di non facile reperimento, come ad esempio per la tintoria.

Innovazione

Tra le imprese del distretto biellese è pratica comune effettuare sistematici investimenti in ricerca e innovazione stilistica. Questi investimenti vengono attuati in prevalenza dalle aziende più grandi, ma anche dalle PMI più dinamiche che innovano sulle grammature dei tessuti, sui colori, sulle mischie, sulle contaminazioni tra filato tradizionale e filati extra. Spesso sono proprio le aziende più piccole ad attivare, grazie alla propria flessibilità, le ricerche da proporre alle grandi imprese che, in questo modo, esternalizzano ai partner di fiducia alcune fasi del processo creativo.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceValenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Biella

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Page 82: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

77

I Distretti della Moda

Figura 3.5.12 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

Tradizione e riposizionamento

BiellaFermo

MontapponeBelluno Santa Croce

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.5.10 - Innovazione – Propensione all’innovazione

La collaborazione con il mondo accademico è qui un dato di fatto consolidato: Biella è, infatti, la sede di Città Studi, un polo universitario della ricerca applicata, fondata per volontà delle istituzioni e dell'associazionismo imprenditoriale locale allo scopo di favorire lo sviluppo tecnico scientifico dell'industria biellese e divenuto un esempio internazionale di eccellenza nella formazione di tecnici e manager per il settore tessile.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

Biella

FermoMontappone

BellunoSanta Croce

Valenza

Verona

MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.5.11 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

E’, forse, grazie anche al contributo di questa importante istituzione che alcune imprese tessili biellesi riescono ad attrarre talenti professionali e tecnici anche da fuori distretto.

Nonostante vi sia un rapporto così stretto con il mondo della ricerca e dell’università, il ricorso a forme di tutela della proprietà intellettuale appare piuttosto sporadico, probabilmente più per le modeste dimensioni medie d’impresa che per effettiva mancanza di necessità, soprattutto dal lato dei processi.

La gestione degli aspetti logistici, infine, risulta condotta dalle piccole e medie imprese ancora una volta su base prettamente individuale. A tale riguardo, gli opinion leader incontrati lamentano la carenza di infrastrutture logistiche adeguate in un territorio che si sente dal punto di vista geografico dislocato marginalmente rispetto alle grandi arterie commerciali, pur trovandosi di fatto in condizioni di minor isolamento e difficoltà di accesso alle infrastrutture (Autostrada A4, alta velocità ferroviaria MI-TO, Aeroporto di Malpensa) rispetto a molte altre realtà da noi visitate nel corso del progetto.

Logistica integrata

Biella

FermoMontapponeBelluno Santa Croce

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto Moda PugliaVicenza

Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Page 83: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

78

Figura 3.5.15 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Se si vuole rimanere leader nel settore tessile è evidente che il bacino commerciale domestico non sia più sufficiente, ed ecco che le imprese biellesi fanno sempre più ricorso alla partnership commerciale per penetrare mercati esteri di particolare interesse strategico. Non mancano tra l’altro imprese che ricorrono occasionalmente alla creazione di joint-venture per soddisfare esigenze di

Internazionalizzazione

La quota export dichiarata dal tessile biellese è attorno al 50% del fatturato complessivo, indicando quindi una buona propensione al commercio internazionale delle sue imprese. Ciò non toglie che, in un momento storico contraddistinto dalla perdurante stagnazione della domanda nazionale di prodotti tessili, vi sia la necessità di incrementare ulteriormente i volumi di vendita sui mercati esteri più ricettivi.

Quota export del distretto

FermoMontapponeBelluno

Santa CroceValenza

VeronaMontebelluna

Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Biella

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.5.13 - Internazionalizzazione – Quota export

Come detto, il distretto è assolutamente noto a livello internazionale tra gli addetti ai lavori per i brand di alcune delle sue imprese storiche ma – trattandosi di rapporti di fornitura B2B – gli imprenditori stessi segnalano l’opportunità di incidere maggiormente sulla consapevolezza del consumatore finale in termini di percezione del “Made in Biella”, affinché questo possa divenire sempre più fattore determinante nella decisione d’acquisto sul prodotto finito.

Notorietà internazionale del distretto

FermoMontappone

BellunoSanta Croce

ValenzaVerona

MontebellunaVeneto ModaPugliaVicenza

Prato

Biella

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.5.14 - Internazionalizzazione – Notorietà internazionale

A Biella l’esperienza in tema di produzione all’estero non è certo un fatto nuovo: non mancano, infatti, aziende che hanno spostato anche totalmente la produzione nei Paesi dell’Europa orientale, così come in Cina o in India, con esiti peraltro assai diversi a seconda dei casi. Nonostante questa forte attenzione alla ricerca di aree produttive ove si possa migliorare sotto il profilo del costo della produzione, la filiera è rimasta fino ad oggi fortemente presente sul territorio, un fattore di cui gli imprenditori locali vanno giustamente fieri e che rimane uno dei punti di forza del distretto.

Multi-localizzazione produttiva

Biella

FermoMontappone Belluno

Santa CroceValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 84: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

79

I Distretti della Moda

produzione o di distribuzione nei singoli mercati, mentre le imprese leader ricercano ormai sistematicamente opportunità di cooperazione commerciale e produttiva a livello globale.

Un certo dinamismo si nota anche in merito al tema dell’organizzazione di iniziative promozionali a favore delle PMI, come missioni commerciali e fiere internazionali: esiste infatti un Centro per l'Internazionalizzazione che offre servizi di formazione e assistenza alle imprese per affacciarsi sui mercati esteri. Inoltre, vengono organizzate regolarmente missioni di accesso ai mercati più promettenti con la collaborazione e il supporto delle istituzioni. Tali iniziative riscuotono un discreto seguito di imprese che partecipano attivamente alle iniziative proposte.

Posizionamento economico - finanziario

Con le sue 200 aziende complessive, il campione di imprese rappresentative del distretto tessile - laniero di Biella mostra nel periodo osservato evidenti segnali di debolezza in termini di crescita dei fatturati rispetto al novero dei distretti da noi analizzati. Le aziende biellesi riportano, però, livelli medi di marginalità operativa in linea con molti dei distretti più dinamici. È interessante notare come, nel confronto con l’affine distretto tessile di Prato, Biella evidenzi una maggiore capacità di spuntare migliori margini operativi lordi, ma una comune performance negativa nella dinamica dei fatturati.

Figura 3.5.16 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Il campione rappresentativo di imprese del distretto è prevalentemente composto da realtà produttive di piccole dimensioni (83%) con un fatturato mediano di poco superiore ai 2 milioni di euro. A riportare performance migliori sono, però, le imprese di medie dimensioni e le pochissime imprese di grandi dimensioni (fatturato superiore ai 50 milioni di euro). In particolare, sono le aziende con fatturato compreso tra i 10 ei 50 mln € ad avere in media una marginalità operativa più elevata, mentre sono solo le grandi a mostrare una ridotta crescita in termini di volumi.

Performancemedia periodo 2005-2009

Belluno

Fermo

Veneto

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Page 85: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.5.17 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

Sotto il profilo della produttività della forza lavoro e del capitale investito, il distretto di Biella non evidenzia risultati particolarmente positivi se confrontati a quelli riportati dagli altri distretti da noi studiati. In relazione ai risultati riportati dal distretto di Prato, è possibile notare che le aziende tessili localizzate nel biellese godono in media di un rendimento più alto del capitale investito a fronte di una minore produttività del capitale umano impiegato. Al riguardo, è la minoranza di imprese di grandi dimensioni a riportare risultati migliori nonostante la congiuntura economica sfavorevole. Se si guarda alla dinamica del dato, l’indice di produttività del capitale umano, misurato come Ebit/dipendenti segue una parabola discendente a partire dal 2006 per arrivare a 1.700 euro per dipendente nel 2009 rispetto ai 9.800 euro del 2005. Comportamento analogo è evidenziato dal ROI medio di distretto che subisce una pesante contrazione nel 2009 a seguito della marcata erosione dei margini operativi osservata in precedenza.

PERFORMANCE - Distretto tessile-laniero di BiellaFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 7.795 7,5% -4,0% 200 100% 21 11%Mediana 2.438 5,7% -5,7%

- Grandi imp. 50 mln./€ 83.589 8,2% 0,1% 7 4% 2 29% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 20.210 9,3% -3,9% 28 14% 6 21% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2.473 4,6% -8,6% 165 83% 13 8%

Fatturato complessivo 1.559.061

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Tabella 3.5.1 - Dati di performance del campione

Dopo aver sperimentato un discreto periodo di crescita tra il 2005 e il 2007, il fatturato complessivo del campione inizia a contrarsi fino al 2009, attestandosi su valori decisamente più bassi (-15%) rispetto a quelli di inizio periodo. Guardando poi alla dinamica del margine operativo lordo, si può notare una progressiva e ineluttabile contrazione, che culmina con il quasi dimezzamento dell’indice nel 2009 rispetto al 2005.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100109 115 110

85

0

20

40

6080

100

120

140

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto tessile-laniero di Biella

EBITDA MGN

8,7%8,1%

6,8%

5,3%

9,4%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

8,0%

9,0%

10,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto tessile-laniero di Biella

I Distretti della Moda

80

Page 86: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.5.18 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

EFFICIENZA - Distretto tessile-laniero di BiellaEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 7 3,3% 100% 21 11%Mediana 5 2,9%

- Grandi imp. 50 mln./€ 11,6 5,4% 4% 2 29% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 9,0 4,7% 14% 6 21% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 0,5 0,2% 83% 13 8%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

EBIT/DIP2

9,810,5

1,7

6,3

9,5

0

2

4

6

8

10

12

2005 2006 2007 2008 2009

ROI

3,0%

0,8%

4,7% 4,8%4,5%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

2005 2006 2007 2008 2009

2 Valori in mgl/€

Distretto tessile-laniero di Biella Distretto tessile-laniero di Biella

Tabella 3.5.2 - Dati di efficienza del campione

81

I Distretti della Moda

Page 87: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

82

Tabella 3.5.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

Nel complesso il distretto biellese evidenzia un quadro finanziario sostanzialmente stabile nel confronto con gli altri distretti da noi incontrati. Inoltre, si può notare che, sia il rapporto di leva finanziaria che la capacità di ripagare lo stock di debito con i margini operativi lordi di Biella risultano decisamente più virtuosi rispetto ai livelli riportati dalle aziende del distretto pratese, grazie alla più elevata marginalità operativa messa in luce dal primo dei due distretti tessili.

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Belluno

Prato Montebelluna

Santa Croce

Verona

Montappone

Puglia

Valenza Veneto

Vicenza

Fermo

Biella

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Figura 3.5.20 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Tra le imprese del campione, sono quelle di medie dimensioni a trovarsi in una posizione finanziariamente più solida rispetto alla totalità . A livello generale, le imprese del distretto sembrano dosare sapientemente il ricorso al capitale di debito in rapporto alle risorse finanziare apportate a titolo di capitale di rischio, mantenendo un rapporto Debt/Equity stabile intorno a 0,7 volte nel 2009. Al contrario, la contrazione della marginalità lorda si riflette in un pesante deterioramento dell’indice di sostenibilità finanziaria misurato dal rapporto PFN/Ebitda, che raddoppia nel 2009 rispetto al 2005.

SOSTENIBILITA' - Distretto tessile-laniero di BiellaPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 3,3 0,8 100% 21 11%Mediana 3,2 1,4

- Grandi imp. 50 mln./€ 2,7 0,7 4% 2 29% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 2,1 0,6 14% 6 21% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 7,3 1,0 83% 13 8%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

Page 88: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

83

I Distretti della Moda

D/E

0,8

0,70,7

0,80,8

0,0

0,2

0,3

0,5

0,6

0,8

0,9

1,1

2005 2006 2007 2008 2009

PFN/EBITDA

2,7 2,6 2,8

3,7

5,1

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.5.21 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005-2009

In termini di adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese tessili biellesi analizziamo qui l’andamento dell’indice Equity/Totale Attivo. In particolare, tale indice assume valori compresi tra il 36% e il 41% nel corso del quinquennio di riferimento, evidenziando un livello medio del grado di capitalizzazione delle imprese biellesi generalmente adeguato. Se si analizza, però, il dettaglio del dato riferito al 2009, risulta che il 46% delle aziende è sottocapitalizzata, per un totale di deficit di equity pari a circa 47 milioni di euro. D’altro canto, tuttavia, si registra la presenza di una discreta percentuale (il 15% del totale) di imprese localizzate all’interno del distretto, caratterizzata da un livello di capitalizzazione ben più che adeguato, con quasi 63 mln € potenzialmente disponibili da investire nell’immediato.

Distretto tessile-laniero di Biella Distretto tessile-laniero di Biella

Equity/Tot Attivo

39%

41%

36% 36%35%

30%

32%

34%

36%

38%

40%

42%

44%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto tessile-laniero di Biella

Capitalizzazione imprese(% su tot)

46,0%

38,5%

15,5%

Distretto tessile-laniero di Biella

Carente Adeguata Più che adeguata

+62,7 Mio€

-47.2 Mio€

8,5 Mio€

Fatturato mediano Equity

8,3 Mio€

8,1 Mio€

Figura 3.5.22 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

Page 89: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

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In sintesi

Nonostante le fasi di difficoltà attraversate nel corso degli anni, la filiera tessile biellese è ancora integralmente presente sul territorio. Le imprese leader prediligono, infatti, intrattenere rapporti stabili con i propri fornitori per assicurare elevati standard qualitativi di prodotto. In tale contesto, il grado di interdipendenza tra imprese grandi e piccole nei cicli produttivi è indubbiamente ancora molto elevato. Non mancano, però, i casi di imprese che si appoggiano a reti di fornitura più lunghe, talvolta anche transnazionali, quale frutto di investimenti produttivi esteri effettuati dagli stessi imprenditori del territorio.

La governance del distretto è oggi affidata formalmente al Comitato di Distretto che, data l’eterogeneità della sua configurazione, appare più un ente di consultazione e di rappresentanza che di effettiva decisione. Sono, infatti, le associazioni imprenditoriali a prendere in mano le redini quando si tratta di sviluppare progetti di carattere operativo per il settore. A tal proposito apparirebbe auspicabile uno snellimento dell’attuale modello di governance ad ampia condivisione per prediligere l’efficacia decisionale e per consentire al tessile biellese di dotarsi di una vera e propria “strategia di distretto”.

In tema di politiche di marca – pur trattandosi di un distretto specializzato in produzioni non direttamente destinate al consumatore finale – vi sono alcuni importanti esempi di imprese leader che hanno saputo costruire dei brand fortemente riconosciuti in ambito retail. Gli imprenditori locali segnalano l’opportunità di incidere maggiormente sulla consapevolezza del consumatore finale in termini di percezione del “Made in Biella”, affinché questo possa divenire sempre più il fattore determinante nella decisione d’acquisto del prodotto finito.

Tra le imprese biellesi è pratica consolidata investire sistematicamente in ricerca e innovazione stilistica. Tali investimenti vengono effettuati senz’altro dalle aziende più grandi, ma spesso sono proprio le aziende più piccole ad attivare – grazie alla propria flessibilità – le ricerche da proporre alle grandi imprese che in questo modo esternalizzano su partner di fiducia alcune fasi del processo creativo.

Nel biellese vi sono diverse realtà imprenditoriali che hanno saputo riposizionarsi con successo, mettendo a frutto competenze storiche e forte capacità di innovazione. Si tratta in verità di un processo di portata sempre più ampia, tuttora in corso e destinato a sfociare nella ristrutturazione complessiva del sistema produttivo locale, con forte impatto sia in termini organizzativi che commerciali sulle imprese locali.

Uno dei punti di forza del sistema produttivo biellese è senz’altro l’integrazione dell’imprenditoria con il mondo accademico: Biella è, infatti, la sede di Città Studi, un polo universitario della ricerca applicata in stretto rapporto con il mondo produttivo, divenuto un esempio internazionale di eccellenza nella formazione di tecnici e manager per il settore tessile, da cui altri distretti della moda tra quelli da noi incontrati nel corso del nostro progetto potrebbero trarre utile spunto.

La propensione al commercio internazionale del tessile biellese (quota export dichiarata attorno al 50% del fatturato) è buona, ma ciò non toglie che – in un momento storico contraddistinto dalla perdurante stagnazione della domanda nazionale di prodotti tessili – vi sia la necessità di incrementare ulteriormente i volumi di vendita sui mercati esteri più ricettivi.

Secondo i dati quantitativi da noi elaborati, il distretto tessile-laniero di Biella ci appare profondamente intaccato dai colpi della crisi, sia sotto il profilo reddituale sia sotto quello finanziario. La contrazione congiunta dei fatturati e dei margini reddituali si è tradotta, infatti, in un evidente deterioramento dell’efficienza operativa e della sostenibilità finanziaria per moltissime imprese del territorio.

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I Distretti della Moda

Le poche grandi imprese qui localizzate sembrano, tuttavia, esser riuscite in qualche misura a difendersi meglio dagli effetti della pesante congiuntura internazionale di quanto non siano riuscite a fare le piccole e le medie.

Il quadro delineato dai dati di bilancio evidenzia, inoltre, la presenza di un’ampia fetta di operatori (il 46%) – prevalentemente di piccole dimensioni – che risultano oggettivamente sottocapitalizzati, con un importante deficit complessivo di equity. Accanto a queste realtà si riscontra, però, anche l’esistenza di un certo numero di imprese (il 15% del totale) che dispongono di capitali più che adeguati alle esigenze operative con un ammontare complessivo di patrimonio potenzialmente disponibile all’investimento nell’immediato.

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I Distretti della Moda

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3.6 Distretto Orafo di Valenza Po

Nella città di Valenza risiede uno dei distretti più noti e importanti nel settore della gioielleria a livello internazionale, divenuto negli anni sinonimo di gioiello, arte e sapienza professionale. L’attività economica locale si identifica pienamente con la specifica realtà produttiva del distretto orafo che conta la presenza di circa 1.200 imprese, per l’80% a carattere artigiano, le quali danno lavoro ad oltre 6.000 addetti.

Le origini del distretto orafo di Valenza risalgono alla metà dell’Ottocento quando Vincenzo Morosetti iniziava l’industria orafa, aprendo la prima bottega dedita alla gioielleria su commissione, con alla base un’ineguagliabile tradizione artigiana. Nello stesso periodo si registra l’attività di poco più di dieci orafi operanti in comuni limitrofi. A spiccare tra gli apprendisti della bottega del Morsetti vi è un giovane di talento, Vincenzo Melchiorre, che intorno al 1860 decide di recarsi a Parigi per fare tesoro dell’esperienza e dell’arte dei migliori gioiellieri d’Oltralpe. Sono gli anni della Seconda Rivoluzione Industriale, in cui il gioiello inizia a diventare prodotto industriale da offrire sul mercato, capace di incontrare i gusti sia dei grandi banchieri che dei personaggi di spicco del mondo letterario-artistico. Nel 1870, Melchiorre torna a Valenza e fonda un’azienda che arriva a contare più di 150 dipendenti e, soprattutto, iniziando una produzione orafa più qualificata con l’uso di pietre preziose orientali. Con l’avvento della Primo Conflitto Mondiale, si apre un periodo di crisi che porta al fallimento dell’impresa. La tradizione orafa tuttavia non si perde, ma viene portata avanti dai dipendenti della stessa che fondano tanti piccoli laboratori orafi nel comune valenzano. Si inaugura così un periodo di proliferazione di laboratori artigiani. È in questo stesso periodo che emergono grandi nomi della gioielleria italiana, tra cui spicca il nome di Luigi Illario che si circonda dei prestigiosi smaltatori e scatolisti di Vienna e Praga.

Il periodo più buio per il settore orafo arriva nel secondo dopoguerra, spingendo un gruppo di imprenditori locali ad unirsi nell’Associazione Orafa Valenzana (AOV), guidata dallo stesso Illario, per fronteggiare il mercato impostando una precisa politica promozionale per fare apprezzare e conoscere nel mondo il prestigioso manufatto valenzano. Negli anni Cinquanta e Sessanta, l’attività orafa, alimentata dall’intraprendenza e dalle doti imprenditoriali dei valenzani, conosce un nuovo momento di stupefacente espansione con le creazione di fittissime reti di laboratori e di fabbriche per un numero complessivo di circa 1.300 imprese operanti nel distretto. Tale sviluppo è determinato anche dal contestuale “boom” delle esportazioni, trainato dalla liberalizzazione degli scambi e dalla creazione, da parte della stessa AOV, di una “Mostra Permanente” e di un consorzio export “Export Orafi”, poi affiancati negli anni Ottanta della mostra internazionale di gioielleria e oreficeria “Valenza Gioielli” riservata agli operatori del settore.

Ad oggi, l’intera filiera dell’industria orafa è presente nel distretto: dalle fasi a monte, quali l’approvvigionamento di materie prime (banchi metalli), passando per la commercializzazione e la lavorazione di pietre preziose da parte di circa 200 imprese ivi localizzate, alla fasi manifatturiere di lavorazione specializzata dei metalli preziosi. E’ importante sottolineare che il 70% delle pietre preziose importate in Italia ed oltre 30 tonnellate d’oro vengono lavorate all’interno del distretto orafo di Valenza.

Il tessuto produttivo è caratterizzato da una grande eterogeneità di assetti produttivi e organizzativi. Si distinguono, infatti, imprese integrate verticalmente che operano in tutte le fasi della filiera, altre imprese focalizzate solamente su attività di commercializzazione, e altre ancora che svolgono attività di sub-fornitura (ad es. incastonatura) intrattenendo solide relazioni con una pluralità di committenti. Tra questi ultimi ritroviamo le imprese leader del distretto, dotate di brand riconosciuti anche su scala globale, ma anche le grandi griffe internazionali che si affidano agli artigiani valenzani per realizzare le loro creazioni. L’eccellente standard qualitativo del gioiello di Valenza viene assicurato sia dal vasto patrimonio di know-how tecnico e professionale degli orafi dotati di lunga esperienza on-the-job, sia dalla grande capacità di innovazione tecnica, stilistica e materiale che caratterizza l’imprenditoria locale. Ai conoscitori del settore ed agli addetti ai lavori è noto che la produzione valenzana, diretta al mercato o in contro terzi, è competitiva nella fascia medio/alta e alta del mercato. Negli ultimi anni le imprese valenzane

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I Distretti della Moda

sono andate specializzandosi su segmenti sempre più specifici: alcune hanno varato - talora con successo - brand propri, effettuando significativi investimenti in comunicazione, mentre altre si sono strutturate per fornire noti brand nazionali ed internazionali, altre ancora hanno concentrato le proprie competenze nell’esecuzione di specifiche fasi del ciclo produttivo. L’anello della filiera che oggi presenta maggiore criticità è però quello della commercializzazione. Ciò in conseguenza ai cambiamenti che si sono susseguiti negli ultimi anni. In particolare, il sistema distributivo organizzato secondo il cosiddetto “canale lungo” ha subito una profonda trasformazione. In passato, i piccoli produttori riuscivano a raggiungere il mercato finale direttamente o mediati dalla figura del grossista, il quale, raccogliendo un gran numero di prodotti da diversi produttori, era in grado di offrire un’ampia e diversificata gamma di articoli, prontezza nell’evadere gli ordini e, flessibilità nelle modalità di pagamento ai piccoli negozi indipendenti di gioielleria. Oggi, l’avanzata della distribuzione organizzata e la notorietà dei marchi mondiali lasciano sicuramente meno spazio alle aziende di natura artigiana del distretto, il cui potere contrattuale è assai limitato a causa della modesta dimensione aziendale. Si pone allora l’esigenza di una parziale correzione di questo sistema sbilanciato verso la distribuzione, sia per ridurre i costi unitari di vendita, sia per costruire canali di relazione più diretti con i consumatori finali. Il problema della distribuzione si accentua se rapportato all’espansione della domanda proveniente dai mercati esteri: data l’estensione geografica e la maggiore complessità di tali mercati, al di là dell’affidamento ai buyer internazionali, si rende necessario trovare nuove forme organizzative per avvicinare tali mercati. In un contesto competitivo globale, tale esigenza di cambiamento è anche dettata dall’entrata dei nuovi competitori low-cost, favoriti dalla sperequazione delle politiche tariffarie, in grado di penetrare i mercati con prezzi di vendita nettamente più bassi, riuscendo così ad attrarre una fascia sempre più ampia di consumatori, la cui spesa per beni voluttuari si è peraltro ridotta a seguito della contrazione del reddito disponibile.

Al di là dei necessari mutamenti organizzativi nella distribuzione, molte imprese del distretto si trovano oggi nella condizione di dover ridisegnare le proprie politiche di mercato facendo leva su importanti investimenti in attività di marketing ed in campagne promozionali destinate a supportare il processo di “smaterializzazione” del prodotto, esaltando sempre più nella catena del valore le componenti immateriali del design, della ricerca, della comunicazione e del servizio al cliente. In quest’ottica, un centinaio di imprese del distretto hanno dato vita ad un Consorzio per il lancio di un marchio di distretto denominato “DiValenza” destinato a sviluppare politiche comuni di promozione dell’immagine del gioiello valenzano con portata sia nazionale che internazionale.

Posizionamento qualitativo

In relazione al complesso dei distretti da noi incontrati, l’orafo di Valenza si distingue sulle nostre matrici sia in termini di cooperazione che anche in termini di orientamento all’internazionalizzazione. D’altro canto presenta valori più modesti sugli assi della strategia e dell’orientamento all’innovazione, temi approfonditi più nel dettaglio in seguito. Facendo, invece, un raffronto omogeneo con il distretto orafo-argentiero di Vicenza da noi visitato nel corso del progetto, Valenza appare meglio posizionata in entrambe le matrici, denotando una situazione prospetticamente migliore.

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I Distretti della Moda

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Figura 3.6.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Pur in questo clima di consolidata interdipendenza nei cicli produttivi, viene segnalata dagli opinion leader del territorio una forte componente di individualismo da parte degli imprenditori locali che ha limitato e quasi ostacolato la possibilità di lavorare in forma consortile per raggiungere obiettivi di interesse comune.

Gli operatori del distretto, pur trovando – come detto – un terreno fertile alla creazione di reti stabili di fornitura locale, hanno saputo costruire, quando necessario, reti più lunghe sia di portata nazionale che trans-nazionale, per l’acquisto di materie prime (ad es. metalli e pietre preziose dall’estero) o di accessori e semilavorati di valore aggiunto inferiore (ad es. catename acquistato presso altri distretti orafi italiani specializzati).

Figura 3.6.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Cooperazione

Relativamente al grado di cooperazione nel distretto di Valenza riscontriamo un valore complessivo molto elevato, secondo solamente a quello raggiunto dallo storico distretto conciario di Santa Croce. Tale risultato – esito aggregato dei colloqui con gli opinion leader locali – appare determinato da un tessuto imprenditoriale ancora molto coeso e radicato nel territorio, che sa valorizzare la filiera quando serve, ma che sa anche estendere le proprie reti al di là del proprio ambito locale.

Gli opinion leader di Valenza segnalano la presenza di una decina di imprese che si possono considerare leader per il distretto, anche se – per motivazioni che potremo approfondire in seguito – queste non coincidono necessariamente con gli operatori più noti del mercato orafo in termini di marchi commerciali. Queste imprese si sono sempre appoggiate ad una rete consolidata di fornitori locali, garanzia di qualità e di affidabilità, ma negli anni più recenti il tessuto imprenditoriale è andato modificandosi: si è infatti assistito, da una parte, ad una selezione sempre più severa tra i fornitori, e, dall’altra, alla trasformazione di alcune delle imprese maggiori in mere piattaforme commerciali con una forte connotazione di marca, sempre meno orientate però a produrre sul territorio valenzano.

Ruolo guida delle imprese leader

Valenza

FermoMontappone

BellunoSanta Croce Biella

Verona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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I Distretti della Moda

Figura 3.6.5 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Strategia

Il confronto con gli opinion leader locali in tema di politiche di marca fa emergere che – pur trattandosi del distretto che opera a stretto contatto con il mercato retail, e quindi con grande potenziale di ricorso al brand – sono soltanto una decina i marchi noti al consumatore finale, tra i quali eccelle il caso Damiani. La maggior parte degli orafi del distretto è, infatti, rimasta ancorata ad un modello di business fortemente concentrato sulla produzione di oggetti di qualità eccelsa, che talvolta sconfinano nella produzione artistica, ma che proprio per questa grande capacità di portare avanti la tradizione orafa, non ha saputo e voluto innovare l’approccio al mercato. Ecco allora che i grandi marchi della gioielleria internazionale ricorrono largamente alle competenze, al gusto e alle capacità realizzative valenzane, salvo marchiare con il proprio nome quanto le imprese e i mastri orafi di Valenza hanno saputo creare.

Estensione delle reti di imprese

ValenzaFermo MontapponeBellunoSanta Croce

Biella

Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.6.3 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

La già precedentemente accennata forte componente individualista dell’imprenditore locale non ha consentito al Comitato di Distretto – sintesi delle forze dell’Associazione Orafa Valenzana e delle confederazioni artigiane di settore locali – di dotarsi di forme di governance che consentano di andare molto al di là della semplice rappresentanza all’esterno e di pur lodevoli sforzi per promuovere, con successi alterni, forme di cooperazione tra le imprese, come è stato per il marchio “DiValenza”.

Governance di distretto

Fermo MontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Verona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

Valenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.6.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Nel tempo, il radicamento del settore orafo nel tessuto produttivo locale ha portato ad una sostanziale sovrapposizione tra economia di distretto e realtà sociale locale. Se la mono-settorialità, però, fino a qualche tempo fa generava effetti virtuosi, oggi che il settore ed il modello imprenditoriale del distretto stanno vivendo una fase di profonda difficoltà, la mancanza di diversificazione sembra essersi trasformata in un limite allo sviluppo ed alla crescita della ricchezza del territorio valenzano.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

ValenzaFermo Montappone

Belluno Santa CroceBiellaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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I Distretti della Moda

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Figura 3.6.7 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

Tra i numerosi terzisti del distretto risulta che i più piccoli lavorino solo per committenti locali, mentre quelli più strutturati producono regolarmente anche per i più affermati marchi internazionali del settore, i quali ben conoscono la capacità qualitativa e l’affidabilità degli orafi di Valenza.

Innovazione

In termini di propensione all’innovazione, ci viene segnalato dagli opinion leader che, fino a non molto tempo fa, l'innovazione era prevalentemente di carattere tecnico, mentre recentemente

Strategie di sviluppo (prodotto/marketing)

Valenza

FermoMontappone BellunoSanta Croce BiellaVeronaMontebelluna

Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.6.6 - Strategia – Politiche di marca

In questi anni di rapida evoluzione del mercato, la scarsa diffusione di una cultura orientata al marketing tra le imprese (mediamente di dimensione molto piccola) del distretto e la limitata consapevolezza del proprio potenziale ha portato le imprese di Valenza ad occupare un ruolo meno strategico di quanto forse meriterebbero nella catena del valore. Appare quindi indispensabile - oggi più che mai - che le imprese locali effettuino uno sforzo di carattere strategico per rinnovare profondamente il proprio modello di business, cominciando anche da azioni semplici ma al tempo stesso significative, come potrebbe essere la creazione di una società consortile in grado di fornire servizi e consulenze di marketing operativo alle singole PMI e imprese artigiane che non siano dotate della dimensione sufficiente ad internalizzare tali funzioni. Di conseguenza, risulta necessario che il distretto si orienti ad abbinare all’ineguagliata capacità di produrre oggetti d’eccellenza una maggior attenzione al mercato, per arrivare a seguirne prontamente le tendenze e - perché no - a guidarle, per potersi riappropriare del meritato ruolo nella catena del valore del settore.

Vista la modesta dimensione media delle imprese valenzane (5 dipendenti per impresa), vi è una sostanziale coincidenza tra il patrimonio personale dell’imprenditore e il patrimonio investito in azienda. Ciò porta gli imprenditori a riversare buona parte delle risorse finanziarie familiari in azienda con regolarità e stabilità, anche se spesso in modo poco strutturato in termini strategici.

La governance d’impresa, visto il quadro dimensionale medio-piccolo e l’identità che esiste tra patrimonio personale e capitale d’impresa, rimane largamente legata al contesto familiare. In relazione a tale aspetto, il distretto di Valenza si trova quindi in una situazione di minor evoluzione rispetto ad altri distretti e, in particolare, rispetto all’orafo-argentiero di Vicenza, che su questo tema ha dato indicazioni di maggior dinamismo.

Nonostante ciò, vi è testimonianza che nelle aziende di dimensioni maggiori vi siano alcuni esempi felici di delega manageriale, che tuttavia non rappresentano la regola.

Passaggio generazionale e governance

ValenzaFermo Montappone

BellunoSanta Croce

BiellaVeronaMontebelluna

Veneto Moda PugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40%

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Figura 3.6.9 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

Nel distretto si sono verificati fenomeni isolati di collaborazione tra le imprese e il mondo universitario: viene segnalata, tra le altre, una collaborazione con il distaccamento di Alessandria del Politecnico di Torino, che ha attivato qui un master in gioielleria, così come una collaborazione con l'Università Amedeo Avogadro di Vercelli. Si tratta, tuttavia, di episodi ancora troppo sporadici, che dovrebbero trovare maggior seguito e frequenza per risultare davvero utili. Viene, inoltre, segnalata al riguardo l’esigenza di lavorare con più convinzione sull'interdisciplinarietà delle arti e delle tecnologie per consentire fenomeni di contaminazione virtuosa e di sviluppo della creatività.

Secondo quanto riferito dagli esperti locali del settore, attrarre competenze e talenti professionali al di fuori del perimetro del distretto era più facile anni fa di quanto non lo sia oggi. In ogni caso, risulta che le imprese locali preferiscano formare internamente e quindi fidelizzare nel tempo gli orafi più bravi che continuano ad essere risorse assai preziose sulle quali investire. Al contrario, sembrano aver avuto discreto successo i tentativi isolati di integrare risorse manageriali, laddove si sia superato lo scoglio culturale della delega da parte dell’imprenditore.

Piuttosto sporadico è il ricorso delle imprese del distretto a forme di tutela sia passiva che attiva della proprietà intellettuale, come il deposito di brevetti, di modelli di utilità o, di marchi. Nei fatti, la normativa viene definita come poco tutelante per gli operatori del settore, non solo soggetti ad evoluzioni molto rapide nel gusto ma anche a frequenti operazioni di imitazione e di contraffazione contro le quali l’orafo, non solamente Valenzano, si sente poco coperto dagli

ci si sta rendendo conto che - per creare valore - è sempre più necessario effettuare un costante lavoro di innovazione stilistica. Questo processo evolutivo, che vede senz’altro protagonisti le imprese maggiori, inizia ad interessare anche alcune tra le PMI più dinamiche.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiellaVerona Montebelluna Veneto Moda

Puglia

VicenzaPrato

Valenza

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.6.8 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Come accennato in precedenza, il distretto nel suo insieme si mantiene focalizzato su un modello produttivo e distributivo tradizionale, che ne ha contraddistinto la storia ed il successo. In questo contesto, alcune realtà hanno, però, intrapreso un percorso di riposizionamento strategico, riuscendo a mettere a frutto competenze tradizionali e capacità di innovazione; ciò non toglie che il mercato venga affrontato dai più in modo molto empirico e con una forte componente individualista. A detta di alcuni tra gli opinion leader intervistati, ci sarebbe quindi molto da fare per riposizionare strategicamente il distretto in modo da costruire le basi per una nuova capacità competitiva. L’essere rimasti così fortemente agganciati ad una fortissima tradizione di prodotto mentre il contesto globale sta rapidamente cambiando è la caratteristica principale che sembra accomunare il distretto valenzano all’omologo distretto orafo-argentiero vicentino. In un’ ottica futura emerge, infatti, in entrambi i distretti da noi visitati, l’urgenza di ripensare al modo in cui le proprie imprese realizzano e vendono un prodotto carico di storia, di competenze e di valore artigiano.

Tradizione e riposizionamento

FermoMontappone

Belluno Santa CroceBiellaVeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Valenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

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Figura 3.6.11 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Facendo riferimento al fronte meramente commerciale, l’interazione con i partner esteri appare prevalentemente contraddistinta da accordi di distribuzione, non necessariamente regolati da vincoli contrattuali; al contrario, chi va all'estero per produrre utilizza più frequentemente la forma della joint-venture con i partner locali (ad es. Cina e India).

strumenti di protezione messi a disposizione dal sistema. E’ interessante, invece, notare che il Marchio DiValenza è stato depositato in 40 Paesi con lo scopo di prevenirne l’abuso.

La gestione degli aspetti logistici, vista anche la modesta incidenza di questo genere di costi per il settore, risulta affidata a mezzi tradizionali e gestita su base prettamente individuale. Si segnala, peraltro, la presenza di alcuni vettori locali che si sono specializzati nel soddisfare le necessità espresse dagli operatori del settore (massima tempestività delle consegne, sicurezza).

Internazionalizzazione

Significativa è la quota export dichiarata dal distretto, che si attesta attorno al 65% del fatturato complessivo, indicando quindi una marcata propensione delle imprese ad intrattenere rapporti con l’estero nonostante le limitate dimensioni aziendali.

Quota export del distretto

FermoMontapponeBelluno

Santa Croce BiellaVeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Valenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.6.10 - Internazionalizzazione – Quota export

Come anticipato, il prodotto di Valenza è generalmente noto a livello internazionale tra gli addetti ai lavori, così come sono noti alcuni brand di aziende locali che hanno saputo affermarsi sui mercati globali. Molto spesso, però, il diffuso terzismo a favore dei grandi nomi, che non consente di tracciare l’effettiva provenienza del prodotto e gli ampi volumi di produzioni unbranded destinati ai circuiti distributivi tradizionali hanno limitato le opportunità di rendere noto il distretto a livello internazionale, a dispetto dell’assoluta qualità delle numerose produzioni che da Valenza arrivano sui banchi dei gioiellieri di tutto il mondo senza che il consumatore ne possa essere consapevole. Da alcuni anni, per sopperire a queste carenze di notorietà internazionale, si sta puntando all’affermazione del marchio di distretto “DiValenza”, pensato per valorizzare e per garantire le produzioni DOC del distretto.

Non sempre le produzioni tipiche del distretto sono, però, rimaste interamente sul territorio: sono, infatti, cresciuti nel tempo i casi di imprese che hanno de-localizzato (prevalentemente in Cina) fasi anche importanti della propria produzione e quelli di imprese che hanno organizzato piattaforme produttive remote anche ad uso di coloro che non sono riusciti a spostare autonomamente la loro produzione. Secondo quanto riportato dagli intervistati, il fenomeno dell’import ri-marchiato come ‘Made in Valenza’, sembra sia piuttosto diffuso e probabilmente meno noto di quanto in realtà risulti effettivamente.

Multi-localizzazione produttiva

Valenza

FermoMontappone Belluno

Santa CroceBiellaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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Figura 3.6.12 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

La quasi totalità (il 90%) delle imprese rappresentanti il distretto nel nostro campione è di piccole dimensioni, con un fatturato mediano di poco superiore al milione di euro. Sono proprio le piccole aziende a spuntare margini operativi lordi più elevati. Ciò è spiegato in parte dalla capacità di tali piccoli laboratori orafi di realizzare creazioni di gioielleria su commissione per i marchi del lusso, i quali riconoscono il valore delle esclusive abilità creative degli orafi valenzani. Nonostante ciò, è possibile notare che sono proprio le realtà produttive più piccole a scontare maggiormente l’arrivo della crisi economica in termini di fatturati, in quanto elemento esterno e variabile delle filiere del lusso e quindi, per forza di cose, più vulnerabile nei passaggi congiunturali negativi. Al riguardo possiamo, infatti, notare come l’esigua minoranza di imprese con fatturato superiore ai 50 milioni di euro riporti le performance migliori in termini di crescita dei volumi.

Le PMI del distretto partecipano occasionalmente anche ad iniziative promozionali coordinate come missioni commerciali o fiere internazionali. In particolare, ci viene segnalato che, in tempi recenti, il consorzio a cui fa capo la gestione del marchio “DiValenza” ha rilanciato l’organizzazione di missioni commerciali a cui partecipano con soddisfazione un numero abbastanza costante di PMI del territorio. Inoltre, ci viene riferito che una precedente esperienza consortile, denominata Export-Orafi, sia stata abbandonata dagli stessi partecipanti, nonostante gli apprezzabili risultati che stava ottenendo, avendo prevalso la volontà dei singoli di preservare ad ogni costo la propria autonomia nello sviluppo delle strategie distributive internazionali.

Posizionamento economico-finanziario

Il campione di imprese rappresentativo del distretto orafo di Valenza si compone di 110 realtà produttive per un giro d’affari complessivo di poco superiore ai 700 milioni di euro nel 2009. Sotto il profilo della performance, Valenza è presente nel gruppo dei distretti più dinamici in termini di crescita dei volumi, con un +2,8% di crescita media annua nel periodo 2005-2009. Nel raffronto con l’altro distretto orafo, quello di Vicenza, Valenza evidenzia una posizione senz’altro più favorevole in termini di crescita e soltanto lievemente superiore in termini di marginalità operativa lorda.

Performancemedia periodo 2005-2009

Fermo

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

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Figura 3.6.13 - Dinamica della performance nel periodo 2006-2009

In termini di efficienza nell’utilizzo del capitale umano e del capitale finanziario, il distretto nel suo complesso riporta valori intermedi rispetto all’intero novero dei distretti esaminati. Da un lato, il rendimento medio di periodo del capitale investito si attesta su livelli analoghi rispetto a quelli riportati dal distretto di Vicenza, mentre presenta una produttività più elevata della forza-lavoro. La pesante contrazione dei margini reddituali, evidenziata a livello generale dalle imprese del campione, si riflette anche in un evidente calo nel corso del 2009 sia dell’indice di produttività EBIT/Dipendenti che del ROI.

PERFORMANCE - Distretto orafo di Valenza PoFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 6.839 5,6% 2,8% 110 100% 15 14%Mediana 1.385 6,6% -7,9%

- Grandi imp. 50 mln./€ 96.765 3,2% 12,8% 4 4% - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 22.071 6,2% 4,1% 7 6% 1 14% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2.128 7,5% -8,6% 99 90% 14 14%

Fatturato complessivo 752.247

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Tabella 3.6.1 - Dati di performance del campione

Durante il quinquennio considerato, il fatturato complessivo dell’intero campione del distretto mostra un andamento altalenante, tornando nel 2009 su valori allineati con quelli registrati nel 2006. Guardando alla dinamica del margine operativo lordo è, invece, possibile notare una pesante contrazione nel corso dell’ultimo esercizio, che porta a ridurre la marginalità lorda di oltre il 70% rispetto ai livelli del 2005.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100

114111

118

112

90

95

100

105

110

115

120

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

EBITDA MGN

7,8%

5,7% 5,5%

1,8%

7,0%

0,0%1,0%2,0%3,0%4,0%5,0%6,0%7,0%8,0%9,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

Page 100: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

95

I Distretti della Moda

Figura 3.6.15 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2006-2009

Figura 3.6.14 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

EFFICIENZA - Distretto orafo di Valenza PoEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 15 4,2% 100% 15 14%Mediana 13 4,9%

- Grandi imp. 50 mln./€ 23,1 3,2% 4% - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 13,0 4,3% 6% 1 14% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 13,4 4,6% 90% 14 14%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Tabella 3.6.2 - Dati di efficienza del campione

2 Valori in mgl/€

EBIT/DIP2

17,5

22,5

1,9

15,615,2

0

5

10

15

20

25

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

ROI

4,2%

0,5%

5,4%

6,7%

4,3%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

8,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

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I Distretti della Moda

96

Sotto il profilo della sostenibilità finanziaria, il distretto di Valenza Po si trova in una situazione di sostanziale equilibrio con un ricorso moderato al capitale di terzi rispetto ai mezzi propri. Inoltre, nel periodo considerato i produttori valenzani mostrano una capacità di ripagare il debito accumulato allineata alla maggioranza dei distretti analizzati. In particolare, il quadro finanziario di Valenza appare decisamente più sostenibile rispetto all’omologo distretto orafo di Vicenza.

Figura 3.6.16 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Scendendo nel dettaglio si può osservare che, lungo tutto il periodo considerato, il livello di leva finanziaria (rapporto Debito/Equity) si attesta su valori contenuti e decrescenti, indicando un ricorso equilibrato e moderato al capitale di debito. Ciò detto, si osserva, tuttavia, che la caduta verticale dei margini operativi lordi, osservata sul distretto nel corso del 2009, ha indotto un deterioramento non certo marginale dell’indice di sostenibilità finanziaria PFN/Ebitda, posizionato su livelli ottimali fino al 2008. In tale contesto va notato che la minoranza di imprese di grandi dimensioni del distretto è quella che gode di miglior salute in termini di solidità finanziaria, grazie anche alla maggiore capacità di tenuta agli attacchi della crisi che questa categoria di imprese sta dimostrando.

Tabella 3.6.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto orafo di Valenza PoPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 3,8 0,7 100% 15 14%Mediana 3,7 1,1

- Grandi imp. 50 mln./€ 2,8 0,4 4% - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 3,6 0,7 6% 1 14% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 4,4 0,8 90% 14 14%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

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97

I Distretti della Moda

Figura 3.6.18 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

D/E0,9

0,50,5

0,7

0,8

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

PFN/EBITDA

3,6 3,1 3,62,7

11,8

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

14,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

Figura 3.6.17 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2006-2009

In ultimo è interessante analizzare nello specifico il grado di capitalizzazione delle imprese rappresentative della realtà distrettuale valenzana, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Nei cinque anni considerati, tale indice sperimenta un progressivo miglioramento fino a stabilizzarsi al 44% dell’attivo totale nel biennio 2008-2009, livello di capitalizzazione che si può considerare complessivamente adeguato. Se si analizzano i dati di bilancio relativi al 2009, tra le imprese del campione – in particolare tra quelle di piccolissime dimensioni – risulta che il 29% di queste è sottocapitalizzata, per un deficit complessivo di equity pari a circa 12 milioni di euro. Allo stesso tempo però, esiste anche una parte di aziende (circa il 18% del campione) caratterizzata da un livello di capitalizzazione più che adeguato, con un monte pari a circa 21 milioni di euro di equity potenzialmente a disposizione, da investire senza che venga intaccata la qualità dell’indice in questione.

Equity/Tot Attivo

44% 44%

33% 34%36%

25%

30%

35%

40%

45%

50%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo di Valenza Po

Capitalizzazione imprese(% su tot)

30,0%

51,8%

18,2%

Distretto orafo di Valenza Po

Carente Adeguata Più che adeguata

+20.8 Mio€

-11,8 Mio€

2,5Mio€

Fatturato mediano Equity

2,1Mio€

1,9 Mio€

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I Distretti della Moda

98

In sintesi

La genesi dello storico distretto orafo di Valenza si è tradotta nell’intreccio di intense relazioni tra le imprese ivi localizzate, riflettendosi in un elevato grado di cooperazione da noi misurato. Le imprese leader si appoggiano tipicamente ad una consolidata rete di fornitori, pur avendo avviato un processo di razionalizzazione in un’ottica di eccellenza qualitativa. Nonostante ciò, gli opinion leader locali denunciano un marcato individualismo dell’imprenditoria valenzana che nel corso degli anni avrebbe ostacolato la creazione di progetti consortili di interesse comune.

Il forte attaccamento al territorio non ha impedito alle aziende orafe locali di sviluppare reti più lunghe sia di portata nazionale che di portata internazionale, anche se la sostanziale sovrapposizione tra attività produttiva del distretto ed economia locale rappresentano – oggi più che mai – un limite allo sviluppo dell’economia locale.

A dispetto del potenziale offerto da un mercato retail quale è quello dell’oro e della gioielleria, la creazione di brand accompagnata da congrue campagne di marketing è stata effettuata solamente da un numero limitato di imprese del distretto. La restante parte delle imprese è, invece, rimasta ancorata ad un modello di business orientato all’eccellenza qualitativa del prodotto, senza riuscire ad innovare l’approccio al mercato. Tali imprese sono così rimaste “preda” delle grandi multinazionali del settore, le quali si appropriano di una porzione importante del valore creato a Valenza tramite l’apposizione del proprio marchio commerciale. Pertanto, un’ipotesi progettuale potrebbe riguardare la creazione di una società consortile in grado di fornire servizi e consulenze di marketing per le PMI e le imprese artigiane che non hanno sufficiente dimensione per sviluppare tali funzioni al proprio interno.

Data la coincidenza tra patrimonio personale dell’imprenditore e capitale dell’azienda, nella maggioranza delle imprese locali, l’identità tra management e famiglia è spesso totale, fatta eccezione per qualche caso di effettiva delega manageriale nelle realtà produttive di maggiori dimensioni.

Di recente, le imprese orafe locali di dimensioni maggiori hanno re-indirizzato i propri sforzi innovativi dalla sfera meramente tecnica a quella stilistica, data l’importanza che la componente del design ha assunto agli occhi del consumatore finale. Nonostante ciò - a detta degli opinion leader intervistati - la maggior parte delle aziende valenzane deve ancora attivarsi per avviare un processo di riposizionamento strategico, che il distretto nel suo complesso necessita con urgenza.

Seppure il ricorso a strumenti della proprietà intellettuale sia del tutto sporadico, date le peculiarità del prodotto orafo, è importante sottolineare un buon numero di imprese del distretto hanno aderito al marchio “DiValenza”, registrato in 40 diversi paesi.

Nel complesso, il distretto è caratterizzato da una forte vocazione a vendere sui mercati esteri. Tuttavia, il diffuso terzismo e gli elevati volumi di produzione unbranded hanno limitato le opportunità di rendere noto il distretto a livello internazionale. A tal proposito, una delle possibili ipotesi progettuali discusse insieme agli operatori locali per promuovere su più ampia scala il marchio “DiValenza” riguarderebbe la trasformazione del consorzio di imprese sottoscrittrici in una rete formalizzata di imprese, con tutti i vantaggi e la stabilità che ne potrebbero conseguire in virtù delle recenti evoluzioni della legislazione in quest’ambito.

Il quadro economico-finanziario delineato per il distretto orafo di Valenza Po ha senz’altro risentito della pesante congiuntura economica iniziata nel 2008, pur tuttavia mostrando significative capacità di tenuta. In particolare, è interessante osservare che le imprese di più piccole dimensioni, che rappresentano la realtà produttiva tipica del distretto, sembrano riuscire a spuntare in media margini operativi lordi maggiori rispetto alle imprese di grandi dimensioni.

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99

I Distretti della Moda

Al tempo stesso, la crisi economica nel corso del 2009 ha pesantemente penalizzato la capacità reddituale e di riflesso la sostenibilità finanziaria delle piccole imprese, in modo più marcato di quanto non abbia fatto con le grandi, in particolare di quel terzo di aziende meno solide dal punto di vista della capitalizzazione.

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I Distretti della Moda

100

3.7 Distretto veneto dell’abbigliamento – Verona Moda

Il distretto del Pronto Moda di Verona, oggi ridenominato più semplicemente Verona Moda, interessa una vasta area della Regione Veneto, con particolare concentrazione nell’area della provincia di Verona, da cui ha preso origine, pur non mancando di annoverare imprese localizzate nelle zone del mantovano, del bresciano, per arrivare fino al carpigiano.

Il distretto nasce dalla specializzazione – oggi considerata superata e quindi in evoluzione – da parte di molti confezionisti locali nel cosiddetto modello del “Pronto Moda”, orientato alla produzione di capi “in corso di stagione” e basato sulla capacità di identificare tempestivamente le tendenze più gradite al mercato per seguirle rapidamente. Il Pronto Moda, ha avuto i suoi momenti di massimo successo nel corso degli anni ’80 e ’90, contrapponendosi al cosiddetto modello del “Programmato”, nel quale la produzione avviene sulla base del catalogo, disegnato interamente prima dell’inizio di stagione. La specializzazione nel Pronto Moda permette investimenti inferiori nelle fasi di progettazione stilistica e di realizzazione del campionario, ma richiede un’organizzazione del lavoro estremamente efficiente per ridurre al minimo i tempi di produzione. La rapidità nell’evadere una commessa e l’elevato contenuto di servizio offerto sono, infatti, gli elementi qualificanti di questo modello di business. Verso la fine degli anni ’90 ed i primi anni 2000 si sono però iniziate ad osservare profonde evoluzioni nei modelli produttivi e distributivi, che premiano da un lato la prossimità commerciale al mercato assieme alla capacità di recepirne attivamente i segnali di ritorno e, dall’altro, la capacità di sfornare prodotti sempre nuovi in piccoli lotti infra-stagionali per stimolare il processo d’acquisto del consumatore finale.

La filiera del distretto della Moda di Verona è attualmente molto ampia e comprende confezionisti di abbigliamento (pronto moda, fast-fashion, programmato), aziende di produzione tessile, produttori conto terzi (laboratori artigianali), fornitori di macchinari e di materiali, fornitori di servizi operativi (lavanderie, taglio, laboratori stilistici), grossisti, distributori di prodotto e fornitori di servizi immateriali e di creatività (centri stile – ricerca tendenze). Le aziende del distretto veronese presentano alcune caratteristiche che le accomunano ai distretti industriali del Nord-Est: si tratta, infatti, di imprese di dimensione contenuta, per lo più a carattere familiare o comunque di provenienza familiare. La maggior parte di esse ha realizzato processi di outsourcing delle fasi produttive a maggior intensità di manodopera. In particolare, il confezionamento dei capi avviene prevalentemente attraverso l’ausilio di laboratori che lavorano in conto terzi. In talune realtà aziendali permangono internamente alcune fasi produttive, in particolare quelle a maggior contenuto di automazione, quali il taglio dei tessuti. Nelle aziende aderenti al Consorzio Verona Moda rimangono, invece, le attività legate allo styling dei prodotti e, naturalmente, le funzioni commerciali e, più in generale, gestionali e direzionali. In conseguenza di queste scelte è aumentato il grado di flessibilità operativa delle aziende e l’incidenza dei costi variabili su quelli fissi, mentre il costo finale della produzione beneficia del competitivo pricing operato dai laboratori terzisti.

Il mercato nazionale rappresenta da sempre il principale sbocco per i prodotti delle imprese del distretto veronese. Negli anni recenti sta tuttavia progressivamente crescendo la quota di fatturato realizzata all’estero, anche se quasi totalmente sui mercati dell’Europa occidentale: il principale Paese di destinazione è, infatti, rappresentato dalla Germania, seguita da Spagna, Francia e Grecia e da Paesi del bacino mediterraneo in generale. L’orizzonte dell’export si sta però espandendo a nuovi mercati di particolare interesse come Russia, Paesi Baltici e Nord Europa.

Per quanto riguarda la distribuzione, il canale storico di commercializzazione ancor oggi molto utilizzato da diverse aziende del distretto è rappresentato dal grossista, che funge da intermediario tra produttore e dettagliante. Alcune imprese del distretto Verona Moda hanno tuttavia iniziato a sviluppare una propria rete al dettaglio per evitare un’eccessiva dipendenza dai grossisti, ma l’iniziativa non sempre ha avuto risultati incoraggianti. I costi di apertura e gestione dei punti vendita, le diverse logiche che caratterizzano la commercializzazione rispetto alla produzione e le

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101

I Distretti della Moda

differenti competenze professionali richieste sono probabilmente alla base delle difficoltà incontrate dalle aziende che hanno tentato questa esperienza.

Il modello di business tipico delle imprese del distretto della Moda di Verona, già Pronto Moda, presenta elementi di forza, ma anche importanti punti di debolezza. In particolare, le aziende del “Pronto Moda” sono caratterizzate da un’elevata flessibilità aziendale, che le abilita a rispondere velocemente alle esigenze del mercato e ad adattare i prodotti ai mutevoli trend stilistici. A supportare tale capacità vi sono la tensione alla continua ricerca di prodotto e il focus sul servizio che rappresenta il principale vantaggio del comparto. Questa modalità le differenzia, almeno in parte, dalle imprese specializzate nel “Programmato”, rendendole, pertanto, un po’ meno vulnerabili nei confronti delle produzioni dei paesi in via di sviluppo. Allo stesso tempo, però, le imprese difficilmente si sono orientate alla creazione di collezioni proprie, né tanto meno sono riuscite ad implementare delle vere e proprie strategie di marketing e di branding. Di conseguenza, data anche la modesta dimensione aziendale, le imprese non sono risultate in grado di sviluppare reti commerciali autonome che possano sostituire i vecchi ed inefficienti “canali distributivi lunghi” basati sul grossista, figura che sta progressivamente perdendo di importanza. Il momento storico che sta affrontando il distretto è quindi contraddistinto da un grado di complessità inusuale rispetto al passato, con rapide pressioni al cambiamento in atto, sia dal lato della produzione che, da quello dei consumi. Queste evoluzioni si traducono, in primo luogo, in un potere contrattuale sempre maggiore da parte delle catene distributive committenti (ad es. Oviesse, Conbipel, Motivi, ecc.) nei confronti dei piccoli produttori senza brand e senza capacità di proporsi direttamente al consumatore retail. In secondo luogo, i marchi dell’abbigliamento posizionati sui segmenti del mass-market hanno in buona parte rinunciato a produrre in Italia, rifornendosi nei paesi a più basso costo della manodopera, mentre nel comparto del “Programmato” le produzioni rimaste in Italia sono ormai quasi esclusivamente quelle di alta gamma. In questo contesto, le imprese del comparto abbigliamento che popolano il distretto Verona Moda, sentono fortemente la pressione dei cambiamenti in corso e si trovano nell’urgenza di comprendere la direzione del mutamento per reagire nella maniera più opportuna. La scommessa è - oggi più che mai - quella di far evolvere la cultura di queste piccole imprese ad orizzonte locale per ridisegnarne tempestivamente i modelli di business in modo che possano continuare a competere con strategie, dimensioni e respiro internazionale, come richiede un settore sempre più complesso e globale come quello della fashion industry.

Posizionamento qualitativo

Facendo un raffronto con gli altri distretti incontrati nel corso nostro viaggio, il distretto della Moda di Verona si contraddistingue per esiti complessivi che lo posizionano prevalentemente nei quadranti inferiori delle due matrici strategiche. Da quanto indicano gli opinion leader incontrati in rappresentanza del distretto, infatti, risultano esservi diverse aree tematiche che presentano significativi spazi di evoluzione sulle quali il distretto potrebbe lavorare in maniera coordinata per accrescere il proprio livello di competitività, ma vediamo nel dettaglio le singole tematiche emerse con i rappresentanti del territorio.

Figura 3.7.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Strat

egia

Innovazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

PugliaVicenza

PratoIntern

azion

alizz

azion

e

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I Distretti della Moda

102

Figura 3.7.4 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

Un punto di forza di Verona Moda - a differenza di molti altri tra i territori visitati nel corso del progetto - è senz’altro individuabile nelle governance di distretto. Il punto di riferimento del distretto è, infatti, il Consorzio della Moda, un organismo di natura totalmente privatistica che associa circa 50 aziende locali e che assicura l’esecuzione del “patto di distretto”, a cui aderiscono complessivamente circa 160 aziende della provincia veronese. Il Consorzio riunisce su base mensile il suo Consiglio Direttivo che individua progettualità e orientamenti strategici da sviluppare a favore delle imprese del distretto. Un’attività che va ben al di là della semplice rappresentanza formale, pur non arrivando ancora a configurarsi come una vera e

Cooperazione

Gli opinion leader di Verona indicano la presenza di 5 o 6 imprese che – per dimensioni e capacità di effettuare costante sviluppo di prodotto – si possono considerare i soggetti leader del distretto. Queste aziende si appoggiano in gran parte ad una rete consolidata di fornitori locali con i quali il rapporto è praticamente esclusivo.

Ruolo guida delle imprese leader

Verona

FermoMontappone Belluno

Santa Croce Biella

Valenza

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.7.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

FermoMontappone BellunoSanta CroceBiellaValenzaMontebelluna Veneto Moda

PugliaVicenza Prato

Verona

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.7.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

Ne consegue quindi una forte interdipendenza nei cicli produttivi tra imprese più grandi e imprese minori a cui, non di rado, viene addirittura delegata buona parte dell’attività di ricerca stilistica da parte del committente. Va segnalato che, anche qui, come in molte delle realtà distrettuali da noi incontrate, la forte componente di individualismo imprenditoriale ha spesso limitato la riuscita di progetti a carattere consortile destinati a perseguire obiettivi di interesse comune.

L’estensione delle reti di imprese, secondo quanto indicato dagli intervistati, si limita in prevalenza ad una portata locale, con reti di fornitura e di commercializzazione, quindi, molto più corte rispetto alle altre realtà da noi incontrate.

Estensione delle reti di imprese

FermoMontappone

BellunoSanta CroceBiella ValenzaMontebelluna Veneto ModaPuglia Vicenza

Prato

Verona

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

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103

I Distretti della Moda

Figura 3.7.7 - Strategia – Politiche di marca

Mancando un pieno orientamento al marketing e alla comunicazione, nel distretto veronese della Moda sono in molti ad essere integralmente concentrati sulla capacità di innovare il prodotto, meno invece quelli orientati ad innovare i processi, e di conseguenza sono ancora poche le imprese

propria “strategia di distretto”, tale da riuscire ad indirizzare le scelte aziendali verso gli obiettivi condivisi.

Governance di distretto

FermoMontappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

Verona

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.7.5 - Cooperazione – Governance di distretto

Il Distretto della Moda – essendo una realtà di recente configurazione, insediatasi in un’area ad alta intensità industriale e fortemente multi-settoriale, com’è di fatto la provincia di Verona – viene identificata dal territorio come una delle molteplici componenti dell'economia locale. Tra l’altro, se gli aderenti al Consorzio sono prevalentemente concentrati in cinque comuni tra loro limitrofi, gli aderenti al “Patto” sono invece distribuiti sull’intera area della Provincia. Tutto ciò fa si che – pur in un contesto di forte attaccamento e radicamento degli imprenditori al proprio territorio – non sia riscontrabile quell’identità assoluta tra distretto ed economia del territorio da noi toccata con mano in altre aree industriali di ben più storica tradizione.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

VeronaFermo Montappone

Belluno Santa CroceBiella

ValenzaMontebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.7.6 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Strategia

Gli opinion leader intervistati ci segnalano che sono molto poche le aziende locali dotate di brand effettivamente riconosciuti dal mercato (es. Franklyn & Marshall, Byblos). Ciò consegue dal fatto che gran parte di queste proviene dalla cultura del terzismo e del "Pronto Moda", modelli di business per i quali non è necessario affermare la marca. Ancora oggi ci troviamo di fronte ad una netta prevalenza di imprese unbranded, dotate senz’altro di grande prontezza esecutiva nel gestire la richieste provenienti delle piattaforme commerciali del fast-fashion, ma che tuttavia non sono riuscite ad impostare una propria identità di marca, indispensabile a creare un rapporto diretto con il mercato del consumo retail, e quindi a fare il salto di qualità da mero fornitore di prodotto a impresa della fashion industry.

Politiche di marca

FermoMontappone BellunoSanta Croce

BiellaValenza Montebelluna

Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Verona

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

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I Distretti della Moda

104

Figura 3.7.10 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

che riescono ad interpretate o ad anticipare le tendenze del mercato, tendenze che – vista la provenienza dal Pronto Moda – sono in grado, invece, di seguire con grande agilità.

Orientamento al mercato

FermoMontapponeBelluno Santa Croce BiellaValenza Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

Verona

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.7.8 - Strategia – Orientamento al mercato

Secondo quanto riferito dagli intervistati, non sempre la propensione dell’imprenditore locale ad effettuare investimenti produttivi e commerciali si può considerare elevata. Il re-impiego degli utili o l’immissione di risorse fresche in azienda spesso è vista più come una necessità che come un’opportunità d’investimento. Ecco quindi che non mancano casi di imprenditori orientati a diversificare, non appena possibile, nel settore immobiliare o nei beni rifugio piuttosto che nell’attività produttiva di famiglia.

Propensione agli investimenti

VeronaFermo Montappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.7.9 - Strategia – Propensione agli investimenti

Le famiglie di imprenditori del distretto veronese – considerato che in molti casi sono ancora alla prima generazione – molto spesso non hanno programmato il delicato momento del passaggio generazionale. In ogni caso risulta che preferiscano muoversi in maniera tradizionale, mantenendo una governance aziendale strettamente legata al perimetro familiare, mentre solo le imprese più grandi si sono orientate a sperimentare in qualche caso forme di delega manageriale.

Come detto in precedenza, i rapporti di collaborazione tra imprese hanno qui una forte connotazione locale. In questo contesto, i terzisti del distretto servono in misura preponderante le imprese della zona. Ci viene infatti riferito dagli imprenditori locali che ancor oggi – nell’epoca del sourcing globale – per il modello di business tipico del distretto la prossimità fisica nei rapporti di sub-fornitura viene considerata un importante fattore di vantaggio competitivo, assolutamente premiante laddove il time-to-market sia elemento decisivo nei rapporti di filiera.

Apertura del portafoglio clientela dei terzisti

Verona

FermoMontapponeBelluno Santa Croce

Biella

Valenza

MontebellunaVeneto Moda

Puglia

VicenzaPrato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

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105

I Distretti della Moda

Figura 3.7.12 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

Se da un lato esiste un mercato del lavoro piuttosto vivace tra gli specialisti del prodotto moda (stilisti e modellisti) che passano con una certa facilità da un’impresa all’altra, dall’altro è invece più raro che si riescano ad attrarre competenze professionali o manageriali provenienti da zone al di fuori dell’area veronese.

Piuttosto sporadico risulta anche il ricorso a forme di tutela della proprietà intellettuale. Se il deposito di modelli non appare utile ed intonato ai ritmi che contraddistinguono l’attività del settore, la limitata pratica di politiche di marca da parte delle numerose piccole imprese non genera certo volumi significativi nel deposito e nella tutela di marchi moda.

La gestione della logistica, infine, risulta affidata a mezzi tradizionali e gestita direttamente dalle singole aziende o in collaborazione con i classici spedizionieri.

Internazionalizzazione

La quota export dichiarata dal distretto Verona Moda si aggira attorno al 30% del fatturato complessivo delle imprese aderenti al distretto. La propensione all’export è andata

Innovazione

In termini di ricerca e innovazione stilistica gli investimenti vengono senz’altro effettuati in maniera costante dalle aziende più grandi, ma anche da alcune delle PMI più dinamiche del distretto. Ci viene detto, infatti, che negli ultimi cinque anni è diventato indispensabile saper innovare tenacemente a tutti livelli e che gli uffici stile oggi sono diventati - anche qui nel distretto produttivo di Verona - il cuore pulsante dell'azienda.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiella

ValenzaMontebelluna

Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Verona

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.7.11 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Oggi c'è una consapevolezza sempre più diffusa delle nuove complessità che contraddistinguono il mercato e della necessità di evolvere le strategie aziendali, in particolare nei modelli distributivi. Alcuni qui a Verona hanno già fatto il salto culturale, mentre per molti altri si tratta di un processo di riposizionamento strategico ancora tutto da compiere e che il distretto, nel suo insieme, dovrà dimostrare di saper realizzare (e possibilmente guidare) per continuare a competere in un settore che negli ultimi anni è profondamente cambiato.

Scarse e sporadiche risultano al momento le sinergie del distretto con le università, ma il Consorzio sta lavorando per siglare accordi di collaborazione tesi a rafforzare il distretto su questo fronte. Ci sono, invece, ottimi rapporti con le scuole locali (prevalentemente private) di formazione tecnica e professionale. Non mancano poi fenomeni di collaborazione individuale tra singole imprese e centri di ricerca pubblici e privati.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

FermoMontappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza MontebellunaVeneto ModaPugliaVicenza Prato

Verona

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 111: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

106

Figura 3.7.15 - Internazionalizzazione – Interazione con partner esteri

Infine, le PMI del distretto, oltre ad esportare seguendo strategie e canali commerciali sviluppati in autonomia, si appoggiano in maniera ormai piuttosto sistematica alle attività di supporto fornite dal Consorzio Moda. In particolare, vengono organizzate con regolarità missioni commerciali all’estero

crescendo solo negli anni più recenti, dato che in precedenza l’attività delle imprese era sostanzialmente di carattere domestico o addirittura locale. Nel recente passato, le esportazioni hanno intrapreso un trend positivo, pur rimanendo ancora prevalentemente concentrate verso un limitato numero di mercati dell’Europa occidentale (principalmente Germania e Spagna).

Quota export del distretto

FermoMontapponeBelluno

Santa Croce Biella Valenza

MontebellunaPuglia VicenzaPrato

Verona

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.7.13 - Internazionalizzazione – Quota export

Come detto, ad eccezione di alcuni casi sporadici, nel distretto veronese sono molto pochi i brand riconosciuti dal mercato e quindi risultano ancor più rari i marchi che sono riusciti a ritagliarsi una notorietà a livello internazionale. Ecco che il distretto della Moda di Verona riesce a fatica ad essere identificato dagli operatori esteri come un’area di attrattiva per i buyer internazionali del settore, fattore sul quale sarebbe utile costruire iniziative promozionali da intraprendere in forma aggregata.

Notorietà internazionale del distretto

FermoMontappone

BellunoSanta Croce BiellaValenza MontebellunaVeneto ModaPuglia

Vicenza

Prato

Verona

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.7.14 - Internazionalizzazione – Notorietà internazionale

Non mancano i casi di imprese che, alla ricerca di costi di produzione più bassi, hanno portato intere fasi della propria produzione all’estero (prevalentemente in Europa orientale), non necessariamente effettuando investimenti diretti nel paese, ma spesso delegando semplicemente produttori locali per la realizzazione di lotti su commessa da re-importare successivamente in Italia per la rifinitura e la commercializzazione. A margine viene poi segnalato un crescente fenomeno di terzismo di origine cinese, che si sta insediando all’interno del distretto.

Vista la piccola dimensione degli operatori, la pratica dell’export segue percorsi molto lineari, individuando di volta in volta agenti o reti distributive locali alle quali appoggiarsi, spesso senza necessità di ricorrere ad una vera e propria formalizzazione contrattuale.

Interazione con partner esteri

VeronaFermoMontappone Belluno Santa Croce Biella

Valenza

MontebellunaVeneto ModaPugliaVicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Page 112: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

107

I Distretti della Moda

Tabella 3.7.1 - Dati di performance del campione

(due o tre volte l'anno) riscuotendo un buon livello di interesse da parte degli associati. D’altro canto, l’attività di partecipazione organizzata alle fiere internazionali di settore è andata progressivamente scemando, a causa del peggioramento nel rapporto costo/benefici, ormai non più di interesse per le piccole imprese del distretto veronese.

Posizionamento economico-finanziario

Con le sue 82 aziende, il campione delle imprese del distretto dell’abbigliamento Verona Moda mostra un buon posizionamento in termini di performance rispetto a diversi altri distretti studiati. In particolare, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009, le imprese del distretto nel complesso sperimentano in media una crescita del fatturato pari a circa il 3% su base annua e presentano una marginalità operativa media di periodo (Ebitda) che rasenta l’8%, seppur in netto calo negli anni.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Figura 3.7.16 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Tra le imprese che costituiscono il campione rappresentativo della realtà del distretto (società di capitali), la maggior parte (il 79%) sono piccole realtà con fatturati inferiori a 10 mln €. Sono, però, le pochissime imprese più grandi (le due con fatturati oltre i 50 mln €) a riportare le migliori performance, sia in termini di marginalità operativa lorda che, in particolare, di crescita del fatturato.

PERFORMANCE - Distretto Verona ModaFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 7.840 7,9% 2,7% 82 100% 9 11%Mediana 3.046 5,9% -1,4%

- Grandi imp. 50 mln./€ 59.832 9,6% 19,3% 2 2% 1 50% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 21.930 7,6% 0,8% 15 18% 5 33% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2.988 7,4% -0,8% 65 79% 3 5%

Fatturato complessivo 642.867

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Page 113: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

108

Figura 3.7.18 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

Dopo la buona crescita registrata ancora nel 2006, il fatturato complessivo del campione inizia una fase di stagnazione, attestandosi a fatica sui livelli raggiunti nell’ultimo anno positivo. Il margine operativo lordo, invece, già dal 2006 evidenzia una progressiva erosione che si accentua pesantemente nel 2009, portando l’indice su livelli pari a meno della metà di quelli che registrava nel 2005. Guardando nel dettaglio, emerge che sono le imprese più piccole, e quindi dotate di minor potere contrattuale, ad aver sacrificato in misura maggiore i propri margini reddituali per rimanere sul mercato.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100

114116 115

111

90

95

100

105

110

115

120

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

EBITDA MGN

8,5% 8,7%7,8%

4,5%

10,3%

0,0%

2,0%

4,0%

6,0%

8,0%

10,0%

12,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

Figura 3.7.17 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

Nel raffronto con gli altri distretti visitati, Verona-Moda mostra discreti livelli di produttività della forza-lavoro e di redditività del capitale investito. Così come notato per la marginalità lorda, anche nel caso della produttività (Ebit/dipendenti) e della redditività del capitale investito (ROI) si nota una pesante erosione degli indici aggregati di distretto, che penalizzano un po’ meno la fascia di imprese più grandi rispetto alle più piccole. Entrambi gli indicatori di efficienza del campione di distretto registrano il calo più brusco nel 2009, nel momento più acuto della crisi.

Figura 3.7.17 - Dinamica della performance nel periodo 2005-2009

Nel raffronto con gli altri distretti visitati, Verona-Moda mostra discreti livelli di produttività della forza-lavoro e di redditività del capitale investito. Così come notato per la marginalità lorda, anche nel caso della produttività (Ebit/dipendenti) e della redditività del capitale investito (ROI) si nota una pesante erosione degli indici aggregati di distretto, che penalizzano un po’ meno la fascia di imprese più grandi rispetto alle più piccole. Entrambi gli indicatori di efficienza del campione di distretto registrano il calo più brusco nel 2009, nel momento più acuto della crisi.

Figura 3.7.18 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

Page 114: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

109

I Distretti della Moda

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

EFFICIENZA - Distretto Verona ModaEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 17 5,6% 100% 9 11%Mediana 10 6,2%

- Grandi imp. 50 mln./€ 36,2 9,7% 2% 1 50% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 18,0 4,8% 18% 5 33% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 11,7 5,4% 79% 3 5%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Figura 3.7.20 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Tabella 3.7.2 - Dati di efficienza del campione

Figura 3.7.19 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005-2009

La sostenibilità finanziaria di Verona appare in linea con quella degli altri distretti, con un rapporto di leva (D/E) stabile in posizione di buon equilibrio tra capitale di debito e capitale proprio. Anche la capacità di sostenere il debito risulta nel complesso agevole, richiedendo in media circa 3 anni di margini operativi per ripagare lo stock di indebitamento in essere.

2 Valori in mgl/€

EBIT/DIP2

23,621,2

3,4

17,1

20,8

0

5

10

15

20

25

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

ROI

5,4%

1,1%

8,0%7,0% 6,9%

0,0%1,0%2,0%3,0%4,0%5,0%6,0%7,0%8,0%9,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Page 115: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

110

Figura 3.7.21 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005 -2009

È interessante osservare, infine, la situazione relativa al livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Tale indice si mantiene pressoché stabile nel periodo considerato, seppur in marginale diminuzione nel 2009. Se si guarda ai dati relativi all’ultimo esercizio, emerge che una parte cospicua delle aziende del distretto (il 55% del campione) risulta sottocapitalizzata, con un deficit di equity a livello di distretto pari a 40 milioni di euro. Tra queste prevalgono le imprese di dimensioni più piccole (2,6 mln € di fatturato mediano). Allo stesso tempo, nel distretto si distingue però un 15% di imprese più che adeguatamente capitalizzate con un totale di 9 milioni di euro di capitale potenzialmente disponibile per investimenti.

In termini dinamici, però, se da una parte il livello di leva finanziaria (D/E) espresso dal campione di distretto rimane nel periodo su valori equilibrati e sostanzialmente stabili, dall’altra notiamo, invece, un netto deterioramento dei livelli di sostenibilità finanziaria che si inasprisce significativamente nel corso del 2009 con un’esplosione dell’indice PFN/Ebitda derivante della contrazione della marginalità operativa, particolarmente accentuata per le aziende di piccole e di medie dimensioni del distretto.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto Verona ModaPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 3,3 1,0 100% 9 11%Mediana 3,7 2,1

- Grandi imp. 50 mln./€ 1,6 0,9 2% 1 50% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 3,7 1,0 18% 5 33% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 3,6 1,1 79% 3 5%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

Tabella 3.7.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

D/E

0,9

1,11,0

1,1

1,0

0,8

0,9

0,9

1,0

1,0

1,1

1,1

1,2

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

PFN/EBITDA

2,32,9 2,9

3,4

6,4

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

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111

I Distretti della Moda

Figura 3.7.22 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

Equity/Tot Attivo32%

30%

32%

31%

30%

29%

29%

30%

30%

31%

31%

32%

32%

33%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Verona Moda

Capitalizzazione imprese(% su tot)

54,9%

30,5%

14,6%

Distretto Verona Moda

Carente Adeguata Più che adeguata

+9.4 Mio€

-40.0 Mio€

3,4Mio€

Fatturato mediano Equity

4,3 Mio€

2,6 Mio€

Il modello di business tipico delle imprese del distretto della Moda di Verona evidenzia alcuni elementi di forza, ma anche importanti punti di debolezza. Diverse sono, infatti, le aree tematiche che presentano significativi spazi di evoluzione sulle quali il distretto potrebbe lavorare in maniera coordinata per accrescere il proprio livello di competitività.

I maggiori punti di forza che le aziende provenienti dalla cultura del “Pronto Moda” hanno l’opportunità di valorizzare risiedono nella grande flessibilità aziendale e nel forte orientamento al servizio del cliente che le contraddistingue.

Sono poche, invece, le imprese di Verona Moda che hanno maturato un orientamento alla creazione di collezioni proprie, così come quelle che hanno implementato delle vere e proprie strategie di marketing e di branding. Al tempo stesso, risulta esservi una carenza nello sviluppo di reti commerciali autonome che possano sostituirsi ai vecchi ed inefficienti “canali distributivi lunghi”, basati sull’ormai obsoleta figura del grossista.

Sono poche le imprese leader del distretto che si appoggiano in gran parte ad una rete assai consolidata di fornitori locali con i quali il rapporto è praticamente esclusivo. La prossimità fisica nei rapporti di fornitura viene qui considerata un importante fattore di vantaggio competitivo, premiante laddove il time-to-market sia elemento decisivo nei rapporti di filiera. Ecco quindi che i rapporti di rete risultano mediamente ben più corti ed a base locale rispetto a quelli riscontrati in altre realtà distrettuali da noi visitate.

Un punto di forza di Verona Moda – che lo avvantaggia rispetto a molti atri tra i territori incontrati nel corso del progetto – è senz’altro la buona governance di distretto. Il Consorzio della Moda, che associa circa 50 aziende e assicura l’esecuzione del “patto di distretto” per altre 100, individua progettualità concrete e le sviluppa a favore delle imprese associate.

In sintesi

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I Distretti della Moda

112

Un’attività che va ben al di là della semplice rappresentanza formale, pur non arrivando ancora a configurarsi come la realizzazione di un’effettiva “strategia di distretto”.

Il mercato nazionale rappresenta da sempre il principale sbocco per i prodotti delle imprese del distretto veronese. Negli anni recenti sta tuttavia progressivamente crescendo la quota di fatturato realizzata all’estero (circa il 30%). Ecco perché il distretto riesce ancora a fatica ad essere identificato come un’area attrattiva da parte dei buyer internazionali del settore, fattore sul quale sarebbe utile pensare iniziative da intraprendere in forma aggregata.

Secondo quanto emerge dai dati relativi al campione rappresentativo delle sue imprese, il distretto dell’abbigliamento Verona Moda risulta scontare un quadro economico già in parte indebolito nel biennio 2006-’07 e pesantemente peggiorato dagli effetti della crisi economica internazionale del 2008-‘09.

La netta flessione dei margini di redditività operativa delle imprese si riflette sia sugli indicatori di efficienza dei fattori produttivi che ancor più su quelli di sostenibilità finanziaria. Sono le imprese di dimensioni più ridotte, dotate di minor potere contrattuale nei rapporti di fornitura e spesso caratterizzate da una modesta dotazione di capitale, a soffrirne maggiormente. Le imprese più grandi sembrano riuscire a contenere in qualche modo i danni e a riportare risultati economico-finanziari nel complesso ancora sostenibili.

Viste le prospettive di ripresa non certo rapida dalla crisi globale dei consumi, appare oggi più che mai urgente una forte reazione da parte della piccola e media imprenditoria locale, che vada nella direzione di una maggior capitalizzazione delle imprese da abbinare necessariamente ad un profondo sforzo di adeguamento strategico dei modelli di business al mutato quadro competitivo del settore.

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113

I Distretti della Moda

3.8 Distretto dello Sportsystem di Montebelluna

Il distretto dello Sportsystem di Montebelluna raggruppa circa 400 imprese operanti in un’area che si estende ai piedi del Montello e lungo il corso del fiume Piave sul territorio di oltre 20 comuni7. Quest’area industriale è divenuta nel tempo leader mondiale nella realizzazione di calzature sportive tecniche che vengono esportate con successo in tutto il mondo. Le produzioni si estendono dallo scarpone da sci alla pedula da trekking, dallo stivale da moto alla scarpa da ciclismo. Nell’ultimo decennio, accanto alla produzione di calzature sportive, sull’onda del successo di mercato della scarpa comoda da città, nel distretto sono cresciute importanti imprese specializzate nella produzione di scarpe da passeggio.

L’industria del distretto montebellunese si innesta sull’antica tradizione calzaturiera della Repubblica di Venezia, anche se i primi documenti ufficiali sulla produzione artigiana di scarpe risalgono addirittura agli inizi dell’Ottocento. La concentrazione in questa area di imprese specializzate nel calzaturiero trae origine da fattori legati alla sua posizione geografica ottimale: Montebelluna si trova, infatti, a metà strada tra le zone di approvvigionamento delle materie prime (i pellami del bassanese e dell’alto vicentino) ed i luoghi di consumo dei prodotti finiti (la fascia predolomitica pedemontana e delle Alpi nord-orientali), fattori che senza dubbio hanno favorito lo sviluppo di questa storica tradizione.

Dopo la prima guerra mondiale, i montebellunesi consolidano la loro vocazione calzaturiera sfruttando il know-how acquisito grazie alla secolare realizzazione di robuste gallozze, e si specializzano nella produzione di scarpe da montagna. La pedula da roccia diventa un prodotto richiesto da larghe schiere di consumatori: molti italiani che hanno conosciuto le Dolomiti, vivendo angosciose settimane in trincea, decidono, infatti, di ritornarvi come alpinisti.

Nel corso degli anni cinquanta, il distretto di Montebelluna si va specializzando nella realizzazione di scarponi da sci, senza smettere, tuttavia, di produrre le tradizionali scarpe da montagna. Al contrario, è proprio grazie a queste che Montebelluna riesce a raggiungere un momento di fama mondiale: nel 1954 la spedizione italiana guidata da Ardito Desio scala il K2 calzando scarponi Dolomite, ivi prodotti. Altri campioni contribuiscono alla promozione del distretto: con la famosa Master del calzaturificio Munari, Toni Sailer vince l’Olimpiade di Cortina, e con scarponi Nordica, Zeno Colò vince i campionati del mondo di discesa libera nel 1955. Nel 1956 a Cortina d’Ampezzo vengono organizzati i Giochi Olimpici invernali, che si dimostrano un importante canale di diffusione dello sci e richiamano l’attenzione di tutto il mondo, specialmente del mercato americano. È in questo periodo che si assiste al passaggio da una produzione ancora prettamente artigiana a modalità produttive sempre più su scala industriale.

Durante gli anni Sessanta, la domanda di scarponi da sci cresce molto rapidamente, passando dalle 180.000 paia del 1963 alle 700.000 paia nel 1969. Mentre le innovazioni che interessano la scarpa da montagna sono modeste, lo scarpone da sci - ormai primo attore del settore calzaturiero - conosce una stagione di importanti innovazioni. Nell’inverno 1964/’65 Bob Lange, un tecnico del Colorado, realizza uno scarpone tutto in plastica, facendo colare in uno stampo un tipo speciale di poliuretano.. I montebellunesi credono nella nuova tecnologia: Nordica perfeziona l’invenzione americana sostituendo la “colata”, che presentava alcuni problemi tecnici, con la tecnologia ad “iniezione”. L’introduzione della plastica richiede l’adozione di processi produttivi completamente diversi da quelli utilizzati fino ad allora. Si diffondono così tecniche organizzative tayloriste, aumenta la parcellizzazione del lavoro e l’introduzione di macchinari. Tuttavia, dati gli ingenti investimenti richiesti per la conversione tecnologica, non tutti i produttori credono nelle potenzialità dello scarpone in plastica, alcune aziende si lanciano quindi nella produzione di calzature alternative: scarpe da calcio, da ciclismo, da danza, da fondo, da

7 Comuni di Valdobbiadene, Pederobba, Monfumo, Cavaso del Tomba, Castelcucco, Cornuda, Fonte, Maser, Asolo, Altivole, Castello di Godevo, Castelfranco Veneto, Vedelago, Caerano, Montebelluna, Crocetta, Volpago, Trevignano, Istrana, Giavera del Montello, Nervosa, Arcade, Ponzano Veneto, Villorba e San Biagio di Callalta.

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I Distretti della Moda

114

ghiaccio, da tennis, da tempo libero. È la seconda diversificazione produttiva che segna l’inizio della fase del vero big bang del distretto industriale di Montebelluna.

L’innovazione introdotta dall’ uso di materie plastiche, la crescita di nuovi segmenti di mercato e di nuovi prodotti favoriscono la divisione del lavoro tra imprese capofila, specializzate nelle attività di progettazione e montaggio, e imprese di fase locali. Comincia così a formarsi un mercato locale della subfornitura e cresce il tasso di occupazione nelle piccole aziende. Negli anni Settanta, si assiste anche alla diffusione di nuove calzature doposci in materiale sintetico, che aprono molte opportunità sul piano imprenditoriale grazie all’impiego di tecnologie altamente industrializzate, alla possibilità di ampliare la gamma dei materiali e al design innovativo, che creano le premesse per lo sviluppo di nuovi segmenti nell’abbigliamento sportivo a forte contenuto moda. La fascia degli artigiani e dei terzisti, attivatasi con il modello produttivo precedente, ha così l’occasione per avviare una crescita imprenditoriale autonoma, dando vita ad una nuova fase di ampliamento e di intensificazione della maglia produttiva presente sul territorio.

Agli inizi degli anni ’80, la crisi economica incide sullo sviluppo degli investimenti ed il distretto registra una battuta d’arresto, penalizzato anche dall’aggressività di concorrenti internazionali, come Salomon negli scarponi da sci, Adidas e Nike nelle calzature da jogging e da tempo libero, che costringono i produttori montebellunesi a processi di ristrutturazione e di diversificazione del prodotto verso strutture organizzative più flessibili. Tale quadro sfavorevole è poi ulteriormente aggravato dalla contrazione della domanda di doposci dovuta alla presenza di inverni più miti. A risollevare le sorti del distretto torna però la pedula, il vecchio scarpone, che subisce una vera e propria metamorfosi: diventa più leggera e colorata rispetto alle severe scarpe da montagna, e viene ribattezzata scarpa da trekking. Nonostante ciò, è il pattino in linea a a divenire il prodotto top all’inizio degli anni Novanta, un’idea vecchia di decenni che improvvisamente esplode in tutto il mondo.

Fra le diversificazioni produttive vincenti acquista un posto significativo la scarpa da città: si assiste così ad un recupero dell’antica tradizione degli scarpieri montebellunesi. Casi esemplari del boom di questo comparto sono sicuramente i marchi Geox e Stonefly. Infine, non si può dimenticare l’abbigliamento sportivo, entrato a pieno titolo fra le produzioni di punta di molte aziende che cercano di diversificare ulteriormente la propria offerta. Nel corso degli anni Novanta, il distretto di Montebelluna assume caratteristiche spiccatamente internazionali in seguito all’acuirsi di due fenomeni: la delocalizzazione produttiva e l’arrivo delle multinazionali. In questi anni, infatti, le pressioni competitive sui costi si accentuano e spingono verso nuove strategie di rete: le imprese maggiori diventano gruppi che puntano a mantenere progettazione e logistica ancora in loco, ma decentrano all’estero buona parte delle lavorazioni industriali a minor valore aggiunto. Il processo delocalizzativo colpisce, però, duramente il segmento produttivo dei componenti. Sono le grandi e le medie imprese di marca che, cercando fattori competitivi all’estero, spingono i piccoli sub-fornitori a tentare la stessa strada. Si osservano così casi di aziende produttrici di componenti che seguono la grande impresa in paesi facilmente raggiungibili, come quelli dell’Est Europa. Oggi, la maglia calzaturiera montebellunese si estende nei paesi dell’Est Europa, principalmente in Romania, della costa nordafricana (Marocco e Tunisia) e del Sud America (Brasile). Contemporaneamente ai citati fenomeni di ristrutturazione del processo produttivo, si assiste all’ingresso nel territorio di multinazionali della calzatura che stabiliscono una loro sede nell’area distrettuale. Gruppi multinazionali come Adidas, Nike, Salomon, Rossignol, investono nel distretto alla ricerca di quelle competenze contestuali e di quei circuiti informativi locali che rappresentano veri e propri intangible assets, difficilmente riproducibili all’esterno dell’area.

Per quanto il distretto abbia aperto le sue frontiere a soggetti esterni, esso ha storicamente conservato in loco il patrimonio di conoscenza sviluppato nel corso dei decenni, mantenendo sul territorio le fasi di ideazione, progettazione, design e marketing. Innovazione e produzione, infatti, qui si sono sempre mosse all’unisono, ed è questa connessione strettissima tra le due fasi critiche del prodotto che costituisce il cuore del made in Montebelluna. Le recenti dinamiche di profonda deindustrializzazione del territorio hanno messo in allerta diversi attori dell’imprenditoria montebellunese, che si sono accorti dello scollamento in corso tra le due fasi cruciali del prodotto e che, in qualche caso, stanno provando a mantenere una piccola parte della produzione all’interno

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115

I Distretti della Moda

Figura 3.8.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

dell’area distrettuale per evitare di esaurire definitivamente l’humus creativo e l’atmosfera fertile che hanno fatto la storia del distretto.

Posizionamento qualitativo

Nelle due matrici qualitative da noi osservate il distretto dello Sportsystem di Montebelluna evidenzia un posizionamento a prima vista controverso. In particolare, nel raffronto con gli altri distretti del nostro studio, il distretto riporta valori tra i più alti nel macro-tema della strategia, mentre si posiziona molto in basso sull’asse della cooperazione tra le imprese; nella matrice di innovazione/internazionalizzazione Montebelluna torna, invece, a posizionarsi, insieme a Biella, nel quadrante più elevato, evidenziando quindi una collocazione che può sembrare anomala a prima vista, ma che è in realtà ben giustificata da quanto è emerso dalle interviste agli opinion leader locali, di cui approfondiremo il merito nel seguito.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

PugliaVicenza

Prato

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.8.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Dai colloqui con gli opinion leader del distretto dello Sportsystem emerge chiaramente che nel recente passato il legame delle imprese di riferimento con il territorio è andato progressivamente allentandosi. Le 10-15 imprese leader locali - tra le quali spiccano marchi di settore noti in tutto il mondo come Geox, Head, Rossignol, Tecnica, Asolo, Scarpa, Diadora, Lotto, Stonefly - hanno infatti realizzato nel corso degli anni ampie operazioni di de-localizzazione del ciclo produttivo, mantenendo sul territorio trevigiano soltanto le fasi di maggior interesse strategico, come la progettazione ed il marketing.

Ruolo guida delle imprese leader

Montebelluna

FermoMontappone

BellunoSanta Croce Biella

ValenzaVerona

Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 121: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

116

Figura 3.8.4 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Strategia

Non sono poche le aziende di Montebelluna che hanno saputo affermare uno o più brand, spesso divenuti marchi di fama mondiale nei rispettivi segmenti di mercato. Nel corso degli anni, sul territorio del distretto si sono inoltre insediate noti marchi esteri che hanno talvolta anche acquisito imprese locali con i propri brand storici.

Si è quindi sensibilmente allentato, di conseguenza, il rapporto di cooperazione e interdipendenza con i fornitori e i terzisti locali, figure che a loro volta - se non sono riuscite a riposizionarsi in attività fortemente specialistiche al servizio del ciclo produttivo dello sportsystem (come possono essere la campionatura ed alcune fasi di rifinitura) - sono andate sparendo. Il distretto è così passato da un sistema produttivo storicamente contraddistinto da un forte radicamento nella fornitura locale (e quindi contraddistinto da un elevato grado di interdipendenza tra grandi e piccole imprese), ad un sistema caratterizzato da reti di fornitura sempre più lunghe, sempre meno locali e sempre più globali.

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

MontebellunaFermoMontappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona

Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% Figura 3.8.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

In un contesto in così rapida evoluzione non è certo facile creare le condizioni affinché le imprese cooperino attivamente tra loro. Unindustria Treviso, che opera in qualità di ente di coordinamento del distretto di Montebelluna, riesce infatti ad espletare un efficace ruolo di rappresentanza e di coordinamento amministrativo del distretto, svolgendo egregiamente l’importante attività che consente l’accesso ai fondi regionali per il finanziamento di specifici progetti di distretto. Nonostante la qualità del lavoro svolto, non si può dire che l’ente di distretto riesca a portare la collaborazione tra le imprese su un livello più elevato, come potrebbe essere quello della creazione di una strategia di portata comune. Le imprese locali, infatti, dichiarano di sentire fortemente la concorrenza reciproca, ma molto meno la necessità di aggregarsi su temi che potrebbero essere utilmente affrontati creando una maggiore sinergia d’intenti.

Il distretto di Montebelluna è ampiamente riconosciuto per le sue imprese della calzatura e dell’accessorio sportivo ma, com’è noto, il sistema produttivo della ricca provincia di Treviso diversifica con successo in altri settori economici, consentendo di identificare lo Sportsystem soltanto come una delle componenti di un’economia locale, peraltro sempre meno propensa a produrre manufatti sul proprio territorio.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

MontebellunaFermo

MontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Valenza

Verona

Veneto ModaPuglia

Vicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 122: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

117

I Distretti della Moda

Figura 3.8.8 - Strategia – Propensione agli investimenti

Il forte legame tra impresa e famiglia che contraddistingue gli imprenditori di Montebelluna emerge anche quando si affrontano i temi del passaggio generazionale e della governance aziendale. Se, infatti, in molte delle imprese maggiori il passaggio di consegne alla generazione successiva è già avvenuto, o quantomeno è stato programmato, nelle medesime aziende non

Politiche di marca

FermoMontappone BellunoSanta Croce

Biella

ValenzaVerona Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Montebelluna

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.8.5 - Strategia – Politiche di marca

A Montebelluna da sempre si fa ricerca e innovazione di prodotto, in particolare nei segmenti a forte contenuto tecnico (come quello dello scarpone da sci), ma anche nei diversi segmenti della calzatura sportiva, ove è sempre più necessario supportare il prodotto di massa con adeguate strategie ed investimenti nel marketing.

Strategie di sviluppo (prodotto/marketing)

Montebelluna

FermoMontappone BellunoSanta Croce BiellaValenza Verona Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.8.6 - Strategia – Strategie di sviluppo

Le imprese maggiori, essendo spesso tra i leader a livello mondiale nel proprio segmento, mostrano un forte orientamento al mercato e molto spesso la capacità di anticipare ed orientare le tendenze del settore.

Orientamento al mercato

MontebellunaFermoMontappone

BellunoSanta Croce BiellaValenzaVerona Veneto ModaPugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.8.7 - Strategia – Orientamento al mercato

In termini di propensione all’investimento gli imprenditori locali, secondo quanto riportato dagli opinion leader da noi incontrati, hanno manifestato storicamente un forte orientamento ad investire con regolarità nel patrimonio della propria azienda, soprattutto nei casi di imprese di dimensioni maggiori. Questa tendenza, con l’avvento della recente crisi globale, pare si sia un po’ allentata, pur rimanendo un tratto caratteristico dell’imprenditoria locale, che resta fortemente attaccata all’impresa di famiglia.

Propensione agli investimenti

MontebellunaFermo Montappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza

Verona Veneto ModaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Page 123: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

I Distretti della Moda

118

Figura 3.8.10 - Innovazione – Propensione all’innovazione

In un territorio che storicamente ha basato il proprio successo sulla capacità di riposizionarsi dalle produzioni tradizionali di qualità a produzioni di volta in volta all’avanguardia per contenuto tecnico e contenuto moda, non sono poche le imprese del distretto che, con un ulteriore sforzo creativo, hanno saputo re-inventare il prodotto o addirittura il segmento di mercato in cui operano. Va tuttavia detto che il percorso di riposizionamento attualmente in corso a Montebelluna sia vissuto dalle imprese in forma strettamente individuale, anche se si tratta di un fenomeno in una certa misura diffuso tra gli attori del territorio.

In termini di collaborazioni con il mondo dell’università e della ricerca vengono riferiti frequenti rapporti di cooperazione – prevalentemente su base individuale – con le università locali, ma anche con istituti fuori regione come ad esempio con il Politecnico di Milano e con l’Università di Napoli.

D’altra parte l’area dello Sportsystem veneto - grazie alla notorietà dei propri brand ed al respiro internazionale che alcune delle sue imprese maggiori sono in grado di garantire - sta divenendo un interessante polo di attrazione per competenze tecniche e manageriali esterne: in particolare, le grandi imprese locali sembra stiano riuscendo ad attrarre top manager stranieri e tecnici qualificati provenienti da altre parti d’Italia. Allo stesso tempo anche le risorse meno profilate

appare altrettanto diffusa la propensione alla piena delega manageriale, che avviene soltanto in alcuni casi e non sempre fino al livello del top management, anche nelle imprese più strutturate.

Infine rileviamo che - in un territorio evolutosi rapidamente dal modello tipico del distretto industriale verso modelli aziendali autonomi configurati come piattaforme produttive multi-localizzate - i pochi terzisti rimasti si sono evoluti seguendo le esigenze delle imprese leader che oggi richiedono competenze specifiche ed elevata flessibilità in sostituzione della capacità di fare volumi richiesta in precedenza. I terzisti attuali operano quindi su base prevalentemente locale, concentrandosi su attività come la campionatura, la rifinitura o la componentistica di prodotto.

Apertura del portafoglio clientela dei terzisti

Montebelluna

FermoMontapponeBelluno Santa Croce

Biella

ValenzaVerona

Veneto Moda

Puglia

VicenzaPrato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.8.9 - Strategia – Apertura portafoglio terzisti

Innovazione

Secondo quanto indicato dagli opinion leader da noi incontrati, gli investimenti in ricerca e innovazione stilistica vengono effettuati a prescindere dalla dimensione d’impresa, e addirittura sembra che spesso siano le imprese minori ad essere più aggressive in questo senso, dovendosi differenziare per emergere. In particolare, gli investimenti maggiori in innovazione sono effettuati dai produttori di scarpe sportive e da passeggio, più che dai produttori di calzature tecniche.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Montebelluna

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Page 124: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

119

I Distretti della Moda

Figura 3.8.13 - Internazionalizzazione – Quota export

Come abbiamo visto, il distretto è noto a livello internazionale per i brand di numerose imprese qui localizzate che, non di rado, sono tra i leader di mercato dei rispettivi segmenti di mercato.

vengono spesso acquisite dal mercato. Ciò non toglie che nella zona del distretto esistano ottime scuole tecniche, e che le aziende creino percorsi formativi interni per far fronte a necessità di personale sempre più qualificato.

Attrazione di competenze esterne

Montebelluna

FermoMontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Valenza

Verona Veneto Moda

PugliaVicenza Prato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.8.11 - Innovazione – Attrazione di competenze esterne

In tema di tutela della proprietà intellettuale l’attività di brevettazione assume grande importanza nei segmenti a più elevato contenuto tecnico ove, però, vista la velocità dell’evoluzione, è rapida anche l’obsolescenza del valore delle idee protette. Per quanto riguarda, invece, il deposito di marchi sono numerosi i brand depositati a livello nazionale e internazionale, anche dalle imprese minori.

Diritti di proprieta' intellettuale (modelli di utilità, disegno industriale, marchio)

Fermo

Montappone BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVerona Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Montebelluna

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.8.12 - Innovazione – Diritti della proprietà intellettuale

Infine, in tema di gestione della logistica, secondo quanto riportato dagli intervistati, questo ambito risulta condotto direttamente dalle singole aziende o in collaborazione con i rispettivi spedizionieri esterni di fiducia.

Internazionalizzazione

La quota export ufficialmente dichiarata dai referenti del distretto dello Sportsystem di Montebelluna si aggira intorno al 40% del fatturato delle imprese di settore.

Quota export del distretto

FermoMontapponeBelluno

Santa Croce BiellaValenza

Verona Veneto ModaPuglia VicenzaPrato

Montebelluna

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Page 125: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.8.16 - Internazionalizzazione – Attività a sostegno dell’export per le PMI

Posizionamento economico-finanziario

Il campione di imprese che rappresenta il distretto dello Sportsystem Montebelluna conta 81 realtà produttive, per un fatturato complessivo nel 2009 pari a poco più di 2 miliardi di euro. L’aggregato evidenzia risultati modesti sia in termini di performance, misurata come crescita media del fatturato (+0,9% annuo) sia in termini di marginalità operativa lorda (5,6% l’Ebitda medio). Tale performance vede lo Sportsystem veneto in posizione svantaggiata se raffrontato con il distretto calzaturiero Fermano-Maceratese, solo in parte assimilabile a Montebelluna per quanto riguarda la produzione di scarpe per il tempo libero e da città.

Notorietà internazionale del distretto

FermoMontappone

BellunoSanta Croce BiellaValenza

Verona Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

Montebelluna

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.8.14 - Internazionalizzazione – Notorietà internazionale

Come già emerso, il distretto trevigiano della calzatura sportiva registra ormai da tempo una diffusa propensione ad operazioni di de-localizzazione e di multi-localizzazione produttiva nei paesi ove il costo del lavoro è più competitivo, con il solo mantenimento delle funzioni aziendali strategiche all'interno delle proprie sedi localizzate nel distretto, ormai sempre meno produttivo e sempre più piattaforma logistico-direzionale.

Multi-localizzazione produttiva

Fermo

Montappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona

Veneto ModaPuglia

VicenzaPrato

Montebelluna

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.8.15 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

In un contesto di questo genere sono numerose le imprese che ricercano sistematicamente opportunità di cooperazione commerciale e produttiva in aree di particolare interesse strategico, prediligendo la forma della joint-venture nel caso di attività produttive, mentre è preferito l’accordo commerciale o l’apertura di filiali dirette quando si tratta di espandere i mercati di vendita.

Infine, oltre ad esportare seguendo strategie e canali commerciali autonomi, le PMI del distretto partecipano ad attività promozionali di supporto istituzionale, come missioni commerciali e fiere di settore all’estero organizzate dalle associazioni di categoria nazionali e da Unindustria Treviso, mostrando in ogni caso un modesto grado di interesse e coinvolgimento.

Attività a sostegno dell'export per le pmi

Montappone BellunoSanta Croce

BiellaValenza Verona

Veneto Moda

PugliaVicenza

Prato

Montebelluna

30% 40% 50% 60% 70%

I Distretti della Moda

120

Page 126: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.8.17 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Tra le imprese che costituiscono il campione rappresentativo della realtà del distretto (costituito dalle sole società di capitali di cui sono reperibili i dati di bilancio), la maggior parte (il 64%) sono piccole realtà con fatturati inferiori ai 10 mln €. Sono, però, le imprese di medie dimensioni (quelle con fatturati compresi tra i 10-50 mln €) a riportare i risultati migliori, in particolare in termini di marginalità lorda. Allo stesso tempo, le poche imprese di grandi dimensioni (il 14% del campione) si dimostrano più vivaci in termini di crescita dei fatturati.

PERFORMANCE - Distretto SportsystemFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 26.601 5,6% 0,9% 81 100% 15 19%Mediana 4.918 6,4% -2,0%

- Grandi imp. fatt. 50 mln./€ 140.523 4,1% 2,8% 11 14% 3 27% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 22.916 10,5% -4,6% 18 22% 5 28% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 3.778 5,1% -0,0% 52 64% 7 13%

Fatturato complessivo 2.154.690

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Tabella 3.8.1 - Dati di performance del campione

Il fatturato complessivo del campione segue un andamento altalenante toccando il valore massimo nel 2008, per poi degradare significativamente nel 2009, anno nel quale questo torna ai livelli del 2005. A riguardo, sono le imprese di medie dimensioni a sperimentare il calo maggiore di fatturato nel periodo considerato.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza

Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

121

I Distretti della Moda

Page 127: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Il margine operativo lordo medio riportato dalle imprese del distretto evidenzia un costante trend di erosione che porta l’indice dal 6,8% del 2005 al 4,2% del 2009.

TREND FATTURATO1

100

109 109

115

103

90

95

100

105

110

115

120

2005 2006 2007 2008 2009

EBITDA MGN

6,3%5,6%

5,1%4,2%

6,8%

0,0%1,0%

2,0%3,0%

4,0%5,0%

6,0%7,0%

8,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.8.19 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

1 Valori su base 100 anno 2005

Distretto Sportsystem Distretto Sportsystem

Figura 3.8.18 - Dinamica della performance nel periodo 2005 -2009

In termini di efficienza nell’impiego del capitale umano e finanziario, il campione di distretto evidenzia risultati poco brillanti rispetto alla maggioranza degli altri distretti da noi analizzati. È, infatti, possibile notare che il ROI medio di periodo per lo Sportsystem è pari a meno della metà di quello riportato dal distretto di Fermo (il più vicino per specializzazione produttiva) a fronte di un indice di produttività delle risorse umane pari a 8.000 euro per dipendente rispetto ai 27.000 euro dei produttori fermano-maceratesi. L’indice di produttività medio del campione subisce negli anni un brusco calo, passando dai 11.200 euro per dipendente del 2005 ai 2.800 euro del 2009, a causa del crollo dei margini reddituali. Analogamente, il ROI medio subisce una contrazione altrettanto evidente arrivando ad un modesto 1,4% nel 2009.

I Distretti della Moda

122

Page 128: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.8.20 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005 -2009

Anche la sostenibilità finanziaria del distretto nel suo complesso non risulta un punto di eccellenza nel raffronto con il quadro degli altri distretti, ed in particolare con il più virtuoso distretto calzaturiero marchigiano. La modesta marginalità media espressa dalle imprese locali nel periodo osservato si riflette in una maggior vulnerabilità nella capacità di ripagare lo stock di debito accumulato, misurato dal rapporto tra Posizione Finanziaria Netta ed Ebitda.

EFFICIENZA - Distretto SportsystemEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 8 4,0% 100% 15 19%Mediana 7 4,5%

- Grandi imp. 50 mln./€ 6,6 3,1% 14% 3 27% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 16,5 7,0% 22% 5 28% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 4,1 2,9% 64% 7 13%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Tabella 3.8.2 - Dati di efficienza del campione

EBIT/DIP2

11,6 11,9

2,8

7,2

9,4

0

2

4

6

8

10

12

14

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Sportsystem

ROI

3,4%

1,4%

5,6% 5,5%

4,5%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Sportsystem

123

I Distretti della Moda

Page 129: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.8.22 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005 -2009

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

(posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto SportsystemPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 4,4 1,2 100% 15 19%Mediana 3,5 1,7

- Grandi imp. fatt. 50 mln./€ 6,1 1,4 14% 3,0 27% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 2,2 0,8 22% 5,0 28% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 4,5 1,5 64% 7,0 13%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

Tabella 3.8.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

D/E

1,21,1

1,2

1,3

1,2

1,1

1,1

1,2

1,2

1,3

1,3

1,4

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Sportsystem

PFN/EBITDA

3,23,7

4,35,1

6,4

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Sportsystem

La leva finanziaria (D/E) si mantiene piuttosto stabile ed equilibrata nel periodo considerato.È, infatti, la contrazione dei fatturati e, soprattutto, della marginalità lorda a tradursi in un generalizzato deterioramento del livello di sostenibilità finanziaria per le imprese del distretto, anche se le aziende di medie dimensioni sembrano riuscire a contenere meglio l’erosione dei margini economici di quanto non facciano le imprese delle altre fasce dimensionali.

Figura 3.8.21 - Sostenibilità finanziaria media di periodo

I Distretti della Moda

124

Page 130: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In conclusione è interessante osservare l’aspetto relativo al livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Tale indice evidenzia un miglioramento nel periodo compreso tra il 2007 e il 2009, portandosi ad un livello medio pari al 31%. Secondo l’analisi dei bilanci del 2009, è possibile rilevare che circa il 41% delle imprese del campione risulta, però, sottocapitalizzata, con un deficit complessivo di distretto che ammonta a circa 29 milioni di euro. Il 51% delle imprese dello Sportsystem di Montebelluna presenta comunque una capitalizzazione adeguata, mentre una piccola fetta, pari al 9% di esse, è addirittura caratterizzata da una capitalizzazione più che adeguata con 3 milioni di euro da investire potenzialmente già nell’immediato. Da notare che, in termini dimensionali, sia le aziende “sottocapitalizzate” che quelle “sovra-capitalizzate” sono quelle più piccole.

Equity/Tot Attivo

30%

31%

28%28%28%

25%

26%

27%

28%

29%

30%

31%

32%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Sportsystem

Capitalizzazione imprese(% su tot)

40,7%

50,6%

8,6%

Distretto Sportsystem

Carente Adeguata Più che adeguata

+3.0 Mio€

-28.6 Mio€

4,7 Mio€

Fatturato mediano Equity

7,1 Mio€

4,9 Mio€

Figura 3.8.23 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

125

I Distretti della Moda

Page 131: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In sintesi

Dalla voce degli operatori dello Sportsystem di Montebelluna emerge che il legame delle imprese leader con il territorio si sia progressivamente indebolito, riflettendosi in un basso grado complessivo di cooperazione. Ciò deriva dalle frequenti attività di de-localizzazione messe in atto dall’imprenditoria locale. Di conseguenza, le reti di fornitura del distretto hanno assunto un respiro di carattere sempre più transnazionale.

In un contesto così dinamico, Unindustria Treviso, ente deputato al coordinamento del distretto, fatica a promuovere un’efficace strategia comune, pur svolgendo un lodevole lavoro in termini di promozione e rappresentanza dello Sportsystem montebellunese. Le difficoltà incontrate in tema di governance del distretto derivano dalla forte impronta individuale che le imprese leader danno alle proprie strategie e dall’elevato livello di concorrenza che esiste tra queste, fattori che evidentemente limitano di molto le possibilità di sviluppare progetti di cooperazione.

Dal punto di vista strategico, lo Sportsystem di Montebelluna risulta – secondo le indicazioni degli opinion leader locali – tra i distretti più evoluti da noi visitati. Non sono poche, infatti, le imprese più grandi che hanno saputo creare e affermare sul mercato dei brand di fama anche globale nei rispettivi segmenti. Ciò grazie alla capacità dimostrata nel saper accompagnare investimenti in ricerca e innovazione di prodotto allo sviluppo di efficaci strategie di marketing.

In tema di governance d’impresa, sebbene non poche imprese abbiano effettuato un passaggio generazionale o l’abbiano programmato, la propensione alla delega manageriale rimane molto limitata anche nei gruppi più strutturati, sottolineando l’esistenza di un capitalismo ancora a forte base familiare.

L’innovazione è da sempre stata prerogativa delle imprese montebellunesi grazie anche alle peculiarità del prodotto stesso. Interessante notare che talvolta sono le PMI ad essere più aggressive delle grandi imprese in termini di propensione all’innovazione.

È possibile affermare che nel suo complesso il distretto abbia saputo, a più riprese, riposizionarsi complessivamente sotto il profilo strategico. Tali fenomeni non sono tuttavia imputabili ad un’azione programmata e coordinata dall’alto, bensì a percorsi evolutivi intrapresi autonomamente dalle singole aziende, ancorché diffusi a macchia di leopardo tra gli attori locali.

A differenza di molti dei distretti da noi incontrati, secondo gli addetti ai lavori locali, lo Sportsystem di Montebelluna dimostra volontà e capacità di attrarre competenze specialistiche e manageriali dall’esterno. Ciò non toglie che le aziende sviluppino percorsi formativi interni per far fronte a necessità di personale sempre più qualificato in linea con le loro esigenze specifiche.

Dato l’elevato tasso di innovazione tecnica e stilistica sviluppato dalle imprese dello Sportsystem, si registra qui un ricorso a strumenti di protezione della proprietà intellettuale (brevettazione e registrazione di marchi) ben più importante che negli altri distretti incontrati nel corso del nostro viaggio.

Il distretto di Montebelluna è caratterizzato da uno spiccato orientamento internazionale misurato con chiarezza anche dalla nostra indagine, pur a dispetto di una quota export dichiarata ufficialmente pari solo al 40% dei fatturati. In particolare, emerge una diffusa propensione alla de-localizzazione e alla multi-localizzazione produttiva, attivata dalla maggioranza delle imprese leader e dalle multinazionali insediate sul territorio. Le imprese dello Sportsystem, infatti, sono costantemente alla ricerca di opportunità di cooperazione produttiva e commerciale che le rende di fatto operatori effettivamente globali.

I Distretti della Moda

126

Page 132: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Il distretto dello Sportsystem di Montebelluna evidenzia una performance economico-finanziaria sensibilmente intaccata dalla recente dinamica congiunturale. La generalizzata erosione dei margini reddituali si traduce, infatti, in un deterioramento sia degli indici di efficienza che di sostenibilità finanziaria.

Le imprese di medie dimensioni sembrano aver retto meglio i colpi della crisi, facendo registrare dati reddituali e finanziari più stabili rispetto alla media complessiva delle imprese del distretto.

Dal punto di vista della capitalizzazione va detto che il 41% delle imprese locali risulta sottocapitalizzata, mentre soltanto il 9% delle imprese del campione mostra una capitalizzazione più che adeguata.

127

I Distretti della Moda

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3.9 Distretto Veneto Sistema Moda

Il distretto Veneto Sistema Moda nasce nel 2004 raggruppando 183 aziende operative nei diversi segmenti del settore moda, dislocate in quasi tutte le province venete, seppur prevalentemente localizzate nel trevigiano e nel vicentino. Come noto, l’industria della moda, con le sue differenti specializzazioni produttive, è una tra le attività economiche che maggiormente contribuiscono al valore aggiunto della regione Veneto, con attività industriali polverizzate in molteplici bacini locali. Una caratteristica, quest’ultima, che differenzia l’aggregato in questione dall’accezione più classica di “distretto industriale” – mancando della condizione tipica della forte concentrazione territoriale – e che gli fa assumere, invece, le caratteristiche di quello che viene definito un “meta-distretto”.

Per quanto riguarda la specializzazione settoriale, il sistema moda veneto comprende prevalentemente il settore tessile-abbigliamento, tenendo tuttavia presente che il primo è meno significativo sul totale delle attività. Sono compresi nell’aggregato di settore anche prodotti accessori ed ausiliari in una filiera che si completa con commercianti ed intermediari specializzati nonché con imprese di servizi avanzati dedicati, quali studi di design, stilisti e quant’altro a supporto del prodotto e del mercato.

Il tessuto produttivo dell’abbigliamento veneto risulta fortemente eterogeneo anche in termini dimensionali: si riscontra, infatti, una polarizzazione tra imprese piccole-piccolissime e imprese medio-grandi, che ha promosso la creazione nel tempo di una rete di rapporti e scambi continui, capaci di apportare contributi di innovazione e competitività all’intero sistema. A livello territoriale troviamo importanti realtà produttive come Benetton, Stefanel, Fashion Box, Lotto e Diadora distribuite sul territorio dell’ intera provincia di Treviso, mentre nel Vicentino, in un’area più circoscritta, è possibile individuare una forte concentrazione di imprese del settore, tra cui spiccano grandi nomi come Marzotto e Diesel.

La propensione all’export delle imprese venete della moda è forte e fonda i suoi successi sull’elevata qualità di prodotto, a sua volta frutto di una cultura imprenditoriale basata sul “saper fare”. Per questa ragione, non di rado, il cliente estero predilige intrattenere un rapporto fiduciario diretto con il produttore, concludendo volentieri gli acquisti in Italia. Nonostante ciò, le imprese più grandi ed evolute del distretto si servono di una rete di vendita localizzata nei mercati di destinazione, costituendo in qualche caso anche delle joint-venture con partner locali. La propensione ad essere presenti nei mercati esteri è dettata dalla forte attenzione al cliente che da sempre contraddistingue le imprese venete dell’abbigliamento, capaci di carpire ed assorbire rapidamente l’evoluzione dei gusti e le esigenze del mercato. Ed è in tale contesto che, nel corso degli ultimi anni, si sono diffusi a macchia d’olio tra le imprese venete della moda fenomeni più o meno evoluti di de-localizzazione e di multi-localizzazione produttiva. Tali fenomeni sono stati governati dagli imprenditori mantenendo sempre sul territorio le fasi cruciali del design, del controllo di qualità e del marketing e facendo leva sia su competenze storiche che su nuove professionalità che il territorio ha saputo esprimere.

Attualmente il sistema moda veneto si trova in una fase delicata del suo sviluppo: da un lato, le imprese leader e le relative filiere di appartenenza si sono rafforzate ed hanno accresciuto la propria competitività sia sui mercati interni che su quelli esteri, dall’altro, molte imprese minori hanno cessato la propria attività, perché non più in grado di sostenere la concorrenza dei Paesi emergenti. La chiusura di queste ha creato, come in un processo di reazione a catena, non poche difficoltà agli altri anelli della filiera, che non riescono a reperire più così facilmente fornitori sul territorio e sono quindi costretti ad affacciarsi su nuovi mercati per poter proseguire la loro attività. Questo fenomeno, accelerato dalla crisi economica internazionale, ha innescato una profonda ristrutturazione del modello di business nel settore moda veneto e delle sue dinamiche, fattore che nel medio periodo tenderà ad escludere dal mercato aziende non più in grado di competere con le produzioni globali, non solo in termini di prezzo, ma anche dal punto di vista dei contenuti di prodotto.

I Distretti della Moda

128

Page 134: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Posizionamento qualitativo

L’aggregato di imprese denominato Veneto Sistema Moda si posiziona nel quadrante dei distretti più virtuosi in entrambe le matrici qualitative previste dal nostro metodo di analisi. In particolare, nel raffronto con gli altri distretti protagonisti dello studio, Veneto Moda riporta i valori più elevati sull’asse della strategia e si posiziona bene anche nella valutazione del livello di cooperazione tra gli attori del territorio. Nondimeno, i risultati aggregati sugli assi che misurano i livelli di innovazione e di internazionalizzazione fanno ricadere il distretto nel quadrante dei più virtuosi anche in questa matrice, come risultanza di diversi punti di forza sui quali avremo modo di fare approfondimenti nel seguito.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.9.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Dagli incontri effettuati con gli opinion leader del distretto Veneto Sistema Moda – aggregato pluri-settoriale e meta-territoriale che assimila imprese ascritte anche ad altri distretti della Regione Veneto – emerge che negli anni più recenti il legame delle imprese leader con i rispettivi territori è andato progressivamente allentandosi. Diverse di queste, tra le quali spiccano i più importanti gruppi industriali del settore moda-persona veneto, in molti casi hanno impostato il proprio modello industriale su base multi-localizzata, mantenendo in Italia le fasi di carattere strategico (progettazione, marketing, commerciale, finanza) e rendendo sempre più blando il rapporto storico con i fornitori sul territorio di origine. In altri casi le imprese leader hanno, invece, mantenuto vivaci rapporti con la filiera abbigliamento-moda di qualità presente sul territorio.

Ruolo guida delle imprese leader

Veneto Moda

FermoMontappone Belluno

Santa Croce BiellaValenzaVerona

Montebelluna PugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

129

I Distretti della Moda

Page 135: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.5 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Nel corso degli ultimi 15-20 anni il sistema moda veneto si è infatti modificato profondamente: da un apparato produttivo ad elevato grado di interdipendenza tra grandi e piccole imprese – basato su intensi rapporti di cooperazione con la fornitura di qualità ed il terzismo locale – questo si è evoluto in un sistema caratterizzato da reti di fornitura perfettamente globali, che si integrano con le eccellenze produttive locali.

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

Veneto ModaFermo Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona

MontebellunaPuglia

Vicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.9.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

Estensione delle reti di imprese

Veneto ModaFermo

MontapponeBellunoSanta Croce

Biella Valenza

Verona

MontebellunaPuglia VicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.9.4 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

La responsabilità del coordinamento di questo distretto, che mette assieme raggruppamenti settoriali e territoriali di origine diversa, fa capo a Unindustria Treviso. La mancanza di un vero e proprio radicamento storico e territoriale del distretto Sistema Moda Veneto non facilita il compito a chi dovrebbe creare le condizioni per la cooperazione. Nonostante ciò, recentemente tra le imprese sta crescendo la consapevolezza della necessità di fare squadra per affrontare con maggior efficacia temi di interesse comune. In questo momento gli organismi di distretto riescono, infatti, ad espletare un efficace ruolo di rappresentanza e di coordinamento amministrativo, anche in ottica di accesso ai fondi regionali per il finanziamento di specifici progetti. Ciò detto, non si può tuttavia affermare che l’ente sia ad oggi in grado di pianificare ed attuare programmi strategici di portata comune.

Se molte delle imprese ascritte al distretto sono ampiamente riconosciute dal mercato e contribuiscono in termini aggregati in modo significativo al PIL regionale, la natura meta-distrettuale e l’ampia estensione territoriale del Sistema Moda Veneto non consentono certo di identificare l’economia del territorio con l’aggregato settoriale, come avviene invece per i ben più storici e radicati sistemi economici locali incontrati nel corso del nostro viaggio tra i distretti italiani del settore.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

Veneto ModaFermo Montappone

Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona

MontebellunaPuglia

Vicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

I Distretti della Moda

130

Page 136: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.8 - Strategia – Orientamento al mercato

In termini di propensione all’investimento gli imprenditori locali, soprattutto nei casi di imprese di dimensioni maggiori, dichiarano di essere fortemente orientati ad investire nel patrimonio della propria azienda. A detta degli opinion leader incontrati, qui si mette in azienda “fino all'ultimo centesimo” perché l’imprenditore crede profondamente nelle capacità di successo delle proprie idee mettendo in atto una vera e propria cultura dell’investimento.

Strategia

Non sono poche le aziende del distretto Veneto Sistema Moda che hanno affermato uno o più brand di fama mondiale nei rispettivi segmenti di mercato. Benetton, Diesel, Marzotto, Lotto, Stefanel, Gas, Marina Yacting sono solo alcuni dei marchi espressi dall’aggregato Sistema Moda Veneto, ma al fianco di queste imprese leader opera una miriade di confezionisti e di terzisti unbranded di qualità che producono sia per loro sia per molte altre realtà di marca nazionali ed internazionali. Tra gli unbranded troviamo anche specialisti d’eccellenza che lavorano in conto terzi per le grandi piattaforme internazionali del lusso e altri che stanno cercando di evolversi in produttori autonomi con un portafoglio di marchi in licenza.

Politiche di marca

Veneto ModaFermoMontappone BellunoSanta Croce

Biella

ValenzaVeronaMontebellunaPuglia VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.9.6 - Strategia – Politiche di marca

Qualità, ricerca e innovazione di prodotto sono i punti di forza delle produzioni moda venete. L'innovazione di prodotto e la capacità di creare contenuti moda sono caratteristiche fondamentali delle imprese venete del settore. Ciò non toglie che le aziende più piccole non appaiano ancora in condizione di attuare strategie autonome di marketing.

Strategie di sviluppo (prodotto/marketing)

Veneto Moda

FermoMontapponeBellunoSanta Croce BiellaValenza Verona

MontebellunaPugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.9.7 - Strategia – Strategie di sviluppo

L’orientamento al mercato delle imprese moda del Veneto è molto forte. Queste in molti casi sono tra i leader a livello mondiale nei rispettivi segmenti di mercato, ed in questa posizione hanno senz’altro sviluppato una notevole capacità di anticipare le tendenze moda nei propri mercati di riferimento, ben più che in molti altri distretti da noi incontrati.

Orientamento al mercato

Veneto ModaFermoMontappone

Belluno Santa Croce BiellaValenzaVerona MontebellunaPugliaVicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

131

I Distretti della Moda

Page 137: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.11 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Il Sistema Moda Veneto ha basato il successo di molte delle sue imprese d’eccellenza sulla capacità di riposizionare il business tradizionale verso i modelli delle piattaforme commerciali e logistiche più evolute, mettendosi così in grado di proporre al grande pubblico i contenuti fashion che si aspetta dalla marca preferita. La capacità di adeguarsi alle tendenze del mercato e di rifocalizzarsi su fasce di mercato a più elevato premium price sono state la stella polare del successo di molte imprese venete del settore moda. Percorsi individuali in molti casi e ancora incompiuti, ma dei quali – vista la diffusione e la portata – non si può dire che non abbiano

Propensione agli investimenti

Veneto ModaFermo Montappone

BellunoSanta CroceBiella

ValenzaVerona MontebellunaPugliaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.9.9 - Strategia – Propensione agli investimenti

Contraddittorie sembrano invece le indicazioni che arrivano in tema di passaggio generazionale e governance. Se, infatti, in molte delle imprese maggiori il passaggio di consegne alla generazione successiva è stato perlomeno programmato, la delega manageriale non sembra essere una pratica che suscita generale consenso tra gli imprenditori: in molti casi la dimensione aziendale rende indispensabile la delega, ma anche nelle decisioni operative l’intervento della famiglia pare sia ancora molto spesso una condizione imprescindibile.

In un tessuto produttivo che si è evoluto quasi integralmente verso il modello delle piattaforme commerciali internazionali, i terzisti rimasti a tutt’oggi sulla piazza sono le eccellenze qualitative della categoria, operatori che hanno perso la loro connotazione prettamente locale per essere al contempo in grado di servire le imprese leader del territorio al pari dei sofisticati colossi mondiali del lusso.

Apertura del portafoglio clientela dei terzisti

Veneto Moda

FermoMontapponeBelluno Santa Croce

Biella

ValenzaVeronaMontebelluna

Puglia

VicenzaPrato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.9.10 - Strategia – Apertura portafoglio terzisti

Innovazione

Dalle indicazioni degli opinion leader incontrati, nel Sistema Moda Veneto gli investimenti in ricerca e innovazione stilistica vengono effettuati con regolarità dalle imprese maggiori ma anche da molte PMI e imprese di dimensione artigiana. Queste ultime hanno, infatti, compreso quanto questo sia ormai un fattore critico essenziale per competere a livello globale, aggiungendo – ciascuno per la propria quota di competenza – contenuti di reale differenziazione alle produzioni che la filiera propone al mercato.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona MontebellunaPuglia

VicenzaPrato

Veneto Moda

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

I Distretti della Moda

132

Page 138: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.13 - Internazionalizzazione – Quota export

8 Dati Osservatorio Regionale Sistema Moda Veneto – Il comparto dell’abbigliamento (a cura del CREI). Quota esportazioni/fatturato anno 2004 pari al 43,2%.

generato un fenomeno di riposizionamento complessivo del sistema produttivo di settore, non certo comune tra i distretti coinvolti nel nostro progetto.

Tradizione e riposizionamento

Veneto ModaFermo

MontapponeBelluno Santa CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna PugliaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.9.12 - Innovazione – Tradizione e riposizionamento

I fenomeni di collaborazione con il mondo dell’università e della ricerca sono senz’altro diffusi e talvolta sfociano in vere e proprie partnership stabili tra atenei di prestigio e singole realtà imprenditoriali, con interessanti risvolti di carattere operativo. Tali fenomeni rimangono tuttavia prevalentemente legati all’iniziativa individuale e non sembrano trovare, al momento, efficaci modalità di coordinamento a livello di strategie distrettuali.

I grandi gruppi del Sistema Moda Veneto, grazie alla notorietà dei propri marchi ed alle opportunità di carriera internazionale che possono offrire ai giovani talenti, sono un polo di attrazione per professionisti e manager della fashion industry, ma nelle numerose realtà della piccola e media impresa veneta spesso si preferisce ancora investire nella formazione interna di personale qualificato di provenienza locale da fidelizzare.

In tema di tutela della proprietà intellettuale è rilevante l’attività di deposito di brand a livello sia nazionale che internazionale come forma di difesa dai fenomeni di contraffazione che colpiscono prontamente quando arriva il successo di mercato. Risulta invece poco praticata la strada della brevettazione di specifiche lavorazioni o processi produttivi in quanto ritenuti strumenti scarsamente tutelanti in rapporto ai costi da sostenere.

Nel Veneto dei grandi marchi delle piattaforme multi-locali dell’abbigliamento informale, l’attività logistica è gestita in maniera evoluta, ma assolutamente individuale dalle imprese più grandi. Al contrario, le realtà minori operano in collaborazione con spedizionieri esterni o con specialisti nazionali della logistica integrata per il settore (es. Movimoda), senza che si siano tuttavia sviluppati fenomeni di cooperazione su base territoriale.

Internazionalizzazione

Secondo i dati disponibili, la quota export del Sistema Moda Veneto supera il 40% del volume d’affari complessivo delle imprese del comparto abbigliamento, un valore che varia notevolmente tra imprese di grandi dimensioni (che arrivano al 50% di export) e PMI (che superano a malapena il 20% di export) 8.

Quota export del distretto

FermoMontapponeBelluno

Santa Croce Biella ValenzaVerona MontebellunaPuglia Vicenza

Prato

Veneto Moda

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

133

I Distretti della Moda

Page 139: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.15 - Internazionalizzazione – Interazione partner esteri

Infine, oltre ad esportare seguendo canali commerciali autonomi, le PMI del distretto veneto, si appoggiano occasionalmente alle attività organizzate a supporto all’export – quali missioni commerciali e fiere estere di settore realizzate in ambito istituzionale locale e nazionale – con alterni livelli di interesse e di partecipazione.

Posizionamento economico-finanziario

Con le sue 95 aziende, il campione rappresentativo del Distretto Veneto Sistema Moda è la realtà tra quelle da noi prese in esame che mostra il più elevato fatturato complessivo nel 2009 (oltre 5 miliardi di euro). Nel periodo 2005-2009 la performance del distretto veneto, se raffrontato alla totalità degli altri territori in esame, risulta buona sia in termini di crescita del volume d’affari (+2,3% in media all’anno), che in termini di margini operativi lordi (vicini all’8% di media), valori che appaiono allineati con quelli della gran parte degli altri distretti incontrati.

Come abbiamo visto, sono molti i brand moda di imprese localizzate in Veneto ad essere ben noti a livello internazionale. Se, però, questi marchi all’estero vengono senz’altro ricondotti alla creatività e alla qualità del Made in Italy, non altrettanto immediato è il collegamento che fa il consumatore internazionale tra la marca e il territorio veneto. Più attenti sono, invece, gli operatori professionali esteri che ben sanno di potersi rivolgere con fiducia alla schiera di terzisti di qualità che mette a disposizione il sistema produttivo locale per soddisfare le esigenze delle piattaforme internazionali della moda.

Come detto, il Sistema Moda Veneto vede ormai da tempo una diffusa propensione ad operazioni di de-localizzazione e di multi-localizzazione produttiva, pur nel mantenimento delle funzioni aziendali cruciali (creatività, progettazione, logistica, controllo qualità) all'interno delle proprie sedi.

Multi-localizzazione produttiva

FermoMontappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaPuglia

VicenzaPrato

Veneto Moda

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.9.14 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Sono quindi numerose le imprese, anche di media dimensione, che ricercano sistematicamente opportunità di cooperazione commerciale e produttiva in aree di particolare interesse strategico, prediligendo la forma della joint-venture per le attività produttive o la partnership commerciale per espandere la propria forza di vendita. Il tutto con una forte attenzione a mantenere sul territorio gli anelli più importanti della catena del valore.

Interazione con partner esteri

Veneto ModaFermoMontappone Belluno Santa Croce Biella

ValenzaVerona

MontebellunaPugliaVicenza Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

I Distretti della Moda

134

Page 140: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Tabella 3.9.1 - Dati di performance del campione

Il fatturato complessivo del campione presenta una dinamica crescente fino al 2008, mentre il 2009 porta con sé un calo dei volumi pari all’8%. In tale contesto, il margine operativo lordo, pur riducendosi lievemente nel corso dell’ultimo esercizio, ha mostrato una buona capacità di tenuta che l’ha portato ad attestarsi su una media del 7,3% nel 2009.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto Verona

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Figura 3.9.16 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Analizzando nel dettaglio la composizione del campione di imprese del distretto veneto, è possibile notare che la maggioranza (il 61%) delle realtà produttive è di piccole dimensioni (fatturato inferiore a 10 mln €). Allo stesso tempo, a differenza della prevalenza degli altri distretti incontrati, il Veneto Sistema Moda comprende anche un significativo numero di aziende di grandi dimensioni (il 16% di quelle considerate nel campione), tra cui spiccano nomi importanti come Benetton, Marzotto, Stefanel, Lotto, Diesel, Gas e molti altri. Ad esibire i migliori risultati in termini di performance sono, però, le imprese del distretto con fatturati compresi tra i 10 e i 50 milioni di euro sia in termini di crescita che di marginalità lorda.

Performance - Distretto Veneto Sistema Moda Fatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 54.972 7,8% 2,3% 95 100% 16 17%Mediana 6.263 6,7% -2,1%

- Grandi imp. 50 mln./€ 298.733 6,8% 2,0% 15 16% 4 27% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 23.526 16,5% 6,0% 22 23% 7 32% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 3.858 6,4% -0,4% 58 61% 5 9%

Fatturato complessivo 5.222.326

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

135

I Distretti della Moda

Page 141: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.18 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

entrambi gli indici registrano un miglioramento per poi contrarsi nuovamente nel corso del 2009. Sono, però, le imprese più piccole a scontare maggiormente tale calo, date la minor performance reddituale ottenuta.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100104

114118

109

90

95

100

105

110

115

120

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

EBITDA MGN

6,5%7,6% 7,9%

7,3%7,5%

0,0%1,0%2,0%3,0%4,0%5,0%6,0%7,0%8,0%9,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

Figura 3.9.17 - Dinamica della performance nel periodo 2005 -2009

In termini di efficienza nell’uso del capitale umano, il distretto veneto della moda risulta tra i migliori, secondo solo al distretto calzaturiero di Fermo. La redditività delle risorse finanziarie investite si attesta, invece, su livelli intermedi, con un ROI di periodo pari al 6% circa.

Scendendo un po’ di più nel dettaglio, per la totalità delle imprese del distretto sia l’indice di produttività (EBIT/Dipendenti) sia l’indice di redditività del capitale investito (ROI) presentano un andamento analogo a quello mostrato dal margine operativo. Infatti, dopo una caduta nel 2006,

I Distretti della Moda

136

Page 142: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.19 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005 -2009

In termini di sostenibilità finanziaria il distretto veneto si trova in una situazione di sostanziale equilibrio a confronto con gli altri distretti analizzati. Le aziende del distretto nel complesso fanno un moderato ricorso al capitale di debito, come testimonia il basso rapporto di indebitamento medio di periodo (D/E) pari a 0,9 volte. Guardando, invece, alla capacità delle imprese di ripagare i debiti accumulati tramite la marginalità operativa, il distretto si pone in linea con la maggioranza dei distretti analizzati.

EFFICIENZA - Distretto Veneto Sistema Moda Ebit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 26 5,9% 100% 16 17%Mediana 8 4,9%

- Grandi imp. 50 mln./€ 27,7 5,7% 16% 4 27% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 33,9 7,0% 23% 7 32% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 5,6 4,1% 61% 5 9%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Tabella 3.9.2 - Dati di efficienza del campione

2 Valori in mgl/€

EBIT/DIP2

20,6 19,824,5

28,825,1

0

5

10

15

20

25

30

35

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

ROI7,0%

5,3%5,8%

5,2%

6,5%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

8,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

137

I Distretti della Moda

Page 143: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Tabella 3.9.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Figura 3.9.20 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Nel corso del periodo considerato, il livello di leva finanziaria evidenziato dalle imprese del distretto si mantiene sempre su valori assai equilibrati, mostrando un atteggiamento prudente nei confronti del debito, pur in marginale ma temporaneo aumento tra il 2007 e il 2008. L’indice di sostenibilità finanziaria degli operatori del distretto nel loro complesso subisce un certo deterioramento nel 2009, a fronte della contrazione della marginalità lorda evidenziata in precedenza. Le più moderate nell’indebitamento e le più virtuose in termini di sostenibilità del debito risultano ancora una volta le imprese di medie dimensioni che sembrano riuscire a contenere meglio delle altre gli effetti della crisi economica.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto Veneto Sistema Moda PFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 3,6 0,9 100% 16 17%Mediana 3,8 1,6

- Grandi imp. 50 mln./€ 3,9 1,0 16% 4 27% - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 2,6 0,5 23% 7 32% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 4,2 1,3 61% 5 9%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

I Distretti della Moda

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Page 144: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.9.22 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

D/E

0,90,8

1,01,1

0,9

0,70,80,80,90,91,01,01,11,1

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

PFN/EBITDA

3,5

3,8

3,4 3,4

3,9

3,13,23,33,43,53,63,73,83,94,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

Figura 3.9.21 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005 -2009

In conclusione, è importante osservare il livello di capitalizzazione delle imprese operanti all’interno del distretto misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Dopo aver registrato un calo tra il 2006 e il 2008, tale indice si attesta su un livello medio del 39% nel 2009, evidenziando una situazione di generale adeguatezza del grado di capitalizzazione. Secondo i dati di bilancio del 2009, nel distretto circa il 35% della totalità delle imprese – in prevalenza di piccole dimensioni – presenta però un rapporto Equity/Totale Attivo insufficiente (inferiore al livello del 20%), con un deficit di equity totale pari 42,4 milioni di euro. D’altro canto, esiste anche una minoranza (il 12% delle imprese) che, invece, evidenzia un grado di capitalizzazione più che adeguato, con una quota di circa 29 milioni di euro di patrimonio netto potenzialmente investibile nell’immediato.

Equity/Tot Attivo

33%

39%

37%

36%

32%

30%31%32%33%34%35%36%37%38%39%40%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Veneto Sistema Moda

Capitalizzazione imprese(% su tot)

34,7%

53,7%

11,6%

Distretto Veneto Sistema Moda

Carente Adeguata Più che adeguata

+28.9 Mio€

-42,4Mio€

8,9 Mio€

Fatturato mediano Equity

18,1 Mio€

6,1 Mio€

139

I Distretti della Moda

Page 145: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In sintesi

Il legame delle imprese leader con la rete di PMI fornitrici sul territorio è andato progressivamente allentandosi rispetto al passato. Le imprese maggiori hanno impostato il proprio modello industriale su base multi-localizzata, servendosi di un sistema caratterizzato da reti di fornitura perfettamente globali, che si integrano – laddove utile e conveniente – con le eccellenze produttive presenti sul territorio.

Diversamente da quanto avviene per i distretti storici, la natura meta-distrettuale e l’ampia estensione territoriale del distretto veneto del sistema moda non consentono di identificare l’economia del territorio con l’aggregato settoriale. Sembra tuttavia che recentemente tra le imprese venete della moda stia crescendo la consapevolezza della necessità di “fare squadra” per affrontare con maggior efficacia temi di interesse comune.

L’orientamento al mercato delle imprese moda del Veneto è molto forte. Non sono poche, infatti, le aziende che hanno saputo affermare un’efficace politica di marca. Al fianco di queste opera una miriade di confezionisti e di terzisti unbranded di qualità. A tal proposito, tra le idee emerse nel confronto con gli opinion leader del distretto vi è una proposta per la creazione di un fondo di capitali destinato a favorire le operazioni di compravendita e di licensing per i marchi veneti della moda.

Qualità, ricerca e innovazione di prodotto sono i punti di forza delle produzioni moda venete. L'innovazione di prodotto e la capacità di creare contenuti moda sono caratteristiche fondamentali per le imprese venete del settore, ciò non toglie che le aziende più piccole non appaiano ancora in condizione di attuare strategie autonome di marketing.

Il Sistema Moda del Veneto ha basato il successo di molte delle sue imprese d’eccellenza sulla capacità di riposizionare il business tradizionale verso i modelli delle piattaforme commerciali e logistiche più evolute. Si può dire che – pur in un contesto di percorsi individuali – si sia generato un fenomeno di riposizionamento complessivo del sistema produttivo locale, non certo comune nei distretti da noi visitati.

L’analisi quantitativa condotta sul campione di imprese rappresentative della realtà variegata del distretto Veneto Sistema Moda disegna un quadro economico-finanziario complessivamente solido, soltanto in parte intaccato nel corso del 2009 dagli effetti negativi della crisi economica globale.

A godere di maggiore salute in termini di marginalità, efficienza e sostenibilità finanziaria sono le imprese di medie dimensioni, forti anche di un più adeguato grado di capitalizzazione. Allo tempo stesso, le piccole imprese sembrano scontare maggiormente gli effetti della difficile congiuntura economica, essendo contraddistinte da performance reddituali inferiori e non di rado da una minor dotazione di capitale.

Secondo quanto indicato dagli opinion leader da noi incontrati sul territorio, le principali linee strategiche di intervento per il distretto nel suo complesso possono riguardare:

l'innovazione tecnologica e commerciale: con l’effettuazione di studi e ricerche su nuovi prodotti o indagini sulle tendenze della moda e sul mutamento delle preferenze dei consumatori;

il marketing e la comunicazione: oltre alle usuali fiere e mostre specializzate ed alle sinergie distrettuali, l’analisi di mercati esteri a maggior potenziale è importante per l’identificazione di nuove nicchie di mercato e nuovi Paesi di destinazione, tramite la promozione e la comunicazione del "made in Veneto" su tali mercati;

l'internazionalizzazione: è opportuna una presenza permanente sui mercati esteri con strutture, collegamenti informativi e rapporti di collaborazione, e forme di aggregazione;

I Distretti della Moda

140

Page 146: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

la "governance" delle filiere: per razionalizzare gli approvvigionamenti a monte delle materie prime e dei prodotti intermedi e per facilitare a valle l'accesso ai mercati (anche i più lontani) con l'organizzazione delle catene distributive;

il miglioramento del capitale umano: con la qualificazione delle competenze e l'introduzione di figure professionali sempre più specializzate.

141

I Distretti della Moda

Page 147: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

3.10 Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

Il settore della moda in Puglia è tra i più rilevanti esempi di successo imprenditoriale a livello regionale sia per il numero di addetti impiegato sia per il fatturato prodotto. Includendo, infatti, oltre ai comparti core del tessile - abbigliamento anche quelli della calzatura e l’orafo, l’aggregato raggiunge (secondo i dati di BankItalia 2008) un valore aggiunto complessivo vicino a 1 miliardo di euro, pari a circa il 15% del manifatturiero regionale. La specializzazione regionale riguarda prevalentemente i comparti della confezione di articoli di abbigliamento e della maglieria, compresi i servizi produttivi di sub-fornitura (taglio, cucitura, confezione, stiro, ecc.), mentre risultano meno consistenti i comparti del tessile (produzione di filati e tessuti).

In tale contesto, nel corso del 2010 il processo di formalizzazione del nuovo “Distretto Produttivo della Filiera Moda Puglia” è positivamente giunto a compimento. Tale aggregato raggruppa oltre 200 imprese rappresentative di un tessuto imprenditoriale evidentemente ben più ampio, somma di diverse realtà locali ben radicate nel territorio regionale.

La Puglia, con circa 7.000 imprese in attività e capaci di impiegare circa 38.000 addetti è, di fatto, la regione del meridione italiano con il maggior peso in termini economici nel comparto del tessile-abbigliamento. Nell’ultimo decennio il settore è stato al centro di profondi processi di ristrutturazione sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo, con un numero di imprese che si è dimostrato in moderata crescita dalla metà degli anni ’90 fino all’avvento della recente crisi economica. Tra il settembre 2008 e il settembre 2009, le imprese del tessile-abbigliamento pugliese sono state interessate da un’importante fase di selezione numerica, che ha penalizzato particolarmente i comparti tessili ed ha anche colpito, seppur con toni meno virulenti, i comparti dell’abbigliamento e delle confezioni. Al contempo, si sta assistendo ad un diffuso processo di riposizionamento verso l’alto delle imprese pugliesi, attuato attraverso politiche di marca e di acquisizione di licenze. I dati confermano, tuttavia, il peso ancora significativo che tale settore assume nell’ambito del manifatturiero regionale, pur non tenendo in considerazione i profondi processi di selezione tuttora in corso che riguardano in modo particolare la fascia di imprese terziste più piccole.

La più rilevante concentrazione di imprese specializzate nella produzione di tessile-abbigliamento pugliese raggruppa, di fatto, tre aree principali: il polo produttivo dei Trulli (Sud-Barese), il polo produttivo della Conca Nord barese (nuova Provincia Barletta-Andria-Trani), il polo produttivo dell’area Salentina (provincia di Lecce).

L’area del Sud Barese/Trulli (comuni di Putignano, Locorotondo, Castellana Grotte, Martina Franca (TA), Noci ed Alberobello) è specializzata nella produzione di prodotti di alta qualità, commercializzati con marchi aziendali di imprese locali, con griffe in licenza o venduta a importanti aziende a brand del Nord Italia. Vi è la netta prevalenza di tre comparti: il vestiario esterno (in prevalenza capispalla e camicie), l’abbigliamento per bambino (total look), la produzione di abiti da sposa e da cerimonia. A titolo indicativo, si stima che circa il 65% della produzione italiana di abbigliamento per bambino provenga dalla provincia di Bari, dove si concentra anche il 60-70% della produzione italiana di abiti da sposa.

Il polo produttivo della Conca Nord Barese (nuova Provincia di Barletta-Andria-Trani) – in passato caratterizzato dalla prevalenza di imprese contoterziste e façoniste rivolte alla produzione di maglieria, biancheria e abbigliamento sportivo – di recente ha visto la nascita di aziende specializzate nell’abbigliamento casual a fianco delle produzioni tradizionali, con l’obiettivo di affermare i propri marchi rivolti al mercato giovanile. Di conseguenza, tale struttura produttiva richiede l’adozione di politiche di sistema volte ad incentivare la collaborazione tra le aziende capofila ed la rete di collaboratori locali, al fine di sostenere la crescita delle realtà più lungimiranti che investono nello sviluppo di marchi propri.

Nell’area Salentina prevale la produzione di abbigliamento casual (jeanswear), di calze, camicie, cravatte e cappelli; più modesto risulta invece l’apporto, sia per numero che per dimensione aziendale, delle imprese produttrici di filati, ricami, tessuti e tendaggi. Anche quest’area è

I Distretti della Moda

142

Page 148: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

caratterizzata da poche aziende dotate di marchi affermati, mentre vi sono molti confezionisti per griffe nazionali ed internazionali affiancati da una moltitudine di laboratori di lavorazione per conto terzi.

Alla luce dei cambiamenti epocali che stanno interessando su larga scala il sistema internazionale della moda, il tessuto industriale del tessile-abbigliamento pugliese si è interrogato sulle strategie evolutive da intraprendere per proseguire, in modo razionale ed organizzato, sulla strada del riposizionamento competitivo avviato da qualche anno a questa parte sotto la spinta delle forze della globalizzazione. A fronte di una riduzione quantitativa della produzione, come precedentemente osservato, si riscontrano, specificamente ad un ristretto numero di imprese relative a quest’area, fenomeni di rafforzamento qualitativo e quantitativo in controtendenza rispetto alla tendenza del settore. Nel dettaglio, si tratta delle aziende più strutturate ed evolute che stanno riposizionando verso l’alto i propri prodotti attraverso politiche di marca ed acquisizione di licenze. Con la formalizzazione del nuovo distretto, gli imprenditori pugliesi del settore moda intendono dunque valorizzare su scala internazionale la parte migliore dell’economia locale, incoraggiando e consolidando le dinamiche evolutive del sistema produttivo regionale, attraverso un processo di trasformazione della catena del valore e di riorganizzazione delle filiere e delle reti locali.

Posizionamento qualitativo

Il distretto produttivo della filiera moda Puglia si caratterizza per un posizionamento piuttosto modesto in entrambe le matrici, evidenziando alcune carenze di carattere strutturale su tutti e quattro gli assi tematici da noi presi in esame. Tali carenze sono, tuttavia, imputabili principalmente a due fattori fondamentali che lasciano ampi spazi di miglioramento: innanzitutto la gioventù assoluta del distretto, intesa come entità formalmente riconosciuta (ricordiamo che si tratta di un distretto giuridicamente allo stato nascente, seppur su basi produttive storiche locali), a cui va aggiunta la forte eterogeneità territoriale (il distretto si distribuisce geograficamente su tutta l’area regionale pugliese) e di specializzazione (come visto sono numerose le nicchie di specializzazione produttiva). Al tempo stesso – come avremo modo di esaminare in seguito – il meta-distretto pugliese da noi visitato presenta alcune aree di eccellenza di assoluto interesse, che fanno ben sperare in un ottica futura di ampio sviluppo.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.10.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

143

I Distretti della Moda

Page 149: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Cooperazione

Le diverse anime territoriali aggregate nel distretto del tessile-abbigliamento pugliese evidenziano la presenza di un certo numero di imprese di maggiori dimensioni, definite dagli opinion leader da noi incontrati come le “locomotive” dei rispettivi ambiti territoriali.

Ruolo guida delle imprese leader

Puglia

FermoMontappone Belluno

Santa CroceBiella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaVicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.10.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leade

Nel corso degli anni, queste imprese leader hanno sviluppato eccellenti livelli qualitativi di prodotto, stringendo rapporti di collaborazione a carattere prevalentemente informale con un numero di fornitori preferenziali e, godendo di ampia flessibilità nell’accesso alla capacità produttiva di questi ultimi.

In tale contesto, l’interdipendenza tra le imprese di maggiori dimensioni e l’indotto della fornitura è un elemento importante: le piccole imprese sono senz’altro libere di confrontarsi con il mercato, ma la forza contrattuale delle imprese trainanti locali e la collocazione geografica della Puglia, in qualche caso, sembrano creare condizioni di parziale soggezione nei rapporti di fornitura.

Estensione delle reti di imprese

PugliaFermo BellunoSanta Croce

Biella Valenza

Verona

Montebelluna Veneto ModaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.10.3 - Cooperazione – Estensione reti di imprese

Le reti di collaborazione e fornitura si estendono quindi prevalentemente entro i confini del perimetro regionale, mentre l’acquisto di materie prime fa spesso riferimento ad altre aree territoriali di forte specializzazione, come quelle dei distretti di Prato e Biella.

Il distretto del tessile-abbigliamento nasce dalla volontà degli imprenditori della Regione Puglia di formalizzare le numerose realtà produttive locali con vocazioni differenti e di fatto presenti sul territorio da lungo tempo. Il distretto si qualifica, quindi, come la somma di tali realtà e deve creare, partendo da zero, le condizioni affinché si attivi una governance efficace sotto il coordinamento di Confindustria Puglia.

Governance di distretto

Fermo MontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto Moda

VicenzaPrato

Puglia

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

I Distretti della Moda

144

Page 150: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.6 - Strategia – Orientamento al mercato

L’idea che l'innovazione di prodotto sia un elemento indispensabile per rimanere sul mercato è condivisa da molti addetti al settore, ma si sta altresì diffondendo anche la consapevolezza della necessità di presidiare la distribuzione al fine di giocare un ruolo attivo nella catena del valore.

Data la dimensione media d’impresa assai ridotta e la storica vocazione al terzismo, i produttori pugliesi sono riconosciuti dagli operatori del settore per la qualità, la flessibilità e la puntualità nelle consegne. E’ importante sottolineare che, allo stesso tempo, si stanno sempre più sviluppando

Da quanto emerso, non si può quindi ancora affermare che il distretto sia percepito come un tutt'uno sia da parte del tessuto sociale sia dagli interlocutori esterni: rimane quindi un grande lavoro da compiere in questa direzione prima di arrivare ad un consolidamento, non soltanto formale, del distretto come realtà aggregativa unitaria.

Strategia

Il passato imprenditoriale del distretto pugliese si riallaccia prevalentemente a storie di specializzazione nel contoterzismo e nel façonismo, quindi senza fare riferimento allo sviluppo di marchi propri da parte delle aziende. Alcuni imprenditori hanno recentemente imboccato la strada per la realizzazione di brand autonomi, ma sono ancora in grande maggioranza i produttori pugliesi che continuano a mettere a disposizione delle grandi griffe e delle catene del fast-fashion una capacità produttiva altamente flessibile e di eccellente standard qualitativo, senza optare per una scelta di etichettatura autonoma. Un’eccezione sembra invece provenire dalla nicchia degli abiti da cerimonia, dove – data la modesta dimensione e l’alta specializzazione del mercato – risulta esservi una buona riconoscibilità dei marchi più affermati.

Politiche di marca

FermoMontappone BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVerona

MontebellunaVeneto Moda

VicenzaPrato

Puglia

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.10.5 - Strategia – Politiche di marca

In tema strategico afferente alle capacità di programmazione del processo innovativo e delle attività di marketing, gli opinion leader segnalano che, fino ad una decina di anni fa, gli investimenti riguardavano esclusivamente i beni strumentali alla produzione; oggi, invece, le aziende più evolute – già dotate di un’ottima capacità di sviluppare un prodotto di elevata qualità – dedicano sempre più attenzione alle strategie commerciali e alle attività di marketing. Il gap da colmare in quest’ambito rimane ancora assai consistente, soprattutto se paragonato con quanto emerso relativamente altri distretti da noi presi in esame. Segnali positivi sono tuttavia indicati dalla direzione intrapresa dal distretto, che risulta senza dubbio corretta.

Orientamento al mercato

Puglia FermoBelluno Santa Croce BiellaValenzaVerona Montebelluna Veneto Moda

Vicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

145

I Distretti della Moda

Page 151: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.8 - Innovazione – Propensione all’innovazione

capacità autonome nell’individuare e seguire prontamente le tendenze dei rispettivi mercati di riferimento per avvicinarsi alle specifiche richieste della domanda, dettate dalla rapida evoluzione dei modelli distributivi.

Secondo quanto riportato dagli opinion leader da noi incontrati, la propensione agli investimenti manifestata dagli imprenditori pugliesi del settore si può considerare nel complesso discreta, seppur in misura differente a seconda della dimensione e della tipologia d’impresa. Nell’ultimo quinquennio risulta anche che, con il maturare di una maggior consapevolezza del mercato, gli imprenditori locali abbiano accentuato il proprio orientamento ad investire e mantenere la ricchezza nelle proprie realtà produttive.

Se, in genere, gli imprenditori del distretto pugliese sembrano gestire il passaggio generazionale in maniera molto tradizionale, mantenendo la governance d’impresa in ambito strettamente familiare, va rilevato che sta aumentando la presenza di giovani capaci che hanno iniziato a prendere in mano le redini delle imprese di famiglia. Da questo punto di vista, il distretto pugliese presenta un forte elemento di distinzione rispetto a molte altre realtà distrettuali da noi incontrate.

Passaggio generazionale e governance

PugliaFermo Montappone

BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda VicenzaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50%

Figura 3.10.7 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

Si registrano al contempo anche alcuni casi, sporadici ma pur sempre significativi, di parziale apertura alla delega gestionale verso manager esterni, mentre più difficile e delicata appare invece l’apertura del capitale a terzi.

Il gran numero di piccole imprese terziste del settore dell’abbigliamento con sede nelle diverse aree del distretto pugliese presenta una forte vocazione di fornitura verso le imprese leader locali, con le quali stringono relazioni preferenziali, anche se non necessariamente esclusive. Queste, a loro volta, in molti casi operano come façonisti per i marchi del lusso o per le catene del fast-fashion nazionali o estere, che sanno di poter contare sulla qualità e l’affidabilità della filiera dell’abbigliamento pugliese.

Innovazione

Secondo le indicazioni degli opinion leader da noi incontrati, in tema di innovazione risulta necessario distinguere tra le imprese della filiera moda che operano come confezioniste – senz’altro attente allo stile e alla nobilitazione dei materiali, ma in prevalenza vincolate agli input stilistici dei committenti – e quelle, invece, dotate di marca propria che – avendo un rapporto diretto con il mercato – investono con maggiore decisione in ricerca e innovazione stilistica.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaVicenza

Prato

Puglia

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

I Distretti della Moda

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Page 152: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.10 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

La possibilità di attrarre competenze e talenti professionali da altre aree geografiche per carpire le opportunità offerte dall’innovazione non è presa in grande considerazione dalla maggior parte delle imprese locali che preferiscono in genere formare al loro interno gli specialisti e la mano d'opera più qualificata. Tale orientamento – data la mancanza di un sistema didattico strutturato capace di sfornare professionisti da inserire nel settore a livello regionale – potrebbe rappresentare nel tempo un importante punto di criticità per la continuità della tradizione produttiva locale.

Assai limitato e sporadico risulta, anche qui come altrove, il ricorso agli strumenti di tutela della proprietà intellettuale. Va però detto che, tra le poche imprese a brand del territorio, si sta registrando un certo movimento nel deposito di marchi, sia a livello nazionale che internazionale.

Per quanto riguarda la gestione degli aspetti logistici, questa è affidata a metodi del tutto tradizionali e gestita su base prettamente individuale. Si registrano, tuttavia, lodevoli iniziative spontanee dei singoli operatori al fine di integrare le proprie attività logistiche con quelle di altri colleghi del medesimo ambito locale.

La rapida evoluzione dei modelli distributivi e le forti pressioni competitive derivanti dalla produzione di massa a basso costo, che nell’ultimo quinquennio hanno interessato il settore dell’abbigliamento, stanno spingendo anche i confezionisti pugliesi a prendere in considerazione il riposizionamento verso produzioni di qualità superiore e verso le fasce di mercato a più elevata marginalità operativa.

Tradizione e riposizionamento

PugliaFermoBelluno Santa CroceBiella

Valenza VeronaMontebelluna Veneto ModaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.10.9 - Innovazione – Tradizione e riposizionamento

In virtù di queste spinte evolutive, non sono poche le imprese che, per scongiurare crisi irreversibili, si sono ridimensionate e sono diventate più flessibili, esternalizzando personale e razionalizzando i costi fissi. Nonostante il percorso intrapreso, il riposizionamento del tessile-abbigliamento pugliese non appare ancora completato e richiede ancora degli sforzi da parte di quelle imprese che non hanno ancora trovato una propria collocazione stabile nei nuovi assetti produttivi e distributivi del settore.

In tema di sinergie tra imprese, mondo universitario e ambiti di ricerca applicati, al di là di alcune sporadiche collaborazioni a carattere prevalentemente individuale, non viene segnalata la presenza di alcuna particolare attività in forma organizzata. Recentemente si è assistito alla costituzione di un corso di laurea specialistica che, grazie alla collaborazione con le grandi realtà della moda, consente agli studenti di fare esperienza pratica per poi, in futuro, poter ritornare in azienda sul territorio arricchiti di preziose competenze.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

PugliaFermo Belluno

Santa CroceBiellaValenza

VeronaMontebellunaVeneto Moda

Vicenza Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

147

I Distretti della Moda

Page 153: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.13 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Internazionalizzazione

Con una quota dell’export stimata intorno al 20% del fatturato di settore, il tessile pugliese – partendo da una propensione all’esportazione assai modesta – segnala tuttavia una crescente presa di coscienza da parte delle imprese locali riguardo all’assoluta necessità di intensificare i rapporti con l’estero, ambito nel quale il neo-distretto presenta davvero notevoli margini di crescita.

Quota export del distretto

FermoMontappone BellunoSanta CroceBiella Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaVicenzaPrato

Puglia

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.10.11 - Internazionalizzazione – Quota export

Come abbiamo visto, la maggior parte delle imprese del territorio è ascrivibile alla categoria dei cosiddetti unbranded, ma il comparto moda-abbigliamento della Puglia ha saputo esprimere anche alcune eccellenze di marca riconosciute in ambito europeo ed extra-europeo. Con ciò, non si può comunque sostenere che il distretto sia oggi riconosciuto dal grande pubblico del retail internazionale. D’altra parte, è anche indiscutibilmente provato che diversi brand dell’abbigliamento di alta gamma già da anni esternalizzano le produzioni delle proprie collezioni alla nutrita schiera di bravi confezionisti pugliesi, abili nel fornire standard qualitativi ed affidabilità difficilmente reperibili nei paesi dove il costo delle lavorazioni risulta sensibilmente più basso.

Notorietà internazionale del distretto

FermoBelluno

Santa Croce BiellaValenzaVerona

MontebellunaVeneto Moda

Vicenza

Prato

Puglia

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.10.12 - Internazionalizzazione – Notorietà internazionale

In alcuni casi le aziende locali, per mantenere invariate le proprie quote di mercato, hanno ricorso a strategie di delocalizzazione produttiva con diversi gradi di intensità. In particolare, sono state intraprese strade differenti a seconda delle tipologie di lavorazione e del profilo qualitativo richiesto, spaziando geograficamente dall’Europa Balcanica e Orientale (Albania, Bulgaria, Romania, Montenegro, Macedonia) all’Estremo Oriente (Cina). In ogni caso, pur in un contesto molto attivo nel ricorso alla localizzazione produttiva estera, le fasi della produzione capaci di generare il maggior valore aggiunto e contententi i più elevati livelli di competenze artigianali sono rimaste sul territorio pugliese.

Multi-localizzazione produttiva

Puglia

FermoBelluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto ModaVicenzaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

I Distretti della Moda

148

Page 154: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.14 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Il campione di società di capitali localizzate nel distretto pugliese e, per le quali i dati di bilancio sono stati reperibili, è composto, per l’88% del totale, da realtà produttive di piccole dimensioni il cui fatturato è inferiore ai 10 milioni di euro. Nel periodo considerato, le aziende di questa fascia dimensionale mostrano una performance migliore in termini di crescita del fatturato rispetto alle poche medie imprese del campione, mentre queste ultime evidenziano margini operativi lordi nettamente superiori.

In qualche caso sporadico l’interazione con i partner produttivi esteri risulta essere supportata dalla forma stabile della joint-venture con soci locali, mentre nella maggioranza delle circostanze il rapporto è di carattere prettamente commerciale. Anche in tema di accordi di distribuzione e commercializzazione le aziende non arrivano sempre a regolare il rapporto con vincoli contrattuali stabili, ma optano per il mantenimento di un certo grado di flessibilità nelle relazioni.

In tema di sviluppo dei canali commerciali esteri, secondo le indicazioni degli opinion leader da noi incontrati, fino ad oggi risulta che le PMI del distretto abbiano preferito attuare strategie sviluppate in totale autonomia rispetto ad iniziative di carattere consortile, che in passato hanno riscosso modesti successi. Ciò non toglie che istituzioni come le Camere di Commercio provinciali (in particolare quella di Bari) organizzino attività promozionali coordinate nella forma di missioni commerciali internazionali, alle quali le PMI della regione talvolta rispondono con un certo interesse.

Posizionamento economico-finanziario

Il campione delle imprese del distretto produttivo della Filiera Moda Puglia, con le sue 25 aziende capaci di registrare un tasso di crescita medio annuo del +9,9% nel periodo 2005-2009, è quello che evidenzia i migliori risultati in termini crescita dei fatturati rispetto al novero dei distretti dai noi analizzati, pur in un contesto congiunturale non certo agevole per le imprese del settore. Il dato sulla crescita dei fatturati si affianca a livelli di marginalità operativa non particolarmente elevata, ma ad ogni modo in controtendenza rispetto alla generalizzata erosione che manifesta il settore.

Performancemedia periodo 2005-2009

Belluno

Veneto Verona

Prato

MontebellunaSanta Croce

Montappone

PugliaValenza Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

149

I Distretti della Moda

Page 155: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.15 - Dinamica della performance nel periodo 2005 -2009

La produttività del capitale umano delle aziende del distretto pugliese si attesta su livelli piuttosto contenuti se rapportati ai risultati riportati dagli altri distretti analizzati nel nostro progetto. In termini di efficienza nell’impiego del capitale proprio e di terzi, il distretto evidenzia un ROI medio di periodo pari a circa il 3%, posizionandosi relativamente a questo parametro tra i distretti meno attrattivi per un ipotetico investitore. È interessante notare come, nel difficile quinquennio considerato, gli andamenti sia dell’indice di produttività Ebit/Dipendenti che del ROI risultino nel complesso in progressione (in particolare nel corso dell’ultimo esercizio) così come notato per la redditività operativa.

PERFORMANCE - Distretto produttivo della Filiera Moda PugliaFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 3.380 5,8% 9,9% 25 100% 5 20%Mediana 845 1,0% -4,1%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 17.757 9,5% 3,1% 3 12% 2 67% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 1.419 -0,6% 31,4% 22 88% 3 14%

Fatturato complessivo 84.489

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

Tabella 3.10.1 - Dati di performance del campione

Il fatturato complessivo del campione di imprese osservate presenta fino al 2008 una crescita sostenuta, che nel 2009 subisce una battuta d’arresto nell’ordine del 5%. Tuttavia, tale contrazione non inficia oltremodo i livelli produttivi raggiunti nel corso del buon periodo di crescita indicato. In termini di marginalità operativa lorda, rispetto alla contrazione del 2008, si può osservare nel 2009 una netta ripresa dell’indice.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100

125139

154146

60708090

100110120130140150160

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

EBITDA MGN

5,5%

6,4%

4,8%

7,4%

5,4%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

8,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

I Distretti della Moda

150

Page 156: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.10.16 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

EFFICIENZA - Distretto produttivo della Filiera Moda PugliaEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 11 3,3% 100% 5 20%Mediana 9 0,5%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 23,0 6,1% 12% 2 67% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ -7,0 -2,4% 88% 3 14%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

EBIT/DIP2

8,8 8,2

19,8

9,711,1

0

5

10

15

20

25

2005 2006 2007 2008 2009

ROI

2,6%

4,2%

2,6%

3,0%

3,9%

2,0%

2,5%

3,0%

3,5%

4,0%

4,5%

2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.10.17 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005 -2009

Tabella 3.10.2 - Dati di efficienza del campione

2 Valori in mgl/€

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

151

I Distretti della Moda

Page 157: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Tabella 3.10.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

D’altro canto, la sostenibilità finanziaria del distretto presenta livelli piuttosto critici se raffrontata con i dati relativi agli altri distretti osservati. Se, infatti, il rapporto di leva finanziaria D/E si attesta su livelli più spinti che altrove, a destare maggior preoccupazione è l’indice di copertura dell’indebitamento delle aziende (PFN/Ebitda), che necessitano mediamente di oltre 8 anni di marginalità operativa per coprire lo stock di debito in essere. Questo livello indica dunque una diffusa situazione di criticità nel ricorso al capitale di terzi.

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Figura 3.10.18 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Analizzando un po’ più nel dettaglio la dinamica dei dati di bilancio, le imprese rappresentative del distretto mostrano nel complesso una struttura finanziaria che sembra lasciare scarsi margini di manovra nel lungo periodo. In particolare, il livello di leva finanziaria, misurato dal rapporto Debito/Equity, risulta piuttosto spinto nei cinque anni considerati, con livelli di debito costantemente superiori a due volte il capitale proprio. Al tempo stesso, è vero che – grazie alla progressione della marginalità lorda nel corso dell’ultimo esercizio – l’indice di sostenibilità finanziaria PFN/Ebitda mostra un consistente miglioramento, ma è comunque innegabile che quest’indice si mantenga ancora su valori troppo elevati.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto produttivo della Filiera Moda PugliaPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 8,4 2,4 100% 5 20%Mediana 3,2 1,7

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 6,4 2,7 12% 2 67% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ - 1,9 88% 3 14%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

I Distretti della Moda

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Page 158: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

D/E

2,12,42,6

3,02,8

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

PFN/EBITDA

9,5 9,37,9

10,6

6,8

2,03,04,05,06,07,08,09,0

10,011,012,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

Figura 3.10.19 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005 -2009

Infine è importante analizzare il grado di adeguatezza della capitalizzazione delle imprese del campione, come misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Tra il 2005 e il 2009, tale indice assume valori compresi tra il 16% e il 20%, evidenziando una diffusa situazione di sottocapitalizzazione delle realtà produttive localizzate nel distretto. In particolare, se si guarda ai dati di bilancio dell’ultimo esercizio, il 48% delle imprese considerate (in media di piccolissime dimensioni) risulta sottocapitalizzato, con un deficit di equity totale superiore ai 7 milioni di euro. Si registra, di converso, anche la presenza di alcune imprese (8%) con un livello di capitalizzazione addirittura più che adeguato anche se l’eccesso di equity potenzialmente da investire nell’immediato è di soli 0,5 milioni di euro.

Figura 3.10.20 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

Equity/Tot Attivo

18% 19%20%

17% 16%

5%

10%

15%

20%

25%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

Capitalizzazione imprese(% su tot)

48,0%

44,0%

8,0%

Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia

Carente Adeguata Più che adeguata

+ 0,5 Mio€

-7,4 Mio€

1 Mio€

Fatturato mediano Equity

1,3 Mio€

0,65 Mio€

153

I Distretti della Moda

Page 159: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In sintesi

Il modello di cooperazione recentemente sviluppato da alcune imprese ben inserite sul mercato, le cosiddette “locomotrici”, con le rispettive reti di piccole realtà produttive altamente specializzate, rappresenta un esempio virtuoso di accesso al mercato. Questo schema produttivo delinea per le PMI locali un’interessante modello di sviluppo che mostra spazi di evoluzione in direzione della formalizzazione dei sempre più diffusi contratti di rete, con conseguenti vantaggi che spaziano dalla stabilità della rete produttiva alla maggiore visibilità commerciale della stessa, unitamente ad una più elevata credibilità dei partecipanti in un rapporto evoluto con il mondo del credito.

La recente formalizzazione del distretto non rispecchia ancora una reale comunanza di obiettivi e di piani strategici di sviluppo da parte delle aziende del territorio; la sfida nel breve e medio periodo sarà quella di individuare filoni condivisi sui quali realizzare concreti progetti di sviluppo del distretto, facendo leva soprattutto sulle nuove generazioni di imprenditori.

La storica vocazione al terzismo limita l’orientamento al mercato di gran parte delle PMI locali, riconosciute dagli operatori del settore per la qualità, la flessibilità produttiva e l’affidabilità; negli ultimi anni, fortunatamente, un numero crescente di realtà aziendali sta sviluppando capacità autonome nell’individuare e seguire prontamente le tendenze del proprio mercato di riferimento per avvicinarsi sempre più ai modelli di impresa che la rapida evoluzione dei modelli distributivi richiede oggi. Questo processo di riposizionamento verso una fascia di mercato più alta, talvolta con brand propri, è ancora in una fase iniziale, ma rappresenta una delle opzioni strategiche necessarie e praticabili per far fronte alla sempre più serrata competizione sui mercati globali.

Ad oggi, non esiste in Puglia un sistema organizzato ed efficace che favorisca il travaso di competenze tra il mondo della formazione a tutti i livelli e le aziende. In tale contesto, gli imprenditori preferiscono far crescere internamente all’impresa la manodopera qualificata ed i tecnici specializzati, piuttosto che attrarli dall’esterno. La mancanza di una fucina di competenze tecniche e manageriali, tuttavia, potrebbe rappresentare con il passare del tempo un importante punto di criticità per la continuità della tradizione produttiva locale.

Il distretto produttivo della filiera moda Puglia fa registrare un grado di apertura internazionale ancora assai contenuto (quota export pari al 20%). Anche in questo caso la storica vocazione al terzismo delle imprese locali non ha certo agevolato l’apertura ai mercati internazionali. Questi rappresentano, però, uno dei fattori chiave su cui è indispensabile puntare per un reale sviluppo del distretto poiché, soltanto l’accesso ragionato e strutturale a nuovi mercati di sbocco, potrà garantire alle imprese locali la sostenibilità dei propri fatturati. In tal senso, potrebbe essere interessante individuare formule coordinate di sistema per il supporto di attività promozionali su alcuni mercati esteri d’interesse comune. Tali attività dovrebbero essere destinate ad agevolare l’incontro tra gli operatori pugliesi ed i loro potenziali clienti esteri, attraverso l’organizzazione congiunta di business meeting internazionali mirati, in collaborazione con gli operatori più internazionalizzati del sistema creditizio.

I dati quantitativi disponibili per il giovane distretto pugliese della moda mettono in luce un quadro alquanto controverso. Questi indicano, infatti, una realtà produttiva costituita da imprese mediamente assai piccole, con fatturati in crescita fino al 2008 ad un tasso del 15% annuo e capaci nel 2009 di contenere molto bene a livello commerciale l’impatto della crisi economica con un calo dei volumi tutto sommato abbastanza limitato (-5%). Il 2009, anno terribile per l’intero settore, è l’anno nel quale il distretto riesce persino ad ottenere una progressione dei margini operativi e della redditività del capitale, dati che di per sé indicano uno stato di salute invidiabile. L’altra faccia della medaglia si presenta, tuttavia, quando si rivolge l’attenzione ai dati finanziari delle imprese pugliesi, vero tallone d’Achille del distretto. La scarsa capitalizzazione delle imprese - quasi la metà selle aziende ci risulta sotto il livello di guardia – e il ricorso non certo moderato alla leva finanziaria limitano significativamente la credibilità delle imprese nel far fronte al fardello di impegni finanziari assunti nel tempo.

I Distretti della Moda

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Page 160: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In un’ottica di lungo periodo, la posizione finanziaria complessiva del distretto ci appare, quindi, piuttosto critica, a meno che non ci sia l’avvio di una generalizzata azione di contenimento dei livelli di indebitamento e di una contestuale prosecuzione del virtuoso trend di progressione nei livelli di marginalità operativa, recentemente manifestato.

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I Distretti della Moda

Page 161: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

3.11 Distretto Orafo-Argentiero di Vicenza

Il distretto orafo-argentiero di Vicenza affonda le sue radici in tempi lontani facendo della storia e della tradizione la chiave del successo delle aziende orafe qui localizzate. L’inizio dell’arte orafa vicentina si può, infatti, far risalire al periodo compreso tra il IX e il III secolo a.C., in coincidenza con l’espansione della cultura paleoveneta. Ma è solo nel XIV secolo d.C. che si inizia a rilevare un’intensa attività orafa nella città di Vicenza con la costituzione della Fraglia degli Orafi, una corporazione che raggruppava ben 150 artigiani. Cifra consistente, se si pensa che gli abitanti della città di allora erano appena 20.000. Oltre agli autoctoni, nella corporazione degli orafi vicentini si individuano artigiani provenienti anche da Bologna, Venezia, Mantova, Piacenza, Cremona, ma anche dalla Germania e dalla Francia, a testimonianza di quanto già a quel tempo i maestri orafi vicentini fossero riconosciuti in ambito ben più che locale.

Nel XIX secolo, l’identità dell’artigiano orafo vicentino si trasforma radicalmente, con l’adozione di nuovi approcci estetici e soprattutto con l’introduzione di macchinari nei processi di lavorazione. Nella seconda metà dell’800, in seguito alla crescente industrializzazione, il distretto conosce un’importante fase espansiva: i poli territoriali di Vicenza e di Bassano del Grappa in quegli anni registrano la presenza di 85 laboratori orafi e argentieri. L’industrializzazione nella lavorazione dei metalli preziosi accelera i tempi e richiede l’introduzione di modelli formativi innovativi: nel 1860 nasce così la Scuola di Disegno a Plastica, quale anello di congiunzione tra le arti applicate e l’industria orafa, che si prefigge lo scopo di formare i giovani operai e di re-interpretare le cosiddette arti minori che rischiavano di essere soffocate dall’industrializzazione. In questo stesso periodo, l’antica Fiera di Vicenza, riattivata nel 1838, assume ben presto attrattività internazionale ispirandosi agli esempi più imponenti e famosi di Londra e Parigi, ove si celebravano le meraviglie delle tecnica applicata alla lavorazione dei metalli preziosi.

Negli anni che precedono la prima guerra mondiale il settore prospera continuando negli anni dell’immediato dopoguerra la positiva evoluzione intrapresa prima del conflitto. La produzione di fascia medio bassa, orientata al consumo popolare, è molto vasta e destinata in buona parte ai mercati della regione e dell’Italia meridionale. Il mercato americano in questo periodo è un grande consumatore di prodotti simili a quelli vicentini, ma la sua penetrazione commerciale è ostacolata da pesanti oneri doganali e dall’agguerrita concorrenza dell’oreficeria tedesca.

Il periodo del secondo conflitto mondiale rappresenta un momento di crisi per le aziende orafe del vicentino a causa del generalizzato calo delle vendite. Il difficile passaggio storico porta ad una severa selezione tra le imprese, ma spinge gli orefici vicentini a trovare risposte innovative. Assecondando le nuove tendenze artistiche nella rivisitazione del gioiello, essi creano prodotti che inaugurano durevoli filoni di lavorazione, mettendosi inoltre al passo con le tecnologie grazie all’apporto dei macchinari tedeschi, come nel caso delle ditte Donnagemma, Biffi e Balestra. Quest’ultima sarà tra le aziende in grado di tenere alto il nome dell’oreficeria italiana.

Dal 1950 la quantità d’oro lavorato immesso sul mercato supera di molto la domanda locale. Pertanto, risulta sempre più necessaria la ricerca di nuovi mercati, potenziando i contatti con l’estero. Ciò viene reso possibile dall’ampio processo di rinnovamento dei mezzi produttivi intrapreso dalle aziende locali in risposta al boom economico che interessa l’Europa occidentale: Germania Federale, Svizzera e Francia diventano i primi mercati di destinazione per il distretto. Nel 1961, nella provincia operano più di 220 aziende orafe con 3.500 addetti, l’80% nel capoluogo ed il restante 20% tra Bassano e Trissino. Lo sviluppo è inarrestabile anche negli anni successivi e per oltre un ventennio il mercato europeo continua a rispondere positivamente.

Ad oggi, il distretto orafo-argentiero di Vicenza conta circa 1.000 aziende che impiegano 10.600 addetti, corrispondente a circa il 4% dell’intera forza lavoro provinciale. Il tessuto produttivo locale è prevalentemente rappresentato da realtà aziendali di medio-piccole e piccolissime dimensioni, a forte carattere artigianale e familiare, spesso impegnate nel ciclo completo della lavorazione. L’80% delle aziende si concentra nella provincia di Vicenza, mentre il restante è localizzato nell’area di Trissino e nel Bassanese.

I Distretti della Moda

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Page 162: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In base all’ampiezza della gamma di prodotti è possibile distinguere nel distretto diverse tipologie di impresa: aziende diversificate, solitamente nei comparti dell’orologeria e dell’argenteria, che sfruttano sinergie con la produzione orafa; aziende concentrate nella produzione di collezioni più o meno ampie di oreficeria e gioielleria; aziende specializzate nella realizzazione di particolari prodotti semilavorati e aziende altamente specializzate in alcune fasi di lavorazione.

In generale, oggi si registra la tendenza degli operatori verso un’offerta di una gamma produttiva molto più ampia e diversificata rispetto al passato, con la realizzazione di articoli più leggeri, meglio rifiniti e a maggior valore aggiunto. Anche se il cosiddetto “catename” continua a rappresentare una componente fondamentale della produzione orafa vicentina, buona parte delle imprese si è orientata verso la produzione di oggetti d’oreficeria più fine e, in misura più limitata, di mini-gioielleria anche in argento.

Pochissime sono, però, le aziende che hanno implementato politiche di branding e quindi capaci di approcciare direttamente il mercato, mentre rimangono numerosi gli operatori che lavorano su commessa degli intermediari. Nonostante il lungo periodo di difficoltà - iniziato nel 2005 ed acuitosi con l’avvento della più recente crisi economica internazionale - abbia determinato la contrazione del numero delle imprese operanti nel distretto, gli operatori assicurano che la filiera orafa vicentina può tuttora considerarsi integra.

L’atteggiamento di apertura ai mercati internazionali è da sempre stato una peculiarità del distretto orafo di Vicenza. Tale apertura interessa, in prevalenza, gli aspetti commerciali, mentre l’attività produttiva in molti casi è ancora condotta in buona parte sul territorio. Il primo passo verso i mercati esteri per le imprese del distretto di piccole e medie dimensioni è rappresentato storicamente dalla fiera Vincenzaoro, manifestazione nata nel 1954 e divenuta la più importante vetrina italiana per il settore, nonché la seconda in Europa dopo quella di Basilea. È da sottolineare che la fiera, rispetto al passato, ha evoluto la sua funzione: se prima l’appuntamento fieristico serviva per incontrare i clienti e ricevere ordini di produzione, oggi la fiera si è trasformata in una vetrina insostituibile per mostrarsi ai buyer internazionali.

Come detto, il distretto sta attraversando un periodo di difficoltà strategica, forse inizialmente sottovalutato dagli operatori, che credevano di essere di fronte ad una delle tante crisi congiunturali. Ciò è riscontrabile nelle conseguenze generate dalla crisi: progressivo ridimensionamento delle strutture produttive, tassi di sviluppo imprenditoriale negativi, importante flessione delle esportazioni, erosione dei livelli occupazionali. Tra le cause della crisi si possono individuare fattori esogeni, indipendenti dai comportamenti degli operatori, ma anche fattori interni al distretto legati alle sue caratteristiche tipiche. Tra le cause esterne, c’è il calo dei consumi di oro dovuto all’orientamento dei consumatori verso beni e servizi alternativi. Allo stesso tempo, la contrazione dei volumi di vendita è imputabile in parte anche alla forza relativa dell’euro, combinata con il continuo rialzo del prezzo della materia prima, che insieme hanno determinato un’importante perdita di competitività del prodotto italiano, in particolare sull’importantissimo mercato americano. Infine, l’asimmetria dei regimi tariffari doganali ha profondamente pesato sulle esportazioni dei prodotti orafi italiani. In particolare, le politiche di Cina e India, che da un lato si comportano da competitor agguerriti sui mercati internazional e, dall’altro, mettono in atto regimi protezionistici a difesa dei rispettivi mercati interni,hanna pesantemente danneggiato la competitività dei prodotti orafi vicentini. Tra le cause interne alle difficoltà che il distretto sta attraversando è, invece ,senza dubbio necessario individuare la modesta dimensione delle imprese. Tale frammentazione, infatti, si traduce nell’impossibilità di effettuare gli investimenti necessari ad accrescere la competitività e nella difficoltà di creare strutture commerciali dirette. La limitata dimensione aziendale è spesso associata, poi, alla presenza di una cultura imprenditoriale ancora troppo tradizionale rispetto alle necessità di una sempre più efficiente pianificazione strategica di medio-lungo periodo, oggi indispensabile per poter competere sui mercati globali. Infine, a pesare è anche il mancato accordo tra gli operatori per la realizzazione di un marchio di distretto destinato alla valorizzazione ed alla tutela del prodotto di qualità originato dalla plurisecolare tradizione e dalla creatività degli orafi vicentini.

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I Distretti della Moda

Page 163: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

Posizionamento qualitativo

Messo a confronto con tutti gli altri distretti presi in considerazione nel presente lavoro, il distretto orafo-argentiero di Vicenza evidenzia ampi spazi di miglioramento in entrambe le nostre matrici qualitative di sintesi. Tale posizionamento è l’esito aggregato delle interviste effettuate agli opinion leader locali, i quali indicano una situazione – oggetto di approfondimento nel seguito di questo capitolo – di accentuato individualismo e quindi di modesta cooperazione tra le imprese del territorio, unita ad una limitata attenzione strategica verso alcuni temi cruciali per il futuro delle imprese. Inoltre, l’orafo-argentiero di Vicenza, pur sulla scorta della sua lunga tradizione, non sembra eccellere nemmeno più sull’asse dell’internazionalizzazione, che in passato ha rappresentato uno dei maggiori punti di forza del distretto orafo. Analogamente, la limitata dimensione imprenditoriale sembra essere una delle cause fondamentali della modesta propensione all’innovazione evidenziata dalle interviste agli opinion leader locali.

Figura 3.11.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

Cooperazione

Relativamente al grado di cooperazione misurato nel distretto di Vicenza riscontriamo un valore nel complesso modesto, che evidenzia la debolezza del legame che unisce le realtà produttive del territorio. Le interviste con gli opinion leader di Vicenza indicano, infatti, che nel distretto si è affermato un certo numero di imprese dotate di marchi riconosciuti dal mercato, le quali, in virtù del proprio modello organizzativo, si possono considerare leader. Queste, nel tempo, per mantenere un buon livello di flessibilità operativa hanno stretto rapporti informali di collaborazione con i propri fornitori preferenziali, non seguendo necessariamente una strategia specifica, ma muovendosi secondo esigenze ed opportunità contingenti. Negli anni più recenti, però, alcune tra le maggiori imprese specializzate nella produzione di catename si sono trovate in condizioni di pesante difficoltà a causa della concorrenza dei paesi emergenti. Ciò ha evidentemente comportato conseguenze negative anche sull’indotto.

Ruolo guida delle imprese leader

Vicenza

FermoMontappone

BellunoSanta Croce Biella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

PugliaVicenza

Prato

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

I Distretti della Moda

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Page 164: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.5 - Cooperazione – Radicamento del distretto

L’accentuato individualismo degli imprenditori locali e le caratteristiche strutturali del settore orafo (la lavorazione esterna comporta sensibili perdite di materia prima preziosa) hanno fatto in modo che l'interdipendenza tra le imprese nei cicli produttivi non divenisse mai particolarmente spinta, con reti di collaborazione che comunque si estendono prevalentemente entro i confini del distretto stesso.

Interdipendenza produttiva e cooperazione tra imprese

VicenzaFermoMontappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPuglia

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.11.3 - Cooperazione – Interdipendenza produttiva

In tema di governance, il distretto orafo vicentino è caratterizzato dalla presenza di un’ampia schiera di portatori di interessi (associazioni di categoria, ente fiera, sistema camerale, enti locali, sistema politico locale) che, in mancanza di un equilibrio stabile e di una leadership forte, faticano ad assumere le necessarie azioni di coordinamento. In tale quadro, il rappresentante di distretto è la figura designata ad assicurare la coerenza strategica ed a monitorare la realizzazione dei progetti di sviluppo. Questi presiede il “Comitato di Indirizzo” ed il “Comitato Tecnico”, organismi composti da delegati delle differenti organizzazioni di categoria con compiti di indirizzo verso l’intero settore, ma che trovano grandi difficoltà nei loro tentativi di sviluppare una politica condivisa che possa sfociare in azioni concrete ed efficaci a livello collettivo.

Governance di distretto

Fermo MontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Valenza Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia Prato

Vicenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.11.4 - Cooperazione – Governance di distretto

Presso gli operatori, il settore orafo vicentino viene senz’altro percepito come una realtà di rilievo, ma tale percezione è assai meno accentuata presso il grande pubblico che, pur riconoscendo alcuni dei marchi di successo provenienti dal territorio, non associa immediatamente l'area di Vicenza - territorio caratterizzato da una molteplicità di importanti quanto diversificati settori industriali - alla sua storica produzione orafa, allentando così l’identità percepita tra distretto e sistema economico locale.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

VicenzaFermo Montappone

Belluno Santa CroceBiella

Valenza

VeronaMontebelluna Veneto Moda

Puglia Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

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I Distretti della Moda

Page 165: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.8 - Strategia – Propensione agli investimenti

Nel gran numero di imprese di piccola dimensione la gestione aziendale rimane, come naturale, largamente legata alla figura dell’imprenditore e al suo perimetro familiare. Nelle imprese di dimensioni maggiori (come ad esempio per Cielo, Bicego, Muraro ed altre) risulta invece che siano stati fatti dei passi importanti non solo in tema di passaggio generazionale, ma anche nella direzione della delega manageriale. Gli opinion leader intervistati segnalano allo stesso tempo anche qualche caso in cui imprenditori, dopo aver concesso ampia delega ai manager, si sono ricreduti riprendendo totalmente nelle proprie mani le redini di governo

Strategia

Al di là di alcuni marchi noti al grande pubblico grazie alle campagne di comunicazione messe in atto dalle imprese leader locali che hanno deciso di investire nella creazione e nel sostegno di un proprio brand, sono moltissime le realtà produttive del distretto qualificabili come unbranded.

Politiche di marca

VicenzaFermoMontappone BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVerona

MontebellunaVeneto Moda

PugliaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.11.6 - Strategia – Politiche di marca

Gli opinion leader locali riferiscono che gran parte delle imprese – soprattutto a causa della dimensione assai ridotta che le contraddistingue – non hanno saputo creare al loro interno in maniera strutturata capacità di innovazione e competenze strategiche di marketing, riducendosi quindi ad seguire le tendenze moda prevalenti sul mercato o più semplicemente evadendo gli ordini delle imprese di marca.

Orientamento al mercato

VicenzaFermoMontappone

Belluno Santa Croce BiellaValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPugliaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.11.7 - Strategia – Orientamento al mercato

La presenza preponderante di micro e piccole imprese ha generato, inoltre, una propensione agli investimenti non particolarmente accentuata. E’ importante sottolineare, però, che nel passato le imprese più strutturate e lungimiranti hanno investito in capacità produttiva e commerciale, costruendo delle storie di successo durature. Oggi, vista la precaria situazione strategica ed economica del distretto che si sovrappone alle generalizzate difficoltà congiunturali, la propensione agli investimenti degli imprenditori locali risulta ulteriormente assottigliata.

Propensione agli investimenti

VicenzaFermo Montappone

BellunoSanta CroceBiella

ValenzaVerona Montebelluna Veneto ModaPugliaPrato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

I Distretti della Moda

160

Page 166: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.11 - Innovazione – Tradizione e riposizionamento

dell’impresa. Ciò distingue il distretto di Vicenza rispetto alla quasi totalità dei distretti da noi incontrati, compreso l’affine distretto orafo di Valenza.

Nell’ampia schiera di terzisti che operano nel distretto vicentino risulta che i rapporti di fornitura siano prevalentemente di natura locale, ma viene segnalato anche qualche caso di produttori che lavorano per i grandi marchi internazionali del lusso. È importante tener conto del fatto che molti dei produttori per conto terzi del vicentino sono legati ad un numero assai limitato di committenti, fattore che li pone in una condizione di evidente vulnerabilità rispetto agli alti e bassi dei propri committenti e che, nel più recente periodo di difficoltà attraversato dal distretto, sta rivelando tutta la sua criticità.

Apertura del portafoglio clientela dei terzisti

Vicenza

FermoMontapponeBelluno Santa Croce

Biella

ValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda

Puglia

Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.11.9 - Strategia – Apertura portafoglio terzisti

Innovazione

Nel distretto orafo-argentiero di Vicenza sono solo le aziende più grandi ad effettuare investimenti regolari in innovazione stilistica. Ci viene riferito, infatti, che soltanto poche aziende dispongono di personale interno dedicato allo stile e che i piccoli si affidano a collaborazioni con designer esterni o si limitano ad adeguare le proprie produzioni alla domanda delle imprese leader con cui collaborano.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

Prato

Vicenza

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.11.10 - Innovazione – Propensione all’innovazione

Come abbiamo in parte già potuto osservare, il distretto nel suo insieme appare focalizzato su un modello produttivo e distributivo legato a schemi molto tradizionali, mentre il mercato globale si evolve in maniera sempre più rapida. Ci viene inoltre riferito che l’imprenditore locale – forte dei buoni risultati ottenuti nel passato – fatica a rimettere in discussione il proprio modo di affrontare il mercato e quindi non sempre riesce a comprendere appieno l’urgenza di avviare un percorso di riposizionamento strategico e commerciale che, in analogia a quanto osservato per il distretto orafo di Valenza, soltanto alcune imprese orafe hanno saputo intraprendere.

Tradizione e riposizionamento

FermoMontappone

Belluno Santa CroceBiellaValenza VeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia

Prato

Vicenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

161

I Distretti della Moda

Page 167: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.13 - Innovazione – Attrazione di competenze esterne

Limitato e sporadico risulta qui anche il ricorso a strumenti di tutela, sia passiva che attiva della proprietà intellettuale, fenomeno in buona parte imputabile, però, anche alle caratteristiche di un settore che si sente poco protetto dagli strumenti che l’ordinamento giuridico mette a disposizione. Un po’ più vivace appare, invece, almeno tra le imprese di maggiori dimensioni, l’attività di deposito di marchi sia a livello nazionale che internazionale.

La gestione degli aspetti logistici, infine, risulta affidata a metodi del tutto tradizionali e gestita su base prettamente individuale. Si segnala, anche qui come a Valenza, la presenza di alcuni corrieri locali che si sono specializzati a soddisfare le esigenze specifiche degli operatori del settore.

Internazionalizzazione

Con una quota di export dichiarata dal distretto attorno al 40% del fatturato complessivo, Vicenza indica una discreta propensione delle proprie imprese ai rapporti con l’estero. Tuttavia, siamo convinti che – in un contesto settoriale nel quale la domanda nazionale di oreficeria risulta da anni in contrazione strutturale – l’orientamento ai mercati internazionali delle imprese locali dovrebbe crescere senza indugio, puntando decisamente sulle opportunità provenienti dai mercati emergenti, nei quali il paniere d’acquisto del consumatore di fascia medio-alta premia ancora i beni dell’oreficeria e della gioielleria ed è potenzialmente in grado di apprezzare il nome, il gusto e la creatività italiane, laddove opportunamente promosse.

In tema di cooperazione delle imprese con il mondo universitario e della ricerca, al di là di sporadiche collaborazioni a carattere individuale, non viene segnalata una grande attività. In ambito di design e stile si rileva, invece, la presenza di diversi fenomeni di collaborazione tra singole imprese e designer esterni. Assai limitate risultano in quest’ambito le iniziative a carattere aggregato, così come appare evidente la carenza di investimenti – anche e soprattutto da parte del settore pubblico – destinate alla formazione delle professionalità orafe.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

VicenzaFermo

MontapponeBelluno

Santa CroceBiellaValenza

Verona

MontebellunaVeneto ModaPuglia Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.11.12 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

Nel contesto del distretto vicentino l’attrazione di competenze e talenti professionali da fuori distretto come opportunità di innovazione non appare essere presa in gran considerazione dai più, che preferiscono formare internamente e fidelizzare competenze specialistiche e mano d'opera squisitamente locali.

Attrazione di competenze esterne

VicenzaFermoMontappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza

Verona MontebellunaVeneto ModaPugliaPrato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

I Distretti della Moda

162

Page 168: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.15 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

L’interazione con i partner esteri è tipicamente di carattere commerciale facendo leva su accordi di distribuzione, non necessariamente regolati da vincoli contrattuali rigidi. Al contrario, chi va all'estero per produrre utilizza anche la forma della joint-venture con partner locali.

In tema di attività promozionali coordinate si può dire che le PMI del distretto rispondano abbastanza attivamente ad iniziative come missioni commerciali o fiere internazionali. In particolare, ci viene riportato che in passato sono sorti diversi consorzi di promozione dell'export, con un discreto seguito da parte delle imprese, ma il limite di tali consorzi sembra essersi rivelato nella modesta capacità di trasformare la loro attività promozionale in effettiva attività commerciale per le aziende aderenti. Recentemente si sta però risvegliando l’attenzione verso la ricerca di nuovi mercati di destinazione, sempre più necessari a compensare i cali strutturali dei fatturati sui mercati tradizionali: ecco che, di conseguenza, sta crescendo l’apprezzamento delle iniziative che puntano con serietà in questa direzione.

Quota export del distretto

FermoMontapponeSanta Croce BiellaValenza

VeronaMontebelluna Veneto ModaPuglia

Prato

Vicenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.11.14 - Internazionalizzazione – Quota export

Al di là della vasta schiera di imprese unbranded presenti nel distretto orafo di Vicenza, qui si distinguono marchi affermati all'estero come Chimento, Coin, Zancan, Comete, Cielo, Bicego, Pianegonda ed altri ancora. Se il consumatore estero, a seconda dei mercati, riconosce questi marchi, ciò non significa che associ il prodotto orafo di marca e la sua provenienza dal distretto veneto quale elemento di garanzia qualitativa. L’italianità del marchio rimane per questa categoria di consumatori uno degli elementi decisivi, senza arrivare a distinguerne tuttavia l’effettiva origine territoriale, ancora tutta da affermare. Diverso è il discorso per gli operatori del settore che, grazie anche alla capacità comunicativa ed alla tradizione della Fiera VicenzaOro, sono ben consapevoli della qualità dei prodotti messi a disposizione dal distretto.

Alcune imprese locali – dotate di una dimensione adeguata a sostenerne investimenti internazionali – nel recente passato hanno intrapreso un percorso di delocalizzazione di parte della propria produzione in paesi a minor costo del lavoro. Altre, invece, fanno produrre in questi paesi su commissione senza aver effettuato investimenti diretti. Ma, nel complesso, ancora molti sono quelli che si rivolgono alle capacità produttive offerte dalla filiera del distretto. Dagli opinion leader ci vengono segnalate alcune “mancate occasioni” di multi-localizzazione aggregata da parte delle individualiste imprese del distretto. Tra tutte ci viene riferita l’opportunità mancata di costituire unità produttive in Serbia per servire il mercato dell’area russa con sensibili vantaggi di carattere doganale.

Multi-localizzazione produttiva

Vicenza

FermoMontappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaPrato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

163

I Distretti della Moda

Page 169: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Tabella 3.11.1 - Dati di performance del campione

Posizionamento economico-finanziario

Il campione delle imprese del distretto orafo-argentiero di Vicenza si compone di 89 aziende, risultando così lievemente meno numeroso rispetto al campione di imprese dell’altro distretto orafo da noi considerato, quello di Valenza. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009, le aziende orafe vicentine nel loro complesso evidenziano una performance negativa in termini di dinamica dei fatturati, a differenza delle aziende valenzane, che invece nel medesimo periodo registrano una moderata crescita. Se si guarda al livello di marginalità operativa lorda, i due distretti si trovano sostanzialmente in linea, con valori che si aggirano intorno ad un Ebitda medio di periodo del 5% per entrambi.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

Puglia

Valenza Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Figura 3.11.16 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Tra gli operatori che compongono il campione del distretto vicentino (costituito dalle sole società di capitali per evidenti ragioni di reperibilità dei dati di bilancio), l’87% è rappresentato da piccole imprese con fatturati inferiori a 10 mln €, mentre la restante parte è composta da imprese di medie dimensioni (fatturati compresi tra 10 e 50 mln €). Tra le due, la fascia dimensionale delle medie imprese è quella che evidenzia performance sensibilmente migliori.

PERFORMANCE-Distretto orafo-argentiero di VicenzaFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 5.513 4,9% -3,3% 89 100% 17 19%Mediana 1.966 4,2% -8,2%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 26.371 5,7% 1,7% 12 13% 5 42% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 2.263 3,8% -10,0% 77 87% 12 16%

Fatturato complessivo 490.688

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

I Distretti della Moda

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Page 170: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.18 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

Dopo il 2007, anno di picco, il fatturato complessivo del campione inizia una fase di progressiva contrazione, attestandosi nel 2009 su livelli inferiori del 13% rispetto a quelli che registrava nel 2005. A pesare è soprattutto la caduta dei fatturati sperimentata dalle imprese di piccole dimensioni (-10% in media all’anno). Il margine operativo lordo medio riportato dal campione di distretto si riduce sensibilmente già a partire dal 2007, per scendere ad un valore medio del 3,2% nel 2009 (nel 2006 sfiorava il 6%). Anche in questo caso la fascia dimensionale più penalizzata è quella delle imprese più piccole.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100111 116

10387

0

20

40

60

80

100

120

140

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

EBITDA MGN

5,9%5,3%

4,3%

3,2%

5,5%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

Figura 3.11.17 - Dinamica della performance nel periodo 2005 -2009

Il grado di efficienza nell’impiego del capitale umano delle imprese del distretto di Vicenza risulta modesto se confrontato con la maggioranza degli altri distretti incontrati, ed in particolare, con la produttività media registrata dalle aziende orafe dei concorrenti di Valenza. D’altro canto, la redditività media del capitale investito (ROI) allinea orafi vicentini e valenzani su valori meno lontani. In termini dinamici, così come osservato per i margini lordi, anche l’indice di produttività (Ebit/dipendenti) ed il ROI crollano letteralmente dal 2007 in poi, penalizzando in maniera più pesante le imprese di piccola dimensione rispetto alle medie imprese.

165

I Distretti della Moda

Page 171: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Belluno

PratoMontebelluna

Santa Croce

Verona

Montappone

Puglia

Valenza Veneto

Vicenza

Fermo

Biella

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

EFFICIENZA - Distretto orafo-argentiero di VicenzaEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 8 3,8% 100% 17 19%Mediana 6 3,6%

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 13,1 5,1% 13% 5 42% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 4,3 2,3% 87% 12 16%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Tabella 3.11.2 - Dati di efficienza del campione

Figura 3.11.19 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005 -2009

Il quadro complessivo in termini di sostenibilità finanziaria delle imprese del distretto delinea una posizione vulnerabile, sia in assoluto che nel raffronto con gli altri distretti da noi esaminati. In particolare, per il distretto orafo vicentino si osserva da un lato un ricorso abbastanza diffuso al capitale di debito in proporzione ai mezzi propri, dall’altro si assiste ad una crescente difficoltà da parte delle imprese a generare flussi di marginalità operativa sufficienti a coprireadeguatamente lo stock di indebitamento.

2 Valori in mgl/€

EBIT/DIP2

9,6

13,1

1,2

6,7

11,3

0

2

4

6

8

10

12

14

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

ROI

3,0%

0,5%

4,7%

5,9%

4,8%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Figura 3.11.20 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

I Distretti della Moda

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Page 172: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.21 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005 -2009

È importante osservare, infine, la situazione relativa al livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. L’indice medio del campione di imprese operanti nel distretto presenta valori piuttosto stabili, seppur non particolarmente elevati, nell’arco dei cinque anni considerati. Va detto, però, che circa il 43% delle imprese del campione risulta sottocapitalizzata, con un deficit complessivo per il distretto che ammonterebbe a quasi 16 milioni di euro. Di converso, il 48% delle imprese vicentine appare adeguatamente capitalizzato, mentre il 9% presenta addirittura un livello di capitalizzazione più che adeguato, con un capitale complessivo di 1,9 milioni di euro potenzialmente da investire.

Negli anni il ricorso alla leva finanziaria si mantiene su valori medi piuttosto stabili, ma è l’ineluttabile trend di contrazione dei flussi di redditività operativa a penalizzare pesantemente il livello di sostenibilità finanziaria. Dal 2007 in avanti l’indice PFN/Ebitda arriva, infatti, ad assumere valori medi aggregati sempre più spinti, trainato dai valori critici raggiunti da molte imprese locali, in particolare da quelle appartenenti alla classe dimensionale più piccola.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto orafo-argentiero di VicenzaPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 6,8 1,8 100% 17 19%Mediana 5,2 2,2

- Grandi imp. 50 mln./€ - - - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 5,4 1,5 13% 5 42% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 9,5 2,3 87% 12 16%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

Tabella 3.11.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

D/E

1,81,61,7

2,01,8

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

PFN/EBITDA

5,8 5,36,3

8,0

11,1

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

12,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

167

I Distretti della Moda

Page 173: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.11.22 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

In sintesi

Il distretto orafo-argentiero di Vicenza evidenzia un modesto grado di cooperazione tra gli attori del territorio. Tale fenomeno appare dovuto in buona parte allo spiccato individualismo dell’imprenditoria locale, ma anche all’instabilità e all’opportunismo dei rapporti che intercorrono tra le imprese leader ed il novero dei propri fornitori. Da ciò consegue che l’interdipendenza tra le imprese del distretto nei cicli produttivi non risulta particolarmente intensa.

Nonostante il distretto sia formalmente dotato di un “Comitato di Indirizzo” e di un “Comitato Tecnico”, quali espressione dei diversi portatori di interesse presenti sul territorio, tali organi di governance mostrano evidenti difficoltà nel concretizzare politiche condivise di vantaggio comune.

Il tessuto produttivo vicentino si compone in prevalenza di aziende unbranded che – anche a causa della modesta dimensione aziendale – difficilmente sono riuscite a creare al loro interno capacità strutturate di innovazione e competenze strategiche di marketing, limitandosi così a seguire le tendenze del mercato e gli ordini delle imprese di marca.

Nelle imprese di più piccola dimensione la proprietà, e quindi la governance aziendale, rimangono nelle mani della famiglia dell’imprenditore, mentre alcune delle aziende maggiori dotate di marchi conosciuti hanno da tempo aperto al management esterno, pur non sempre con piena soddisfazione della proprietà.

Equity/Tot Attivo28%

28%

25%

26%27%

22%

23%

24%

25%

26%

27%

28%

29%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto orafo-argentiero di Vicenza

Capitalizzazione imprese(% su tot)

42,7%

48,3%

9,0%

PERFORMANCE-Distretto orafo-argentiero diVicenza

Carente Adeguata Più che adeguata

+1.9 Mio€

-15,7 Mio€

2,5 Mio€

Fatturato mediano Equity

2,4 Mio€

1,7 Mio€

I Distretti della Moda

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Page 174: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Per quanto riguarda la propensione all’innovazione, risulta che siano le imprese più grandi ad investire risorse in innovazione stilistica. Sono, infatti, davvero poche le imprese dotate al proprio interno di centri stile o che si affidano a designer indipendenti. Di conseguenza, il distretto vicentino non sembra essere ancora riuscito a compiere un vero processo di riposizionamento strategico, rimanendo ancorato ad un modello produttivo tradizionale, data anche l’avversione riferita dagli imprenditori locali a mettere in discussione il proprio modello di business, nonostante gli importanti segnali provenienti dal mercato.

Se da un lato la qualità del prodotto vicentino è riconosciuta anche a livello internazionale dagli addetti ai lavori grazie alla capacità promozionale della fiera internazionale “VicenzaOro”, dall’altro il consumatore finale pur riconoscendo i marchi delle imprese a brand del distretto, non sempre riesce ad associare il prodotto al territorio vicentino come garanzia di qualità.

Sebbene il distretto vicentino riferisca una storica vocazione all’export, la situazione economica sfavorevole ha notevolmente indebolito i flussi di esportazione delle imprese locali, soprattutto verso i mercati di sbocco tradizionali. Le opportunità offerte dai mercati emergenti non sembrerebbero tuttavia essere state ancora sfruttate appieno dagli orafi vicentini. Una delle ipotesi progettuali di interesse comune potrebbe quindi orientarsi verso l’organizzazione di business meeting, in collaborazione con un operatore bancario di livello internazionale, per incontrare i buyer di alcuni tra i mercati più attrattivi del momento.

Secondo dati riportati dal campione rappresentativo delle imprese del distretto orafo-argentiero di Vicenza, emerge un quadro economico in fase di indebolimento già dal 2007, sia in termini di volumi di vendita sia in termini di capacità reddituali delle imprese locali. Con l’avvento della crisi economica internazionale, il quadro si è ulteriormente deteriorato, con ripercussioni su tutti gli indicatori di performance e di efficienza economica delle imprese, ma ancor più su quelli di sostenibilità finanziaria, che a livello aggregato hanno raggiunto valori preoccupanti.

Sono le imprese di dimensioni minori – spesso già in precedenza caratterizzate da margini reddituali e da livelli di capitalizzazione modesti – a soffrirne in maniera più pesante. Ecco allora che – viste le ancor deboli prospettive di ripresa dei consumi e la difficile situazione finanziaria nella quale versano molte PMI del distretto – appare assolutamente necessaria una fase di ripensamento complessivo dei modelli di business e delle modalità di approccio al mercato, sia da parte delle singole realtà imprenditoriali sia, laddove possibile, attraverso l’individuazione di forme di aggregazione e di cooperazione attiva tra le imprese.

169

I Distretti della Moda

Page 175: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

3.12 Distretto del Tessile-Abbigliamento di Prato

Il distretto tessile di Prato ha rappresentato, e rappresenta a tutt’oggi, il più classico esempio di distretto industriale del nostro Paese. Prato viene da molti considerato il distretto per antonomasia per la tipicità delle relazioni tra le imprese, per il collegamento con il contesto sociale, per la sua forte specializzazione settoriale, per la frammentazione e la ricomposizione del ciclo produttivo, e per la presenza di comparti collegati.

La specializzazione di Prato nelle produzioni tessili affonda le sue radici nel Medioevo (XIII secolo), grazie alla presenza di attività economiche e risorse naturali che ne facevano una localizzazione ideale per questo tipo di produzioni. Il decollo industriale con il passaggio dalla manifattura artigianale ai sistemi di produzione industriale di lane cardate avviene però solo nella seconda metà dell’800. Al processo di industrializzazione contribuirà anche il cumularsi di uno sciame di innovazioni riguardante una particolare tecnica di produzione di lane cosiddette “meccaniche”, ottenute dal riciclaggio degli abiti usati e dei ritagli di confezione (i cosiddetti “stracci”): un tratto che caratterizzerà per decenni l’immagine esterna e interna della città e che ne farà, in larghissimo anticipo sui tempi, un esempio di industria eco-sostenibile.

Il grande sviluppo del distretto inizia però nel secondo dopoguerra in concomitanza di una riorganizzazione del sistema produttivo: il distretto si orienta, infatti, verso un modello organizzativo basato sulla divisione del lavoro in ambito locale fra micro-imprese specializzate per fasi di lavorazione in gran parte manifatturiere e artigiane, ma anche dedite a funzioni di intermediazione, coordinamento e commercializzazione. La divisione del lavoro e la specializzazione per fasi favorisce da sempre una forte attenzione alla soddisfazione delle esigenze del cliente che di conseguenza ha portato all’elevata propensione delle imprese del distretto a diversificare le proprie produzioni.

Gli anni ’70, con l’affermarsi del fenomeno “moda” collegato alla crescita dei redditi e alla rivoluzione dei costumi di quegli anni, introducono una forte discontinuità nei mercati dell’abbigliamento con una domanda di articoli sempre più frammentata, differenziata, instabile e stagionale. Queste variabili impongono alla filiera di dotarsi di strutture flessibili, pronte, leggere, che Prato riesce a realizzare, determinandone un sorprendente balzo in avanti in un momento nel quale l’industria tessile nazionale e internazionale non godono certo di piena salute.

Oltre alle produzioni laniere cardate, Prato inizia a esplorare ed a sviluppare altre micro-filiere tessili (filati pettinati fantasia per maglieria, jersey, pelliccette, spalmati, floccati), allargando lo spettro delle competenze nel trattare fibre non laniere, naturali o man-made.

Il mondo della moda (i protagonisti mondiali del prêt-a-porter, i confezionisti con marchi industriali, i grandi retailer industriali) da allora in poi chiederà a Prato quello che il distretto ha dimostrato di saper dare in più rispetto alle altre aree tessili: una continua capacità di rinnovo delle collezioni, creatività e capacità di rispondere a richieste di servizio sempre più complesse.

Alla fine degli anni ’90, il distretto tessile pratese si presenta come un’area assai vitale dal punto di vista competitivo e in buon assetto di marcia, con una importante crescita del terziario e con significative esperienze di diversificazione produttiva anche in settori correlati al tessile come il meccano-tessile.

Con l’avvio del nuovo secolo si apre tuttavia un periodo di crisi del tessile pratese a fronte di una più generale flessione dell’industria tessile. Le concause sono da ricercare in parte in ragioni congiunturali, ma anche e soprattutto nei mutamenti strutturali che, nel volgere di pochissimo tempo, hanno ridefinito il volto del settore tessile-abbigliamento a livello globale.

Sul piano congiunturale va sottolineato il vuoto di domanda dovuto ad una delle più lunghe fasi di crisi dei consumi del dopoguerra che ha particolarmente colpito i mercati geografici (Germania in primis) e i segmenti di mercato di riferimento. Una crisi che si è acuita a seguito di quella immobiliare e finanziaria del 2008.

I Distretti della Moda

170

Page 176: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

La dinamica del dollaro rispetto all’euro ha altresì schermato i mercati potenzialmente più dinamici ed ha conferito ulteriori munizioni ai competitor extraeuropei per attaccare le posizioni dei produttori italiani.

Sul piano strutturale si è manifestata un’integrazione internazionale sempre più intensa delle economie emergenti dotate di elevate e crescenti capacità manifatturiere (non solo nel tessile-abbigliamento) e grandi vantaggi in termini di costo dei fattori produttivi, talvolta in situazioni di competizione asimmetrica.

Le reti di distribuzione e dei marchi hanno assunto un ruolo sempre più forte con conseguenti processi di concentrazione degli operatori, estensione internazionale del loro raggio d’azione e spostamento a valle dei processi di generazione del “valore” e quindi del potere economico all’interno delle supply chain.

L’interazione delle due precedenti dinamiche, da un alto, con i grandi retailer/confezionisti indotti ad adottare strategie di delocalizzazione/approvvigionamento su scala globale e la drammatica caduta dei consumi di tessuti di lana cardata dall’altro (tipica delle produzioni pratesi), conseguente all’affermazione di prodotti sostitutivi e di stili di vita che tendono ad alleggerire sempre più il peso degli abiti, hanno infine contribuito ad acuire le dinamiche in corso.

Dal punto di vista organizzativo, il tessuto produttivo che contraddistingue il distretto di Prato è composto da imprese generalmente di piccole dimensioni che operano in una o più fasi della filiera. Esse svolgono tipicamente lavorazioni per conto terzi, più frequentemente per l’ultimo anello della catena, il lanificio, che normalmente coordina tutte le lavorazioni e tutti i passaggi lungo la filiera, limitando il proprio intervento alla progettazione, all’acquisto di materie prime e semilavorati, al coordinamento della produzione decentrata e alla commercializzazione del prodotto finito. È possibile infine individuare alcune imprese leader, generalmente di maggiori dimensioni, non solo tra i lanifici, ma anche in altre fasi della filiera (es. tintorie o produttori di filati).

Posizionamento qualitativo

Sulla base della rielaborazione delle interviste effettuate con i suoi opinion leader, il distretto tessile di Prato si posiziona nella parte inferiore di entrambe le nostre matrici qualitative. In particolare, se confrontato con le altre realtà incontrate da noi nel corso del progetto, il distretto presenta valori modesti in termini di cooperazione, strategia e innovazione, mentre registra valori non elevati, ma comunque allineati a quelli di altri distretti, sull’asse tematico dell’internazionalizzazione.

Cooperazione

Fermo

Montappone

Belluno

Santa Croce

Biella

Valenza

Verona

Montebelluna

Veneto Moda

Puglia

Vicenza

Prato

Stra

tegi

a

Innovazione

PratoVicenza

Puglia

Veneto Moda

Montebelluna

Verona

Valenza

Biella

Santa Croce

Belluno

Montappone

Fermo

Inte

rnaz

iona

lizza

zion

e

Figura 3.12.1 - Posizionamento qualitativo del distretto

171

I Distretti della Moda

Page 177: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.3 - Cooperazione – Governance di distretto

Cooperazione

Relativamente al grado di cooperazione misurato su Prato riscontriamo un valore pari al 35% del punteggio massimo ottenibile, valore che pone il distretto in una posizione di evidente svantaggio rispetto agli altri distretti visitati; in particolare, balza all’occhio la differenza con l’affine distretto tessile di Biella che, totalizzando un livello di cooperazione pari al 68%, dimostra una capacità di cooperazione interna ben più spiccata.

Dalle interviste con gli opinion leader emerge che a Prato – in un contesto ove prevale nettamente la piccola impresa – il ruolo trainante viene svolto dalle imprese che mantengono le relazioni commerciali con la clientela dei confezionisti e delle grandi piattaforme della fashion industry. In tale contesto, il ruolo strategico delle imprese “capofila” si è però modificato negli anni: se, infatti, fino al 2005-’06 questa categoria di attori era capace di coinvolgere con il proprio rinnovamento tecnologico e con la propria crescita anche i piccoli terzisti del distretto, oggi le strategie delle imprese leader appaiono orientate a collaborazioni più estemporanee, che basano la relazione con il territorio su fattori competitivi più basilari, come il prezzo. Di conseguenza, il grado di trasferimento del know-how tra le imprese maggiori e la propria rete di collaboratori – da sempre elemento chiave per garantire qualità e servizio al cliente finale – si è nettamente affievolito. Le imprese leader, data la congiuntura non favorevole e la variabilità degli ordini, si sono organizzate per filtrare la volatilità del mercato, limitando la quota di produzione interna e stabilizzando così il flusso degli ordini. Così facendo queste aziende si sono trasformate in mere piattaforme commerciali, con le quali la rete locale di piccole imprese intrattiene relazioni più superficiali che nel passato.

Ruolo guida delle imprese leader

Prato

FermoMontappone Belluno

Santa Croce Biella

ValenzaVerona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.12.2 - Cooperazione – Ruolo imprese leader

L'attività delle reti produttive risulta contraddistinta da una prevalenza di movimenti su base locale. In particolare, vi sono lavorazioni, come quelle della "lana rigenerata", che sono svolte in esclusiva all’interno del distretto. Va però detto che, di recente, le reti di collaborazione si stanno allungando oltre i confini del distretto per sopperire al progressivo venir meno di capacità produttiva locale, persa con la chiusura di molte piccole imprese che non hanno retto la crisi. A conferma del citato fenomeno di allungamento delle reti a livello nazionale, ci viene riportato che si sta recentemente costituendo un asse produttivo Biella-Vicenza-Prato. .

In termini di governance, il distretto di Prato non si trova in una situazione di particolare forza. Non esiste, infatti, un ente ufficialmente preposto a coordinare le attività del distretto tessile, ed in questo la normativa regionale della Toscana non viene in aiuto. Sono i diversi soggetti dell’associazionismo imprenditoriale locale (Unione Industriali, CNA, Camera di Commercio) che, operando nei rispettivi ambiti, promuovono specifiche attività a favore dei propri associati, senza tuttavia riuscire a mettere in moto veri e propri progetti integrati a livello distrettuale e quindi ben lungi dal poter esprimere una strategia comune.

Governance di distretto

Fermo MontapponeBelluno

Santa CroceBiella

Valenza Verona

Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza

Prato

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

I Distretti della Moda

172

Page 178: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.6 - Strategia – Strategie di sviluppo

L'avvento del fenomeno del fast fashion nel settore abbigliamento-moda ha tuttavia reso la componente del “servizio” sempre più importante per competere: “flessibilità” e “creatività” sono quindi divenute le parole d’ordine sulle quali si deve basare la produzione in ottica demand-pull, a cui ormai molte aziende pratesi si sono convertite. Questo vuol dire saper interagire

Il territorio pratese è un’area fittamente industrializzata contraddistinta dalla preponderanza assoluta del settore tessile. La filiera, che si sta estendendo anche ad alcuni comparti dell’abbigliamento, senza contare l'indotto, muove oltre i 2/3 dell'economia locale. Pertanto, a livello nazionale l'economia di Prato viene comunemente identificata con l’attività tessile e quindi la sovrapposizione tra distretto produttivo ed economia locale appare in questo caso pressoché assoluta.

Radicamento del distretto nel tessuto sociale ed economico locale

PratoFermo Montappone

Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona

Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Figura 3.12.4 - Cooperazione – Radicamento del distretto

Strategia

In tema di politiche di marca va detto che – trattandosi di un distretto tipicamente concentrato su produzioni intermedie per l’industria della moda ed al tempo stesso contraddistinto dalla fitta presenza di imprese medio-piccole, anche tra i soggetti “capofila” che si relazionano con il mercato – ben difficilmente si incontrano a Prato imprese orientate allo sviluppo di politiche di marca. Ciononostante, gli operatori professionali dei settori clienti riconoscono la storica esperienza e quindi la credibilità di prodotto delle imprese locali quali elementi di garanzia. Ciò detto, a Prato non si registrano tuttavia vere e proprie “storie di marca tessile” a differenza di quanto è invece riuscita ad esprimere la provincia di Biella con le sue eccellenze che l’hanno resa nota in tutto il mondo.

Politiche di marca

Prato FermoMontappone BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVerona

MontebellunaVeneto Moda

Puglia Vicenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.12.5 - Strategia – Politiche di marca

In termini di strategie di sviluppo, un distretto di lunga tradizione produttiva come questo, ci segnala una forte attenzione al rinnovo continuo dei contenuti di prodotto, tuttavia nella forma prevalente dell’innovazione stilistica o - laddove vengano toccati contenuti di carattere tecnico - quasi esclusivamente nella forma di innovazione incrementale.

Strategie di sviluppo (prodotto/marketing)

Prato

FermoMontappone BellunoSanta Croce BiellaValenza VeronaMontebelluna

Veneto ModaPugliaVicenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

173

I Distretti della Moda

Page 179: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.7 - Strategia – Propensione agli investimenti

Secondo quanto riportato dagli intervistati, risulta che soltanto pochi imprenditori pratesi abbiano programmato in modo organico il difficile momento del passaggio generazionale. Vista la modesta dimensione media di gran parte delle loro imprese, anche l’aspetto strettamente collegato alla delega manageriale e alla governance d’impresa, è risultato di difficile soluzione. Pur non essendo sempre disponibile, infatti, nell'ambito della famiglia una giovane generazione motivata ed all’altezza per continuare la storia di successo del genitore, vengono riferiti soltanto pochi casi di reale apertura a manager esterni che non siano confinati a rappresentare mere figure tecniche prive di deleghe decisionali.

Figura 3.12.8 - Strategia – Passaggio generazionale e Governance d’impresa

Per quanto riguarda l’apertura del portafoglio clienti dei terzisti, risulta che le piccole imprese del distretto lavorino prevalentemente (per l’80% circa) come fornitrici delle imprese di riferimento locali. Queste ultime, per alcune lavorazioni più complesse e particolari, in mancanza di competenze o di capacità produttiva locale, attingono però anche collaborazioni mirate a livello nazionale o talvolta estere.

Innovazione

Tra le imprese del distretto pratese sembrano essere le imprese capofila (quelle a più diretto contatto con il mercato) ad effettuare in prevalenza gli investimenti in ricerca ed innovazione, mentre le piccole imprese nella maggior parte dei casi si limitano ad adeguare la propria produzione alla domanda delle imprese leader. È in ogni caso importante rilevare che l’innovazione è qui intesa come ricerca sui materiali e ricerca stilistica da proporre al cliente, quindi essenzialmente innovazione di prodotto. La cooperazione tra imprese nell’ambito dell’innovazione è assai limitata. Si tratta, infatti, di un tema molto delicato che risveglia tra i

Passaggio generazionale e governance

PratoFermo Montappone

BellunoSanta Croce

BiellaValenzaVeronaMontebelluna

Veneto Moda PugliaVicenza

0% 10% 20% 30% 40%

efficacemente con il cliente, e quindi sapersi confrontare sempre più con gli uffici stile delle catene del fast fashion, per sviluppare con massima prontezza prodotti che rispondano alle necessità e alle tendenze del momento.

Ci viene riferito dagli opinion leader del territorio che, in termini di propensione agli investimenti, vi sono alcuni imprenditori fortemente focalizzati sul proprio business i quali, ogniqualvolta si è rivelato necessario, hanno alimentato il capitale dell’impresa di famiglia. Al fianco di questi sono stati in molti quelli che, invece, hanno mantenuto le proprie imprese in condizioni di modesta capitalizzazione, per diversificare i propri investimenti in attività differenti dal core business tessile, come ad esempio nell’immobiliare, non contribuendo in questo modo alla salute economica del settore nel territorio.

Propensione agli investimenti

PratoFermo Montappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPugliaVicenza

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

I Distretti della Moda

174

Page 180: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.10 - Innovazione – Sinergie con università/centri di ricerca e stile

In tema di attrazione di competenze specialistiche quale fonte di innovazione, se solitamente le imprese preferiscono privilegiare il percorso di crescita interna delle proprie risorse, in qualche caso le aziende più grandi si orientano anche fuori distretto per attrarre competenze di elevato profilo. Ciò avviene soltanto in campo strettamente tecnico; come già accennato in tema di governance d’impresa, infatti, tra gli imprenditori pratesi le remore all’inserimento di competenze esterne in campo manageriale sono ancora molto forti. Sempre in tema di risorse umane e formazione delle competenze ci viene riferito che un problema particolarmente sentito è quello legato alle scuole tecniche, che negli anni hanno perso molto in termini di attrattività e quindi anche di capacità di rinnovare il patrimonio di maestranze e di tecnici per il distretto: un problema strutturale che andrebbe affrontato con interventi congiunti pubblico-privato, se si vuole continuare a scommettere sul futuro del settore sul territorio.

Assi sporadico risulta poi il ricorso da parte delle imprese del distretto a forme di tutela della proprietà intellettuale. Ciò è particolarmente vero nel tessile tradizionale, visto il limitato impatto pratico di tali azioni, mentre si registra una certa attività brevettuale nell'ambito del tessile tecnico e del settore attiguo del meccano-tessile, ove l’utilità percepita è maggiore.

competitors una forte componente di “gelosia” tale per cui le possibilità di collaborazione sono fortemente ridotte.

Propensione all'innovazione

FermoMontappone Belluno Santa CroceBiella

Valenza

Verona Montebelluna Veneto ModaPuglia

Vicenza

Prato

10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

Figura 3.12.9 - Innovazione – Propensione all’innovazione

In tema di evoluzione strategica del distretto, va detto che l’area pratese nel corso della sua storia si è contraddistinta per un forte orientamento delle proprie produzioni all’ottenimento di vantaggi di costo. Nel tempo le aziende, pur manifestando un forte attaccamento alla tradizione, hanno anche saputo assecondare le evoluzioni della domanda, adattando in modo flessibile la gamma dei propri prodotti, ma non si può tuttavia parlare di una vero e proprio “riposizionamento” strategico del distretto. In questo senso, secondo quanto riferito dagli opinion leader intervistati, il distretto sembra non aver colto delle ottime opportunità che gli avrebbero consentito di riqualificarsi sotto il profilo strategico..A titolo di esempio ci viene riferito del caso del mancato spostamento in massa degli operatori verso il settore del “tessile tecnico”, un segmento meno esposto agli effetti della congiuntura economica ed a maggior valore aggiunto.

La collaborazione con il mondo accademico è qui un dato di fatto abbastanza consolidato. Vengono riportati diversi fenomeni di collaborazione tra imprese ed università, talvolta anche coordinati a livello territoriale: esistono rapporti regolari con l’Università di Firenze (Polo di Prato), con il Polimoda, con l’Università Sant’Anna di Pisa ed anche con la Fondazione Nord Est. Si tratta di iniziative spesso promosse e coordinate in seno all'Unione Industriali, che in questo campo si è dimostrata un efficace crocevia di relazioni.

Sinergie con universita'/centri di ricerca e stile

Prato

FermoMontappone

BellunoSanta CroceBiella

Valenza

Verona

MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

175

I Distretti della Moda

Page 181: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.12 - Internazionalizzazione – Multi-localizzazione produttiva

Chi opera con l’estero ricorre spesso alla pratica della partnership commerciale (es. accordi di distribuzione) destinata alla penetrazione di specifici mercati di particolare interesse strategico. La soluzione più frequente è rappresentata dal ricorso alla figura dell'agente locale, ma non mancano aziende che si sono impegnate nella costituzione di uffici di vendita diretti nei mercati ritenuti più attrattivi.

Nell’associazionismo imprenditoriale di Prato si riscontra storicamente un’interessante attività promozionale organizzata a favore delle PMI: fin dal 1979 esiste, infatti, un consorzio costituito su iniziativa dell’Unione Industriali, denominato Pratotrade. Il consorzio, che raggruppa un centinaio di aziende tessili locali, organizza importanti manifestazioni espositive e promuove la commercializzazione dei prodotti tessili dei soci, fornendo loro assistenza tecnica, logistica e organizzativa. Pratotrade ha, inoltre, costituito il Centro Studi Tendenze, che mette a disposizione

Anche se da alcuni anni è stato creato un interporto, la gestione degli aspetti logistici è condotta dalle imprese locali su base prevalentemente individuale. Il fattore logistico viene, infatti, percepito da molti come un’attività cruciale nel rapporto con la clientela e come fonte di possibili vantaggi competitivi, a patto che sia gestito come fattore differenziante e non come pura voce di costo.

Internazionalizzazione

La quota export dichiarata dal distretto tessile di Prato è attorno al 50% del fatturato complessivo, dato che indica una buona propensione al commercio internazionale da parte delle imprese del territorio. L’export si dirige in primis verso l’Europa (il primo mercato di sbocco rimane la Germania), seguono poi gli USA, mentre risultano in progressiva crescita le esportazioni verso l’Estremo Oriente.

Quota export del distretto

FermoMontapponeBelluno

Santa Croce Biella ValenzaVerona

MontebellunaVeneto ModaPuglia Vicenza

Prato

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%

Figura 3.12.11 - Internazionalizzazione – Quota export

Tra gli addetti ai lavori internazionali le imprese del distretto di Prato – pur in assenza di brand riconosciuti in ambito retail – sono ben note per gli standard qualitativi ed i contenuti di servizio che riescono a garantire a clienti esigenti del calibro di Zara, H&M, Mango e molti altri, i quali considerano il distretto un punto di riferimento per l’acquisto di semi-lavorati tessili di qualità.

Prato è un distretto industriale nel quale la catena del valore della filiera viene prevalentemente mantenuta sul territorio. Si registrano, infatti, soltanto alcuni casi sporadici di delocalizzazione ed altri di multi-localizzazione produttiva destinata a servire specifici mercati, ma tali realtà non rappresentano l’esempio tipico di quanto avviene sul territorio, bensì l’eccezione.

Multi-localizzazione produttiva

Prato

FermoMontappone Belluno

Santa CroceBiellaValenzaVerona MontebellunaVeneto Moda

PugliaVicenza

20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

I Distretti della Moda

176

Page 182: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Tabella 3.12.1 - Dati di performance del campione

degli associati ricerche sui trend di mercato e informazioni sugli orientamenti moda e sui consumi del settore moda nel mondo.

Posizionamento economico-finanziario

Con le sue 307 aziende, il campione delle imprese del distretto tessile di Prato è il più numeroso tra quelli trattati nel nostro studio, con un fatturato complessivo nel 2009 superiore a 2 miliardi di euro. Se messo a confronto con gli altri distretti analizzati, nel periodo considerato lo storico distretto pratese mostra una performance debole misurata da una regressione sia dei volumi che dei margini operativi. I risultati di Prato, tuttavia, non si allontanano di molto da quelli riportati dall’affine distretto tessile di Biella, mostrando una situazione di difficoltà complessiva in cui versa ormai da anni il comparto del tessile italiano. Se in termini di volumi, però, le dinamiche dei due distretti sono analoghe, si riscontra una sensibile differenza a svantaggio del distretto toscano in termini di marginalità operativa.

Performancemedia periodo 2005-2009

Veneto

Belluno

Prato

MontebellunaSanta Croce

Verona

Montappone

PugliaValenza

Vicenza

Fermo

Biella

0%

2%

4%

6%

8%

10%

12%

14%

16%

18%

20%

-8% -6% -4% -2% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12%

Cagr Fatturato

Ebitd

a m

gn.

Figura 3.12.13 - Performance media di periodo (posizionamento migliore:quadrante in alto a destra)

Tra le imprese che costituiscono il campione di società di capitali rappresentativo della realtà del distretto, il 79% sono piccole realtà con fatturati inferiori a 10 mln €. Sono, però, le imprese con fatturato compreso tra i 10-50 milioni di euro a mostrare i risultati migliori rispetto alle realtà produttive più piccole.

PERFORMANCE - Distretto PratoFatt. medio1 ebitda mg2 cagr fatt3 Aziende % Campioni %

Media 7.203 4,3% -3,8% 307 100% 48 16%Mediana 4.270 4,1% -5,1%

- Grandi imp. 50 mln./€ 184.855 4,5% -8,9% 1 0% - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 17.002 4,9% -2,2% 62 20% 24 39% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 3.986 3,7% -4,4% 244 79% 24 10%

Fatturato complessivo 2.211.423

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-20093 Tasso di crescita 2005-2009

Performance

177

I Distretti della Moda

Page 183: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.15 - Efficienza media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in alto a destra)

Dal 2007 il fatturato complessivo del campione inizia una fase di contrazione sino ad attestarsi nel 2009 ad un livello inferiore del 14% rispetto a quello registrato nel 2005. La media dei margini operativi lordi riportata dalle imprese del distretto toscano dopo il 2006 inizia una fase discendente, accentuata nel 2008-’09 dalla caduta dei flussi reddituali sperimentata soprattutto dalle imprese più piccole.

1 Valori su base 100 anno 2005

TREND FATTURATO1

100 106 106 10086

0

20

40

60

80

100

120

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

EBITDA MGN

5,0% 4,9%

3,9%

2,9%

4,7%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

Figura 3.12.14 - Dinamica della performance nel periodo 2005 -2009

In termini di efficienza della forza-lavoro impiegata e di rendimento del capitale investito, il distretto di Prato mostra valori relativamente modesti rispetto gli altri distretti studiati, peraltro non lontani da quelli dei produttori tessili biellesi. In particolare, l’osservato crollo dei margini di redditualità operativa si traduce in una netta diminuzione della produttività e del rendimento del capitale investito. Dopo aver raggiunto un picco nel 2007, l’indice medio EBIT/Dipendenti del distretto pratese inizia a ridursi fino a raggiungere nel 2009 un livello di gran lunga inferiore rispetto a quello del 2005. Analoga è la dinamica che caratterizza il ROI. In termini dimensionali sono comunque le aziende di medie dimensioni a rimanere più performanti.

I Distretti della Moda

178

Page 184: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.16 - Dinamica dell’efficienza nel periodo 2005 -2009

Il grado di sostenibilità finanziaria che registrano le imprese pratesi in questo momento non appare ottimale. Tale quadro è comparativamente più delicato di quello presentato dall’omologo distretto di Biella, che presenta dati meno compromessi. Non è tanto il rapporto di leva finanziaria (D/E) a preoccupare (nel periodo considerato quest’indice appare sostanzialmente in equilibrio), ma è piuttosto la capacità di ripagare lo stock di debito accumulato attraverso i flussi di reddito a conferire al distretto uno stato di vulnerabilità.

EFFICIENZA - Distretto PratoEbit/Dip.2 ROI2 % Campioni %

Media 10 2,9% 100% 48 16%Mediana 12 3,9%

- Grandi imp. 50 mln./€ 1,4- -1,0% 0% - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 15,3 4,1% 20% 24 39% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 10,3 2,5% 79% 24 10%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Efficienza

Tabella 3.12.2 - Dati di efficienza del campione

EBIT/DIP2

9,5

13,8

3,3

9,1

14,1

02468

10121416

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

ROI

2,5%

0,9%

3,1%

4,1% 4,1%

0,0%0,5%1,0%1,5%2,0%2,5%3,0%3,5%4,0%4,5%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

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I Distretti della Moda

Page 185: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Tabella 3.12.3 - Dati di sostenibilità finanziaria del campione

Sostenibilità finanziariamedia periodo 2005-2009

Biella

Fermo

Vicenza

VenetoValenza

Puglia

Montappone

Verona

Santa Croce

MontebellunaPrato

Belluno

0,0

2,0

4,0

6,0

8,0

10,0

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5

D/E

PFN

/ Eb

itda

Figura 3.12.17 - Sostenibilità finanziaria media di periodo (posizionamento migliore: quadrante in basso a sinistra)

Ad eccezione dell’unica impresa di grandi dimensioni presente nel campione, le imprese del distretto tessile pratese sono interessate da un netto deterioramento degli indici di sostenibilità finanziaria. Infatti, il rapporto tra PFN ed EBITDA medio di distretto registra un evidente inasprimento tra il 2008 e il 2009, pur in un contesto di leva finanziaria che si mantiene stabile entro valori non preoccupanti. Il peggioramento dell’indice di sostenibilità è quindi interamente imputabile al crollo delle marginalità operative, piuttosto che al ricorso a maggior debito da parte delle imprese locali.

SOSTENIBILITA' FIN. - Distretto PratoPFN/ebitda2 D/E2 % Campioni %

Media 4,6 1,0 100% 48 16%Mediana 3,3 1,2

- Grandi imp. 50 mln./€ 0,5 0,1 0% - - - Medie imp. fatt. 10 - 50 mln./€ 5,1 1,2 20% 24 39% - Piccole imp. fatt. < 10 mln./€ 4,9 1,1 79% 24 10%

Fatturato complessivo

1 Ricavi netti bilancio 2009 (€ .000)2 Media periodo 2005-2009

Sostenibilità finanziaria

I Distretti della Moda

180

Page 186: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

Figura 3.12.19 - Adeguatezza del livello di capitalizzazione delle imprese del distretto

D/E

1,00,90,9

1,01,1

0,0

0,2

0,4

0,6

0,8

1,0

1,2

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

PFN/EBITDA

3,7 3,5 3,8

5,6

8,9

0,01,02,03,04,05,06,07,08,09,0

10,0

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

Figura 3.12.18 - Dinamica della sostenibilità finanziaria nel periodo 2005 -2009

È interessante osservare, infine, la situazione relativa al livello di capitalizzazione delle imprese del distretto, misurato dall’indice Equity/Totale Attivo. Tale indice è abbastanza stabile a livello aggregato e si cristallizza intorno al 33% nel biennio 2008-2009. Secondo i dati di bilancio 2009, il 43% delle imprese tessili pratesi è, però, sottocapitalizzata per un totale di 67 milioni di euro di deficit, se si volessero portare tutti gli operatori alla soglia di capitalizzazione da noi considerata sufficiente. Da notare la presenza nel distretto di una piccola parte di imprese (8%) che risulta più che adeguatamente capitalizzata con un ammontare di equity potenzialmente reinvestibile pari a 24 milioni di euro. In termini dimensionali, è possibile osservare che sia le imprese “sottocapitalizzate” che quelle “più che adeguatamente capitalizzate” sono mediamente di piccole dimensioni.

Equity/Tot Attivo

33% 33%

28% 27%28%

21%

23%

25%

27%

29%

31%

33%

35%

2005 2006 2007 2008 2009

Distretto Prato

Capitalizzazione imprese(% su tot)

43,0%

48,9%

8,1%

Distretto Prato

Carente Adeguata Più che adeguata

+23,5 Mio€

-66.6 Mio€

3,2 Mio€

Fatturato mediano Equity

5,6 Mio€

3,7 Mio€

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I Distretti della Moda

Page 187: VOLUME_I Distretti della Moda.pdf

In sintesi

Il distretto di Prato è composto da imprese mediamente di piccole dimensioni, che operano in una o più fasi della filiera. Esse svolgono tipicamente lavorazioni per conto terzi, spesso per l’ultimo anello della catena, il lanificio, che normalmente coordina tutti i passaggi lungo la filiera, limitando il proprio intervento alla progettazione, all’acquisto di materie prime e semilavorati, al coordinamento della produzione decentrata ed alla commercializzazione del prodotto finito. È inoltre possibile individuare imprese leader non solo tra i lanifici, ma anche in altre fasi cruciali della filiera (es. tintorie o produttori di filati).

La necessità di un elevato livello di collaborazione per garantire il rispetto dei tempi, il servizio e la qualità, che ha portato negli anni alla formazione di rapporti stabili e duraturi tra lanifici ed imprese di lavorazione più a monte, sembra ormai un lontano ricordo. Le dichiarazioni degli opinion leader intervistati ci riportano, infatti, un quadro assai mutato, ove le relazioni tra le imprese leader e la filiera stanno divenendo sempre più superficiali ed estemporanee. Di conseguenza, il grado di trasferimento del know-how tra le imprese maggiori e la rete dei propri collaboratori si è oggi nettamente affievolito. Al tempo stesso le reti di collaborazione si stanno allungando oltre i confini del distretto per sopperire al progressivo venir meno di capacità produttiva locale, persa con la chiusura di molte piccole imprese del substrato produttivo pratese.

L’assenza di un ente dotato di personalità giuridica ed ufficialmente preposto a coordinare le attività del distretto non contribuisce certo a valorizzare il potenziale di collaborazione tra le imprese. Sono i diversi soggetti dell’associazionismo imprenditoriale locale (Unione Industriali, CNA, Camera di Commercio) che, operando nei rispettivi ambiti, promuovono specifiche attività a favore dei propri associati, senza tuttavia riuscire a mettere in moto dei veri e propri progetti integrati di respiro distrettuale, e quindi ben lungi dall’arrivare ad esprimere una strategia comune.

Anche in ambito strategico il distretto evidenzia alcune importanti criticità: la modesta propensione agli investimenti, le difficoltà nella gestione del passaggio generazionale, le mancate opportunità di riposizionamento su fasce di mercato più attrattive sono solo alcuni dei punti sui quali gli imprenditori di Prato faticano a trovare slancio.

In tema di formazione, mentre la collaborazione con il mondo accademico pare ben articolata e vitale, più problematico risulta essere il rapporto del territorio con le scuole tecniche. Quest’ultime negli anni hanno perso, infatti, molto in termini di capacità attrattiva verso i giovani e quindi si è ridotta la capacità di rinnovare il patrimonio di tecnici e di maestranze qualificate per il distretto: un serio problema strutturale che andrebbe affrontato con interventi congiunti pubblico-privato, se si vuole continuare a scommettere sul futuro del settore sul territorio.

Prato è un distretto industriale nel quale la catena del valore della filiera viene prevalentemente mantenuta sul territorio. Si registrano, infatti, soltanto alcuni sporadici casi di delocalizzazione ed altri casi di multi-localizzazione al servizio di specifici mercati. Questi fenomeni non rappresentano, però, un modello organizzativo tipico dell’economia del distretto, come accade in alcune delle aree industriali da noi visitate, bensì l’eccezione.

Sotto il profilo economico-finanziario le imprese del distretto di Prato accusano senza dubbio il colpo della recente crisi economica globale che si sovrappone, peraltro, ad una situazione di difficoltà strategica nella quale il comparto tessile ed il distretto si trovavano già da tempo. Sono le aziende più piccole a risentire maggiormente della congiuntura sfavorevole, che ne ha intaccato pesantemente i margini reddituali e, come conseguenza, la sostenibilità finanziaria, che risulta oggi in molti casi in posizione piuttosto critica.

Esiste la necessità urgente di individuare modalità aggregative e di cooperazione tra le imprese della filiera, destinate a mettere in comune storie ed esperienze sulle quali fondare l’innovazione tecnica e il riposizionamento strategico delle imprese, ingredienti

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indispensabili per ambire al recupero delle quote di mercato, dei margini di efficienza e di redditività oggi perduti.

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4 Conclusioni

Un gruppo bancario italiano che nel corso dell’ultimo decennio è divenuto a pieno titolo internazionale, ma che intende mantenere e addirittura rafforzare le proprie radici sui territori ove risiedono le imprese sue clienti, ed una federazione che raggruppa i distretti industriali e produttivi più rappresentativi del nostro sistema economico, la quale da oltre 15 anni lavora per far dialogare tra loro reti e filiere a base locale al fine di promuoverne le relazioni reciproche ed orientare le politiche industriali agevolandone lo sviluppo, sono i due partner inconsueti di quest’iniziativa. Un progetto che li ha visti insieme protagonisti di un viaggio lungo oltre 8.000 Km tra territori titolari di realtà industriali assai diverse tra loro, ma accomunate dal fatto di operare con storica passione in quei settori produttivi tra loro attigui e talvolta complementari, comunemente definiti il Sistema Moda-Persona. Il Gruppo UniCredit e la Federazione dei Distretti Italiani, dopo la prima collaborazione di successo realizzata nel 2009 sull’ampio e variegato settore della meccanica, nel corso del 2010 – in un momento storico non certo facile per l’economia italiana nel suo complesso ed in particolare per i settori del made in Italy – hanno voluto insieme quest’iniziativa con intenti ben più ampi e profondi di una semplice attività di studio o di promozione: la volontà comune è, infatti, quella di “conoscere per agire”. Agire secondo le rispettive capacità e competenze allo scopo di favorire la realizzazione di progetti locali, multi-locali o internazionali che contribuiscano ad imprimere una spinta nella giusta direzione alle economie territoriali (ma sempre meno destinate a rimanere tali) toccate dall’iniziativa stessa. Per poter agire con cognizione di causa e per raccogliere in tempo reale il sentiment di quanto sta realmente accadendo sui territori, i due partner di progetto hanno ritenuto indispensabile recarsi direttamente laddove si produce, per incontrare quelli che sono stati definiti gli opinion leader di distretto: imprenditori e manager di imprese leader, ma anche piccoli e piccolissimi imprenditori rappresentativi del punto di vista della foltissima categoria delle PMI (non di rado a carattere artigiano), con loro sono stati incontrati amministratori locali (assessori provinciali e comunali, sindaci), funzionari e presidenti di associazioni di categoria (Confindustria, API, CNA, Camere di Commercio, ecc.) ed i referenti del variegato mondo degli enti rappresentativi di distretto. Tutto ciò per un totale di circa 70 persone incontrate nei 12 distretti visitati, persone con le quali si è impostato un dialogo franco, spesso costruttivo, altre volte con qualche cenno polemico o forse di disillusione e pessimismo, ma sempre utilissimo a capire dall’interno che cosa stia effettivamente succedendo al singolo distretto, al di là di altisonanti studi teorici condotti da lontano o di profili asettici di auto-rappresentazione nei quali il distretto descrive di sé una realtà talvolta edulcorata ad uso e consumo dell’interlocutore di turno. Grazie al metodo qualitativo d’indagine utilizzato per ciascuno dei territori incontrati si è ricostruito un quadro – pur lacunoso e incompleto – che in qualche modo consente un raffronto strategico omogeneo tra i vari distretti e che rappresenta il sentire delle diverse voci, non sempre tra loro concordi, che ne esprimono la vita. Partendo da questo quadro abbiamo cercato di mettere in luce, in maniera quanto più possibile oggettiva, i punti di forza, i punti critici e gli eventuali spazi operativi ove può valer la pena di intervenire per andare nella giusta direzione. Si tratta di un’analisi effettuata dall’occhio di un testimone esterno – e per questo imparziale – che mette assieme informazioni di carattere discorsivo, opportunamente “digerite” attraverso un metodo in grado di normalizzarle, ed informazioni di carattere oggettivo, provenienti dall’elaborazione aggregata dai dati di bilancio storici (ultimi 5 anni disponibili fino al 2009, l’ultimo esercizio disponibile al momento in cui si scrive) relativi alle imprese di ciascun distretto. Numerosi sono i temi di rilievo sui quali abbiamo portato l’attenzione nel corso delle nostre visite in loco e sui quali successivamente abbiamo condotto approfondimenti con l’ausilio di specifiche elaborazioni statistiche; tra questi ve ne sono alcuni che ci sono sembrati ricorrere con particolare insistenza ed intensità, rappresentando dei denominatori comuni per diverse delle realtà territoriali incontrate. In particolare, ci pare interessante riprendere in questa fase alcune di queste tematiche per provare ad individuare un filo conduttore che ne tracci un profilo anche in termini prospettici.

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Uno degli argomenti più ricorrenti sui quali abbiamo avuto modo di focalizzare l’attenzione è senz’altro l’aspetto della dimensione aziendale ottimale, un tema che, se riferito al panorama produttivo italiano, rimane con il passare degli anni di costante attualità. In particolare, nelle nostre analisi sui singoli distretti incontrati si evidenzia come, in generale, la dimensione aziendale risulti un fattore fortemente correlato alla capacità di generare performance economiche. Un’evidenza supportata dal dato che vede assai di frequente le imprese di fascia dimensionale maggiore ottenere risultati migliori rispetto a quelli ottenuti dalle fasce della media e della piccola impresa. Tra l’altro è interessante notare come, non di rado, la tendenza delle imprese leader a riportare performance migliori, sia particolarmente accentuata nelle fasi non favorevoli del ciclo economico, come è quella più recente, ove le imprese più grandi riescono a beneficiare della flessibilità produttiva ottenuta esternalizzando sulla rete di piccole imprese fornitrici una buona fetta della volatilità congiunturale, ma anche e soprattutto traendo vantaggio dall’affermazione della marca e dal rapporto consolidato con il mercato finale. Ecco allora tornare con prepotenza alla ribalta il tema della crescita dimensionale delle imprese, un tema più attuale che mai nei distretti, vista la percentuale di aziende di piccole e piccolissime dimensioni (con fatturato inferiore ai 10 milioni di euro) verificata nei 12 campioni rappresentativi di distretto da noi studiati, quota che oscilla tra il 61% e addirittura il 100% dei rispettivi campioni, indicando molto spesso come fattori collaterali marginalità operative ridotte, forte sensibilità alle fasi critiche del ciclo economico, livelli di produttività inferiori e maggior vulnerabilità della struttura finanziaria. Tale problematica assume ulteriore rilievo laddove associata al carattere familiare che contraddistingue la quasi totalità delle aziende esaminate. In linea con le evidenze emerse nell’ultimo rapporto 2010 dell’Osservatorio AUB9, infatti, risulta che le imprese di piccole dimensioni a carattere prettamente familiare evidenziano un modesto apporto di capitale di rischio, se non addirittura una conclamata sottocapitalizzazione. La ricorrenza diffusa di tale evidenza nelle realtà locali da noi incontrate, conferma l’attualità del problema nell’ambito dei distretti, specchio di una realtà ben nota a livello nazionale, e che rappresenta un chiaro limite alla possibilità di programmare solidi percorsi di evoluzione in un’ottica di lungo periodo. È interessante osservare che, in alcune delle realtà incontrate, se da un lato le imprese più grandi mostrano, in linea generale, risultati migliori per performance e produttività, dall’altro sono le aziende di dimensioni minori ad esibire un ricorso meno spinto al capitale di terzi, preferendo in molti casi la pratica dell’autofinanziamento, da cui consegue una più agevole sostenibilità della quota d’indebitamento attraverso i flussi di cassa della gestione operativa. È il caso, per esempio, dei distretti della concia di Santa Croce e dell’Occhiale di Belluno, ove la fascia dei più piccoli risulta finanziariamente più solida rispetto a quella dei colleghi di maggiori dimensioni, dotati di una ricetta di business di evidente successo, che tuttavia appare meno virtuosa se osservata dal lato della sostenibilità finanziaria. Si tratta, però, di un’evidenza non necessariamente valida in assoluto: in diversi altri distretti, infatti, la correlazione tra dimensione aziendale e sostenibilità dell’indebitamento rimane un punto cardine, come ad esempio abbiamo notato a Prato, nel fermano-maceratese, a Valenza, a Verona e a Vicenza. Alla luce di queste ed altre evidenze, la necessità generalizzata di puntare ad una maggiore massa critica dimensionale appare un obiettivo necessario, ancorché non certo facilmente perseguibile. Non potendo, infatti, contare su percorsi di crescita interna – difficilmente percorribili in tempi di basso sviluppo economico, come sono quelli attuali e presumibilmente quelli dell’immediato futuro – ci pare che l’intensificazione di rapporti stabili di cooperazione tra imprese localizzate nel distretto su ambiti ben determinati e l’estensione di tali rapporti oltre i confini del distretto, laddove utile, rappresenti la via più immediata all’ottenimento di massa dimensionale rispetto alle più invasive e pesanti forme di crescita per vie esterne. Tanto più che oggi il legislatore si è apertamente orientato nella direzione della formalizzazione di tali modalità leggere di aggregazione attraverso i cosiddetti “contratti di rete”, formule più stabili, efficienti e tutelanti (per i singoli e per la compagine) di quanto l’ordinamento non contemplasse fino al più recente passato.

Osservatorio AUB – osservatorio promosso dall’Associazione Italiana delle Aziende Familiari, UniCredit e Università Commerciale “Luigi Bocconi”

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Altro tema ricorrente nel nostro viaggio tra i distretti della moda è quello che riguarda le cosiddette imprese leader di distretto, intese come tali in quanto imprese che hanno saputo affermare i propri brand sul mercato o che si sono distinte sul territorio per motivi storici o semplicemente perché nel tempo hanno assunto una dimensione maggiore delle altre. Queste realtà giocano un ruolo decisivo nella creazione di quelle reti di collaborazione (formali o informali) che fanno l’economia di un distretto. In molti casi sono, infatti, le imprese leader a trainare l’intera filiera e tutto l’indotto del distretto, intrattenendo strettissime relazioni di collaborazione con i piccoli produttori industriali e artigiani, che si riflettono in un elevato grado di interdipendenza dei cicli produttivi ed in un intenso scambio di idee e competenze. A tale riguardo, un interessante esempio rilevato è quello relativo all’elevato grado di cooperazione registrato tra i leader del distretto tessile-laniero di Biella, come Zegna e Loro Piana, ed i loro partner locali: una cooperazione che si concretizza in rapporti consolidati nel tempo e che sta alla base del raggiungimento delle eccellenze qualitative di prodotto; risultati, questi, raggiunti grazie al costante processo di ricerca stilistica e di innovazione dei materiali, in una logica di cross-fertilization continua tra grande e piccola impresa. In altri casi, invece, i leader del territorio – dopo aver beneficiato per lunghi anni della collaborazione con le piccole imprese locali e, grazie anche a queste, aver raggiunto posizioni competitive di assoluto rilievo sui mercati internazionali – hanno iniziato ad allentare progressivamente i rapporti con le reti del territorio, determinando un processo di deindustrializzazione e di conseguente impoverimento del tessuto produttivo. È il caso del celebre distretto dell’Occhialeria di Belluno ed ancor più dello Sportsystem di Montebelluna, ove grandi marchi nati sul territorio negli anni hanno progressivamente deciso di ri-localizzare gran parte delle fasi produttive all’estero, mettendo a rischio la sopravvivenza dello storico patrimonio di competenze manifatturiere accumulatesi sul territorio, per mantenere un ferreo controllo sul valore generato lungo tutta la catena produttiva. È importante sottolineare che i rapporti collaborativi osservati nei diversi distretti vedono quasi sempre coinvolte imprese operanti in diverse fasi della filiera produttiva con competenze strettamente complementari tra loro, mentre ben più difficilmente abbiamo potuto riscontrare forme di collaborazione tra imprese che competono sugli stessi mercati, ancorché su temi che non le porterebbero in contrasto diretto. A tal proposito non sembrano mancare le opportunità. La collaborazione, infatti, in una logica di coopetizione (competizione cooperativa tra imprese concorrenti nella realizzazione di una specifica attività del loro business) consentirebbe di razionalizzare su una scala più ampia (e quindi più efficiente) specifici costi, senza tuttavia perdere i rispettivi vantaggi competitivi, ottenendo un vantaggio complessivo per le imprese che decidano di attingere a tale collaborazione. Un campo nel quale applicare favorevolmente tale logica potrebbe essere, ad esempio, quello della logistica integrata, ove potrebbero essere attivati importanti progetti a carattere consortile. Ciò è valido soprattutto per quei distretti che sono dislocati in posizioni geografiche meno favorevoli, ma nei quali abbiamo registrato davvero pochissime iniziative virtuose in questa direzione, come può essere invece considerata la realizzazione del polo logistico intermodale presso il distretto della concia di Santa Croce sull’Arno. Pertanto, se la cooperazione rappresenta uno degli assi fondamentali per favorire lo sviluppo e la competitività delle imprese localizzate in un distretto, la necessità di organizzare efficienti forme di governance risulta a tutti gli effetti un fattore catalizzante di vitale importanza. È, tuttavia, vero che la marcata vena individualista che contraddistingue nel bene e nel male l’imprenditore italiano, l’eterogeneità dei tessuti produttivi locali e le difficoltà di dialogo tra le diverse anime di ciascun distretto, ci hanno fatto rilevare nel corso del nostro viaggio una generalizzata carenza di forme realmente efficaci di governance degli ambiti distrettuali. Solo in alcuni casi sporadici, infatti, abbiamo potuto rilevare la presenza di un ente di coordinamento che riesca effettivamente a delineare una direzione operativa e strategica che venga poi realmente seguita dalle imprese locali. Sono, invece, parecchi i distretti da noi visitati ove è presente un ente di distretto che sembra riuscire semplicemente a rappresentare l’aggregato territoriale nei confronti del mondo esterno, senza che questo dimostri di esprimere alcuna reale capacità di orientamento strategico e progettuale nella realizzazione di iniziative di portata comune. Un esempio virtuoso, ma purtroppo inconsueto, l’abbiamo riscontrato nel distretto toscano di Santa Croce ove, pur non esistendo un ente di coordinamento formalizzato, la credibilità delle locali associazioni imprenditoriali e l’appoggio di una pubblica amministrazione lungimirante, sono riuscite ad esprimere in più occasioni strategie di distretto largamente seguite dagli imprenditori locali.

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Altrettanto interessante ci è apparsa al riguardo anche l’esperienza del distretto Verona-Moda, nel quale il locale Consorzio della Moda, un organismo di natura privatistica voluto dagli imprenditori, individua orientamenti strategici e progettualità operative che sembrano trovare un buon grado di realizzazione nello sviluppo di iniziative pratiche a favore delle imprese consorziate. Uno dei temi di maggior rilevanza approfonditi nel corso dei colloqui con gli opinion leader incontrati localmente è stato senza dubbio quello dell’innovazione tecnica e stilistica. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono emerse evidenze di processi di innovazione non necessariamente guidati dalle imprese leader, anche se di norma rimangono queste ad effettuare i maggiori investimenti in ricerca e innovazione. Ci vengono, infatti, segnalati casi (come ad esempio a Biella) in cui sono le aziende più piccole – grazie al loro elevato grado di flessibilità e al forte spirito competitivo – ad attivare la ricerca da proporre alle imprese maggiori, le quali in questo modo delegano a partner di fiducia alcune fasi, anche molto delicate, del processo creativo e di sviluppo tecnico. In altri casi poi, come nel distretto della concia di Santa Croce, ci viene segnalato un interessante quanto virtuoso processo di innovazione che nasce della stretta collaborazione che si è creata tra le imprese locali (tipicamente B2B) e gli uffici stile delle imprese loro clienti, insieme ai quali vengono sviluppate le nuove tendenze moda per il settore. Quindi, non sempre i processi di innovazione sono condotti e guidati in maniera convenzionale dal grande committente a valle della filiera o dall’impresa leader locale, come di norma ci si aspetterebbe. Come abbiamo avuto modo di verificare nel corso del nostro viaggio tra i distretti, vi sono interessanti eccezioni che vedono PMI particolarmente dinamiche protagoniste dei processi di innovazione. Per altri versi più critica ci è apparsa, invece, la limitata propensione complessiva delle piccole e medie imprese ad aderire a processi di riposizionamento strategico che interessano il distretto nel suo insieme. Molto spesso, infatti, il piccolo imprenditore manifesta una certa avversione a mettere in discussione il proprio modello di business storico, rimanendo ancorato ai propri schemi tradizionali, non rendendosi però conto che questi non risultano adeguati ai mutati scenari di mercato, e mettendo così a rischio i destini dell’impresa. Tra quelli visitati, abbiamo individuato alcuni distretti che ci sono apparsi nel complesso più lungimiranti e pronti a cogliere i segnali del mercato rispetto ad altri meno propensi a comprendere i mutamenti di scenario: nella prima categoria troviamo il calzaturiero di Fermo e il conciario di Santa Croce, distretti storici che hanno saputo mettere a frutto competenze tradizionali e capacità di rinnovamento, riuscendo a completare processi di riposizionamento strategico che consentono oggi alle imprese di proporsi con rinnovata capacità competitiva sullo scacchiere globale, in quanto cellule consapevoli di un organismo più ampio, articolato e forte di quanto non possano essere le singole unità imprenditoriali. Il passaggio da una cultura locale ad una internazionale passa attraverso la presa di coscienza delle imprese del fatto che è sempre più necessario aprirsi a nuovi mercati e a nuove modalità produttive, pur mantenendo le proprie radici ancorate al territorio dal quale l’impresa e i suoi prodotti sono arrivati al successo. Tra i distretti visitati, vi sono due esempi che, secondo i nostri parametri, registrano i più elevati gradi di internazionalizzazione: Fermo e Belluno. Entrambe le realtà registrano quote di export attorno all’80% del fatturato, ma vedono attivati con modalità e capillarità tra loro assai differenti, processi di de- e di multi- localizzazione produttiva, oltre alla presenza di alcuni brand ormai noti a livello internazionale. Altri dei distretti incontrati nel nostro viaggio – tra i quali ad esempio il tessile di Biella e gli orafi di Vicenza e Valenza – registrano quote importanti di export, comprese tra il 40% e il 60%, e vedono diverse delle proprie imprese leader capaci di affermare i propri brand anche al di fuori del mercato nazionale. Va detto, però, che in questi distretti rimane una larga parte di imprese minori, spesso a carattere artigiano, che non riesce ancora a fare il salto culturale e dimensionale necessario per affacciarsi sui mercati esteri. Per altri distretti ancora, come il Verona-Moda, il mercato nazionale rappresenta a tutt’oggi il principale sbocco commerciale, evidenziando l’urgente necessità di pensare iniziative destinate ad accrescere le possibilità di inserimento in un contesto meno locale. Le attività a supporto dell’internazionalizzazione svolte dal mondo associativo e dagli enti di distretto risultano essere in questo senso un utile supporto per le PMI che si affacciano sui mercati esteri, ma non sono certo strumenti sufficienti a creare le condizioni affinché si possa aprire la strada dell’internazionalizzazione a numeri significativi di imprese del territorio.

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A conclusione di questo intenso lavoro di incontri sul territorio, di elaborazione, di studio ed interpretazione delle risultanze ci piacerebbe vedere nascere momenti altrettanto intensi fatti di confronto, di mediazione e maturazione di iniziative che possano finalmente sfociare nella costruzione di progetti, possibilmente a carattere aggregativo, in qualche misura utili allo sviluppo dei distretti da noi incontrati, in ognuno dei quali ormai ci sentiamo un po’ a casa. Ci piacerebbe, infatti, che la partnership originale tra UniCredit e Federazione dei Distretti Italiani potesse trasformarsi in un catalizzatore di idee e di iniziative, in un centro di ascolto e di incontro virtuale, percepito dal mondo dei distretti come un laboratorio nel quale far nascere progetti reali, ideati dagli imprenditori dei territori per i territori stessi, ma con l’aggiunta dell’ampio supporto che possono apportare due partner elettivi, dotati di competenze assai diverse tra loro, ma la cui missione comune è quella di servire le imprese ed i territori nei quali queste sono fortemente radicate, in un mondo governato da logiche sempre più globali.

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DISTRETTI Fatturato Aziende Ebitda mg DISTRETTI Fatturato Aziende Cagr1 FattBelluno 2.269.257 84 17,4% Puglia 84.489 25 9,9%Fermo 1.969.544 229 11,1% Fermo 1.969.544 229 7,1%Montappone 44.514 23 9,7% Valenza 752.247 110 2,8%Verona 642.867 82 7,9% Verona 642.867 82 2,7%Veneto 5.222.326 95 7,8% Veneto 5.222.326 95 2,3%Biella 1.559.061 200 7,5% Belluno 2.269.257 84 1,9%Santa Croce 934.978 152 6,5% Montappone 44.514 23 1,1%Puglia 84.489 25 5,8% Montebelluna 2.154.690 81 0,9%Montebelluna 2.154.690 81 5,6% Vicenza 490.688 89 -3,3%Valenza 752.247 110 5,6% Prato 2.211.423 307 -3,8%Vicenza 490.688 89 4,9% Biella 1.559.061 200 -4,0%Prato 2.211.423 307 4,3% Santa Croce 934.978 152 -5,0%

DISTRETTI Fatturato Aziende Ebit/Dip. DISTRETTI Fatturato Aziende ROIFermo 1.969.544 229 27,2 Fermo 1.969.544 229 10,5%Veneto 5.222.326 95 25,6 Belluno 2.269.257 84 8,6%Montappone 44.514 23 23,9 Montappone 44.514 23 8,4%Belluno 2.269.257 84 21,1 Veneto 5.222.326 95 5,9%Santa Croce 934.978 152 19,8 Santa Croce 934.978 152 5,8%Verona 642.867 82 17,3 Verona 642.867 82 5,6%Valenza 752.247 110 14,6 Valenza 752.247 110 4,2%Puglia 84.489 25 11,3 Montebelluna 2.154.690 81 4,0%Prato 2.211.423 307 10,1 Vicenza 490.688 89 3,8%Vicenza 490.688 89 8,4 Biella 1.559.061 200 3,3%Montebelluna 2.154.690 81 8,4 Puglia 84.489 25 3,3%Biella 1.559.061 200 7,1 Prato 2.211.423 307 2,9%

DISTRETTI Fatturato Aziende PFN/Ebitda DISTRETTI Fatturato Aziende D/EFermo 1.969.544 229 0,8 Fermo 1.969.544 229 0,4Montappone 44.514 23 2,3 Valenza 752.247 110 0,7Belluno 2.269.257 84 3,0 Biella 1.559.061 200 0,8Biella 1.559.061 200 3,3 Veneto 5.222.326 95 0,9Verona 642.867 82 3,3 Prato 2.211.423 307 1,0Veneto 5.222.326 95 3,6 Verona 642.867 82 1,0Valenza 752.247 110 3,8 Santa Croce 934.978 152 1,1Santa Croce 934.978 152 4,2 Belluno 2.269.257 84 1,1Montebelluna 2.154.690 81 4,4 Montappone 44.514 23 1,2Prato 2.211.423 307 4,6 Montebelluna 2.154.690 81 1,2Vicenza 490.688 89 6,8 Vicenza 490.688 89 1,8Puglia 84.489 25 8,4 Puglia 84.489 25 2,4

1 Cagr: tasso medio ponderato di crescita del fatturato nel periodo 2005-2009

5 Quadro di sintesi dati quantitativi

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6 Bibliografia

Associazione Italiana della Produzione (2008), “ Reti d’impresa oltre i distretti- Nuove forme di organizzazione produttiva, di coordinamento e di assetto giuridico”, Il Sole24Ore Associazione Italiana della Produzione (2009), “ Fare reti d’impresa – Dai nodi distrettuali alle maglie lunghe:una nuova dimensione per competere”, Il Sole24Ore Bramanti A. e Gambarotto F. (2009), “Il distretto bellunese dell’Occhiale – Leadership mondiale e fine del distretto?”, Enciclopedia delle Economie Territoriali, Quaderni Fondazione Fiera Milano Distretti Italiani (2007), “Guida ai Distretti Italiani 2007-08”, Logo libri Distretti Italiani (2010), “Osservatorio Nazionale Distretti Italiani 2010 - I° Rapporto” Maggioni M. A. (2009), “Il distretto tessile biellese – l’eccellenza sfida la crisi”, Enciclopedia delle Economie Territoriali, Quaderni Fondazione Fiera Milano Meridiano Moda (2010), “Rapporto finale del progetto M2 – Meridiano Moda”, The European House Ambrosetti, Febbraio 2010 Scarpinato M. (2009), “Il distretto di Prato – Il tessile italiano e la sfida alla globalizzazione”, Enciclopedia delle Economie Territoriali, Quaderni Fondazione Fiera Milano

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Il progetto “I Distretti della Moda” ed in particolare la stesura di questo volume è il risultato di un esteso ed articolato lavoro di squadra che ha consentito di mettere a fattor comune un patrimonio di esperienze, competenze e contatti assai diversificato, grazie al quale speriamo di aver creato un utile terreno di confronto tra i territori che possa essere prolifico di iniziative future. L’idea progettuale, l’impostazione del metodo d’indagine, la realizzazione delle fasi di analisi e la stesura del presente volume sono state curate dal team di Riccardo Masoero, oggi Segments and Industries Marketing di UniCredit Corporate and Investment Banking, in particolare da Marco Sutto e Chiara Alaimo, che hanno lavorato con grande professionalità, intelligenza ed impareggiabile impegno a ciascuna delle fasi progettuali che vanno dallo sviluppo dei modelli di analisi, alla stesura delle evidenze quali e quantitative, passando per gli incontri sul territorio. Indispensabile alla riuscita del progetto è stata la cooperazione tra UniCredit e la Federazione dei Distretti Italiani, curata da Sandro Bianco, già responsabile dell’U.O. Progetti Speciali di UniCredit Corporate Banking, e Daniela Fontana, Direttore della Federazione dei Distretti Italiani, che hanno costantemente creduto nel progetto, creando le condizioni per la sua realizzazione e, proprio per questo, partecipando direttamente anche ad alcuni degli incontri sul territorio. Un ringraziamento speciale va a tutte le persone che hanno contribuito alla riuscita del viaggio tra i distretti, sia nelle fasi organizzative che in quelle svolte a diretto contatto con gli Opinion Leader locali. In particolare, per la Federazione dei Distretti si ringraziano Lisa Maran, che ha curato i rapporti con i singoli distretti e ha organizzato nel migliore dei modi tutte le visite, e Saverio Maisto, che ha partecipato attivamente a gran parte degli incontri sul territorio. Di grande importanza è stato anche il contributo dato da Patrizia Troisi e Virgilio Piazzi di UniCredit, che hanno curato con efficacia le attività relazionali del progetto, partecipando a loro volta agli incontri nei distretti e dando a questi seguito con un’accurata reportistica, essenziale allo svolgimento della successiva fase di analisi qualitativa ed elaborazione delle evidenze. Si ringraziano infine per il loro insostituibile contributo e per la grande disponibilità dimostrata tutti gli Opinion Leader incontrati nel nostro viaggio tra i distretti della moda, in particolare: Distretto del Capello di Montappone e Massa Fermana: Amedeo Antinori, rappresentante legale di Complit srl; Giampiero Cruciani, rappresentante legale di Newlad srl; Carlo Forti, titolare di Axis snc; Paolo Marzialetti, rappresentante legale di Paimar snc; Attilio Sorbatti, titolare di Sorbatti srl; Serafino Tirabasso, titolare di Tirabasso Serafino srl; Maurilio Vecchi, collaboratore di Hats&Dreams di Dichiara Fiorangela; Distretto Calzaturiero di Fermo: David Bassetti, Elisabet srl; Angelo Giannini, titolare di Angelo Giannini spa; Jerry Giannini, titolare di Doucal’s srl; Domenico Macerata, titolare di Mirella srl; Giuseppe Tosi, Direttore Generale Confindustria Fermo; Distretto dell’Occhiale di Belluno: Lorraine Berton, Presidente Sezione Occhialerie Confindustria Belluno e titolare di Arlecchino srl; Walter Capraro, Direttore Unione Artigiani Belluno; Luigi Curto, Presidente Unione Artigiani Belluno e Vicepresidente CCIAA; Paolo Fabris, Consigliere Sezione Occhialerie Confindustria Belluno e titolare di Vecellio Occhiali srl; Maurizio Ranon, Direttore APPIA CNA Belluno; Renato Sopracolle, Rappresentante del Distretto e titolare di Occhialeria Sopracolle srl;

7 Curatori e collaboratori del progetto “I Distretti della Moda”

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I Distretti della Moda

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Distretto dei prodotti in pelle e cuoio di Santa Croce sull’Arno: Osvaldo Ciaponi; Sindaco di Santa Croce sull’Arno; Piero Maccanti, Associazione Conciatori; Graziano Turini, Assessore allo Sviluppo Economico della Provincia di Pisa; Giuseppe Volpi, titolare di Conceria Volpi; Distretto industriale tessile-laniero di Biella: Pier Francesco Corcione, Direttore Unione Industriali Biellese; Gianfranco De Martini, Presidente CCIAA, titolare di De Martini Bayart&Textfibra spa e di De Martini spa; Andrea Fortolan, Presidente Confartigianato Biella e titolare di Pella snc di Fortolan A. & C.; Edmondo Grosso, Vicepresidente CCIAA Biella con delega per il Comitato di Distretto; Paolo Mander, Vicepresidente CNA Biella e Associazione Artigiani del Biellese; Donato Squara, Direttore di Città Studi spa; Distretto orafo di Valenza Po: Marco Borsalino, titolare di Borsalino Marco snc; Germano Buzzi, Direttore Associazione Orafa Valenzana; Bruno Guarona, titolare di Bibigi srl; Sergio Gubiani, rappresentante di C.G.S. srl; Luciano Ponticello, rappresentante di Ponticello Antonio srl; Distretto Veneto dell’Abbigliamento - Verona Moda: Paolo Adami, Consigliere del Consorzio della Moda e rappresentante di Valstir srl; Massimo Anselmi, Responsabile Comunicazione e Progetti di Formazione del Distretto e titolare di Noah sas di Anselmi Massimo &C.; Anna Caprara, rappresentante Regionale del Distretto; Italo Martinelli, Presidente del Consorzio della Moda e rappresentante di Versal spa; Paolo Rossi, rappresentante Diomeda srl; Distretto dello Sportsystem di Montebelluna: Alberto Cenedesi, responsabile di Mares; A. Fregoni, rappresentante di Rossignol-Lange; Anna Granata, referente di Unindustria Treviso; Leo Sartor, rappresentante di Lotto-Stonefly; Distretto Veneto Sistema Moda: Angelo Dal Mas, Vicepresidente Sezione Merc. Confindustria Treviso e titolare di Maglificio Giordano’s; Giulio Falasco, Presidente Regionale Tessile Moda e titolare di Only T-Shirt; Cesare Losavio, responsabile progetti e finanziamenti di Marzotto; Antonio Pisanello, rappresentante del Distretto; Distretto produttivo della Filiera Moda Puglia: Giuseppe Ancona, membro del Direttivo di Distretto, Presidente Sezione Merc. Confindustria Taranto e rappresentante di I.C.A. Industria Confezioni Abbigliamento srl; Luciano Barbetta, Presidente Sezione Abbigliamento Confindustria Lecce e titolare di Barbetta srl; Angela D’Onghia, membro del Direttivo di Distretto e membro Sezione Merc. Confindustria Bari; Antonio Nardiello, rappresentante di Fapel srl; Mario Totaro, Presidente del Distretto, Presidente Sezione Merc. Confindustria Bari e rappresentante di Mafrat spa; Vito Villano, rappresentante di Viva Confezioni srl; Distretto orafo – argentiero di Vicenza: Denise Battistin, responsabile Agency Fiera di Vicenza; Gabriella Centomo, titolare di Fair Line srl; Luisella Frezzato, funzionario Confartigianato Vicenza; Franco Pozzebon, Presidente Sezione Orafi Confartigianato Vicenza e titolare di Superficiquattro snc; Vladimiro Riva, rappresentante del Distretto; Tommaso Ruggeri, Assesore del Comune di Vicenza; Arduino Zappaterra, coordinatore Tavolo Intercategoriale dei Produttori Orafi Vicentini e rappresentante di Ardovari (Impresa Individuale); Distretto del tessile – abbigliamento di Prato: Vincenzo Cangioli, Vicepresidente Unione Industriale con delega all’Ufficio Studi e rappresentante di Lanificio Cangioli 1859 spa; Lorenzo Guazzini, rappresentante Gruppo Sartoriale International srl; Riccardo Marini, Presidente Unione Industriali e rappresentante Marini Industrie spa; Riccardo Matteini Bresci, Vicepresidente Unione Industriale Prato e rappresentante di Gruppo Colle spa;Enrico Mongatti, responsabile Ufficio Studi Unione Industriali Prato.

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“L’analisi e il lavoro fatto vogliono essere contemporaneamente un punto di arrivo […] e di partenza per avviare concrete iniziative sui territori dove la Banca intende svolgere un ruolo di stimolo progettuale e di erogatore di finanza e consulenza, per essere sempre più vicina alle imprese.”

Gabriele Piccini – Country Chairman Italy UniCredit S.p.A. “[…] se è vero (noi ne siamo certi…) che i distretti stanno traghettando l’Italia fuori dalla crisi, è anche vero che verrà il momento di programmare la crescita. E i distretti vogliono farsi trovare pronti.”

Valter Taranzano – Presidente Federazione dei Distretti Italiani