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1992 2012 il diario dei trapianti in italia nei lanci dell’ANSA

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1992 2012il diariodei trapiantiin italianeilancidell’ANSA

1992 2012il diario dei trapianti

in italia

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A cura di:Francesco Marabotto

Edito da:Agenzia ANSA – Agenzia Nazionale Stampa Associata –Società CooperativaDirettore responsabile: Luigi ContuRegistro imprese di Roma e C.F. n. 00391130580P. Iva IT 00876481003Registro Soc. Coop. n. A100573Via della Dataria 94, 00187 Romawww.ansa.it

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Copyright © ANSA 2012

PUBBLICAZIONE NON DESTINATA ALLA VENDITA

Finito di stampare nel mese di marzo 2012da Color Art, Rodengo Saiano (Bs)

1992 2012il diario dei trapianti

in italianei lanci dell’ANSA

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Aprile 1966, prendono il via i trapianti in ItaliaIn Italia la storia dei trapianti è iniziata il 30 aprile del 1966, con il primotrapianto di reni, eseguito dal professor Paride Stefanini, nella Clinica Chirurgicadell’Università La Sapienza di Roma. A operare fu Stefanini aiutato daRaffaello Cortesini e Umberto Casciani. “Per noi fu un evento memorabile –ricorda il chirurgo Giuseppe Cucchiara anche lui presente in sala operatoria –.Lavoravamo già da diversi anni per metterlo a punto”. Da allora il cammino deitrapianti italiano non si è fermato. Nel 1967 Stefanini e Cortesini effettuaronoil primo trapianto di rene da donatore vivente. Nel 1981 Cortesini realizzò ilprimo trapianto di pancreas e nel 1982 quello di fegato. Nel 1985 è invece lavolta del primo trapianto di cuore, ad opera di Vincenzo Gallucci a Padova,mentre sempre Cortesini nel 1989 eseguì il primo trapianto di intestino eCostante Ricci nel 1991 quello di polmone.

Questo lancio dell’ANSA spiega in poche righe come è iniziato il percorso che ci con-duce ai nostri giorni. Il volume racconta gli ultimi 20 anni dell’entusiasmante storia deitrapianti. Ricerca scientifica, cronaca, dibattito etico e religioso. L’atto di donare un organotocca molteplici sfere raccontate esaustivamente in questa selezione di lanci dell’ANSA.

Dal 1992, scelto come data simbolica di partenza, in cui l’Italia è ancora ‘fanalino dicoda’ rispetto alle altre Nazioni industrializzate, si arriva ai giorni nostri: quando il nostroPaese segna un record dopo l’altro e si attesta ai primi posti delle graduatorie internazio-nali per numero di donazioni.

La selezione delle news della principale agenzia giornalistica italiana rappresenta unaperfetta chiave di lettura storico-scientifica, utile per ripercorrere e decifrare le principalitappe e i numerosi significati di questa avventura. Il tema dei trapianti non riguarda infat-ti solo il lato squisitamente tecnico della conquista scientifica, ma coinvolge anche delicatiaspetti etici e sociali. Emblematico in questo senso il dibattito sulla definizione di mortecerebrale, sull’opportunità di eseguire il trapianto su persone con HIV e sull’impianto dicuore di babbuino nel corpo umano. Fino alle divergenze più recenti sulle potenzialità dellecellule staminali, coltivando interi organi ‘in vitro’.

Nota del curatore

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Voci e ragioni di scienziati e religiosi si sono nel tempo rincorse e sovrapposte. Storico, adesempio, l’intervento di Papa Giovanni Paolo II al congresso mondiale della TransplantationSociety svoltosi a Roma nel 2000.

Il lavoro quindi vuole anche mostrare agli addetti ai lavori la percezione che il pubblicoha delle notizie dopo l’elaborazione giornalistica. In modo che l’eventuale scelta di donareuna parte di sé all’altro sia frutto di una decisione sempre più consapevole.

Francesco Marabotto

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Se c’è un settore della sanità che comprende a 360 gradi tutto ciò che di meglio si puòorganizzare per restituire la vita ad una persona è proprio quello dei trapianti. Da un even-to drammatico come la morte di un individuo si può dare speranza di guarigione a chi ècondannato per malattia a un destino crudele.

È ancora vivo in molti di noi il ricordo del piccolo Nicholas Green, il bambino america-no di 7 anni ucciso in Calabria nel settembre del 1994 durante una rapina mentre con lasua famiglia era in vacanza. Nicholas, come abbiamo raccontato, rimase in coma per alcu-ni giorni dopo essere stato raggiunto da una pallottola. Il papà Reginald e la mammaMargaret vollero lasciare al nostro Paese una testimonianza di solidarietà estrema consen-tendo il prelievo degli organi del loro piccolo che permise di salvare tre vite di altrettantibambini destinati ad una brevissima vita. Un gesto che colpì l’opinione pubblica più diqualunque campagna di promozione delle donazioni. Da lì a pochi mesi l’effetto Green,così fu chiamato lo slancio che ci fu per la sensibilizzazione ai trapianti, aiutò a far decol-lare la rete dei servizi.

Nella storia dei trapianti si sono sommati progressi e sconfitte, scoperte ed errori, grandie piccoli gesti che l’ANSA ha raccontato fin dall’inizio: l’attività pionieristica di chi haeffettuato i primi interventi, di chi nei laboratori ha testato i farmaci per bloccare il rigetto,di chi ha rischiato la vita per arrivare in tempo a trasportare organi; ma anche di chi guidaun’ambulanza o un elicottero; di chi dietro una porta di un reparto di rianimazione spiegaai familiari che è stato fatto tutto il possibile ma non c’è più nulla da fare; oppure di chi alle4 del mattino telefona a casa del malato per annunciargli che c’è un organo compatibile alsuo caso. E spesso ci si dimentica che tutto questo è reso possibile perché esiste un esercitodi circa 15mila persone, professionisti e volontari che lavorano 24 ore, 7 giorni su 7, 365giorni l’anno per gli 88 centri trapianto della penisola. Nella ‘memoria storica’ della nostraAgenzia le storie che formano questo puzzle sono migliaia: ne sono state scelte alcune cherappresentano le tappe di un cammino che vale la pena continuare a raccontare.

LuigiContu

Direttore dell’ANSA

Prefazione

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Questo libro non racconta solo la straordinaria vicenda dell’evoluzione del sistemanazionale che governa i trapianti in Italia, ma anche l’evoluzione di un’idea e di un valoreespresso nella cultura del dono.

L’intuizione dell’ANSA di ripercorrere la storia dei trapianti in Italia attraverso i dispac-ci diramati ai giornali permette di capire come è cambiato quello che si può definire unsentimento che è maturato nella coscienza dei cittadini italiani.

Se oggi è aumentato il numero assoluto dei pazienti trapiantati e se oggi è diminuita lapercentuale di opposizioni lo si deve anche a chi ha raccontato con serietà e con paroleappropriate una sfida che ha permesso di migliorare tecniche, strutture e consapevolezzanelle coscienze degli italiani.

L’Italia è il primo Paese europeo per la donazione di cornee ed è leader nella donazionedi cellule e tessuti. E cresce anche il numero di iscritti al Registro nazionale italiano di dona-tori di midollo osseo. La legge che ha dato struttura alla rete nazionale dei trapianti ha 13anni. Da allora essa è diventata un punto di eccellenza della sanità italiana e un punto diriferimento europeo. Non avremmo tuttavia raggiunto i risultati di oggi se accanto al legisla-tore e ai tecnici del Ministero della salute e delle Regioni non si fosse contribuito a creare unmovimento di opinione pubblica, attraverso percorsi narrativi di quanto si stava facendo.

Così, l’aver messo a disposizione dei cittadini dati e riflessioni, risultati e fatica fatta perraggiungerli, ma anche l’entusiasmo e il ringraziamento di tante persone ci permettono didire che insieme, attraverso un intreccio virtuoso tra media e istituzioni, abbiamo davvero“salvato la vita” a molti.

Renato Balduzzi

Ministro della Salute

Introduzione

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Ripercorrere vent’anni di storia del trapianto grazie a questo libro è come leggere unromanzo avvincente; è la cronaca di un sistema nazionale in crescita e di un’attività semprepiù efficiente, per numero e qualità di interventi realizzati. Ma è tra le righe di questa ven-tennale avventura che si coglie la piena realizzazione della Rete Nazionale Trapianti, dellasua crescita e della sua maturità.

Parlare di trapianti solo in termini organizzativi e istituzionali sarebbe riduttivo. Nelturbinio dell’informazione in tempo reale, l’ANSA ha sempre riposto attenzione alle con-quiste della ricerca scientifica, agli aspetti etici legati al tema della donazione e alle difficol-tà dei pazienti nel momento dell’attesa. Inoltre, la selezione dei lanci qui proposta ci ricor-da che la conquista dei trapianti resta un fatto internazionale che, soprattutto nella sua faseiniziale, si nutriva dei risultati della comunità medica e scientifica di tutto il mondo.

Per chi, come me, ha lavorato alla costruzione di questa Rete, è davvero impressionanterivivere la storia dei trapianti nel nostro Paese: dalle grida di dolore dei pazienti negli anniNovanta alla descrizione accurata di un sistema di eccellenza, che si è concretizzato dopol’approvazione della legge quadro nel 1999 e la conseguente realizzazione delle struttureorganizzative previste dal legislatore. Una storia che, da quel fondamentale momento diunità politica e istituzionale, è qui rappresentata in modo obiettivo e preciso nei suoi suc-cessi e nelle criticità tuttora presenti.

Vent’anni di trapianti di organo, ma non solo. I progressi della medicina, gli sviluppitecnologici e il recepimento di direttive europee hanno permesso che l’attività di trapiantoe di banking di tessuti e cellule staminali emopoietiche si ritagliassero uno spazio semprepiù ampio nella cronaca di settore per l’efficacia delle terapie e, con frequenza, per i pri-mati italiani a livello internazionale.

Questa raccolta mi ha permesso di rivivere non solo gli avvenimenti più rilevanti acca-duti durante la mia direzione del Centro Nazionale Trapianti ma anche le soddisfazioniper i risultati raggiunti e le preoccupazioni nei momenti di crisi. Emozioni che ho condivi-so con uno straordinario gruppo di collaboratori e di professionisti della Rete che ci con-sentonoquotidianamente diaffrontare contempestività, entusiasmoe competenza proble-matiche complesse e di non facile soluzione.

Per questo, colgo l’occasione per trasmettere a tutti coloro che hanno lavorato nella Rete

L’informazione ha fatto crescere la rete

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o collaborato con essa un sentito ringraziamento a nome dei pazienti trapiantati, dei dona-tori e dei loro familiari per i risultati raggiunti.

L’ultima considerazione è per la qualità dell’informazione che l’ANSA ha saputo offriree garantire, rispondendo a criteri di verifica, correttezza e puntualità dei fatti e delle fonti.Un’informazione che non ha mai cavalcato l’onda di polemiche personali o posizioni diparte. È anche grazie a questo ottimo lavoro che il sistema trapianti e la Rete tutta sonocresciuti in questi ultimi vent’anni.

Alessandro Nanni CostaDirettore del Centro Nazionale Trapianti

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Sono trascorsi quasi 60 anni dal primo trapianto di rene eseguito con successo nella storiadella medicina. Da allora la scienza dei trapianti ha continuato ad evolversi, in maniera lentama inesorabile.

Ricercatori, medici, autorità, associazioni di pazienti e aziende farmaceutiche si sonoimpegnati per compiere sempre unpasso oltre, senza farsi scoraggiare dalle inevitabili delu-sioni.

Col tempo sono state raggiunte tappe fondamentali nella tecnica chirurgica e nel campodelle terapie, ma rimangono ancora molti obiettivi da conquistare. I pazienti, infatti, ancoraoggi devono affrontare numerose sfide, la più grande rappresentata dal rigetto.

Questo volume, un diario dei trapianti, è un’iniziativa a cui abbiamo aderito con entusia-smo perché è un invito alla sensibilizzazione sul tema, in cui l’unione tra ricerca, informa-zione e messa a punto di nuovi farmaci e tecniche interventistiche potrà salvare sempre piùvite umane.

La nostra attenzione è volta a migliorare i risultati a lungo termine del trapianto, con laconsapevolezza del contributo richiesto dal percorso che ci impegniamo ad affrontare. Lasfida è rappresentata dall’introduzione di terapie sempre più mirate, in grado di proteggerenel tempo la funzionalità dell’organo trapiantato e minimizzare i danni sull’organismo, per-mettendo così al paziente una buona qualità di vita. Ogni giorno ci impegniamo per scopri-re, sviluppare e rendere disponibili nuovi trattamenti per aiutare i pazienti a sconfiggeremalattie gravi e di forte impatto sociale, in maniera efficace ed efficiente.

Davide Piras

Presidente e Amministratore DelegatoBristol-Myers Squibb

Le sfide che affrontiamo

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Primo trapianto di reni a PerugiaPerugia, 11 gennaio Realizzato ieri sera al Policlinico di Perugia il primo trapianto di reni

del 1992. L’operazione è stata effettuata su un paziente di 45 anni. Loha reso noto l’Usl del capoluogo umbro tramite un comunicato, nelquale ricorda che si è trattato del 36° intervento di questo tipo pressol’ospedale cittadino. L’organo è stato donato da una persona morta alpoliclinico Umberto I di Roma. La segnalazione del “Centro SudTtalia Transplant” è arrivata al “Centro trapianti” di Perugia, direttodal dott. Cesare Gambelunghe, che ha individuato il possibile riceven-te. L’organo è poi arrivato al policlinico scortato da una pattuglia dellapolizia stradale ed è stato impiantato dall’equipe diretta dai professoriMercati e Piervittori, coadiuvati per la parte di anestesia e di terapiaintensiva dal prof. Aldo Gerardi. Secondo quanto riferito dall’Usl l’in-tervento è “perfettamente riuscito” e attualmente il paziente è ricove-rato nel reparto di Nefrologia.

Il Giappone permette i trapianti dopo morte cerebrale certaTokyo, 23 gennaio Il Governo nipponico dà il via libera ai trapianti di organi da donato-

ri di cui sia stata accertata la morte cerebrale. Sulla base del rapportostilato da questa speciale commissione consultiva, l’esecutivo giappo-nese preparerà nei prossimi giorni un progetto di legge per legalizzarei trapianti, sospesi dal 1968, quando un medico venne condannato peromicidio in seguito ad un intervento fallito. Nel Paese del Sol levanteattualmente si praticano soltanto estrazioni di reni e cornee, in quantoquesti organi possono venire prelevati anche da donatori con attivitàcardiaca nulla.

Ricevono organi nel 1985, ora hanno l’AIDSNew York, 12 marzo Sette persone cui sono stati trapiantati organi e ossa di uno stesso dona-

tore morto nel 1985 risultano oggi infette dall’AIDS. È quanto rivelauno studio di gruppo di alcuni ricercatori di Atlanta pubblicato dal ‘NewEngland Journal of Medicine’. I risultati dell’indagine – ha spiegato ildr. Simone, direttore del team scientifico – segnalano la necessità dimigliorare sensibilmente la selezione e il controllo sul quadro e la storiamedica dei donatori”. A ricevere organi, ossa e tessuti dal corpo di unventiduenne ucciso con un colpo di arma da fuoco nell’ottobre del 1985

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furono in totale 48 persone. Per 34 dei 41 individui che sono stati rin-tracciati dai ricercatori i test hanno dato esito negativo: i restanti 7hanno invece contratto il virus HIV. Il donatore non era un “a rischio”e gli esami effettuati su di lui non avevano segnalato la presenza dellamalattia al momento della morte. Il particolare rende il caso di più dif-ficile interpretazione. Secondo i ricercatori, il ragazzo era nella fase ini-ziale dell’infezione e gli anticorpi che la evidenziano non erano ancoracomparsi. La trasmissione del virus attraverso la donazione di organi,sottolinea lo studio, resta comunque un evento “raro”.

Aumentano le sperimentazioni sui geniRoma, 20 maggio In tutto il mondo sono state ormai avviate 11 diverse sperimentazioni

di trapianto genico, utili per curare diverse malattie. A queste nevanno aggiunte nove in fase di partenza e una dozzina ferme ancorain vari stadi di sviluppo. Lo afferma in un dossier pubblicato da‘Science’ W. French Anderson, medico statunitense autore del primotrapianto genico su una bambina affetta da deficienza immunitariacronica. La piccola paziente, secondo Anderson, ora è nettamentemigliorata grazie all’innesto di un gene mancante. Dopo i primi inter-venti realizzati negli USA per curare all’origine una forma congenitadi deficienza del sistema immunitario e per terapie sperimentali anti-tumorali, aggiunge Anderson, sono previste ora applicazioni in moltialtri settori. L’Università del Michigan, ad esempio, ha proposto que-sto metodo per trattare l’ipercolesterolemia familiare. In Cina, invece,è stato avviato uno studio per correggere geneticamente un difettocongenito di uno dei fattori della coagulazione.

Prima operazione con cellule di sangue cordonale non compatibileParigi, 21 maggio Eseguito con successo il primo trapianto al mondo tra persone ‘non

compatibili’ tra loro. L’intervento, effettuato dal prof. Etienne Vilmer,ha interessato le cellule del sangue prelevate dal cordone ombelicale diuna bimba appena nata, congelate e in un secondo tempo trasfuse.“Numerose ipotesi possono essere avanzate per spiegare la mancanzadi rigetto – ha dichiarato il medico –. Si può pensare anzitutto al gradodi maturità delle cellule presenti nel sangue del cordone ombelicale oancora al fatto che queste cellule, non essendo state in contatto in uterocon agenti infettivi, non si trovano in uno stato di reattività tale daprovocare il rigetto. D’altra parte, il trapianto di sangue è meno sog-getto a problemi rispetto a quello del midollo”. “È possibile – secondoVilmer – pensare ad un’applicazione di questa tecnica in altre indica-zioni per le quali oggi non esistono terapie efficaci”. Ma è “estrema-mente prematuro” prevedere che possa sostituire i trapianti di midolloed è anche “troppo presto” pensare, a causa soprattutto dei costi ele-vati, a banche di sangue cordonale. Il primo intervento di questo tipofu annunciato nel 1989 ed effettuato dalla prof.ssa Eliane Gluckmandel Saint-Louis di Parigi. Si trattò però di un trapianto di sangueimmunologicamente compatibile ed intrafamiliare.

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1992Via libera al cuore di babbuino dal Comitato bioeticoRoma, 8 giugno Nessuna riserva di tipo etico è stata espressa da tre componenti del

Comitato Nazionale per la Bioetica sul possibile trapianto del cuore diun babbuino nel corpo di un bambino, di cui ha parlato ieri il cardio-chirurgo Carlo Marcelletti dell’ospedale romano Bambino Gesù.Qualche perplessità la suscita invece il risultato tecnico. “Il cuore è unorgano esecutivo e quindi non identifica la personalità dell’uomo – haaffermato mons. Elio Sgreccia, direttore del Centro di Bioeticadell’Università del Sacro Cuore –, come accade ad esempio per il cer-vello e le ghiandole sessuali. Se scientificamente è valido, sul pianoetico non esiste niente di male”. Secondo Carlo Romano, direttoredell’Istituto di medicina legale del secondo Policlinico di Napoli, untrapianto di questo tipo “è tecnicamente possibile”. Romano, sottoli-neando che “la ricerca richiede i suoi morti per avanzare”, teme il“clima terroristico nei confronti dei medici”. Queste operazioni, haspiegato, “rappresentano una forma di chirurgia insostituibile”.Corrado Manni, direttore dell’Istituto di anestesiologia e rianimazionedell’Università del Sacro Cuore, pur non sollevando obiezioni eticheesprime forti dubbi per l’aspetto tecnico del trapianto. “Il problemadei trapianti d’organo – ha detto – non è risolvibile con la donazioneumana. Bisogna trovare un’alternativa, che può essere rappresentataanche dagli organi artificiali”. Per Manni andrebbe comunque “evita-to ogni clamore: queste cose si fanno nel più assoluto silenzio”.

Muore il primo cardiotrapiantato d’ItaliaPadova, 12 giugno Ilario Lazzari, il primo paziente ad aver subito un trapianto di cuore in

Italia, è morto stamani nell’ospedale di Padova, dove era stato ricovera-to circa un mese fa per una polmonite. Secondo i sanitari, a determina-re il decesso è stata un’insufficienza respiratoria. Operato all’età di 39anni (14 novembre 1985) dall’equipe del prof. Vincenzo Gallucci, eraaffetto da miocardiopatia dilatativa e aveva ricevuto l’organo da un gio-vane trevigiano, Francesco Busnello, morto a 18 anni in un incidentestradale. L’operazione guidata da Gallucci era durata circa quattro oree aveva dato esito perfettamente positivo. Lazzari era riuscito a pronun-ciare la parola “grazie”, rivolto ai medici, già il giorno successivo.L’intervento dette il via all’era dei trapianti cardiaci in Italia: dopoLazzari, furono operati nell’ordine Gianmario Taricco dal prof. MarioViganò di Pavia e Roberto Failoni dal prof. Lucio Parenzan di Bergamo.Nel giro di cinque anni in Italia furono poi eseguiti circa 800 intervential cuore.

L’Italia si posiziona agli ultimi posti in EuropaMilano, 16 giugno Nel settore dei trapianti d’organo, con 5,1 donatori per milione di abi-

tanti (0,2 per cento di incremento rispetto al 1990), l’Italia continua adessere agli ultimi posti in Europa rispetto agli altri Paesi che, dai datipreliminari del 1991, hanno invece migliorato la loro attività. Lo rivela

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il resoconto del “Nord Italia Transplant” (NITP) relativo ai trapianti del1991. In esso si rileva che la Spagna invece è passata da 18 donatori permilione di abitanti nel 1990 a 20 nel 1991 (14% di incremento). “Questasituazione di carenza di organi – continua il NITP, diretto dal prof.Girolamo Sirchia – è tanto più amara se si pensa che la qualità dei tra-pianti è in continua crescita”. I dati del 1991 evidenziano inoltre che inItaliai donatori utilizzatisono stati 301 controi 287 del 1990 e di questi226 (75,6%) sono stati multiorgano. La percentuale di questi donatori èdel 45,7% nel programma Centro-Sud e dell’83,3% nelle regioni delNord. Solo 19 delle 295 rianimazioni, comprese quelle neurochirurgi-che, italiane (quasi tutte al Nord) hanno reperito cinque o più donatori.I trapianti eseguiti sono stati: 581 di rene, 14 di pancreas, 217 di cuoree 157 di fegato. Nel 1991 è cominciata in Italia l’attività di trapianto dipolmone isolato (8 casi) e quella di cuore-polmone (11). Nello stessodocumento il NITP rileva che ogni anno in Italia si potrebbero utilizza-re almeno 1.200 donatori cadaveri e portare il numero di trapianti alivello europeo. Di due tipi sono, per l’organizzazione, le cause dellascarsità di organi: culturale e legislativo-organizzativo. Da un’indaginedel NITP emerge che in 12 Paesi il fattore più importante ai fini delreperimento di organi è la normativa del “silenzio-assenso”, adottata daFrancia, Spagna, Austria e Belgio. Questo sistema potrebbe avere suc-cesso anche in Italia, dove diversi sondaggi indicano che la maggioranzadegli italiani è favorevole al prelievo dei propri organi dopo la morte.Quanto alle carenze organizzative, secondo il NITP le più importantisono: scarsa partecipazione degli ospedali al reperimento degli organi,carente organizzazione territoriale dell’emergenza, troppi centri di tra-pianto e la mancanza di un centro nazionale di coordinamento.

Ipotizzate le prime tecniche per superare il rigettoRoma, 25 giugno Nei prossimi anni sarà forse definitivamente superato il problema del

rigetto nei trapianti e un organo potrà sopravvivere nell’organismo ospi-te senza dover fare ricorso a farmaci antirigetto. I primi esperimenti suratti fatti da Clyde Barker all’Università di Philadelphia (USA) e daGiuseppe Remuzzi all’Istituto Mario Negri di Bergamo hanno dimo-strato che cellule del pancreas o del rene trapiantate possono sopravvi-vere indefinitamente, se in precedenza sono state inoculate nel timoalcune cellule provenienti dallo stesso donatore. Questi risultati sonostati confermati negli ultimi mesi dai successi ottenuti su animali dalaboratorio da ricercatori della Harvard Medical School di Boston edalla Washington University School of medicine di Saint Louis. Gliesperti hanno dimostrato l’efficacia della tecnica del timo anche per altritipi di trapianto, soprattutto per quelli di cuore, fegato e pelle. “Il tra-pianto di pelle – commenta Giuseppe Remuzzi – è il più difficile da fareattecchire e il fatto che a Boston il metodo abbia funzionato sul topo, chedal punto di vista immunologico è più simile all’uomo rispetto al ratto,ci incoraggia. Ma è ancora necessario accertare che non si tratti di unfenomeno confinato solo nell’ambito dei roditori”.

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Utilizzato per la prima volta il fegato di un babbuinoPittsburgh, 29 luglio I ricercatori dell’Istituto trapianti di Pittsburgh (USA) hanno effettuato

per la prima volta al mondo sull’uomo un trapianto totale di fegato dibabbuino. Lo ha reso noto un portavoce dell’Istituto, dove l’interventosi è svolto nella notte tra domenica e lunedì. Un gruppo di cinquechirurghi, tra cui l’italiano Ignazio Marino, coordinato da ThomasStarzl, ha sostituito il fegato di un uomo di 35 anni affetto da unaepatite cronica di tipo B, cioè con il virus attivo nell’organismo, conuno proveniente da un babbuino. I ricercatori di Pittsburgh ritengonoche “se l’intervento avrà successo il virus non si replicherà nel fegatodella scimmia portando così il malato a guarigione definitiva”.Secondo Marino, raggiunto telefonicamente, “il paziente ha tolleratobene il complesso intervento durato 11 ore, è sveglio e cosciente. Tuttii parametri di funzionalità epatica si stanno normalizzando comeavviene per i trapianti da uomo a uomo”. Questa pratica era stataapprovata venerdì scorso da un apposito comitato dell’Università diPittsburgh, il quale ha anche dato il proprio assenso per altri tre inter-venti analoghi su esseri umani, sempre da babbuino.

Rischio nullo per i donatori di reneLondra, 2 ottobre I pazienti sottoposti a trapianto di reni prelevati da donatori ancora in

vita hanno probabilità di vivere più a lungo di coloro cui viene trapian-tato un organo prelevato da un cadavere. E i donatori non corronoalcun rischio, anche 20 anni dopo il prelievo dell’organo. È il risultatodi uno studio pubblicato oggi dal settimanale medico britannico “TheLancet”. La ricerca è stata condotta su 78 donatori, seguiti per oltre 20anni dagli esperti del dipartimento di chirurgia dell’Università delMinnesota. Dei 78 donatori solo 15 sono deceduti e per cause nonconnesse all’intervento. Negli altri, sottoposti a controlli regolari, nonsono emersi segni particolari di ipertensione, eccesso di proteine nelleurine o comunque disfunzioni renali anche 23 anni dopo l’operazione.Daunaindaginecondottadalla Società americana di chirurgia è inol-tre emerso che la mortalità legata al trapianto di reni è molto bassa.Tra il 1980 e il 1991, su 19.268 trapianti di rene, sono morti “solo”cinque donatori.

I vantaggi del fegato di scortaPittsburgh, 29 ottobre I malati di epatite fulminante possono trarre vantaggi dall’applicazio-

ne di una tecnica di trapianto del fegato eteropico, un tipo di interven-to nel quale l’organo utilizzato viene impiantato senza rimuoverequello ammalato. Lo sostiene uno studio compiuto da un gruppo dichirurghi e medici olandesi della Erasmus University, rilevando che ivantaggi legati al trapianto di fegato eteropico sono individuabili nellatecnica chirurgica che non prevede gli aspetti altamente rischiosi col-legati con la rimozione dell’organo del paziente. La “semplice aggiun-ta” di un altro fegato costituisce, infatti, un intervento di gran lunga

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più semplice. Il gruppo di esperti olandesi sostiene l’opportunità disperimentare questa tecnica, specialmente nelle persone affette daepatite fulminante. Il fegato malato potrebbe infatti riprendersi grazieall’aiuto del nuovo organo ‘di scorta’. A questo punto il fegato impian-tato potrebbe essere rimosso ed il paziente tornare a star bene senza lanecessità di essere sottoposto ad una terapia antirigetto per tutta lavita. Il limite di questa tecnica, eseguita saltuariamente in tutto ilmondo (48 pazienti dal 1980 ad oggi), consiste nel fatto che non èapplicabile in molte malattie epatiche evolutive o neoplastiche.

Fegato, la sopravvivenza dei trapiantati europei è minorePittsburgh, 1 dicembre In Europa è necessario migliorare la selezione dei pazienti da sottopor-

re a trapianto urgente di fegato. La sopravvivenza di questi pazienti, adistanza di tempo, è infatti inferiore a quella degli analoghi trapianta-ti americani. È quanto risulta dai dati raccolti dal professorHoogendoorn del Centro per il trapianto di fegato di Leiden (Olanda),che saranno pubblicati entro quest’anno sulla rivista internazionale“Trasplantation Proceedings”. Dall’1 gennaio 1988 al settembre 1991,374 pazienti europei in coma epatico hanno beneficiato di un sistemaottimale di scambio e di utilizzo di organi. Il programma, denominato“High Urgency Liver Program”, era stato avviato con la partecipazio-ne di 24 centri-trapianto europei allo scopo di costituire, almeno in viasperimentale, un sistema simile a quello esistente da molti anni negliStati Uniti per distribuire gli organi disponibili in modo efficiente. Iltutto tenendo conto delle reali emergenze mediche che si presentanonei diversi Paesi europei. Tuttavia la sopravvivenza a distanza di temponon è stata soddisfacente, essendo risultata del 40% a un anno daltrapianto e del 35% dopo tre anni. Secondo Ignazio Marino, delCentro trapianti di Pittsburgh, in casi analoghi negli USA la sopravvi-venza è almeno del 50% e raggiunge l’80-90% quando la malattia èmeno grave e il paziente non si trova ancora in coma epatico.

L’età dei donatori può essere alzataPittsburgh, 30 dicembre La scarsa disponibilità di organi per i trapianti può essere in parte risol-

ta utilizzando con successo anche quelli di donatori di età superiore ai50 anni. A questa convinzione sono giunti i Centri per trapianti delNord-America, in modo da aumentare il numero di pazienti che puòessere curato con un trapianto d’organo. “A Pittsburgh – ha dichiaratoIgnazio Roberto Marino, ricercatore italiano del Transplant Institutecittadino – si utilizzano spesso organi provenienti da donatori di oltre50 anni di età e in alcune occasioni sono stati trapiantati con successoanche organi di settantenni”. Secondo Marino in Europa è stato inveceadottato un atteggiamento più “conservatore”, che ha fissato per ladonazione di organi un limite massimo di 50 anni. Alcuni Centri piùattivi negli ultimi anni hanno cambiato però opinione. Di recente ilgruppo dell’Università di Cambridge diretto da Sir Roy Caine (uno dei

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pionieri della chirurgia dei trapianti) ha analizzato i risultati ottenuti intre Centri europei dove, tra il 1987 e il 1991, sono stati utilizzati per iltrapianto 65 fegati di donatori tra i 50 e i 66 anni. Lo studio, che saràpresto pubblicato sulla rivista internazionale “TransplantationProceedings”, ha accertato che la sopravvivenza a tre mesi e ad unanno nei pazienti che hanno ricevuto questi organi è stata rispettiva-mente del 79% e del 67%. Marino ha anche parlato di un “interessan-te” risultato clinico che ha messo a confronto, in persone trapiantate, iltradizionale farmaco antirigetto, la Ciclosporina A, con una sostanzaanaloga, la Ciclosporina G. “Quest’ultima – ha precisato Marino –risulta altrettanto efficace ma meno tossica. I risultati preliminari dellostudio, svolto presso l’Università di Ann Arbor (Michigan) su 149pazienti trapiantati di rene, hanno dimostrato una analoga capacitàantirigetto legata ad una inferiore tossicità. Due parametri utili pervalutare la funzionalità dei reni, la creatinina e l’acido urico, a due mesidal trapianto erano alterati nel gruppo di pazienti sottoposto a tratta-mento con Ciclosporina A, mentre erano normali nel gruppo di perso-ne che riceveva la Ciclosporina G”.

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Due pazienti, lo stesso fegatoNew York, 16 marzo I medici del St. Cristopher Hospital for children di Philadelphia hanno

trapiantato lo stesso fegato in due ragazze. Le pazienti, una giovane di14 anni, Tracy Devore e una bambina di due, Rhea Jackson, sonoentrambe in buone condizioni. Un intervento chirurgico ‘azzardato’ ecomplesso, durato 17 ore consecutive. Lo ha reso noto oggi la portavo-ce dell’ospedale, Kelly Deno, spiegando che per l’operazione, svoltasidalle otto del mattino di sabato scorso all’una di notte della domenica,sono state usate contemporaneamente tre sale operatorie. L’interventoè stato eseguito da un team di nove medici e otto infermiere. “Le ragaz-ze ora stanno bene, come se entrambe avessero ricevuto un fegatointero”, ha commentato il direttore del dipartimento per i trapianti difegato e di reni della clinica, Stephen Dunn. L’organo, donato da unteenager morto nel New Jersey, era inizialmente previsto per TracyDevore. Vista l’ottima funzionalità del fegato e le sue buone dimensioni,i chirurghi hanno però chiesto alla madre della ragazza il permesso diutilizzarne una parte per un’altra paziente. “Sono stata felice di condi-videre l’organo destinato a mia figlia con un’altra bambina”, ha dichia-rato la mamma di Tracy.

Gli organi disponibili potrebbero bastarePittsburgh, 19 marzo Con un migliore utilizzo delle risorse gli organi potenzialmente dispo-

nibili negli Stati Uniti potrebbero bastare a coprire le reali necessità,almeno per i trapianti di parti vitali come il cuore, il fegato e il polmone.Lo dimostra un’analisi, di prossima pubblicazione sulla rivista“Transplantation Proceedings”, svolta da un gruppo di medici guidatida Nancy Ascher, direttrice del Centro Trapianti della CaliforniaUniversity di San Francisco (USA). È risultato infatti che il numero deipazienti che muoiono negli ospedali americani è tale che ogni annopotrebbero essere disponibili circa: 6.900 – 10.700 reni, 6.100 – 9.600fegati, 6.900 – 10.700 pancreas, 5.200 – 8.200 cuori e 5.000 – 8.000cuori – polmoni. Nel 1992 invece, oltre 24 mila americani erano in listadi attesa per ricevere un organo (19.000 un rene, 1.679 un fegato, 602un pancreas, 2.267 un cuore, 155 cuore e polmone e 678 polmone).Negli Stati Uniti il fabbisogno di organi da utilizzare per i trapianti èaumentato quasi del 160% dal 1986 ad oggi, mentre nello stesso perio-do di tempo il numero dei donatori non è aumentato in maniera signi-

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ficativa (3.990 nel 1986 e 4.357 nel 1990). Ma se le organizzazioniregionali americane, conclude la ricerca, utilizzassero nel modo miglio-re le proprie risorse il numero degli organi disponibili potrebbe esseremolto vicino al reale fabbisogno.

Persi ogni anno in Italia oltre mille organi da potenziali donatoriBari, 29 marzo Ogni anno in Italia “si perdono più di mille donazioni di organi” a

causa della scarsa efficienza organizzativa dei servizi sanitari. La stimaè stata fornita da Pier Gaetano Bellan, presidente dell’AIDO(Associazione Italiana Donatori Organi), alla tavola rotonda sui tra-pianti e le donazioni degli organi, nel corso della “Settimana nazionaledel volontariato”. Lo scarso numero dei trapianti italiani non è impu-tabile, secondo Bellan, ai rifiuti dei parenti a dare il consenso al prelie-vo, ma ad un carente coordinamento tra i vari servizi (fra i quali ireparti di rianimazione e i servizi d’ urgenza) che non favorisce la tem-pestiva segnalazione del potenziale donatore. “Ogni anno nel nostroPaese avremmo bisogno di due-tremila reni da trapiantare – ha prose-guito Bellan –, a fronte di una lista di attesa di seimila le persone. Nel’92 il fabbisogno per le persone in attesa di trapianto di rene e di cuoreera pari a circa 500 organi. Nello scorso anno i trapianti di rene sonostati 585 mentre quelli di cuore circa 200. Il problema dei trapianti, perBellan, dovrebbe essere affrontato legislativamente. In tal senso il presi-dente dell’AIDO ha sollecitato l’approvazione di una legge in materiache preveda il “consenso presunto” della donazione degli organi dellapersona che non ha espresso parere contrario in vita, oltre alla leggesull’accertamento dello stato di morte attualmente all’esame delParlamento. Parlando del commercio illecito degli organi, Bellan haspiegato che questo non esiste in Italia, ma ritiene “illegale l’attività diintermediazione con l’estero svolta da alcune agenzie a cui si rivolgonole persone che hanno bisogno di trapianto”. Per Francesco PaoloSchena, coordinatore del Centro regionale pugliese di riferimento per itrapianti, “si potrebbe esprimere il consenso indicandolo sulla patentedi guida o, come avviene in Pennsylvania, sulla dichiarazione dei red-diti”. Schena ha anche detto che, “mentre negli Stati Uniti per un tra-pianto di reni si aspettano 12 mesi, in Italia un paziente può aspettareanche 10 anni. Il rapporto tra il numero di trapianti ogni mille abitan-ti in Italia è pari a 10,5, in Francia a 35,3, e negli Stati Uniti a 30”.Schena infine ha sottolineato che la regione Puglia intende avviare unprogramma di potenziamento dei centri di rianimazione per un costodi 15 miliardi in tre anni.

USA, istituita la lista d’attesa anche per l’intestinoPittsburgh, 5 aprile Al via negli Stati Uniti la lista di attesa separata per le persone che

necessitano di un trapianto di intestino, come già fatto per gli altri orga-ni. L’iniziativa, proposta dal Pittsburgh Transplantation Institute, èstata discussa e approvata dal sottocomitato per i trapianti di intestino

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dell’United Network for Organ Sharing (UNOS), l’organizzazione checentralizza la distribuzione degli organi in tutti gli Stati Uniti. I dettagliappariranno sul prossimo numero della rivista americana “UNOSUpdate”, che pubblica le procedure organizzative alle quali si attengo-no successivamente tutte le agenzie americane per la donazione degliorgani. Sono stati finora 40 i trapianti di intestino, isolato o in associa-zione conaltri organi addominali, praticati al PittsburghTransplantationInstitute dall’aprile 1990. Cioè da quando la Food and DrugAdministration ha consentito l’uso a Pittsburgh della nuova molecolaimmunosoppressiva ‘FK506’. Ben 27 pazienti sono ora liberi dallanecessità di nutrirsi per via venosa. Proprio in considerazione di questibrillanti risultati e per iniziativa dei professori Andreas Tzakis e SatoruTodo, il gruppo di Pittsburgh ha proposto che il trapianto di intestinoesca finalmente dalla fase sperimentale e che venga costituita una listanazionale di attesa gestita dall’UNOS.

Allarme in Francia per donatori sieropositiviParigi, 5 aprile Il tasso di sieropositività dei donatori potenziali d’organi della regione

parigina è del 2,3%, 65 volte superiore quindi a quello dei donatori disangue. Lo rende noto il rapporto annuale dell’associazione ‘FranceTrasplant’, pubblicato oggi. Il segretario generale dell’associazione,prof. Philippe Romano, ha rilevato che si tratta di un tasso “estrema-mente preoccupante”, soprattutto nella regione parigina e nellaProvenza-Costa azzurra, anche se non è riferibile all’intera popolazio-ne. Il tasso è calcolato infatti in base alla cifra media delle morti violen-te, dato che i donatori d’organi sono “per tre quarti persone vittime disuicidi, aggressioni, incidenti stradali, annegamenti, asfissia”, spiegaRomano. Un altro dato preoccupante è “un calo molto importante” deidoni d’organi nel 1992 (meno 11,52%), che ha provocato “per la primavolta in Francia una diminuzione dei trapianti (meno 9,9%)”. L’annoscorso ne sono stati effettuati infatti 3.220, contro i 3.571 nel 1991. Ladiminuzione ha riguardato tutti i trapianti: cuore, polmoni, cuore-pol-moni, fegato, pancreas, reni. Secondo il prof. Christian Cabrol, presi-dente di ‘France Transplant’, questo calo è imputabile alle “reticenzedel pubblico”, in direzione del quale “è necessario condurre un impor-tante sforzo d’informazione”. Si spera inoltre che si riveli utile la previ-sta creazione di un registro nazionale di chi si oppone al prelievo deipropri organi. I prelievi potranno essere pressoché automatici quandol’opposizione non sia stata notificata in vita.

Costi e benefici dei ri-trapiantiPittsburgh, 9 aprile Mentre i trapianti d’organo costituiscono negli Stati Uniti un’opzione

terapeutica di uso comune, i ri-trapianti (secondo, terzo, e anche quar-to intervento nello stesso paziente per insuccesso dell’operazione prece-dente) non sono considerati da tutti un valido atteggiamento terapeuti-co. Quattro medici dell’Università di Seattle, Evans, Manninen, Dong

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e Mc Lyne, hanno analizzato in termini di costo-beneficio i risultati deitrapianti d’organo e dei ri-trapianti negli USA. Dal dicembre 1986 adoggi il numero di pazienti in lista d’attesa per trapianto è cresciuto del157% (da 9.660 a 24.797 pazienti). Nello stesso periodo il numero didonatori è rimasto più o meno stabile, intorno ai 4.000 all’anno.L’incidenza degli interventi di ri-trapianto è stata in generale del12,4%. In particolare, 15,8% nel caso di trapianto di rene da cadavere,8,3% per rene da donatore vivente, del 14.4% nel caso di trapianto difegato, del 4,3% per il pancreas, del 2,5% per il cuore, dell’1,4% nelcaso di trapianto combinato cuore-polmone, del 5,8% per trapiantoisolato di polmone. I risultati ottenuti in termini di funzione d’organoin seguito a intervento di ri-trapianto sono inferiori ai risultati ottenibi-li nel caso di un intervento eseguito per la prima volta.

Effettuato il primo trapianto di geni su un bebèLos Angeles, 17 maggio Un neonato di quattro giorni affetto da una grave deficienza del siste-

ma immunitario ha ricevuto sabato un trapianto di geni, il primo dellastoria su un bambino così piccolo, al Children Hospital di Los Angeles.Le condizioni del bebè sono stabili. Un team di immunologi ed emato-logi ha iniettato nel bambino una quantità di sangue contenente celluleportatrici di geni ‘sani’, nella speranza che queste cellule continuino amoltiplicarsi e possano correggere così la malattia genetica con cui ènato il piccolo Andrew Gobea. La patologia è causata dalla mancanzadell’enzima Ada (Adenosin deaminasi), che riduce al minimo le difeseimmunitarie costringendo i pochi bambini che sopravvivono a trascor-rere l’esistenza in “bolle” sterili. Trapianti di geni contro deficit di Adasono stati già eseguiti su bambini negli Stati Uniti e in Italia (a Milanoe Pavia). Questo è però il primo compiuto su un neonato. I ricercatoriprevedono di potere usare in futuro questa tecnica per correggere altremalattie genetiche, come l’emofilia, l’anemia falciforme e la sindromedi Gaucher. La patologia di cui è affetto Andrew colpisce un centinaiodi bambini ogni anno negli Stati Uniti. Il caso più famoso fu quello diDavid, che visse in una “bolla” sterile fino all’età di 12 anni. La proce-dura sperimentata a Los Angeles contiene numerosi elementi innovati-vi. Il sangue utilizzato per il trapianto è stato estratto dal cordoneombelicale del bambino al momento della nascita. In laboratorio sonostate isolate, grazie a particolari anticorpi, le cellule staminali, quelleresponsabili della creazione di nuove cellule. In esse, grazie a un virusche ha fatto da ‘vettore’, sono state inserite copie del gene sano, capacedi correggere la deficienza del sistema immunitario del bambino. Lamaggior parte degli interventi di terapia genica è stata effettuata peralterare geneticamente i globuli bianchi, che tuttavia muoiono nel girodi sei mesi, rendendo necessari ripetuti interventi. Nella procedurasperimentata su Andrew Gobea, invece, sono state alterate le cellulestaminali che rimangono in vita nel midollo osseo. La procedurapotrebbe quindi tradursi in una cura permanente della sindrome. Imedici hanno dichiarato che saranno necessari sei mesi per determina-

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re se l’intervento sia riuscito ma, nel frattempo, continueranno nei loroesperimenti. La stessa operazione verrà infatti effettuata venerdì su unaltro neonato all’ospedale dell’University of California di SanFrancisco.

Muore la metà dei bambini in attesa di un cuore nuovoRoma, 27 maggio Più della metà dei bambini in lista di attesa per un trapianto di cuore

muore prima che gli organi siano disponibili. Lo ha rivelato oggi CarloMarcelletti, cardiochirurgo all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, alconvegno internazionale di chirurgia cardiaca, in corso nella capitale.La mancanza di donatori, ha affermato Marcelletti in una intervistadiffusa dagli organizzatori, rappresenta un problema gravissimo che nonpermette di coprire il fabbisogno, valutato intorno ai 70 trapianti dicuore all’anno. “Intanto – ha spiegato Marcelletti – stiamo cercandofinanziamenti per acquistare un cuore artificiale per l’assistenza tempo-ranea al bambino in attesa di un cuore umano”. Il costo si aggira attor-no ai 500 milioni ma, insieme ai fondi, si attendono anche gli sviluppidella sperimentazione dell’apparecchiatura sui bambini da parte di car-diochirurghi di Berlino. Per quanto riguarda la possibilità di utilizzareorgani di animali, Marcelletti ha dichiarato che si tratta di una “evolu-zione che diventerà necessaria, considerata la mortalità in attesa di tra-pianto provocata dalla mancanza di organi umani. Il trapianto da ani-mali potrebbe essere sia una soluzione temporanea oppure definitiva”.

Ottenuti per la prima volta due polmoni da uno soloParigi, 4 giugno Per la prima volta al mondo, specialisti francesi sono riusciti a ricavare

da un polmone unico altri due funzionanti e a trapiantarli su un mala-to. La nuova tecnica apre grandi speranze, soprattutto per i bambinimalati di mucoviscidosi, spesso costretti ad aspettare che muoia unbambino delle loro stesse proporzioni. Con due polmoni di adulto saràpossibile farne quattro più piccoli e dunque operare due bambini.L’intervento, annunciato oggi, è avvenuto in maggio nell’ospedaleBoussais di Parigi su una donna di 40 anni con fibrosi polmonare idio-patica (una malattia che rende i polmoni fibrosi e provoca gravi difficol-tà respiratorie), asma e sofferente delle conseguenze di una tubercolosi.Da un anno e mezzo era confinata in una stanza, in permanenza sottoossigeno. Il trapianto era l’ultima speranza. Tre settimane dopo l’inter-vento la donna “sta molto bene ed è sul punto di lasciare l’ospedale”,ma dovrà prendere per tutta la vita un farmaco anti-rigetto. Il donatoreè un uomo che era in coma irreversibile per un incidente stradale. Unodei polmoni era inutilizzabile a causa delle lesioni riportate. L’interventoè durato dieci ore. I chirurghi hanno dovuto ricreare le arterie, le venee i bronchi sulla parte di polmone che ne era sprovvista ma ,“a partequesto, si è trattata di un’operazione molto semplice”, ha spiegato ilchirurgo che ha messo a punto la nuova tecnica, Jean-Paul Couetil. Inun momento in cui la penuria di organi si aggrava, sarà possibile quin-

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di salvare più malati in attesa di trapianto. “Il polmone diviso sarebbestato probabilmente distrutto, dato che in quel momento ce ne occor-revano due”, ha commentato il chirurgo.

L’attività trapianti in Italia nel 1992Milano, 4 giugno L’attività dei trapianti d’organo nel 1992 in Italia ha potuto contare su

320 donatori-cadavere, pari a 5,5 donatori per milione di abitanti (pma)rispetto ai 304 del 1991 (più 5,2%). La percentuale dei donatori multi-organo è stata l’ 82,5% contro il 77,3% del 1991. Sono i dati sul reso-conto del 1992 del Nord Italia Transplant (NITP), l’organizzazione checoordina le attività di trapianto in Lombardia, Liguria, Marche e nelletre Venezie. Nell’area del NITP i donatori utilizzati, precisa il resocon-to, sono stati 174 (9,6 pma) contro i 162 del 1991 (più 7,4%). Alta lapercentuale di donatori multiorgano: 85,6% contro l’82,1% del 1991.• Trapianto di rene: nei 27 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 591trapianti (10,2 pma) rispetto ai 581 del 1991 (più 1,7%). I trapianti davivente (14 Centri attivi) sono stati 102 rispetto agli 84 del 1991(+21,4%). Nel NITP i trapianti sono stati 311 (17,2 pma) contro i 299del 1991 (+4%). 39 i trapianti da vivente (31 nel 1991, +25,8%). I nuoviingressi in lista sono stati 636 e, al 31 dicembre 1992, i pazienti iscrittierano 2168. Trapianto di rene-pancreas: negli 8 Centri attivi in Italiasono stati effettuati 20 trapianti combinati rene-pancreas contro i 14 del1991 (+42,8%);• rene-pancreas: negli 8 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 20trapianti combinati contro i 14 del 1991 (+42,8%). Nel NITP sono statieseguiti 18 trapianti rispetto ai 13 del 1991 (+30,7%), 42 nuovi pazien-ti sono entrati in lista che, al 31 dicembre 1992, era costituita da 53pazienti. Nel 1992 è iniziato, presso l’ Istituto San Raffaele di Milano,un programma per il trapianto di isole pancreatiche (3 pazienti trapian-tati);• cuore: nei 13 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 243 trapianti(4,2 pma) rispetto ai 210 del 1991 (+15,7%). Nel Programma coordina-to dal NITP, a cui aderisce il Centro di Bologna, sono stati eseguiti 184trapianti (7,2 pma) rispetto ai 155 del 1991 (+18,7%). La lista d’attesa,al 31 dicembre 1992, era costituita da 415 pazienti e 398 sono stati inuovi ingressi nel 1992;• polmone: i trapianti eseguiti nei 4 Centri attivi sono stati 8 come nel1991. Nel NITP i trapianti sono stati 7 (6 nel 1991); la lista, al 31 dicem-bre ’92, era di 13 pazienti e 19 sono stati i nuovi ingressi nel ’92;• fegato: nei 10 Centri attivi in Italia sono stati effettuati 202 trapianti(3,5 pma) rispetto ai 156 del 1991 (+29,4%). Negli 8 Centri coordinatidal NITP i trapianti eseguiti sono stati 164 (5,1 pma) contro i 130 del1991 (+26,1%). I pazienti in lista al 31 dicembre 1992 erano 183, men-tre i nuovi ingressi nel 1992 sono stati 269.

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I reni da donatori viventi sono da preferirePittsburgh, 21 settembre I trapianti di reni prelevati da donatori viventi (in genere familiari del

ricevente) vanno incoraggiati il più possibile, anche quando la compa-tibilità immunologica è bassa. Lo rivela un vasto studio a cura di JonJones, dell’ospedale universitario di Minneapolis (Minnesota, Usa),condotto su 722 pazienti, pubblicato prossimamente sulla rivista ame-ricana ‘Transplantation’. Di questi pazienti, 352 avevano ricevuto i renida donatori viventi e 370 da persone in morte cerebrale. In particolare,44 pazienti del primo gruppo avevano ricevuto reni da viventi con unacompatibilità immunologica molto bassa. Alla distanza di 6 anni, però,l’87% di questi 44 reni continuava a funzionare, contro il 75,4% diquelli provenienti da cadavere. Il 50% dei reni trapiantati presso ilCentro di Minneapolis proviene da donatori viventi, contro appena il20% nel resto degli Stati Uniti. Lo studio, il primo del genere che siastato svolto su tanti pazienti, dimostra che il comportamento di moltiCentri americani di “non incoraggiare” i trapianti di reni provenientida donatori viventi con bassa compatibilità immunologica, non è scien-tificamente sostenibile. Inoltre, incoraggiare il trapianto di reni preleva-ti da donatori volontari viventi è un modo in più per ridurre il problemadella carenza di organi e le lunghe liste di attesa, negli Stati Uniti comein Europa.

L’Italia è agli ultimi posti nel mondo per i trapianti effettuatiCambridge, 29 settembre L’Italia occupa l’ultimo posto nel mondo industrializzato per il numero

dei trapianti di rene e di cuore in relazione al numero di abitanti. Saledi qualche posizione soltanto per quelli di fegato. È quanto risulta daidati diffusi al Convegno mondiale sui trapianti da animale a uomo, incorso a Cambridge. I dati sono relativi al 1990, ma la situazione, è statodetto, non risulta ad oggi modificata. Nella classifica dei trapianti direne per milione di abitanti in testa è l’Austria, con 56 interventi nel1990, seguita da Norvegia (49), Svezia (42), Stati Uniti (41), Belgio (39),Francia (35), Germania (34), Spagna, Svizzera e Gran Bretagna (33),Canada (32), Olanda e Danimarca (30), Portogallo e Finlandia (28),Lussemburgo (20), Grecia (15), Ungheria (10), Polonia e Italia (9). Per itrapianti di cuore per milione di abitanti la prima è la Francia con 11,seguita da Austria e Belgio (10), Stati Uniti (9), Germania (7), Canada,Svizzera e Gran Bretagna (6), Finlandia e Norvegia (5), Spagna (4),Italia, Svezia e Olanda (3), Danimarca e Portogallo (2), Grecia (1). Neitrapianti di fegato è il Belgio ad occupare il gradino più alto con 14interventi per milione di abitanti. Seguono Finlandia e Stati Uniti (12),Austria (11), Spagna (9), Canada (8), Svezia e Gran Bretagna (7),Germania (6), Finlandia (5), Svizzera, Italia, Olanda e Norvegia (3),Danimarca (2), Grecia (1). Per risolvere il problema dell’insufficienza ditrapianti rispetto alla domanda, è stato spiegato al convegno, oltre adincentivare le donazioni di organi sarebbe opportuno una maggiorecollaborazione internazionale per lo scambio di organi e l’unificazionedelle liste di attesa. In quest’ambito alcuni Paesi europei hanno già

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creato organizzazioni internazionali come l’Eurotransplant, che rag-gruppa Austria, Belgio, Germania, Lussemburgo e Olanda; lo Scandia-Transplant, che comprende Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia eSvezia e l’United Kingdom Transplant, formato da Gran Bretagna eIrlanda. Paesi come Francia, Grecia, Ungheria, Portogallo, Spagna eSvizzera hanno organizzazioni nazionali per i trapianti d’ organo. Faeccezione l’ Italia, che è divisa in tre associazioni pluriregionali.

Prima donazione di rene da carcerato condannato a morteWashington, 18 ottobre Jonathan Wayne Nobles, un condannato a morte di 32 anni in attesa di

esecuzione in una cella del Texas, ha deciso di passare alla storia comeil primo americano ad aver donato un rene prima di finire tra le manidel boia. L’annuncio è stato dato con soddisfazione da Jack Kevorkian,un medico noto negli Stati Uniti come il 'dottor Morte' per la sua cam-pagna in favore dell’eutanasia attiva. Kevorkian, in attesa di processo nelMichigan per avere contribuito direttamente a realizzare i desideri dimorte di due malati nell’ultima fase di sofferenze, afferma di avere favo-rito il suicidio di un totale di 18 persone tra il 1990 e oggi. Fin dagli anniCinquanta il medico ha progettato il reperimento di organi umani tra icondannati a morte più giovani e robusti. Ha visitato innumerevoli'bracci della morte’ nei penitenziari per convincere i candidati al patibo-lo a donare alcuni organi prima dell’arrivo del boia. Il suo progettoprevedeva una forte anestesia, l’operazione chirurgica per espiantaretutti gli organi possibili con un finale trasferimento dei resti dalle manidei chirurghi a quelle del boia, che avrebbe dovuto provvedere a dareesecuzione alla sentenza del tribunale. Finora tutti i tribunali degli Statidove Kevorkian era riuscito a ottenere l’assenso di qualche condannatoa morte avevano sempre bocciato la proposta. Ma adesso le autorità delTexas hanno dato parere positivo per un esperimento con Nobles. Unrene gli sarà prelevato a Galveston, Texas, e trasportato a una clinica pertrapianti di Washington. L’operazione è per ora rinviata in attesa delmalato giusto. Nobles d’altra parte è anche in attesa di una risposta dellaCorte Suprema a un ultimo appello contro la condanna a morte. Già nel1984 Kevorkian aveva diffusamente risposto alle obiezioni di chi fossecontrario all’idea di organi prelevati da criminali incalliti. “I condannatia morte non sono animali bruti – scriveva Kevorkian nell’articolo per unnotiziario medico della California – alcuni sono anche sinceramentepentiti per i loro crimini terribili e in incontri a quattr’occhi appaionoper quello che sono, esseri umani degni di pietà. Solo un’emotività infan-tile può ritenere ripugnante un cuore o un fegato espiantato a un crimi-nale condannato a morte. Alla fin fine è il cervello del criminale che è inqualche modo guasto, non il suo corpo robusto”.

Si restringono le frontiere europee per gli italiani in attesa di intervento

Rodi, 26 ottobre Sarà sempre più difficile per gli italiani in attesa di un trapianto d’orga-no mettersi in lista all’estero. Molti Paesi europei stanno infatti riveden-

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do le proprie norme per limitare sempre più l’accesso ai malati stranie-ri. Questa la tendenza confermata al sesto congresso della Societàeuropea dei trapianti, in corso a Rodi. La predisposizione che sta emer-gendo, ha spiegato Mario Scalamogna, uno dei coordinatori del NordItalia Trapianti (Nit), è quella di riconoscere che gli organi sono unbene nazionale, una risorsa che comunque è limitata e ogni Paese cercadi amministrarla per i propri cittadini. “Da tempo abbiamo avuto laconferma che in fatto di trapianti siamo una colonia e per questo subia-mo i piaceri e le restrizioni di altri Paesi”, ha commentato Scalamogna.Secondo quanto ha riferito il professore, al centro francese di Marsigliache trapiantava quasi esclusivamente malati italiani, è stata recente-mente revocata l’autorizzazione mentre per altri centri sono state intro-dotte procedure amministrative prima di ammettere una persona inlista. Si richiede comunque la contemporanea cancellazione da altreliste di attesa. Analoghe raccomandazioni di restrizione per entrarenelle liste, ha aggiunto il rappresentante del Nit, sono state emanatedall’Eurotransplant per i non residenti. L’associazione riunisce Belgio,Lussemburgo, Olanda e Germania. “Sono sempre di più – ha com-mentato Claudia Pizzi del Nit – i malati che riferiscono di non essereriusciti ad entrare nelle liste di attesa”. “È ora che l’Italia si assuma laresponsabilità di non aver fatto partire programmi di trapianto”, hadichiarato Bernard Coen, responsabile dell’Eurotransplant Foundation.“E in futuro – ha aggiunto – dovremo essere ancora più restrittivi. Senon verranno limitazioni dai medici ci saranno altre limitazioni di tipoburocratico”. Intanto l’Italia, con 5,5 donazioni per milione di abitantiè scesa all’ultimo posto in Europa, superata anche dalla Grecia e dalPortogallo. “La nostra è una situazione drammatica alla quale occorreporre rimedio quanto prima – ha aggiunto Scalamogna –. Dobbiamoevitare che per contraccolpo siano incentivati altri viaggi di malati inIndia, alla ricerca di organi che vengono ceduti per soldi da personeancora più disperate”. Analoghe limitazioni all’ingresso nelle liste d’at-tesa potrebbero avvenire anche negli Stati Uniti, dove è in discussioneal Congresso una normativa che si preannuncia assai rigida.

AIDS, autorizzati i primi due innesti di geni al mondoWashington, 27 ottobre I primi due trapianti al mondo di geni in persone con il virus HIV

dell’AIDS sono stati autorizzati negli Stati Uniti dal particolare comita-to degli Istituti nazionali della sanità. L’obiettivo è ridurre la potenzadel virus o di renderlo maggiormente sensibile all’azione di alcuni far-maci. I due trapianti sperimentali, con tecniche diverse, saranno effet-tuati dall’Università di California a San Diego e dal centro tumori FredHutchinson di Seattle e interesseranno rispettivamente sei e quindicisieropositivi. A San Diego, ricercatori coordinati da Flossie Wong-Staalpreleveranno CD4 dai sieropositivi. I CD4 sono i linfociti “sentinelle”del sistema immunitario, bersaglio preferito del virus HIV. Nei CD4verrà inserito un gene in grado di determinare la rottura dell’Rna delvirus, distruggendo la sua capacità di entrare nei CD4 e di riprodursi.

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I linfociti modificati dei sei pazienti saranno quindi fatti crescere incoltura fino a raggiungere ciascuno dieci miliardi di unità e poi sarannotrasfusi nei sieropositivi. L’operazione verrà effettuata con pazienti chepresentano 250 o più CD4 per millimetro cubo di sangue ed alcunisintomi, ma non in pazienti in stadio avanzato di infezione. I ricercato-ri del centro Fred Hutchinson, coordinati da Philip D. Greenberg,progettano invece di trasfondere massicciamente nei 15 pazienti alcunilinfociti “killer” modificati geneticamente. Il gene usato è un incrociofra un batterio (l’hygromycin fosfotransferasi) e il virus dell’herpes. Sispera così di far diventare il virus dell’AIDS maggiormente sensibileall’azione di farmaci antivirali. Inoltre la porzione di gene che appar-tiene al batterio consentirebbe ai ricercatori di seguire le cellule modi-ficate e capire per quanto tempo agiscono nell’organismo. I 15 pazien-ti ammessi alla sperimentazione avranno fra i 200 e i 500 CD4.

Italiani a caccia di organi nel terzo mondoRoma, 27 ottobre Gli italiani sono fra i maggiori “utilizzatori” del traffico di organi fra

vivi esistente in Sud America e in India. Lo ha dichiarato GlaucoTorlontano, vicepresidente della Commissione sanità del Senato, nelcorso di una conferenza stampa sui trapianti. La scelta del luogo dovesottoporsi al trapianto, ha precisato Torlontano, è spesso condizionatadalla disponibilità economica della persona. In Sud America, in parti-colare in Brasile (dove un trapianto costa dai 20 ai 30 milioni di lire) seabbiente, altrimenti in India (il costo di un donatore di rene è di circaun milione e mezzo). In sostanza, ha poi aggiunto il chirurgo RaffaeleCortesini, “gli italiani contribuiscono ad alimentare questo traffico”.Cortesini ha quindi spiegato che ogni 10-15 giorni si presenta in ospe-dale una persona per complicazioni dovute a trapianto, per lo piùeffettuato in India. In questo Paese le persone arrivano a spenderecomplessivamente anche 20-30 milioni. Il chirurgo ha infine ribaditol’impossibilità in Italia e in Europa di poter effettuare trapianti illegali.“I controlli – secondo Cortesini – sono inimmaginabili: nessun centroeuropeo trapianta un organo se non è accompagnato da un certificato,dove fra l’altro sono riportati i nomi dei medici che hanno effettuatol’espianto, il codice del donatore e le sue caratteristiche e l’ospedale dalquale proviene”.

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Primo trapianto in Italia di valvola cardiaca umanaTorino, 26 febbraio Trapiantata per la prima volta in Italia una valvola tricuspide umana

su un giovane affetto da una grave forma infettiva-cardiaca. Finoraerano state usate soltanto valvole biologiche (di maiale) che possonodeteriorarsi dopo qualche anno o quelle meccaniche che impongonoal paziente una costante terapia anticoagulante. L’intervento è statocompiuto circa un mese fa all’ospedale Molinette di Torino, dall’equi-pe del cardiochirurgo Michele Di Summa ed è durato 55 minuti. Ilpaziente, un ex tossicodipendente di 16 anni, è stato dimesso. La noti-zia è stata data dallo stesso cardiochirurgo durante un convegno suitrapianti che si è svolto a Torino. La relazione sull’intervento, chesecondo Di Summa rappresenta una “prima” per l’Italia, è stata pub-blicata sulla rivista “The annals of thoracic surgery”. La valvola è stataprelevata da un cuore espiantato, ma poi non ritenuto idoneo per iltrapianto. “Si è trattata di una felice combinazione – ha spiegato DiSumma –. La valvola tricuspide era in ottime condizioni e il pazienteda operare soffriva proprio di una rarissima forma di infezione allavalvola. È un passo avanti nella cura delle malattie valvolari anche senon si potrà applicare sempre”. La valvola umana consente di supera-re i rischi delle valvole biologiche e meccaniche.

Liste d’attesa piene negli USA per un fegato nuovo, polemiche sulla gestionePittsburgh, 7 marzo Aumentano negli Stati Uniti i malati in lista di attesa per un trapianto

di fegato. A febbraio erano 3.043, con un aumento del 678% rispettoal dicembre 1987, quando erano appena 449. Questo incrementoalimenta le polemiche sulla gestione delle liste e sulle priorità da segui-re nell’assegnazione degli organi. Secondo Byers Shaw, dell’Universitàdel Nebraska, molti dei centri americani più importanti “truccano” leliste di attesa attribuendo sulla carta una gravità maggiore di quellareale ai propri pazienti, in modo da farli andare avanti nella listanazionale. Commentando quest’affermazione, Douglas Norman,dell’Università di scienze sanitarie dell’Oregon e presidente dell’Unos(l’organizzazione che controlla l’attribuzione degli organi negli Usa)ha sostenuto che nei prossimi mesi si dovranno sviluppare criterimigliori per selezionare i malati. Secondo Norman, ciò potrebbe por-tare a restringere le indicazioni al trapianto di fegato e si potrebbe

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anche decidere di non offrire più il trapianto alle persone il cui statopatologico è molto avanzato, favorendo invece i malati che hannomigliori possibilità di sopravvivenza a distanza di tempo”.

Entro il 2000 gli organi prelevati da animali saranno la maggioranzaVenezia, 24 marzo Cuori “artificiali” e utilizzo di organi di animali, soprattutto di babbu-

ini, sembrano essere le strade future da seguire nel campo dei trapian-ti di cuori. Ma, intanto, bisogna fare i conti con il problema delledonazioni, specie in Italia, e con le difficoltà di adeguamento dellestrutture e dei finanziamenti rispetto allo stato avanzato della ricercamedico-chirurgica. L’indicazione è emersa nel corso della prima gior-nata di lavori del convegno internazionale dedicato al trapianto dicuore e di cuore-polmoni, apertosi stamane alla Fondazione “Cini” aVenezia. Il simposio, che si concluderà sabato prossimo e al qualepartecipano centinaia di medici provenienti da tutto il mondo, intendefare il punto sullo stato della ricerca nel settore, attraverso un’articola-ta serie di relazioni tecniche ed incontri. “È un incontro specialistico– ha rilevato il dott. Ugolino Livi, dell’Università di Padova – per unoscambio di esperienze su diversi temi legati al trapianto cardiaco ecombinato con polmoni”. Secondo Livi, sulla base degli studi in corsosoprattutto negli Stati Uniti, fra qualche anno sarà disponibile un“cuore meccanico artificiale totalmente impiantabile”, ma entro il2000 si procederà all’uso di organi di animali che sostituiranno quelliumani malati e ciò “grazie all’ingegneria genetica che sta manipolan-do l’approccio al rigetto”. Il problema etico potrebbe essere superatodall’utilizzo di animali “donatori” che fanno già parte della culturaoccidentale, specie nel campo alimentare, come i maiali. Anche per ilprof. Dino Casarotto, responsabile dell’istituto di ChirurgiaCardiovascolare di Padova, la questione etica non dovrebbe sussistere,ma gli animali più adatti sarebbero i babbuini. “Il problema oggi inItalia – rileva Casarotto – sono le donazioni e l’adeguamento dei cen-tri”. Per quanto concerne le disponibilità di organi, per Casarotto,esiste un problema mondiale, ma l’Italia si pone negli ultimi posti.Mediamente sono circa 200 all’anno i trapianti di cuore e pochissimiquelli di cuore-polmone, rispetto ai circa 4.000 (700 “combinati”) nelmondo.

I medici europei protestano contro le limitazioni del governo belga verso gli stranieriBruxelles, 7 aprile L’Associazione dei medici europei (AME) protesta contro le limitazio-

ni ai trapianti di organi a favore di malati non residenti in Belgio,prospettate nei giorni scorsi dal ministro della previdenza socialeMagda De Galan. “Ci sembra inaccettabile – ha affermato l’AME –che la nazionalità di un paziente possa costituire criterio di selezione,in particolare in questi tempi in cui avviene la costruzione europeatanto auspicata e incoraggiata dagli stessi politici”. De Galan, rispon-dendo ad una interrogazione parlamentare, ha affermato che si stanno

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studiando limitazioni ai trapianti per la carenza di organi causata dalgran numero di richieste di cittadini stranieri. Il ministro, dietro pres-sione di malati e medici belgi, ha annunciato di essere orientato astabilire che l’operazione sia fatta in Belgio a condizione che il Paesedi origine del paziente fornisca l’organo. Secondo l’Istituto nazionalebelga di assicurazione e invalidità, più di un terzo dei 400 trapiantirenali avvenuti in Belgio nel 1992 è stato effettuato su pazienti stranie-ri, “per la stragrande maggioranza italiani”. Il Belgio ha una delleleggi che regolano l’espianto di organi più avanzate d’Europa e centi-naia di italiani ogni anno si inscrivono nelle liste di attesa.

Lunghe attese per chi è in listaRoma, 14 aprile Sono diminuiti del 4,1% i trapianti di cuore in Italia nel 1993 rispetto

all’anno precedente, mentre una più marcata diminuzione (il 50 %) siè registrata per i trapianti di cuore-polmone. Cresce invece inesorabil-mente il numero delle persone in attesa di un organo nuovo (550 peril cuore, 50 per il cuore-polmone, 15 per il polmone) che porta spessomolti malati a mettersi in fila nei centri di trapianto di altri Paesi.Questi alcuni dati che emergono dal rapporto trapianti ’93 redatto dalNord Italia trapianti, presieduto dal prof. Girolamo Sirchia. Secondoil cardiochirurgo dell’ospedale Bambino Gesù di Roma CarloMarcelletti “per i trapianti in età pediatrica siamo legati inesorabil-mente alla carente disponibilità degli organi e la situazione italiana èidentica a tutta l’Europa”. “Anche nel nostro centro – ha commentatoMarcelletti – abbiamo diversi bambini in lista per ricevere cuore epolmone e il tempo di attesa dipende dalla compatibilità dell’organoda innestare”. La situazione del nostro Paese in questi ultimi anni nontende a migliorare. Secondo Girolamo Sirchia, il recente decreto mini-steriale sull’organizzazione dei trapianti che prevede presso l’Istitutosuperiore di sanità un centro di coordinamento “è insoddisfacente,serve solo a mediare posizioni, non a risolvere i problemi. Occorre uncentro operativo che lavori giorno e notte per coordinare le richieste ditrapianto e allocare gli organi disponibili”.

Giovane riceve un polmone a testa da padre e zioPittsburgh, 30 aprile Effettuato un duplice trapianto di polmoni da donatori viventi per un

giovane americano di 25 anni della Pennsylvania, affetto da insuffi-cienza respiratoria terminale per fibrosi cistica. Il triplice intervento èstato effettuato ieri al centro trapianti dell’università di Pittsburgh chene ha diffuso la notizia. I donatori sono il padre del giovane, di 51anni, ed uno zio di 40. L’autorizzazione all’intervento (durato circa 6ore) è stata data dal comitato etico dell’università che si è riunito con“urgenza”, visto il “deterioramento del ragazzo che senza il trapiantonon sarebbe sopravvissuto più di 48 ore”. Allo zio è stato rimosso illobo inferiore del polmone destro, al padre quello del polmone sinistro.Le possibilità di complicazione per i donatori sono di circa l’1%. Sono

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buone le condizioni respiratorie e cardiocircolatorie delle tre personericoverate in terapia intensiva. Sono più di 200 i pazienti che al centrodi Pittsburgh attendono un trapianto di polmoni ma – afferma l’uni-versità – circa un terzo morirà prima di ricevere un organo compati-bile, a causa della carenza di donazioni di organi da cadaveri.

Nasce la rete informatica di sorveglianza dell’ISSRoma, 17 giugno È in allestimento presso la Consulta tecnica dei trapianti dell’Istituto

superiore di sanità (ISS) una rete informatica, in grado di collegaretutti i centri di trapianto esistenti e tener sotto controllo donazioni edistribuzione di organi. Lo ha annunciato questo pomeriggio a Romail direttore dell’ISS Giuseppe Vicari, durante il convegno internazio-nale sui trapianti in corso all’università La Sapienza di Roma. Il centroinformatico unificato, ha spiegato Vicari, sarà necessario per tenere unregistro nazionale dei trapianti d’organo, per poter valutare cioè laqualità degli interventi e i protocolli attuati. “Attualmente l’attività ditrapianto in Italia risente della assoluta carenza di donazioni – hacommentato Raffaello Cortesini, direttore del Centro sud italia tra-pianti –. Mentre la Spagna ha una media di 22 donazioni per milionedi abitanti e la Francia di 17,2, in Italia si è arrivati al 6,3”. Non èescluso, ha precisato Cortesini, che per incentivare il lavoro dei riani-matori si possa pensare a forme di incoraggiamento economico dareinvestire nel miglioramento degli ospedali. Promuovere la compo-nente psicologica dei trapianti è per Cortesini determinante per venireincontro al dolore delle famiglie coinvolte in una morte. “Non sussisteda parte dei medici la volontà di prevaricare la decisione della famiglia– ha spiegato il direttore – ma l’esigenza di far capire la solidarietàcollettiva di tutti i cittadini”.

Età e sesso influenzano l’esito del trapianto di fegatoPittsburgh, 5 settembre L’età e il sesso del donatore influiscono sull’esito dei trapianti di fegato.

Lo ha accertato uno studio clinico presentato a Kyoto (Giappone) alcongresso mondiale della Transplantation Society. La ricerca ha segui-to circa 500 donatori, accertando che la sopravvivenza dopo 2 anni daltrapianto è del 78% nei malati che hanno ricevuto il fegato da undonatore “giovane” (sino a 60 anni di età) e del 62% in quelli che lohanno ricevuto da un donatore ultrasessantenne. Particolarmente sor-prendente l’analisi in relazione al sesso del donatore e del ricevente. Irisultati più favorevoli si ottengono quando il donatore del fegato è disesso maschile e il ricevente è femmina, mentre la combinazione peg-giore è quella in cui il fegato di una donna viene impiantato nel corpodi un uomo. A due anni dall’intervento, le sopravvivenze sono statedell’81% nei trapianti di fegato da donna a donna, del 66% in quellida donna a uomo, dell’82% nei trapianti da uomo a donna e del 77%in quelli effettuati da un uomo a un altro uomo. Per Ignazio RobertoMarino, del Pittsburgh Transplantation Institute, direttore dello stu-

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dio, questi dati possono essere spiegati “sulla base della diversa presen-za nei due sessi di recettori ormonali nel tessuto epatico e avrannoimportanti risvolti nella selezione dei donatori di fegato nell’immedia-to futuro”.

Introdotto il silenzio-assenso in PortogalloLisbona, 21 settembre D’ora in poi in Portogallo chi non vuole che i suoi organi, una volta

accertata la morte cerebrale, siano destinati a trapianti, dovrà affer-marlo per iscritto. Chi non lo farà, portoghese o straniero residente nelPaese, sarà automaticamente considerato donatore e il suo corpo potràessere usato per trapianti. Lo stabiliva già una legge del 1993, solo oraentrata in vigore con la creazione del registro informatizzato dei nondonatori. Questo elenco raccoglierà le dichiarazioni di coloro che nonvogliono cedere i loro organi per eventuali trapianti. Il registro entreràin funzione entro il 15 ottobre e, nel frattempo, saranno pubblicatisulla Gazzetta Ufficiale anche i criteri formali per determinare lamorte cerebrale. A quel punto i medici, una volta constatata la mortee dopo aver consultato il registro dei non donatori, potranno usareliberamente per trapianti gli organideldeceduto che non abbia mani-festato una volontà in contrario. La legge ha suscitato qualche criticaformale sul piano giuridico ma è stata ben accolta negli ambienti sani-tari, dove sono noti i drammi di migliaia di persone che soffrono nonriuscendo a trovare un organo disponibile per un trapianto.

Il “nobile gesto” della famiglia GreenRoma, 3 ottobre Il gesto dei coniugi Green, che hanno deciso di donare gli organi del

figlio Nicholas, ucciso a Messina il 1° ottobre, “può aver contribuito asensibilizzare molte persone, più che una campagna di informazione dalcosto di svariati miliardi”. Questo il parere del Ministro della sanitàRaffaele Costa che è intervenuto per commentare la vicenda indicando-la come un gesto “importante e significativo che ci fa comprendere cheil trapianto di organi è sì un problema medico-scientifico ma è anche esoprattutto un problema umano”. Il gesto dei genitori di Nicholas, affer-ma Costa in una nota, ha permesso di salvare altre giovani vite che lot-tavano contro la morte. “La sensibilità e la serenità del papà e dellamamma di Nicholas hanno commosso tutti: a loro dobbiamo un sentitograzie e da loro dobbiamo prendere esempio. Oggi in Italia – prosegueCosta – vivono circa 10 mila persone che attendono trapianti di organie di fronte a questa necessità gli organi donati non sono affatto sufficien-ti. La situazione nazionale dei trapianti, afferma Costa, è ancora lontanadai livelli medi dei Paesi europei, tuttavia “ci sono concreti segnali chefanno presagire un’inversione di tendenza”. Nei primi sei mesi del ’94,per quanto riguarda il territorio controllato dal Nord Italia Transplant,si è registrato un sensibile miglioramento dell’attività di trapianto: lesegnalazioni dei donatori disponibili all’espianto sono state 132 rispettoalle 110 dello stesso periodo del 1993.

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La crisi economica costringe un disoccupato a mettere in vendita un reneTokyo, 11 ottobre Un disoccupato di 34 anni di Tokyo ha messo in vendita un rene per

300 milioni di lire, suscitando reazioni indignate della Società giappo-nese per i trapianti di organi, ma comprensione nell’opinione pubbli-ca. In Giappone nessuna legge proibisce la vendita di organi, che alcontrario è condannata dall’Organizzazione mondiale della sanità(OMS). Il donatore anonimo si è presentato oggi al giornale Asahiinformando di avere esposto nei giorni scorsi un annuncio, spinto dallafame, in un centinaio di cabine telefoniche di Tokyo. “Perché conti-nuare a stare in dialisi per tutta la vita? Ho un rene per te. Telefona alseguente numero”. Il donatore ha dichiarato di aver ricevuto finoradue richieste, nessuna delle quali si è però concretizzata. “Nessunalegge proibisce questo traffico e non posso essere considerato un crimi-nale. Con un rene posso sopravvivere – ha concluso –. Se me li tengotutti e due morirò di fame”. A causa della crisi economica i disoccupa-ti sono saliti quest’anno in Giappone a 3 milioni, pari al 3% della forzalavoro, il più alto indice degli ultimi sei anni. La società giapponese peri trapianti ha fatto sapere che gli ospedali giapponesi hanno l’ordine dinon procedere a trapianto quando non è chiara la provenienza dell’or-gano e si sospetta che sia stato comprato.

Primi trapianti da donatori terminaliPittsburgh, 12 dicembre All’Hospital center di Washington negli ultimi tre mesi sono stati ese-

guiti tre trapianti di rene nei quali, per la prima volta al mondo, idonatori erano affetti da una malattia terminale ed avevano indicatola volontà di donare gli organi a persone a loro care. Lo ha reso notoPatricia De Lone, responsabile del centro trapianti dell’ospedale ame-ricano. I donatori erano perfettamente al corrente che la rimozione deireni avrebbe deteriorato le loro instabili condizioni di salute e li avreb-be portati a morire rapidamente. Nel primo caso, secondo quanto si èappreso, il donatore è deceduto tre giorni dopo il trapianto di renesull’altra persona; nel secondo caso un giorno dopo, mentre nel terzola donazione è avvenuta dal padre (affetto da un tumore cerebrale) allafiglia. Il papà è vissuto abbastanza per poter parlare con la figlia giàtrapiantata, prima di entrare in coma e morire. I tre malati eranoaffetti da patologie incurabili e la donazione ha accelerato probabil-mente solo di pochi giorni la dipartita. Inoltre il loro decesso nonsarebbe avvenuto con i criteri della morte cerebrale, rendendo quindiimprobabile o impossibile una eventuale donazione post-mortem. Lalegislazione americana riconosce il diritto di indicare un ricevente peri propri organi, pratica che viene però solitamente esercitata dai fami-liari di un potenziale donatore già in morte cerebrale.

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Diabete, ottime prospettive per i trapianti di cellulePittsburgh, 2 gennaio Malgrado i deboli successi clinici iniziali, i risultati dei trapianti di cel-

lule (isole pancreatiche) per la cura del diabete miglioreranno enorme-mente. Lo afferma, in un editoriale sul prossimo numero della rivista“Literature Scan: Transplantation”, Mark Hardy, direttore del diparti-mento trapianti d’organo della Columbia University di New York, lostesso che ha chiesto l’autorizzazione per un trial di trapianto di cuoreda babbuino a uomo. Per Hardy è più probabile che in futuro si utiliz-zeranno cellule di origine animale piuttosto che umane e i miglioririsultati saranno resi possibili dai rifinimenti tecnici, dalla migliore tera-pia immunosoppressiva e dall’avanzamento degli studi sulla tolleranzaimmunitaria. Secondo il Registro mondiale dei trapianti di cellule perla cura del diabete, su 185 trapianti eseguiti in 25 istituzioni di tutto ilmondo, solo in due casi si è avuta un’indipendenza dall’insulina per piùdi un anno: in un paziente impiantato a Milano e in uno operato aMinneapolis. Solo il 22% dei pazienti ha potuto fare a meno dell’insu-lina per più di un mese, mentre in tutti gli altri il sistema immunitariohadistrutto inmenodi unmese le cellule impiantate.Complessivamente,infine, nel 60% dei casi si è avuta una produzione di “peptide C” (unelemento non attivo dell’insulina) superiore ad un nanogrammo permillilitro per un periodo superiore ad un mese.

Aumenta la sopravvivenza post-interventoWashington, 24 gennaio Il tasso medio di sopravvivenza di pazienti che hanno ricevuto un

nuovo organo è aumentato per tutti i tipi di intervento. La miglior per-formance, secondo i dati resi noti oggi dal Ministero della sanità ame-ricano, spetta ai riceventi di nuovi polmoni: il 68% di loro sopravvivealmeno un anno dall’operazione, contro il 53% del 1991. I nove volumidi statistiche su oltre 60mila trapianti effettuati in 261 cliniche statuni-tensi, compilati dall’associazione Usa per la distribuzione degli organi,rivelano fra l’altro come “la crescita ancora in atto in America dei cen-tri specializzati in trapianti abbia contribuito al miglioramento delletecniche e quindi all’incremento della sopravvivenza dei malati”.Le cifre• Il tasso di sopravvivenza ad un anno dall’operazione nel caso di tra-pianti doppi cuore-polmone è salito del 4%, passando dal 53% deipazienti del ’91 al 57% di oggi;

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• stesso livello di successo (91% di sopravvivenza ad un anno) nei tra-pianti di pancreas: anche in questo caso l’aumento è di circa il 2% deicasi rispetto alle statistiche del ’91;• i risultati migliori continuano però ad ottenersi con i trapianti di reni:è fra questi pazienti che si registra il più alto numero di sopravvissuti(94%) un anno dopo l’intervento. L’incremento in questo campo è statodell’1% negli ultimi due anni;• scarse novità invece nel settore trapianti di cuore: la sopravvivenza adun anno è oggi dell’83% dei destinatari, solo uno 0,5% di casi in più del’91.

368.500 interventi nel 1994 in tutto il mondo, solo l’1% al polmoneRoma, 17 maggio Nel 1994 in tutto il mondo sono stati effettuati 368.500 trapianti: 300

mila sono stati di rene, 25 mila di fegato, 30 mila di cuore e solo 3.500di polmone, poco più che l’1% del totale. In Italia, nonostante la scar-sità di donatori di organi, che sono sette ogni milione di abitanti, sonocinque i centri dove viene effettuato il trapianto di polmone, operazioneche soltanto negli ultimi anni ha raggiunto una realizzazione clinicadefinitiva. È quanto ha spiegato Giuseppe Nanni, responsabile del cen-tro trapianti d’organo del Policlino Gemelli, dove da 25 anni si effettuail trapianto di reni, da dieci quello di fegato e da un anno e mezzoquello di polmone. “Il primo trapianto di polmone al Gemelli – haspiegato Nanni – è stato eseguito nel ’93 su un uomo di 47 anni che oraè in perfette condizioni di salute, lavora e si concede anche gite in bici-cletta”. Tra le malattie che rendono necessario il trapianto: l’enfisemadi diversa origine, la fibrosi cistica, le bronchiectasie, l’ipertensione pol-monare primitiva e alcuni tipi di secondaria. “In alcuni casi – haaggiunto Nanni – si rende necessario il trapianto di ambedue i polmoni,a seconda del tipo di malattia e dell’età del paziente. In particolare perla fibrosi cistica il trapianto di un solo polmone non sarebbe infatti suf-ficiente”.

Contrae un tumore il 3% dei trapiantatiMilano, 17 maggio Il 3% dei pazienti sottoposti a trapianto d’organo sviluppa un tumore a

causa dei farmaci antirigetto che è costretto ad assumere, i quali abbas-sano le difese dell’organismo. Il dato, doppio rispetto alla popolazionenormale di pari età, emerge da uno studio eseguito nell’ospedale mila-nese di Niguarda sugli oltre 1.500 interventi eseguiti negli ultimi 10anni. Lo ha spiegato oggi Giuseppe Landonio, aiuto della divisione dioncologia medica dell’ospedale, nel presentare un convegno che si svol-gerà domani nel nosocomio milanese sul tema “Immunità e Tumori”.Proprio durante il convegno sarà ufficializzata la decisione di istituirepresso l’ospedale un registro di tumori correlati al trapianto, con l’obiet-tivo di controllarne l’andamento. “Purtroppo vi è poco da fare perimpedire l’insorgenza di questi tumori – ha detto Landonio – poiché i

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farmaci antirigetto sono necessari: abbassano la risposta immunitariadell’organismo per impedirgli di attaccare l’organo trapiantato, madall’altra parte rendono l’organismo debole anche di fronte agli altri‘estranei’, compresi gli agenti patogeni. Non è un caso che i tumori cheprevalentemente insorgono in queste persone sono gli stessi che si veri-ficano nei pazienti immunodeficienti perché affetti da Aids: il sarcomadi Kaposi e i linfomi”. In particolare al Niguarda, su 700 casi di Aids sisono verificati in un anno 120 tumori (il 15%).

Dimezzati gli interventi a stranieri negli USAPittsburgh, 26 maggio Dal prossimo mese di giugno, negli Stati Uniti, verrà ridotta del 50% la

quota di pazienti stranieri che potrà essere sottoposta a interventi ditrapianto d’organo. Lo ha deciso la United Network for Organ Sharing(Unos), l’organizzazione governativa americana che gestisce le liste diattesa dei trapianti di tutti gli Stati Uniti e stabilisce i criteri e le prioritàdi distribuzione degli organi prelevati da donatori in morte cerebrale.Sino ad oggi, ogni centro-trapianti americano poteva mettere in lista diattesa e sottoporre a trapianto d’organo un numero di pazienti non-americani pari al 10% del totale dei trapianti eseguiti dallo stesso centroin quel determinato. Il Comitato per le relazioni estere della Unos hastabilito che, d’ora in avanti, il numero dei pazienti stranieri trapiantabi-li con organi provenienti da donatori americani non potrà superare il5% degli interventi eseguiti in ciascun centro. La decisione, sebbenemeno restrittiva di una legge attualmente in discussione al Congressodegli Stati Uniti (che prevede due liste separate per americani e non e,quindi, una preclusione praticamente totale ai trapianti per chi non èstatunitense) rappresenta un passo sostanziale nella direzione di una“chiusura” nei confronti dei pazienti stranieri in attesa di un trapianto.La nuova norma è stata ufficialmente comunicata dalla Unos con unacircolare diramata a tutti i centri-trapianto degli USA.

L’alcolismo non influisce sulla sopravvivenza dopo l’operazione al fegatoPittsburgh, 27 luglio Il trapianto di fegato può essere offerto “senza preclusioni etiche”

anche agli alcolisti perché un’eventuale ripresa delle bevute compulsivenon influisce sulla sopravvivenza dopo l’intervento. Lo ha dimostratouno studio condotto dai chirurghi del centro trapianti di fegato dellaBaylor Univesrity (Texas), condotto su 67 pazienti operati per insuffi-cienza epatica legata ad assunzione cronica di alcol, dei quali è statoesaminato il decorso post-operatorio immediato e a distanza. Secondola ricerca è piuttosto elevata l’incidenza di recidive (49% a quattro annidal trapianto), ma si tratta di situazioni in genere acute e non croniche(ad esempio un bicchiere di alcol in una festa). Il recidivismo non è poicorrelato con una maggiore morbilità o mortalità: solo 3 pazienti su 67,infatti, si sono aggravati e sono morti per la essere ricaduti nel tunneldell’alcolismo. La maggior parte dei centri americani comunque richie-de, per l’inserimento in lista di attesa, che un eventuale candidato al

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trapianto di fegato con passato di alcolismo sia completamente astemioda almeno sei mesi e abbia frequentato un corso di riabilitazione ripor-tando un giudizio finale positivo. Per l’indicazione al trapianto, unpassato da alcolista rimane una delle patologie più discusse.

Istituto superiore sanità, meno donazioni per notizie infondateRoma, 7 settembre Ogni sospetto che in Italia vengano prelevati illegittimamente organi di

bambini per destinarli ai trapianti “è totalmente ingiustificato” e osta-cola gravemente la donazione di organi. Lo affermano, in un comuni-cato diffuso oggi dall’Istituto superiore di sanità, i 27 membri dellaConsulta tecnica permanente trapianti, in riferimento a notizie pubbli-cate all’inizio di settembre da alcuni quotidiani. Secondo i membridella Consulta, infatti, “tutta l’attività di trapianto in Italia si svolgesotto il controllo delle superiori Autorità sanitarie nazionali e in strettacollaborazione con la Magistratura locale”. “I medici trapiantatori chesi confrontano ogni giorno con i pazienti in attesa di trapianto – con-clude il comunicato – denunciano ancora una volta il comportamentoirresponsabile di alcuni giornalisti che, alimentando sospetti, ostacolanogravemente la donazione di organi”.

Poca disponibilità, 8.000 italiani in lista di attesa per un organoFirenze, 23 settembre Circa 8mila persone in Italia sono in lista di attesa per un trapianto di

rene (il più richiesto, con 7.000 domande), di cuore (550) e di fegato(350), a fronte di una disponibilità ben inferiore. Nel 1994 sono statieseguiti 830 trapianti di rene, 303 di cuore e 326 di fegato. Sono le cifreche stanno alla base del sempre maggior numero di “viaggi della spe-ranza”, i costosi interventi in cliniche straniere il cui numero non ècensito da alcuna statistica. Di questo si è discusso nel corso di unincontro nella basilica di San Miniato a Firenze, organizzato dall’Asso-ciazione toscana trapianto organi (Atto) e dal centro Genesis. “I viaggidella speranza non sono una moda, ma un grosso sacrificio per chi deveaffrontarli, per chi non ha altra scelta per una sopravvivenza che da noiviene negata”. È uno dei passaggi della relazione che avrebbe dovutoleggere il presidente di Atto, Franco Costagli, trapiantato di fegato. MaCostagli è morto quattro giorni fa ed è stata la moglie a presentarne larelazione, nella quale tra l’altro si chiede una nuova regolamentazioneper il rilascio del modello E 112, che permette di usufruire dell’assisten-za ospedaliera gratuita nei paesi Cee. Il rilascio è di competenza deiCentri di riferimento regionali, dove “un solo professore – denuncial’associazione – con giudizio inappellabile rilascia o nega l’autorizzazio-ne: lo potremmo definire ‘il signore della vita’”.

Iniziano gli studi sull’uomo per eliminare il problema del rigettoBergamo, 12 ottobre Trapianti d’organo senza rigetto e senza dover usare farmaci immuno-

soppressori che espongono a effetti collaterali l’organismo del paziente.

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Per questa ipotesi, testata finora nei maggiori istituti di ricerca delmondo solo su animali, sta cominciando l’ultima fase, la sperimentazio-ne sull’uomo. Il protocollo che la regolerà in Italia e in America è statofirmato oggi da Giuseppe Remuzzi, responsabile dei laboratori MarioNegri di Bergamo, da Mohamed Sayegh e Charles Carpenter, dellaHarvard Medical School di Boston, nell’ambito del “2° simposio inter-nazionale su tolleranza al trapianto”. Il convegno si svolge in Italia,dopo la prima edizione di Parigi nel 1992, proprio a causa degli studimolto avanzati condotti negli ultimi anni a Ranica dal gruppo diGiuseppe Remuzzi, che sui ratti ha ottenuto la piena tolleranza al tra-pianto d’organi già nel 1991. Il principio adottato è quello di far prece-dere il trapianto da un’inoculazione di cellule del donatore nel timo delricevente, in modo che in seguito il sistema immunitario di quest’ultimoriconosca l’organo trapiantato come proprio e non cerchi di rigettarlo.Remuzzi ha cominciato facendo precedere il trapianto di rene da uninnesto di glomeruli, poi ha utilizzato i linfociti, le cellule maggiormen-te coinvolte nella risposta degli anticorpi, quindi particolari peptidi,pezzetti di proteine. Il gruppo di Remuzzi è riuscito sempre a ottenerela piena tolleranza nell’organismo ricevente. Obiettivo raggiunto qual-che tempo fa, in base agli schemi messi a punto nei laboratori del Negri,anche da una equipe di chirurghi di Milwaukee che ha ripetuto l’espe-rimento su scimmie. “È fondamentale – ha spiegato Remuzzi – inserirele cellule nel timo e non altrove”. Quest’organo linfatico, necessario nelcorso dell’infanzia per lo sviluppo e la maturazione delle funzioniimmunologiche, “viene utilizzato come una ‘scuola’, in cui educare ilinfociti a non aggredire i tessuti del donatore”. “Con la stesura delprotocollo – ha aggiunto Remuzzi – potremo cominciare nel giro diqualche mese le sperimentazioni sull’uomo nel dipartimento di immu-nologia del trapianto, realizzato in collaborazione tra l’Istituto MarioNegri e gli Ospedali Riuniti di Bergamo. Entro cinque anni, sulla basedi numerosi studi clinici, potremo forse trasferire nella routine questemetodiche che oggi sono ancora sperimentali. Potranno essere elimina-ti così dalla pratica del trapianto i farmaci immunosoppressori che, seda una parte impediscono all’organismo di aggredire l’organo trapian-tato, dall’altra lo rendono anche passivo nei confronti degli agentinocivi, aprendo la porta a numerose malattie”.

10 anni dalla prima sostituzione di cuoreRoma, 9 novembre Il trapianto di cuore in Italia compie 10 anni di vita. Il 14 novembre del

1985, dopo un intervento durato quattro ore, il cardiochirurgo dell’uni-versità di Padova Vincenzo Gallucci trapiantò nel petto di un falegna-me trentanovenne, Ilario Lazzari, il cuore di un giovane trevigianomorto in un incidente stradale. L’organo era stato espiantato dallo stes-so chirurgo, che lo aveva trasportato personalmente in automobile daTreviso a Padova. Ai medici che lo avevano curato definitivamente dauna cardiomiopatia dilatativa che lo avrebbe portato a morte in brevetempo, Lazzari pronunciò la parola ‘grazie’ già il giorno dopo l’opera-

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zione. Il falegname riprese le forze rapidamente riacquistando unabuona qualità di vita e si sposò due anni dopo. L’intervento dette il viaall’era dei trapianti di cuore nel nostro Paese: da quella data si è regi-strato un crescendo di sostituzione d’organo. Nel giro di cinque annifurono eseguiti circa 800 trapianti di cuore. Da allora i centri autoriz-zati per queste pratiche cardiache sono diventati 12, 33 centri per ilrene, 12 per il fegato, 9 per il polmone e per il cuore-polmone, 7 per ilpancreas. Fino alla fine del ’94, i trapianti di cuore effettuati in Italiason stati in tutto 1.412, mentre le sostituzioni di rene hanno raggiuntoquota 4.565, quelle di cuore-polmone 21, di polmone 54 e di fegato1.023. Purtroppo le liste d’attesa dei malati rimangono lunghe: 550persone attendono infatti un cuore nuovo.

Nel decennale del trapianto di cuore donazioni +25%Venezia, 18 novembre Nel 1994 in Italia si è registrato un aumento del 25% dei donatori di

organi, che hanno raggiunto il numero di 7,8 per milione di abitanti(pma), consentendo una significativa crescita dell’attività di trapianto. Èuno dei dati resi noti dal Nord Italia Transplant, in vista dell’annualeriunione tecnico-scientifica che si terrà il 22 e 23 novembre a Padova.Proprio qui, infatti, dieci anni fa il prof. Vincenzo Galucci eseguì ilprimo trapianto cardiaco in Italia. Per anni l’Italia è stata tra gli ultimiPaesi europei nella graduatoria del reperimento d’organi, procurandocirca un terzo dei donatori rispetto alla media Ue, che si attesta sui 16donatori per milione di abitanti. Ma ora, dopo la crescita osservata nel1994, il trend positivo dei donatori utilizzati si è mantenuto anche neiprimi mesi del 1995. Rispetto allo stesso periodo del 1994, i donatoriutilizzati sono aumentati del 45% (234 contro 161). In particolare, negliultimi 12 mesi la regione Friuli ha avuto un tasso di donatori pma para-gonabile ai Paesi europei più attivi, mentre Liguria, Veneto e Lombardiahanno raggiunto la media europea.

Ultrasettantenne dona un rene al maritoPittsburgh, 23 dicembre Una donna di 78 anni ha donato un rene al marito di 77 anni. Si tratta

della più anziana donatrice vivente di rene della storia dei trapianti.L’intervento è stato effettuato con successo presso l’University ofCalifornia Medical center di San Francisco. La donatrice si chiamaVictoria Whybrew e il marito Robert Whybrew. Nessuno dei parenti diRobert né i suoi figli hanno lo stesso gruppo sanguigno e quindi l’unicopossibile donatore era proprio la moglie. Data la sua età le possibilità diottenere un rene da cadavere erano veramente scarse. La donatrice stabenissimo e ha tollerato assai bene l’intervento di espianto. Il suo unicocommento con la stampa è stato: “preferisco perdere un rene piuttostoche il marito”. Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica NewEngland Journal of Medicine aveva mostrato straordinari risultati ottenibilicon il trapianto di rene tra coniugi.

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USA, la carta per le donazioni nella denuncia dei redditiPittsburgh, 6 febbraio Nel tentativo di diffondere sempre di più la cultura dei trapianti e della

donazione, il Senato e il Congresso degli Stati Uniti hanno approvatonei giorni scorsi una legge chiamata “Organ Donation insert card act”che consentirà al Ministro del tesoro di inserire in ogni cartella relativaalla denuncia dei redditi una carta “per la donazione”. In sostanza, icittadini americani riceveranno, con i documenti necessari per pagarele tasse sui redditi, anche un modulo da compilare e accompagnare conaltra documentazione allegata per divenire così potenziali donatori diorgani. Attualmente, secondo gli ultimi dati disponibili, ci sono negliStati Uniti 44.025 pazienti in lista d’attesa e circa 5.000 donatori che sidichiarano disponibili ogni anno.

Europa, 25mila trapianti di midollo in 12 anniRoma, 23 febbraio Sono 25 mila i trapianti di midollo osseo eseguiti in Europa dal 1984

ad oggi per la cura dei tumori. Sono trattati così soprattutto leucemie elinfomi e sempre di più (4.536 casi) anche le cosiddette neoplasie solide,come quelle di seno, cervello o polmone. Questi i dati del gruppo euro-peo per il trapianto dei tumori solidi (Embt), presentati oggi a Roma nelconvegno sul trapianto di cellule staminali organizzato dall’aziendaospedaliera “Nicholas Green”. Il responsabile del gruppo, l’oncologoGiovanni Rosti dell’ospedale civile di Ravenna, ha reso noto inoltre chela Francia è al primo posto in Europa, con 2.817 trapianti. La seguonoItalia (491), Gran Bretagna (243) e Spagna (152). Le neoplasie solidepiù curate tramite trapianto di midollo sono quelle del seno, con 1.075interventi eseguiti e 250 nuove operazioni ogni anno. Seguono neuro-blastomi (1.070 e 100 nuovi trapianti l’anno), cancro al testicolo (572 e50) e cervello (400 e 10). “In futuro – ha spiegato Rosti – si punta asostituire il trapianto di midollo con quello delle cellule staminali peri-feriche”. Queste sono cellule del sangue il cui sviluppo può essere sti-molato con alcune sostanze (come i fattori di crescita). Una volta mol-tiplicate, le cellule vengono prelevate e, come una riserva di energie,re-infuse nell’organismo per aiutarlo ad affrontare cure aggressive,come chemioterapie molto intense. Per Rosti l’uso di cellule staminali èsempre più comune in Europa tanto che si calcola che, su 100 pazientisottoposti ad una forte chemioterapia, 95 ricevono questo trapianto. InItalia, ha dichiarato il responsabile della divisione di immunoematolo-

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gia dell’ospedale civile di Pescara, Antonio Iacone, le strutture specia-lizzate nel trapianto di cellule staminali periferiche sono una trentina.Tra i vantaggi di questa tecnica, la rapidità con cui queste cellule “attec-chiscono” nell’organismo. “Di conseguenza – ha osservato Iacone –diminuiscono di una-due settimane i tempi di degenza, così come ilricorso agli antibiotici e alle trasfusioni. Migliora la qualità di vita delpaziente mentre si riducono mortalità e costi”. Si calcola inoltre che latossicità delle cure antitumorali sia diminuita col tempo, passando dal20% degli anni ’80 all’1% di oggi. La prossima sfida, ha rilevato l’ema-tologo Aldo Montuoro dell’ospedale San Camillo di Roma, è utilizzarebiotecnologie e ingegneria genetica per creare farmaci “intelligenti”,capaci di riconoscere le cellule tumorali anche quando non escono alloscoperto. Finora infatti i farmaci tradizionali “riconoscono” e aggredi-scono le cellule malate solo quando queste si dividono. “Colpisconocosì – ha concluso Montuoro – solo le armi del tumore, ma non lefabbriche di armi, cioè le riserve di cellule malate oggi invisibili”.

USA, il primo trapianto ‘domino’ di fegatoWashington, 27 aprile Eseguito il primo trapianto ‘domino’ di un fegato nella storia della

medicina. Una diciassettenne ha ricevuto l’organo in un ospedale diMiami donando il suo ad una paziente in fin di vita. Da dieci anniRondie Ann Harris era bloccata a letto da una rara malattia intestinale.I medici del Jackson Memorial Hospital di Miami hanno deciso disostituirle, in un colpo solo, l’intero apparato digerente: non solo inte-stino e stomaco, ma anche il pancreas e il fegato (che erano sani). “Iltrapianto dell’intero blocco è più facile per i chirurghi e presenta menorischio di rigetto – ha spiegato il dr. Andreas Tzakis, responsabiledell’operazione –. Poiché il fegato tolto a Rondie era sano, abbiamodeciso di trapiantarlo su un’altra persona”. Il fegato della diciassettenneè stato impiantato su una donna in fin di vita, da tempo in attesa di unorgano. Le due pazienti sono entrambe in buone condizioni. “Mihanno preso il fegato e l’hanno dato a qualcun altro – ha commentatoRondie Harris, diventata la prima donatrice di fegato vivente – Èun’idea che mi piace. Non solo i medici hanno salvato la mia vita, maanche quella di un’altra persona”. Poco meno di 200 trapianti multiplidi organi sono effettuati ogni anno nel mondo. Mentre per le operazio-ni cuore-polmoni l’effetto ‘domino’ non è insolito, per il fegato è unanovità assoluta, ha confermato un portavoce della ‘United Network forOrgan Sharing’. In passato i medici avevano semplicemente gettato viagli organi sani dei pazienti sottoposti ad interventi intestino-fegato o liavevano inviati nei laboratori di ricerca. Questa procedura di ‘riciclag-gio’ degli organi sani, secondo molti esperti, potrebbe avere importantiimplicazioni sullo sviluppo futuro dei trapianti di organi.

Archiviata l’inchiesta sulla morte di Ilario LazzariPadova, 19 giugno La magistratura padovana ha archiviato l’inchiesta sulla morte di Ilario

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Lazzari, il bidello di Vigonovo (Padova) che il 13 novembre 1986 subìil primo trapianto di cuore in Italia, morto il 12 giugno del 1992. Lacausa del decesso fu attribuita ad una polmonite virale in personaimmunodepressa. In occasione di quell’ultimo ricovero, i sanitari ese-guirono un prelievo di sangue che, sottoposto ad analisi, risultò positivoal virus dell’AIDS. Lazzari aveva contratto il virus, stabilirono gli ana-listi, durante una trasfusione tra il novembre 1985 e il gennaio 1986. Laprocura circondariale avviò quindi un’inchiesta che durò quattro annie alla quale collaborarono anche i carabinieri del Nas. Nel corso delleindagini, però, non emersero responsabilità, per cui il giudice per leindagini preliminari della pretura padovana, Vittorio Rossi, ha decisodi archiviare l’inchiesta.

La proposta dell’AIDO per introdurre il silenzio-assensoMilano, 3 luglio Il consiglio nazionale dell’AIDO, l’Associazione Italiana Donatori di

Organi, ha promosso una raccolta di firme a sostegno di una propostadi legge di iniziativa popolare sui trapianti “ispirata al principio di‘silenzio assenso’”. Secondo i promotori, la legge “permetterebbe di farrispettare la volontà di tutti coloro che, quando erano in vita, avevanoespresso il desiderio di donare i propri organi. Non sarebbe quindi piùnecessario ottenere il consenso dei familiari senza il quale, oggi, èimpossibile effettuare i prelievi”. A questa iniziativa dell’AIDO, precisala stessa associazione, danno il loro sostegno l’ANED (AssociazioneNazionale Emodializzati), l’ACTI (Associazione Cardio TrapiantatiItaliani) e l’AITF (Associazione Italiana Trapiantati di Fegato).L’iniziativa ha per titolo “Modifica dell’articolo 6 della legge 644 del 2dicembre 1975. Disciplina dell’obiezione al prelievo di parti di cadave-re a scopo di trapianto terapeutico”.

Nuova metodica anti-rigetto per il pancreasBoston, 6 luglio Un gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania ha identifi-

cato un sistema per impedire il rigetto da trapianto che potrebbe avereimplicazioni nel diabete. In questa patologia, infatti, vengono distruttedelle zone del pancreas, denominate Isole di Langherans, dove vienenormalmente prodotta l’insulina. Il trapianto di queste parti, chepotrebbe rappresentare una terapia efficace per ripristinare la produzio-ne di insulina, è stata però finora impossibile per problemi di rigetto. Glistudiosi, guidati da Henry T. Lau, hanno pensato di trapiantare oltre allecellule che producono l’insulina anche delle cellule in grado di produrreuna molecola importante per la tolleranza immunologica. Questa mole-cola, quando è presente, manda un messaggio di morte alle celluleimmunitarie che si accumulano localmente attorno a un trapianto. Neitopi, i trapianti così effettuati hanno permesso la sopravvivenza dellecellule trapiantate e la produzione di insulina per più di 80 giorni. Anchese si tratta ancora di risultati preliminari, questo metodo potrà esseresperimentato anche sull’uomo nel tentativo di impedire il rigetto.

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Donazioni, Nord Italia raggiunge la media europeaRoma, 29 agosto Sono aumentate al nord Italia negli ultimi due anni le donazioni di

organi. In particolare, le cinque regioni che aderiscono al Nit (NordItalia Transplant), Liguria, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia e Marche hanno raggiunto la media europea di 16donazioni per milione di abitanti. Secondo i dati presentati ieri daGirolamo Sirchia, direttore del Nit, al congresso mondiale sui trapiantiin corso a Barcellona, l’aumento di donazioni registrato nel ’96 è statodel 10% rispetto al ’95 e del 30% tra lo scorso anno e il ’94. Analizzandoi dati del 1995 relativi all’Italia, le regioni aderenti all’AIRT (Piemonte,Toscana, Emilia-Romagna e Umbria) si trovavano a 14,5 donazioni permilione di abitanti, una media di poco inferiore a quella europea, men-tre le regioni del centro sud rimangono il fanalino di coda con unamedia di 4 donazioni. I motivi dell’aumento delle donazioni, secondoSirchia, vanno ricercati nella nuova legge sull’accertamento dellamorte, nella nascita della figura del coordinatore regionale per i tra-pianti e delle unità di psicologi che assistono le famiglie dei donatori. Alcongresso, ha spiegato Sirchia, la società internazionale dei trapianti haapprovato una bozza di linee guida che dovrà essere approvata frapochi giorni al consiglio d’Europa, per poi essere adottate dai Ministridella sanità degli Stati membri per l’attuazione. I principali obiettividelle linee guida europee riguardano i parametri da raggiungere per ledonazioni. Il numero ottimale sarebbe di 50 donazioni per milione diabitanti, ma si potrebbe intanto raggiungere quota 30. “Con questacifra – ha spiegato Sirchia – si riuscirebbe a bilanciare la necessità ditrapianti anche in Italia. Attualmente infatti, per tutti gli organi, esisteuna sproporzione tra le liste di attesa che si allungano sempre più e ilnumero dei trapianti che aumenta di poco, ma è sempre insufficiente”.In attesa per un trapianto di rene sono in lista circa 10.000 malati men-tre nello scorso anno si sono effettuati appena 860 sostituzioni d’orga-no. Quanto ai modi per raggiungere gli obiettivi, la bozza delle lineeguida europee prevede l’istituzione di coordinatori regionali per i tra-pianti (per promuovere le donazioni di organi); l’istituzione di coordi-namenti interregionali (per provvedere alla distribuzione degli organisecondo criteri di priorità e trasparenza) e la creazione di un coordina-mento nazionale.

La carta europea dei trapiantiFrosinone, 15 ottobre “La legislazione riguardante il trapianto dovrebbe comprendere una

definizione precisa di morte, un chiaro concetto di consenso della dona-zione, riservatezza e bando di ogni forma di commercializzazione.Questi i requisiti minimi richiesti ad un ospedale per la donazione degliorgani e il trapianto”. Lo ha dichiarato il prof. Carlo Casciani, presi-dente della Società italiana di trapianti d’organo nel corso della presen-tazione, nell’abazia di Montecassino, della Carta europea per i trapian-ti. “Perché gli organi – ha spiegato Casciani – possano essere rimossi dalcorpo di una persona deceduta, è necessario che sia stato ottenuto il

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consenso e che non ci siano ragioni per credere che la persona decedu-ta fosse contraria. I medici che effettuano l’accertamento del decesso,inoltre, non dovrebbero essere coinvolti nell’intervento di prelievo degliorgani né nei successivi trapianti. Non dovrebbero inoltre aver avuto incura i possibili riceventi”. Per l’ottimizzazione della donazione di orga-ni, è stato sostenuto dai relatori, è necessario un centro di coordinamen-to trapianti che gestisca l’intero fenomeno. Le caratteristiche di talecentro andrebbero definite considerando le situazioni locali. “Per cer-care di risolvere il problema della carenza di organi – ha commentatoil prof. Scicluna, del Consiglio d’ Europa – è importante promuovereuna collaborazione internazionale al fine di trovare una giustificazionealle differenze esistenti tra paese e paese”. Secondo la Carta europea, igoverni dovrebbero svolgere direttamente un’azione di promozione e difinanziamento allo scopo di incrementare il numero dei trapianti effet-tuati in ogni singolo Stato. Scopi di questo interscambio internazionalesaranno la formazione adeguata di tutte le figure professionali e la defi-nizione delle misure atte a garantire la sicurezza del sistema, nonché loscambio di esperienze.

Proposta una nuova definizione di morteRoma, 31 ottobre La definizione di morte sta per cambiare una terza volta. Dopo aver

coinciso fino al secolo scorso con il cessare del battito del cuore e delrespiro, il momento della morte viene attualmente identificato con lospegnersi dell’attività dell’intero cervello. Non si sono ancora placate lepolemiche aperte da questo concetto, soprattutto quelle relative alleleggi sulla donazione di organi per i trapianti, che un articolo pubblica-to su “Lancet” compie un ulteriore passo in avanti. Secondo DavidPowner, dell’Università americana di Pittsburgh, la definizione di mortenon deve più riguardare il cervello nel suo complesso, ma soltanto laperdita delle funzioni superiori. Vale a dire che devono essere conside-rati deceduti coloro che non potranno più riacquistare la coscienza disé e dell’ambiente, nonostante respirino, abbiano movimenti riflessiinconsapevoli e il midollo allungato intatto. La nuova definizione pro-posta riapre, in modo ancora più drammatico, il dibattito sulle condi-zioni di chi è in stato di coma. L’autore stesso ritiene la questione cosìcomplessa che, per il momento, preferisce non assumersi responsabilitàe propone che sia il paziente stesso a scegliere, in una dichiarazionescritta, quale ritiene più giusta fra le diverse definizioni di morte, com-prendendo tra le varie possibilità anche l’arresto del battito cardiaco edel respiro.

Cambiano le liste d’attesa per il fegato negli Stati UnitiWashington, 15 novembre Rivoluzione nella politica USA per quanto riguarda le liste d’attesa per

i trapianti di fegato. Al ‘top’ delle priorità, destinati a ricevere quindiper primi un nuovo organo, non saranno più i malati cronici – ossia chicome gli alcolisti soffre di cirrosi o i tossicodipendenti colpiti da epatite

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B o C – ma i pazienti “con le più alte possibilità di sopravvivenza”. Inpratica chiunque va incontro a morte imminente per improvvisa insuf-ficienza epatica, causata ad esempio da una aggressiva infezione viraleo da avvelenamento. Il cambiamento di rotta nelle linee-guida a cui sisono sinora attenuti gli ospedali americani è stato deciso dallo “Unitednetwork for organ sharing”, l’organizzazione che stabilisce le politichenazionali sui trapianti per conto del Ministero della sanità statunitense.La nuova politica, a cui il ‘New York Times’ dedica un articolo di primapagina, mette quindi al secondo posto nella lista delle priorità non soloalcolisti o drogati ma anche tutti i malati cronici, colpiti da tumori,disturbi ereditari e infezioni virali che per decenni hanno danneggiatoil fegato. “Il criterio per cui si dava l’organo prima alle persone piùmalate è sempre stato sospetto – ha sostenuto George Annas, professo-re di diritto sanitario alla Boston University –. La vera regola da segui-re è quella di trapiantare il fegato su chi può beneficiarne maggiormen-te”. Non è presente alcun giudizio morale nei confronti di chi, come glialcolizzati, si è rovinato coscientemente il fegato per decenni, sostengo-no gli autori delle nuove linee guida. Ma alcuni esperti avvertono ched’ora in avanti proprio i malati cronici, che sinora hanno rappresentatoil 90% dei pazienti al top delle liste e di cui il 20% era composto dapersone che utilizzavano droghe o abusavano con l’alcol, sarà costrettoad aspettare troppo a lungo un organo. La conseguenza sarà l’aumentoinevitabile del numero di decessi tra questi pazienti. Di parere oppostoJames Wolf, direttore dello United network for organ sharing (Unos):“le nuove regole – ha osservato Wolf – dovrebbero diminuire il numerodi morti, proprio perché consentiranno la precedenza sui trapianti aipazienti che hanno più chance di una piena guarigione. La ’spietata’decisione presa dall’Unos è stata resa necessaria dalla particolare caren-za di questo tipo di organo e dalla mancanza, nel caso di improvvisainsufficienza epatica, di terapie alternative”. Per il fegato non esistenulla di paragonabile alla dialisi con cui si tengono in vita i malati direni in attesa di un trapianto. Secondo i dati dell’organizzazione, 7.200persone sono nelle liste per un trapianto di fegato, mentre l’anno scorso3.922 pazienti hanno ricevuto un nuovo organo.

Un cuore nuovo a sole 5 ore di vitaPittsburgh, 22 novembre Dodici giorni fa in Florida è stato eseguito un trapianto di cuore su una

piccolapaziente diappena cinque ore di vita. L’intervento è stato effet-tuato domenica 10 novembre al Jackson Children’s Hospital di Miamie la notizia è stata resa nota dalla rivista Transplant News. A ricevere ilcuore è stata Cheyenne Pyle, una neonata alla quale era stata diagno-sticata, ancora in utero, un difetto cardiaco noto come ipoplasia ventri-colare sinistra. La bambina, secondo quanto ha riportato la rivista, èvenuta alla luce al termine della trentaquattresima settimana di gravi-danza e già alcune ore prima della sua nascita si era reso disponibile undonatore idoneo per lei. Negli Stati Uniti si contano annualmente circa150.000 casi di malattia cardiaca simile a questa, ma nella maggior

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parte dei casi la diagnosi viene fatta dopo la nascita, in una fase troppotardiva per prevenire la morte del piccolo paziente. Secondo i medicidel Jackson Children’s Hospital le possibilità di sopravvivenza dellapiccolaCheyenne, cheattualmente stabene, sonodell’85%.L’intervento,ha spiegato Francesco Parisi, coordinatore dell’attività di trapiantodell’ospedale Bambino Gesù di Roma, è il secondo trapianto di cuore‘record’ effettuato in una neonata. “Il primo al quale ho partecipato –ha commentato Parisi –, si è svolto a Loma Linda nel 1987 su Paul, unneonato di appena tre ore di vita che oggi ha nove anni.

A Brescia il primo trapianto di midollo su feto 5 mesiMilano, 29 novembre È stato realizzato a Brescia il primo trapianto europeo di midollo osseo

in utero. Un feto di cinque mesi, affetto da “immunodeficienza combi-nata grave” (conosciuta come SCID, Severe Combined Immuno-Deficiency) diagnosticata dopo amniocentesi e analisi del DNA, hasubito il trapianto col midollo donato dal padre. La gravidanza è decor-sa regolarmente e il bambino è nato in ottime condizioni generali.Giovanni, che oggi ha quattro mesi e mezzo, ha le difese immunitarieassolutamente normali, come dimostrano gli esami di laboratorio. Lo hareso noto oggi a Milano, alla vigilia della pubblicazione dei risultatiscientifici sulla rivista internazionale “Lancet”, Alberto Ugazio, direttoredella Clinica Pediatrica bresciana, nell’ambito di una conferenza stampaconvocata da Telethon, che ha finanziato le ricerche (500 milioni in treanni) che hanno reso possibile questo risultato. L’intervento è stato ese-guito, nell’ambito dell’Università di Brescia, dall’equipe del CentroTrapianti della Clinica Pediatrica, in collaborazione con la ClinicaOstetrico-Ginecologica e la Cattedra di Chimica. La SCID, ha spiegatoUgazio, è una malattia genetica che comporta assenza di difese immu-nitarie fin dalla nascita e, se è non diagnosticata tempestivamente, pro-voca la morte entro il primo anno di vita. L’unica cura consiste nellasostituzione del sistema immunitario difettoso con uno sano, tramite untrapianto di midollo osseo. Ma tale intervento finora non era mai statorealizzato in utero, con tutte le maggiori garanzie di riuscita che, teori-camente, questa soluzione presentava. Quasi contemporaneamente untrapianto analogo è stato eseguito a Los Angeles, ma i risultati non sonoancora stati pubblicati. Ugazio ha sottolineato come questo interventorappresenti oggi un’alternativa terapeutica all’interruzione di gravidan-za e apra nuove prospettive per la cura di altre patologie di originegenetica, quali la talassemia e la fibrosi cistica. I genitori di Giovanni nel1994 avevano avuto un altro bambino, Roberto, con la stessa malattia,ma essa era stata diagnosticata tardivamente e il piccolo era morto dipolmonite nel 1995.

Uomo “dona” e riceve il suo stesso reneWashington, 30 dicembre In un raro ed inusuale intervento chirurgico un uomo di 55 anni ha

‘donato’ e ricevuto il suo stesso rene. L’operazione, chiamata ‘chirurgia

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ex-vivo’, ossia all’esterno del corpo umano, consiste nella rimozione diun rene, nel trattamento dell’organo colpito da aneurisma e nel reim-pianto dell’organo curato. L’operazione è stata eseguita con successoall’ospedale della Ochsner Foundation di New Orleans. GarlandDufrene, questo il nome del paziente, soffriva da anni di calcoli renalie dell’uretra e recentemente una sofisticata analisi radiologica avevaindividuato un aneurisma nell’arteria che rifornisce sangue al rene sini-stro. Il medico curante, Nicholas Feduska, direttore del programma ditrapianti all’ospedale di New Orleans, ha così deciso di tentare l’opera-zione nella quale, ha spiegato, “l’organo è stato rimosso dall’organismodel paziente insieme all’uretra e alle arterie e vene connesse. Il malatoè stato trattato così come donatore e ‘ricevente’ del rene”.

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Il rene materno non è migliore di quello del papàPittsburgh, 24 gennaio Smentita la convinzione che la madre sia “migliore” del padre come

donatore di rene da vivente. Uno studio presentato al convegno annua-le dell’American Society of Nephrology ha dimostrato, infatti, la nonvalidità scientifica di questa osservazione. La ricerca, la più ampia maicondotta in questo settore, ha coinvolto 100 Centri universitari ameri-cani ed è stato coordinata dal North American Pediatric RenalTransplant Cooperative Study. I ricercatori hanno esaminato tutti itrapianti pediatrici eseguiti negli Usa negli ultimi 9 anni, focalizzandol’attenzione su 1.552 trapianti di rene da vivente nei quali il donatoreera uno dei genitori. 246 non hanno funzionato a lungo termine e, diquesti, 102 erano del papà (pari al 15,1% su un totale di 675 donazionipaterne) e 144 dalle mamme (pari al 16,4% su un totale di 877 dona-zioni materne). Secondo Alicia Neu, uno degli autori dello studio,l’analisi dimostra con chiarezza che non godono di alcun fondamentole argomentazioni a sostegno delle madri come “migliori” donatori peri propri figli. L’unica situazione nella quale la madre può essere ancoraconsiderata come donatore preferibile al padre è quella di trapianto direne in un bambino di età inferiore ad un anno. Solo in questa specifi-ca e rara circostanza, infatti, è più probabile che tra madre e figlio vi siauna barriera immunologica minore.

Le infezioni sono le prime responsabili di decessoMilano, 13 febbraio In tutti i tipi di trapianto d’organo le infezioni rappresentano la princi-

pale causa di complicanze e di mortalità nel primo anno dall’interven-to. Ogni 100 persone che muoiono dopo un trapianto, più di 50 dece-dono a causa di un’infezione e per 40 di loro questa si localizza neipolmoni. Ne hanno parlato oggi gli specialisti dell’ospedale di Niguardanel presentare, nel corso di una conferenza stampa, il convegno inter-nazionale in tema di “infezioni polmonari nei trapianti d’organo”, chesi terrà domani e dopodomani nell’ospedale milanese e che ospiterà piùdi 40 relatori provenienti dalle maggiori istituzioni europee e america-ne. Quello di Niguarda è l’unico ospedale italiano nel quale si effettua-no tutti i tipi di trapianti d’organo, si trova dunque in prima linea inquesto genere di problemi. Nel caso dei trapianti d’organo il rischio diinfezione aumenta a causa dell’immunosoppressione instaurata con ifarmaci nel paziente, per evitare che l’organismo reagisca e provochi il

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rigetto del nuovo organo. Ma anche il paziente in attesa dell’operazioneè in genere vittima di infezioni perché immunodepresso da una malat-tia grave. Il medico deve quindi farlo arrivare al trapianto guaritodall’infezione. “Questa è una tematica molto sentita al Centro cardio-logico De Gasperis di Niguarda – ha commentato in proposito la car-diologa Maria Frigerio –, dove stiamo mettendo a punto trattamentifacilmente poi trasferibili nella pratica clinica a moltissimi pazienti”.“In particolare – ha precisato Frigerio – ci siamo resi conto che èimportantissima, in questo campo, l’estrema sorveglianza del pazientee l’aggressività diagnostica, ancor prima di quella terapeutica”.

Niente trapianti di reni in Europa per gli italianiRoma, 18 febbraio Niente trapianti di reni per circa 2.500 italiani malati cronici e dializ-

zati, iscritti nelle liste d’attesa dell’organizzazione per i trapianti“Eurotransplant” composta da Austria, Germania, Olanda,Lussemburgo e Belgio. Lo ha sostenuto oggi il coordinatore nazionaledel Forum delle associazioni di nefropatici, emodializzati e trapiantati,Pio Bove, del Tribunale per i diritti del malato. Bove nei giorni scorsiha ricevuto una lettera dall’Ente europeo, con sede a Leiden inOlanda, dove viene annunciato che “sono state annullate, sine die,tutte le visite per la tipizzazione (la verifica della compatibilità dell’or-gano) sui i malati in lista d’attesa non residenti in Belgio, categoriadella quale fanno parte gli italiani”. “La decisione di escludere circa2.500 italiani dializzati è vergognosa – ha commentato Pio Bove – maè l’ultimo episodio di una tendenza in atto da un po’ di tempo inEuropa, come è già avvenuto in Gran Bretagna, Francia e Spagna”.“Purtroppo la disperazione può spingere molte persone bisognose ditrapianto di rene ad andare in India o in altri paesi – ha aggiunto –,dove è più facile reperire organi, ma dove è anche enorme il rischio dimorire sotto i ferri per carenze igienico-sanitarie ed incompatibilitàdegli stessi organi”. Inoltre, secondo i dati diffusi dal Tribunale, inItalia vivono circa 11mila persone in attesa di trapianto di rene. Diqueste, circa 5mila fanno parte di liste europee come quella dell’Euro-transplant. Sono oltre 35mila i malati con insufficienza renale cronicacostretti a sottoporsi a dialisi. Il segretario nazionale dell’Mfd, TeresaPetrangolini, ha chiesto l’immediato intervento dei ministri dellaSanità e degli Esteri, Rosy Bindi e Lamberto Dini, per protestare con-tro il provvedimento preso dall’Eurotransplant e la rapida approvazio-ne delle due leggi in discussione in Senato sull’organizzazione deicentri trapianti e sulla manifestazione di volontà per la donazione diorgani post-mortem. “Viste le difficoltà presenti in Italia per potertrovare un organo da trapiantare – ha concluso Teresa Petrangolini –,la chiusura decretata in ambito europeo suona come una vera condan-na a morte per tanti malati che avevano la speranza di non dovervivere attaccati ad una macchina per la dialisi”.

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Nasce Dolly, la prima pecora clonataRoma, 21 febbraio I ricercatori dell’istituto di biotecnologie Roslin di Edinburgo sono riu-

sciti a far nascere un agnello che ha una particolarità unica al mondo:è la copia identica di un suo simile, ottenuta mediante una vera e pro-pria clonazione. In una cellula uovo è stato inserito il nucleo di unacellula già differenziata, cioè adulta. La via della clonazione nella peco-ra, la possibilità cioè di riprodurre da una cellula un identico esserevivente, secondo numerosi scienziati italiani apre teoricamente la possi-bilità di applicare questa tecnica nell’uomo, anche se la struttura cellu-lare dell’organismo umano è molto più complessa e sofisticata. I detta-gli sulla riuscita degli esperimenti sull’animale saranno annunciati sulprossimo numero della rivista inglese Nature da Ian Wilmut e S.Campbell, dell’istituto di biotecnologie scozzese. I ricercatori del Roslinsono riusciti a trasferire in un ovocita (dal quale era stato tolto il nucleo)il nucleo di una cellula adulta di una pecora; non sono stati cioè utiliz-zati come nella fecondazione artificiale spermatozoi e tantomeno, comegli stessi ricercatori avevano fatto, nuclei di cellule in fase embrionaria.Questa volta Ian Wilmut ha utilizzato il nucleo (che contiene tutta l’in-formazione genetica di un organismo) prelevato da cellule mature (dellaghiandola mammaria) di una pecora della quale si conoscevano e pro-babilmente si apprezzavano le qualità estetiche. A questo punto, spie-gano i ricercatori, l’ovocita è riuscito a far ripartire l’espressione deigeni contenuti nel nucleo, tanto da far crescere un embrione. I biotec-nologi scozzesi hanno sottolineato l’importanza zootecnica della sco-perta del metodo della clonazione, grazie alla quale si potranno ripro-durre in un numero praticamente illimitato animali con particolaricaratteristiche.

Clonazione, i sì e i no di scienza e bioeticaRoma, 2 marzo La condanna del Papa a qualsiasi tipo di sperimentazione biologica è

stata raccolta solo in parte dal mondo della ricerca. Anche gli esperti dibioetica, pur condannando le ricerche sulla clonazione umana voglionolasciare uno spiraglio per esaminare le possibili applicazioni positive diquesto procedimento sugli animali. Per il genetista Edoardo Boncinelli,del dipartimento di biotecnologie dell’Ospedale San Raffaele di Milano,“bloccare oggi le ricerche sulla clonazione potrebbe essere un grandeerrore per la ricerca. Come se nell’800 fossero state fermate le ricerchebatteriologiche da cui sono stati ottenuti vaccini e farmaci di importanzavitale”. Tuttavia, ha spiegato Boncinelli, il termine “clonazione” è “ten-denzioso” e fuorviante. Lo scopo dell’esperimento (che il genetista hadefinito un’“acrobazia”) non era infatti ottenere tante copie identichedello stesso animale, ma creare un individuo a partire da una cellulaadulta e già specializzata. “Che ormai sia possibile ottenere copie di unessere vivente – ha proseguito – è stato dimostrato. Chiunque, prima opoi, potrebbe farlo, anche clandestinamente. È perciò inutile bloccare laricerca. Non dà alcun vantaggio. Si rischia invece di bloccare gli studi

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sulle cellule, un campo nel quale c’è ancora molto da imparare e chepotrebbe portare alla possibilità di prevenire e curare malattie e dannigenetici”. Un “no” deciso alla clonazione umana, ma una certa apertu-ra a quella animale, viene dal presidente del comitato nazionale diBioetica, Francesco D’Agostino. Il comitato, ha dichiarato D’Agostino,ha già espresso una condanna unanime della clonazione umana neldocumento sullo statuto dell’embrione, approvato in giugno. Ora che èstata dimostrata la fattibilità della clonazione, “è necessario preparareun nuovo documento”. Il comitato ne comincerà a discutere nella riu-nione prevista tra due settimane e il documento potrebbe essere pronto“in tempi rapidi”, forse entro l’estate. Per D’Agostino la clonazioneumana è una “plateale manipolazione dell’identità umana”, contrariaad ogni principio etico e “priva di ogni ragione terapeutica”. Tuttavia,ha proseguito, “bisognerà riflettere sulla clonazione degli animali”,tenendo presente la possibilità di ottenere in questo modo organi per itrapianti. “Anche se è ancora un’ipotesi fantascientifica – ha rilevatoD’Agostino –, si tratta di una possibilità da considerare poiché l’interes-se per la salute umana è prevalente dal punto di vista etico”. Dal tempodella prima vaccinazione, ha concluso, avvenuta due secoli fa, gli anima-li sono sempre stati utilizzati a fini terapeutici.

Crescono gli interventi ma 12mila in attesaRoma, 30 aprile La stima dei malati in lista di attesa per ricevere un organo è di circa

12.000 persone. Lo ha precisato il Nord Italia Trapianti (Nit), secondoil quale “le attività di trapianti e di donazioni d’organo in Italia sono inlieve crescita grazie anche al cosiddetto ‘effetto Nicholas Green’”. Dal1993 al 1996, secondo i dati diffusi dal Nit presieduto dal prof.Girolamo Sirchia, sono state effettuate 6.628 sostituzioni d’organo(rene cuore, polmoni, fegato, pancreas) così suddivise: 1.154 nel 1993,1496 nel 1994, 1897 nel 1995 e 1981 nello scorso anno. Nonostante illieve incremento dell’attività trapiantistica si calcola che il fabbisognorichiesto per i trapianti di cuore è 2.400 unità, 500 unità per il fegato e500 per il polmone. Dei 12.000 malati in lista di attesa circa il 90%attende un rene.

Dottor Morte offre gli organi delle persone suicideNew York, 23 ottobre Il controverso medico americano fautore dell’eutanasia Jack Kevorkian,

soprannominato ‘Dottor Morte’, ha intenzione di offrire gli organi deimalati suicidi ai pazienti che hanno bisogno di un trapianto. In unaconferenza stampa Kevorkian ha dichiarato: “Quando qualcunomuore, è sempre negativo. Ma qui c’è la favorevole circostanza per laquale si può mettere fine alle sofferenze di un malato e donare i suoiorgani per salvare vite umane”. Secondo Kevorkian potrebbero essereespiantati per prima cosa polmoni e cuore e in ogni caso gli organi datrapiantare proverrebbero sempre da pazienti nei quali tali organi nonsono stati la causa della malattia che li ha condotti al ‘suicidio assistito’

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propugnato Kevorkian stesso. Dal 1990, anno in cui cominciò la suabattaglia per l’eutanasia, Kevorkian avrebbe ‘assistito’ il suicidio di circa70 malati terminali. A chi gli ricordava il suo soprannome, Kevorkianha risposto: “Dottor Morte non significa nulla per me. La morte è partedella vita. Ogni cosa muore. Il problema nasce quando questo nonviene accettato”.

Stabiliti i criteri di scelta del NITP per il reneAncona, 25 ottobre “Sono state stabilite le sequenze logico-decisionali per la scelta oggetti-

va dei trapiantati di rene”. Lo ha spiegato Gerolamo Sirchia, a conclu-sione della riunione tecnico-scientifica del NITP. “Criteri – ha precisatoSirchia – che saranno subito avviati con l’ausilio dell’informatica, stru-mento oggettivamente equo e scientificamente sicuro”. Il trapianto direni è il più richiesto, con 50 persone per milione di abitanti. “Entrol’estate – ha annunciato il presidente del NITP –, potrebbero esserescelti quelli per i trapianti di cuore; per il fegato la situazione è comples-sa”. Decisioni che faranno “giurisprudenza”, considerando che NITPattua gran parte dei prelievi e trapianti in Italia, specialmente nel cen-tro-nord. Sono state anche predisposte le proposte di emendamento aldisegno di legge in discussione al Parlamento: più importanza ai pro-grammi interregionali, in linea con le raccomandazioni comunitarie,rispetto a quelli regionali e giusti bacini organizzativi territoriali perogni singola fase dell’iter prelievo-allocazione degli organi-trapianto. Amargine della riunione Sirchia, riprendendo parte del dibattito sul tra-pianto da vivente, ha spiegato: “Non è vero che risolverebbe la carenzadi organi. Sulle donazioni da deceduti siamo solo a metà del percorso,abbiamo anche registrato dati vicini alla necessità, 50 su un milione diabitanti. Si può fare ancora molto per incrementare i prelievi da morto,anche in poco tempo, la Spagna ad esempio insegna. Attenti quindi afacili fughe in avanti. Il prelievo da vivente, non del tutto sicuro poi,potrebbe incentivare il ‘mercato nero’”.

Bosnia, primo trapianto di rene dalla fine della guerraSarajevo, 18 novembre Un’equipe medica di un ospedale di Sarajevo ha effettuato oggi per la

prima volta dalla fine della guerra in Bosnia un trapianto di rene padre-figlio su un malato di 30 anni. Lo ha annunciato la televisione bosniaca.Il malato, che era in dialisi da oltre sei mesi, ha ricevuto un rene dalpadre e le sue condizioni sono state definite questa sera soddisfacenti.Altri sei trapianti di reni sono in preparazione nello stesso nosocomiosu malati che hanno già trovato un donatore, precisa la televisione,aggiungendo che numerosi altri pazienti cercano un rene e che attual-mente sono oltre 800 le persone che si sottopongono alla dialisi.

Tre organi nuovi in una sola operazioneMilano, 9 novembre Viveva da otto mesi senza pancreas e intestino, nutrendosi esclusiva-

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mente per fleboclisi, Raffaele R., il giovane calabrese sottoposto consuccesso ieri al Policlinico di Milano a un lunghissimo intervento per iltrapianto di pancreas, fegato e intestino. Il triplo intervento è stato con-dotto dall’equipe del prof. Luigi Raniero Fassati il quale, a causadell’estrema difficoltà dell’operazione, ha dovuto chiedere e ottenerel’autorizzazione del Ministero della Sanità. L’intervento è stato decisodomenica sera, quando all’ospedale di Mestre (Venezia) è stata data ladisponibilità di un donatore compatibile. L’operazione al Policlinico èiniziata intorno alle 22,30 dello stesso giorno e si è conclusa, dopo 19ore, ieri sera alle 18. Raffaele R., che ha 30 anni ed era affetto da untumore desmoide della cavità addominale, è ora ricoverato in rianima-zione nel padiglione Emma Vecla del Policlinico. Le sue condizioni,riferisce un comunicato dell’ospedale, sono “molto buone”, ma la pro-gnosi “deve mantenersi riservata poiché il rigetto multi-viscerale puòessere molto temibile in tale tipo di intervento”. “Un trapianto comequesto – ha spiegato Fassati – non comporta di per sé tripli problemi dirigetto, perché i tre organi sono stati prelevati da una sola persona”. “Iproblemi sono invece dovuti – ha continuato Fassati – al fatto che fra gliorgani trapiantati è presente anche l’intestino, ricco di tessuto linfaticoe perciò a maggior rischio di rigetto”. Per scongiurare questo rischioRaffaele R. dovrà assumere dosi adeguate farmaci antirigetto. “Iltumore di cui soffriva il paziente – ha spiegato Fassati – aveva causatouna fibromatosi retroperitoneale, producendo un’enorme massa nell’ad-dome che creava compressioni sui tre organi. Otto mesi fa Raffaele erastato operato all’Istituto Europeo di Oncologia dal prof. BrunoAndreoni, costretto ad asportare pancreas e intestino, lasciando il solofegato, col coledoco esterno per permettergli di espellere la bile. Da ottomesi il paziente era nutrito esclusivamente per fleboclisi”. Per un inter-vento simile due anni fa un paziente di Bari, Leonardo Cioce, oggitrentenne, aveva dovuto recarsi al Jackson Memorial Hospital di Miamiper farsi operare dal prof. Tzakis, il chirurgo con grande esperienza intrapianti multiviscerali. Gli vennero trapiantati intestino, pancreas,fegato, stomaco e un rene. “Costò un miliardo e mezzo – ricorda Fassati– e a Bari fu aperta una sottoscrizione per aiutarlo. Da oggi questiinterventi vengono effettuati anche in Italia, a un costo (circa 150 milio-ni) che è quello di un normale trapianto di fegato ed è un decimo diquello americano”.

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Il modello USA è applicabile anche in ItaliaRoma, 12 febbraio Il modello organizzativo statunitense dei trapianti sarebbe adattabile

all’Italia e, anzi, da noi potrebbe funzionare ancora meglio per la mag-giore omogeneità della nostra popolazione. A sostenerlo è stato RobertMendez, direttore del programma di trapianto multiorgano dellaScuola di medicina dell’Università della California del Sud e presiden-te dell’Istituto nazionale dei trapianti, al termine dell’audizione di oggial comitato ristretto della commissione Affari sociali della Camera.Negli USA, ha spiegato il chirurgo, consulente del governo americano,esistono 69 agenzie “ufficiali” per il reperimento di organi e 393 centriche ogni anno effettuano 15-20mila trapianti. Tuttavia, ben l’80% deipotenziali donatori non è utilizzabile per la severità degli accertamentisulle malattie infettive. Per cuore, fegato e polmone è prevista unacopertura federale dei costi, che quest’anno dovrebbe essere estesaanche al pancreas, ora coperto solo dalle assicurazioni. Negli USA, haproseguito, non è obbligatoria la manifestazione di volontà alla dona-zione d’organi che, quando espressa, viene registrata su documentipersonali come la patente. In assenza della dichiarazione, è possibileprocedere all’espianto salvo che entro 24 ore la famiglia si opponga.L’eventuale impossibilità a rintracciare i parenti, ha sottolineatoMendez, deve essere “accuratamente documentata” con ogni mezzopossibile.

Nuove tecniche contro il rigetto, organi da maiali transgeniciFirenze, 18 febbraio La barriera del rigetto sta per essere definitivamente superata grazie

all’impiego sinergico di nuovi farmaci. Tra due anni verrà inoltre spe-rimentato sugli uomini il primo trapianto di organi da maiali transge-nici, nei quali cioè è stata innestata una proteina umana che “trucca”l’organo per impedirne il rigetto. Queste le nuove e imminenti frontierenel trapianto di organi delineate a Firenze dove, fino a domani, oltre1.400 esperti provenienti da 48 differenti Paesi, di cui oltre 200 italiani,partecipano al congresso internazionale “New dimensions in transplan-tation – Weaving in the future”. Grazie a molecole di recente acquisi-zione, come la ciclosporina, che hanno ridotto l’incidenza e la gravitàdel rigetto, il trapianto di organi sta perdendo il carattere di “ultimacarta” da giocare contro la morte e si avvia a diventare sempre più unaopzione terapeutica che si confronta con altre soluzioni. Gli interventi

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effettuati in Italia nel 1997 sono stati 2.223, sommando i trapianti direne da vivente e da cadavere, di cuore, polmone, cuore-polmone, fega-to e rene-pancreas. Il trapianto di rene è il più diffuso, seguito da quel-lo di fegato e da quello di cuore.Le nuove tecniche ed i nuovi farmaci, ha sottolineato il professorClaudio Ponticelli dell’ospedale Maggiore Policlinico di Milano, con-sentono oggi una sopravvivenza dei trapiantati dopo i cinque anni chevaria tra il 70% e l’80% e “potremmo quindi – ha aggiunto Ponticelli– salvare molte più vite umane se fosse più facile reperire gli organi datrapiantare, se ci fossero cioè più donatori”. “Una legge troppo compli-cata – ha concluso il professore –, accompagnata ad una scarsa cono-scenza dei progressi compiuti nei trapianti, rendono difficile il reperi-mento di organi”. La situazione non brilla tuttavia nemmeno negli StatiUniti dove, secondo quanto ha riferito il professor Barry Kahan, chai-rman del congresso, la domanda di organi è di tre volte superiore alledisponibilità. In Italia il numero di donazioni è passato dall’11 permilione di abitanti del ’96 all’11,6 per milione del ’97, una media cheviene giudicata ancora significativamente inferiore a quella europea,che nel ’96 era di 15,2 con una chiara leadership della Spagna (26,8).

Bindi, riorganizzare la rete dei centri trapiantoRoma, 7 maggio Si punta sulla riorganizzazione della rete dei centri di trapianto. Il

Ministro della Sanità, Rosy Bindi, auspica che la nuova legge vengavarata, in prima lettura, entro l’estate ma ancora i trapianti sono troppopochi. Oltre 10mila pazienti sono infatti in lista di attesa per un rene,1.000 per un trapianto di fegato, 1.000 per il cuore e 100 per il polmo-ne. Una lista che stenta a ridursi a causa, secondo le associazioni e ilMinistero, della poca sensibilità al problema ma soprattutto per carenzeorganizzative. Negli ultimi sei anni l’Italia ha raddoppiato il numero deidonatori, che da 5,8 milioni di abitanti è passato a 11,6 del ’97, grazieanche al cosiddetto “effetto Nicholas”. La situazione è inoltre pocoomogenea, con un notevole distacco a favore delle regioni settentriona-li dovuto soprattutto, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, all’attivitàinsufficiente di molte regioni meridionali. Qualche lume di speranzasorge però dai dati del ’97, i più recenti del registro nazionale trapiantidell’ISS. Siamo più vicini alla media europea: 11,6 donatori per milio-ne di abitanti mentre nel resto d’Europa ce ne sono 15 per milione diabitanti. Siamo ancora molto lontani però dall’autosufficienza: sonostati fatti nel ’97 poco più di 20 trapianti di reni per milione di abitantimentre ne servirebbero più del doppio.

Storie di organi venduti per povertàRoma, 26 giugno È la disperazione a motivare i casi di “offerta” a pagamento di reni o

altri organi che sempre più spesso affiorano nelle cronache, all’esteroma anche in Italia. Proprio nel nostro Paese, nell’ottobre del 1994, siverificarono due casi che ebbero notevole risonanza sui mass media.

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Sergio Melis, operaio di 36 anni di Carbonia, in cassa integrazione,lanciò l’offerta di cedere al migliore offerente uno dei suoi reni.L’operaio aveva fissato un “prezzo base” (50 milioni di lire) ma si eradetto anche disposto ad accettare una somma inferiore purché accom-pagnata da un posto di lavoro. Il denaro gli serviva per pagare i debitiaccumulati per mantenere la famiglia. Melis spiegò di essersi ispirato adun caso analogo, quello di un operaio genovese la cui storia era stataraccontata in tv. Pochi giorni dopo fu la volta di un disoccupato roma-no, Marco Lanini, allora di 28 anni, padre di due figli piccoli, ex carce-rato, con una lunga storia di droga alle spalle. Il suo appello suonòparticolarmente disperato: “Ho deciso: metto in vendita i miei organi,tutti quelli che posso dare, forse così mia moglie e i miei figli potrannosopravvivere”. Ma è soprattutto il Terzo Mondo, dove la miseria rag-giunge picchi estremi, a registrare un vero commercio di organi dadonatori disperati. Nel giugno di un anno fa al Cairo vennero arrestatii responsabili di un vero e proprio centro di vendita di reni offerti dapersone in miseria. La stampa egiziana riportò anche alcuni prezzi: adun libico vennero chiesti 10mila dollari da versare al “donatore” delrene, più 35mila dollari per il chirurgo e circa 6.000 per l’organizzazio-ne. Nell’aprile del 1997 si registrò un caso a Gerusalemme: secondoquanto riportato dai giornali arabi della città, un palestinese di 20 anniaveva venduto un rene per la somma di 40.000 dollari e la vicendasarebbe stata solo un episodio di un traffico in via di sviluppo. Un altrocaso pochi giorni fa dall’Algeria: un imbianchino di Algeri, sposato epadre di due bambini, avrebbe messo all’asta uno dei suoi reni perpoter pagare i suoi debiti (circa tre milioni e mezzo di lire).

Fatti crescere nuovi reni in laboratorioWashington, 29 giugno Nuovo passo avanti verso la possibilità di dire addio ai trapianti. Ora si

cerca di far crescere nuovi organi all’interno del corpo degli stessi mala-ti. L’esperimento, riguardante i reni, è per ora riuscito solo sugli anima-li. Ma la tecnica, secondo gli scienziati americani che l’hanno sviluppa-ta, potrebbe essere applicata sugli esseri umani nel giro di cinque anni.Alla Washington University di St. Louis, un gruppo di ricercatori gui-dati da Marc Hammerman è riuscito ad indurre la rigenerazione dinuovi reni nella cavità organica addominale di ratti da laboratorio. Nonsolo, il test è riuscito utilizzando cellule embrionali tratte da un’altraspecie di topi, diversa da quelli che hanno ricevuto l’impianto. La pro-cedura ha utilizzato cellule di tessuto renale estratte da embrioni edimpiantate nell’addome dei ratti. Nel giro di sei settimane nuove venesono cresciute intorno all’organo e si sono formati reni completi, anchese della grandezza di un terzo degli organi adulti. “È il primo esperi-mento simile mai realizzato – ha commentato Hammerman –. In teo-ria non sarebbe possibile, forse per questo nessuno ci aveva mai nem-meno provato”. Lo scienziato ha osservato che i reni ‘rinati’ funzionanoper ora all’1% delle possibilità, ma si è detto convinto che l’efficacia del10% potrà essere facilmente raggiunta. Il 10% di funzionalità è la

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soglia minima dopo la quale i malati di disfunzioni renali vengonocostretti alla dialisi. Secondo Hammerman, il test sugli animali dimo-stra che un giorno sarà possibile far crescere reni nuovi in pazientiumani prelevando le cellule embrionali dai maiali. Il risultato consiste-rebbe in organi ‘misti’ che uniscono cellule animali a quelle umane,diminuendo i rischi di rigetto nei casi di trapianti di organi completi dabestie a persone. Un approccio alternativo – delineato dagli esperti –ma con tutta probabilità ostacolato dagli antiabortisti, sarebbe l’utilizzodi cellule fetali umane tratte dagli embrioni.

Sperimentata terapia genica contro il rigettoBoston, 16 settembre Ricorrere alla terapia genica per risolvere il problema del rigetto nel

trapianto di organi. La scoperta, finora sperimentata solo nei topi,potrebbe aprire sia la possibilità di superare in parte gli attuali ostacolinel trapianto di organi da animali a uomo e, in futuro, di affrontare inmodo nuovo il problema delle malattie autoimmuni. La ricerca, pubbli-cata su “Science” venerdì 18, è stata condotta negli Stati Uniti, pressol’Università di Harvard. Accanto al rischio della trasmissione di perico-lose infezioni, il trapianto da animale a uomo è oggi ostacolato dalrigetto. L’organo estraneo viene cioè rifiutato dall’organismo in cuiviene trapiantato e le sue cellule distrutte dagli anticorpi. In questo casoil bersaglio degli attacchi sferrati dal sistema immunitario è la molecola“alfa-Gal”, che si trova sulla superficie delle cellule dell’organo trapian-tato. Il primo passo dei ricercatori è stato ottenere topi geneticamentemodificati nei quali il gene che in essi controlla la produzione di “alfa-Gal” è stato sostituito con quello che controlla la produzione dellastessa molecola nei maiali. Il gene dei suini è stato introdotto nei topiattraverso le cellule del midollo. Quando le cellule modificate sono statetrapiantate in altre cavie, questi non hanno prodotto anticorpi contro la“alfa-Gal” suina. Il loro organismo ha così “imparato” a tollerare mole-cole di altre specie.

In Francia il primo trapianto di mano della storiaMilano, 24 settembre Per la prima volta al mondo una mano è stata trapiantata ad un uomo

che era rimasto monco 14 anni fa. L’eccezionale intervento è stato com-piuto ieri all’ospedale Edouard Herriot di Lione da un’equipe interna-zionale, della quale fa parte il microchirurgo italiano Marco Lanzetta,responsabile del centro di chirurgia della mano dell’ospedale SanGerardo di Monza, polo didattico dell’Università statale di Milano. Lecondizioni del paziente trapiantato, un neozelandese di 48 anni, sono“stabili e soddisfacenti”, si è appreso a Milano da parte del dott.Lanzetta. Alle 15 l’equipe di chirurghi, guidata dal francese Jean MichelDubernard e dall’australiano Earl Owen, terrà una conferenza stampanell’ospedale di Lione. Il donatore della mano (la destra, con partedell’avambraccio) è un uomo di 43 anni, del quale non è stato reso notoil nome, morto in una località ad un centinaio di chilometri a sud di

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Lione. L’intervento si è articolato in quattro fasi: alle 4.30 di mercoledìl’equipe chirurgica è partita da Lione per raggiungere l’ospedale diValence, dove alle 6 è cominciata l’operazione di espianto di partedell’avambraccio destro, al di sotto del gomito, dal donatore. L’arto èstato raffreddato e trasportato in elicottero all’ospedale Edouard Herriotdi Lione, dove è stato trattato chirurgicamente per adattarlo con preci-sione al ricevente. In precedenza costui aveva sostenuto tutta una seriedi test tendenti a rilevare il preciso stato di ossa, muscoli, tendini e vasisanguigni e poter così stabilire le compatibilità con il donatore.L’intervento vero e proprio di trapianto è cominciato a mezzogiorno edè terminato alle 23 di ieri sera. Nella prima fase sono state fissate le ossadell’arto da trapiantare al moncherino con placche e viti. È quindicominciata la parte più delicata dell’operazione, dove Marco Lanzetta èintervenuto personalmente: la riattivazione della circolazione sanguignacon la sutura delle arterie radiale e cubitale e di tutti gli altri piccoli vasisanguigni. La parte dell’intervento che ha richiesto i tempi più lunghi èstata quella della sutura dei tre nervi principali dell’avambraccio. Comein tutti i trapianti, il trattamento post-operatorio consiste nella sommini-strazione di farmaci immunodepressivi per scongiurare il rigetto. Larieducazione della mano dovrebbe cominciare già da oggi, anche se irisultati funzionali dell’operazione non potranno essere valutati prima diun periodo che va da un anno ad un anno e mezzo: il tempo che occor-re al processo di rigenerazione nervosa per completarsi, fino al raggiun-gimento dell’estremità delle dita.

Gli interventi impossibili che oggi sono realtàRoma, 24 settembre Trapianti ‘impossibili’? Oggi sembrano rimanerne ben pochi. Dal

primo trapianto mondiale di cuore effettuato nel 1967 dal chirurgosudafricano Bernard, infatti, la scienza ha fatto passi da gigante ed oggiquelle che, fino a 30 anni fa parevano frontiere irraggiungibili, sonoormai realtà. Trapianti complessi sono quasi di routine, tanto che perun trapianto di cornea è oggi sufficiente il Day Hospital. Il primo inter-vento del genere è stato eseguito a Padova lo scorso febbraio: è duratosolo mezz’ora in anestesia locale. Ed anche i trapianti multipli sonosempre più frequenti. Il più recente in Italia: fegato e rene impiantati inun paziente a Genova lo scorso aprile. Ma sono sempre più numerosigli organi per i quali si rende possibile il trapianto. Tra gli interventi più‘innovativi’ effettuati nel solo 1998 è da segnalare il primo trapianto dilaringe. Timothy Heidler, 40 anni, ha potuto parlare per la prima voltain 19 anni dopo aver ricevuto una nuova laringe nel primo trapianto diquest’organo mai effettuato con successo al mondo. Sempre negli StatiUniti è stato eseguito, ad aprile, il primo trapianto cuore-midollo: pro-mette di essere una tecnica rivoluzionaria per evitare il rigetto degliorgani trapiantati e consentire, un giorno, le donazioni tra personeincompatibili e, forse, addirittura per dare il via all’uso di organi anima-li. È invece italiano il primo trapianto di pelle liofilizzata sul pene.L’intervento, che si basa sull’utilizzo di pelle liofilizzata acellulare (cioè

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privata della sua identità genetica per evitare il rischio di rigetto) è ingrado di risolvere in via definitiva alcuni problemi di impotenza. Unaltro nuovo traguardo è stato raggiunto negli Usa con il primo trapian-to di neuroni per curare l’ictus. L’intervento, che consiste nel trapiantonell’area del cervello danneggiato di neuroni realizzati con specialitecniche ingegneristiche, dovrebbe essere in grado di far regredire idanni causati da ictus cerebrali. E le prospettive per il futuro? C’è spe-ranza, ad esempio, per le donne irrimediabilmente sterili: tra due anni,affermano gli esperti, dovrebbe diventare realtà il trapianto dell’utero.Nuove speranze anche per la cura della sclerosi multipla: sarà prestoavviata la sperimentazione del trapianto di cellule staminali. Anchel’ultima frontiera della scienza sembra ormai essere dietro l’angolo, tracomprensibili polemiche e interrogativi: il trapianto totale di un corpo,vale a dire la recisione della testa da un corpo per riattaccarla su unaltro organismo intero ma cerebralmente morto (esperimento eseguitosulle scimmie), dovrebbe essere possibile, secondo il neurochirurgo sta-tunitense Robert White, entro un anno.

USA, primi trapianti senza terapie antirigettoPittsburgh, 8 ottobre Finora considerata una “tassa” da pagare per il resto della vita in cam-

bio di un trapianto, la terapia antirigetto potrebbe diventare solo unaparentesi nella vita di chi ha ricevuto un nuovo organo. È quanto risul-ta dallo studio condotto negli Stati Uniti, presso l’Università diPittsburgh, secondo cui nel 20% dei casi i pazienti che hanno avuto untrapianto di fegato tollerano la sospensione completa della terapiasenza rigetto. A condizione però che l’interruzione avvenga in modograduale nell’arco di cinque anni dal trapianto. La ricerca, condotta su95 pazienti a partire dal 1992, è coordinata dal direttore associato dellaDivisione trapianti di Pittsburgh, Ignazio Marino. Speranze ancoramaggiori di “svezzare” i pazienti dalle cure antirigetto potrebbero veni-re, ha spiegato Marino, da una strategia immunologica messa a puntoa Pittsburgh. “Abbiamo iniziato a infondere nei pazienti – ha aggiuntoil direttore –, al momento dell’esecuzione del trapianto di fegato, undeterminato quantitativo di cellule prelevate dal midollo osseo dellostesso donatore da cui proviene il fegato”. La tecnica è finora stata uti-lizzata in 220 trapianti, di cui 70 di fegato e 150 di altri organi (rene,cuore, polmone e intestino). È risultato che il trapianto di cellule delmidollo permette di diminuire significativamente il rischio di rigetto edi aumentare la possibilità di sospendere in futuro la terapia senzarischi.

Un solo fegato per due adulti, prima volta in ItaliaBergamo, 5 novembre Per la prima volta il fegato di un donatore adulto, diviso in due parti di

uguale volume, ha consentito il trapianto su due pazienti adulti anch’es-si. L’eccezionale intervento è stato concepito e realizzato dall’equipechirurgica del Centro trapianti di fegato pediatrico degli Ospedali

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Riuniti di Bergamo, diretto da Bruno Gridelli. La tecnica utilizzataconsentirà di raddoppiare il numero dei trapianti di fegato in pazientinon pediatrici. Questo tipo di intervento, conosciuto come ‘split liver’,era stato finora attuato separando il lobo destro del fegato, più volumi-noso, dal sinistro, più piccolo. Consentiva così il trapianto di un pazien-te adulto e di un bambino di peso corporeo inferiore ai 15-20 chili. Lanuova tecnica invece, dividendo il fegato in due parti uguali, permettedi trapiantare con un unico fegato due riceventi adulti con peso supe-riore ai 40 chili. Nel caso in questione il prelievo è stato eseguito ieri alPoliclinico San Matteo di Pavia su un paziente di 33 anni, originario diun paese dell’Oltrepò morto in un incidente stradale. L’intervento didivisione del fegato è stato eseguito in collaborazione con EnzoAndorno, chirurgo dell’Ospedale San Martino di Genova. A Genovainfatti è stata trapiantata la metà destra del fegato, mentre la sinistra èstata trapiantata nella notte a Bergamo su una ragazza di 13 anni,anch’essa dell’Oltrepò pavese, affetta da una grave malattia epatica.“Nel nostro, come in altri Paesi – ha affermato oggi Bruno Gridelli –solo un centinaio di bambini l’anno necessita di un trapianto di fegato,mentre sono migliaia gli adulti che potrebbero beneficiarne. Di questisolo una minoranza in realtà entra nelle liste d’attesa e ogni anno dal20 al 30% muore nella vana attesa di un trapianto per l’indisponibilitàdi donatori”. “La nuova tecnica – ha aggiunto Gridelli – consentirà oradi trapiantare, con lo stesso numero di donatori, un numero quasi dop-pio di pazienti”. Ma come è stata concepita la nuova tecnica chirurgi-ca? “In realtà – ha risposto il chirurgo – non abbiamo inventato nulladi nuovo. Nel nostro Centro eseguiamo da tempo la divisione del fega-to per utilizzare il lobo più piccolo per i bambini. Per mettere a puntola nuova tecnica abbiamo studiato adattamenti di tecniche chirurgicheesistenti usate, ad esempio, per le resezioni dei tumori epatici”.

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La prima mano trapiantata “funziona alla perfezione”Milano, 5 gennaio “Funziona benissimo. Ho avuto qualche problema all’inizio, ma ora va

bene. Posso prendere un bicchiere o una tazza”. Sorride ai fotografinella hall di un albergo milanese e accetta anche di ‘farsi stringere’ lamano da un giornalista televisivo, Clint Hallam, il neozelandese di 48anni che il 23 settembre scorso a Lione si è sottoposto volontariamenteal primo trapianto di una mano da cadavere. Dopo il primo mese tra-scorso in ospedale, Hallam si è trasferito in una abitazione privata, nellastessa città di Lione, dove si è sottoposto a frequenti controlli e ad unaterapia riabilitativa per tre ore al giorno. Ora, le sue condizioni sonomigliorate, a tal punto che i medici gli hanno consentito di tornare inAustralia, a Perth, dove ha la sua residenza e dove verrà preso in caricoda un centro trapianti (per continuare la terapia antirigetto) e da uncentro per la riabilitazione funzionale. Ma sulla via per l’Australia, lostesso Hallam ha chiesto di fare tappa a Milano, per incontrare ilmicrochirurgo dell’ospedale San Gerardo di Monza, Marco Lanzetta,che ha partecipato all’intervento di Lione, diretto dal francese MichelDubernard.

USA, stabilita la prima giornata nazionale delle donazioniRoma, 18 gennaio È fissato per il 14 aprile a Washington l’appuntamento con il primo

congresso sulla donazione degli organi, organizzato presso il Senatodegli Stati Uniti. All’incontro è prevista la presenza di 200 bambini chehanno avuto un trapianto, delle loro famiglie e dei genitori di NicholasGreen. Nell’annunciare la sua partecipazione al convegno, ReginaldGreen ha precisato che, per mancanza di organi, ogni giorno negli StatiUniti muoiono almeno 10 pazienti iscritti alla lista d’attesa nazionaleper i trapianti. Nonostante i circa 6.000 donatori l’anno, negli USA lepersone in attesa sono più di 55.000.

Il bilancio del 1998Roma, 2 febbraio Bilancio in rosso, in Italia, sul fronte dei trapianti. Su 10.000 malati in

lista di attesa per ricevere un rene, 1.000 per il trapianto di fegato, 1.000per quello di cuore e 100 per il trapianto di polmone, infatti, gli inter-venti effettuati nel 1997sono stati in totale 2.223 (sommando i trapian-ti di rene da vivente e da cadavere, di cuore, polmone, cuore-polmone,

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fegato e rene-pancreas). Il più diffuso è il trapianto di rene, seguito daquello di fegato e di cuore e le nuove tecniche consentono oggi unasopravvivenza dei trapiantati dopo i 5 anni tra il 70% e l’80%. Aumentainvece il numero delle donazioni (dall’11 per milione di abitanti del1996 all’11,6 del 1997), ma tale media è ancora inferiore a quella euro-pea che, nel 1996, era di 15,2 con la Spagna in testa (26,8). Un aumen-to di donatori e trapianti si è registrato per il 1998 nel Nord Italia.L’incremento complessivo, in base all’attività del Nord Italia Transplant(Nitp), è stato infatti dell’11,4%. Avanzamento, dunque, delle regionisettentrionali nella classifica UE. Con 18,5 donatori utilizzati per milio-ne di abitanti, le regioni del Nord sono passate dal 5° al 4° posto (dopoSpagna, Portogallo e Belgio) ed i trapiantati sono aumentati da 1.069 a1.131. La palma d’oro per la regione Nitp più attiva nel 1998, con 23donatori per mln di abitanti, va al Veneto. È invece allarme per i dona-tori pediatrici (sotto i 15 anni): dai 22 del 1996 ai 14 del 1997.

Nuove cellule nervose per curare l’ictusRoma, 5 febbraio Arrivano risultati molto incoraggianti delle prime operazioni di tra-

pianto di cellule nervose per curare l’ictus. Hanno infatti ricominciatoa camminare ed hanno recuperato forza negli arti tre dei nove pazien-ti (uno dei quali di origine italiana) che poco più di sette mesi fa hannoricevuto il trapianto negli Stati Uniti. Lo ha reso noto l’Università diPittsburgh, dove sono avvenuti gli interventi. I risultati saranno presen-tati domani a Nashville, durante il congresso dell’American HeartAssociation. Dei nove pazienti operati a Pittsburgh, sette sono uomini.Una delle due donne, A.C. di 64 anni, è di origine italiana ed era statacolpita da un ictus gravemente invalidante che le impediva di cammi-nare e di parlare. Adesso, rivela l’Università americana, riesce a com-piere queste azioni, seppure con qualche difficoltà. Proprio la donna èstata la prima dei nove pazienti ad essere operata, il 2 luglio scorso. Lecellule nervose (neuroni) utilizzate nei nove trapianti sono state “colti-vate” in un laboratorio californiano a partire da un gruppo di cellulenervose immature. Non appena queste si sono sviluppate ed hannoassunto le caratteristiche di neuroni maturi, sono state congelate perevitare che si alterassero o danneggiassero e sono state inviate aPittsburgh, dove sono state trapiantate. L’operazione consiste nel prati-care un piccolo foro nel cranio all’interno del quale viene introdotto unago. Attraverso questo sono state iniettati almeno due milioni di nuovineuroni esattamente nella zona del cervello colpita dall’ictus. Nei duemesi successivi al trapianto ogni paziente ha ricevuto le tradizionalicure antirigetto cui si ricorre dopo i trapianti di fegato e cuore. Tutti ipazienti, riferisce l’Università di Pittsburgh, hanno tollerato bene l’in-tervento e sono stati dimessi il giorno successivo. Dopodiché sono statiseguiti in ambulatorio. La sperimentazione è avvenuta sotto il controllodell’ente americano per la sorveglianza sui farmaci, Food and drugadministration (Fda). Considerando i risultati incoraggianti ottenuti neiprimi nove pazienti e l’assenza di effetti collaterali, i ricercatori stanno

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per dare il via ad un secondo programma di trapianti di cellule cerebra-li, su un gruppo più ampio di malati. Un annuncio che, riferisce l’Uni-versità di Pittsburgh, è stato immediatamente seguito da contatti conaltri centri americani che hanno dato la loro disponibilità a collaborarein sperimentazioni multicentriche. Numerosissime le telefonate di per-sone da ogni parte degli Stati Uniti che vorrebbero essere sottoposteall’intervento. Basti pensare che negli USA le persone colpite da ictussono complessivamente circa quattro milioni e a queste ne vannoaggiunte ogni anno circa 500.000. Non sono mancate, però, richieste ditrapianto di cellule nervose da parte di persone perfettamente sane chenon avevano mai subito attacchi ischemici.

Tradizione sconfitta, primi interventi anche in GiapponeTokyo, 1 marzo Dopo un’attesa di oltre 30 anni, che ha costretto centinaia di pazienti

ad emigrare per essere operati all’estero, anche in Giappone è comin-ciata l’era dei trapianti di cuore e fegato. La scorsa notte gli organi diuna donna di 43 anni dichiarata cerebralmente morta per un ictus sonostati innestati su due pazienti. È il primo caso dopo l’approvazione,nell’ottobre 1997, di una legge che ha permesso l’espianto dopo l’arre-sto dell’attività cerebrale e di quella respiratoria non assistita. Questoulteriore ritardo sembra testimoniare una resistenza a tale pratica, perun atteggiamento verso la morte in cui confluiscono tradizioni animistee buddiste. Secondo un sondaggio di un’agenzia governativa dell’otto-bre scorso, un anno dopo l’approvazione della legge, non più del 63%dei giapponesi era a conoscenza delle norme in materia e soltanto il2,6% aveva chiesto e ottenuto la ‘carta del donatore’, necessaria perpermettere l’espianto. Di questi, inoltre, la maggioranza non avevaindicato quali organi acconsentiva a donare, un’altra condizione indi-spensabile per procedere all’operazione. Il portavoce del governoHiromu Nonaka ha assicurato oggi che sarà fatto ogni sforzo per“introdurre stabilmente” la cultura dei trapianti in Giappone. Ma lastrada appare ancora lunga, prima di tutto per gli stessi contenuti dellanorma. Essa richiede il consenso dei familiari all’espianto anche quan-do il donatore abbia fornito in vita il permesso e vieta i trapianti per iminori di 15 anni. “L’unica cosa che possiamo dire ai pazienti – haaffermato Yoshi Aranami, un rappresentante dell’associazione TrioJapan, che offre assistenza alle persone in attesa di trapianto – è cherecarsi all’estero rappresenta ancora la scelta più sicura”. È quello chehanno fatto, dal 1984, 44 giapponesi che hanno ricevuto un cuorenuovo, in maggior parte negli USA, e 200 che sono stati trapiantati difegato, molti dei quali in Australia. Il primo trapianto di cuore inGiappone fu effettuato nel 1968 dal dottor Juro Wada a Sapporo. Ilpaziente morì qualche settimana dopo e Wada fu incriminato per omi-cidio per la morte del donatore, accusa dalla quale fu poi prosciolto.Dopo quell’incidente gli espianti da donatori morti cerebralmente sonorimasti argomento tabù fino all’approvazione della legge.

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Il Parlamento approva la legge sui trapiantiRoma, 31 marzo Non è stato facile ma alla fine Palazzo Madama c’è l’ha fatta: la legge

sui trapianti attesa da circa 20 anni è giunta in porto, anche se trovareun accordo in Parlamento è stato più difficile del previsto. Tra i gruppi,che hanno assicurato la libertà di coscienza, sono emerse diverse posi-zioni contrarie al principio del silenzio-assenso che domina la legge. LaLega ha votato contro la legge criticando il principio del silenzio-assen-so alla donazione, assieme ad alcuni senatori di An. Ma nel Carroccioe nel gruppo di Fini alcuni non hanno partecipato al voto. Voti contra-ri e astensioni non sono mancati anche dentro la maggioranza, ancheper il modo in cui è stata prevista l’organizzazione dei trapianti. Solotre senatori verdi hanno votato ‘sì’ mentre tra i Ds circa una decina sisono astenuti o hanno votato contro. Il gruppo di Prc ha scelto di nonvotare mentre il Ppi e Forza Italia hanno votato sì, come l’Udr, Ri e iDemocratici. Il voto sulla norma è stato tormentato anche da lentezzeprocedurali. Il Senato ha infatti votato due volte il provvedimento, pereffetto delle modifiche apportate dalla Camera. Proprio il tentativodella maggioranza di accelerare il secondo esame si è scontrato con ilno della Lega e di parte di An. Il risultato è stato un ping-pong che hapiù volte rimandato il voto finale atteso da migliaia di malati.

Primo intervento fegato-intestino su bimbo italianoRoma, 19 aprile Effettuato il primo doppio trapianto di fegato e intestino su un bambino

italiano. L’intervento si è svolto la scorsa notte agli ospedali riuniti diBergamo. Lo ha spiegato oggi il professor Bruno Gridelli, secondo ilquale la tecnica utilizzata per il doppio trapianto in un bambino di 10mesi è innovativa. Il fegato, ha spiegato Gridelli, proveniva da un dona-tore della provincia di Bologna ed è stato diviso in due parti e usato perdue bambini diversi. “Una parte del fegato – ha aggiunto Gridelli – èstata preparata per il trapianto e nello stesso tempo è stata ridotto unaparte dell’intestino (mesenteriale) del donatore. I due organi (la partedel fegato e l’intestino) sono stati poi riuniti sul banco operatorio e tra-piantati in blocco sul piccolo ricevente. Dopo poco tempo hanno ripre-so a funzionare. Ora il problema più delicato è il controllo del rigetto”.“Prima d’oggi – ha sottolineato il professore – i bambini bisognosi di undoppio trapianto erano costretti ad andare all’estero, mentre ora inItalia questo intervento è diventato possibile”. In un anno e mezzo diattività il gruppo di Gridelli ha effettuato 50 innesti di fegato su bambi-ni, alcuni dei quali con la tecnica split, riducendo drasticamente il fab-bisogno italiano. Ora i tempi d’attesa per un trapianto di fegato pedia-trico sono di circa 20 giorni, tra i più bassi d’Europa. La sopravvivenzaè dell’85% a un anno.

Gli esperimenti sull’innesto della testa sono inutiliRoma, 30 agosto C’è una domanda che viene spontanea agli esperti del settore chirurgi-

co: a cosa serve effettivamente trapiantare una testa? È questo il vero

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problema, molto più delle complesse tecniche neurochirurgiche neces-sarie per effettuare l’operazione. Lo stesso pioniere del trapianto ditesta, Robert White, dichiara che al momento non è riuscito a ricostru-ire le connessioni nervose. E se invece fosse possibile rigenerare i colle-gamenti tra le fibre nervose, a che cosa servirebbe trapiantare la testa?Secondo il neurofisiologo Piergiorgio Strata, del dipartimento di anato-mia umana dell’Università di Torino, quella inseguita da White “è unatecnologia ardua che rischia di portare a risultati inapplicabili”. “Allostato attuale delle conoscenze – ha proseguito Strata –, trapiantare latesta equivarrebbe a far appollaiare una testa viva sulle spalle di uncorpo senza vita. Che senso ha? Tanto vale innestare la testa su unamacchina, oppure cercare di guarire il corpo”. È infatti molto probabi-le, ha concluso il neurofisiologo, che nel tempo necessario a White perimparare come ricostruire le connessioni nervose potranno esseremesse a punto tecniche di trapianto e neurochirurgiche capaci di‘rimettere a nuovo’ un organismo”. Per il direttore dell’Istituto mediter-raneo trapianti (Ismett) di Palermo, Ignazio Marino, l’ipotesi del tra-pianto di testa pone soprattutto problemi etici. “Come esperto di tra-pianti – ha affermato Marino – sono assolutamente contrario al tra-pianto di cervello. Semmai si potrebbe parlare di trapianto di corpo”.Ciò potrebbe dare una speranza, ad esempio, a persone con gravissimiproblemi, come i tetraplegici. In ogni caso, ha proseguito Marino, “sitratta di situazioni-limite la cui soluzione spetta, più che alla comunitàscientifica, alla comunità sociale nel senso più ampio, dal Parlamento aicomitati di bioetica”. Ciò significa che se dal punto di vista tecnico èteoricamente possibile realizzare il trapianto di testa, non sarebbe inve-ce ammissibile eticamente. “Non tutto ciò che è realizzabile tecnica-mente – ha sottolineato Marino – è giustificato dal punto di vista etico”.I primi esperimenti sul trapianto di testa eseguiti da White risalgono al1961, ma la prima notizia delle ricerche è stata data nel 1987. Nel 1997White aveva comunicato che le scimmie trapiantate riuscivano asopravvivere una settimana e nel luglio 1998 il ricercatore prevedeva dipoter trapiantare la testa umana entro un anno. In vista di questi espe-rimenti, aveva messo a punto un protocollo per la procedura sull’uomo.Membro della Pontifica accademia delle scienze, White lavora nell’Uni-versità americana di Cleveland.

Raddoppiano i casi di trapianto per cirrosi da epatite CRoma, 15 novembre In Europa negli ultimi 5 anni il numero dei trapianti per cirrosi epatica

da epatite C sono raddoppiati e oggi rappresentano, assieme a quelli percirrosi alcolica, il 40% del totale dei trapianti di fegato. A fare il puntosu questo tipo d’interventi è Henri Bismuth, direttore del CentroEpatobiliare di Villejuif (Francia) e autore, circa un mese fa, del triplotrapianto di fegato da un solo donatore. “Per far fronte all’aumento delleindicazioni per cui si consiglia l’intervento e alla scarsità di organi – hadichiarato Bismuth nel corso della Settimana di GastroenterologiaEuropea – occorre puntare verso un utilizzo sempre più intelligente

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degli organi”. Di qui la rivoluzionaria tecnica detta split-liver che con-sente di aumentare il numero dei trapianti anche se non cresce il nume-ro dei donatori. Bismuth ha sottolineato che le tre persone operate gra-ziead un doppio intervento,che ha consentito ad un paziente affetto dauna malattia genetica di ricevere un fegato nuovo e di donare il suo adaltre due persone bisognose di trapianto, stanno bene. “Oggi – ha com-mentato il chirurgo – la sopravvivenza ad un anno dall’intervento èdell’85%”. Restano invece un problema i lunghi tempi di attesa, letalinei casi di epatite fulminante (7-10% dei trapianti). Il rimanente 50% deitrapianti di questo organo è infine dovuto a cirrosi per epatite B (dimi-nuite grazie al vaccino), al cancro e alla cirrosi biliare primitiva.

Via libera allo “split” del fegatoRoma, 25 novembre In Italia ora è possibile eseguire il trapianto parziale di fegato tra viventi.

La commissione del Senato, in sede deliberante, ha approvato in viadefinitiva il disegno di legge che consente questo tipo di intervento. Ilrelatore del provvedimento, Ferdinando Di Orio (Ds), ha parlato di una“legge particolarmente opportuna perché fa chiarezza su una materiamolto controversa ed avvia anche in Italia una tecnica di alta chirurgia”.Ogni anno, ha sottolineato il relatore, circa cento nati presentano graviinsufficienze del fegato che possono essere curate solo attraverso il tra-pianto dell’organo. La legge, spiega Di Orio, prevede la tecnica dello‘split’, “realizzata per la prima volta da donatore cadavere nel 1962”.“Per ovviare all’insufficienza di organi da trapiantare dovuta alla carenzadi donatori neonati, nel 1982 – ricorda il relatore – è stata realizzata latecnica dello ‘split’ con la quale si è reso possibile ai neonati il trapiantodel lobo sinistro del fegato di un adulto. Nell’88 si è potuto trapiantaread un uomo il lobo destro, più voluminoso, e a un bambino il lobo sini-stro. Nell’89, infine, è stato possibile trapiantare il lobo sinistro di dona-tore vivente”. Con questa tecnica, prevista dalla legge approvata oggi,secondo Di Orio “si ha maggiore facil0ità di riscontrare compatibilitàistologica del bambino ricevente con un donatore consanguineo e, suoltre 600 interventi eseguiti, una sola volta c’è stata morte del donatore,peraltro in circostanze molto particolari. Inoltre, dopo l’asportazione dellobo il fegato si rigenera in circa due mesi”. Dopo l’approvazione dellalegge il sen. Antonio Tomassini, responsabile sanità di Forza Italia, haespresso la soddisfazione del suo gruppo in quanto questo provvedimen-to “colma una grave lacuna creata dalla legge sui trapianti” e ha riven-dicato la primogenitura di questa legge a Forza Italia e all’on. Baiamonte,che aveva presentato il provvedimento alla Camera. L’esponente di Fi haespresso anche l’auspicio che la magistratura vigili su un terreno delicatocome quello dei trapianti tra viventi consanguinei.

Record di problemi renali in una sola famiglia americanaWashington, 26 novembre Record di trapianti di rene in una famiglia americana. La signora Ora

Thomas di Kankakee, Illinois, madre di tre figli, avrà bisogno anche di

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un rene nuovo dopo che i suoi due figli maggiori hanno già subito unsimile trapianto. La prima della famiglia a ricevere un nuovo organo èstata sua figlia Angela all’età di 27 anni nel 1996. Quattro mesi fa èstato il figlio ventunenne Thomas che, dopo dieci anni di dialisi hadovuto effettuare il trapianto a causa di una malattia nota come glome-rulonefrite. Sembra però che le malattie renali perseguitino la famiglia.La signora Thomas è ora in attesa di un nuovo organo a causa dellastessa patologia di sua figlia Angela: la glomerulosclerosi. Segni di insuf-ficienza renale sono stati notati anche nella piccola Tamara, dieci anni,che ogni sei mesi deve fare un check-up completo che accerti il gradodi tolleranza alla malattia del suo fisico. “Sono convinto che i problemidi questa famiglia siano di tipo genetico” ha detto Craig Langman ilprimario di nefrologia del Children Memorial hospital di Chicago. “Nesappiamo ancora molto poco – gli ha fatto eco Daniel Battle, delNorthwestern Memorial Hospital – ma i geni stanno diventando sem-pre più importanti nella diagnosi di certe malattie”.

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Il rene di un bambino di 13 mesi a un tredicenneGenova, 4 gennaio Il rene di un bimbo napoletano di 13 mesi, morto a seguito di un’emor-

ragia cerebrale, è stato trapiantato oggi ad un albanese di 13 anni, resi-dente a Firenze, da tempo era in attesa presso l’ospedale San Martino diGenova. Un altro bambino di 7 anni, di Cuneo, al quale era destinato ilsecondo rene del bimbo morto, non ha invece potuto ricevere l’organoperché lesionato. L’operazione è stata eseguita nel pomeriggio presso ilcentro trapianti dell’ospedale genovese dove i due reni, prelevati ieri aNapoli, sono stati portati stamani. “All’arrivo a Genova ci siamo accortiche uno degli organi non era più compatibile con l’operazione – haspiegato il responsabile dell’ufficio trapianti del San Martino, AndreaGianelli Castiglione – non è frequente ma può accadere, specialmentecon organi di queste dimensioni, che sorgano complicazioni in una dellefasi dell’operazione”. Quando è arrivata la notizia della disponibilità deidue reni, sono state subito avvertite le famiglie dei giovanissimi pazientie sono iniziati i preparativi e gli esami di rito. I due organi, ha riferitol’ospedale San Martino, erano già stati assegnati dal centro nazionaletrapianti di Roma. Quando ci si è accorti che uno era lesionato è statotentato un intervento di recupero che però non è riuscito.

Il futuro prossimo dei trapiantiRoma, 14 gennaio A poco più di 30 anni dal primo trapianto mondiale di cuore effettua-

to nel 1967 dal chirurgo sudafricano Christian Barnard, sembra ormainon esservi più limite alle possibilità di sostituzione di organi. Dalcuore si è infatti passati al rene (1954), fegato (1963), polmoni (1963),intestino (1987), pancreas, ecc. Tappa fondamentale la scoperta delprimo farmaco antirigetto (la ciclosporina nel 1971). Trapianti unavolta considerati complessi sono oggi quasi di routine, tanto che per untrapianto di cornea è sufficiente il day-hospital. Ma anche i complessitrapianti multipli (cuore e polmoni, fegato e rene, fegato e intestino,ecc.) sono sempre più frequenti perché, richiedendo una minore rescis-sione dei vasi che li collegano, consentono una migliore riuscita dell’in-tervento. Quello di cuore più midollo (eseguito per la prima volta nel’98) ha invece la prospettiva di evitare il rigetto e consentire in futurodonazioni tra persone incompatibili e forse anche organi animali. Lafrontiera verso la quale si punta per i prossimi anni è infatti proprio loxenotrapianto: la possibilità di utilizzare organi di animali permette-

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rebbe di aggirare la cronica penuria di organi provenienti da donatori,risolvendo il problema di migliaia di pazienti che in tutto il mondosono in attesa di un cuore o di un rene nuovo in grado di migliorare laloro vita. Il primo trapianto da animale fu quello di fegato di babbuinoeseguito nel ’92 a Pittsburgh. All’epoca ci si affidava solo a farmaciimmunosoppressori contro il rigetto, oggi si punta anche verso anima-li modificati geneticamente in modo che i loro organi non siano rico-nosciuti dome ‘nemici’ dal sistema immunitario. Tra gli animali possi-bili donatori, il maiale è quello più studiato. Tra cinque-dieci anni siprevede che sarà possibile trapiantare sull’uomo cellule, tessuti e orga-ni provenienti da maiali transgenici. Tra gli interventi più innovativieffettuati negli ultimi anni bisogna annoverare il trapianto della laringe(effettuato per la prima volta nel ’98) e quello di neuroni cerebrali(sempre nel ’98) che dovrebbe essere in grado di far regredire i dannicausati da ictus. Tra le ipotesi quasi da fantascienza, ovviamente moltoavversate sul piano etico, c’è anche l’ipotesi del trapianto totale di uncorpo, vale a dire la rescissione della testa da un corpo per riattaccarlasu un altro organismo intero ma cerebralmente morto. La tecnica èstata sperimentata nel 1997 sulle scimmie dal neurochirurgo statuni-tense Robert White di Cleveland. Il periodo più lungo di sopravviven-za degli animali sottoposti all’esperimento è stato di una settimana.

Ministro Bindi istituisce il CNTRoma, 24 febbraio Il Ministro della sanità Rosy Bindi ha istituito con un decreto il Centro

Nazionale Trapianti. Lo ha reso noto il ministero ricordando che alcentro nazionale, che ha sede presso l’Istituto Superiore di Sanità, spettail compito di redigere le liste di attesa nazionali sulla base dei dati tra-smessi dai centri regionali o interregionali per i trapianti; di coordinaree uniformare l’attività di prelievo e di trapianto su tutto il territorionazionale a partire dalla definizione di criteri operativi per l’assegnazio-ne degli organi e dalla individuazione del fabbisogno nazionale di tra-pianti. Il CNT avrà anche funzioni di controllo e di verifica sull’applica-zione di programmi nazionali e di definizione dei parametri di qualitàe risultato cui devono attenersi le strutture per i trapianti. Presidentedel Centro nazionale è il professor Giuseppe Benagiano, direttoredell’Istituto superiore di sanità; direttore è il dottor Alessandro NanniCosta, mentre i rappresentanti dei centri regionali o interregionali,designati dalla Conferenza Stato-Regioni, sono il professor SergioEmilio Curtoni per il Piemonte, il professor Domenico Adorno per laBasilicata, il dottor Mario Scalamogna per la Lombardia e il professorIgnazio Roberto Marino per la Sicilia. Il ministero della sanità hasuccessivamente precisato che il professor Curtoni è stato designato inrappresentanza del centro interregionale Airt, il dottor Scalamogna inrappresentanza del centro interregionale NITP, il professor Adorno inrappresentanza del centro interregionale Ocst e il professor Marino inrappresentanza del centro regionale della Sicilia che non afferisce adalcun centro interregionale.

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Record interventi in Italia, +10% in un annoRoma, 25 marzo Con 13,7 donatori per milione di abitanti l’Italia si colloca a pieno

titolo nell’Europa dei trapianti, nella stessa fascia che comprende Paesieuropei come il Regno Unito, la Germania, l’Olanda e la Svizzera. Ilnumero delle donazioni cresce di continuo dal 1992 e lo scorso annol’aumento è stato superiore al 10%, risultato che non si verificava dal1995. Il dato emerge dalla sintesi della relazione del Centro nazionaletrapianti sull’attività del 1999. La distribuzione delle donazione è asso-lutamente disomogenea. Nel Nord il dato si colloca nella fascia euro-pea più elevata (20,3 donatori), nel Centro (13,8), paragonabile allamedia europea, nel Sud (5,5) solo un quarto rispetto a quello del Nord.L’analisi del dato regionale mostra la Toscana (dopo la provincia auto-noma di Bolzano) la più attiva con 26,9 donatori per milione, seguitadall’Emilia Romagna con 25,5 e dal Veneto con 22,7. Seguono, nellamedia nazionale, Liguria, Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia, Friulie Umbria. Sotto la media si piazzano invece la provincia di Trento,Sardegna, Abruzzo, Molise, Marche, Puglia e Basilicata. Il minornumero di donazioni è stato registrato in Sicilia, Campania, Calabriae Lazio. Dato quest’ultimo particolarmente negativo perché, osserva ilministero della Sanità che ha diffuso i dati, a differenza delle altreregioni non può essere correlato a carenza delle strutture ospedaliere.Cresce anche il numero complessivo degli organi prelevati. Nel 1999ha superato i 2.500 e il numero dei trapianti ha raggiunto quota 2.428:1.314 di rene, 337 di cuore, 685 di fegato, 101 di polmone, 35 di pan-creas. I trapianti di rene sono pari al 15% dei pazienti inseriti nelle listedi attesa (8.000 di rene, 1.000 fegato, 500 cuore, 150 polmone). Ilnumero dei trapianti di cuore non aumenta da oltre 5 anni, mentrel’elevato numero di interventi sul fegato dipende anche dalle tecnichedi split (separazione tra segmenti epatici) che consentono di trapianta-re due persone con un unico fegato. Cresce anche il trapianto di pol-mone, mentre quello di pancreas si limita a pochi centri.

CNT, il 75% degli italiani dice sì a donazioniRoma, 3 maggio Riscuote successo l’iniziativa di distribuzione del cosiddetto tesserino

blu per la donazione degli organi e gli italiani, a quanto sembra dalletelefonate ricevute in questi giorni dal Centro nazionale trapianti,sembrano essere proprio favorevoli alla donazione di organi. Centinaiadi persone, infatti, stanno in questi giorni chiamando il Centro persaperne di più sulla tessera o sulle questioni legate alla donazione e altrapianto di organi e tessuti: la maggior parte (circa il 75%), si dichiarafavorevole alla donazione, mentre il 15% degli interessati ci sta ancorapensando e solo l’8% è deciso al no. Le domande più frequenti, hafatto sapere il CNT, riguardano l’esistenza di limiti di età per la dona-zione, la necessità di informare i familiari sulla scelta fatta e il signifi-cato di morte cerebrale. In ogni caso tutti dichiarano di voler avere lapossibilità di esprimere un parere sulla donazione dei propri organi otessuti. La consegna già avviata della tessera insieme ai certificati elet-

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torali per il prossimo referendum è il primo atto di una campagnainformativa ad ampio raggio che sarà promossa a partire dalla fine dimaggio. Un decreto del Ministero della Sanità ha recentemente stabi-lito la possibilità di dichiarare la propria volontà o il proprio dissensoalla donazione di organi anche tramite moduli predisposti dalle asso-ciazioni di donatori. In alternativa si può anche compilare la dichiara-zione su un semplice foglio bianco, purché contenga gli stessi dati dellatessera, cioè nome e cognome, data e luogo di nascita, residenza, codi-ce fiscale, documento di identità, data e firma.

Donatrice rene dimessa dopo 48 orePisa, 3 maggio Una madre ha donato un rene al figlio malato da vari anni e dopo 48

ore era già a casa. È stato possibile grazie all’adozione di una nuovatecnica, utilizzata per ora solo a Baltimora (USA) ed introdotta per laprima volta in Italia, a Pisa. L’equipe chirurgica che ha portato a termi-ne l’operazione, la prima del programma (altre saranno effettuate nelleprossime settimane), è coordinata dal professor Franco Mosca, respon-sabile del Centro trapianti dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisae presidente della Società italiana trapianti d’organo. L’intervento, ese-guito in laparoscopia, è simile a quello assai diffuso per l’asportazionedei cosiddetti calcoli alla cistifellea, con la sola aggiunta ai tradizionali‘tre buchi’, praticati in zona addominale, di una incisione di pochi cen-timetri in sede “sovrapubica”. I particolari di questa conquista dellamoderna chirurgia, studiata e realizzata per sensibilizzare l’opinionepubblica alla pratica della donazione tra viventi, fino ad oggi poco uti-lizzata anche perché effettuata con metodiche operatorie molto piùinvasive, sono state illustrati in una conferenza stampa dagli stessi medi-ci che hanno eseguito l’intervento. Il professor Mosca ha spiegato chenei prossimi giorni avverrà un secondo intervento, mentre sono già 10 ipazienti in attesa di un analogo trapianto. Ed ha precisato che si trattadi 10 figli che riceveranno un rene dalle loro mamme, donazione chesupera i rapporti di affetto familiare e diventa un fatto di grande impor-tanza sociale nello sviluppo delle donazioni d’organi tra viventi. E pre-sto, ha annunciato Mosca, l’equipe pisana applicherà la stessa tecnicaper un trapianto di fegato. Gli aspetti tecnici sono stati illustrati dal pro-fessor Andrea Pietrobisso, che ha eseguito l’intervento, e dal dottor UgoBoggi coordinatore del progetto italiano per la sensibilizzazione delledonazioni tra viventi. Presente anche la donatrice, mamma Rosalia, 58anni, (il figlio, Ignazio, 38, era da 11 anni in dialisi) operata il 27 aprilescorso. “Ho provato più dolore quando ho partorito” ha detto la donna,dichiarando di sentirsi bene nonostante sia passata solo una settimanadall’espianto ed ha invitato chi ne ha bisogno a sottoporsi all’interventoche può mettere fine ai problemi di tante persone che vivono solo ricor-rendo alle macchine della dialisi due-tre volte la settimana, condizionan-do tutta la loro vita a questi ritmi. Soddisfazione per il risultato dell’in-tervento è stata espressa anche dai vertici dell’Azienda ospedalierapisana.

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Reni, nel primo anno rigetto sempre più raroRoma, 12 giugno Il pericolo maggiore in un trapianto non è il rigetto nei primi 6 mesi

dall’intervento, ma il danno cronico dell’organo (Crad) a 5-10 annidall’impianto. “Oggi – ha spiegato Giuseppe Nanni, chirurgo deitrapianti al policlinico Gemelli di Roma – il rigetto dell’organo nelprimo anno dall’intervento è sempre più raro. Per i reni, che sono itrapianti più diffusi (1.500 interventi l’anno solo in Italia), perdiamoil 10-15% degli organi trapiantati, mentre a 6 anni dall’intervento lapercentuale sale al 30-40% di cui nel 44,5% dei casi per Crad, nel37,8% per decesso del malato”. Multifattoriali e non più solamenteimmunologiche le cause di questo lento e progressivo danno dell’or-gano. Tra i primi aspetti da valutare, l’età del donatore e il suo statodi salute. Il rene infatti potrebbe essere già stato leso dall’arteroscle-rosi o dalla pressione alta prima di essere impiantato. Seguono losviluppo della patologia che aveva già colpito l’organo su quellonuovo, l’ipertensione di cui spesso il malato soffre e i farmaci antiri-getto che abbassano le difese immunitarie e incrementano i livelli dicolesterolo nel sangue. “In media – afferma Claudio Ponticelli – laspettanza di vita del paziente trapiantato si allunga di 17,7 anni e lapercentuale di sopravvivenza a 6 anni dall’impianto è passata dal81,6% tra il 1983 – 1986, al 90,3% tra il 1991 – 1994”. Tra le causedi morte più frequenti le malattie cardiovascolari (35,5%), il cancro(25,8%, il più comune è quello della pelle) e le patologie epatiche(17,7%). “In pratica – ha spiegato Marco Castagneto, direttore dellaClinica Chirurgica del Policlinico Gemelli di Roma –, ci troviamo difronte a una nuova categoria di pazienti le cui gestione è complessa.I farmaci antirigetto sono infatti ancora troppo nefrotossici e dunqueil medico si trova a dover gestire un delicato equilibrio di dosaggi perrallentare il processo distruttivo del rene senza scatenare il rigettodell’organo trapiantato”.

Marino, “giusto permettere donazioni da omosessuali”Roma, 2 agosto Sull’impegno preso dal Ministro Veronesi nel cancellare il divieto per gli

omosessuali di donare sangue e organi, si è dichiarato “in pieno accor-do” il professor Ignazio Marino, direttore dell’Istituto Mediterraneotrapianti di Palermo. “La decisione di Veronesi è sicuramente positiva– ha commentato il chirurgo –. Negli Stati Uniti, dove sono stato per 15anni, non vi è nessuna norma che prevede una tale discriminazione.Discriminare gli omosessuali non ha alcun fondamento scientifico. Ciòche si deve fare è controllare attentamente attraverso esami di laborato-rio che l’organo donato o il sangue non contengano alcun virus. Certo,esiste il cosiddetto periodo finestra, ovvero quel lasso di tempo nel qualenon è possibile accertare la presenza degli anticorpi che indicano lapresenza di virus i quali restano ancora latenti, ma questo periodo esistesia per gli omosessuali sia per gli eterosessuali, senza alcuna differenza.È importante invece ricordare che ogni giorno muoiono decine di per-sone in ogni Paese del mondo in attesa di un trapianto. La strada appe-

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na tracciata da Veronesi e già avviata anche alla Consulta Nazionale edal centro nazionale dei Trapianti deve essere quella da seguire”.

La Gran Bretagna si divide sulla clonazione umanaLondra, 17 agosto La comunità scientifica britannica ha accolto con un coro di ‘sì’ la

decisione del Governo Blair di autorizzare la clonazione di embrioniumani a fini di ricerca. All’indomani dell’annuncio di Downing Street,infatti, molte associazioni mediche d’Oltremanica – oltre agli stessipazienti affetti da malattie incurabili – hanno sottolineato i potenzialivantaggi offerti da questa tecnica. Tra i primi ad appoggiare l’iniziati-va è stata la Royal Society, la più antica associazione medica del RegnoUnito, che ha esortato i parlamentari di Sua Maestà a esprimere pare-ri favorevoli quando verranno chiamati a pronunciarsi secondocoscienza sulla questione il prossimo autunno. “Riteniamo che i poten-ziali vantaggi di questa ricerca siano così grandi da giustificare unamodifica” legislativa, ha detto un portavoce. Una posizione, questa,che riflette il parere già espresso ieri dal professor Ian Willmott delRoslin Institute, il ‘padre’ della prima pecora clonata al mondo (Dolly):“Tutti sappiamo che molta gente soffre di malattie degenerative –aveva infatti commentato Willmott –. Penso che dovremmo essereentusiasti di fronte all’atteggiamento positivo del Governo”. E oggianche i pazienti hanno fatto sentire la loro voce. Come Michael Peters,un ex falegname 49enne affetto dal morbo di Parkinson dal 1989: lanuova legislazione sulla clonazione, ha dichiarato, potrebbe “cambiarela mia vita per sempre”. Questa malattia ha alterato il mio modo diparlare e mi impedisce di camminare correttamente – ha spiegatoPeters al quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’ –. Non posso lavora-re perché non riesco a concentrarmi e appena mi siedo mi addormen-to. Come tutti i malati di Parkinson, anche io sono disperato per tro-vare una cura”. Il dottor David Latchman, vicepresidente dell’Associa-zione per il morbo di Parkinson, ha risposto indirettamente allarichiesta di aiuto lanciata da Peters: questo tipo di ricerca ha un “gran-de potenziale per migliorare notevolmente la qualità della vita diquesti pazienti – ha dichiarato –. Chi si oppone dovrebbe avere ottimeragioni per farlo”. Anche la dottoressa Diana Dunstan, direttrice delMedical Research Council, concorda con Latchman: “Uno dei primivantaggi di questa tecnica – ha sottolineato Dunstan – potrebbe esserela produzione di cellule nervose umane per trattare i malati affetti dalParkinson e dal morbo di Huntington”. Per il direttore della BritishHeart Foundation, il professor Sir Charles George, la clonazioneumana potrebbe inoltre portare allo “sviluppo di nuovi trattamenti perle malattie cardiache e perfino permettere la crescita in laboratorio dicuori e altri tessuti per trapianti. Si salverebbero molte vite umanepoiché oggi molti pazienti muoiono per mancanza di donatori”. Maper il mondo cattolico e le associazioni ‘pro-life’ le ragioni della comu-nità scientifica non possano interferire con il diritto alla vita. “Laricerca sulle cellule formative umane appartiene a un campo scientifi-

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co che potrebbe offrire sviluppi nuovi e promettenti, ma la scienza nonpuò operare nel vuoto”, ha dichiarato il cardinale Thomas Winning,Arcivescovo di Glasgow e presidente della commissione bioetica deivescovi cattolici. “È moralmente sbagliato ottenere cellule formativeda un embrione umano, vuol dire distruggere la vita umana”.

Al via il convegno mondiale di Roma con 5.000 espertiRoma, 26 agosto Ci sarà anche il biologo inglese Ian Wilmut, il padre della pecora Dolly,

a parlare del futuro della clonazione, tra i 5.000 esperti che da domanifino al 1 settembre saranno riuniti a Roma al congresso mondiale dellaTransplantation society. Ad affrontare i temi di chirurgia dei trapianti,di immunologia, di xenotrapianti, di terapia genica contro il rigetto,saranno i massimi esperti del settore, tra i quali Thomas Starzl, il primoad aver effettuato un trapianto di fegato sull’uomo. A sottolineare l’im-portanza dell’evento, ai lavori congressuali parteciperà Giovanni PaoloII che il 29 agosto esprimerà, al Palazzo dei congressi, la posizione dellaChiesa cattolica in materia di etica sulla scienza dei trapianti e sulleconseguenze sociali derivanti da clonazione e trapianti da organi ani-mali. “Gli enormi progressi ottenuti nel corso di questi ultimi anni nelcampo dei trapianti – ha spiegato il presidente del Congresso, RaffaelloCortesini –, fanno della trapiantologia una delle scienze più importantidi questo inizio di terzo millennio. Siamo infatti di fronte ad una svoltaepocale per quanto riguarda il futuro dell’uomo. La rivoluzione dellabiologia molecolare, in particolare il progetto genoma, la possibilità diottenere organi partendo da cellule staminali sono traguardi non lonta-ni”. Tra i temi di maggior rilievo i trapianti di fegato da vivente, letecniche di ingegneria genetica applicate allo xenotrapianto e il control-lo del rigetto con nuovi e potenti farmaci immunosppressori. Il XVIIICongresso internazionale della Società dei trapianti sarà anche l’occa-sione per fare il punto sui progressi compiuti in Italia in merito alladonazione e ai trapianti, dopo l’avvio della legge dell’aprile del 1999.Secondo il Centro nazionale trapianti, nei primi mesi di quest’annosono evidenti i segni di un aumento delle donazioni, anche nel sudd’Italia. Tuttavia permane una forte differenza tra le regioni del nordche hanno raggiunto medie europee (20 donatori per milione di abitan-ti), quelle del centro (13) e del sud (5). In testa alla classifica dei donato-ri è l’Emilia-Romagna con 32 donatori per milione di abitanti. Amargine del convegno non mancheranno eventi sociali per promuoverela cultura della donazione. Reginald Green, il padre del piccoloNicholas, spiegherà l’importanza delle campagne informative, mentregli stilisti Fendi, Gattinoni e i cantanti Andrea Bocelli, Renato Zero ePatty Pravo daranno il loro contributo.

Il no del Papa alla clonazione umanaRoma, 29 agosto No alla clonazione umana, no al commercio di organi, sì alla donazio-

ne ma con la necessità del consenso informato e della certezza dellamorte del donatore. Il Papa ha oggi dettato quasi un decalogo dei

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trapianti, indicando quanto è moralmente lecito e quanto non lo è.“Ciò che è tecnicamente possibile, non è perciò moralmente ammissi-bile” ha ribadito oggi, ripetendo una frase che è tradizionale nel giu-dizio morale che la Chiesa cattolica dà alle conquiste del progresso,ma che sembra una risposta ai sì agli esperimenti di clonazione dati inquesti giorni da Blair e da Clinton. Se i politici hanno parlato di pro-gresso e forse pensato ai risvolti economici, il Papa ha proclamato il“rispetto della scienza” ma “soprattutto dell’ascolto della legge diDio”. A chi invoca la tecnologia ha opposto i diritti della teologia edella filosofia per la “difesa e promozione del bene integrale dell’uo-mo”, con le quali ha motivato i paletti che oggi ha messo. GiovanniPaolo II ha cominciato sottolineando il “grande valore etico” e la“nobiltà del gesto” di offrire una parte del proprio corpo. “Non si donasemplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé”. Proprio ilconcetto di “dono” rende “moralmente inaccettabile ogni prassi ten-dente a commercializzare gli organi umani o a considerarli come unitàdi scambio o di vendita. Sempre il concetto di dono di sé, nelle paroledel Papa ha “un’immediata conseguenza di notevole rilevanza etica: lanecessità di un consenso informato. La verità umana di un gesto tantoimpegnativo richiede infatti che la persona sia adeguatamente infor-mata sui processi in esso implicati, così da esprimere in modo coscien-te e libero il suo consenso o diniego”. Il prelievo, poi, se riguardaorgani vitali può essere fatto solo da un cadavere. E se “nessuna tecni-ca scientifica o metodica empirica” può accertare il momento nelquale l’anima lascia il corpo, la “cessazione totale e irreversibile di ogniattività encefalica” – alla quale la scienza fa riferimento per stabilire lamorte di una persona – “non appare in contrasto con gli elementiessenziali di una corretta concezione antropologica”. Sempre in nomedella tutela della dignità della persona e di “un ben inteso principio digiustizia”, Giovanni Paolo II ha sostenuto che la scarsità degli organida trapiantare deve far sì che nello stabilire le priorità per sottoporreuna persona al trapianto si usino solo “valutazioni immunologiche ocliniche” e non “logiche di tipo discriminatorio (età, sesso, razza, reli-gione, condizione sociale, eccetera) oppure di stampo utilitaristico(capacità lavorativa, utilità sociale, ecc.)”. Nessun problema, per ilPapa, né per l’uso di organi di animali (purché non incida sull’identitàfisica e psicologia della persona) o per quelli artificiali. Esaminato cosìl’esistente, Giovanni Paolo II ha guardato al cammino futuro dellascienza. Anche qui “occorrerà comunque evitare sempre quei sentieriche non rispettano la dignità e il valore della persona. Penso in parti-colare ad eventuali progetti o tentativi di clonazione umana, allo scopodi ottenere organi da trapiantare. Tali procedure, in quanto implicanola manipolazione e distruzione di embrioni umani, non sono moral-mente accettabili, neanche se finalizzate ad uno scopo in sé buono. Lascienza lascia intravedere altre vie di intervento terapeutico, che noncomportano né la clonazione né il prelievo di cellule embrionali,bastando a tale scopo l’utilizzazione di cellule staminali prelevabili inorganismi adulti. Su queste vie dovrà avanzare la ricerca, se vuole

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essere rispettosa della dignità di ogni essere umano, anche allo stadioembrionale”. In questa materia che mette in gioco la persona umanaGiovanni Paolo II ha infine rivendicato “l’apporto dei filosofi e deiteologi” e chiesto “a quanti hanno responsabilità sociali, politiche ededucative, un rinnovatoimpegnonelpromuovere un’autentica culturadel dono e della solidarietà”.

6.858 malati in attesa di un reneRoma, 8 ottobre Non più stime approssimative sul numero di persone che attendono un

trapianto: da qualche giorno il nostro Paese dispone infatti di un siste-ma di controllo informatico, in grado di fotografare in tempo reale lalista dei malati in attesa di un organo. Grazie alla collaborazione cheè stata avviata tra i centri regionali, interregionali e il Centro naziona-le trapianti presso l’Istituto Superiore di Sanità, oggi sappiamo che lepersone in lista per un trapianto di rene sono 6.858, anche se le iscri-zioni sono 9.747. Questo significa che 1.833 persone sono iscrittecontemporaneamente in più centri trapianto, probabilmente peraumentare le possibilità di intervento. “Fino ad ora – ha spiegatoAlessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti –, ilsistema delle liste ha funzionato in modo indipendente, per questo ènecessaria una maggiore armonizzazione tra i vari centri, attraversol’adozione di un insieme di regole condivise per costruire un sistemapiù equo, dando ad ogni cittadino che ne ha bisogno la possibilità diiscriversi dove ritiene, nel rispetto della libertà di scelta, ma non inmodo illimitato”. Dalla fotografia dei centri regionali e nazionale risul-ta infatti che i malati che attendono un rene sono 6.858, ma ognipaziente ha da 1 a 7 iscrizioni. 5.025 sono iscritti in un solo centrotrapianto, 2.318 sono le doppie iscrizioni, 1.278 hanno 3 iscrizioni,624 sono segnati in 4 centri, 310 in 5, 108 in 6 e 84 in 7. Dunque ilsistema va regolato meglio, nel rispetto della libera scelta del malato.Per questo gli esperti che fanno parte della Consulta NazionaleTrapianti dovranno trovare tra due settimane un accordo sulle regoleper accedere alle liste di attesa e decidere in quanti centri un cittadinopotrà iscriversi. “Ma il vero obiettivo – ha aggiunto Nanni Costa – èdare ad ogni malato una carta dei servizi con le informazioni sull’atti-vità dei centri: numero dei pazienti, tempi di attesa, risultati di soprav-vivenza. Tutto secondo la massima chiarezza e trasparenza”. Regoleche oggi sono differenti in tutta Italia. Lo dimostra la percentuale dipersone iscritte in lista nelle regioni: in Campania per esempio gliiscritti per milione di abitanti sono 180, in Veneto sono circa 70, men-tre la media nazionale è di 118. Per il trapianto di rene, come per altriorgani, si conferma l’esistenza di un fenomeno di migrazione da sud anord. Il 45% dei malati iscritti nella lista del NITP (Lombardia,Liguria, Veneto, Friuli e Marche) proviene da altre aree. Così ancheper l’AIRT (Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna) il 40% degli iscrittiproviene da zone diverse. Nell’Organizzazione centro sud trapiantisolo l’8% degli iscritti viene da fuori. L’unica soluzione per invertire la

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tendenza delle migrazioni dei malati, secondo gli esperti, è potenziarele donazioni nelle regioni meridionali. Il Centro nazionale trapianticonferma la tendenza positiva delle donazioni, che continuano a cre-scere (la media è oggi di 14 donatori per milione di abitanti rispetto al13,7 del 99), anche se non come ci si aspettava.

Primo trapianto al mondo per trattare la glicogenosiPadova, 21 novembre Nuovo primato medico per l’Ospedale di Padova, che ha eseguito il

primo trapianto in Europa di cellule del fegato e il primo al mondo perla cura della glicogenosi, una malattia congenita spesso ereditaria. Loha annunciato la direzione generale dell’azienda ospedaliera. Ilpaziente che ha ricevuto l’intervento si trova già nel periodo post ope-ratorio. “Ci rendiamo conto – spiegano i medici – di aver abbattutouna barriera e di aver aperto potenzialmente una nuova strada allaterapia delle malattie congenite nel nostro Paese”. L’operazione è stataeseguita da un’equipe medico-chirurgica composta da MaurizioMuraca, AntonioGerunda, AlviseMaffei, Alberto Burlina eGianpietroGironna. Si tratta di un progetto multidisciplinare coordinato dal capodipartimento trapianti di Padova, prof. Gianpietro Giron. La glicoge-nosi, nota anche come malattia di von Gierke, è caratterizzata dananismo, aumento di volume del fegato, ipoglicemia e talvolta ancheda insufficienza cardiaca e incapacità di metabolizzare gli zuccheri.

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Cuori buttati, il motivo è l’età dei donatoriMilano, 4 gennaio È l’innalzamento dell’età dei donatori la prima causa del mancato

utilizzo del cuore per il trapianto: spesso per lesioni coronariche risultanon idoneo. Dopo la denuncia fatta oggi, in un’intervista al Corrieredella Sera, da Mario Viganò, direttore del centro trapianti del SanMatteo di Pavia, Girolamo Sirchia ha spiegato perché ci sono “troppicuori inadatti”. “Il motivo – ha dichiarato il presidentedelNord ItaliaTransplant program (NITP) – sta nel cambiamento della popolazionedei donatori. Fra questi infatti, grazie a misure di prevenzione comel’obbligo del casco per i motociclisti, per fortuna sono diminuiti i gio-vani. Quindi, rispetto al passato, chi è disponibile al prelievo di organiè sempre più spesso un anziano e come tale generalmente ha problemicardiovascolari che non consentono il prelievo”. Secondo i dati delNITP, nel ’96 i donatori ultrasessantenni erano l’8% del totale mentrel’anno scorso sono stati il 25%. “Negli anziani il prelievo può avvenire– ha proseguito il professore – a patto che durante le sei ore di osser-vazione vengano eseguiti esami diagnostici sul cuore, come la corona-rografia. In pratica prima di prelevare bisogna essere sicuri che non cisiano lesioni alle coronarie”. Questa procedura dovrebbe essere laprassi, ma può capitare che qualche struttura non sia dotata deglistrumenti necessari o non sia in grado di fare questo esame in urgenza.“Dunque può accadere – ha continuato Sirchia – che l’organo inviatoal centro trapianti venga successivamente giudicato non idoneo e scar-tato dal chirurgo che deve eseguire l’intervento”. Cosa che però è rara,secondo Sirchia, perché di solito il medico si reca nell’ospedale doveavviene il prelievo per valutare di persona lo stato dell’organo ancorprima che venga prelevato. “È lo scotto che bisogna pagare – haaggiunto il professore – con perdite di tempo e spreco di risorseumane. Non c’è alternativa se non attrezzare tutti gli ospedali conservizi diagnostici di urgenza per questo tipo di esami, ma è irrealisticoe molto costoso”.

Eseguito il primo trapianto di rene in AbruzzoL’Aquila, 13 gennaio Compiuto stamani il primo trapianto di rene in Abruzzo, presso

l’ospedale San Salvatore dell’Aquila, unico centro della regione direcente autorizzato dal Ministero della Sanità. Sono abruzzesi sia ildonatore sia il trapiantato. L’organo espiantato nella notte all’ospedale

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di Teramo da un architetto di Giulianova (Teramo) morto per unaemorragia celebrale fulminante è stato impiantato su un aquilano di40 anni da molto tempo sottoposto a dialisi peritoneale. Il delicatointervento è stato effettuato dalla equipe aquilana, diretta dal prof.Antonio Famulari, responsabile del nuovo centro trapianti aquilano,insieme con il prof. Carlo Casciani, direttore del centro trapiantidell’Università di Roma Tor Vergata. Cominciato alle 9,30, si è con-cluso alle 14,30. Secondo i sanitari, tutto si è svolto regolarmente,senza imprevisti. Il paziente è ora ricoverato in terapia intensiva.Prima del trapianto, l’assessore regionale alla Sanità e vice presidentedella Giunta regionale d’Abruzzo, Rocco Salini, ha salutato lo staffche ha effettuato il trapianto. “Finalmente si avvera un sogno che ponefine al calvario di tante famiglie da anni costrette ai cosiddetti viaggidella speranza”, ha spiegato Salini che ha anche annunciato che nelmese di marzo a Chieti si procederà al primo trapianto di cuore esuccessivamente quello di fegato.

In 10 anni impennata di pazienti in attesa negli USAWashington, 23 febbraio È salito clamorosamente negli anni Novanta il numero dei pazienti in

attesa di un trapianto, nonostante nello stesso periodo di tempo laquantità di donatori in vita sia raddoppiata: a denunciare la cronicamancanza di organi per i trapianti in America ed a fornire le statistichesull’ultimo decennio è l’organizzazione USA “United Network fororgan sharing”. Tra il 1990 ed il 1999 il numero delle operazioni èsalito del 44%, ma alla fine del ’99 si registravano 72.110 pazienti inlista d’attesa per un organo: un numero triplo rispetto alle stime del1990. Conseguentemente, nello stesso arco temporale, il numero dellemorti tra i malati in attesa è triplicato. Quantoalledonazioni, se quel-le da cadaveri sono cresciute lievemente (più 3%), l’offerta di organi dapersone viventi è raddoppiata: nel 1999 4.712 persone hanno ‘regala-to’ organi. Il 20% non era in alcuna relazione familiare con i malati.

Servono più donatori di rene da viventeRoma, 8 febbraio “Nel settore dei trapianti, soprattutto per quelli di rene, occorre un

‘giro di vite’, e in Italia potrebbe partire un progetto nazionale peraumentare il numero degli interventi da vivente, permettendo anchealla popolazione di donare oltre ai familiari.” Lo ha dichiarato ilMinistro della sanità Umberto Veronesi illustrando alla commissioneparlamentare per le questioni regionali il piano sanitario nazionale2001-2003, approvato ieri in via preliminare dal Consiglio dei ministri.“Oggi – ha spiegato Veronesi – siamo limitati da norme che rendonopossibili i trapianti di rene tra familiari”, ma si potrebbe pensare dilanciare una campagna di donazione tra la popolazione, “creando unregistro come quello che esiste per il midollo osseo”. “Grazie alle tec-niche chirurgiche endoscopiche – ha spiegato il ministro – il prelievoda un vivente crea un disagio limitato e si potrebbe così risolvere l’at-

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tesa di migliaia di malati che per tre volte a settimana dipendono dalladialisi. Se negli Usa si eseguono circa 6-7mila trapianti di rene dadonatore vivente – ha aggiunto Veronesi – in Italia solo 60, mentre cisono 9 mila pazienti in attesa, in condizioni di vita dolorose e con uncosto enorme per il servizio sanitario. Nel nostro Paese in questi annic’è stato un aumento lento ma non significativo dei trapianti, si vaavanti lentamente: la ‘chiave di volta’ non è nella volontà delle personedi donare dopo la morte ma l’insufficiente efficienza nell’organizzazio-ne ospedaliera delle rianimazioni che non sono stimolate. Spesso perpigrizia, disinteresse o fatica non c’è una forte motivazione all’espiantoe al trapianto”.

Indagine del Senato, meno centri ma più organizzatiRoma, 7 febbraio Centri medici in grado di effettuare trapianti di tutti i tipi: si articola

su questo concetto la proposta che dovrebbe portare all’istituzione diunità trapiantologiche ‘totipotenti’ cioè in grado di effettuare tutti lesostituzioni d’organo e riorganizzare su questo modello la rete deicentri superando l’attuale frammentazione delle strutture. Questal’ipotesi formulata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulsistema sanitario di Palazzo Madama che proprio oggi ha approvato larelazione finale di un’indagine condotta sui centri nel nostro Paese.Secondo la commissione è necessario ridurre il numero dei 120 presidiospedalieri che attualmente sono sparsi sul territorio (74 al Nord, 23 alCentro e 23 al Sud e nelle isole) a non più di 30 creando una rete distrutture coordinate. Inoltre è indispensabile una riorganizzazionegenerale per portare l’Italia (13,7 donatori per milione di abitanti,pmp) ai livelli degli altri Paesi europei tra i quali si distinguono Spagna(33,6 pmp ), Austria (24,9) e Belgio (23,8). Il costo previsto per l’opera-zione non supererebbe i 200 miliardi di lire. Secondo il senatore DinoDe Anna, ordinario di chirurgia dell’Università di Udine e relatoredell’indagine: “I centri autorizzati e funzionanti si concentrano quasitutti nel nord Italia. Dovremmo invece averne almeno uno per ogniregione in grado di effettuare tutti i trapianti, un punto di riferimentoterritoriale. Riducendoli aumenterebbero il numero di interventi rea-lizzati. Nella stessa sede si potrebbe procedere contemporaneamenteal trapianto di più organi”. In questo modo anche il divario tra Norde Sud verrebbe eliminato in favore di un’equilibrata distribuzione sulterritorio e anche Regioni attualmente scoperte, come la Basilicata,potrebbero istituire un proprio centro. Secondo uno studio dell’Istitutosuperiore di sanità relativo al 1999, a cui la relazione fa riferimento, laprovincia autonoma di Bolzano è la regione leader in quanto a nume-ro di donatori con 28,3 per milione di abitanti, seguita da Toscana(26,9 pmp), Emilia Romagna (25,5) e il Veneto (22,7). Fanalini di codala Calabria 84,8) la Campania (3,5) e ultima la Sicilia (2,7). Il coordi-natore locale, il sevizio di rianimazione, e la campagna informativa edi sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica sono i trepunti di forza per istituire il nuovo assetto, individuati nel corso dell’in-

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dagine. Il coordinatore locale, già presente come figura nella legge91/1999 che ha dettato la nuova disciplina in materia di donazione edi trapianto di organi e di tessuti, è il medico che ha il compito digestire il processo che porta all’identificazione del potenziale donatoredi organi, alla richiesta del consenso da parte dei familiari e alle ope-razioni di prelievo. È necessario che sia una figura diversa dal chirurgoche effettua l’espianto. “I centri di rianimazione dedicati alla neurochi-rurgia – continua De Anna – sono fondamentali; un potenziale dona-tore non è un malato cronico ma molto spesso un paziente che haavuto un incidente; una volta in coma irreversibile, questi deve esseretenuto in osservazione, è prevista la terapia intensiva, dove viene osser-vato 24 ore su 24; dopodiché il paziente potrebbe guarire o volgereverso la morte, dunque questo è un momento cruciale e, in caso didecesso, l’intervento deve essere tempestivo. Occorre dunque prepara-re il personale, adeguare gli organici, soprattutto anestesisti e rianima-tori”. “L’abitudine all’idea del trapianto – conclude De Anna – èanche un fatto culturale: quando si chiede l’espianto nel nostro Paesesi ricevono il doppio di rifiuti rispetto al resto d’Europa”. Tuttaviasecondo i dati dell’Iss dal 1992 al 1999 si sono fatti grandi passi avantie si è registrato un progresso che va 5,8 donatori a 13,7. Quelli multi-organo tra il 1994 e il 1999 sono passati da meno di 400 unità all’annoad oltre 600.

Il dibattito sul registro donatoriRoma, 14 marzo Diverse le reazioni all’ipotesi del ministro Veronesi di creare un regi-

stro dei donatori di rene da vivente. Per Ignazio Marino, direttoredell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo (Ismett) l’ipotesipuò rappresentare, soprattutto in alcune Regioni, “una concreta alter-nativa all’espianto da cadavere”. Per Marino esistono anche altre vieper incentivare le donazioni da vivente senza correre il rischio dellacommercializzazione. “Penso alla creazione di un registro di donatoriincrociati. Supponiamo – ha spiegato Marino – che una madre desi-deri donare un rene al proprio figlio ma non sia compatibile. Perovviare a questa impasse, si potrebbe creare un registro dove inseriretutti i casi di questo tipo; successivamente, attraverso l’incrocio dei datiper individuare la compatibilità, si potrebbe procedere ad un vero eproprio scambio tra donatori e riceventi, ottimizzando in questo modole risorse e risolvendo i problemi dei pazienti e delle loro famiglie”. LaSicilia, ricorda Marino, è l’ultima Regione italiana per numero di pre-lievi da cadavere e allo stesso tempo l’Ismett lo scorso anno è stato ilprimo centro italiano per numero di trapianti di rene da donatorevivente, “una concreta via d’uscita per i pazienti”. PreoccupataVincenza Palermo, presidente dell’Aido (Associazione Italiana per laDonazione di Organi, tessuti e cellule), secondo la quale la propostapotrebbe determinare una battuta di arresto alla macchina organizza-tiva dei prelievi di organi da cadavere. Anche per Franca Pellini, pre-sidente dell’Aned, (Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e

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Trapianto) non va creata una contrapposizione tra donazioni davivente e da cadavere. “Sono due opportunità da offrire – ha spiegatoPellini – anche se nella donazione da vivente esiste un rischio di scivo-lo etico verso il commercio degli organi che fa paura. Per ora è neces-sario fare tutti gli sforzi necessari per incentivare la donazione dacadavere perché chi attende rene, cuore e fegato possa beneficiarne”.

USA, madre riceve due organi da due figliRoma, 22 marzo È un evento molto raro quello accaduto negli Stati Uniti, dove una

madre di 57 anni nel corso di un impegnativo intervento di trapiantoha ricevuto due organi (rene e una parte di fegato) dai suoi due figli.Lo rileva il professor Vincenzo Mazzaferro, responsabile della chirur-gia dei trapianti all’Istituto Tumori di Milano. “Nel caso della donnaamericana – ha spiegato Mazzaferro – si sono sommate una serie dicircostanze positive che hanno permesso il delicato intervento, undoppio trapianto di rene e fegato da donatore vivente. Ancor piùimpegnativo per complessità, effettuato in Corea – ha ricordato il chi-rurgo milanese – è stato riportato ad un congresso internazionale suitrapianti: una donna ha ricevuto da due figli una parte del loro fegatoche è stato poi ricostruito e trapiantato nella donna”. SecondoMazzaferro i trapianti da donatore vivente “sono senza dubbio unaimportante via che deve integrare la via classica del trapianto, cioèquella da cadavere. Ma attenzione a non enfatizzare questi interventi– ha aggiunto – che non sono esenti da rischi per il donatore e che nonpossono essere applicati nella routine”.

A Palermo doppio trapianto rene-pancreasPalermo, 18 maggio Un doppio trapianto per la sostituzione combinata di rene e pancreas

è stato eseguito la notte scorsa al Policlinico di Palermo nel reparto diChirurgia Generale, dell’Uremico e dei Trapianti, diretto dal professorMaurizio Romano. L’intervento, durato sei ore, è stato eseguito su unpaziente uremico cronico affetto anche da diabete mellito insulino-dipendente ed è il primo nel suo genere mai eseguiti in Sicilia e in tuttal’Italia meridionale. L’equipe medico-chirurgica ha iniziato a operareall’una di notte e ha concluso il doppio trapianto alle sette del mattino.L’intervento eseguito dal professor Romano, è perfettamente riuscito.Il paziente, G. R., di 26 anni, era in dialisi da circa dieci anni con gravidisturbi vascolari che l’avevano portato ad una grave forma di retino-patia con conseguenti disturbi alla vista.

Nuova frontiera, un rene a sieropositivoRoma, 28 agosto Un rene ad un sieropositivo: l’intervento apripista che farà sorgere

problemi etici, è avvenuto a Palermo suscitando la soddisfazione delleassociazioni impegnate nella lotta all’Aids ma anche un richiamo allacautela da parte di Girolamo Sirchia, per anni direttore del Nord Italia

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Trasplant program ed ora ministro della Salute che parla di “frontierama da gestire”. Ed un altro centro, quello del Policlinico di Modenainsieme al S. Orsola di Bologna, sta studiando la possibilità di trapian-ti di fegato sempre su malati sieropositivi per l’Aids. Con questa ope-razione, spiegano le associazioni Lila (Lega Italiana per la Lotta control’Aids ) ed Anlaids (Associazione Nazionale per la Lotta control’AIDS), cade simbolicamente una barriera che fino ad ora ha discri-minato i malati sieropositivi, ma Sirchia spiega che sarà la commissio-ne nazionale trapianti ad affrontare la questione con protocolli speci-fici. L’intervento, perfettamente riuscito, è stato eseguito un mese fanell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti di Palermo. L’uomo, che ègià stato dimesso, era in dialisi da cinque anni per un’insufficienzarenale. L’organo è stato donato dal padre, per aiutare il figlio costrettoa faticose sedute di dialisi aggravate dalla terapia antiretrovirale perl’Hiv. Il paziente si è rivolto all’Ismett in maniera del tutto casuale,attraverso Internet, dopo avere ricevuto una serie di rifiuti da parte dialtri centri”. Abbiamo deciso di eseguire il trapianto – spiega il profes-sor Ignazio Marino, direttore dell’istituto – dopo aver valutato le suecondizioni e verificato che non esistesse alcun tipo di controindicazio-ne clinica. Il malato è stato inserito in un protocollo clinico utilizzatoper questa tipologia di trapianto negli StatiUniti,aPittsburgheaSanFrancisco. Oggi la funzionalità dell’organo è buona, il paziente stabene. Non c’era nessun motivo valido dal punto di vista scientifico pernon offrire la stessa opportunità terapeutica di qualsiasi altra personaammalata di insufficienza renale”. Nel caso di Palermo erano presentitutte quelle condizioni cliniche che secondo gli esperti rendono possi-bile l’intervento: non deve esserci traccia del virus nel sangue e il livel-lo dei linfociti CD4 deve essere superiore a 200. “L’intervento in real-tà, – ha spiegato l’immunologo Ferdinando Aiuti – rappresenta unafrontiera sia sotto il profilo etico che scientifico. La terapia immuno-soppressiva necessaria dopo il trapianto può rappresentare un rischioper chi è stato attaccato da un virus che colpisce proprio il sistemaimmunitario. Ma ciò che i tecnici come Umberto Tirelli o l’ex ministrodella Sanità Rosy Bindi osservano, è che così si contribuisce a combat-tere il pregiudizio che fino ad ora, data la cronica carenza d’organi,non ha fatto mai entrare un sieropositivo in camera operatoria per untrapianto. Del resto, ha aggiunto Tirelli, questo tipo di interventopotrebbero essere eseguito su tanti altri pazienti, sempre che esistanole condizioni cliniche.

Trapianto di rene da donatore vivente in laparoscopiaBergamo, 12 maggio Un trapianto di rene, con prelievo da donatore vivente utilizzando la

tecnica chirurgica video-laparoscopica mini invasiva, è stato realizzatonei giorni scorsi agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Lo ha reso noto ladirezione del presidio ospedaliero rivelando che donatore e riceventesono due fratelli senegalesi di 31 e 37 anni. Il ricevente vive nel berga-masco, il donatore, che è già stato dimesso a Torino. Entrambi stanno

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bene. L’intervento è stato effettuato dall’equipe di Alessandro Bertani,Andrea Segalin e Bruno Gridelli. Questi ultimi due chirurghi avevanogià eseguito insieme un prelievo da donatore vivente, una signora di 37anni, il 19 gennaio scorso a Palermo. Il rene era stato poi trapiantatoal marito della donna dall’equipe di Ignazio Marino.

Da cordone ombelicale cellule anti-leucemiaWashington, 13 giugno Dal cordone ombelicale di neonati arriva un nuovo trattamento in

grado di stimolare la produzione di nuovo sangue, in adulti colpiti damalattie come la leucemia. La terapia, sperimentata con risultati pro-mettenti in America, consiste in un trapianto di cellule tratte dai cor-doni ombelicali in pazienti il cui midollo spinale ha smesso di produr-re correttamente i globuli del sangue. La tecnica, che aveva già mostra-to di funzionare sui bambini, sembra essere efficace anche se il dona-tore ed il ricevente non sono perfettamente compatibili. Un rapportopubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’ illustra i test con-dotti alla Case Western University di Cleveland su 68 malati di etàcompresa tra i 17 ed i 58 anni. Tutti colpiti da malattie gravissime delsangue. I tessuti prelevati dai neonati hanno indotto una nuova produ-zione di sangue nel 90% dei pazienti. A quaranta mesi dall’impianto19 pazienti erano vivi, 18 non avevano più tracce della malattia.Diciassette morti sono state attribuite ai trattamenti pre-intervento,che consistevano nella soppressione del midollo spinale mal funzio-nante tramite radiazioni e farmaci. Uno dei rischi più gravi del tratta-mento è il rigetto da parte dell’organismo dei pazienti che ricevono inuovi tessuti delle stesse cellule ‘estranee’. Il fenomeno si è manifestatonel 20% dei pazienti: ma il tasso di rigetto – osservano i ricercatori – èampiamente inferiore a quello che si registra con i trapianti di midollospinale. In questi casi le reazioni di rigetto oscillano tra il 35 ed il 55%dei casi.

Trapianto rene in Piemonte compie 20 anniTorino, 7 novembre Quasi 1500 eseguiti dal 7 novembre 1981 a oggi, di cui 31 da donato-

re vivente e gli ultimi undici (dal luglio 2000) eseguiti con tecnicalaparoscopica: questo il bilancio di venti anni di trapianti di reneall’ospedale Molinette di Torino, che dal ’95 è il centro che compie ilmaggior numero di trapianti di rene in Italia. Il primo interventovenne eseguito su una nomade che visse con l’organo trapiantato percinque anni. Nel 1986 fu introdotto il trapianto da vivente, e solomolto più di recente, il 30 novembre 1999, è stato inaugurato il doppiotrapianto, settore di cui il centro delle Molinette è leader italiano. Nel2000 infatti, ben 23 dei 40 doppi interventi eseguiti in Italia sono statifatti in questo ospedale. In collaborazione con l’infantile ReginaMargherita sono stati inoltre avviati i trapianti di rene in età pediatri-ca. Dal primo novembre del 2000 a oggi ne sono stati fatti sette, di cuidue doppi (rene e fegato). Il Centro Trapianti torinese è coordinato da

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Emilio Sergio Curtatoni, primario della divisione universitaria diImmunologia dei Trapianti. Gli interventi al rene avvengono sotto laregia del servizio di Nefrologia, coordinato dai professori GiuseppePiccoli e Giuseppe Segoloni.

Dulbecco: presto un cuore di maiale nell’uomoCernobbio (Co), 7 settembre Presto l’uomo avrà un cuore di maiale. Parola di Renato Dulbecco.

“Quel giorno non è lontano e la strada battuta in questo senso dallaricerca è ottima”. Il Nobel lo ha dichiarato parlando di trapianti degliorgani di animali all’uomo a margine dei lavori del workshopAmbrosetti in corso a Cernobbio dove è intervenuto ad un dibattitosulla genetica. “Il motivo per cui la grande speranza per i trapianti dicuore viene dal maiale – ha precisato – è che la taglia dell’animale edel suo organo sono compatibili con quella umana”. Dulbecco haanche osservato: “gli studi sui cuori dei maiali da utilizzare per tra-pianti nell’uomo sono molto avanzati, ed anche il problema del rigettosi va risolvendo. Questo può essere di due tipi: acuto-rapido e norma-le. Per quanto riguarda il primo, siamo a buon punto, è dovuto al fattoche i vasi sanguini del maiale hanno uno zucchero che nell’uomo nonesiste, ed è causa diinfezioni.“Tuttavia–haaggiunto a questo riguar-do – la ricerca ha ingegnerizzato questo elemento ed in pratica è orapossibile sostituirlo con uno zucchero che non scateni infezioni”. Restaperò da affrontare il rigetto normale: l’attuale obiettivo della ricercasui cuori dei maiali. Non si possono osare ora trapianti di questo tipo,il rigetto normale provocherebbe immediate reazioni, con infezionisoprattutto ai reni, ma siamo sulla buona strada”.

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Dimesso il primo uomo con il cuore artificialePavia, 6 gennaio Rino Fugoni, 65 anni, il primo uomo in Italia al quale è stato applicato

un cuore artificiale definitivo, è tornato ieri sera nella sua casa di Bore,un paesino della provincia di Parma. Ad accompagnarlo i due medicidella divisione di cardiochirurgia del Policlinico San Matteo di Pavia. “Ilpaziente è in ottime condizioni – ha sottolineato il professor MarioViganò, direttore della cardiochirurgia dell’ospedale di Pavia –. Ormaiè in grado di gestirsi da solo. Durante gli ultimi giorni di degenza haseguito un corso accelerato per imparare a cambiare le batterie esterne”.Quando ha varcato la porta di casa, Fugoni si è commosso. Insieme alui c’era Bruna Cenci, la moglie che gli è sempre stata al fianco durantei giorni della malattia e dopo l’intervento (effettuato lo scorso 22 ottobreal San Matteo). Rino Fugoni è stato abbracciato dai figli Paolo eRoberto, dalle nuore e dalle nipotine Chiara e Aurora. “Le sue condi-zioni generali – ha aggiunto Viganò – sono molto buone: il migliora-mento è evidente, soprattutto se si pensa allo stato in cui si trovaval’uomo prima dell’applicazione del sistema di assistenza ventricolareLionheart”. Sta bene anche l’uomo di 65 anni di Gussola (Cremona) alquale, lo scorso 13 dicembre, è stato applicato il secondo cuore artificia-le definitivo al Policlinico San Matteo di Pavia.

Xenotrapianti, successi per quelli di fegato in CinaRoma, 19 marzo In Cina, dallo scorso settembre sono stati effettuati con successo 12

xenotrapianti che hanno consentito ad altrettanti pazienti affetti da graviproblemi epatici di ricevere un organo nuovo di origine suina. È quantoha annunciato nei giorni scorsi l’agenzia Xinhua. I pazienti, di età com-presa tra i 30 e i 40 anni, sono stati sottoposti all’intervento al GulouHospital di Nanchino. Gli interventi – sottolineano gli scienziati – effet-tuati in collaborazione con il Life Research Institute dell’università loca-le, sono un primo traguardo di cinque anni di intensa ricerca.L’operazione è stata resa possibile grazie alla messa a punto di una inno-vativa tecnologia che ha recentemente ottenuto l’approvazione delleautorità sanitarie statali. Commentando l’intervento Qiu Fazu, dell’Ac-cademia Cinese delle Scienze, ha dichiarato: “A livello internazionalequesto tipo di ricerche è estremamente avanzato ed offre un valida alter-nativa al trattamento tradizionale, trapianti compresi, di gravi patologiedel fegato”.

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Il trapianto di midollo osseo è possibile tra ‘incompatibili’Perugia, 3 aprile Apre nuovi orizzonti per il trapianto di midollo osseo lo studio del ricerca-

tore perugino Andrea Velardi che dimostra come certe incompatibilità tradonatore e ricevente siano in realtà un vantaggio per la soluzione dellapatologia leucemica. La ricerca di Velardi (del team del professor FabioMassimoMartelli, della sezione di ematologia ed immunologia clinica dellafacoltà medica di Perugia) è stato pubblicato su ‘Science’, che le ha anchededicato l’editoriale. Inoltre è stata premiata all’ultimo congresso dellaSocietà europea di trapianto di midollo osseo, pochi giorni fa in Svizzera.La ricerca ha dimostrato che proprio la situazione più rischiosa per il tra-pianto di midollo osseo, quella da donatore incompatibile, è in grado para-dossalmente di scatenare benefiche reazioni immunologiche anti-leucemi-che, totalmente prive però di pericolo nei confronti del paziente. Il trapian-to di cellule staminali ematopoietiche (cellule ‘madri’ del sangue presenti nelmidollo osseo) ha rivoluzionato la terapia delle leucemie. I trapianti debbo-no essere fatti tra individui compatibili per certe caratteristiche tessutali.L’idea di base di questa forma di terapia è quella di combinare l’effetto diterapie tradizionali, quali le radiazioni ed i farmaci, con l’azione delle cellu-le del sistema immunitario del donatore (linfociti T) contenute nel trapianto,le quali riconoscono le differenze ‘antigeniche’ del ricevente ed eliminano laleucemia. Queste risposte immuni possono, tuttavia, avere anche effettidevastanti, con un’aggressione generalizzata contro i tessuti del ricevente, lacosiddetta ‘malattia da trapianto contro l’ospite’. Un problema aggiuntivoè il fatto che solo una quota (circa il 50 per cento) dei pazienti leucemicitrova una persona compatibile. Trapianti da donatori incompatibili sonostati tradizionalmente impossibili perché determinano una malattia da tra-pianto contro l’ospite, invariabilmente letale. Ma qualche anno fa, il teamdiretto dal professor Martelli ha reso possibili per la prima volta trapiantiincompatibili. Per far questo è stato necessario eliminare quasi completa-mente dal trapianto i linfociti T del donatore. L’impossibilità di utilizzare lecellule T del donatore come arma antileucemica lasciava prevedere che talitrapianti avrebbero avuto scarso effetto antileucemico. Lo studio del dottorVelardi ha considerato la possibilità che i trapianti incompatibili potesseroattivare un’altra forma di reazione immunitaria diretta dal donatore controil ricevente, e mediata dalle cellule Natural Killer (NK) del donatore, reatti-ve contro il ricevente. Questa reazione si è dimostrata indirizzarsi selettiva-mente contro le cellule del sangue del trapiantato, esercitando un forteeffetto antileucemico, potenziando l’attecchimento e non attaccando i tes-suti normali dell’ospite. I risultati clinici della ricerca di Velardi sono statiaddirittura superiori a quelli ottenibili con trapianti compatibili. Così percerte forme di leucemia ad alto rischio di ricaduta, piuttosto che un dona-tore compatibile, sarà vantaggioso scegliere tra i familiari del malato queldonatore che in base alle sue ‘differenze’ con il paziente assicura questa altapercentuale di cura.

Primo trapianto di cellule staminali nel cuore a PadovaVenezia, 3 aprile Un trapianto di cellule staminali prelevate dallo stesso paziente e iniettate

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nel cuore a torace aperto è stato compiuto nell’istituto di Cardiochirurgiadell’Azienda Ospedaliera di Padova. La prima applicazione clinicanell’uomo di cellule staminali è durata circa quattro ore ed è stata compiu-ta dal professor Gino Gerosa, dell’istituto diretto dal prof. Dino Casarotto.I particolari dell’intervento saranno resi noti nelle prossime ore.

Sì ai trapianti per i sieropositiviRoma, 30 aprile Via libera dalla Commissione nazionale Aids ai trapianti per i pazien-

ti sieropositivi. Approvato oggi un protocollo che per la prima voltastabilisce i criteri di selezione per includere i sieropositivi nelle liste diattesa. Per ora la decisione riguarda esclusivamente quello di fegato dadonatore morto. “È una grande conquista – ha dichiarato il vicepresi-dente della Commissione, Ferdinando Dianzani – e se questo esperi-mento pilota darà risultati positivi, naturalmente si potrà estendere”.Secondo il vicepresidente è probabile che i primi pazienti sieropositivipossano accedere alle liste di attesa già in estate. “È infatti verosimile– ha aggiunto – che l’iter possa essere piuttosto breve.” Il documentopotrebbe giungere all’esame del Consiglio superiore di sanità entro unmese e a quello della Conferenza Stato-Regioni nell’arco dei prossimidue. La scelta di limitare le possibilità di trapianto al fegato è, secondoDianzani, un primo passo molto importante di quella che egli stesso hadefinito ‘un’esperienza pilota’. “Una scelta – ha aggiunto – suggeritadall’effettiva necessita”, dei pazienti sieropositivi, considerando cheormai tra questi le morti dovute alle complicanze dell’epatite C, comecirrosi e tumori del fegato, sono ormai numerosissime. Grazie allenuove terapie anti-Hiv, infatti, la sopravvivenza è aumentata notevol-mente e nelle persone che hanno la doppia infezione, da Hiv e daepatite C, quest’ultima può diventare più pericolosa. Oltre all’emer-genza, a dettare la scelta è anche il fatto che l’obiettivo della decisioneapprovata oggi è verificare l’efficacia dei trapianti nei pazienti sieropo-sitivi. “È perciò necessario – ha sottolineato Dianzani – operare incondizioni di omogeneità”. Da un lato sono stati quindi individuati icriteri di selezione per i pazienti e dall’altro si è deciso di limitare iltrapianto al fegato da donatore cadavere. Dalle statistiche risulta infat-ti che il successo di quest’ultimo tipo di trapianto è del 90%, contro il60% del trapianto da donatore vivente. “Se i pazienti ricorresseroindifferentemente ad entrambe le possibilità non sarebbe possibileconoscere esattamente le cause degli eventuali insuccessi. Si è sceltocosì di muovere questo primo passo con molta prudenza e con criteridi rigore scientifico”. Tre i principali requisiti per l’inclusione deipazienti nelle liste di attesa: la diagnosi di Aids non deve risalire ameno di due anni fa, i pazienti devono avere almeno 350 Cd4 e, sesono in terapia, una carica virale non rilevabile. “La prudenza è d’ob-bligo. I trapianti nei sieropositivi – ha concluso – non sono affattoesperienze di routine. La maggior parte dei dati in materia provenien-ti dall’estero sono aneddotici e riguardano pazienti eterogenei e chehanno ricevuto trattamenti molto diversi”.

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Processo per i morti per epatite B, arriva la sentenzaPesaro, 8 maggio Impossibile condannare Lucarelli non avendo determinato come e

attraverso quale operazione si diffuse il virus. Questa, in sintesi, la moti-vazione della sentenza che ha mandato assolti dall’accusa di omicidiocolposo plurimo per le nove morti da epatite B l’ex primario del repartoEmatologia dell’ospedale di Pesaro Guido Lucarelli e l’ex direttore sani-tario Giovanni Fiorenzuolo. Inoltre, secondo il giudice VincenzoAndreucci – che ha racchiuso in 93 pagine il suo punto di vista – laProcura di Pesaro non ha considerato l’ipotesi dolosa, che invece era asuo parere molto più probabile di altre. Quanto alle ‘pre motivazioni’ dalui rese note il 4 febbraio scorso, con una procedura certamente irritua-le, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice monocratico spiega:“Avvertendo l’esigenza di fornire spiegazioni sugli aspetti più problema-tici della vicenda, nonché tenuto conto dell’indubbio impatto emotivodell’assoluzione, ho letto alcuni fogli di appunti. Inopinatamente il pub-blico ministero ha proposto impugnazione, ravvisando in tali appuntiuna motivazione contestuale della vicenda e deducendo l’abnormitàdell’atto...”. “Un capitolo è poi dedicato agli ‘errori’ della pubblica accu-sa: come sia avvenuto il contagio non si sa – osserva – ma la responsabi-lità penale implica l’individuazione di un evento. “Soltanto l’individua-zione della condotta che ha provocato il contagio – scrive Andreucci –può consentire di individuare le responsabilità penali, dell’operatore, deisuperiori, dei controllori”. Il non aver individuato il veicolo del contagio“non viene assunto come dato da cui trarre le conseguenze penalmenteappropriate, ma si pretende di superare l’impasse chiamando in causa lacontaminazione ambientale”. Per Andreucci il modello dell’accusa nonriesce ad escludere l’ipotesi che la colpa potrebbe “essere stata di unsingolo operatore (un infermiere, un medico, ecc...) con ben diverseconseguenze in ordine alla responsabilità dei superiori”. E anche se iconsulenti tecnici hanno fatto un gran lavoro, “nel processo penale leipotesi sono prive di rilievo se non sono pienamente verificate”.Andreucci non nega poi che ci sia stata una sottovalutazione, almenoiniziale, degli eventi da parte di Lucarelli e un atteggiamento di autosuf-ficienza di Ematologia a fronteggiare la tragedia. Lo stesso vale per ilcomportamento della direzione sanitaria, “caratterizzato da inerzia,almeno iniziale. Ma i ritardi e le carenze sul piano terapeutico e sanitarionon sono rilevanti per il decesso dei pazienti”. Rispetto alle ipotesi, quel-la del sabotaggio è per Andreucci più fondata della colposa. E ha sba-gliato il pm quando ha definito la tesi difensiva di Lucarelli “estrema-mente generica”. Lucarelli “indicò infatti, sia pure in termini ipotetici,movente, mandanti, esecutore, mezzi. “Questo bastava – rimarca il giu-dice – perché quella pista fosse affrontata con gli strumenti investigativinecessari, almeno per stroncarla sul nascere se ritenuta non attendibile...È da questo momento che le scelte investigative sia del pm della procuracircondariale sia del pm della procura del tribunale, appaiono inadegua-te a verificare l’ipotesi dolosa”. Nell’indagine, “mentre le parte colposaavrà pieno sviluppo, quella dolosa appare palesemente insufficiente,addirittura attendista nei confronti dello sviluppo dell’indagine colposa,

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con un’inversione logica sull’ordine dell’importanza dei suoi aspetti edelle urgenze investigative tipiche di un delitto doloso. Una singolarefilosofia investigativa...”. Riguardo al suicidio del portantino Guiducci, ilgiudice ribadisce che non si uccise per il prelievo cui fu sottoposto e cheinvece il suo atto è da collegarsi al confronto previsto per il giorno suc-cessivo alla sua morte. Ma il fatto di aver ammesso di essere entrato aEmatologia clandestinamente, passando da una finestra, è “di notevolerilievo”, come quello di aver effettuato fotocopie delle cartelle cliniche“conforta la credibilità della Carletti (l’infermiera superteste nel proces-so; ndr)”. “È ipotizzabile in una persona avente un tale carattere – con-tinua Andreucci sempre a proposito del portantino suicida – un senso diostilità e di rivalsa nei confronti del personale di Ematologia e non appa-re irragionevole che egli abbia posto in essere comportamenti non fina-lizzati a dare la morte ma semplicemente un disagio, magari la solapositività al virus B”. Il coinvolgimento di Guiducci “non comportanecessariamente quello di Valentini (un altro dei ‘nemici’ storici diLucarelli), che potrebbe essere stato chiamato come referente nei collo-qui del Guiducci con la Carletti per motivi soprattutto psicologici”. “Ledichiarazioni dell’ausiliaria sono connotate – sottolinea il giudice –dall’evidente trauma sofferto per la morte del Guiducci e per probabilisensi di colpa”. Andreucci, relativamente al procedimento della procuraper falsa testimonianza contro la Carletti e altri due testi, Vergoni e Amici,afferma che non sussistono elementi per considerarli non veritieri”.

Le liste di attesa sono ancora troppo lungheRoma, 15 maggio Le liste di attesa per i trapianti di organi in Italia sono ancora lunghe e

servono organizzazione e cultura della donazione. Anche gli avvisi pre-visti dalla legge sul silenzio-assenso informato per l’espianto non sonoancora stati inviati ai cittadini. Per questo, è necessario insistere con lecampagne di sensibilizzazione e attivarsi per colmare il divario tra norde sud del Paese, lontane nei numeri dei donatori e ancora protagonistedi “migrazioni” interne. È questa, in sintesi, la situazione descritta dalleassociazioni di donatori e trapiantati, che pur sottolineando il buonlivello raggiunto dall’Italia in ambito europeo, lanciano un appello aicittadini a donare. Prima tra tutte la mamma di Marta Russo.“In Italiamanca la cultura della donazione, eppure con un gesto semplice si pos-sono salvare tante vite umane”, ha spiegato Aureliana Iacoboni che,insieme al marito, ha fondato un’associazione di volontariato dedicataalla ragazza uccisa alla Sapienza da un colpo di pistola alla testa, i cuiorgani sono stati donati. “Serve – ha aggiunto – la conoscenza, l’essererassicurati sui tanti dubbi che si hanno, essere sensibilizzati”. Tra i pro-getti dell’associazione Marta Russo, una casa di accoglienza per i tra-piantati e le loro famiglie e di promuovere incontri con le scuole. “Oggisiamo ad un buon livello e dopo molti anni la media italiana è salita a17,1 donatori per milione di abitanti contro una media europea del16,5%”, ha commentato Vincenzo Passarelli, vicepresidente dell’Aido(Associazione Italiana per le Donazioni di Organi e tessuti). “Siamo

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usciti dal limbo – ha spiegato – grazie al lavoro organizzativo del Centronazionale trapianti, delle Regioni e la disponibilità dei familiari, maquesto non significa che le liste di attesa non siano ancora lunghe: 8.700pazienti aspettano”. E a livello regionale, ha proseguito, si continua aregistrare “una forte discrepanza” tra nord e sud del Paese. Sulla basedei dati del Centro nazionale trapianti, infatti, la media in EmiliaRomagna, in testa alla lista, è di 31,4 donatori per milione di abitanti(25,8 in Piemonte e Valle d’Aosta, 25,1 in Toscana) contro una media di5 in Basilicata, 5,4 in Calabria e 3,1 in Campania, ultima in classifica; laSicilia è invece passata da una media del 2,4 2 al 7,9. “A dimostrazioneche il punto fondamentale è l’organizzazione”, ha concluso Passarelli,aggiungendo che è “comunque importante sottolineare che oggi la mag-gior parte dei centri italiani è di eccellenza e i risultati a 5 anni dal tra-pianto sono superiori a quelli dell’Europa”. Diversa è la situazione perle donazioni di midollo osseo, dove – come ha confermato Beatrice Bosi,responsabile dell’Admo (associazione donatori di midollo osseo)Lombardia – “oggi vi sono 290mila donatori disponibili, con una per-centuale di rifiuto alla donazione quasi pari allo zero e un 40% deidonatori italiani che dona per pazienti all’estero”. Il livello raggiuntodall’Italia negli ultimi anni “passata dagli ultimi posti al sesto in Europa– ha spiegato Pio Bove, delegato del Tribunale per i diritti del malato peri Trapianti e coordinatore del Forum nazionale trapiantati – dipendemolto dall’organizzazione delle strutture sanitarie e in particolare dellerianimazioni. Fondamentale è la figura del coordinatore locale, in gene-re un medico rianimatore che si dedica a tempo pieno al reperimentodei donatori, seguendo passo dopo passo il processo del prelievo. Perquesto – ha concluso – le Regioni del sud hanno potenzialità enormi.L’importante è dotarsi di una organizzazione ottimale per non perdereil donatore”. “Il sud dovrebbe svegliarsi un pochino – ha detto AntonioScalvini, presidente dell’Anto (associazione nazionale trapiantati diorgani) – considerando che la media dei donatori è di 7 per milione diabitanti contro il 33 della Lombardia. Quando c’è da donare lo faccia-no, per loro, per gli altri. Mi auguro che il nord non smetta di foraggia-re il sud. Compito del meridione – ha concluso – è quello di mettersi alpasso. Le liste continueranno ad essere lunghe se continuano a mancarele donazioni”. In Sicilia, la situazione è migliorata a partire dal 1999,anno in cui è nato l’Ismett, l’istituto mediterraneo per i trapianti e leterapie di eccellenza, ha spiegato Antonino De Simone, presidentedell’Astrafe (associazione siciliana per il trapianto del fegato). “Questonon significa, però, – ha proseguito – che le richieste siano tutte soddi-sfatte. Molti pazienti continuano a rivolgersi, certo meno che nel passa-to, al nord o addirittura all’estero, in quel giro di migrazioni e viaggidella speranza che tutti ben conosciamo”. In Italia, ha aggiunto, “lestrutture e la competenza esistono, mancano gli organi. Il loro reperi-mento non è solo una questione della cultura, fattore dietro cui spesso cisi è trincerati, la vera carenza dipende dalla inefficienza delle rianima-zioni e dei servizi collegati”. Inoltre, ha sottolineato De Simone, “dalleAusl non sono ancora partite le richieste ai singoli cittadini per la legge

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sul silenzio-assenso informato: questo è gravissimo. Sono questi i motividella mancanza di organi”, ha concluso, aggiungendo che “per fortunaoggi anche per il fegato come per il rene si è aperta la strada per il tra-pianto da donatore vivente”. Dal 1999 ad oggi, l’Ismett ha eseguito intutto 103 trapianti di fegato e rene. “Poiché sono poche le donazioni –spiega l’istituto – è molto intensa l’attività di trapianto da donatorevivente. La Sicilia è infatti la prima regione in Italia per questo tipo diintervento al rene: normalmente – aggiunge – fatti gli esami necessari eottenuta l’autorizzazione del magistrato, nel giro di 2-3 mesi si riesce aportare a termine un trapianto di rene dadonatore vivente”.Attualmente,presso l’Ismett ci sono circa 100 pazienti in lista di attesa per il fegato, lametà per il rene. In attesa che venga attuato quanto previsto dalla leggesui prelievi e i trapianti di organi (L. 91/99), in base alla quale l’Ausl ètenuta ad inviare ad ogni singolo cittadino un modulo per assentire odissentire alla donazione degli organi (se recepito, il silenzio vale assenso,se non ricevuto il silenzio vale dissenso), ci sono altre due possibilità peresprimere la propria posizione. È infatti possibile recarsi presso l’Asl efare una dichiarazione di volontà, dare in altre parole dare il proprioassenso o dissenso alla donazione, oppure compilare una dichiarazioneautografa. Nel caso di silenzio, è richiesta le non-opposizione dei paren-ti, ha inoltre spiegato Bove. “Oggi – ha aggiunto – sono state raccolteoltre 21mila manifestazioni di volontà, il 73% delle quali esprimono il sìalla donazione. Un dato – ha sottolineato – che rappresenta un succes-so”. La legge non è stata ancora attuata, “perché ancora non esisteun’anagrafe sanitaria informatizzata a livello nazionale nè un documen-to sanitario elettronico in cui inserire la notifica. Ciò sarà possibile tra unpaio di anni”. Ma al di là dei grandi numeri, ha concluso, “va ricordatoche la gente continua a morire, che l’attesa per un trapianto è dura, chefinito questo calvario inizia un’altra lotta, ogni giorno con i farmaci anti-rigetto, i controlli e l’immunosopressione”.

USA, più donatori viventi che cadaveriRoma, 20 maggio Sono state 6.439 le persone che nel 2001, negli Stati Uniti, hanno dona-

to parte del proprio fegato per consentire un trapianto contro le 6048donazioni giunte da cadaveri. Il dato è stato reso noto stamattina duran-te un convegno, promosso da centro Trapianti del policlinico UmbertoI di Roma, dal professor Raffaello Cortesini, pioniere dei trapianti inItalia e ora in anno sabbatico alla Columbia University di New York. “Ildato – ha sottolineato Cortesini – indica una sensibilità sempre maggio-re nell’opinione pubblica americana verso la donazione di una parte difegato a persone malate e rappresenta un segnale di speranza anche perl’Italia, dove nel 2001 sono stati eseguiti 32 trapianti di fegato da viven-te contro i 790 di tipo tradizionale. Siamo sicuri – ha spiegato il profes-sore – che, integrando i due tipi di donazione, anche in Italia si avrà neiprossimi anni il raddoppio del numero dei trapianti con un abbattimen-to delle liste di attesa perché l’opinione pubblica si renderà pian pianoconto che la donazione da vivente è un gesto di generosità con il minimo

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rischio ed il massimo risultato”. “L’importanza dei trapianti di fegato davivente – ha continuato Cortesini – risiede anche nel fatto che sonoinferiori le possibilità di rigetto. Nell’esperienza internazionale, soprat-tutto in Giappone si è visto che nei trapianti di fegato da vivente è piùfacile ottenere la tolleranza: più del 50 per cento dei pazienti trapiantatida oltre 2 anni non fanno più immunosoppressione e questo vale, si ènotato, sia nei bambini sia negli adulti e sia nel caso che il trapiantoavvenga da consanguineo che da estraneo”. La riuscita del trapianto davivente è dimostrata anche nei casi italiani visto che ad un anno dall’in-tervento il 70 per cento dei trapiantati sta bene e non c’è stato alcun casodi mortalità nei donatori. “Anche il policlinico Umberto I – ha spiegatoil responsabile del centro trapianti del policlinico romano, PasqualeBerloco – è in prima linea nell’utilizzo di questa tecnica con due trapian-ti da vivente effettuati con risultati più che soddisfacenti. Integrare i duetipi di trapianti sarà il modo per venire incontro alle richieste sempremaggiori di trapianti visto che ogni anno solo nel Lazio sono 1300 inuovi malati epatici, dei quali una percentuale tra il 10 ed il 20 per centoavrà bisogno di ricevere un organo nuovo”.

Nati i maiali anti-rigetto, entusiasti i ricercatoriRoma, 22 agosto “È straordinario il passo in avanti che ha segnato la nascita dei quattro

maialini privi di entrambi i geni che provocano il rigetto nel caso ditrapianto da animale a uomo.” Ha commentato così la notizia diffusaoggi dalla Ppl Therapeutics il direttore dell’Istituto mediterraneo tra-pianti, Ignazio Marino. “La possibilità di avere a disposizione maialinigeneticamente modificati privi di entrambe le copie del gene che provo-ca il rigetto (chiamato alfa 1,3 galactosiltransferasi) – per il direttore –rende ormai molto vicina la possibilità di trapiantare organi di maiale inesseri umani.” Entusiasta anche il commento del direttore del laborato-rio di Biologia dello sviluppo dell’università di Pavia, Carlo AlbertoRedi, per il quale si apre davvero l’opportunità degli xenotrapianti.Finora la presenza del gene del rigetto era considerata un vero ostacolo:era sufficiente che il sangue umano venisse a contatto con gli zuccheriprodotti dal gene perché riconoscesse l’organo come estraneo: il rigettoera immediato, nell’arco di due o tre minuti l’organo diventava bluastroe moriva. È quanto hanno osservato, in Francia e in Gran Bretagnaall’inizio degli anni ’60, i primi chirurghi che hanno trapiantato nell’uo-mo il cuore e il rene di un maiale. Le speranze del mondo della ricercasi erano accese già dopo che, nel gennaio scorso, era stata annunciata lanascita di maialini privi di una sola copia del gene del rigetto (ossiaknock-out per quella copia del gene). “Tutto faceva sperare nella possi-bilità di avere presto a disposizione animali doppiamente knock-out. Eadesso che questo obiettivo è stato raggiunto, teoricamente – ha prose-guito – non si dovrebbe manifestare alcuna reazione di rigetto iperacutose del sangue umano viene fatto circolare all’interno dell’organo. Siaprono almeno due strade, che dovranno fornire la conferma definitivadella sicurezza prima di trasferire un organo di maiale in un essere

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umano. La prima possibilità consiste nel trapiantare un organo di maia-le (ad esempio un rene) in un primate. La seconda potrebbe essere farcircolare del sangue umano all’interno di un organo di maiale. Se non siosserverà nessuna reazione di rigetto, allora si avrà la sicurezza e si potràrichiedere l’autorizzazione per il trapianto sull’uomo”. Unico fattorelimitante – ha continuato Marino – è quanto possa essere difficile pro-durre maialini con queste caratteristiche. Ma se si supererà anche questoostacolo, non ci saranno altri dubbi. È infatti un argomento debole quel-lo secondo cui, con il trapianto, virus del maiale potrebbero essere tra-smessi nell’uomo. Si tratta di fare una scelta fra il dato certo di 40-50morti al giorno, tra Europa e Nord-America, di persone in attesa ditrapianto, e l’ipotesi non provata in alcun modo della potenziale trasmis-sione di virus da maiali a uomo”. Anche per Redi “non c’è alcuna evi-denza del passaggio di virus da maiale a uomo. Quella degli xenotra-pianti – ha detto – è invece una strada promettente, che va seguita eincoraggiata. Non si può bloccare la ricerca per timori infondati. Siamodi fronte a un settore che può dare luogo a discussioni bioetiche profon-de e da non lasciare in alcun modo all’improvvisazione. I timori – hacontinuato – riguardano piuttosto la possibilità di portare avanti questericerche anche in Italia, considerando il recente blocco dei finanziamen-ti relativi al Fondo per gli investimenti nella ricerca di base (Firb) dalquale, nel giugno scorso sono rimasti esclusi anche progetti su trapiantie xenotrapianti”.

Australia, fegato da padre a bambinoSydney, 17 settembre Gli esperti di medicina in Australia elogiano il successo di un’operazione

di trapianto di fegato, descritta come ‘apripista’ ed eseguita nell’ospeda-le pediatrico di Westmead a Sydney. I chirurghi hanno innestato partedel fegato sano di un uomo in quello malato del figlio di nove anni. Eaffermano che l’operazione ha salvato la vita al piccolo Mason Dixon diPort Macquarie, una città costiera 350 km a nord di Sydney. L’organomalato del piccolo aveva subito un collasso all’inizio di agosto. Cinquegiorni dopo l’equipe chirurgica guidata dal prof. Hans Schlitt ha impian-tato con successo parte del fegato del padre in quello criticamente mala-to del figlio, in un intervento durato 15 ore. L’operazione, resa nota oggidalla radio Abc, è la prima del genere eseguita in Australia e solo laseconda al mondo – la prima fu realizzata in Giappone cinque anni fa.Il prof. Schlitt ha affermato che l’intervento consentirà al fegato delragazzo di rigenerarsi, e ha previsto che l’organo potrà tornare a funzio-nare di nuovo entro due anni.

Primo trapianto di menisco a MilanoMilano, 15 ottobre Trapianti di menisco: in America sono 4.500 l’anno, in Italia il primo

intervento del genere lo ha fatto ieri all’Istituto Ortopedico Galeazzi diMilano il prof. Roberto D’Anchise, in collaborazione col prof. CarloFabbriciani, dell’Università di Sassari. Paziente è stata Anna, 36 anni, di

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Santa Margherita Ligure (Genova), una giovane donna sportiva che hacominciato ad avere problemi di menisco all’età di 17 anni giocando acalcio e a tennis. Ma dopo la prima operazione (meniscectomia mediale)ha percorso una lunga via crucis attraverso cinque altri interventi. “Enessuno di essi – racconta oggi, dopo essersi già alzata in piedi (con lestampelle) a sole 24 ore dall’operazione – è stato risolutivo: avevo doloricontinui e almeno una volta l’anno il ginocchio mi si gonfiava e all’improv-viso si bloccava”. Senza quella piccola fibrocartilagine che fa da cuscinettoall’interno dell’articolazione e distribuisce il carico tra femore e tibia, l’in-fiammazione era continua. Anna lavorava dando una mano al fratello,che a Lavagna (Genova) ha un cantiere nautico, con ricovero barche,riparazione e costruzione. “E salire e scendere dalle barche – afferma –non era certo l’ideale per il mio ginocchio. Ma proprio in cantiere hoconosciuto il prof. Zerbi, di Milano, un’autorità in materia, che mi haconsigliato di rivolgermi al prof. D’Anchise al Galeazzi”. Ed è stata anchetempista, Anna, perchéD’Anchise da tempo pensava al trapianto di meni-sco, intervento eseguito per la prima volta in Germania nel 1984, che hapoi avuto fortuna negli Stati Uniti, dove negli ultimi anni è stata ancheaffinata la tecnica operatoria. Gli ultimi dati erano anche estremamenteconfortanti: un intervento coronato da successo nel 75-95% dei casi valu-tati dopo cinque anni, che non comporta nemmeno una terapia immuno-soppressiva, perché “la risposta immunologica c’è, ma è molto modesta”.Il menisco mediale da trapiantare è stato richiesto in un primo tempo allabanca dell’Istituto Rizzoli di Bologna, “ma le misure devono essere moltoprecise – ha affermato l’ortopedico – e tra i menischi disponibili non c’eraquello della misura di cui avevamo bisogno. Su autorizzazione dello stessoRizzoli e del Centro Nazionale dei Trapianti ci siamo rivolti a una bancad’organi americana, che venerdì scorso ci ha mandato, sotto ghiaccio ilmenisco richiesto”. Il menisco da trapiantare – ha spiegato D’Anchise – ècompleto del ponte osseo sottostante: l’intervento consiste nel modellare,nell’osso del paziente, l’alloggiamento del ponte osseo in modo da poterloinserire a pressione, insieme al menisco. L’intervento è stato completatodal prelievo di una piccola porzione di cartilagine della paziente stessa perla coltivazione di cellule cartilaginee che, con una tecnica innovativa, ver-ranno successivamente reimpiantate nella zona esterna della cartilaginedanneggiata del femore. L’importanza di questo intervento, secondo ilchirurgo ortopedico, è legata al fatto che “le lesioni meniscali sono moltofrequenti e richiedono nella maggioranza dei casi trattamenti chirurgicimolto complessi e con alto rischio di usura dell’articolazione e conseguen-te pericolo di artrosi”. Spesso ad avere problemi di menisco sono i cam-pioni sportivi. Questo intervento può essere una soluzione per loro? “Lasignora Anna spero possa tornare a giocare a tennis o a calcio, ma a livel-lo amatoriale. Al contrario, la sollecitazione imposta al menisco trapianta-to dai muscoli di un atleta professionista alza notevolmente il rischio diinsuccesso. Questo non è un trapianto per professionisti”.

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Primo trapianto di fegato senza trasfusioneRoma, 14 gennaio È una donna, di 57 anni, la paziente, appartenente ai Testimoni di

Geova, che per la prima volta in Italia ha subito un trapianto di fegatoda vivente senza trasfusioni di sangue. L’intervento è stato realizzato nelmese di dicembre al policlinico Umberto I di Roma ma reso noto solooggi dalla direttrice sanitaria Rossella Moscatelli. L’operazione, eseguitada due equipe della II clinica chirurgica, diretta dal professor PasqualeBerloco, è durato 8-9 ore tra il prelievo e il trapianto e si è svolto con ilmetodo del recupero intra-operatorio di sangue della paziente stessa. Agarantire che il trapianto si svolgesse senza trasfusioni di sangue, praticanon ammessa dai Testimoni di Geova, è stato un membro della comu-nità religiosa presente in camera operatoria anche se “dalla paziente –ha spiegato Berloco – avevamo ottenuto il benestare che in caso dirischio di vita avremmo provveduto a trasfusioni di sangue”. La donatri-ce è stata la figlia, di 26 anni, il cui fegato è stato giudicato compatibiledopo che entrambi i figli della paziente avevano espresso la disponibilità.“La paziente – ha spiegato Berloco – era da tempo in lista di attesa perricevere un trapianto da cadavere, ma l’organo non era disponibile. Ifigli hanno dato la disponibilità al prelievo e così dopo test di compatibi-lità ed uno studio di valutazione psicologica abbiamo scelto la figlia. Aquanto mi risulta è il primo trapianto di fegato senza trasfusione mentrela tecnica è collaudata per il trapianto di reni: all’Umberto I ne abbiamogià eseguiti 16 su testimoni di Geova”.

Xenotrapianti, un nuovo metodo previene il rigettoRoma, 14 gennaio Abbattuta una delle barriere più critiche degli xenotrapianti: il rigetto

iperacuto che provoca la distruzione dell’organo nell’arco di pocheore. I ricercatori della University of Pittsburgh, in collaborazione concolleghi di aziende private, sono infatti riusciti a portare a termine consuccesso il trapianto di tessuto, prelevato da un maiale geneticamentemodificato, in un topo il cui sistema immunitario era stato reso similea quello umano. L’intervento è stato reso possibile bloccando, tramitemanipolazioni genetiche, la produzione del galattosio, uno zuccheroestraneo all’uomo presente solo nelle cellule animali. “Nella piccolacavia – si legge in un articolo pubblicato sul sito www.scienceexpress.org, una versione on line della rivista scientifica Science – non è stataregistrata alcuna reazione di rigetto”.

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Trapianti di rene, in Sicilia superata la soglia interventiPalermo, 23 gennaio Il centro trapianti di rene dell’Azienda Ospedaliera Civico di Palermo,

è l’unica struttura siciliana ad avere superato la soglia minima di inter-venti (30), fissata dal Ministro della Salute, Girolamo Sirchia, comesoglia di economicità e di efficienza. Con i 34 trapianti eseguiti nel2002, e i 32 nel 2001, l’Ospedale Civico precede gli altri tre centridell’Isola e supera anche i numeri di qualificate strutture ospedalierecome il San Raffaele di Milano (23 trapianti), il Policlinico San Matteodi Pavia (12), il Policlinico di Napoli (21), e quello di Modena (23). Idati sull’andamento di donazioni e trapianti sono stati resi noti dalMinistro della Salute. Anche sul piano della qualità dei risultati, ilcentro trapianti di rene del Civico, ha ottenuto un buon piazzamento:il 95% di sopravvivenza dei pazienti, e il 90% di sopravvivenza dei renitrapiantati; percentuali, dunque, migliori di quelle ottenute da moltialtri centri del sud, (Cagliari, Napoli, Catanzaro, il Policlinico Gemellidi Roma) e da strutture di altre città italiane, come Firenze, Brescia,Udine, Verona, Vicenza e Treviso. Il Ministero della Salute, per valu-tare la qualità dell’attività svolta dai vari centri, ha preso in considera-zione il numero degli interventi effettuati, la mortalità dei pazienti e lapercentuale di funzionamento degli organi trapiantati. È stato calcola-to anche il grado di complessità degli interventi di ogni centro, facendoriferimento alla condizione del ricevente (più o meno a rischio di com-plicanze al momento del trapianto), e il tipo di donatore (età, cause deldecesso, funzione renale al momento dl prelievo). Proprio ieri all’Ospe-dale Civico, è stato trapiantato un rene ad un uomo di 52 anni, diNaro, V.C. L’uomo, da sei anni era sottoposto a dialisi. Il donatore èun catanese di 22 anni, F.C., morto in un incidente stradale. Un altrotrapianto è stato eseguito il 20 gennaio su un paziente di 56 anni, diMonreale, in dialisi da oltre dieci anni. Il direttore generale dell’Azien-da Ospedaliera Civico, Francesco Licata di Baucina, e il direttoresanitario, Giovanna Volo, esprimono soddisfazione “per i risultati d’ec-cellenza del centro trapianti di rene del Civico, che affermano l’ospe-dale come leader in Sicilia, ma anche a livello nazionale”.

Gli organi di una piccola donatrice a 3 bimbi romaniVerona, 12 febbraio Sono stati donati gli organi di una bambina di sette anni, deceduta a

Verona due giorni fa nel reparto di terapia intensiva pediatricadell’Ospedale Civile Maggiore di Borgo Trento, a Verona. La dona-zione ha consentito il trapianto di cuore, fegato e reni in tre bambiniromani, per i quali ora si apre una nuova prospettiva di salute e di vita.La piccola donatrice era stata ricoverata il 2 febbraio in gravissimecondizioni per le conseguenze di un incidente accaduto in piscina. Labambina non si era più ripresa, nonostante ogni sforzo dei medici persalvarla. “La donazione – ha sottolineato una nota dell’Azienda ospe-daliera di Verona – è stata resa possibile non solo dal consenso altrui-stico dei genitori, ma anche dall’intensa collaborazione fra gli opera-tori dell’Ufficio di coordinamento per il prelievo degli organi, il perso-

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nale medico ed infermieristico di terapia intensiva pediatrica e glioperatori del Nord Italia Transplant”.

Un fegato per un giovane sieropositivoRoma, 4 marzo Luca, un giovane sieropositivo di Bergamo, ha subito un trapianto di

fegato questa notte al Regina Elena di Roma da Eugenio Santoro. Sitratta del secondo intervento di fegato su un sieropositivo (il primo erastato realizzato dallo stesso Santoro ad agosto) e del terzo trapianto suun sieropositivo perché il primo in assoluto è stato realizzato daIgnazio Marino con un impianto di rene. L’organo per Luca è arriva-to da una signora di Como di 60 anni. Lo scorso mese si era mobilita-ta l’opinione pubblica. Il giovane era stato anche ospite di MaurizioCostanzo e nel corso della trasmissione era stato rivolto un appello alministro della salute Girolamo Sirchia che rispose, assicurando cheavrebbe fatto il possibile per accelerare le pratiche per il trapianto difegato del giovane. La notizia è stata resa pubblica da Rosaria Iardino,esperta di problemi dei sieropositivi in commissione nazionale Aids.“Quando si mobilita l’opinione pubblica – ha spiegato Iardino – e sidenuncia un’ingiustizia, fortunatamente il problema si risolve. Ma nonè finita. Non si riesce a capire il motivo per cui nei centri trapianto diModena, Palermo e Genova non si riuniscono i comitati etici perdiscutere il problema dei trapianto in persone sieropositive”. A quantorisulta l’intervento si è svolto in modo regolare e le condizioni del gio-vane bergamasco sono soddisfacenti anche se ovviamente in prognosiriservata.

Le nuove sfide a 50 anni dal primo trapiantoBoston, 15 maggio A cinquanta anni dal primo trapianto di organo da vivente con esito

positivo – quello di rene effettuato a Boston nel 1954 da JosephMurray tra due gemelli – nuove sfide attendono un settore che, siapure in sensibile crescita per numero di donazioni, vede ancora miglia-ia di pazienti in attesa di un nuovo organo nella speranza di ricomin-ciare una vita ‘normale’. Frontiere che prendono il nome di xenotra-pianti, ovvero il trapianto d’organo da animale all’uomo, di cellulestaminali per la rigenerazione dei tessuti o di organi artificiali perfetta-mente equivalenti a organi umani. Sfide per il futuro delle quali sidiscute all’American Transplant Congress, uno degli appuntamentiannuali (giunto alla sua quinta edizione) più attesi dagli specialisti delsettore, che si è aperto oggi a Boston. Patrocinato dall’AmericanTransplant Society e dall’American Society of Transplant Surgeons, alCongresso americano sui trapianti partecipano specialisti da tutto ilmondo. Ma nell’anno del cinquantenario del primo trapianto di unorgano solido effettuato con successo, proprio a Boston, quali sono leprospettive future e gli ostacoli ancora da superare? A fare il punto èl’immunologo Gianni Ippoliti, primario di Medicina interna all’ospe-dale di Voghera e docente alla Università di Pavia, a Boston per il

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meeting mondiale. “Dal 1954, quando Murray eseguì il primo tra-pianto di rene da vivente con successo tra due gemelli identici di 23anni – ha affermato Ippoliti – molta strada è stata fatta, soprattutto perevitare il rigetto dell’organo trapiantato”. Nel caso dei gemelli trapian-tati da Murray infatti, essendo identici, ha spiegato l’esperto, “il rigettonon ha rappresentato un problema, poiché il rene del gemello donato-re è stato ‘riconosciuto’ dal gemello ricevente, senza dunque innescarela reazione di rigetto. Su questo fronte, una svolta decisiva – ha sotto-lineato – si è avuta 20 anni fa grazie alla ciclosporina, il primo farma-co che è riuscito a controllare la risposta del sistema immunitarioriducendo drasticamente il rischio di rigetto e la mortalità tra i pazien-ti trapiantati. Da allora, molti progressi sono stati fatti ed oggi – harilevato Ippoliti – sono disponibili farmaci mirati che agiscono seletti-vamente sul sistema immunitario e con ridotti effetti collaterali. Ciò hapermesso di ridurre notevolmente il rischio di rigetto acuto (nel primomese dal trapianto) mentre resta ancora il problema del rigetto croni-co, vale a dire, il controllo del lento processo con cui il sistema immu-nitario, nonostante l’azione dei farmaci, tende a minare la funzionalitàdell’organo trapiantato nel tempo”. Sul fronte farmacologico, dunque,la sfida del futuro sarà mettere a punto farmaci sempre più efficacicontro il rigetto cronico e gli effetti di lungo periodo dei trapianti. Masono anche altre le frontiere alle quali gli esperti stanno già lavorando.Indubbiamente, anche per far fronte alla necessità di un numero sem-pre maggiore di organi, “una delle scommesse per gli anni a venire –ha sottolineato Ippoliti – è rappresentata dalla possibilità di impiegarele cellule staminali per la produzione di tessuti specifici, sino ad arriva-re alla rigenerazione di determinati organi. Ma questo obiettivo èancora molto lontano”. “Le cellule staminali infatti – ha rilevatol’esperto – sono oggi facilmente impiegabili, ad esempio, nel trapiantodi midollo osseo, ma per organi come il cuore, il fegato o il rene, lastrada da percorrere è molto lunga”. Un’altra via, secondo l’immuno-logo, è quella di incentivare i trapianti da vivente, anche se in questocaso “esistono dei limiti e, comunque, il trapianto è possibile solo peralcuni organi come il rene e il fegato”. Ma “il grande capitolo di svi-luppo per il futuro – secondo Ippoliti – è rappresentato dagli xenotra-pianti”. Il tutto si basa su un meccanismo preciso, ha spiegato: “Nellecellule dell’animale prescelto come donatore, ad esempio il maiale,vengono immessi dei geni capaci di controllare le risposte immunitariedella specie sulla quale si vuole effettuare il trapianto. In questo modo,si creano delle cellule ‘condizionate’, che in parte saranno riconosciutedal ricevente; dunque, perché il trapianto abbia successo, sarà necessa-ria solo una lieve azione immunosoppressiva”. Restano però ancoravari scogli da superare: fattori etici, religiosi, ma anche di tipo medicoper il rischio di trasmissione di malattie da una specie all’altra.Ciononostante, ha ricordato Ippoliti, “un primo tentativo di xenotra-pianto è stato effettuato nel 1984, quando il cuore di un babbuinovenne trapiantato su una bambina che morì, però, poco dopo. Non sipuò dunque ancora dire quando il trapianto da animale ad uomo

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diventerà una realtà”. Un altro capitolo, infine, potrà caratterizzare latrapiantologia del futuro, quello degli organi artificiali. Oggi sono giàutilizzati prototipi di cuore o fegato artificiali, ma il loro impiego èlimitato a casi particolari ed a periodi di tempo ridotti. “L’obiettivo –ha concluso Ippolito – è quello di mettere a punto organi artificialidurevoli nel tempo, dalle giuste dimensioni e con requisiti tecnici adoggi non ancora raggiunti”.

Per i piccoli attese di 3 mesi per un fegatoRoma, 7 giugno È alta la sopravvivenza per i bambini trapiantati al fegato: oltre l’80%

con una attesa media di tre mesi. A osservare che fortunatamente ipiccoli non sono costretti ad aspettare tempi troppo lunghi è il diretto-re del centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, che ricordaun altro intervento record in Italia realizzato un anno e mezzo fa aBergamo su una bimba di soli 2 mesi. La differenza è che il caso diallora riguardava un trapianto con il fegato donato da cadavere, men-tre oggi l’organo è arrivato da un vivente e precisamente dal padre. Perentrambi però è stata utilizzata la stessa tecnica, la cosiddetta split: illobo sinistro del fegato, quello più piccolo, quindi solo una porzionedell’organo, viene impiantato nel bambino. Quando si tratta di unorgano che arriva da un donatore morto la parte destra del fegato, piùgrande, viene utilizzata per un paziente adulto. In Italia la tecnica è giàutilizzata con successo da diversi anni e, anche grazie a essa, oltre aduna organizzazione sempre più efficace, la lista di attesa per i bambinisi riduce sempre di più. Se per il cuore o il rene è necessaria una dona-zione da parte di un altro bimbo, grazie alla split (in Italia sono statifatti una novantina di interventi di questo tipo nel 2001) non solo èpossibile fare due trapianti ma anche assegnare un organo di un adul-to ad un bambino.

Fegato da padre vivente a figlia di 8 mesiTorino, 7 giugno È stato eseguito ieri all’ospedale torinese delle Molinette un trapianto

di fegato da vivente su una bambina di otto mesi. Il donatore è ilpadre, dal quale è stato prelevato il lobo sinistro dell’organo. L’aziendasanitaria sottolinea che l’intervento è il primo del genere mai effettua-to in Italia su una bimba così piccola. L’operazione è stata compiutadall’equipe del dottor Mauro Salizzoni. La bimba, del peso di quattrochili, era affetta da un’atresia delle vie biliari, e le sue condizioni stava-no peggiorando al punto che si pensava avesse ormai una speranza divita di poche settimane. L’esigenza di ricorrere tempestivamente a unintervento ha consigliato di non attendere il trapianto di fegato dadonatore cadavere. Si è fatto così ricorso alla disponibilità del padre,un 32enne torinese, che ha donato alla figlioletta il lobo sinistro delproprio fegato. L’operazione è durata complessivamente tredici ore –dalle 6 alle 19 – ed è da considerarsi, secondo quanto sottolineano alleMolinette, tecnicamente riuscita: “è il primo intervento di fegato in età

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pediatrica con prelievo da donatore vivente effettuato in Italia”, rileva-no. Salizzoni è primario del reparto di chirurgia generale 8 dell’azien-da sanitaria. L’equipe ha imparato la tecnica alla Scuola di chirurgiapediatrica, diretta dal professor J.B. Otte, della Clinica S. Luc –Università Cattolica di Lovanio (Belgio), un centro rinomato in tuttaEuropa.

Vienna, primo trapianto di lingua al mondoVienna, 21 luglio Il primo trapianto di lingua al mondo è stato effettuato con successo

da un’equipe di medici a Vienna. Lo ha reso noto oggi la direzione delpoliclinico della capitale austriaca (Akh), dove l’intervento, durato 14ore, è avvenuto sabato scorso. Il paziente, un uomo di 42 anni, soffrivada tempo di un tumore maligno situato nella zona tra mandibola e lalingua. Dopo essere stato informato sulle possibilità di cura della suamalattia, l’uomo ha scelto il trapianto. Secondo le informazionidell’Akh, l’uomo è “in buone condizioni generali” e finora non ci sonostati segni di rigetto del nuovo organo.

Italia terza in Europa per donazioni d’organiVenezia, 17 settembre L’Italia è la nazione europea che registra la crescita più alta degli ulti-

mi dieci anni di donatori d’organo: attualmente la proporzione è di 18donatori ogni milione di abitanti (contro una media europea di 16),mentre era di cinque solo un decennio anni fa. L’obiettivo è raggiun-gere la soglia di 30 donatori per milione, attualmente toccata dallaSpagna, che insieme alla Francia supera l’Italia nella statistica. Lo haricordato a Venezia il direttore del Centro Nazionale TrapiantiAlessandro Nanni Costa, illustrando gli obiettivi della ‘Conferenzasulla sicurezza e qualità nella donazione e nel trapianto degli organinell’Unione Europea’, in corso sino a domani nel capoluogo lagunare.All’evento, che il ministero della Sanità ha voluto inserire nell’ambitodelle iniziative del semestre italiano di presidenza dell’Ue, prendonoparte le delegazioni scientifiche e istituzionali di 28 Paesi europei.Dopo anni di aumenti costanti, nell’ultimo la donazione d’organi èrimasta numericamente invariata. “Dopo dieci anni di continua cresci-ta – ha ricordato Nanni Costa –, il fatto di mantenere una stabilità edi aver consolidato la crescita che c’è stata mi sembra un risultato inogni caso positivo”. L’attenzione non va comunque focalizzata solo suldato numerico, anche se è lecito attendersi una ulteriore crescita:“bisogna impostare un programma sanitario – ha spiegato Costa – perfronteggiare le esigenze del paziente in lista d’attesa; anche se conti-nuassimo a crescere come negli ultimi anni non saremmo riusciti arisolverle. Il casco e la patente a punti non mettono comunque arischio il serbatoio di donazioni italiane. Primo perché il casco e lariduzione degli incidenti sono un segno di civiltà, quindi ben vengano,secondo perché c’è una possibilità di aumento delle segnalazioni didonazioni che è molto superiore alla diminuzione di organi disponibi-

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li data dal casco”. La sicurezza nella donazione e nel trapianto diorgani è una priorità sempre più condivisa livello europeo, insieme allaconsapevolezza dei benefici che si possono ricavare da una stretta coo-perazione tra gli stati membri.

Bambini dall’ex Jugoslavia a Torino per un rene nuovoTorino, 19 settembre Dall’inizio dell’anno ad oggi il Centro nefrologia dialisi e trapianti

dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino ha eseguito quat-tro trapianti nei confronti di altrettanti bambini con grave insufficienzarenale. Di questi quattro, tre provenivano dalla ex Jugoslavia e l’ultimoè stato operato oggi. Il Centro dell’ospedale infantile è il punto di rife-rimento regionale per insufficienza renale cronica e trattamento. Ana,15 anni, e Nebojsa, di 8, due bambini serbi, erano in emodialisi pressoil Centro di Belgrado, mentre Damjan, di 5, bosniaco, era in dialisiperitoneale a casa. “Effettuati subito gli accertamenti – precisa l’azien-da ospedaliera Oirm-Sant’Anna – i bambini sono stati inseriti in listad’attesa di un organo compatibile come aspetto genetico e taglia cor-porea. Ilprimoagostoèstato trapiantatoDamjan,il3settembre Ana,dopo solo un mese in lista d’attesa. Oggi è stato trapiantato a Nebojsa,dopo soli tre giorni di lista d’attesa”. I trapianti di organi vengonoeseguiti presso il Regina Margherita da un equipe composta da medi-ci dell’ospedale infantile (Lace e Marras, urologi, Costa, anestesista,Coppo e Amore, nefrologi, equipe di cardiochirurgia) e da un chirurgovascolare dell’ospedale Molinette. Dal 2001 ad oggi il Centro ha ese-guito quattro trapianti nei confronti di altrettanti bambini. “In Italia– sottolinea l’azienda ospedaliera – si eseguono otto trapianti pediatri-ci per milione di bambini. In Piemonte ci sono circa 500 mila bambini,pertanto l’attività del Centro rientra nella media nazionale italiana”.

Successo straordinario del test sul babbuinoRoma, 23 settembre Un successo davvero straordinario: non ha dubbiMarialuisa Lavitrano,

docente di immunologia e patologia genetica all’università Bicocca diMilano e alla guida di un progetto italiano sugli xenotrapianti, nelcommentare il risultato annunciato oggi nel corso del convegno diVenezia dedicato ai trapianti sulla sopravvivenza di un babbuino conun cuore di maiale da oltre cinque mesi. Un passo in avanti – ha affer-mato – nella strada degli xenotrapianti sull’uomo. Si tratta di un suc-cesso, ha spiegato l’esperta, “perché il tempo di sopravvivenza massi-ma raggiunto ad oggi era di tre mesi (riguardava un rene di maialetrapiantato su un macaco). Questo esperimento – ha proseguito – è tral’altro su un animale molto più vicino all’uomo (il babbuino) e il temposupera i cinque mesi, un risultato ad oggi mai ottenuto”. “Inoltre, – hasottolineato Lavitrano – “c’è un’enorme differenza dal punto di vistabiologico tra la dinamica di rigetto a tre e cinque mesi. Questo signifi-ca che l’organo del maiale non è andato incontro ad un rigetto acutovascolare. Ciò, a sua volta, rappresenta un risultato di estrema impor-

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tanza, un passo in avanti sia nello studio dei rigetti negli xenotrapiantisia per l’utilizzo degli stessi xenotrapianti sull’uomo, a livello clinico. Inogni caso – ha sottolineato la studiosa italiana – bisogna essere cautiper non dare un’eccessiva speranza a chi è in attesa di un trapianto.Prima di tutto perché – ha spiegato – si tratta di un esperimento chedeve essere riproducibile, utilizzando diversi animali donatori e diversianimali riceventi. Bisogna poi valutare se la terapia immunologica ècompatibile con un’eventuale riproposizione clinica. Infine – haaggiunto – perché esiste la possibilità di trasmissione di retrovirus dalmaiale all’uomo, possibilità estremamente remota ma che esiste”.

Genova, impiantato il fegato da una donatrice di 97 anniGenova, 18 ottobre Il fegato di una paziente di 97 anni, morta giovedì scorso in seguito ad

un incidente stradale a Savona, è stato impiantato in una donna di 64anni. L’intervento, durato 8 ore, è stato eseguito a Genova presso ilCentro Trapianti d’Organo dell’Ospedale San Martino nella notte trail 16 e il 17 ottobre. La donatrice, una genovese di 97 anni, risultaessere il donatore più anziano segnalato dalla letteratura internaziona-le. La ricevente era affetta da cirrosi epatica e carcinoma epatico infase terminale, in lista d’attesa da più di un anno. È ora ricoverata alSan Martino e le sue condizioni sono stazionarie. “L’eccezionalitàdell’operazione – ha spiegato il professor Umberto Valente, direttoredell’Unità operativa di Trapianti d’Organo dell’Ospedale SanMartinodi Genova – sta nell’età della donatrice: il trapianto di per sé non hacomportato particolari difficoltà. Certo, l’operazione è stata possibileanche perché il fegato, tra i diversi organi umani, è quello si mantienemeglio”. In particolare quello della donatrice, dopo esami e biopsie, èrisultato essere in ottimo stato,“soprattutto i vasi – ha spiegato Valente– non erano per nulla alterati. Si può dire, insomma, che l’età biologi-ca dell’organo fosse diversa da quella anagrafica”.

Aumentano le donazioni di cuore e polmone, calano quelle di rene e fegatoPavia, 10 novembre Quest’anno sono aumentati i trapianti di cuore e polmone e sono

invece diminuiti quelli di rene e fegato: il dato è stato fornito, oggi aPavia, da Mario Scalamogna, presidente del Nord Italia Transplant,organismo che gestisce l’assegnazione degli organi in Lombardia,Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonomadi Trento. Nei primi nove mesi del 2003, i trapianti di cuore, nell’areapresa in considerazione, sono passati dai 117 dello stesso periodo del2002 a 141, quelli di polmone da 27 a 33; quelli di rene sono scesi da482 a 440 e di fegato da 268 a 259. A Pavia, in occasione della primagiornata della riunione tecnico-scientifica del Nitp (Nord ItaliaTransplant program), è stata presentata una Carta dei Principi che,affiancandosi alla Carta dei Servizi, ha l’obiettivo di rendere ragionedelle scelte etiche che gli operatori sanitari quotidianamente compiononel campo dei trapianti. “Tutto ciò – è stato spiegato – nella consape-

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volezza che solo un’integrazione tra principi etici e aspetti tecniciconsente oggi di giustificare le scelte cliniche in trapiantologia. LaCarta rappresenta quindi un quadro di riferimento per la responsabi-lità personale di ciascun operatore. Sul discorso delle donazioni si èsoffermato Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro NazionaleTrapianti: “Ormai – ha affermato – registriamo un’evidente disomo-geneità tra regione e regione. La disponibilità delle famiglie all’espian-to degli organi del proprio congiunto aumenta lì dove è maggiore lasensibilità delle istituzioni locali, in particolare di quelle regionali. Èsignificativo l’esempio del Piemonte dove, dopo un inizio di 2003 defi-citario anche a causa dei riflessi negativi di inchieste giudiziarie chehanno coinvolto alcune strutture sanitarie, le donazioni sono nuova-mente aumentate grazie allo sforzo della Regione, che ha deciso diimpegnare un proprio coordinatore dei prelievi accanto a quelli pre-senti sul territorio”.

In rete i dati sui trapianti per nove RegioniPerugia, 16 dicembre In rete 24 ore su 24 per conoscere in tempo reale i dati sulla disponi-

bilità di organi e tessuti, grazie al coordinamento dei centri di riferi-mento regionali trapianti: il progetto, già partito in Umbria, nel gen-naio prossimo coinvolgerà Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania,Lazio, Molise, Sardegna e Sicilia. Finanziato in Umbria dalla Regionee dal fondo del ministero della salute per un importo di circa 9milaeuro, è stato presentato stamani al Policlinico di Monteluce dal coor-dinatore del centro regionale trapianti, Cesare Gambelunghe. Eranopresenti anche il direttore generale, Umberto Pediconi, quello sanita-rio, Gigliola Rosignoli, e quello amministrativo, Andrea Casciari,insieme al responsabile del dipartimento di emergenza-urgenzadell’azienda ospedaliera di Perugia, Emilio Biasini e ad altri medicidella struttura ospedaliera locale. “Questo sistema informatico – haspiegato Gambelunghe – consentirà ad ogni rianimazione di segnalarein tempo reale ai rispettivi centri trapianti, utilizzando la rete magarantendo l’assoluta riservatezza attraverso tre distinte chiavi diaccesso, i dati relativi al potenziale donatore: dati anagrafici, decessoclinico, inizio accertamento della morte cerebrale, anamnesi, parame-tri clinici, esami e farmaci somministrati. Spetterà ai singoli centri divalutarne l’idoneità e l’eventuale assegnazione. Sempre via Internetverranno di volta in volta indicate le emergenze. Successivamente ognicentro farà un follow-up su paziente e organo trapiantato, consenten-do al ministero della salute ed al centro nazionale trapianti di avere unmonitoraggio totale dei trapianti eseguiti. È un grande passo avanti inquesto delicato settore della medicina, che permetterà di abbattere itempi morti di fax e telefoni. Ed è grazie al lavoro del centro trapiantidi Perugia se dal 1988 al oggi sono stati tolti dalla dialisi ben 228 mala-ti umbri, per un risparmio annuo di circa otto miliardi di vecchie lire.“Soldi – è la proposta di Gambelunghe – che chiediamo di poter rein-vestire nei centri di rianimazione”.

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In Francia pronti per il primo trapianto di facciaRoma, 17 febbraio Prelevare la faccia di un cadavere per trapiantarla su un paziente gra-

vemente sfigurato. Non si tratta di fantascienza, ma di un’operazioneritenuta oggi dagli esperti “tecnicamente possibile”. è pronto a tentar-la, nel giro di pochi mesi, il chirurgo francese Laurent Lantieri,dell’ospedale Henri Mondor di Creteil (Val De Marne). Si tratterebbe,scrive oggi il quotidiano Le Figaro, del primo trapianto del genere almondo. Lantieri non è il solo chirurgo in corsa per effettuare il primotrapianto di faccia: si stanno preparando a questo traguardo, infatti,anche l’inglese Peter Butler e l’americano John Barker. L’equipe delchirurgo francese, però, si sta esercitando da mesi in vista dell’opera-zione annunciata ormai come prossima: gli esercizi preparatori, pressol’ospedale Henri Mondor, consistono nel prelevamento totale o parzia-le di faccia da un cadavere (pelle, muscoli, nervi, ossa) e nel successivotrapianto su un altro cadavere. Laurent Lantieri ha assicurato di essereormai pronto a tentare l’operazione. D’altro canto, i recenti progressidella microchirurgia e dell’immunologia – resi evidenti dai primi tra-pianti di mano, di mandibola e di lingua – spingono molti specialisti asostenere che la medicina è ormai prontapertentare il primo trapian-to di faccia. “Si tratterebbe – ha spiegato Lantieri – di trapiantare lafaccia di un donatore morto su una persona per la quale l’autotrapian-to non porterebbe miglioramenti effettivi, tenendo conto che la suturadelle arterie e dei nervi facciali è ormai un traguardo possibile”.Tuttavia, sono molti i problemi aperti: dal rischio di rigetto alle que-stioni morali che una simile operazione comporta. Per questa ragione,in Francia è stato richiesto un parere del Comitato nazionale di bioe-tica che dovrebbe essere formalmente espresso il prossimo duemarzo.

Primo trapianto di fegato tra gemelliPadova, 25 febbraio Nuovo eccezionale intervento chirurgico all’ospedale di Padova, dove

l’equipe del prof. Davide D’Amico ha eseguito un trapianto di fegatoda vivente tra una coppia di gemelli. Si è trattato di uno “split liver”,cioè della donazione da parte del paziente sano di una parte del fega-to, poi impiantato nel malato. Protagonisti dell’operazione sono statidue giovani gemelli,di nazionalità italiana. Le loro condizioni di salutesono buone. Secondo l’azienda ospedaliera, nella letteratura medica

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sarebbequestoil primo caso al mondo di trapianto di fegato da viven-te tra gemelli; vi era stato invece un caso di trapianto di midolloosseo.

Trapianto di cornea su un bimbo di due anniRoma, 8 aprile Un trapianto di cornea su un bambino di 2 anni è stato effettuato

all’ospedale Gaslini di Genova dal professor Paolo Vittone, che lo hadefinito particolarmente complesso perché il piccolo era affetto daglaucoma congenito. “Il trapianto di cornea, eseguito con dovute pre-cauzioni, su pazienti in età infantile, in particolare su quelli affettidasclerocornea – ha affermato Vittone – consente di raggiungere risul-tati soddisfacenti in una percentuale di casi abbastanza elevata, sicura-mente superiore al 50%. La particolarità di questo caso consiste nelleaggravanti legate alla tenera età del paziente (2 anni) e soprattuttonella presenza di un glaucoma congenito, già operato 6 volte, dove lenormali strutture oculari erano già state modificate dai precedentiinterventi. Il bimbo infatti ha dovuto affrontare due operazioni antiglaucoma all’occhio sinistro, che sono state risolutive. Per l’occhiodestro sono stati necessari 6 interventi per normalizzare la pressionedel’occhio. Grazie alla cornea fornita dalla Banca degli occhi che hasede presso la clinica oculistica dell’Università di Genova, il professorVittone ha potuto effettuare l’intervento all’occhio destro, dando quin-di al piccolo un’ulteriore possibilità di vista, molto ridotta dalla patolo-gia dalla quale era affetto. Questo tipo di trapianto su paziente affettoda glaucoma viene eseguito molto raramente e solo da ospedali alta-mente specializzati: “Un intervento del genere è possibile al Gaslinigrazie alla sua polifunzionalità che offre un’assistenza pediatrica alta-mente specializzata e completa – ha spiegato Paolo Vittone – non soloi medici oculisti, ma anche l’essenziale assistenza anestesiologica e postintervento adatta ai bambini così piccoli”.

Italia modello per l’Europa allargataRoma, 5 maggio L’Europa si allarga, anche per il settore dei trapianti, fra problemi e

speranze. La sfida è quella di creare un’organizzazione unica: stessimodelli di azione, formazione e anche scambio di organi. “E l’Italia– ha affermato il ministro della Salute Girolamo Sirchia in occasionedella presentazione delle giornate nazionali e degli ultimi dati sui tra-pianti – farà da leader di questo processo, con una autorevolezza chele è riconosciuta di diritto dopo i risultati ottenuti negli ultimi anni. Ilnostro è fra i primi Paesi in Europa non solo per numero delle dona-zioni ma anche per qualità degli interventi e siamo l’unico Stato chepuò garantire ciò in modo uniforme. Ora con l’ingresso di altri 10Paesi nell’Unione Europea vogliamo esportare questo modello”. Lasperanza è infatti quella di creare un unico grande bacino dove tutti ipazienti che aspettano un organo hanno la stessa possibilità di cura.“Questo però – ha spiegato Nanni Costa, coordinatore del centro

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nazionale trapianti – avverrà senza alcun intento colonialista. La sicu-rezza dei trapianti in questi Paesi è già alta e l’obiettivo è quello dimigliorare l’utilizzo degli organi, non quello di veder aumentare l’in-gresso in Italia di un rene o di un cuore”.

Nel 2004 record di interventi, ma in 9.000 aspettanoRoma, 5 maggio Il 2004 potrebbe essere un anno record per i trapianti in Italia. Il trend

positivo di questi anni, si stima, porterà ad un salto nel numero degliinterventi che potrebbe arrivare dai 2.800 del 2003 a 3.300 a fineanno. Gli esperti, quasi sottovoce, come per scaramanzia, confermanoil netto miglioramento, ma i malati che aspettano un organo sono9.000 e le attese sono ancora lunghe. Come ogni anno, in occasionedella presentazione della campagna nazionale per le donazioni e dellasettima edizione delle giornate nazionali, si tirano le somme di unsettore che fa acquisire punti all’Italia agli occhi degli altri Paesi euro-pei. I dati presentati da Alessandro Nanni Costa, coordinatore delcentro nazionale trapianti, parlano di un aumento sostanziale delledonazioni e dei trapianti. Per i soli trapianti di rene, che rappresentanola parte più consistente del settore, si stima si passerà da 1.489 inter-venti a 1.751. Balzo in avanti anche per gli interventi al fegato: da 867a 1.044 interventi. Per il cuore poi si passa da 317 a 396 interventi.Infine quelli di pancreas si registra un salto da 77 a 115 interventi.Unico passo indietro riguarda gli impianti di polmone, che si riduconoda 65 a 54. Le attese restano infatti ancora lunghe. Per un rene ipazienti aspettano in media più di 3 anni, un anno e 4 mesi per ilfegato, 2 anni e 4 mesi per il trapianto di cuore e di cuore-polmoni. Peril pancreas quasi 3 anni, e quasi 2 anni per un polmone. Ma questisono solo valori medici perché, come ha spiegato Franca Pellini, presi-dente Aned, (associazione nazionale dializzati e trapiantati). “Ci sonopazienti che aspettano anche da molti anni, e non solo per problemiclinici. Complessivamente però la valutazione del miglioramento èunanime e anche le associazioni, sempre in prima linea per denuncia-re le difficoltà dei pazienti, ammettono i molti passi in avanti sintetiz-zati, dal punto di vista dell’organizzazione. “Le regioni lavoranomeglio – ha dichiarato Costa – c’è un aumento della formazione deicoordinatorieunaprogressivadiffusionedellemetodiche.Miglioramentiche si estendono anche nelle Regioni del sud, finora fanalino di codanel settore.”

Primo trapianto di rene in anestesia localeTorino, 9 giugno Trapianto di rene in anestesia peridurale: è accaduto ieri sera alle

Molinette di Torino a una paziente di 62 anni, di Aosta che per tuttoil tempo dell’intervento, circa tre ore, ha avuto modo di colloquiarecon i chirurghi. È la prima volta in Europa – hanno sottolineato imedici – che questa metodica viene utilizza in un tipo di operazionecosì delicata e complessa. “La signora – ha affermato il chirurgo vasco-

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lare Piero Bretto – era tranquilla, parlava con noi, seguiva le varie fasidel trapianto del quale, praticamente, le ho fatto la telecronaca indiretta”. Adesso sta bene, cammina e nel giro di pochi giorni torneràa casa. Il suo donatore è deceduto ieri all’ospedale di Cuneo, aveva 41anni e soffriva di cuore. Lei, invece, era da tempo in dialisi per unagrave insufficienza renale cronica. “Sicuramente – hanno spiegatoBretto e l’anestesista, dottor Marzio Voltolina – prima di procedere auna peridurale, come d’altra parte avviene in tutti gli altri casi in cui èormai largamente utilizzata (basti pensare ai tagli cesarei), bisognaverificare le condizioni del paziente che non deve avere problemi dicoagulazione del sangue e di sistema nervoso. E, non dimentichiamo-lo, occorre il consenso informato da parte dell’interessato. Accertatoche non ci siano controindicazioni, né sotto il profilo del quadro clini-co né su quello caratteriale e di temperamento del malato, il ricorso aun’anestesia meno invasiva di quella totale, che coinvolge pesantemen-te l’apparato cardio-respiratorio, permette un decorso post-operatoriopiù veloce. E soprattutto meno doloroso poiché – ha aggiunto Voltolina– è possibile attraverso un piccolo catetere somministrare farmacianalgesici mirati. Finora – ha affermato Bretto – il problema più gran-de nel trapianto di rene era l’incisione, una volta più lunga del palmodi una mano e che ora grazie alla tecnica laparoscopica, si è ridotta aun taglio d’appendice. L’uso della peridurale va nella direzione difavorire procedure sempre meno invasive in modo da facilitare laripresa e ridurre il dolore”.

USA, ok alla donazione da malati di AIDS a sieropositiviWashington, 16 luglio I sieropositivi potranno ricevere organi da altri malati di AIDS appe-

na defunti. La nuova legge, la prima del genere negli Stati Uniti, èappena entrata in vigore in Illinois. Finora le persone col virusdell’AIDS non potevano donare organi. La legge apre nuove possibi-lità ai malati sieropositivi in lista di attesa per ricevere organi: resta-vano sempre in fondo alla graduatoria delle priorità perché la duratadella loro vita era considerata, in ogni caso, troppo breve per valereun trapianto. La legge è stata presentata dal deputato Larry McKeon,che ha 60 anni e da 15 anni è sieropositivo. “Adesso potrò iscriverminel registro dei donatori di organi, come tutti gli altri, nella speranzadi potere essere utile a qualcuno – ha spiegato –. Nello stesso tempo,in caso di necessità, potrà mettersi in lista per ricevere organi”.Alcuni giuristi contestano la legge appena approvata in Illinois con-siderandola in contrasto con una legge federale che sottolinea chenessun organo può essere donato dai malati di AIDS. “Il vero crimi-ne è vedere sprecare organi sani di persone malate di AIDS chepotrebbero essere trapiantati salvando molte persone – ha affermatoun medico –. Vediamo troppe persone sieropositive morire perchénon possono ricevere il trapianto di un organo”. Il più richiesto daimalati di AIDS è il fegato perché è tra quelli più vulnerabili al dete-rioramento provocato dalla malattia.

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Salvato due volte dal fratello donatoreTorino, 28 luglio Ha ricevuto prima il midollo osseo, quattro anni fa, poi oggi un rene

dal proprio fratello e per il secondo trapianto non verrà nemmenousata la terapia antirigetto, primo caso del genere in Italia, tra i pochinel mondo. Sono due fratelli romani, ma il ricevente, 39 anni, risiedead Alba (Cuneo). Entrambi gli interventi sono stati eseguiti all’ospeda-le Molinette di Torino. La letteratura medica riporta soli altri sei casidel genere. “Sono stati trattati – ha reso noto l’immunogenetista delleMolinette Stefano Roggero – dal College of Medicine dell’Iowa dal1995 ad oggi e la donazione di midollo e rene dalla medesima personaha fatto sì, in tutti questi casi, che per il secondo trapianto non ci fosserischio di rigetto”. Per il paziente delle Molinette “i nostri ematologi– ha spiegato la nefrologa Giuliana Tognarelli – hanno dunque avutouno scambio di e-mail con i colleghi degli Stati Uniti”. E hanno decisodi trattare il loro paziente allo stesso modo, cioè senza farmaci antiri-getto, ma solo con dosi minime di steroidi. Niente ciclosporine, quindi,cioè nessuna necessità di somministrare farmaci che impediscano losviluppo di antigeni da parte dell’organismo, per evitare la reazione dirifiuto dell’organo estraneo, “perché la presenza del midollo – ha pun-tualizzato Roggero – garantisce la compatibilità genetica, cioè fa inmodo che l’organo estraneo venga percepito come proprio”. Da nonsottovalutare, secondo Roggero, la straordinarietà di poter effettuare ildoppio trapianto dallo stesso donatore. “Non sono molte le personeche si trovano in condizioni di salute così buone da poterlo fare”. Lacompatibilità genetica con il fratello, 43 anni, aveva salvato una primavolta l’uomo dalle conseguenze della leucemia mieloide, nel 1998.L’intervento di trapianto di midollo osseo era riuscito, ma dopo dueanni, nel 2000, il paziente aveva contratto una grave infezione renale,tanto da dover ricorrere alla dialisi.

Doppio trapianto di polmoni in bambina di sei anniBergamo, 30 luglio È in buone condizioni di salute una bambina di sei anni che ha subito

un doppio trapianto polmonare, unica soluzione per una grave malat-tia ereditaria (la mucoviscidosi) che, portando a un’irreversibile insuffi-cienza respiratoria cronica, le provocava seri danni ai polmoni, alfegato e al pancreas. Lo ha reso noto la direzione degli Ospedali riu-niti di Bergamo, dove nei giorni scorsi è avvenuto l’intervento, specifi-cando che si tratta del primo trapianto polmonare in Italia su bambinicon età inferiore ai dieci anni. Una soluzione resa possibile dalla dispo-nibilità alla donazione degli organi da parte dei genitori di un altrobimbo. “L’intervento – spiegaMichele Colledan, direttore di ChirurgiaIII dell’ospedale della città lombarda – è consistito nell’asportazione esostituzione di ciascun polmone: durante l’operazione, durata 6 ore e40 minuti, è stato necessario ricorrere per circa tre ore alla circolazio-ne extracorporea. La ripresa funzionale di entrambi gli organi trapian-tati è stata ottima, tant’è che già da qualche giorno la bimba non è piùintubata, respira spontaneamente ed è in grado di alzarsi dal letto.

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“Senza dubbio l’avvio del programma di trapianto di polmoni è lento– ha continuato Colledan – se si considera che nell’arco di un anno emezzo sono stati trapiantati solo quattro pazienti, ma i risultati chestiamo ottenendo sono molto soddisfacenti”. L’operazione di doppiotrapianto polmonare in ambito pediatrico conferma le specializzazio-ne dell’ospedale bergamasco in questo settore: dal primo gennaio diquest’anno a oggi la struttura lombarda ha ricevuto organi da 19donatori, contro i 18 ricevuti nel corso dell’intero 2003. Oltre ai tra-pianti di cuore, rene e polmone, gli Ospedali riuniti di Bergamo ese-guono circa il 70% dei trapianti di fegato effettuati in tutta Italia.

Ha pancreas e rene nuovi, partorisce a TrentoTrento, 30 agosto È il primo caso del genere in Italia: una donna trapiantata di pancreas

e rene ha partorito giovedì scorso a Trento. Si tratta di fatto insolito,come confermano le statistiche mediche, che indicano in 30 i casi diquesto genere registrati in tutto il mondo. La neomamma tre anni faaveva subito il doppio trapianto a Milano per rimediare ai danni cau-sati ai propri organi dal diabete. La scorsa settimana ha partoritoMatteo Rosario, ora accudito in incubatrice. “È una cosa che rifarei– ha commentato la donna in un’intervista alla Rai di Trento –. È unacatena che si crea, a me è stata donata un’altra vita ed io a mia voltaho potuto dare vita a mio figlio. Questa è una cosa stupenda. E tuttograzie a una donazione”. Per il primario di ginecologia, Emilio Arisi,“è un segno di speranza. Può dare uno slancio psicologico importante:da un lato perché si doni di più, vedendo che questo gesto ha un fineconcreto, e dall’altro che chi ha ricevuto un nuovo organo ha coraggioa provare a riprodursi”.

In Italia sperimentazione sui sieropositiviRoma, 31 agosto Sono tredici i pazienti sieropositivi che dal 2002 a oggi sono stati iscrit-

ti in lista di attesa in Italia per il trapianto di fegato; nove di loro sonogià stati trapiantati con risultati paragonabili a quelli degli altri pazien-ti, in termini di sopravvivenza e di complicanze post-trapianto. Ottointerventi sono stati eseguiti all’Istituto Regina Elena di Roma dalprofessor Eugenio Santoro e uno al Policlinico di Modena. Al più pre-sto dovrebbero essere attivi anche i Centri trapianto di Bologna e diUdine mentre attendono di completare l’iter per accreditarsi Palermoe Genova. Le informazioni raccolte dal Centro Nazionale Trapianti(CNT) forniscono un quadro positivo della situazione anche se ilnumero di casi resta ancora molto limitato. L’accesso alle liste d’attesae al trapianto è attualmente regolato da un protocollo sperimentalemesso a punto dal CNT e dalla Commissione nazionale Aids, coordi-nato dal professor Giampiero Carosi: “Le condizioni cliniche deipazienti italiani trapiantati sono buone e rispecchiano quello che laletteratura scientifica aveva già individuato e cioè che non esistonodifferenze di sopravvivenza né di problemi immunologici tra pazienti

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sieropositivi e negativi. Tuttavia, per avere un controllo ancora mag-giore e operare nella massima sicurezza abbiamo scelto di mantenereun regime di sperimentazione che proseguirà fino a quando non avre-mo un numero consistente di pazienti trattati tutti allo stesso modo”. Irisultati positivi hanno già permesso di ammorbidire il protocollo e diallargare l’accesso alle liste d’attesa anche ai sieropositivi nefropatici,in dialisi, che entro poco tempo dovrebbero avere accesso al trapiantodi rene. Il numero dei sieropositivi che necessiterà di un trapianto èdestinato a crescere considerevolmente calcolando che in Italia il 50%dei sieropositivi è infetto anche dal virus dell’epatite C che, a lungoandare, li porterà a insufficienza epatica terminale. Serie perplessitàsulla via intrapresa dall’Italia vengono da Ignazio Marino, il chirurgoche nel 2001 ha eseguito il primo trapianto in Italia su un pazientesieropositivo e che ora dirige il Centro trapianti del Jefferson MedicalCollege di Philadelphia: “Non capisco questa straordinaria prudenzache di fatto limita l’accesso dei pazienti alle liste d’attesa. I dati dellaletteratura erano positivi e noti già nel 2001 eppure in Italia si è atti-vato un protocollo sperimentale che serve solo a confermare quello chesi sapeva già. È una sperimentazione voluta dal Ministero che non hafondamento scientifico perché coinvolge un numero troppo esiguo dicasi e non fornisce dati scientifici originali. In compenso, complical’iter per i medici e i pazienti che incontrano ancora molte difficoltànell’accedere al trapianto nei soli due centri italiani che accettano ditrapiantare i sieropositivi”.

In Italia sono solo il 10% i trapianti di rene da viventeVienna, 5 settembre In Italia i trapianti d’organo da vivente stentano a decollare e quelli

effettuati sono ancora troppo pochi rispetto alle medie degli altri Paesi:per il rene ad esempio, dove maggiori sono le liste di attesa, quelli davivente sfiorano appena il 10%, contro oltre il 50% degli Usa, Asia edi alcuni Paesi del Nord Europa. Ma proprio il trapianto da vivente,concordano gli esperti riuniti a Vienna per il Congresso internaziona-le della Società dei trapianti, potrebbe rappresentare una delle princi-pali soluzioni al problema della carenza d’organi. Si discute anche, aquesto proposito, di tecniche considerate di ‘frontiera’, come effettuaretrapianti da vivente anche tra persone con gruppi sanguigni non com-patibili. Ma per quale ragione l’Italia, che ha registrato un incrementonel trend delle donazioni, conquista la maglia nera per i trapianti davivente? La ragione, ha sottolineato il nefrologo Claudio Ponticelli, exdirettore dell’Ospedale Maggiore di Milano, “sta soprattutto nellacarenza di informazione tra i cittadini ed anche nella classe medica.Nel caso del rene, ad esempio, la donazione da parte di una personasana non comporta nella maggioranza dei casi alcun danno per lasalute del donatore e molti studi dimostrano che, a distanza di anni,non si registrano conseguenze negative”. “Attualmente, in Italia – hasottolineato Ponticelli – vengono effettuati circa 1.300 trapianti di renel’anno, ma quelli da vivente sono meno di 150. Se si considera che i

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pazienti in lista di attesa per un rene sono oltre 6.000 e che ogni annosi registrano migliaia di nuovi pazienti in dialisi, il trapianto da viventepotrebbe rappresentare una soluzione”. Tra le nuove sfide anche quel-la del trapianto da vivente tra persone con gruppi sanguigninoncom-patibili: “Una tecnica già praticata in Giappone e in Usa con risultatimolto positivi – ha sottolineato il nefrologo – ma mai realizzata inItalia”.

Il monitoraggio sull’assegnazione degli organiAncona, 5 ottobre Il Centro Nazionale Trapianti sta lavorando ad un programma condi-

viso dalle tre associazioni interregionali (NITp, Airt, Ocst) per indivi-duare criteri comuni nell’allocazione degli organi e arrivare cosìall’elaborazione di un protocollo unico nazionale. Lo ha ricordato ildirettore del CNT Alessandro Nanni Costa, durante l’annuale riunio-ne tecnico-scientifica del Nitp (Nord Italia Transplant program), cheraccoglie Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Liguria eProvincia autonoma di Trento. “Il CNT sta monitorando i criteriattualmente seguiti, con l’obiettivo – ha spiegato – di armonizzarli e dicapire i motivi del prolungarsi delle liste di attesa per alcuni pazienti.È uno sforzo comune in cui sono impiegate le tre organizzazioni.Dell’Airt (Associazione InterRegionale trapianti) fanno parte Piemonte,Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Provincia autonomadi Bolzano, dell’Ocst (Organizzazione Centro Sud Trapianti) tutte lealtre regioni italiane. In realtà – hanno spiegato Giuseppe Piccolo eMassimo Cardillo, del coordinamento interregionale NITp, “i principiseguiti sono gli stessi: solidarietà e sussidiarietà, ma cambia il modo diapplicarli. In sostanza, la preminenza che viene data ad un criteriorispetto ad un altro. Da Ancona, Cardillo e Piccolo hanno rilanciatol’algoritmo per l’assegnazione del rene, utilizzato dal NITp, la primaassociazione a fissare dei criteri certi e trasparenti. L’algoritmo metteinsieme donatori e riceventi per l’assegnazione degli organi, compen-diando una serie di variabili tra donatori e riceventi, tra cui compati-bilità immunoematologica, permanenza in lista d’attesa, appartenenzaterritoriale, senza privilegiarne alcuna.

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Alla Spagna il record mondiale di donazioniMadrid, 8 gennaio La Spagna continua ad essere il Paese che nel mondo ha la più alta

percentuale di donazioni degli organi: nel 2004 si è registrato unrecord – definito ‘storico’ secondo il ministero della Sanità spagnolo– con un tasso di 34,6 donatori per milione di abitanti. “Il numero didonatori è aumentato nel 2004 del 3,5 per cento soprattutto grazie allagenerosità delle persone più anziane e ciò ha permesso alla Spagna –ha sottolineato un comunicato del ministero della sanità – di essere ilPaese europeo con il più alto numero di trapianti di fegato eseguiti”.Malgrado queste cifre positive il governo di Madrid ricorda che questotrend positivo non si deve arrestare e che tuttora ci sono ben 5.000malati in attesa di trapianto.

Sciatrice morta, organi a sei personeTorino, 1 febbraio Sono stati impiantati a cinque persone (e una sesta attende in serata)

gli organi di Raffaella Steni, la sciatrice di 42 anni travolta sabatoscorso da una slavina in Valle d’Aosta. La maggior parte degli inter-venti è stata effettuata nell’ospedale torinese delle Molinette e, per laprima volta in Europa, tre trapianti sono stati svolti in uno stesso bloc-co operatorio. I tre interventi in contemporanea, resi possibili dalleparticolari attrezzature di cui dispone la cittadella sanitaria torinese,sono stati eseguiti dall’equipe di Mauro Salizzoni in collaborazionecon Piero Bretto e Fedele Lasaponara. Si è trattato di un impianto direne e pancreas (la beneficiaria è una donna di 38 anni, residente inprovincia di Torino, affetta da diabete e nefropatia) e di fegato. Questoorgano è stato diviso in due con la tecnica split: una parte è stata dona-ta a un bambino della provincia di Napoli colpito da un tumore alfegato, l’altra a un quarantacinquenne di Crotone con la cirrosi epati-ca. I due polmoni della donna (l’intervento è dell’equipe di MaurizioMancuso) sono stati impiantati a un uomo di 53 anni, residente inprovincia di Sondrio, con una fibrosi polmonare. Il cuore è stato invia-to a Bergamo: il beneficiario sarà un cardiopatico sessantenne. Questasera il secondo rene sarà impiantato (a coordinare l’operazione saràMarco Pegoraro) a una signora di 41 anni della provincia di Avellinomalata di insufficienza renale. Alla sciatrice sono state anche asportatela cute, che sarà custodita dalla banca cute dell’ospedale Cto di Torino,e le cornee, che ora sono nell’apposita banca costituita alle Molinette.

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Trapianto da maiale, basta conoscere ‘l’ora X’Roma, 15 febbraio Fegato, pancreas, polmoni, li può ‘donare’ il maiale purché si individui

l’‘ora X’ per il trapianto, ovvero la finestra di tempo perfetta per com-piere il prelievo dall’animale. La buona notizia arriva dal WeizmannInstitute of Science che per la prima volta ha mostrato sui roditori lafattibilità dei trapianti d’organo da maiale scongiurando effetti collate-rali quali cancro e rigetto. Per trapianti sicuri, ha spiegato Yair Reisnersulla rivista dell’Accademia Americana delle Scienze PNAS, bastaprelevare l’organo in una fase precisissima di sviluppo nell’embrionedel maiale. Il maiale è un animale i cui organi, molto simili a quelliumani, sono ormai da tempo al vaglio di esperti di trapianti di tutto ilmondo che vedono un’alternativa valida ai tradizionali, in grado diazzerare le liste d’attesa per pazienti, come quelli con gravi problemiepatici e diabetici di tipo uno. Tuttavia nonostante gli sforzi della ricer-ca gli unici tentativi eseguiti in passato, su diabetici cui sono state tra-piantate isole di Langherans (le cellule produttrici di insulina), sonorisultati un fallimento. Il grosso problema che finora ha sbarrato lastrada alla scienza dei trapianti è che questi si sono rivelati pericolosiperché in grado di determinare tumori, quando per il trapianto sonostate usate le cellule staminali di embrioni di maiale, oppure il rigettoquando invece l’organo era prelevato da suini adulti. I ricercatorihanno pensato che la soluzione fosse il tempo esatto del prelievo dalmaiale ‘donatore’, una finestra di tempo in cui l’organo fosse già par-zialmente formato ma ancora privo di molecole di superficie che per-mettano alle difese immunitarie dell’organismo ricevente di ricono-scerlo come estraneo e rigettarlo. Andando per tentativi in numerositest sui roditori gli esperti hanno così identificato qual è l’‘ora X’ perogni organo testato: fegato, polmone, pancreas, l’organo va prelevatonegli embrioni di maiale subito dopo che si è iniziato a formare. Solocosì, hanno concluso gli esperti, il trapianto sui roditori è riuscito senzaeffetti collaterali.

Veneto regione leader per donazioniPadova, 24 marzo Patria del primo trapianto di cuore in Italia, il Veneto si conferma

all’avanguardia sia come numero di trapianti d’organi, sia per la dona-zione che, con un rapporto di 28 donazioni ogni milione di abitanti, lapone al primo posto nel Paese e al pari con le aree più avanzate d’Eu-ropa. Gli organi espiantati da cadavere a cuore battente hanno per-messo l’effettuazione di 363 trapianti negli ospedali del Veneto (+2%sul 2003). Considerando anche quelli da donatori viventi, l’attivitàglobale dei Centri della regione è stata pari a 377 trapianti. Sono alcu-ni dei dati che emergono dal “Report Trapianti Veneto 2004” presen-tato oggi nella sede della Fondazione per l’Incremento dei Trapiantid’Organo (FITO) a Padova. Il 2004 – è stato spiegato – si è caratteriz-zato anche per gli ottimi risultati ottenuti a livello qualitativo e quanti-tativo dalla Banca dei Tessuti del Veneto e dalla Fondazione Bancadegli Occhi del Veneto. Nella nostra regione, lo scorso anno, sono stati

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segnalati 202 potenziali donatori, dei quali 127 sono risultati effettivi e117 gli utilizzati. Gli organi procurati sono stati 350. In quattro anni inumeri delle donazioni sono pressoché raddoppiati: l’indice relativo aidonatori per milione di abitanti risulta essere pari a 28.0 per gli effet-tivi e 25.8 per gli utilizzati. Il dato, se raffrontato con la media nazio-nale (21,1 donatori effettivi e 19,7 donatori utilizzati per milione diabitanti), conferma che anche per quest’anno la posizione della regio-ne Veneto, nell’ambito del procurement di organi, risulta essere prima-ria sia in Italia sia con riferimento ad altre aree con sistemi sanitarievoluti (quali il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e l’Olanda)avendo contribuito con il 10% al pool totale nazionale di donatoriutilizzati. Parallelamente la bassa percentuale di opposizione al prelie-vo, pari al 19.0% (la media nazionale e del 28.7%), attesta che lasensibilizzazione alla cultura della donazione nella popolazione è dif-fusa e radicata.

USA, record di trapianti e donazioniWashington, 30 marzo Il 2004 è stato l’anno record per i trapianti d’organo negli Stati Uniti:

sono stati 27mila gli organi impiantati in pazienti contro i 25mila erotti dell’anno precedente. Ad aiutare il ‘salto’ numerico nelle opera-zioni di questo tipo è stato soprattutto il clamoroso incremento delledonazioni di organi da cadaveri: ci sono stati 7.153 donatori decedutiche hanno dato in media tre organi a testa, facendo segnare un incre-mento dell’11% nel confronto con il 2003. Il numero dei donatoriviventi è salito del 2% raggiungendo quota 6.965: in questi casi si trat-ta per lo più di donazioni di renioparti di tessuti di fegato e polmone.Questi ultimi possono infatti indurre la rigenerazione degli stessi orga-ni. A fornire gli incoraggianti dati sono stati gli stessi ufficiali sanitaripubblici americani che hanno sottolineato come il miglioramento siadovuto anche all’impiego di nuove tecniche per i trapianti da parte diun più alto numero di ospedali. Nonché al continuo attivismo delleorganizzazioni volontarie attive nel campo.

Trapianto fegato-polmoni per la seconda volta in ItaliaBergamo, 4 maggio “Vogliamo solo ringraziare tutti: i medici, per la loro disponibilità

totale, il personale infermieristico per la competenza particolare concui ci è stato vicino, e coloro che, in ogni modo, ci sono stati vicini”.Un nodo in gola spezza la voce dei genitori di Filippo Cherubini, ilgiovane fiorentino di 23 anni protagonista, agli Ospedali Riuniti diBergamo, del secondo trapianto combinato di fegato e polmoni inItalia. A eseguirlo, come già il primo, è stata alcune settimane fa l’equi-pe chirurgica coordinata da Michele Colledan, direttore dell’unità diChirurgia 3/a dei Trapianti dell’azienda ospedaliera bergamasca. Eoggi Filippo, insieme ai medici che lo hanno assistito, si è presentatodavanti ai taccuini della stampa per raccontare un’esperienza straordi-naria. “Qui – ha affermato, con la voce ancora un poco incrinata dallo

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stress subito negli ultimi giorni – ho trovato una luce particolare rispet-to agli ospedali e alle città che avevo visitato in passato. Tutti mi hannoaiutato, qualche volta anche troppo”. Il pensiero di Filippo, grandeappassionato di viaggi e computer, è andato però anche alla famigliadel donatore: “Sono grato a coloro che mi hanno concesso questachance di vivere. Poi vedremo che cosa il futuro ci riserverà”. Il quadrocomplessivo, comunque, appare già ora incoraggiante: “Con il trascor-rere dei giorni – ha rilevato Mariangelo Cossolini, coordinatore azien-dale al prelievo e trapianto d’organi e responsabile per la provincia – ilrischio di rigetto, anche attraverso terapie appropriate, si fa più conte-nuto”. Per Filippo, affetto dalla nascita da fibrosi cistica accompagnatada grave insufficienza respiratoria ed epatica, la prospettiva di vita èottima. L’altro paziente già sottoposto aiRiunitiaquestotipodi inter-vento un paio di anni fa oggi sta bene. “L’unico disagio – ha commen-tato il giovane – è dover portare ancora una mascherina protettiva.Sempre meglio, però, dell’apparecchiatura per l’ossigeno”.“L’intervento – ha sottolineato Colledan – è durato più di 10 ore. Adifferenza dei sette casi fino ad oggi riportati dalla letteratura interna-zionale, però, abbiamo utilizzato, attraverso la tecnica ‘split’ in cuiBergamo è all’avanguardia, soltanto la parte destra del fegato donato:l’altra ci ha così consentito di effettuare un altro trapianto su unabimba di 4 anni affetta da atresia delle vie biliari. Inoltre, grazie allagestione anestesiologica ottimale, è stato possibile non fare uso dellacircolazione extracorporea. L’équipe dei per fusionisti dellaCardiochirurgia era assolutamente pronta, ma siamo riusciti ad arri-vare alla fine dell’intervento senza alcuna emergenza, con sicuri van-taggi per lo stesso paziente che dopo sole poche ore era già in grado direspirare spontaneamente”.

In Italia servono più coordinatoriRoma, 4 maggio “Quello che serve all’Italia per raggiungere la Spagna, primo Paese in

Europa nella donazione di organi, è una migliore organizzazione delsistema dei trapianti e un maggior numero di coordinatori, cioè dispecialisti che secondo la legge 91/99 devono coordinare il lavoro cheva dall’accertamento della morte cerebrale alla chiamata dell’organiz-zazione che farà il trapianto”. È quanto ha sostenuto AlessandroNanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), allapresentazione della Campagna nazionale 2005 per la donazione diorgani. “Perché una persona possa essere un donatore di organi ido-neo – ha spiegato – bisogna fare cinque cose: identificare il soggetto,accertare la morte cerebrale come prescrive la legge, mantenere ildonatore nelle condizioni adeguate per l’espianto, parlare con i fami-liari per avere l’autorizzazione e contattare l’organizzazione che sioccuperà di fare il trapianto, nonché tutte le analisi. Tutto questonell’arco di 12 ore al massimo. È quindi necessaria una figura di coor-dinamento”. Per questo dal 2002, il Cnt ha iniziato a formare specia-listi che siano in grado di svolgere questa attività con competenza e

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buone capacità di dialogo. Ogni anno, ha sottolineato l’esperto, “for-miamo 120 persone con tre corsi annuali gratuiti, finanziati dal mini-stero della Salute. La formazione che diamo non è solo medica, maanche legale e comunicativa. Negli anni scorsi inoltre abbiamo inviatoi nostri coordinatori in Spagna per soggiorni di studio. Comunque –ha aggiunto – abbiamo ottime speranze per il futuro. Il lavoro che si èfatto in questi anni ha visto l’Italia diventare, da fanalino di coda cheera, uno dei Paesi più all’avanguardia in Europa per la donazione etrapianti di organi. E anche le proiezioni per il 2005 ci confermanoquesta tendenza positiva”. Secondo i dati relativi ai primi tre mesidell’anno, i donatori effettivi sono stati 22,5 per milione di abitanti,contro i 21,1 del 2004, e quelli segnalati, cioè di persone identificatecome possibili donatori dopo l’accertamento di morte cerebrale, sonostati 36,1 contro i 35,8 del 2004.

Sì a cure con cellule feto da aborto volontarioRoma, 20 maggio Punto di partenza del parere espresso oggi dal Comitato Nazionale di

Bioetica che considera “moralmente accessibile” l’uso delle cellulefetali da feti che derivano da aborto volontario è stato il quesito sotto-posto al Comitato da Nanni Costa, relativo alla partecipazione italianaal più grande studio internazionale mai organizzato sulla Corea diHuntington. Si tratta di una delle più gravi e diffuse malattie neurolo-giche ereditarie. La ricerca, alla quale partecipano centri di Francia,Belgio, Svizzera, Germania e Italia (tramite l’istituto Besta), prevedel’impianto di cellule nervose (neuroni) prelevate da feti di sei-nove set-timane provenienti da interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Ilsì del Comitato Nazionale di Bioetica è stato quasi unanime, ma acondizione che vengano rispettati sette requisiti. Il primo, imprescindi-bile, prevede che il team di medici che opera l’interruzione volontariadi gravidanza non abbia alcun rapporto con il gruppo che utilizza lecellule a scopo di ricerca o terapeutico. “Così si evita il rischio chequeste pratiche possano essere di incentivo all’aborto”, ha osservato lavicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica, Cinzia Caporale.La seconda condizione è che le cellule possano essere utilizzate soltan-to con il consenso della donna che interrompe la gravidanza, richiestoa intervento avvenuto. In terzo luogo le modalità dell’IVG non posso-no essere modificate in funzione del reperimento delle cellule fetali. Inaltre parole, la tecnica dell’intervento non può subire alcuna modificain relazione al fatto che le cellule fetali vengano utilizzate. La quartacondizione è che venga rispettato il diritto alla riservatezza delladonna. La quinta prevede che il tessuto fetale possa essere utilizzatosolo per sperimentazioni a scopi di ricerca o terapia di elevato conte-nuto scientifico. In sesto luogo ogni protocollo di sperimentazione cli-nica o di ricerca basato sulle cellule fetali deve essere sottoposto allavalutazione del Comitato etico locale. L’ultima condizione, giudicatafondamentale dai bioeticisti, è che il tessuto fetale deve essere donatogratuitamente. Viene anche lanciato un appello perché gli aspetti di

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commercializzazione vengano presi in considerazione dal legislatoreallo scopo di contrastare il fenomeno dei cosiddetti “mediatori di tes-suto fetale”. Grande soddisfazione per il parere è stata espressa daCinzia Caporale, perché la possibilità di utilizzare cellule da feti volon-tariamente abortiti “era legale, ma non regolamentata. Adesso si sonostabiliti dei limiti e nello stesso tempo è stato legittimato moralmentequesto tipo di ricerca”.

Australia, generate cellule del sangue da quelle embrionaliSydney, 20 giugno Scienziati australiani sono riusciti ad ottenere cellule del sangue da

cellule staminali embrionali umane: una scoperta che potrà consentirein futuro di produrre sangue sintetico in ambiente controllato e sicuroda infezioni che potrebbero venire dal donatore per trasfusioni e tra-pianti di organi. La ricerca, descritta nell’ultimo numero della rivistainternazionale Blood è stata guidata dall’ematologo Andrew Elefantydel Centro nazionale cellule staminali dell’università Monash diMelbourne. Il Centro è uno dei pochi al mondo che ha acquistatopadronanza sulla coltivazione di cellule staminali embrionali umane egià dispone di linee di cellule staminali progenitrici di cellule di polmo-ne, intestino, pancreas e cervello. Il sistema usato, che consente di sti-molare le cellule staminali specificamente per produrre globuli rossi obianchi, consente di produrre più globuli, più rapidamente e con piùsicurezza, come meno ingredienti animali di quanto sia stato possibilein passato. I risultati della ricerca sono simili a quelli raggiunti dallastessa equipe con esperimenti su topi di laboratorio. A differenza dialtre ricerche basate sul siero di mucca come ambiente in cui coltivarele cellule, è stato utilizzato un cocktail di sostanze saline e soluzionielettrolitiche con amminoacidi e grassi, limitando così al minimo lapresenza di rischiose proteine animali. Il modo in cui sono stati svilup-pati i globuli rossi e bianchi potrà essere applicato anche ad altri tipi dicellule. “Ci vorranno tuttavia degli anni prima di arrivare alla fase incui le cellule sanguigne potranno essere prodotte in quantità sufficien-temente abbondanti per le trasfusioni” hanno avvertito gli studiosi.

Marino: “Ottimi i risultati italiani sui sieropositivi”Roma, 20 luglio “Sono ottimi i risultati ottenuti dai centri italiani che hanno eseguito i

trapianti di fegato nei pazienti sieropositivi”. È il commento del pro-fessor Ignazio Marino, direttore del centro trapianti del JeffersonMedical College di Philadelphia, che ha espresso soddisfazione per irisultati del programma di trapianto di fegato nelle persone sieroposi-tive al virus dell’Aids. Marino fu, infatti, il primo chirurgo ad eseguirein Italia, nel 2001, un trapianto in un sieropositivo ma all’epoca venneaspramente criticato dall’allora ministro della sanità Girolamo Sirchia,che prevedeva risultati ‘disastrosi’ per questo tipo di terapia. “È statauna battaglia molto complicata – ha affermato Marino – ma eravamosupportati dall’esperienza internazionale che si era già rivelata positi-

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va. Oggi, a quattro anni di distanza, posso affermare con orgoglio chene è valsa la pena”. “Ora – ha sottolineato il chirurgo – l’obiettivo deveessere quello di eseguire i trapianti nei pazienti sieropositivi in tutt’Ita-lia e non solo in tre Regioni del centro nord. Inoltre, si dovrebberoavviare anche quelli di rene. È inspiegabile – ha aggiunto – un ritardodi quattro anni quando sappiamo che il ministero sta studiando laquestione dal 2001”. “I pazienti sieropositivi con insufficienza renale– ha ricordato l’esperto – sono costretti a rimanere in dialisi mentrepotrebbero avere un grande beneficio dal trapianto. Il paziente che èstato trapiantato in Italia nel 2001 ne è la prova. Proprio in questigiorni – ha concluso Marino – festeggia in vacanza al mare il suoquarto anniversario di salute ritrovata”.

Accordo tra AIDO e Centro Nazionale TrapiantiRoma, 8 ottobre Un accordo è stato sottoscritto fra L’AIDO e il Centro Nazionale

Trapianti che permetterà la consultazione, da parte di quest’ultimo,dei dati dell’associazione sui potenziali donatori. “Con questo accordo,da oggi, la legge sui trapianti fa un nuovo passo avanti” ha sottolinea-to il Sottosegretario alla Salute Domenico Di Virgilio, intervenendo inCampidoglio al Convegno organizzato dall’Associazione italiana perla donazione di organi e dal Centro Nazionale Trapianti. Per l’occa-sione è stato ieri emesso un francobollo commemorativo, come ricono-scimento del lavoro svolto in questi anni dall’AIDO per sensibilizzarela popolazione italiana sulla donazione di organi. “Dobbiamo dareatto all’AIDO – ha concluso il sottosegretario Di Virgilio – della suaopera capillare, direi certosina, che ha permesso al nostro Paese diessere il secondo in Europa per i trapianti. Io credo che con questoaccordo – crescerà il numero dei possibili donatori da 80 mila a diver-se centinaia di migliaia; e sono certo che questo numero aumenteràsempre più nei prossimi anni”.

L’effetto “Nicholas Green” è ancora presenteRoma, 5 novembre “Una spinta positiva, per l’opinione pubblica ed il mondo medico, che

si è poi concretizzata anche attraverso altri strumenti”. Se oggi il trenddelle donazioni d’organi in Italia è in crescita, lo si deve anche al cosid-detto “effetto Nicholas”. A sottolinearlo è il direttore del CentroNazionale Trapianti (CNT), Alessandro Nanni Costa. “La vicenda diNicholas – ha commentato – ha rappresentato per l’opinione pubblicaitaliana un momento importante, di grande riflessione, e una spintaverso la donazione; l’inizio di un trend positivo che si è però concretiz-zato anche grazie ad altri momenti–chiave. Tre in particolare: l’appro-vazione della legge sull’accertamento della morte cerebrale nel 1993;il primo trapianto di cuore nel 1995 e la nuova normativa sul sistemadei trapianti nel 1999. Ma la vicenda di Nicholas – ha affermatoNanni Costa – ha comunque segnato il passaggio verso un nuovo forteconsenso al trapianto”. Un trend positivo confermato dagli ultimi dati:

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le stime 2004 indicano 450 interventi in più rispetto al 2003, superan-do il tetto dei 3.000 trapianti complessivi. In Italia, inoltre, le donazio-ni si attestano a 21,4 per milione di abitanti, una percentuale che col-loca il nostro Paese al secondo posto in Europa dopo la Spagna. Ecresce anche la fiducia da parte della gente sull’efficacia dei risultati,tanto che la percentuale delle opposizioni al prelievo è scesa dal 29,9%al 28,7%. In aumento, però, sono anche le persone in attesa di trapian-to. Attualmente sono circa 9.000, oltre 6.000 delle quali aspettano unrene. E ancora lungo è il tempo di attesa: poco più di tre anni per ilrene; per il fegato circa un anno e mezzo; due anni per il cuore e pocomeno di due anni per il polmone. Per il direttore del CNT, si trattadell’effetto di un ‘ampliamento della platea’ dei pazienti operabili.Una situazione che impone una ulteriore sensibilizzazione verso ladonazione d’organi e criteri precisi per la loro assegnazione.

Cuore, 20 anni fa la svolta di GallucciPadova, 14 novembre Il muro lo abbatté 20 anni fa il prof. Vincenzo Gallucci. Da quella

notte del 14 novembre 1985, il primo trapianto di cuore eseguito nelPaese, all’ospedale di Padova, la cardiochirurgia italiana ha fatto passida gigante, e con essa è progredita la cultura della donazione degliorgani. Prima del cuore donato dal giovane Francesco Busnello, 18anni, al falegname veneziano Ilario Lazzari, l’Italia era al penultimoposto per donazioni in Europa; oggi è seconda, con 21 donatori ognimilione di abitanti. Le tappe di quella cavalcata straordinaria per lamedicina e la ricerca italiana sono state ripercorse oggi a Padova, conun convegno all’Università, seguito da una cerimonia pubblica al tea-tro Verdi, che ha ripercorso 20 anni di storia dei trapianti in Italia, eha fatto il punto sul futuro della sostituzione degli organi, dalle cellulestaminali ai nuovi cuori bionici. Ma nei protagonisti di quell’avventu-ra, come il prof. Alessandro Mazzucco, allora aiuto del prof. Galluccia Padova, resta ancora Viva l’emozione per quell’intervento della nottetra il 14 e il 15 novembre 1985 (preceduto da una falsa partenza 48 oreprima, quando a paziente già pronto ci rese conto che mancava anco-ra la firma del ministro per il via ai trapianti). “Non c’era stato il tempoper emozionarsi quella notte – ha ricordato oggi Mazzucco, all’attivooltre 350 trapianti –. Ma quando riportammo sangue al cuore nelpetto di Lazzari, e questo riprese a battere, ricordo ancora il sorriso diGallucci. E quelli in sala che non erano occupati sul tavolo operatoriouscirono in un applauso spontaneo. Non per le persone, naturalmente,ma perché ci si rendeva conto per la medicina italiana si apriva unanuova pagina di storia”.

Italia prima in UE per qualità degli interventiRoma, 11 novembre L’Italia è al primo posto in Europa per la qualità dei trapianti: i

pazienti in Italia stanno meglio che negli altri paesi. A certificare que-sto traguardo, annunciato dal direttore del Centro Nazionale Trapianti

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(CNT) Alessandro Nanni Costa, è il Collaborative Transplant Study diHeidelberg che ha messo a confronto i dati europei ponendo il nostroPaese al vertice. “Un successo – ha affermato l’esperto – che si aggiun-ge ad altri importanti conferme: siamo terzi al mondo dopo Spagna eUsa per i donatori, secondi dopo la Spagna per trapianti di cuore e difegato da cadavere e terzi dopo Spagna e Francia per trapianti di reneda cadavere”. In Italia sono circa 656 i pazienti in lista di attesa peravere un trapianto di cuore a fronte di 350 effettuati (a fine anno sistima di arrivare a 364). L’attesa media per chi aspetta un organo è di2 anni e la mortalità è del 10%. “Il tema della donazione di organirimane molto importante – ha aggiunto Costa – soprattutto nelleRegioni del centro sud dove permane la carenza”. E proprio per daremaggiore trasparenza e accesso ai cittadini alle strutture per trapiantopresto saranno messi sul sito web del ministero della salute informazio-ni utili sull’attività degli ambulatori. “La rete italiana delle donazioni edei trapianti è attiva e funziona – ha commentato il sottosegretario allasalute Domenico Di Virgilio – e questo non solo per merito degli ope-ratori sanitari ma anche delle associazioni del volontariato, tuttavia lasituazione è ancora a macchia di leopardo”.

In Italia 8.862 persone in lista di attesaPadova, 14 novembre Sono quasi novemila i pazienti in Italia in attesa di un trapianto di un

organo. Quelli che attendono un cuore nuovo, secondo i dati al 30settembre 2005, sono 656, a fronte di 350 interventi già effettuati.Sono alcune delle cifre sul mondo dei trapianti fornite oggi a Padovanel corso del convegno, tenutosi all’Università, che ha celebrato i 20anni dal primo trapianto cardiaco, effettuato il 14 novembre 1985 dalprof. Vincenzo Gallucci su Ilario Lazzari. Delle 8.862 persone in listanei vari ospedali del Paese per un trapianto, 6369 aspettano un rene(tempo medio d’attesa 2,93 anni, percentuale di mortalità di chi è inlista è di 1,63%), 1557 un fegato (tempo d’attesa 1,4 anni, mortalitàpari al 6,36%), 656 un cuore (tempo attesa medio 2,08 anni, mortalitàin lista 9,9%), 194 un pancreas (tempo medio 2,4 anni, mortalità1,9%), 246 un polmone (tempo d’attesa 1,88, percentuale di mortalità19,1%). Per quanto riguarda in particolare il cuore, l’Italia è al secon-do posto in Europa per numero di interventi, 6,2 trapianti ogni milio-ne di persone, preceduta solo dalla Spagna con un rapporto di 6,8trapianti per milione di abitanti. Nel 2004 l’Italia è stato il secondopaese in Europa (il terzo nel mondo dietro anche agli Stati Uniti) pernumero di trapianti cardiaci, 353. Meglio aveva fatto solo la Germania,con 412.

Tre coppie si ‘scambiano’ i reniFirenze, 17 novembre Un maxitrapianto di reni ha coinvolto tre coppie di coniugi che si sono

‘scambiate’ gli organi. L’intervento, che al momento appare riuscitoalla perfezione, è stato effettuato nel reparto di nefrologia dell’ospeda-

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le Cisanello di Pisa. In pratica, dopo aver verificato le incompatibilitàfra marito e moglie, il coniuge sano di ognuna delle tre coppie hadonato un rene a quello malato di un’altra. Le tre coppie, secondoquanto riportato oggi dal quotidiano Il Tirreno, sono di Empoli,Grosseto e Roma. Si tratta di persone di mezza età. I malati, duedonne e un uomo, si sono affidate al centro di Cisanello, dove sonostate scoperte le compatibilità ‘intrecciate’. L’intervento, effettuatoqualche giorno fa, è durato quasi dieci ore. I sei sono ora ricoverati nelreparto di rianimazione. I tre donatori saranno dimessi fra pochi gior-ni. Per gli altri, ci sarà da verificare se ci saranno complicazioni.

In Francia il primo trapianto di facciaRoma, 30 novembre Una donna di 36 anni che ha avuto il viso completamente sfigurato dai

morsi di un cane è la prima persona al mondo ad aver ricevuto untrapianto di faccia. La notizia è stata confermata dal chirurgo italianoMarco Lanzetta, che collabora da anni con i colleghi francesi. La noti-zia è stata riportata dal quotidiano britannico Evening Standard.L’intervento è stato effettuato nei giorni scorsi ad Amiens da una equi-pe di chirurghi con la collaborazione del professor Jean-MichelDubernard, primario dell’ospedale Edouard-Herriot di Lione –all’avanguardia mondiale nel campo dei trapianti. Cinque anni faDubernard effettuò il primo trapianto di mani riuscito. Stretto riserboper il momento ad Amiens. La direzione della comunicazione del cen-tro ospedaliero ha rinviato all’omologa struttura dell’ospedale Herriotdi Lione, ma anche qui il silenzio è massimo. Secondo quanto raccoltodall’esperta di sanità del quotidiano britannico, Rebecca Smith, ladonna sottoposta a trapianto ha 36 anni ed aveva avuto il volto distrut-to dai morsi di cani. Aveva perso naso, labbra e mento. L’operazionesarebbe stata fatta nello scorso fine settimana ma non sarebbe statofatto alcun annuncio anche a causa di serie preoccupazioni etichelegate all’intervento, tecnicamente possibile da tempo.

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Primo trapianto rene-pancreas su sieropositivoRoma, 21 gennaio È stato effettuato oggi all’ospedale di Varese un trapianto combinato

di rene-pancreas su un giovane sieropositivo al virus HIV. L’intervento,il primo del genere in Italia, è stato eseguito da un gruppo di chirurghicoordinati dal professor Renzo Dionigi dell’Università dell’Insubria,secondo un protocollo messo a punto dal Centro nazionale trapianti.Il primo trapianto di rene (da donatore vivente) su una persona siero-positiva, ha ricordato l’infettivologo Paolo Grossi dell’Università diVarese, è stato condotto dal professor Ignazio Marino nel 2001. Quelloeseguito oggi è da donatore cadavere e combinato con un trapianto dipancreas. Il giovane sieropositivo, di 32 anni, soffriva di una nefropatiadiabetica e dunque il tipo di intervento era indicato per lui. Inoltre erain condizioni buone dal punto di vista immunologico per poter riceve-re un trapianto combinato. La carica virale dell’HIV era infatti sop-pressa grazie alle terapie antiretrovirali. All’operazione hanno presoparte oltre al professor Dionigi, il professor Ugo Boggi del centro per itrapianti di Pisa diretto da Franco Mosca, il chirurgo urologo AlbertoMarconi e il chirurgo vascolare Patrizio Castelli.

Donatori anziani efficienti come i giovaniRoma, 26 gennaio Una tecnica messa a punto in Italia permette di utilizzare organi pre-

levati da donatori anziani “con un’efficienza e un tasso di sopravviven-za assolutamente confrontabili a quelle che si ottengono con organi dadonatori giovani”. I risultati della tecnica, che consiste nel selezionaregli organi in condizione migliore, sono pubblicati oggi sul NewEngland Journal of Medicine dal gruppo coordinato da GiuseppeRemuzzi, dell’Istituto Mario Negri e direttore del dipartimentoTrapianti dell’Ospedale di Bergamo. La ricerca è stata condotta incollaborazione con il Nord Italia Transplant e i Centri Trapianto diBergamo, Genova e Padova. Si tratta di un risultato importante, cherende possibile utilizzare in modo ottimale gli organi prelevati dadonatori anziani, sempre più numerosi in Italia come in molti altriPaesi occidentali. Tanto che secondo il presidente dell’organizzazioneche negli Stati Uniti si occupa della raccolta degli organi per il trapian-to, Frank Delmonico, “il lavoro del gruppo dei ricercatori italiani faintravedere una strada nuova per utilizzare al meglio i pochi organi adisposizione e contribuirà al successo del trapianto in ogni parte del

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mondo”. La tecnica, ha spiegato Remuzzi, consente di utilizzare almeglio il rene prelevato da un donatore di oltre 60 anni. Pochi milli-grammi di tessuto prelevati dal rene da trapiantare vengono esamina-ti al microscopio per verificarne le condizioni: se il tessuto è ben con-servato è anche possibile trapiantare un solo rene, se la struttura non èperfetta si possono trapiantare entrambi i reni, se invece il tessuto èdanneggiato si preferisce non eseguire l’intervento. Lo studio è statoeseguito su 62 pazienti che avevano ricevuto, da donatori con più di 60anni, uno o due reni valutati istologicamente prima del trapianto.L’andamento di questi pazienti è stato confrontato con quello di 248persone che avevano ricevuto trapianti singoli di reni che non eranostati valutati istologicamente (di questi, 124 avevano ricevuto un reneda donatori con meno di 60 anni e gli altri 124 da donatori con più di60 anni). Dopo un’osservazione di tre anni, ha sottolineato Remuzzi,“la sopravvivenza dei reni valutati istologicamene non era significati-vamente diversa da quella dei reni dei controlli positivi”, ossia nondiversa da quella dei pazienti che avevano ricevuto l’organo da dona-tori con meno di 60 anni.

Raro intervento ‘domino’ su due neonatiNew York, 3 febbraio Un raro trapianto a domino è stato effettuato su due neonati nell’ospe-

dale pediatrico di Columbus, Ohio. Il piccolo Jason Wolfe di tre mesi edavanti a sé pochi giorni da vivere per un grave difetto ai polmoni, hadonato il cuore sano alla coetanea Kayla Linvingston e nel suo pettosono stati impiantati un cuore e i polmoni di un bambino compatibilemorto fuori dall’Ohio. “Trapiantare solo i polmoni sarebbe stato piùcomplicato del trapianto combinato”, ha spiegato Tim Hoffman, chi-rurgo del Columbia Children’s Hospital. L’intervento è durato 12 ore insale operatorie contigue. Entrambi i bambini hanno superato lo stadiopiù critico dopo l’operazione. I genitori di Kayla e Jason sono adessoimpegnati a far sì che i loro figli non si perdano di vista: “Mi immaginoche diventino molto amici, che possano fare affidamento l’uno con l’al-tra”, ha spiegato Rebecca, la mamma di Kayla.

Oltre 6mila italiani attendono un reneRoma, 2 marzo In Italia sono 6.362 i pazienti iscritti in lista attiva per un trapianto di

rene. Il tempo medio di attesa per ottenere un nuovo organo è di circa3 anni. Oltre 400 persone però aspettano da oltre 10 anni. Nell’ultimoanno i trapianti di rene sono stati 1.663, quasi il doppio rispetto a 10anni fa. Nel periodo 1992-2005 il record dei trapianti è stato toccatonel 2004, con 1.746 interventi effettuati. Questi i dati forniti dall’Aned(Associazione nazionale dializzati e trapiantati) nel corso della presen-tazione della Giornata del Rene. “È importante – ha commentato amargine della conferenza, Alessandro Nanni Costa, direttore Centronazionale trapianti – che le liste d’attesa non stiano crescendo. Oggi ilnumero dei trapianti di rene effettuati ogni anno in Italia è di circa

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1.700. Un dato, riferito al 2004, che ci pone in competizione con glialtri Paesi europei, al secondo posto dopo la Spagna, vicini alla Franciae ben più avanti di Germania e Regno Unito”. “La trasparenza – hatenuto a precisare il professor Costa – è alla base della nostra attività.Ogni anno infatti i risultati dei nostri interventi vengono mandati aconfronto con i registri europei”. Il problema italiano ha aggiunto è “losquilibrio tra Nord e Sud per quanto riguarda il numero di donazio-ni”. Tanto che se è vero che “non ci sono più ‘migrazioni’ degli italia-ni oltre confine, esiste ancora il fenomeno dal Mezzogiorno al Nord”.Quello che servirebbe, secondo l’esperto è “un osservatorio sui risulta-ti complessivi del sistema dell’assistenza e cura, l’impegno per mante-nere la qualità e infine l’incremento del numero trapianti. Il che signi-fica più donazioni”.

Italia seconda al mondo per donazioniRoma, 5 maggio L’Italia scala la classifica delle nazioni con il maggior numero di dona-

tori d’organi e conquista il secondo posto a livello mondiale, scavalcaanche gli Stati Uniti e rimane seconda solo alla Spagna. È un dato piùche incoraggiante quello registrato dal Centro nazionale trapianti erelativo ai primi 4 mesi del 2006, cui si aggiunge un’ulteriore notapositiva: donazioni e trapianti crescono anche nelle regioni del SudItalia (con un +25% rispetto al 2005) dove è da sempre maggiore lacarenza di organi. Un quadro che lascia dunque ben sperare, anche serestano pressoché invariati i tempi delle liste di attesa e il numero dipazienti in coda per un intervento. E sulla scorta di questi numeriprende il via la Campagna 2006 ‘Dai valore alla vita’ per la promozio-ne di donazioni e trapianti promossa dal Ministero della Salute, la cuiprima iniziativa sarà la Settimana della donazione (dal 7 al 14 mag-gio). Un dato significativo riguarda l’opposizione alla donazione, maicosì bassa da anni. È infatti passata dal 29,4% del 2005 al 24% del2006 (con picchi in Sardegna con un -25,6% e Lazio con -20%). Unrisultato, ha commentato Alessandro Nanni Costa, direttore del CNT,reso anche possibile dalla maggiore consapevolezza dei cittadini edalla migliore organizzazione della rete trapiantologica. Ma in gene-rale, la situazione è largamente migliorata rispetto al 1998, anno dientrata in vigore della legge sui trapianti. Da allora i trapianti sonoaumentati del 60%, mentre il numero di donatori ha avuto un incre-mento complessivo del 36,2% dal 2000.

Il Friuli è la regione più ‘generosa’Roma, 4 agosto Il Friuli Venezia Giulia ‘strappa’ alla Liguria lo scettro della Regione

italiana con il maggior numero di donazioni di organi. Mentre nel2005 la Liguria era in testa con 37,5 donatori utilizzati per milione diabitanti (pma) e 40,7 donatori effettivi, il 2006 vede primeggiare i friu-lani con 40,9 donazioni utilizzate per milione e 46 donazioni effettiveper milione. Un netto aumento delle donazioni si è registrato anche in

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Toscana (che passa da 29,4 donatori effettivi a 40,4) così come nellaProvincia Autonoma di Bolzano, che passa dal 25,9 pma del 2005 al34,8 pma del 2006. Ma nonostante questi segnali positivi, un italianosu quattro si oppone ancora a fornire il consenso per la donazionedegli organi. I dati emergono dalla newsletter del Centro NazionaleTrapianti, che ha confrontato i dati raccolti nel 2005 con una proiezio-ne basata sui dati relativi ai primi sei mesi del 2006. Alcune regionimeridionali, come Calabria e Sicilia, segnano un trend positivo, anchese le donazioni rimangono pochissime. Per la Calabria, ad esempio, ledonazioni utilizzate sono passate dalle 6,5 pma dell’anno scorso alle 10pma di quest’anno, mentre in Sicilia il 6,6 pma del 2005 è lievitatonell’8,1 pma del 2006. L’aumento più rilevante rispetto all’anno pre-cedente si è registrato invece nella Provincia Autonoma di Trento,dove le donazioni sono passate da 4,2 pma a 8,5 pma. “Perché ilnumero dei donatori a Trento raddoppi, però, bastano un paio dimorti in più o in meno – commenta Alessandro Nanni Costa, diretto-re del CNT – e comunque questo è un dato solo indicativo. È difficilefare previsioni precise se il numero dei donatori è molto piccolo”.

Il trapianto di utero divide i bioeticistiRoma, 4 settembre La nuova frontiera del trapianto di utero, finalizzato ad aiutare le

donne sterili che vogliano avere figli preoccupa i bioeticisti, divisi suquesto tema delicato. In linea di principio favorevoli alcuni, mentrealtri sottolineano come non possa essere escluso un eventuale dannosull’embrione, cosa che renderebbe eticamente inaccettabile la tecni-ca. D’accordo, sia pure con tutte le necessarie cautele, si dice FrancescoD’Agostino, ex presidente del Comitato nazionale di bioetica (CNB).“In linea di massima – ha affermato D’Agostino –, tutto ciò che ha unavalenza terapeutica può essere considerato lecito, a condizione che legaranzie dal punto di vista medico e sanitario siano totali. È chiaro chel’utero è un organo con una forte valenza simbolica, ma nei limiti incui la tecnica di trapianto si dimostrasse completamente sicura e ser-visse ad aiutare la donna a vincere la sterilità, allora credo che taletecnica di trapianto andrebbe considerata con attenzione”. Il punto,secondo D’Agostino, è che la sterilità “è una patologia ed è dunquelecito combatterla, a patto che ciò non significhi in qualche mododanneggiare il nascituro”. Perplessità, invece, circa l’annunciata possi-bilità di ‘trapianto temporaneo’ dell’utero, ovvero la rimozione dell’or-gano dopo la conclusione della gravidanza per evitare l’assunzione deifarmaci immunosoppressivi a lungo. “È un variante che non convincee da valutare con cautela”, ha concluso D’Agostino. Più scettico circal’annunciato trapianto in prima mondiale è invece il bioeticistaAntonio Spagnolo, dell’Università Cattolica di Roma. “Un trapiantodi utero quale organo con funzioni puramente fisiologiche, come quel-le svolte da tanti altri organi, non porrebbe alcun dubbio etico, ma inquesto caso la funzione alla quale il ‘nuovo’ utero sarebbe deputatonon sarebbe fisiologica ma legata alla procreazione. Questo impone

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che siano rispettati alcuni ‘paletti’ fondamentali, come la sicurezzatotale di embrione e feto. Cosa di cui al momento la scienza non puòavere certezza”. In altre parole, si dovrebbe dimostrare che l’assunzio-ne di farmaci immunosoppressivi, dopo il trapianto e durante unaeventuale gravidanza della donna trapiantata, non abbiano effetti sulfeto.

Torino, tecnica rivoluzionaria per espianto di reneTorino, 3 ottobre Nuove frontiere per i trapianti di rene. Gli ultimi undici prelievi da

vivente eseguiti dai nefrologi dell’ospedale Molinette di Torino, unicocentro in Europa, sono stati eseguiti con una tecnica innovativa: la lapa-roscopia ‘gas-less’, che non prevede l’immissione del gas nell’addome, dinorma utilizzato per isolare l’organo su cui si interviene. I risultatidell’impiego di questa tecnica verranno esposti al 55° Congresso delSuni (Società degli urologi del Nord Italia) che si terrà a Torino dal 12al 14 ottobre. I ‘pionieri’ di questa tecnica laparoscopica in campo uro-logico sono i chirurghi di Urologia III (il primario è Ugo Ferrando), deldipartimento di urologia diretto da Alessandro Tizzani. Con la laparo-scopia ‘gas-less’ (detta anche isobarica) il campo operatorio viene resovisibile con un elevatore di parete. Questa tecnica elimina gli effetti col-laterali dovuti all’immissione del gas a 12 mmHg per sollevare la pareteaddominale. “L’impiego della pressione intraddominale di solito aumen-ta le resistenze polmonari, diminuisce il ritorno venoso e aumenta ledifficoltà urinarie. Con la laparoscopia ‘gas-less’ siamo in grado di elimi-nare tutti questi rischi”, ha spiegato Lorenzo Repetto, responsabile dellalaparoscopia urologica delle Molinette. Da circa un anno e mezzo, quin-di, alle Molinette si eseguono prelievi di rene da donatore vivente (è unodei pochi centri italiani) usando unicamente la tecnica della laparoscopia‘gas-less’. “In urologia siamo gli unici in Europa e forse anche nelmondo”, ha sottolineato Repetto. Questa tecnica, che viene normal-mente impiegata nella chirurgia ginecologica, alle Molinette è stataintrodotta anche nei protocolli per l’asportazione del rene in laparosco-pia. L’equipe di Ferrando ne ha già effettuate sessantadue. Tre, infine, leasportazioni della ghiandola surrenale eseguite in laparoscopia isobari-ca. “La prima in verità era di prova – ha commentato Repetto – poichénon vi erano controindicazioni alla laparoscopica iperbarica. Ma nellaseconda surrenalectomia la tecnica ‘gas-less’ si è resa necessaria perchéla paziente era affetta da glaucoma bilaterale e nella terza vi erano seriproblemi polmonari”.

Prime trachee sostituite con aortaRoma, 20 ottobre Per la prima volta al mondo sono state effettuate 4 sostituzioni della

trachea utilizzando l’arteria aorta di rispettivi donatori. L’annuncio èstato dato ieri in una conferenza stampa all’ospedale Calmette di Lille(Francia) e gli interventi chirurgici sono stati realizzati su giovani mala-ti affetti da un tumore raro, altrimenti non operabile. Tra i chirurghi

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che hanno realizzato con successo questi trapianti c’è l’italianoMassimo Conti, secondo il quale la tecnica potrà essere utilizzata perun numero ristretto di persone ma che non hanno alternative terapeu-tiche se non cure palliative. Le complesse operazioni chirurgiche,durate in media 12 ore, sono state coordinate dal professor AlainWurz, capo del reparto di chirurgia toracica del Centro ospedaliero diLille e sono state realizzate, dal marzo 2005, su tre uomini e unadonna di età compresa tra 20 e 46 anni. I malati di tumore alla tracheapossono subire l’ablazione di una porzione non superiore alla metàdell’organo, lungo una dozzina di centimetri. Ma alcuni rari casi dicancro, non legati al fumo e che colpiscono soprattutto giovani adulti,si estendono a tutta la trachea e non sono sensibili né alla chemiotera-pia né alla radioterapia. L’intervento, ha spiegato Conti, consiste nelrimuovere la quasi totalità della trachea e nel sostituirla con un seg-mento di aorta di pari lunghezza, prelevato da un paziente deceduto.I chirurghi inseriscono poi all’interno dell’aorta un tubo di silicone perevitare che il vaso, che è meno rigido della trachea, rimanga schiaccia-to durante la respirazione. Intorno alla nuova aorta-trachea vienesistemata poi una porzione del muscolo pettorale del paziente, perproteggerla e permetterne la vascolarizzazione. “Nei mesi che seguonoil trapianto – ha spiegato Conti – abbiamo visto che l’aorta si trasfor-ma a poco a poco in trachea. In altre parole dalle Tac di controllo siriescono a vedere formazioni di neocartilagine a forma circolare comenella trachea”. “Si tratta di interventi chirurgici molto complessi edesistono complicazioni postoperatorie enormi – ha aggiunto Conti –.Tuttavia per questi malati, spesso giovani e senza alternative, l’inter-vento di sostituzione è una strada percorribile”.

Nanni Costa (CNT): “Aumentare il numero di interventi”Roma, 25 ottobre Per quest’anno in Italia sono previsti 3.166 trapianti, rispetto ai 9.066

pazienti in lista d’attesa: “Dobbiamo fare di più”, ha commentato ildirettore del Centro Nazionale Trapianti (CNT), Alessandro NanniCosta, presentando a Roma la campagna di informazione per la dona-zione di organi organizzata dallo stesso CNT e dal Comune di Roma.Parallelamente bisogna lottare contro l’ostilità di trapianti, ancora altae calcolata nel 27%. Tuttavia, ha aggiunto Nanni Costa, l’Italia è inuna buona posizione in Europa, con 21,4 donatori per milione di abi-tanti. Una cifra, ha aggiunto, che mette l’Italia “al pari con la Franciae al secondo posto fra le grandi nazioni europee, dopo la Spagna, nellaquale i donatori sono 30 per milione di abitanti”. “Le donazioni diorgani – ha osservato Nanni Costa – non sono omogenee a livellonazionale”. La regione più generosa è la Toscana, con 43 donatori permilione di abitanti, mentre Basilicata e Puglia sono ultime, con 7 dona-tori per milione. Dei 3.166 trapianti da donatore cadavere previsti nel2006, 1.657 sono di rene, 1.76 di fegato, 337 di cuore, 95 di pancreascombinato con il rene, 95 di polmone, 4 di intestino e uno multivisce-rale. Dei 9.066 pazienti in lista d’attesa, la maggioranza (6.334) ha

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bisogno di un trapianto di rene, 1.659 di fegato, 726 di cuore, 294 dipolmone e 183 di pancreas. Un numero tanto grande di persone inlista d’attesa si deve, secondo Nanni Costa, al fatto che “il trapianto èuna terapia che ha successo e che ha sempre maggiori indicazioni, ilche lo rende disponibile per un numero sempre maggiore di cittadini”.Molto soddisfacente anche la qualità dei trapianti in Italia: “Ci sonoottimi risultati, in tutto il Paese” e quello italiano è l’unico sistema nelquale i risultati ottenuti da tutti i centri sono documentati sul sito delMinistero della Salute. Risultati così positivi, ha concluso Nanni Costa,che l’80% dei pazienti che ha ricevuto il trapianto riprende il lavoro ela normale attività, molti giovani hanno figli e praticano sport.

Padova guida il progetto europeo sugli xenotrapiantiPadova, 20 novembre “Portare lo xenotrapianto il più possibile vicino all’applicazione clinica”.

Per Emanuele Cozzi, coordinatore europeo del Progetto IntegratoXenome, questo è il principale, ma non unico, obiettivo dell’iniziativafinanziata dalla Commissione ricerche europea con 9,88 milioni di euroe che, inserita nel VII Programma quadro, coinvolge 22 laboratori in 11Paesi della UE. Del progetto, illustrato oggi a Padova in una conferenzastampa, si è proposto come regista il gruppo di ricerca del quale fa parteil dott. Cozzi, diretto dal prof. Ermanno Ancona, docente di chirurgiagenerale presso l’Università di Padova, i cui risultati scientifici consegui-ti a livello internazionale sullo xenotrapianto hanno ottenuto il prestigio-so riconoscimento da parte della Commissione europea. Entrando neldettaglio dell’iniziativa, Cozzi ha spiegato che i ricercatori modifiche-ranno con l’applicazione dell’ingegneria genetica il genoma del maiale“per renderlo il più compatibile possibile con quello dell’uomo sotto ilprofilo immunologico”. Lo studio avrà ricadute non solo sulla possibilitàdi trapianto di organi ma anche sulle problematiche di coagulazione einfiammazione conseguenti al trapianto e di trasmissione di infezioni dadonatore a ricevente, come pure sulla cura di talune patologie animali.Le prime ricerche, ha proseguito Cozzi, riguarderanno il trapianto direne, di insulae pancreatiche in scimmia diabetica e di neuroni in scim-mia con morbo di Parkinson. Lo studioso ha quindi affermato che lesperimentazioni avverranno dapprima in laboratorio, e solo quandoqueste garantiranno i risultati, “si tocca l’animale”. Il coordinatore delprogetto ha inoltre sottolineato “la piattaforma molto solida” che carat-terizza la proposta padovana, prevedendo “un forte pacchetto etico ebioetico” e l’impegno di comunicare, via via che vengono conseguiti, iprogressi della ricerca. Punti qualificanti del pacchetto etico sono l’isti-tuzione di un apposito comitato per la valutazione delle implicazione diordine bioetico implicite nel progetto e l’attenzione al “benessere”dell’animale durante la ricerca.

Un cuore nuovo da donatore non compatibilePadova, 2 dicembre Usando una tecnica che ‘confonde’ il sistema immunologico, per la

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prima volta in Italia è stato effettuato un trapianto di cuore su unbimbo di tre mesi di con un gruppo sanguigno incompatibile col dona-tore, una neonata di appena 19 giorni. “Alcune ore prima dell’inter-vento – ha spiegato il professor Gino Gerosa, direttore della cardiochi-rurgia dell’Azienda ospedaliera di Padova – abbiamo rimosso alpaziente il sangue di gruppo ‘zero’ e, dopo aver separato i globuli rossida plasma e piastrine, lo abbiamo reimmesso con gli stessi globuli rossima plasma e piastrine del gruppo sanguigno ‘A’ del donatore”. Il pro-cedimento, conosciuto come plasmaferesi, consente di abbattere labarriera immunologica evitando il rigetto iperacuto dell’organo tra-piantato ed è stato effettuato tre volte sul piccolo paziente, anche incorso dell’intervento. “A tutt’oggi – ha proseguito il prof. Gerosa –, acirca una settimana dall’operazione, il piccolo non ha prodotto anti-corpi, è stubato, si alimenta regolarmente” ed è sottoposto ad unmonitoraggio immunologico costante. Se entro un paio d’anni nonsopraggiungeranno complicazioni, ha aggiunto il cardiochirurgo, ilpaziente rientrerà nel sistema normale di trapiantato. Il bimbo, haspiegato la dott. Ornella Milanesi, coordinatrice pediatrica, era statotrasferito all’inizio dello scorso ottobre, a circa due mesi di vita,dall’ospedale “Gaslini” di Genovaaquello di Padova con una diagno-si di tumore cardiaco. “Le sue condizioni erano estremamente criti-che”, ha proseguito la dottoressa, perché la massa tumorale, cheoccupava il ventricolo sinistro, era di notevoli dimensioni e non con-sentiva un intervento di tipo conservativo. “Si presentava un’emergen-za – ha sottolineato l’immunologo Emanuele Cozzi – perché il riceven-te necessitava di un trapianto salvavita”. Quando ormai il bambinoaveva una aspettativa di vita inferiore ai sette giorni si è reso disponi-bile l’organo di una piccola lombarda nata 19 giorni prima. Ottenutala disponibilità degli organi da trapiantare da parte dei genitori, infat-ti, si è attivata la rete di allocazione attraverso il Centro NazionaleTrapianti (CNT) ed il Centro Interregionale NITp (Nord ItalianTransplant) così che, pur non esistendo un possibile ricevente compa-tibile per gruppo sanguigno su tutto il territorio nazionale, il CNTconcordava di assegnare ugualmente il cuore all’Azienda ospedalieradi Padova. Al Centro trapianti di Padova hanno quindi deciso di appli-care, per la prima volta in Italia, la procedura di plasmaferesi, speri-mentata in America (60 casi tra Canada e Stati Uniti), Inghilterra eGermania (circa 10 rispettivamente), dove ha consentito di far scende-re dal 60% al 7% il tasso di mortalità di piccoli pazienti in attesa ditrapianto.

50 geni sono la chiave per il successo dell’interventoRoma, 28 dicembre In un futuro ormai prossimo saranno i geni a svelarci, con un semplice

prelievo di sangue, se un trapianto di fegato potrà avere un esito posi-tivo. A studiare il questa tematica è il gruppo di Antonio Faiella,responsabile dell’Unità di biologia molecolare del Centro di Bio-tecnologie dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. In una ricerca che sarà

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pubblicata a gennaio su ‘Liver transplantation’, Faiella ha infatti dimo-strato come siano 50 i geni il cui ruolo risulta fondamentale per predi-re l’esito del trapianto. L’indagine, che getta le basi per una maggiorecomprensione dei fenomeni molecolari alla base del rigetto di un orga-no, è promossa dal direttore scientifico del Centro, Fulvio Calise,finanziata dall’Alto Comitato per i Trapianti della Regione Campaniae si è svolta in collaborazione con il gruppo dei professori Nitsch eConti dell’Università Federico II e del CNR di Napoli. “Dal momentodel prelievo dell’organo da cadavere a quello del suo impianto nelricevente – ha spiegato Faiella – possono passare dalle 8 alle 12 ore,durante le quali l’organo subisce degli ‘shock’, a partire dalla tempera-tura fredda necessaria per il suo trasporto, unito al trauma da caldo,tipico dei primi istanti dopo l’impianto. Sono proprio questi i problemiche possono essere alla base dell’insuccesso”. I ricercatori hanno quin-di voluto osservare cosa accadeaigenidell’organo in queste fasi e, perquesto, hanno studiato il comportamento di circa 30.000 geni in unmodello umano di trapianto di fegato. Risultato: confrontando la ‘foto-grafia’ dei geni di campioni di fegato prelevati in momenti diversi (a‘tempo zero’, durante il trasporto e poco prima del termine del tra-pianto), gli esperti hanno osservato che più di 800 geni cambianovolto, ovvero subiscono delle modificazioni entro 2 ore dall’operazio-ne. “Sicuramente la modificazione di questi geni – ha sottolineatoFaiella – svolge un ruolo importante e abbiamo osservato come sianoin particolare una cinquantina i geni con un ruolo centrale. Il nostroobiettivo è ora individuare il gruppo di geni che modificandosi piùdegli altri influenza l’esito del trapianto”. Sperimentazioni sono già incorso sui maiali ed entro tre anni, ha affermato Faiella, “potrebbeiniziare la sperimentazione clinica sull’uomo”.

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Nasce Eurocet, il portale europeo sui trapiantiBruxelles, 7 febbraio Per i cittadini italiani ed europei sarà più facile ottenere le informa-

zioni utili, capillari e dettagliate, per un trapianto di organi, di celluleo di tessuti. Sarà più veloce anche conoscere centri di eccellenza,collegarsi con le varie organizzazioni nazionali e con le istituzioniinteressate. Attualmente nell’UE sono 57.585 i pazienti in attesa di untrapianto. In Italia, sono 9.000 quelli che attendono un nuovo organo,ma solo 300-400 sono iscritti per un trapianto all’estero. L’Europapuò ora contare sul nuovo strumento d’informazione Eurocet, unportale europeo innovativo, risultato di un progetto comunitario coor-dinato dall’Italia e a cui partecipano anche Francia, Germania,Regno Unito, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria,Lussemburgo, Olanda, Polonia, Spagna, Slovenia e Slovacchia.Insomma, su Eurocet, che è anche la prima banca dati dedicata atessuti e cellule, si potrà navigare online per scoprire, come in unamappa, le diverse realtà europee in materia di trapianti. Il portale èstato presentato a Bruxelles, nella sede del Parlamento europeo, daldirettore del Centro nazionali trapianti, Alessandro Nanni Costa, edal parlamentare europeo Vittorio Prodi (Margherita) che ha fatto glionori di casa. L’ambasciatore Rocco Cangelosi, rappresentantedell’Italia presso l’Unione europea, ha dato un saluto di benvenuto.Nanni Costa ha spiegato che, rispetto ad una tematica così delicata,con cittadini come donatori e cittadini come pazienti, esiste una chia-ra necessità di informazione. Bisogna creare, ha rilevato Nanni Costa,“una rete e una situazione di equità di accesso ai cittadini, non soloper gli organi, ma anche per tessuti e cellule. L’equità è collegata allaconoscenza e quindi all’informazione”. In Italia, ha ricordato loscienziato, sono stati fatti passi avanti ma c’è ancora da fare. “Ognianno ci sono 3.000 trapianti e 9.000 sono i pazienti in lista di attesa,mentre per le cellule e per i tessuti non abbiamo carenze”. PerVittorio Prodi, il presentare l’iniziativa nella sede del Parlamentoeuropeo “è un modo per affrontare un nostro dovere, quello di legife-rare nel campo della salute pubblica. Con questo progetto in partico-lare l’Italia ha fatto un grosso lavoro di coordinamento che va nelsenso in cui si muove l’Europa”. Del resto ha ricordato Prodi: “Allacommissione ambiente del Parlamento europeo stiamo affrontandouna nuova direttiva sulla terapia innovativa e una parte importante diqueste terapie è proprio data dalla terapia cellulare”.

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Primo grave errore in trapianto da sieropositivaRoma, 20 febbraio È stato “un errore umano”, “gravissimo” quanto “inevitabile”, accaduto

“per la prima volta nei 40 anni di attività nel settore dei trapianti”. Ildirettore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa,commenta così il trapianto, avvenuto in tre pazienti nell’ospedale fioren-tino di Careggi di organi prelevati da una persona sieropositiva. L’errore,ha affermato Nanni Costa, “è avvenuto all’esterno delle procedure stan-dardizzate, che sono messe in atto anche in questo caso”. Sempre secon-do quanto prevede la procedura di sicurezza, ha proseguito il responsa-bile del CNT, prima del prelievo degli organi sono state eseguite leindagini strutturali (come radiografie ed ecografie) e gli esami di labora-torio, il cui obiettivo è verificare la sicurezza del prelievo. “Sono statieffettuati – ha aggiunto – anche gli esami del sangue, che avevano datoun esito positivo, alla luce del quale il prelievo non avrebbe dovuto esse-re eseguito”. Successivamente, ha detto ancora Nanni Costa, “si è veri-ficato un errore umano gravissimo, del quale la stessa struttura ospeda-liera si è immediatamente assunta la responsabilità”. Nel frattempo i trepazienti che hanno ricevuto il trapianto “sono stati dichiarati ad altorischio” e “sono stati già trattati”, ha aggiunto. La speranza adesso è dimantenere il controllo della malattia, qualora abbiano contratto l’infe-zione. Le cure immunosoppressive necessarie dopo ogni trapianto perabbassare le difese immunitarie ed evitare il rigetto sono compatibili coni farmaci antiretrovirali contro il virus HIV responsabile dell’AIDS. Lodimostrano, ha osservato, i casi dei pazienti sieropositivi che hanno subi-to un trapianto. Le procedure di sicurezza, secondo Nanni Costa, reste-ranno le stesse, la cui validità è riconosciuta a livello internazionale. Èstato “un errore talmente elementare – conclude il direttore del CNT –,gravissimo ma non prevedibile, così raro che si è manifestato una voltain 40 anni. Qualsiasi procedura in atto deve comprendere la trascrizionedi qualcosa”.

Stesso rene danneggiato riproposto a pazienteFirenze, 27 febbraio Un rene espiantato e giudicato non trapiantabile in un ospedale per-

ché di cattiva qualità è stato nuovamente offerto, ma da un altro pre-sidio, alla stessa paziente. L’episodio è stato denunciato dal presidentedel Forum Nazionale Associazioni Trapiantati, Giuseppe Canu, cheha annunciato l’invio di una lettera per chiedere un incontro urgenteal ministro della Salute, Livia Turco, “per capire come una cosa delgenere possa essersi verificata e per riuscire ad individuare dove stial’errore”. La stessa lettera è stata inviata al responsabile nazionaledell’Organizzazione Trapianti, Alessandro Nanni Costa, ed ai respon-sabili delle organizzazioni delle due regioni coinvolte. La vicenda, dicui Canu dice di possedere la documentazione, ha per protagonistauna paziente in dialisi, una donna di cinquant’anni che vive al Sud.All’inizio del gennaio scorso, la signora è stata chiamata dal centrotrapianti di L’Aquila che segnalava la disponibilità di un rene. Quandola signora è arrivata nel capoluogo abruzzese l’organo era già risultato

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di “cattiva qualità “ e quindi non trapiantabile. La signora si è quindirimessa in viaggio verso casa. Quando stava per arrivare è stata nuo-vamente chiamata, ma questa volta da Pisa, da dove le si comunicavala disponibilità di un rene proveniente da L’Aquila. Dalla richiesta dispiegazioni della signora sarebbe emerso che si trattava dello stessorene che poche ore prima era stato giudicato non trapiantabile”.

Sì alla conservazione del cordone per uso personaleRoma, 5 maggio Mai più viaggi all’estero dei cordoni ombelicali per conservare le cel-

lule staminali dei propri figli. Il Ministro della Salute Livia Turco hafirmato ieri l’ordinanza di misure urgenti sulle cellule staminali dacordone ombelicale, affrontando per la prima volta la possibilità per ledonne di conservare il proprio cordone dopo il parto per uso autologo(cioè per uso personale). Possibilità ad oggi ammessa solo in quei casiin cui il neonato sia malato o a rischio di contrarre patologie per lequali è già oggi provata l’utilità del trapianto. L’ordinanza preannun-cia un’iniziativa legislativa che disciplina il modo e le condizioni perquesto tipo di conservazione e l’orientamento del Ministro dellaSalute, indicato nella stessa ordinanza, è quello di consentire questapossibilità limitatamente ad una quota del cordone, lasciando l’altraparte per fini solidaristici. Inoltre, per garantire un principio di equità,è intenzione del Ministro prevedere “a fronte del pagamento dellespese di conservazione per la parte riservata all’uso autologo” fasce diesenzione per reddito. Congelare il cordone ombelicale nelle banchedi cellule all’estero costa oggi da 1.500 a 3.000 euro, più le spese dimantenimento annuo. E lo scorso anno, oltre 1.500 donne italianehanno deciso di farlo, per garantire una chance in più ai propri figli incaso di malattia futura. Il trapianto di cellule staminali da sangue pla-centare (contenute appunto nel cordone) si è rivelato prezioso per lacura di diverse malattie quali leucemie, linfomi, talassemie e alcunegravi carenze del sistema immunitario. Attualmente, nell’ambito delladonazione pubblica, è già praticata la raccolta del sangue da cordoneper uso cosiddetto ‘dedicato’: il sangue è cioè conservato esclusivamen-te per quel bambino o per quella famiglia nella quale già esista unapatologia o un alto rischio di avere altri figli affetti da malattie geneti-che. In questi casi infatti la cura con cellule staminali da cordonerisulterebbe decisiva. Soprattutto tra i nomi noti e in alcune famigliebenestanti si è diffusa la pratica di conservare le staminali da cordonein banche all’estero, a proprie spese e previa autorizzazione delMinistero della Salute. La posizione contraria dell’Italia (già stabilitanel 2002 dall’allora ministro Girolamo Sirchia e reiterata con l’ordi-nanza del 2006 che scadrà, appunto, il prossimo 9 maggio) alle bancheprivate per la conservazione del sangue cordonale per usi personali èanche motivata da un dato scientifico: si stima infatti che solo 1 perso-na su 20.000, e soltanto nei primi 20 anni di vita, potrebbe mai averbisogno del proprio cordone in caso di malattia, a fronte di costi enor-mi che tale pratica di conservazione richiederebbe. “Spiegheremo

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anche questo alle coppie” ha commentato il ministro. Si cercheràanche di aumentare i punti di raccolta dei cordoni, oggi presenti solonel 10% dei centri nascita, dove si raccolgono 20.000 cordoni l’anno.Nei primi tre mesi del 2007 si è registrata una riduzione di circa il 10%delle donazioni e del numero di trapianti, con una diminuzione neitrapianti di cuore fino al 20%, dovuta alla maggiore età dei donatori,ormai largamente superiore ai 50 anni. Niente a che vedere, ha assi-curato il direttore del centro nazionale trapianti, Alessandro NanniCosta, con “l’effetto Firenze”, cioè la temuta e non avvenuta riduzionedopo l’errore che ha portato a trapiantare tre organi da una sieroposi-tiva.

Primo doppio trapianto di polmone su sieropositivoRoma, 25 maggio È un primato mondiale italiano il doppio trapianto di polmone su un

paziente sieropositivo al virus HIV, eseguito presso l’IstitutoMediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione(Ismett) di Palermo. L’intervento è avvenuto questa settimana e apochissimi giorni dal trapianto il paziente sta mostrando “un recuperoeccezionale”, si apprende dall’istituto. È ancora ricoverato in terapiaintensiva, ma già respira autonomamente, si alimenta e sta riprenden-do la terapia antiretrovirale. Ci sono tutte le premesse per definirequesto primato della medicina italiana un autentico successo che tagliadefinitivamente i ponti con un passato nel quale interventi di questotipo erano considerati senza futuro e che pone l’Italia in una posizionedi leader per i trapianti sulle persone sieropositive. Un risultato che ilMinistro della Salute, Livia Turco, ha definito “un innegabile successodella medicina italiana”. Tanto che l’Italia è, con la Spagna, capofiladel progetto per il registro europeo dei trapianti nei pazienti sieroposi-tivi, che sta per essere presentato nell’ambito del settimo Programmaquadro per la ricerca europea. A ricevere il doppio trapianto di polmo-ne è stato un uomo con insufficienza respiratoria terminale e infezioneda HIV. Sulla sua identità (di lui si sa soltanto che è un adulto e chenon è siciliano) c’è uno stretto riserbo per motivi di privacy. La funzio-ne respiratoria era così compromessa che soltanto il trapianto avrebbepotuto salvare il paziente, hanno osservato gli esperti. Dopo il via libe-ra all’intervento dal Comitato etico dell’Ismett e dal Centro NazionaleTrapianti, il trapianto è stato eseguito dal direttore scientifico dell’isti-tuto, Bruno Gridelli, Alessandro Bertani, Giuseppe D’Ancona eAntonio Arcadipane. Il risultato, ha osservato Gridelli, “confermal’eccellente livello che la trapiantologia ha raggiunto nel nostro Paesegrazie al lavoro in comune di tanti professionisti della salute”. Per ildirettore del Centro Nazionale Trapianti, Alessandro Nanni Costa, “sitratta di un evento importante per il progresso del mondo dei trapian-ti”. L’intervento eseguito a Palermo rientra nel programma sperimen-tale avviato in Italia nel 2002 da CNT e Commissione NazionaleAIDS. Dall’avvio del programma in Italia sono stati eseguiti 52 tra-pianti, 48 dei quali di fegato, due di rene-pancreas e uno di rene. Una

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realtà molto diversa da quella del luglio 2001, quando il chirurgoIgnazio Marino eseguì all’Ismett il primo trapianto su un pazientesieropositivo. Quell’intervento aveva suscitato aspre polemiche e unalettera di censura da parte dell’allora ministero della Salute, GirolamoSirchia. Adesso le cose sono cambiate. “Si è aperto un nuovo capitolonella chirurgia italiana a beneficio dei pazienti e che cancella la discri-minazione fatta in passato per altri motivi, diversi da quelli scientifici”,ha osservato Marino, oggi presidente della Commissione Sanità delSenato. A livello internazionale, a dare il via libera ai trapianti suipazienti sieropositivi era stata, nel 1992, la dimostrazione che i dueprincipali farmaci immunosoppressivi (la ciclosporina e il tacrolimus)non complicavano la situazione dei pazienti immunodepressi a causadell’AIDS. Un altro cambiamento importante è arrivato, nel 1995,con la nuova generazione di farmaci antiretrovirali, che ha permessodi aumentare sopravvivenza e attesa di vita dei pazienti.

Nanni Costa, sbagliato il reality sul reneRoma, 2 giugno Non è stata una provocazione positiva la trasmissione olandese di

Endemol sulla donazione del rene. Anzi, secondo il direttore del Centronazionale trapianti Alessandro Nanni Costa “si è trattato di un realityscandalistico che non aiuta le donazioni”. Secondo l’esperto “la trasmis-sione ha messo di fronte in modo violento da una parte una personamalata di tumore e dall’altra potenziali riceventi che si contendevanol’organo. Una contrapposizione che è il contrario della cultura delladonazione che deve essere sempre una scelta libera, civile e consapevole.Non mi sembra dunque che la rappresentazione della violenza sia ilmodo migliore per far aumentare le donazioni”. Il problema delle dona-zioni in Olanda, a differenza del nostro paese, ha spiegato Nanni Costa,è assai rilevante: dal 1999 da quando è stata fatta una campagna dipromozione molto contestata c’è stato un crollo delle donazioni che siattesta a 10 su milione di abitanti, mentre in Italia siamo il secondopaese dopo la Spagna con 20,5 donazioni per milione di abitanti.

Studio italiano scopre come prevedere il rigettoFirenze, 8 giugno Si può prevedere il rigetto di un organo da trapiantare. Un progetto e

due brevetti, sviluppati nell’azienda ospedaliero-universitaria diCareggi a Firenze, permettono di valutare prima del trapianto la pos-sibilità di rigetto e, quindi, di valutare il paziente più adatto a riceverel’organo. La ricerca si chiama ‘Tresor’ ed è stata effettuata da un grup-po di lavoro dell’Università del capoluogo toscano e brevettata a livel-lo internazionale. Lo studio ha permesso di comprendere che l’analisidei livelli di due chemochine nel sangue del potenziale ricevente per-mette di valutare la probabilità di rigetto dell’organo proveniente dadonatore vivente o defunto. Diretta dal professor Mario Serio e finan-ziata dalla Regione Toscana per oltre sette milioni e mezzo di euro intre anni, la ricerca ha riguardato più in generale gli 'antagonisti di

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Ppary’, classe di farmaci antidiabetici orali che favorisce l’azionedell’insulina circolante. Questi farmaci presentano anche altri effetti:infiammatorio, immunosoppressivo, antitumorale e antisclerotico. “Ilprogetto Tresor – ha spiegato Serio – è uno studio complesso che dira-ma in 4 studi diversi la ricerca su un particolare farmaco, il rosiglita-zone. Il lavoro congiunto di alcuni centri toscani collegati in rete aCareggi e all’Istituto Mario Negri ha permesso di creare un’omogenearaccolta dati”. Le informazioni raccolte sono state confermate da unostudio congiunto tra le Università di Firenze e Bari e degli ospedaliCareggi e Le Scotte di Siena. I maggiori successi della ricerca riguar-dano proprio il settore dei trapianti. “L’ospedale di Careggi – ha com-mentato Enrico Rossi, assessore alla salute della Regione Toscana – èfinito sulle cronache internazionali per un episodio infausto, grave edoloroso come quello dei trapianti infetti da HIV. Oggi ci riscattiamosullo stesso settore dei trapianti, sul quale puntiamo molto”.

Cala il trend dei ‘viaggi della speranza’ all’esteroRoma, 4 luglio Niente più ‘viaggi della speranza’ all’estero per i pazienti italiani in attesa di un

trapianto di organo. “Oggi – ha affermato il direttore del Centronazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, durante la presentazionedella Campagna di sensibilizzazione per la donazione di organi – nonsi registra più l’accentuata mobilità del passato verso l’estero, dato cheè infatti inferiore al 3%. Al contrario, è la nostra rete trapianti a rice-vere richieste da altri Paesi”. “Siamo tra i migliori e tra i più trasparen-ti quanto a risultati – ha aggiunto Nanni Costa – tanto che ogni centrotrapianti vede i propri risultati pubblicati sul sito del Ministero dellasalute”. Quanto ai dati relativi al 2006, l’Italia ha registrato un nume-ro di donatori per milione di abitanti pari a 21,6 (in testa la Toscana,con 42,3 donatori per milione di abitanti; in coda Calabria e Puglia,rispettivamente con 7,5 e 7). Il totale dei pazienti trapiantati ha rag-giunto le 3.189 unità (+69% rispetto al 1996. Sono stati effettuati1.665 trapianti di rene; 1.091 di fegato; 344 di cuore; 93 di polmone;90 di pancreas; 4 di intestino e 1 multiviscerale). Nel 2006, per nume-ro di donatori per milione di abitanti, l’Italia si attesta al terzo posto inEuropa, dopo la Spagna (con 33,8) e la Francia (23,2).

La tessera d’assenso alla donazione con la carta d’identitàRoma, 21 luglio Meno donazioni di organi e meno trapianti in Italia nel 2007 rispetto

allo scorso anno. Una battuta d’arresto, evidente sulla base degli ultimidati del Centro nazionale trapianti (CNT), che impone contromosseimmediate. La prima sarà il progetto ‘carta d’identità’, che vedrà impe-gnati i comuni. Al rinnovo del documento, ogni 5 anni, al cittadino saràconsegnata anche la tessera per l’assenso alla donazione. Il tutto perrisvegliare, come sottolineato dallo stesso presidente del ConsiglioRomano Prodi solo poche settimane fa, la generosità “un po’ affievolita”degli italiani. I numeri parlano chiaro. Nel 2007 si è registrato un calo di

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circa il 4-5% di donazioni e trapianti, passando da un totale di circa3.200 interventi effettuati nel 2006 a poco più di 3.000. A calare, affer-ma il CNT, è anche il numero di donatori effettivi, mentre cresce l’op-posizione alla donazione (da parte del singolo con volontà precedente-mente espresse o da parte della famiglia). Resta invece pressoché stabilela situazione delle liste di attesa. Al 31 maggio 2007, i pazienti in attesadi un organo sono 9.478. Un quadro che il direttore del CNT, AlessandroNanni Costa, ha definito “in chiaro scuro”. “Da un lato – ha spiegatoCosta – c’è un aumento dei donatori segnalati, ovvero dei potenzialidonatori segnalati dalle rianimazioni. Questo è positivo, ma dall’altro siregistra anche un calo dei donatori effettivi e una crescita dell’opposizio-ne alla donazione degli organi”. La ragione? Molto dipende dal fatto,sottolinea l’esperto, che è in aumento l’età dei donatori: cresce, cioè,l’anzianità dei donatori, anche per effetto del generale invecchiamentodella popolazione, con la conseguenza che in vari casi gli organi nonrisultano alla fine utilizzabili ai fini del trapianto. Ma se il fattore anzia-nità gioca un ruolo importante resta il fatto, come ha sottolineatoRomano Prodi, che la generosità degli italiani “va risvegliata”.

USA, polemiche sulla proposta di vendere i reniWashington, 13 novembre Permettere ai cittadini americani di dare un rene a pagamento, ossia

di venderlo, come alcune donne già fanno con i loro ovuli e alcuniuomini con il loro seme. La proposta senza precedenti, lanciata da unchirurgo pioniere dei trapianti, sta scuotendo le coscienze di specialisti,eticisti e malati. Dando vita ad un dibattito polemico in cui per ora icontrari stanno vincendo, ma le fila dei fautori stanno lievitando.L’idea ad Arthur Matas, 59 anni, canadese di origine ma specializza-tosi e diventato chirurgo di fama all’università del Minnesota è venutadi fronte a dati sconfortanti: le liste d’attesa per i pazienti in attesa direni crescono smisuratamente. Allo stesso tempo i donatori nonaumentano e solo lo scorso anno l’attesa ha ucciso quasi 4.500 malati,per i quali l’organo non è giunto in tempo. Nel 1988 c’erano meno di14.000 candidati per un trapianto di rene, ora questo numero superai 70.000 ma le donazioni, perlopiù da cadaveri, non tengono il passo.Ecco allora il provocatorio progetto di Matas illustrato in questi mesiin tutti i possibili circoli e consessi scientifici americani. “Ci sono buoneragioni per la vendita di reni – dice ha spiegato Matas –. Un sistema apagamento incrementerebbe certo la disponibilità dell’organo, salve-rebbe vite, aumenterebbe la qualità dell’esistenza per i malati ad unostadio finale”. Matas precisa però di essere favorevole a questo possibi-le nuovo sistema, incuiil governoUsastabilirebbe il prezzo del rene egli organi andrebbero ai malati più gravi in cima alla lista d’attesa, soloper i reni. Una persona può vivere con un solo rene, sottolinea il chi-rurgo. Per altri organi invece (polmoni) le complicazioni sono decisa-mente più gravi. Tutte le istituzioni che regolano i trapianti negli USAsi sono sinora pronunciate contro la proposta, così come la Academyof science e il principale creatore dell’attuale sistema dei trapianti

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americano: il professore di Harvard e chirurgo Francis Del Monico.“Iniziare a parlare di vendite e pagamenti per organi umani non solova contro i valori fondamentali della nostra società ma porterebbe dicerto allo sfruttamento degli individui più deboli – ha tuonato in piùoccasioni lo scienziato –. A vendere i reni sarebbero i più poveri”.Eppure, a cambiare lentamente idea in favore almeno di una provaverso un sistema in cui, sia pure sotto stretto controllo, gli individuipotranno mettere in vendita i loro reni sono una serie di specialisti epersonaggi del calibro di Arthur Caplan, docente di etica medica: “Hoiniziato a pensare che si potrebbe almeno fare un tentativo.”.

AIDS, donatore infetta quattro pazienti negli USAWashington, 14 novembre Negli Stati Uniti un donatore di organi ha infettato con il virus

dell’AIDS quattro pazienti sottoposti a trapianto. Secondo i responsa-bili sanitari americani è il primo caso negli ultimi 13 anni. I trapiantiin questione furono eseguiti in un ospedale di Chicago nel gennaioscorso, ma i pazienti hanno saputo di aver contratto la malattia solonelle settimane scorse. Il direttore della divisione Trapianti degliUniversity Chicago Hospitals, Michael Millis, ha riferito di essere statoinformato del problema lo scorso primo novembre e di aver immedia-tamente avvisato i pazienti operati nell’istituto, affinché venissero sot-toposti a un test anti-AIDS. “Constatare che il test era positivo – hacommentato Millis – è stato tanto devastante per loro quanto, loammetto, per noi”. I test a cui erano stati sottoposti gli organi deldonatore (HIV, epatite e altre possibili infezioni) avevano tutti datoesito negativo. Per questo si era proceduto regolarmente con i trapian-ti. A quasi un anno dall’operazione, invece, la scoperta. La notizia,ripresa con evidenza dai media americani, si accompagna peraltro alrisultato di uno studio reso noto oggi ma condotto nelle settimanescorse in nove Paesi (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina,India, Messico, Brasile e Sud Africa): il 40% delle persone intervistatenon sa, o non capisce, che l’AIDS continua ad essere una malattiamortale. La ricerca è stata condotta su un campione di 4.510 persone.La maggior parte degli intervistati (il 59%) è correttamente informata,ma ben il 40% di loro è convinto che l’AIDS sia ormai una patologiacurabile sempre.

Rene, solo 10% di donazioni da viventeMilano, 14 novembre In Italia il trapianto di rene da donatore vivente, sebbene sia sicuro e

senza conseguenze sulla qualità di vita del donatore, è praticato ancoratroppo poco. Rappresenta infatti solo il 10% dei casi, mentre negli altriPaesi europei e in USA si è già al 30-50%. A ricordarlo sono GiovanniCivati e Cosimo Sansalone, dell’unità trapianti di rene e pancreasall’ospedale Niguarda di Milano, presidenti di un convegno sul temaapertosi oggi a Milano. “Il nostro vuole essere un tentativo di ridurre ilgap tra domanda e offerta in caso di trapianto di rene – ha spiegato

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Civati –. Partendo da un donatore vivente imparentato al paziente, maanche da un non consanguineo, la riuscita dell’intervento è in genereottima e non intacca lo stato di salute né la qualità di vita del donatore.In questo settore si è fatto molto, ma sensibilizzando sulla possibilità deltrapianto da donatore vivente si potrebbe fare ancora di più”. Secondogli esperti, ogni anno su 7 mila pazienti in lista d’attesa per un trapiantodi rene solo un quarto (circa 1.700) riceve un organo e può così tornarea una vita normale. Questo perché all’aumento del numero di pazientinon corrisponde un incremento del numero dei trapianti e l’attesa perricevere un organo è lunga (più di 36 mesi nel 2007).

Arriva il rene artificiale indossabileVicenza, 28 dicembre A distanza di un anno dalla notizia del primo paziente al mondo trat-

tato all’ospedale di Vicenza con un sistema di dialisi indossabile (WAK= wearable artificial kidney), sono comparse ora le prime pubblicazio-ni degli studi completi sulle esperienze cliniche maturate a Vicenza ea Londra. Le riviste interessate sono The Lancet, Kidney Internationale Blood Purification. Queste analisi, sottolinea il prof. Claudio Ronco,direttore del Dipartimento di nefrologia, dialisi e trapianti del SanBortolo di Vicenza, dimostrano la possibilità, anche se per il momentoin via sperimentale, di liberare i soggetti ammalati di reni dalla schia-vitù della macchina per dialisi e della seduta trisettimanale. Gli studicondotti all’ospedale berico e al Royal Free Hospital di Londra, sullabase dei prototipi creati dal prof. Victor Gura e dallo stesso prof.Ronco al Cedars Sinai Hospital di Los Angeles e al San Bortolo diVicenza, aprono uno spiraglio verso l’evoluzione tecnologica di unrene artificiale portatile e un domani forse impiantabile. Oggi circa40.000 pazienti vivono in dialisi in Italia. Essi devono recarsi all’ospe-dale tre volte la settimana per sottoporsi a sedute di circa 4 ore dilavaggio del sangue. Altri pazienti con grave scompenso di cuore devo-no sottoporsi a rimozione extracorporea dell’eccesso di fluidi accumu-lati per una disfunzione combinata di reni e cuore.

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Donatori sempre più vecchi, calano i cuori “giovani”Milano, 16 gennaio L’aspettativa di vita degli italiani, che è tra le più alte del mondo, condi-

ziona il tipo di organi che vengono donati. Questo sia perché gli organiespiantati da anziani possono risentire di patologie legate all’età, siaperché essendo diminuiti gli espianti da giovani (anche grazie a un calodegli incidenti mortali), sono diminuiti di pari passo cuori e polmoni conmeno anni alle spalle. Lo hanno affermato oggi alcuni esperti dell’Ospe-dale Niguarda di Milano, una delle eccellenze a livello nazionale per itrapianti d’organo, a margine di un convegno sul tema. “L’età media deldonatore italiano è arrivata a circa 50 anni – spiega Maria Pia Moretti,coordinatore prelievi del Niguarda – e questo è legato al fatto che lemorti di giovani dovute a traumi sono sempre meno, grazie anche allatempestività del 118 e dei servizi di emergenza e urgenza. Quindi sonopiù frequenti donazioni da anziani, che però spesso hanno alcune pato-logie concomitanti, come ad esempio le vasculopatie”. E anche se ladonazione in sé o il numero delle donazioni non vengono compromesse“è più difficile fare gli screening – aggiunge Moretti – e servono metodipiù sofisticati per individuare i candidati all’espianto”. “Cambiando lapopolazione che dona – continua Andrea De Gasperi, direttore di ane-stesia e rianimazione del Niguarda – cambiano anche gli organi donati:perché il cuore o il polmone di un donatore di 70 anni possono nonessere adatti a un paziente giovane, mentre non è così ad esempio per ilfegato e il rene”.

USA, tecnica anti – rigetto per il trapianto di reniWashington, 24 gennaio In quello che se confermato appare essere un passo avanti di portata

molto significativa nel campo dei trapianti di rene, medici di Los Angeleshanno reso noto di aver messo a punto a livello sperimentale una tecni-ca innovativa che libererebbe la maggior parte dei pazienti per il restodella loro vita dall’obbligo di continuare ad assumere farmaci anti –rigetto. La tecnica anti – rigetto, anticipata dal New England Journal ofMedicine, prevede che inizialmente venga indebolito il sistema immuni-tario del paziente che riceve l’organo. Successivamente gli vengonosomministrare cellule tratte dal midollo osseo e dal sangue del donatore.La tecnica è stata eseguita su cinque pazienti. In quattro casi su cinquei riceventi non hanno più avuto bisogno di fare ricorso ai farmaci anti– rigetto nell’arco di cinque anni.

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Roma, una “card” per la donazione degli organiRoma, 31 gennaio È partita la distribuzione, nei municipi di Roma, della tessera per dare

il proprio assenso alla donazione degli organi. Il tesserino “Un donoper una Vita” verrà proposto a tutti i cittadini che richiederanno orinnoveranno la carta d’identità. La “card” diviene così definitiva,dopo la fase sperimentale che nel corso del 2006 riguardò due muni-cipi romani e portò alla distribuzione di circa 10.000 tessere. Ora sistima di raggiungere oltre 400 mila romani. Quelli cioè che in unanno, mediamente, si rivolgono agli sportelli municipali per fare lacarta d’identità. L’iniziativa, che verrà diffusa anche attraverso gliUffici relazioni con il pubblico (Urp) e sostenuta da tutte le associazio-ni e gli enti attivi sul tema, dà seguito all’impegno preso dalla giuntacomunale, con una memoria approvata nel 2006, sul tema e sulla col-laborazione con l’Agenzia regionale per i trapianti e le patologie con-nesse. Tutti romani riceveranno quindi con la carta di identità, unatessera ed un depliant che, oltre a spiegare come funziona la donazio-ne degli organi, riporta i recapiti di tutte le associazioni impegnatenella donazione. La tessera si compila molto semplicemente barrandola casella “Sì” ed inserendo i propri dai anagrafici. Può poi essere con-servata nel portafoglio assieme al documento d’identità. Nel corso del2007 nella Regione Lazio, secondo dati dall’Assessorato Regionale allaSanità, si è registrato un incremento del 20% nell’attività dei trapianti.Il Lazio si è così confermato fra le prime dieci regioni d’Italia pernumero di trapianti. Nel periodo gennaio – ottobre 2007 nel Laziocomplessivamente si sono effettuati 239 trapianti d’organo, prevalen-temente di rene (118) e di fegato (87); 24 sono invece stati i trapianti dicuore e 10 quelli di polmone.

1.587 trapianti di rene nel 2007Roma, 13 febbraio Sono stati 1.587 i trapianti di rene effettuati in Italia nel 2007. Un tipo

di intervento, sottolinea il direttore del Centro nazionale trapianti(CNT) Alessandro Nanni Costa, per il quale “le percentuali di succes-so sono ottime, tanto che la sopravvivenza a tre anni è di oltre il 90%,superiore anche a quella registrata in altri Paesi europei”. La maggiorparte dei trapianti di rene avviene con organo da cadavere, mentre itrapianti di rene da individuo vivente sono circa un centinaio l’anno.Nel 2007, sulla base dei dati del CNT, sono stati eseguiti 1.587 trapian-ti di rene, 912 di fegato, 323 di cuore e 111 di polmone. Nota dolenterestano le liste di attesa. I pazienti in lista al 31 maggio 2007 sonoinfatti 9.478 (con un tempo medio di attesa di 2 – 3 anni): 6.648 inattesa di un rene, 1.675 di un fegato, 781 di un cuore, 237 per il pan-creas e 317 per il polmone.

Italia al primo posto in Europa per la donazione di tessutiRoma, 13 marzo L’Italia è il Paese che detiene in Europa il primato per la donazione di

tessuti. Nel 2007 sono stati effettuati 78 trapianti di cellule staminali

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emopoietiche per milioni di abitanti, pari a 4.500 in totale. Lo ha riferitoil direttore del Centro italiano trapianti, Alessandro Nanni Costa, questamattina al Ministero della Salute. In particolare tra i tessuti che vengonodonati vi sono la cornea, la cute, le ossa, i vasi, le valvole e le membraneamniotiche. “Nel nostro Paese – ha aggiunto – abbiamo avuto nel 200712.700 donatori di tessuti, il che ci pone al primo posto in Europa.Abbiamo anche una delle migliori reti di banche dei tessuti”.

Cuore e fegato da neonato, prelievo da recordTorino, 9 aprile Neonata la donatrice e neonato uno dei due riceventi. Il doppio tra-

pianto di organi che è stato eseguito la scorsa notte a Torino ha qual-cosa di eccezionale per l’età che accomuna due dei tre protagonisti:entrambi hanno pochissimi giorni. Lo sottolinea Alessandro NanniCosta, direttore del Centro nazionale trapianti (CNT). Per quarantagiorni, nella rianimazione del dipartimentomaterno-infantile dell’ospe-dale Maria Vittoria, una mamma ha vegliato la sua bambina, nata inipossia cerebrale a causa da un’infezione del liquido amniotico.Un’agonia senza speranza, che ieri si è conclusa. Quando i medici lehanno comunicato la morte della piccola, la donna ha dato l’assensoal prelievo degli organi. Il cuore e il fegato non avevano subito dannie sono stati espiantati. Ad attendere i due organi, all’ospedale infantileRegina Margherita di Torino, c’erano altrettanti bambini con la vitaappesa a un filo: un neonato sardo di una settimana appena, affetto dauna grave malformazione cardiaca già accertata durante il periodo digestazione, e una piccola di un anno e mezzo di Milano, ricoverata incondizioni drammatiche per un’atresia alle vie biliari. La macchina deitrapianti si è subito messa in moto. Il piccolo cardiopatico è stato ope-rato dall’equipe di Piero Abbruzzese nelle stesse ore in cui la bimbaveniva sottoposta a intervento chirurgico al centro trapianti di fegatodell’ospedale Molinette, diretto da Mauro Salizzoni. Entrambe le ope-razioni, durate sei ore, sono tecnicamente riuscite. Per il neonato orasussistono alcune preoccupazioni: il suo nuovo muscolo cardiaco,infatti, deve essere aiutato da una specie di cuore artificiale. “È uno deipazienti più piccoli trapiantati di cuore in Italia”, ha affermato il pro-fessor Abbruzzese. Per la bambina trapiantata di fegato, invece, “ildecorso post – operatorio è del tutto regolare”, ha confermato il pro-fessor Salizzoni. “Sono rarissimi i casi di donatori neonati – ha soste-nuto Antonio Amoroso, direttore del Centro trapianti del Piemonte –.Nella nostra regione, ad esempio, non se ne ha più di uno ogni tre oquattro anni”. “Il fatto da record è il doppio prelievo di organi da unneonato di poche settimane”, ha sottolineato Costa. Un risultato che“dimostra l’assoluta qualità della trapiantologia in Italia”.

In Italia oltre 1 milione di donatori grazie ad AIDOFirenze, 7 giugno Una grande “Banca del dono”. È il risultato del collegamento tra il Sit,

Sistema informativo trapianti e il Sia, Sistema informatico dell’Aido.

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Attraverso la rete tutti potranno valutare, in tempo reale, il numeroesatto dei potenziali donatori, in ogni parte d’Italia, suddivisi per sesso,età e professione. Oltre agli 87 mila donatori iscritti nel Sit, ossia quan-ti hanno manifestato la propria disponibilità alle Asl di competenza, larete si arricchisce di 1.119.760 potenziali donatori soci dell’Aido.L’iniziativa è stata presentata nel corso della XII Assemblea nazionaleordinaria dell’Associazione donatori di organi in corso a Firenze. Ilpresidente Vincenzo Passerelli ha consegnato al direttore del Centronazionale trapianti Alessandro Nanni Costa un grande ‘assegno’ conimpressa la cifra “1.100.000 potenziali donatori”. In realtà quantisono disposti a donare gli organi potrebbero essere molti di più: lalegge prevede che ogni cittadino possa esprimere la propria volontàanche compilando il così affermato “tesserino blu”, inviato alcuni annifa dal Ministero della Salute, conservandolo tra i propri documenti oanche con una semplice dichiarazione scritta. La ‘Banca del dono’ o‘Sia – Sit’, di cui non esistono eguali in Europa, consente però di avereun quadro più esatto dei potenziali donatori e garantisce una più pun-tuale ricerca in caso di necessità. L’Assemblea dell’Aido, che si conclu-derà domani, è stata anche l’occasione per fare il punto sulle donazio-ni e sui trapianti in Italia dove, negli ultimi tempi,c’erastato un po’ diallarme per il calo delle donazioni: gli ultimi 3 mesi del 2007 e i primitre del 2008 “non indicano un aumento dell’attività – ha aggiuntoPasserelli – mentre le liste di attesa crescono. I pazienti in attesa di unorgano sono 9.682”.

Germania, primo trapianto al mondo di due bracciaBerlino, 29 luglio Il primo trapianto al mondo di due braccia complete è stato effettuato

con successo lo scorso fine settimana in un ospedale di Monaco diBaviera. Lo ha riferito la clinica bavarese. Il paziente, un contadino di54 anni che sei anni fa aveva perso entrambi gli arti superiori in unincidente con una macchina agricola, è rimasto in sala operatoriaall’ospedale ‘Klinikum rechts der Isar’ per oltre 15 ore, tra venerdì esabato della scorsa settimana. Secondo quanto riferiscono i medici sitrova ora in buone condizioni. Al complicato trapianto, in preparazio-ne da anni, hanno partecipato oltre una trentina di specialisti sotto laguida del chirurgo plastico Edgar Biemer (65 anni) e del suo ex allievoChristoph Hoehnke. “Tutto è filato in maniera ottimale: abbiamoiniziato una nuova era in Germania – ha affermato il dottor Hoehnke– . Gli arti trapiantati al paziente erano quelli di un anonimo donatoredeceduto, i cui parenti hanno dato un esplicito consenso all’operazio-ne. Ora dovranno passare oltre due anni prima che il contadino54enne riesca a muovere le dita delle sue nuove mani, fino a quandonon saranno ricresciute le cellule all’interno dei cinque nervi principa-li che i medici hanno ricollegato tra la spalla del beneficiario e le brac-cia del donatore. “Il problema più grosso sono le possibili reazioni dirigetto, che negli arti sono maggiori di qualsiasi altro trapianto di orga-ni – ha concluso il dottor Biemer –. Il nostro paziente non potrà mai

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suonare il pianoforte, ma sicuramente vivrà molto meglio che con leprecedenti protesi”. Mentre trapianti di cuore, reni e polmoni sonooggi quasi operazioni di routine, il trapianto di estremità come mani ebraccia è più complicato perché il sistema immunitario della pellereagisce in maniera aggressiva e il paziente deve prendere, in questocaso per tutta la vita, forti medicine per reprimerlo. Possibili rischisono rappresentati, oltre che da eventuali infezioni, anche da patologietumorali.

In Italia il primo rene da vivente incompatibileRoma, 21 agosto Un altro record italiano: dopo il trapianto multiplo (rene, cuore e fegato)

in sequenza, effettuato all’ospedale S. Orsola di Bologna, oggi vieneannunciato a Parma un trapianto di rene da vivente tra persone noncompatibili per gruppo sanguigno. L’intervento è avvenuto grazie aduna tecnica immunologica che riduce gli anticorpi in grado di innescareil fenomeno del rigetto. L’uomo che ha ricevuto il rene dalla moglie è inbuone condizioni, ha affermato UmbertoMaggiore, nefrologo dell’ospe-dale che ha seguito l’intervento. “L’incompatibilità del tipo AB0 – haspiegato il medico – è una delle classiche barriere che si hanno di frontequando si programma un trapianto da donatore vivente. Il trapianto direne in un soggetto AB0 incompatibile comporta, infatti, l’immediataaggressione da parte degli anticorpi del ricevente nei confronti dell’or-gano trapiantato, con conseguente rigetto e perdita irreversibile dellafunzionalità dell’organo. Maggiore è la quantità degli anticorpi presentinel gruppo sanguigno del ricevente, più grave è il rigetto”. In questo casola donatrice era di gruppo A – 1 mentre il ricevente di gruppo 0; inoltrela quantità di anticorpi contro gli antigeni anti A era particolarmenteelevata. La tecnica utilizzata dagli immunoematologi dell’ospedale diParma ha seguito un metodo messo a punto in Svezia, chiamato aferesi,che consiste nel preparare il ricevente alcune settimane prima del tra-pianto riducendo ad un livello molto basso gli anticorpi che provocanoil rigetto iperacuto da gruppo sanguigno; nello stesso tempo sono statesomministrate terapie immunosoppressive specifiche. “Il metodo – haspiegato Maggiore – può aumentare del 20-30% il pool di donatori”. Ivantaggi della tecnica, hanno spiegato gli esperti, risultano particolar-mente rilevanti a causa della ridotta disponibilità di donatori cadavere.Inoltre i tempi di attesa per il trapianto da cadavere si sono infatti pro-gressivamente allungati sino a superare i tre anni di media.

Sono 9.700 le persone in lista d’attesaRoma, 10 agosto In lista di attesa per un trapianto d’organo ci sono attualmente in Italia

circa 9.700 pazienti. Più ridotti i numeri per le liste di attesa pediatri-che: i bambini in attesa, ad esempio, di un trapianto di fegato sono almomento circa 15, ed il tempo medio per l’intervento è di tre mesi.Nel 2007, sulla base dei dati del Centro nazionale trapianti, sono statieseguiti complessivamente 1.587 trapianti di rene, 912 di fegato, 323

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di cuore e 111 di polmone. Il tempo medio di attesa è di 2-3 anni: circa6.700 pazienti sono in attesa di un rene, 1.675 di un fegato, 781 di uncuore, 237 per il pancreas e 317 per il polmone. Il tempo medio diattesa più alto è quello per i trapianti di rene (3,03 anni) e quello piùbasso per il fegato (1,84 anni).

Primo trapianto di rene da donatore “a cuore fermo”Milano, 23 settembre Una nuova speranza per i pazienti in attesa di trapianto di rene

potrebbe arrivare dal Policlinico San Matteo di Pavia, dove l’11 set-tembre scorso l’organo è stato prelevato, per la prima volta in Italia,da un donatore “a cuore fermo”, cioè deceduto per arresto cardiaco.A darne notizia oggi sono gli stessi medici del Policlinico. Il rene pre-levato con questa nuova e complessa procedura è stato trapiantato inun uomo di 57 anni in dialisi da oltre tre anni, che è attualmente rico-verato presso l’Unità di nefrologia, dialisi e trapianti del San Matteo inbuone condizioni generali. “Fino a ieri – spiega Paolo Geraci, respon-sabile del Centro di coordinamento donazioni e trapianti del SanMatteo – quando si fermava un cuore, in presenza di volontà di assen-so da parte dell’individuo, venivano generalmente prelevati cornee etessuti ma nessun organo. Con il nuovo metodo, invece, è possibileespiantare anche organi, grazie a una serie di procedure che riduconoal minimo gli effetti dell’ischemia dovuta all’arresto del cuore”. Il pre-lievo “a cuore fermo”, secondo i medici pavesi, potrebbe venire inaiuto dei numerosi pazienti in lista di attesa per il trapianto. Lo sostie-ne anche il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro NanniCosta, che ricorda come la nuova procedura sia in grado di generareun incremento degli organi disponibili fino a 150-200 unità, e unaumento dell’attività di trapianto fino al 3-5% del totale.

OMS, il 10% dei reni proviene da traffico illegaleRoma, 6 novembre Il 10% dei trapianti di rene effettuati nel 2005 nel mondo, secondo gli

ultimi dati disponibili, è frutto di un traffico illegale di organi. Il datoè stato ricordato oggi dall’esperto dell’Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS) Luc Noel che, intervenendo al congresso internazionalesulla donazione in corso a Roma, ha parlato di una “forte preoccupa-zione a livello globale” per il fenomeno del traffico illegale d’organi.“Questo, e il relativo fenomeno del cosiddetto ‘turismo del trapianto’– ha affermato Noel – instaura un pericoloso meccanismo di iniquitànell’accesso agli organi da trapianto, in un contesto di generalizzatacarenza di organi”. La situazione, ha sottolineato l’esperto, desta “pre-occupazione”, anche se qualche segnale positivo si sta registrando: “Ilfenomeno – ha rilevato Noel – sta infatti iniziando a decrescere dalmomento che Paesi direttamente coinvolti, dalla Cina al Pakistan,hanno cominciato ad adottare maggiori misure di controllo”. Il pro-blema del traffico illecito d’organi, affermano gli esperti al congresso,non coinvolge comunque direttamente l’Italia. Tuttavia, ha affermato

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il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, “la nostra attenzione è mas-sima. Da questo punto di vista – ha sottolineato – i presidi in Italiasono altissimi, ma bisogna fare di più a livello globale e vogliamo atti-varci sul piano internazionale per un maggiore impegno della comu-nità globale”.

Ue, decalogo per facilitare i trapiantiBruxelles, 29 novembre Facilitare la donazione di organi e i trapianti, salvando vite umane: è

questo l’obiettivo di una proposta di direttiva che la Commissione Uepresenterà mercoledì prossimo. Il piano di Bruxelles, per aumentare ilcoordinamento in un settore che resta di competenza degli Stati mem-bri, si articola su dieci nuove regole che vogliono garantire standardeuropei di qualità e sicurezza in tutte le tappe del trapianto. Ad oggi,almeno 40 mila pazienti sono in lista d’attesa in Europa. Il tasso dimortalità tra quelli che attendono il trapianto di un cuore, di un fega-to o di un polmone si colloca tra il 15 e il 30%. Le differenze neidiversi Stati membri sul tasso di trapianti o di donatori sono moltorilevanti: si passa da uno 0,5 di donatori per milione di abitanti dellaRomania al 34,4 della Spagna. La nuova legislazione europea punta aconsentire l’attuazione di una serie di misure ispettive e di controllo,nonché un meccanismo in grado di permettere alle equipe incaricatedi stabilire una valutazione appropriata dei rischi. Secondo un’indagi-ne di Eurobarometro, il 56% dei cittadini europei (il 45% in Italia) èpronto a donare uno degli organi dopo la morte, ma al momento nonpiù del 12% degli europei (13% di italiani) è in possesso di una cartache testimonia la volontà del possessore di donare gli organi dopo lamorte.

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OMS: un rene trapiantato su 10 è ‘illegale’Roma, 30 gennaio Asia e Sud America. È qui, affermano gli esperti, che il fenomeno del

traffico illegale di organi raggiunge i livelli più preoccupanti. Con undato complessivo, conferma l’Organizzazione mondiale della sanità,allarmante: si stima che almeno il 10% di tutti i trapianti di rene alivello mondiale sia stato frutto di un traffico illegale. Un fenomeno chenegli ultimi anni sta però anche cambiando volto. Il traffico di organi,infatti, oggi segue anche un’altra via: quella della Rete. Una allarman-te e nuova ‘carta geografica’ del traffico d’organi si sta delineandodopo il giro di vite da parte delle autorità di Paesi tradizionalmentecolpiti dal fenomeno, come l’India. La Colombia è, ad esempio, unadelle nuove mete emergenti per quanto riguarda il turismo d’organi ela possibilità di traffico illegale per organi da trapianto, in particolareil rene. Si registra infatti un ‘boom’ di annunci su internet di clinichecolombiane per disponibilità di reni da trapiantare. La denuncia arrivadal direttore del Centro nazionale trapianti spagnolo, Rafael Matesanz.Le traiettorie del fenomeno, secondo l’analisi dell’esperto, si sono spo-state verso nuovi Stati come Colombia, Pakistan e Filippine. Non sonodisponibili cifre esatte ma “certamente – ha affermato recentementeMatesanz – un numero significativo di europei si reca in questeNazioni per trapianti illegali”. Oltre alla Colombia, anche in India lacompravendita di organi viaggia sempre di più via internet. Secondodati recenti, sfruttando le comunità virtuali di incontro, molto popola-ri in India e tra gli indiani all’estero, migliaia di persone alimentano iltraffico di organi. In Orkut è stato calcolato che sono almeno 35 lecomunità nelle quali cercare e vendere soprattutto un rene. I gestoridel sito hanno affermato di aver cambiato le regole e cancellato quellemicrocomunità dove esplicitamente si poteva verificare la vendita diorgani, che però continua sottobanco.

Italia prima al mondo per trapianti di cellule emopoieticheRoma, 18 marzo L’Italia è il primo Paese al mondo per trapianti di cellule emopoietiche

per milione di abitanti. A dicembre 2008, sono 17.503 le unità pronteper l’offerta e disponibili a livello internazionale, riunite e coordinatenella vetrina di Genova, il registro unico italiano. L’obiettivo è di rag-giungere 80.000/90.000 unità di cordoni ombelicali conservati, daiquali sono prelevate le cellule staminali del sangue per trapianto, aven-

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do una disponibilità sia quantitativa che qualitativa. Nel 2008 sonostati rilasciati 141 cordoni (103 nel 2007), 47 in Italia e 94 all’estero. Intotale sono 870 i cordoni rilasciati alla data del 31 dicembre 2008. Asnocciolare i dati relativi ai trapianti di cellule staminali del sangue dacordone ombelicale è Alessandro Nanni Costa, direttore del Centronazionale trapianti, nel corso della presentazione del dossier su un usoappropriato del ministero del Welfare, oggi a Roma. Anche NanniCosta è a favore della donazione allogenica (da donatore esterno):“Conservare per se stessi non serve e l’idea non ha alcun tipo di riscon-tro scientifico, la conservazione per gli altri è una scelta etica”. Lapartecipazione al sistema dell’Italia è di “eccellenza”: 370.000 donato-ri volontari adulti di staminali, 1.374 trapianti da cellule staminaliemopoietiche di adulti, 642 le donazioni allogeniche. Nel nostro Paesesono presenti 18 banche per la conservazione dei cordoni da riorganiz-zare e aumentare per raggiungere zone dove non sono presenti centridi questo tipo come, per esempio, la Sardegna.

Record in Francia, viso e mani nuoviParigi, 6 aprile Per la prima volta al mondo è stato realizzato in Francia, all’ospedale

Henri Mondor di Creteil, vicino Parigi, un trapianto di mani e di fac-cia su un uomo di 30 anni gravemente ustionato. L’intervento, durato30 ore tra sabato e domenica, ha mobilitato una quarantina di specia-listi. Dapprima sono state trapiantate le mani, al di sopra dei polsi, poitutta la parte alta del viso, cuoio capelluto, naso, orecchie, fronte e, perla prima volta, le palpebre. Mani e viso appartengono ad un solo dona-tore. A realizzare l’operazione gli staff del professore Laurent Lantieriper il viso e del professor Jean-Paul Meningaud per le mani, due esper-ti nelle loro rispettive specializzazioni. “È un successo, lo stato genera-le del paziente è buono”, ha precisato il dottor Lantieri durante laconferenza stampa che si è tenuta oggi a Parigi. Il paziente, ha spiega-to Lantieri, era rimasto vittima di gravi ustioni “che gli impedivano diavere una vita sociale”. Ora si trova in “fase di rianimazione post-chirugica che durerà almeno quindici giorni”. Si tratta del quartotrapianto di faccia che viene effettuato in Francia, il sesto nel mondo.È invece la prima volta che vengono trapiantati contemporaneamenteil viso e un’altra parte del corpo, in questo caso le mani. Appena diecigiorni fa lo stesso Lantieri aveva operato un giovane di 28 anni sfigu-rato da un colpo di fucile. Nel 2007 era intervenuto per ridare un voltoad un giovane di 27 anni affetto della malattia di Von Recklinghausen,una patologia incurabile che deforma il viso, la stessa di cui soffriva ilprotagonista del film Elephant Man. Il primo trapianto di faccia inFrancia era stato realizzato ad Amiens nel novembre del 2005 su unadonna di 38 anni, Isabelle Dinoire, sfigurata dal suo cane.

Secondo trapianto di faccia negli USAWashington, 10 aprile L’equipe medica guidata dal chirurgo plastico Bohdan Pomahac ha

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portato a termine a Boston il secondo trapianto di faccia mai tentatoin America. Il team ha eseguito l’intervento nei confronti di un pazien-te maschio che aveva subito gravi lesioni al volto in seguito a unacaduta. All’uomo, di cui non è stata resa nota l’identità, sono statitrapiantati il naso, il palato, il labbro superiore, i muscoli e i nervi fac-ciali di un donatore. L’operazione è durata 17 ore ed è stata eseguitaal Brigham and Women’s Hospital di Boston, un ospedale affiliatoall’Università di Harvard. Si tratta del secondo trapianto facciale maieseguito negli Stati Uniti. Il primo era stato portato a termine nei con-fronti di una donna nel dicembre scorso in una clinica di Cleveland, inOhio. Il primo trapianto di faccia al mondo era stato effettuato inFrancia nel 2005 nei confronti di una donna rimasta sfigurata dopoessere stata aggredita da un cane. Successivamente, sempre in Francia,sono stati eseguiti altri due interventi di questo tipo.

Tanti donatori, ma sempre più anzianiRoma, 9 maggio A dieci anni dalla legge che ha istituito in Italia il Centro nazionale

trapianti (CNT) aumenta il numero degli interventi, ma diminuisconole donazioni. L’età media di 53 anni per chi decide di donare e lamaggiore severità dei controlli sono le principali cause di questa ridu-zione. Ma in aumento è anche il numero di chi si oppone all’espiantodegli organi. Dal 1994 il numero dei trapianti in Italia è passato da1.498 agli oltre 3.300 stimati per il 2009. Anche se nel 2008 il numerodi operazioni non ha superato quota 3.000, il trend è positivo. Adispetto, però, di un incremento tra i potenziali donatori, non aumen-tano le donazioni effettive. Secondo quanto riferito dal direttore delCentro, Alessandro Nanni Costa, “il problema dipenderebbe dal fattoche i donatori sono sempre più anziani, che c’è una minore qualitàdegli organi ed una maggiore severità nei protocolli di sicurezza”.Inoltre, ha riferito Nanni Costa, “all’incremento dei donatori segnala-ti si è accompagnato un aumento delle opposizioni che ha fatto dimi-nuire il numero degli espianti”. Per indagare i motivi del no alla dona-zione, il CNT ha avviato uno studio basato su questionari per indaga-re casa succede nel momento del consenso alla donazione. “I risultati– ha dichiarato Nanni Costa – ci serviranno sia per preparare unacampagna di informazione più mirata che per migliorare alcuni aspet-ti sulle modalità del colloquio”. Non riescono invece proprio ad affer-marsi, in Italia, i trapianti da vivente. A 40 anni dalla legge che haconsentito di ‘disporre a titolo gratuito del rene al fine del trapianto trapersone viventi’, i trapianti di rene sono stati, nel 2008, solo 124 su 469totali, uno su quattro contro la sostanziale parità che si registra negliStati Uniti.

Partorisce il terzo figlio dopo il trapiantoTorino, 22 maggio È la prima donna in Europa a diventare mamma per la terza volta

dopo un trapianto al fegato. Ieri all’ospedale Sant’Anna di Torino

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Stefania Garau, 37 anni, ha dato alla luce la piccola Karmen, dopouna gravidanza senza problemi. Un evento ancor più eccezionale se sipensa che dal 1978 al 2008, in tutto il mondo, le gravidanze di donnetrapiantate al fegato sono state appena 285. Le donne che hanno subi-to un trapianto, inoltre, rischiano 35 volte in più delle altre una gravi-danza prematura e 4 volte in più che il neonato sia sottopeso. La pic-cola Karmen, invece, terzogenita dopo Sabrina, 14 anni, e Mattia, 3,è sana e pesa 2,5 kg. “Sono una donna fortunata – ha commentatoStefania che nel 1988, a 15 anni, è stata una delle prime torinesi aricevere un fegato nuovo per guarire dalla rara patologia epatica chela affliggeva dalla nascita, la sindrome di Byler –. I miei figli rappre-sentano un messaggio di speranza per tutte quelle che, come me, conil trapianto hanno ricevuto una nuova vita”. L’eccezionale evento èavvenuto nella Clinica Universitaria diretta da Chiara Benedetto.

300 decessi ogni anno per la lunga attesaRoma, 18 settembre Su 9.000 pazienti in lista d’attesa solo poco più di 3.000 ogni anno

ricevono il trapianto di cui hanno bisogno e 300 muoiono aspettando.“Uno squilibrio che bisogna assolutamente colmare”, ha affermatoDaniela Storani del Centro nazionale trapianti (CNT), intervenutaalla presentazione di “Il trapianto moltiplica la vita”, un libro del pro-fessor Franco Filipponi, direttore del Dipartimento di Trapiantologiaepatica, epatologia, infettivologia dell’Azienda ospedaliera universita-ria Pisana. Nel volume si cerca di spiegare la complessa macchina delprocesso trapiantologico. Partendo dal problema numero uno: le listed’attesa. I tempi medi per un rene sono tre anni. “Nonostante l’au-mento delle donazioni, che sono triplicate dagli inizi degli anni ’90,l’attesa è ancora troppo lunga per chi necessita un trapianto”, ha spie-gato Filipponi. “E la responsabilità sociale va supportata non soloattraverso un sistema sanitario che assicuri i risultati ma anche con ladiffusione di un’informazione trasparente per chiarire, ad esempio, lemodalità di accertamento della morte cerebrale”. Sarebbe infatti que-sta mancanza di informazione, insieme all’opposizione dei parenti, lacausa della carenza di donatori. “A questo si aggiunge anche una sfi-ducia nel sistema sanitario – ha aggiunto Anna Maria Bernasconi,presidente dell’Associazione nazionale dializzati e trapiantati (Aned)– e un’individualità strisciante, un arroccamento su se stessi”. “Esistepoi una mancanza di omogeneizzazione dei percorsi assistenziali – haevidenziato Vincenzo Passarelli, direttore del Centro nazionale tra-pianti (CNT) –. L’attesa uccide ogni anno 300 persone circa ma alcuneregioni sono più virtuose di altre (in Toscana ci sono 37 donatori ognimilione di abitanti, in Lombardia 18). Manca una politica nazionalesui trapianti e il primo correttivo è quello di permettere la mobilità nelpaese”. E poi bisognerebbe facilitare il consenso alla donazione, haaggiunto Passarelli: “I modi ci sono: presso la propria azienda sanita-ria, attraverso la sottoscrizione del tesserino azzurro che è stato conse-gnato nel 2001 o con le associazioni dei pazienti e, grande novità,

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tramite l’anagrafe nei comuni. O ancora, più semplicemente, con unadichiarazione volontaria da tenere sempre nel portafoglio”.

Germania, seni ottenuti da pelle suinaBerlino, 12 novembre Sei donne operate recentemente in Germania per un tumore al petto,

con asportazione del seno, hanno ricevuto del tessuto cutaneo di maia-le come base per la ricostruzione e l’impianto di protesi al silicone. Lohanno reso noto oggi a Monaco di Baviera ricercatori della clinica dimedicina femminile e neonatalità del policlinico universitario. Per laprima volta in Europa i medici tedeschi hanno rinunciato al metodoconsueto, cioè al trapianto di pelle e tessuto adiposo prelevato allepazienti in altri punti del corpo, soprattutto dallo stomaco, dal sedereo dalla schiena, in quanto questa tecnica lascia cicatrici molto marcate.Il nuovo sistema invece fa uso di materiale sottocutaneo di maiale, alquale in laboratorio sono state tolte tutte le cellule suine. Rimane cosìuna struttura sterile, ma completa di vasisanguigni,che viene impian-tata al momento stesso dell’asportazione del seno e fa da base per larigenerazione e la ricostruzione di tessuto del petto, in grado poi disostenere la protesi artificiale. Finora con questo metodo, denominato‘Strattice Reconstructive Tissue Matrix’ non si sono verificati fenome-ni di rigetto in nessuna delle sei donne operate. I medici tedeschi rico-noscono che la sperimentazione è solo all’inizio, ma anche in Americasi sta lavorando in questa direzione e per ora i sistemi sanitari inGermania hanno accettato di finanziare questi interventi.

Anlaids, rischio discriminazione per sieropositiviRoma, 17 novembre Pazienti sieropositivi e malati di AIDS discriminati nell’accesso ai tra-

pianti. Il rischio viene denunciato dall’Anlaids, durante la conferenzastampa di presentazione del XIII congresso dell’associazione, dadomani a Venezia. “Il trapianto per le persone HIV positive spessoviene preso in considerazione troppo tardi”, ha affermato l’oncologoUmberto Tirelli, uno dei due presidenti del Congresso. Chi soffre dicirrosi epatica ed è per questo candidato al trapianto di fegato “incon-tra difficoltà, perché esistono pochi centri disponibili per i trapianti asieropositivi – ha denunciato Tirelli –, ma anche per altre ragioni espesso muoiono quando invece potevano essere trapiantati”. Stessodiscorso per i trapianti di midollo. “Molte ematologie sono congestio-nate e i pazienti affetti da linfoma con HIV non vengono valutati”. “Lediscriminazioni sono presenti”, ha confermato Daniela Lorenzetti,docente di Organizzazione dei servizi sociali alla Sapienza di Roma.“Non nei centri di eccellenza, certo, ma nella gran parte delle cittàitaliane è così. Queste persone restano in lista d’attesa anche per que-stioni più banali, come le cure dentistiche”. Di mezzo, questioni divaria natura. “Esistono regole per accedere ai trapianti – ha spiegatoEnzo Raise, direttore delle Malattie infettive degli Ospedali di Venezia,l’altro presidente del congresso Anlaids –. Gli organi disponibili sono

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pochi e le persone con HIV inserite nei protocolli hanno un indice difallimento più alto. Questo può rappresentare una discriminante: ciauguriamo che il problema venga superato”.

Tessuti umani, nuova condanna dalla UEBruxelles, 26 novembre Nuova condanna da parte della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo

per la mancata trasposizione della direttiva europea sui tessuti e lecellule umane. Dopo la sentenza già pronunciata dai giudici il 12novembre scorso, anche in quel caso per la mancata trasposizione diuna norma comunitaria sulle donazioni dei tessuti, oggi la Corte hacondannato l’Italia per una seconda volta. Il nostro Paese è colpevoledi non aver adottato, entro i termini, la direttiva che riguarda le pre-scrizioni in tema di rintracciabilità, codifica, lavorazione, conservazio-ne, stoccaggio e distribuzione di tessuti e cellule umani del 24 ottobre2006. L’Italia non ha contestato l’inadempimento, ma ha fatto notareche il ritardo è dovuto ad una serie di obiezioni di bioetica sollevate nelparere redatto dalla competente commissione parlamentare.

Nanni Costa: 200 interventi in più dal 2008 al 2009Milano, 16 dicembre L’Italia si conferma un’eccellenza nel campo dei trapianti, con circa 200

interventi in più effettuati rispetto al 2008. Se si riuscisse a dimezzare lapercentuale di opposizioni alla donazione si potrebbe addirittura aumen-tare i trapianti di 900 unità l’anno. A rivelarlo è Alessandro Nanni Costa,direttore del Centro nazionale trapianti (CNT), a margine del convegnodel Nord Italia Transplant a Milano. “A livello nazionale – ha spiegatoNanni Costa – si è registrato un aumento del 6% delle donazioni e del7% dei trapianti. Si sono verificati alla fine del 2009 60-65 donatori inpiù rispetto al 2008, con una media di circa tre organi prelevati da ognidonatore. Il che si traduce in un aumento di circa 200 trapianti. È unsuccesso, soprattutto se pensiamo alle difficoltà che deve sostenere oggila sanità pubblica”. Una menzione particolare hanno meritato gli sforzicompiuti dalla Lombardia che, dopo una flessione nelle donazionidurante il 2008, è riuscita a farle crescere del 30% nel 2009. Consideratala sua popolosità, ha affermato il direttore del CNT, “è come se in Belgioi donatori fossero aumentati del 30%”. Bene anche il fronte delle oppo-sizioni alla donazione. “Le opposizioni sono circa 30,5 ogni 100 – haaffermato Nanni Costa – contro le 32,9 dell’anno precedente a livellonazionale”. In Lombardia, invece, si è passati dal 25,6% di opposizionidel 2008 al 23% del 2009. “Meglio di noi fa solo la Spagna – ha conclu-so l’esperto – che ha solo 15 opposizioni ogni 100. Se riuscissimo anchenoi a dimezzare il numero delle opposizioni, passando da 30 a 15, sipotrebbero fare 900 trapianti in più all’anno. Un numero incredibile”.

Cresce la sopravvivenza nel nord ItaliaMilano, 16 dicembre Cresce il numero di donatori d’organi e salgono anche sopravvivenza

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e qualità di vita dei pazienti trapiantati. È un bilancio positivo quellotracciato dal Nord Italia Transplant (Nitp) che oggi a Milano ha riuni-to i suoi esperti per fare il punto sul tema. Il Nitp è un’organizzazionenata nel 1976 per coordinare tutte le fasi che dal prelievo portano altrapianto in Lombardia, Veneto, Liguria, Marche, Friuli e nellaProvincia di Trento. Ad oggi, ha permesso in tutto di effettuare 24.775trapianti (di cui 13.657 di rene, 4.161 di cuore e 5.550 di fegato), uti-lizzando 7.875 donatori. I pazienti in lista d’attesa sono invece attual-mente 3.738, di cui 2.461 per un rene. A saltare all’occhio sono glienormi progressi nella sopravvivenza dei pazienti che hanno subito untrapianto. Negli anni ’70 “la percentuale di sopravvivenza a un annodal trapianto di rene era del 60% – ha spiegato Mario Scalamogna,responsabile del centro di riferimento del Nitp –. Poi si è registrato unmiglioramento progressivo. Dal 2000 al 2005 si è superata la soglia del90%. Oggi siamo al 93%, mentre a 5 anni dall’intervento la sopravvi-venza è dell’88%, contro il 40% degli anni ’70”. Stessa cosa vale adesempio per il trapianto di cuore, passato dal 60% degli anni ’80 acinque anni dall’intervento all’attuale 80%. La parte del leone tra leRegioni del Nitp spetta alla Lombardia, che in un solo anno ha gua-dagnato 62 donatori utilizzati in più (dai 147 del 1008 ai 209 del 2009),facendo crescere i trapianti di 102 unità (da 532 a 634). Nonostante isuccessi, però, è presto per cantare vittoria. “Anche con il trend positi-vo delle donazioni a livello nazionale e con l’aumento della disponibi-lità degli organi, non si riesce a dare risposta a tutti i cittadini in listad’attesa – ha concluso Scalamogna –. A livello nazionale queste listesono stabili su circa 9.500 pazienti. Nel Nitp ce ne sono 3.738 e sonotendenti a un leggero aumento. I pazienti in attesa crescono di circa 50unità l’anno per il solo rene, che è il più rilevante, mentre per gli altriorgani cresce di alcune decine o unità. In ogni caso, il trend è in cre-scita in tutte le Regioni”.

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Primo trapianto di polmone senza trasfusioneTorino, 18 gennaio Lo scorso dicembre all’Ospedale Molinette di Torino è stato trapian-

tato un polmone senza ricorrere a trasfusioni di sangue, per rispettarela volontà della paziente, una testimone di Geova. L’ospedale segnalache è il primo del genere in Italia e uno dei pochi al mondo. La donna,di60anni,originaria della provincia di Crotone ma residente nel tori-nese, è stata dimessa in questi giorni in buone condizioni di salute. Ladonatrice è una ragazza di 29 anni di Torino, deceduta all’ospedale diNovara per la rottura di un aneurisma cerebrale. Il trapianto, duratocirca tre ore, è stato eseguito da Mauro Rinaldi, direttore diCardiochirurgia delle Molinette. La paziente, alla quale è stato tra-piantato il polmone destro, era affetta da fibrosi polmonare dal 2006.Dal 2008 soffriva di insufficienza respiratoria ed era quindi sottopostaad ossigenoterapia. Era stata messa in lista d’attesa di trapiantonell’estate del 2009. Considerando che la mortalità per fibrosi polmo-nare dopo quattro anni èdel50-60%,i medici temevano non che nonavrebbe avuto più di un anno di vita senza il trapianto. Il reparto diPneumologia, diretto da Sergio Baldi, continuerà a seguire la pazientecon le visite e la fisioterapia, necessaria nei prossimi mesi.

In aumento i trapianti in ItaliaRoma, 10 febbraio Nel 2009 il nostro Paese ha fatto registrare un trend positivo nelle

donazioni: sono circa 1.200 l’anno con un incremento del 6%. Buonaanche la percentuale dei donatori: se infatti la media europea è di 18,5donatori per milione di abitanti, nel nostro Paese sono circa 21 permilione. In Europa, meglio dell’Italia ci sono la Spagna, prima almondo con 34 donatori, e la Francia con 23,5. Sotto di noi ci sonoinvece Germania con 16 donatori e il Regno Unito con 14. L’Italia sicolloca tra i primi Paesi al mondo per trapianti di tessuti e cellule sta-minali emopoietiche. L’incremento dei trapianti è stato del 7% rispet-to all’anno precedente, quando, secondo stime del Centro nazionaletrapianti (CNT), i trapianti hanno toccato quota 3.000, oltre ai 15 milatrapianti di tessuto e cinquemila di cellule staminali emopoietiche perla cura di patologie del sangue. Positivi anche i risultati a lungo termi-ne, con il 70-80% di casi di successo a cinque anni dall’intervento. Allafine del 2009 ci sono stati 60-65 donatori in più rispetto al 2008, conuna media di circa tre organi prelevati da ogni donatore, che si tradu-

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ce in circa 200 trapianti effettuati in più. Ma, sempre secondo le stimedel CNT, su 9.000 pazienti in lista d’attesa solo poco più di 3.000 ognianno ricevono il trapianto di cui hanno bisogno e 300 muoiono aspet-tando. I tempi medi per un rene, ad esempio, sono di tre anni.

Carta d’identità, facoltativo “sì” o “no” a donazioneRoma, 11 febbraio L’indicazione obbligatoria sulla carta d’identità della disponibilità alla

donazione di organi sarà d’ora in poi solo facoltativa. In Aula alSenato è stata infatti modificata questa previsione del maxi–emenda-mento al Milleproroghe frutto, secondo il presidente della commissio-ne Affari Costituzionali del Senato Carlo Vizzini, di un errore mate-riale da parte del governo nella scrittura del testo. “L’emendamento– spiega Vizzini – dal quale si è copiato prevedeva le parole “può”, mac’è stato un errore materiale del governo nel copiare l’emendamento.La norma è stata corretta: il governo in Aula lo ha spiegato ed l’Aulane ha preso atto. L’obbligatorietà non sarebbe stata costituzionale”.Ma la correzione ha suscitato reazioni. “Irragionevole la marcia indie-tro del Governo sulla norma che avrebbe introdotto l’obbligo di indi-care nella carta d'identità il consenso oppure il diniego alla donazionedei propri organi in caso di morte”: è quanto ha affermato ClaudioSaroufim, responsabile ambiente del PdCI – Federazione della sini-stra. “La facoltatività dell'indicazione – ha spiegato – non sensibilizzacome dovrebbe i cittadini nei confronti di un atto di civiltà. L’argomentodella incostituzionalità sollevato da Vizzini sembra un falso problemarispetto alla finalità sociale dell'obiettivo”. Qualche dubbio sulla sceltadella carta d’identità arriva invece da Dorina Bianchi, vicepresidentedei senatori Udc. “La carta d’identità – ha osservato Bianchi – com-porta l’esibizione del proprio parere ogniqualvolta sia richiesta l'esibi-zione di un documento. Per questa ragione, ma anche considerando lanatura dell'informazione in materia, sarebbe più indicata la tesserasanitaria.

USA, più di 100 donazioni “samaritane”Washington, 18 febbraio Secondo gli ultimi dati forniti dalla UNOS (United Network for

Organ Sharing), l’associazione Usa che tiene sotto controllo il corretto‘matching’ degli organi da trapianto tra donatori e recipienti, nel 2008a fronte di 6.218 trapianti di organi da donatori vivi, 108 sono stati casidi donazioni di “buoni samaritani”. Il totale dei trapianti negli Usa perl’anno considerato è stato pari a 27.965, evidenziando che la stragran-de maggioranza degli organi proviene ancora da donatori deceduti. Ledonazioni di organi dei “buoni samaritani”, ovvero tra persone nonconsaguinee e che non si conoscono, per le quali ora si comincia ariflettere anche in Italia, sono permesse in America, dove la pratica èancora molto limitata sia pure in crescita. Secondo quanto ha spiegatoJoel Newman, direttore delle comunicazioni esterne dell’UNOS, ledonazioni d’organo dei “buoni samaritani” vengono regolate a livello

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statale come peraltro tutte le altre donazioni d’organo, ma in realtà ladecisione se accettare la donazione resta nelle mani di ogni ospedale ecentro trapianti. “Per le donazione di ‘buoni samaritani’ – ha precisa-to ancora Newman – non può essere versato alcun corrispettivo eco-nomico ma ovviamente le spese mediche, di ricovero e farmacologichevengono coperte. In alcuni casi succede che donatore e recipiente siincontrino dopo la procedura ma nella maggior parte delle evenienzequesto non si verifica”. Secondo l’UNOS, è comunque interessanteosservare che queste donazioni sia pur rare sono in crescita: eranodifatti solo 71 nel 2006.

Spagna, entro giugno in vigore direttiva UE sulla donazioneMadrid, 23 marzo Una direttiva europea sulle donazioni di organi dovrebbe essere adot-

tata entro giugno dall’Europarlamento consentendo all’Europa diavviarsi sulla strada di una migliore regolamentazione in questocampo, che potrebbe consentire in futuro di “salvare 20mila personeogni anno”. Lo ha affermato oggi il Ministro della Sanità spagnoloTrinidad Jimenez, aprendo i lavori di una conferenza internazionalesulla donazione e sul trapianto di organi. La Spagna ha fino al 30giugno la presidenza di turno dei 27. La nuova direttiva secondoJimenez avrà per obiettivo il miglioramento della qualità e della sicu-rezza dei trapianti in Europa. La normativa sarà inoltre accompagna-ta da un piano per stimolare le donazioni d’organi con l’obiettivo di“raggiungere l’autosufficienza e combattere il turismo dei trapianti”.La Spagna vanta un tasso di 34.4 donazioni per milione di persone,contro le 18.1 della media europea. Nonostante questo, il modello nonspagnolo non è esportabile al 100%, ha detto il responsabile dell’Or-ganizzazione nazionale dei trapianti Rafael Matesanz. Si basa infattisu norme come quella del “donante presunto”, che rendono ogni spa-gnolo un donatore potenziale di organi se non si è espressamentedichiarato contrario. Jimenez ha indicato oggi che Madrid introdurràpresto, con una riforma del codice penale, nuove norme contro il“turismo dei trapianti” verso i paesi del Terzo Mondo. Il Ministro hadetto che gli spagnoli che si sottoporranno a trapianti di organi diorigine illecita potranno essere condannati a pene detentive.

Test CNR per donatori di cuore over 55Roma, 23 marzo Non escludere dalla donazione gli over 55 consentirebbe di ridurre le

liste d’attesa per i trapianti. Con questo obiettivo è stato messo a puntoun test di funzionalità cardiaca testato da Ifc-Cnr e Sant’Orsola. Lostudio è statopubblicato sul Journal of Heart andLungTransplantation.La carenza di donatori, secondo il Cnr, è resa ancor più pesantedall’età limite, fissata a 55 anni. Una ricerca dell’Istituto di fisiologiaclinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), però,ora dischiude nuove e più ampie possibilità. “Sono oltre 700 i pazien-ti che ogni anno in Italia avrebbero bisogno di un cuore nuovo, mentre

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le donazioni raggiungono a malapena la metà. I pazienti in lista d’at-tesa (media 2-3 anni) hanno una qualità di vita difficile e una mortali-tà di quasi il 9% annuo”, spiega Tonino Bombardini, ricercatoreassociato dell’Ifc-Cnr. Se ogni anno si utilizzasse anche solo un sestodei 670 donatori di cuore ultra cinquantacinquenni, i trapianti in Italiaaumenterebbero di 100 l’anno”. Da questa constatazione, circa cinqueanni fa, è partita un’indagine congiunta con il Centro trapianti cuore–polmone del Sant’Orsola di Bologna, volta a quantificare la bontàfunzionale dei cuori dei cosiddetti donatori “marginali”. Il gruppoutilizza come test diagnostico un “eco-stress” farmacologico: “Si infon-de sotto controllo ecocardiografico continuo il dipiridamolo, un far-maco vasodilatatore già in uso da 25 anni per la diagnosi non invasivadi malattia coronarica”, spiegano Bombardini e Giorgio Arpesella delSant’Orsola. “Il cuore è infatti un organo erettile, la cui funzioneaumenta con l’aumentare del flusso, ma questo solo se le coronariesono sane e il miocardio è normale. Se il cuore sotto stress obbediscea tale corrispondenza, allora è adatto per la donazione; altrimenti, senonostante la vasodilatazione coronarica la funzione peggiora, vienescartato. Il test, che viene eseguito dopo la dichiarazione di mortecerebrale del donatore, dura 6 minuti e rispetta gli altri organi da tra-piantare”. Secondo i dati del Centro nazionale trapianti, nel 2006 soloil 45% dei 1.234 donatori di cuore potenziali in Italia avevano un’etàinferiore ai 55 anni. E inoltre 169 dei 345 trapianti venivano eseguitiin riceventi ultra55enni.

Gran Bretagna, si valuta la possibilità di pagare i donatoriLondra, 20 aprile È etico ed utile pagare le persone perché donino organi dopo la morte,

e tessuti, sangue, sperma ed ovuli da vivi? È questa la domanda posta aicittadini per una consultazione che durerà 12 settimane e che è stataavviata in Gran Bretagna dal Nuffield Council on Bioethics, un centroindipendente su questioni di bioetica e medicina. I risultati della consul-tazione saranno pubblicati nell’autunno 2011. La ricerca esploreràcome aumentare le donazioni di sangue e sperma da persone in vita, maanche come convincere le persone a diventare donatori d’organi dopola morte. In questo caso viene ipotizzato anche il pagamento dei funera-li, ma anche l’accesso prioritario ai trapianti a chi fa parte del registrodonatori, se ne avrà bisogno nel corso della sua vita. La richiesta diorgani è cresciuta negli ultimi anni e ora supera di molto l’offerta: ciò èdovuto all’invecchiamento della popolazione e ai progressi della medici-na, per i quali più persone possono trarre benefici dai trapianti. Altempo stesso, i progressi nel trattamento dell’infertilità hanno fattoaumentare la richiesta di sperma ed ovuli. Per Marilyn Strathern, cheguida la commissione del Consiglio che si occupa di questa consultazio-ne, il tema è delicato e va trattato con grande cautela: “Occorre pensarealla moralità di far pressione sulla gente per far loro donare parti delcorpo. Offrire pagamenti o altri incentivi può incoraggiare le persone acorrere dei rischi o andare contro le proprio convinzioni”.

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Prelievo di un rene con robot per donarlo alla gemellaMilano, 11 maggio relievo di un rene ‘record’ all’Ospedale Niguarda di Milano, dove i

medicihannoutilizzato un robot per prelevare l’organodaunaragaz-zina, per poi donarlo alla sua gemella. L’intervento, perfettamenteriuscito, secondo il Niguarda è il secondo caso di questo tipo a livelloitaliano. “Utilizzare il robot per questo tipo di intervento – hannospiegato Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia Generale 2 e deiTrapianti del Niguarda e Alessandro Giacomoni, chirurgo che ha ese-guito il prelievo – permette di avere molta più precisione nelle mano-vre chirurgiche e offre indiscussi vantaggi per il donatore, che vederidursi i tempi e le complicazioni del post-operatorio. Già al secondogiorno dopo l’operazione, il paziente è in grado di alzarsi e mangiare,mentre dopo 5-6 giorni avviene la dimissione e possiamo stimare indue settimane la ripresa delle consuete attività quotidiane. Tutto per-ché quella con il robot è una chirurgia poco traumatica, che ben siadatta alla situazione di persona sana, quale è il donatore”. “Il robot– ha concluso De Carlis – è già in uso da alcuni anni presso laChirurgia di Niguarda, ma solo recentemente è stato applicato all’areatrapianti. Pensiamo che questo possa essere il futuro per questo tipo diinterventi. Presto adotteremo questa tecnica anche per il prelievo difegato da vivente”.

Ok dal CSS alla donazione samaritanaRoma, 25 maggio Dopo il Comitato Nazionale di Bioetica, anche il Consiglio Superiore

di Sanità (CSS) ha espresso un parere sulla cosiddetta donazionesamaritana. “Il CSS ritiene ammissibile questa possibilità, pur conalcune raccomandazioni”. Lo rende noto il Ministro della Salute,Ferruccio Fazio, durante la presentazione delle giornate nazionali perla donazione e trapianti di organo. “Nel parere viene raccomandata– ha spiegato Fazio – la valutazione psicologica e psichiatrica del dona-tore, il rispetto della privacy e il fatto che non ci sia alcun contatto tradonatore e ricevente”. Fazio ha spiegato anche praticamente comepotrà avvenire questo tipo di donazione con il meccanismo del crossover: “Il possibile ricevente si procuraundonatore. Se il donatore nonè compatibile, può ricevere l’organo, sempre nel totale animato, da undonatore samaritano e l’organo che viene donato può andare a unaltro ricevente. Quindi così si verifica un’altra donazione”.

Primo prelievo di rene attraverso vaginaMilano, 9 giugno Per la prima volta in Italia è stato prelevato un rene senza fare tagli, ma

attraverso la vagina: così una donna di 48 anni ha potuto donare il reneal figlio di 2 anni in dialisi. L’intervento è stato eseguito nel PoliclinicoSanMatteodiPaviautilizzando il robot-chirurgo“DaVinci”.Solitamenteil rene, staccato dalle sue connessioni, viene estratto praticando un’inci-sione addominale di circa 7 centimetri. La nuova tecnica, invece, preve-de l’inserimento del rene all’interno di un sacchetto di plastica protettivo

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e la sua estrazione attraverso l’apertura naturale rappresentata dallavagina. “L’invasività dell’intervento è in questo modo ulteriormenteridotta - ha affermato Andrea Pietrabissa, che ha eseguito l’interventoassieme a Massimo Abelli, che ha trapiantato il rene al figlio, e adArsenio Spinillo, ginecologo, che ha predisposto la preparazione delcampo operatorio in vagina –. In tal modo l’integrità fisica del donatoreviene maggiormente rispettata, con tempi di guarigione prevedibilmen-te ancora più rapidi”. Questa tecnica è stata utilizzata per la prima voltaal mondo circa un anno fa negli Stati Uniti, nel centro medico dell’Uni-versità Johns Hopkins di Baltimora, con il quale il San Matteo ha unrapporto di collaborazione.

Nuovo caso etico: il “samaritano” è un detenutoRoma, 17 giugno Un detenuto offre un rene come donatore samaritano e si solleva una

nuova questione bioetica. Dopo la svolta del sì nel settore da parte delMinistero della Salute, una lettera arrivata al coordinatore regionaledel Piemonte,AntonioAmoroso, porta all’attenzione degli esperti unanuova problematica. Sul detenuto c’è una pesante condanna per ten-tato omicidio che scadrà nel 2025. Ma l’opportunità che offre l’uomo,proprio per la condizione di carcerato, è accompagnata da nuovi que-siti. È realmente libero nella sua decisione e la scelta è priva di interes-si? “Nella mia vita ho sbagliato tanto, ora è giusto che aiuti chi ne habisogno”, ha spiegato il detenuto nella lettera. Si è detto disponibile adiventare un donatore samaritano, cioè senza un legame di parentelao di affetto, offrendo un rene. Il caso, il primo del genere in Italia,arriva così all’attenzione del Centro Nazionale Trapianti. Al momentole persone che si sono candidate a diventare donatori samaritani sonostate meno di una decina, da tutti è arrivata l’offerta di un rene. Ancheper questo caso il potenziale donatore dovrà essere sottoposto agliesami clinici e psichici per verificare se è idoneo a questo tipo di inter-vento. Contemporaneamente gli esperti valuteranno la nuova questio-ne bioetica posta dal caso singolare. “Affronteremo la nuova questionecon calma alla luce anche della linea d’azione già individuata per glialtri donatori samaritani – ha spiegato il direttore del Centro NazionaleTrapianti, Alessandro Nanni Costa –. In ogni caso, per una situazionecome questa, serve grande cautela, la donazione deve essere una liberascelta, e bisogna domandarsi fino a che punto lo è quando si sta scon-tando una pena”. “Non c’è nessun motivo per escludere un detenutoche voglia fare una donazione di organi samaritana, a patto che sianorispettati i criteri indicati”, ha spiegato Lorenzo D’Avack, vicepresi-dente del Cnb. “La detenzione non dovrebbe essere considerata comeun elemento a sfavore nell’accettare l’offerta di donazione samarita-na”, ha aggiunto il giurista Stefano Rodotà, professore emerito didiritto civile all’Università La Sapienza di Roma. “è una manifestazio-ne importante di solidarietà verso gli altri – ha affermato – che rientraperfettamente nel dovere di solidarietà espresso dall’articolo 2 dellanostra Costituzione”. Di diverso avviso Francesco D’Agostino, presi-

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dente onorario del Comitato nazionale di bioetica (Cnb). “Alla base diogni sperimentazione e terapia medica – ha spiegato D’Agostino –serve un consenso libero e informato da parte di chi vi si sottopone. Sipuò quindi facilmente immaginare che nel caso di un detenuto vi siauna carenza di libertà che può influenzare la sua decisione. Ecco per-ché mi auguro che venga rifiutata l’offerta di donazione samaritana diun rene fatta dal detenuto”.

Francia, primo trapianto totale del visoParigi, 8 luglio Un trapianto totale del viso è stato realizzato all’ospedale Henri-

Mondor di Creteil, nei pressi di Parigi, dal team del chirurgo LaurentLantieri, capo del servizio di chirurgia plastica dell’ospedale e uno deiprincipali esperti in questo campo. L’operazione è stata effettuata allafine del mese di giugno su un uomo di 35 anni, affetto dalla sindromedi Von Recklinghausen, una grave malattia genetica che gli avevadeformato il viso. “Siamo i soli fino ad ora ad aver trapiantato un visointero con le palpebre e tutto il sistema lacrimale – ha spiegato il dottorLantieri –. Il paziente sta bene, cammina, parla e gli è cresciuta un po’di barba sul mento”. Secondo quanto ha affermato oggi Le Parisien sitratterebbe del primo trapianto integrale del viso al mondo. Lo scorsoaprile, l’ospedale di Barcellona aveva a sua volta annunciato una ope-razione simile. Ma, precisa l’agenzia France Presse, non era riuscitacompletamente, in quanto il paziente non riusciva a mangiare e aparlare normalmente. Già nel 2007 il medico francese era intervenutoper ridare un volto ad un giovane di 27 anni anch’egli affetto dallasindrome di Von Recklinghausen, ma in quel caso il trapianto non erastato totale.

I primi due trapianti di trachea in ItaliaFirenze, 28 luglio I primi due trapianti di trachea in individui affetti da tumore maligno

tracheale, unici al mondo per una particolare tecnica utilizzata, sonostati eseguiti con successo nell’Azienda Ospedaliera UniversitariaCareggi di Firenze, dall’equipe guidata dal chirurgo PaoloMacchiarini.Gli interventi sono avvenuti il 6 e il 13 luglio scorsi e sono anche iprimi ad essere effettuati in Italia. Il decorso delle due pazienti, una dicirca 30 anni di nazionalità ceca, l’altra di circa 20 anni inglese, èspiegato in una nota, “è stato privo di complicazioni. Le due donnesono in fase di dimissione dall’ospedale e le loro condizioni sono rite-nute soddisfacenti”. Nell’intervento sulla paziente inglese, inoltre, èstata eseguita, per la prima volta in Italia, una radioterapia intraope-ratoria in corso di trapianto di trachea, coordinata dal professorGiampaolo Biti, per ridurrealminimo il rischio di recidive tumorali. Idue interventi sono durati oltre 10 ore ciascuno e hanno coinvolto 40persone fra chirurghi, anestesisti, infermieri, biologi e tecnici, oltre alleequipe del Centro nazionale trapianti e della protezione civile per ilprelievo e il trasporto delle trachee. La tecnica innovativa utilizzata dal

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professor Macchiarini ha previsto una fase di preparazione delle tra-chee chiamata decellularizzazione, per l’eliminazione di tutte le celluledel donatore, che è stata eseguita dalla dottoressa Silvia Baiguera nelLaboratorio di bioingegneria e biologia molecolare della via aerea(Bioair) e nella Banca del sangue placentare del Careggi, diretta daldottor Riccardo Saccardi. Questa chirurgia, sperimentata per la primavolta, è resa possibile dalla tecnica di preparazione delle trachee bioin-gegnerizzate da donatore, già messa a punto da Macchiarini in prece-denti interventi non oncologici. La tecnica consiste nell’eliminazione ditutte le cellule viventi del donatore dalla trachea, per predisporre unastruttura inerte su cui inserire cellule staminali prelevate dai pazientiriceventi, poco prima dell’intervento, con l’aggiunta di fattori di crescita:questo evita il rigetto e consente la rigenerazione della trachea. In prati-ca grazie alle cellule staminali è stato possibile ripavimentare la tracheae favorire la ricostruzione del tessuto interno della trachea.

Germania, sulla patente il “Sì” a eventuale donazioneBerlino, 14 settembre La carenza di donatori di organi in Germania sarà combattuta con

l’aiuto dei nuovi passaporti e delle nuove patenti: in un futuro immi-nente, infatti, nei nuovi documenti sarà registrata la volontà o il rifiutodell’intestatario di donare i suoi organi incasodi morte repentina. Unaccordo in questo senso è stato raggiunto dagli esperti legali e di medi-cina del gruppo parlamentare Cdu, presieduto dalla cancellieraAngela Merkel. E poiché i passaporti e le patenti vengono regolarmen-te a scadenza, entro un determinato numero di anni tutti i residenti inGermania avranno espresso la loro volontà in materia. Un passaggiodall’esplicito assenso al silenzio/assenso è stato invece rifiutato dagliesperti della Cdu: “Ciò andrebbe contro la nostra concezione dellanatura umana”, ha spiegato il vice-capogruppo Cdu, Guenter Krings.Lo scorso anno in Germania a fronte di 12mila malati in attesa ditrapianto, sono stati donati organi solo da 1.217 persone.

GB, per mancanza di organi ok a donatori di “serie B”Londra, 14 novembre In Gran Bretagna mancano gli organi da trapiantare: in mancanza di

meglio, i chirurghi del Servizio Sanitario Nazionale (Nhs) fanno ricor-so a polmoni di fumatori. Gli organi di “seconda scelta” sono stati datia pazienti in condizioni disperate e che altrimenti sarebbero mortisulle liste di attesa. Lo ha scritto oggi il Sunday Times. Secondo ilgiornale non è un’eccezione ma in certe condizioni la regola. I medicidel Nhs sono costretti a ricorrere ad organi di ‘categoria B’ data lascarsità di materia di prima scelta: tra questi anche cuori, polmoni,reni, fegato di malati di cancro, tossicodipendenti, diabetici e anziani.La pratica è stata messa alla prova in sordina in un ospedale diNewcastle, ma poi adottata su scala nazionale senza che siano statefinora adottate linee guida che impongano di mettere al corrente ipazienti dei rischi. In altri Paesi non sarebbe permesso: negli Stati

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Uniti la Food and Drug Administration vieta esplicitamente l’uso pertrapianti di organi di malati di cancro. Ma in Gran Bretagna, dove trepersone al giorno muoiono in attesa di trapianto, tocca fare buon visoa cattivo gioco: “In un mondo ideale tutti vorrebbero i polmoni diventenni sani che non hanno mai toccato una sigaretta – ha affermatoJames Neruberger, vice direttore medico dell’agenzia nazionale per itrapianti (National Health Service Blood and Transplant) –. Purtroppoè un lusso che non ci possiamo permettere”. A suo parere il dilemmaè semplice: “Vuoi un polmone con un po’ più di rischi o niente?Sembra duro e brutale, ma è la realtà”. La Nhs sta valutando nuovelinee guida: “Diciamo ai pazienti che tutti gli organi comportanorischi, alcuni più di altri – ha spiegato Alexander Gimson dell’Alden-brook Hospital di Cambridge, uno dei consulenti del servizio sanitarionazionale –. Chiediamo che si fidino di noi”. A suo giudizio un fegatodi un centenario è altrettanto valido di quello di una persona più gio-vane: “Nel nostro ospedale abbiamo trapiantato organi di settantenni,e so che altri ospedali lo hanno fatto”.

Nel futuro forse un rene artificiale impiantabileRoma, 4 dicembre Niente più dialisi e trapianti di rene. Il futuro per le persone che per-

dono l’uso di questo organo potrebbe essere un dispositivo a cui si stalavorando nei laboratori dell’Università di San Francisco, e chepotrebbe in futuro essere un vero e proprio rene artificiale impiantabi-le e duraturo almeno per 10 anni, in attesa di un trapianto d’organo.A mettere a punto la macchina, grande come una tazza da caffè, èstato il gruppo guidato da Shuvo Roy, uno scienziato di origine india-na. Il rene artificiale a cui sta lavorando è formato da migliaia di“nanofiltri”, piccoli pori di dimensioni dell’ordine dei milionesimi dimillimetro deputati ad eliminare le sostanze tossiche dal sangue, e dauna serie di bioreattori, contenenti vere cellule renali umane, incarica-ti di altre funzioni tipiche di questo organo come la produzione divitamina D o la regolazione della pressione sanguigna. Il prototipo,testato per ora solo su qualche topo e qualche maiale, non ha bisognodi batterie perché sfrutta la naturale pressione sanguigna dell’organi-smo, e può restare impiantato per un decennio, aiutato dal fatto chenon ha parti biologiche a contatto con i tessuti che potrebbero causarerigetto. “Questo dispositivo è progettato per produrre la maggior partedei benefici di un trapianto di rene – ha spiegato Roy –, che è moltodifficoltoso a causa della scarsità di donatori. Si potrebbe così potrebberidurre in maniera drammatica il peso delle malattie renali in milionidi persone in tutto il mondo”. Dopo i primi test, i ricercatori stannoaspettando l’autorizzazione e i finanziamenti per poter allargare i trialad un maggior numero di animali e poi estenderli all’uomo: “Il van-taggio per i pazienti è grandissimo – sottolinea il ricercatore –, perchéle loro vite potrebbero essere trasformate. Con il giusto supporto finan-ziario penso che potremmo iniziare i trial clinici sull’uomo in cinqueanni, anche se è difficile predire quanto impiegherà ad essere disponi-

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bile commercialmente per via delle incertezze sui tempi delle autoriz-zazioni da parte dell’Fda”.

Nanni Costa, l’intestino in provetta è un passo importanteRoma, 12 dicembre È “un passo molto importante” verso la possibilità di ottenere tessuti e

organi per la medicina. Così il direttore del Centro NazionaleTrapianti, Alessandro Nanni Costa, ha commentato la ricerca relativaall'intestino costruito in laboratorio pubblicata su Nature. “È un primopasso fondamentale, anche se ancora non si può parlare di un vero eproprio organo”, ha sottolineato Nanni Costa, aggiungendo che“senza questa dimostrazioni di principio non sarebbe possibile prose-guire lungo la strada dei tessuti realizzati in laboratorio”. È pensabileche risultati di questo tipo possano diventare utili per la medicina tra10-15 anni. Più lunghi, ha aggiunto il direttore del CNT, i tempi peravere organi a disposizione per i trapianti. Un organo, ha spiegatoNanni Costa, è una struttura complessa che comprende una serie ditessuti diversi assemblati tra loro. Quello descritto su Nature è “lo svi-luppo di un tessuto tridimensionale, ma questo è una cosa diversa daun organo”. Per Nanni Costa questa ricerca “è di grande valore” e“importantissima anche dal punto di vista etico”. Dimostra infatti unmetodo di lavoro che riguarda le cellule staminali pluripotenti indotte(IPS). Sulle cellule embrionali utilizzate nella ricerca, invece, NanniCosta osserva che sono cellule prelevate da linee già disponibili.

Successo italiano per la nuova tecnica salva-polmoniRoma, 14 dicembre “È un grande successo per la trapiantologia italiana e la rete trapian-

tologica italiana”. Così Alessandro Nanni Costa, direttore del Centronazionale trapianti (CNT), valuta la nuova tecnica che consente diproteggere i polmoni in rianimazione dopo la morte cerebrale e rad-doppiare quelli per il trapianto, sperimentata in 11 reparti di terapiaintensiva italiani e uno spagnolo. Il tutto sotto il coordinamento deldipartimento di anestesia e rianimazione dell'ospedale Molinette diTorino, diretto da Marco Ranieri. “Questo risultato – commentaNanni Costa – dimostra il grande valore delle rete di trapianti italiana,ed è un grande successo perché consente di aumentare il numero diorgani disponibili per il trapianto e dunque i trapianti stessi”. In unmomento in cui si ha una “carenza di organi a causa della riduzionedei decessi per danni cerebrali – conclude – questo nuovo protocollodeve essere diffuso il più possibile. Come CNT ci adopereremo perfarlo”.

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Con il crossover più speranze per i malatiPisa, 21 gennaio “Con la tecnica dei trapianti cross over si regala una speranza in più ai

pazienti in lista d’attesa e questo è già uno straordinario motivo perpraticare questa strada e aumentare l’informazione nell’opinione pub-blica”. Lo ha dichiarato Alessandro Nanni Costa, direttore del CentroNazionale Trapianti, intervenendo alla tavola rotonda sul tema pro-mossa oggi a Pisa dall’azienda ospedaliero universitaria. Il cross over èun programma di donazione altruistica incrociata di rene, attualmenteattivo solo in alcuni centri negli Usa e in Italia sperimentato solo trevolte, proprio a Pisa. La tecnica prevede la realizzazione di una speciedi banca del rene, come avviene in quella del sangue, il volontariodona il proprio organo senza conoscerne la destinazione e le cui carat-teristiche biologiche possano poi garantire al ricevente la miglioreriuscita. “Del resto – ha aggiunto Ugo Boggi, direttore del centro tra-pianti di Pisa – puntare solo sulle donazioni da cadavere significa chetra qualche anno le liste d’attesa per i trapianti di rene aumenterannodrammaticamente. Il trapianto renale da donatore vivente tra l’altrorisulta anche migliore perché può essere eseguito con un’opportunaprogrammazione determinando una media di sopravvivenza doppiarispetto al trapianto da donatore cadavere”. La tecnica americana èmolto apprezzata anche da Vincenzo Passarelli, presidente nazionaledell’Aido (associazione italiana per la donazione di organi e tessuti)perché “non è solo un buon risultato medico, ma è anche una straor-dinaria forma di solidarietà ed è dunque opportuno fare il massimodell’informazione possibile a riguardo”.

Sempre più vicini al fegato in provettaRoma, 21 gennaio In futuro la bioingegneria potrebbe rendere un ricordo il trapianto di

fegato o farlo divenire solo una delle opzioni disponibili per curaregravi malattie epatiche: ricercatori tedeschi hanno infatti costruito inlaboratorio tessuto epatico in 3D “montato” su un’impalcatura dimateriale biologico che scompare come i punti di sutura riassorbibiliusati oggi in chirurgia. L’idea è che questo tessuto in provetta siaimpiantato nel paziente malato e lì vada a ricostruire un nuovo fegatosano. Ma non è da escludere che si arrivi a creare fegati nuovi in labo-ratorio da trapiantare tout court. Il traguardo è dell’equipe di Joerg-Matthias Pollok, capo del laboratorio di ingegneria dei tessuti e tra-

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pianto di cellule, presso l’Università di Amburgo. Gli esperti hannoassemblato molti di questi fegati a partire da cellule di 12 personedimostrando che la procedura è fattibile. Gli scienziati hanno coltivatole cellule epatiche per due giorni e poi le hanno “montate” su unoscheletro di materiale biodegradabile. Secondo quanto riferito daPollok “la nostra idea è creare tessuto epatico in provetta per impian-tarlo nei pazienti, cosicché le cellule o meglio il nuovo tessuto vadanoa costruire un nuovo fegato per il paziente direttamente in situ”. Ilfegato è un organo con ampie potenzialità autorigenerative ma quan-do è seriamente compromesso da malattie come cirrosi o epatite spes-so non ce la fa più a rigenerarsi e cessa di funzionare. In questi casi peril paziente la sopravvivenza si chiama trapianto; ma le liste d’attesasono lunghe. L’idea di creare fegati in laboratorio da usare al posto deifegati da donatore non è peregrina e anzi riscuote l’interesse di moltiricercatori nel mondo. Il fegato in provetta potrebbe servire anche soloin modo temporaneo come organo-ponte finché il paziente non trovaun donatore; ma in futuro il sogno è arrivare a creare in provetta fega-ti permanenti. L’obiettivo è virtuoso perché significherebbe anche eli-minare un altro problema tipico dei trapianti, oltre a quello delle liste:i farmaci antirigetto. Infatti se il fegato fatto in provetta fosse ottenutoa partire da un manipolo di cellule del paziente, non ci sarebbero pro-blemi di attecchimento dell’organo né rischio rigetto. I tedeschi nonsono gli unici che lavorano alla creazione di fegato in provetta: in Usaci lavora, per esempio, il team di Anthony Atala, pioniere dell’ingegne-ria dei tessuti che ha già al suo attivo la ricostruzione di vesciche supazienti. Atala ha di recente costruito un fegato umano in miniaturache funziona come quello vero. L’organo è stato creato in provetta apartire da cellule umane di fegato e di vasi sanguigni e messo in unaspecie di incubatrice per crescere”. I ricercatori tedeschi nel loro lavoro,pubblicato sulla rivista Liver Transplantation, sono partiti dalle celluleepatiche di 12 persone e le hanno fatte crescere in provetta per duegiorni, dopodiché esse hanno formato degli aggregati detti sferoidi chesono stati “montati” su un’impalcatura spugnosa di materiale che, unavolta impiantato, scompare come i punti di sutura. Gli sferoidi hannoassunto la forma in 3D del fegato e in due giorni il loro numero è piùche raddoppiato. Per ora le dimensioni del tessuto epatico così creatosono piccole, precisa Pollok, “noi abbiamo usato una spugna di un cen-timetro di diametro spessa un millimetro, ma l’impalcatura può esseregrande quanto si vuole”. “Il nostro modello sperimentale rappresentauna tecnica promettente per coltivare tessuto e prepararlo al trapiantoinserendo il tessuto nella cavità peritoneale – conclude Pollok –; un fega-to così creato potrà essere testato su pazienti in un prossimo futuro,intanto noi abbiamo già iniziato i test su animali i cui risultati sarannooggetto di una prossima pubblicazione scientifica”.

Una donna recupera la voce con laringe-trachea nuoviRoma, 21 gennaio “Buongiorno, vorrei andare a casa”. Dopo undici anni di silenzio sono

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state queste le prime parole di Brenda Jensen, la donna statunitenseche ha ricevuto un trapianto da donatore completo di laringe e trachearecuperando la sua voce, la deglutizione e i sapori. L’intervento è statoeseguito lo scorso ottobre da un team internazionale di chirurghi, trai quali l’italiano Paolo Macchiarini del Karolinska Institutet diStoccolma, all’Università della California Davis di Sacramento, masolo ora, dopo essere sicuri della ripresa della donna, i medici hannodato l’annuncio in una conferenza stampa negli Stati Uniti. “Quelloeffettuato su Brenda Jensen è un intervento straordinario – ha afferma-to Macchiarini interpellato dall’Ansa –. L’operazione è durata 19 oree già dopo due settimane la donna aveva ripreso la sua voce”. I chirur-ghi, che hanno operato divisi in due team, ognuno impegnato su unlato della gola della paziente, hanno asportato la laringe, la tiroide e 6centimetri di trachea da un donatore, impiantandoli alla donna ericonnettendo nervi, vasi sanguigni e muscoli di uno degli organi piùcomplessi del corpo umano. È la prima volta al mondo che si effettuaun trapianto simultaneo di trachea e laringe, mentre l’unico preceden-te di laringe trapiantata risale al 1996 alla Cleveland Clinic. La donna,il cui apparato vocale era rimasto danneggiato dopo ripetute intuba-zioni in un intervento precedente, ha recuperato la propria voce e nonquella del donatore, hanno precisato i chirurghi durante la conferenzastampa di presentazione del caso. Come negli altri tipi di trapianti sarànecessaria una terapia immunosoppressiva, che Brenda Jensen perògià seguiva avendo subito un trapianto di reni e pancreas quattro annifa. I risultati dell’intervento sono particolarmente soddisfacenti –hanno spiegato i medici – e potrebbero aprire la strada per trapiantianaloghi in persone che hanno avuto malattie o traumi alla laringecostringendoli a emettere suoni con apparecchi elettronici.

Cuore in laboratorio, atteso il primo battitoRoma, 4 aprile Dopo i polmoni, l’intestino e la pelle ora è la volta del cuore: anche il

più complesso organo dell’uomo è stato ‘coltivato’ in laboratorio apartire da cellule staminali e in attesa del primo battito che secondo icreatori dovrebbe arrivare a breve è comunque un passo ulterioreverso la creazione di organi pronti per il trapianto senza dare i proble-mi di rigetto. La ricetta utilizzata dai ricercatori dell’università delMinnesota, che l’hanno presentata al meeting dell’American Collegeof Cardiology in corso a New Orleans, prevede di prendere il cuore dauna persona morta lavandone via tutte le cellule e lasciando solo lastruttura in collagene che le sostiene. A questo punto si iniettano inquesto ‘scheletro’ del cuore milioni di cellule staminali prelevate dalpaziente, e lo si mette in un ambiente adatto alla crescita. Questa tec-nica, spiegano gli esperti, ha già funzionato con cuori di topo e maiale,che hanno iniziato a battere anche se con un ritmo superiore del 20%al normale. “I cuori stanno crescendo bene, e ci aspettiamo i primibattiti nelle prossime settimane – ha spiegato Doris Taylor – ci sonoancora diversi ostacoli da superare prima di avere un organo piena-

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mente funzionante, ma un giorno sarà possibile costruire un organopronto per il trapianto”. L’idea di utilizzare lo ‘scheletro’ di collagenepotrebbe far superare i problemi derivanti dalla grande complessitàdell’organo: “Probabilmente è proprio la struttura che indica alle sta-minali mesenchimali in quale tessuto trasformarsi – ha spiegatoFederica Sangiuolo, genetista dell’università Tor Vergata di Roma –questa tecnica ormai è seguita da diversi gruppi nel mondo, ed è moltopromettente: se si riuscisse a creare un organo funzionante si supere-rebbe il problema del rigetto, perché la struttura di base è inerte, men-tre le staminali utilizzate provengono dallo stesso paziente da trapian-tare”. Anche se gli stessi ricercatori avvertono che serviranno ancoramolti anni prima di avere a disposizione un organo da trapiantarecreato in laboratorio, la ricerca in questo campo fa passi da gigante.

Il 15% dei trapianti proviene da sangue cordonaleFirenze, 2 maggio Il cordone ombelicale salva la vita: il 15% dei trapianti di cellule sta-

minali del sangue in Italia proviene dalle sacche prelevate dal cordonealla nascita di un bambino, donate dalla madre. Il 60% dei pazientioperati guarisce entro 5 anni. Il dato è stato diffuso in occasione del Vcongresso Gitmo (Gruppo Italiano Trapianti di Midollo Osseo) che siterrà a Firenze il 5 e il 6 maggio. “Il 15% dei 1.538 trapianti di stami-nali avvenuti nel 2010 – ha spiegato Nicoletta Sacchi, direttore delRegistro Italiano Donatori di Midollo Osseo (IBMDR) – è stato realiz-zato grazie alle cellule del sangue cordonale”. “È una fonte privilegia-ta sia per gli adulti, che ne hanno usufruito nel 70% dei casi, che per ibambini – ha sottolineato il professor Alberto Bosi, presidente diGitmo e ordinario di malattie del sangue all’Università di Firenze –.Da cinque anni si è invertito tale rapporto, grazie alla selezione deicordoni bancati (che devono contenere oltre 1 miliardo di staminaliemopoietiche), al miglioramento delle tecniche di conservazione eall’efficienza dei registri che le mettono a disposizione”. Leucemieacute, immunodeficienze congenite, mielomi, linfomi e anemia medi-terranea sono le patologie che più hanno bisogno di staminali e chesono in aumento in Italia, secondo i dati Gitmo. A fronte di un aumen-to di staminali, diminuiscono i donatori familiari cioè consanguineicon sempre maggior bisogno di non familiari che rappresentano lafonte di oltre la metà dei trapianti effettuati lo scorso anno in Italia.L’85% di staminali sono state prelevate dal sangue periferico o dalmidollo osseo di un donatore adulto.“Nonostantesiano stati dichiara-ti ammissibili anche i soggetti di 60-65 anni – continua Sacchi – ilnumero di potenziali donatori non cresce adeguatamente in manierapreoccupante”.

Sì a ‘fattoria dei maiali’ per gli organi OGMRoma, 17 maggio Nascerà a Cremona, nel centro Avantea del genetista Cesare Galli,

uno dei primi allevamenti di suini transgenici a fini di ricerca e per la

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produzione di organi OGM che – per ora trapiantati sperimentalmen-te sui primati – potrebbero in futuro arrivare ad essere utilizzatinell’uomo. Il via libera è arrivato con un parere del Consiglio superio-re di sanità (Css), investito della questione dal ministero della Salute.“Non si tratterà di ‘allevamenti indiscriminati’, bensì di allevamenti disuini o animali transgenici esclusivamente a fini di ricerca e nei qualiil numero degli animali presenti sarà contingentato sulla base delleesigenze legate alle ricerche”, ha spiegato il presidente del Css EnricoGaraci. Inoltre, l’autorizzazione deve essere sempre relativa e riguar-dare un preciso progetto di ricerca. Il parere prevede anche precisenorme di garanzia: “Ad esempio il fatto – ha spiegato Garaci – che taliallevamenti siano comunque separati da altre tipologie di allevamen-ti.” “Mi fa piacere che alla fine un nostro diritto, quello di fare ricerca,sia stato riconosciuto. Ora possiamo continuare la nostra attività, cheè sempre stata trasparente”, ha commentato Galli. Ma qual è l’obiet-tivo delle ricerche? “La richiesta di avviare un allevamento – ha spie-gato l’esperto – è motivata dall’esigenza di poter disporre di animaliOGM in numero sufficiente e che si riproducano naturalmente, al finedi rendere le sperimentazioni più semplici”. Il progetto maggiore alquale Galli lavora è quello sugli xenotrapianti: “I suini transgenici danoi prodotti – ha spiegato – vengono inviati a centri di ricerca in Italia,a Padova, e all’estero; qui gli organi OGM dei suini vengono trapian-tati a primati per valutare la risposta e il rigetto”. Il fine ultimo è,ovviamente, arrivare al trapianto sull’uomo. Per ora, si è lavorato sultrapianto delle isole pancreatiche per la produzione di insulina (nelmondo, già alcuni test clinici sull’uomo sono stati effettuati), ma anchesul trapianto di neuroni da suini OGM a primati per lo studio delParkinson e sul trapianto del rene (sempre su primati). Nel centro diGalli si studiano inoltre le malattie genetiche dell’uomo, sempre utiliz-zando modelli di suini OGM.

Nasce la Rete di cooperazione per i trapiantiPalermo, 25 maggio Una rete di cooperazione tra i Centri nazionali trapianto dei Paesi del

Bacino del Mediterraneo con lo scopo di promuovere il trapianto dacadavere utilizzando i principi della Carta di Istanbul, la principaledichiarazione al mondo contro il traffico di organi. La Sicilia sarà lasede di questa rete grazie al supporto di Ismett e del Centro regionaletrapianti (CRT). La rete è stata presentata questa mattina, nella Piazzadella Salute allestita al Politeama, dal Presidente della società interna-zionale dei Trapianti, Francis Delmonico, e dal direttore del Centronazionale trapianti (CNT) Alessandro Nanni Costa. “Questa rete haun significato importante – ha dichiarato Nanni Costa –: tutti i paesidel Mediterraneo hanno sviluppato attività di alto livello di dialisi e dinefrologia, ora hanno la necessità di sviluppare il programma di tra-pianto da cadavere utilizzando i principi della Carta di Istanbul, laprincipale dichiarazione al mondo contro il traffico di organi”. PerRefat Kamel, direttore del centro trapianti del Cairo: “la rete di coo-

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perazione riveste un ruolo fondamentale in un Paese come l’Egittodove da poco è stata portata avanti una nuova legge sulla donazione.Grazie a questa cooperazione internazionale potremo usufruire delsupporto organizzativo del Cnt per la formazione e l’uso di software”.Nel 2010 l’Egitto ha promulgato la legge sull’accertamento di mortecerebrale e la donazione di organi. Ad ottobre dello stesso anno, leautorità sanitarie egiziane hanno manifestato la volontà di definire congli esperti italiani un programma di cooperazione specifico per favori-re lo sviluppo della donazione da cadavere e di una rete nazionaletrapianti. La collaborazione tra i due Paesi nasce a seguito della coo-perazione nel campo dei trapianti d’organo tra l’Italia ed alcuni Paesidel Bacino Mediterraneo e del Medio Oriente.

2 reni donati su 3 provengono da una donnaRoma, 26 maggio Le donne sono molto più generose nella donazione di organi. I due

terzi dei reni da vivente arrivano appunto da una donna. Ma ne rice-vono solo un terzo. Per la prima volta uno studio del Centro NazionaleTrapianti ha evidenziato lo squilibrio tra i due sessi nella donazione davivente che si realizza tra parenti e consanguinei. Fra i coniugi nel71,4% sono le donne che donano ai mariti, a fronte di un 24,4% dimariti che donano alle moglie. Il dato è stato presentato in occasionedell’avvio della campagna nazionale 2011 e della presentazione dellaGiornata nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessutiche si svolgerà il prossimo 26 maggio. Nel caso di donazioni di rene davivente tra consanguinei nel 51% dei casi le donatrici sono le madri esolo nel 20% dei casi i padri.

Primo trapianto al mondo di trachea artificialeRoma, 7 luglio Primo trapianto al mondo di trachea totalmente artificiale. Ad effet-

tuarlo è stato un gruppo di chirurghi dell’Istituto Karolinska diStoccolma e l’intervento è stato coordinato dal professor PaoloMacchiarini, considerato uno dei maggiori esperti nel settore che oralavora all’estero. “L’organo – ha spiegato il chirurgo italiano – è statointeramente ricostruito in laboratorio utilizzando materiali frutto dinanotecnologie (polimeri sintetici ultrapiccoli) e cellule staminali chehanno riprodotto i tessuti di rivestimento della trachea. Il trapianto èstato effettuato un mese fa e il paziente, un uomo di 36 anni affetto daun tumore maligno della trachea, è in buone condizioni e sarà dimes-so dall’ospedale universitario domani”. La tecnica innovativa chepermette di superare in casi analoghi il prelievo dell’organo da dona-tore, potrebbe salvare la vita ad un bimbo coreano di 9 mesi che è natocon una trachea malformata. Macchiarini, che ora lavora a Stoccolmadopo aver lavorato nel Regno Unito e a Firenze, ha effettuato 10 tra-pianti di trachea utilizzando organi da donatori. In uno di questi nel2008 ha sperimentato l’uso di cellule staminali per rivestire i tessutidell’organo. Nell’intervento del mese scorso i medici hanno deciso di

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utilizzare la nuova tecnica bioartificiale perché il paziente era stato giàsottoposto a chemioterapia e radioterapia senza tuttavia ottenere suc-cesso. Anzi, l’avanzare del tumore alla trachea stava occludendo le vierespiratorie del giovane. Grazie alla collaborazione di un team discienziati inglesi che hanno effettuato accuratissime immagini radio-grafiche in 3D, è stato possibile ricostruire su misura la struttura artifi-ciale di base dell’organo, utilizzando nanotecnolgie. Le cellule stami-nali, prelevate dal paziente, hanno permesso poi di ‘ripavimentare’ latrachea. Grazie alle nanotecnologie e alla medicina rigenerativa imedici sperano di riuscire a costruire una trachea artificiale in unasettimana.

A 91 anni recupera la vista dopo trapianto corneaRoma, 30 luglio “Non mi sembra vero”. Non riesce ancora a credere di essere tornata

a vedere la donna di 91 anni che ha recuperato la vista dopo il trapian-to di cornea effettuato nella divisione oculistica dell’ospedale diLanciano, in Abruzzo. L’anziana, residente in un comune della ValSangro, già dopo le dimissioni ha notevolmente recuperato la capacitàvisiva e ripreso una buona autonomia di movimenti. “Mi avevanospiegato che tanto a questa età non c’era niente da fare – ha commen-tato la paziente – sono stata costretta a farmi assistere giorno e notteperché non vedevo più e da sola non potevo muovermi nemmenodentro casa. Poi mi hanno suggerito di farmi visitare a Lanciano, dovecurano molte persone anziane, e ora non mi sembra vero poter vederedi nuovo”. Un caso non unico all’ospedale Renzetti di Lanciano, dovealta è la casistica (6%) degli ultranovantenni che hanno ritrovato lavista. Gli interventi, dell’equipe oculistica coordinata dal dottorDomenico Pellegrini, riguardano per la maggior parte la catarattacomplicata, con forme aggravate dall’associazione con altre patologieoculari o invalidanti, quali Alzheimer e Parkinson.“È stata una sceltaprecisa – ha affermato Pellegrini – quella di garantire un’assistenzaadeguata a pazienti particolarmente critici non solo per patologie ocu-lari complesse, ma anche perché spesso presentano gravi handicapfisici o cerebrali, condizioni che non permettono di eseguire interventidi tipo ambulatoriale e necessitano, pertanto, di ricovero. Una formadi assistenza importante perché consente non solo una riabilitazionevisiva a volte sorprendente, ma anche uno straordinario miglioramen-to della qualità della vita di queste persone, che recuperano una con-dizione di buona autonomia e di indipendenza da famigliari, badantie servizi sociali”. L’intervento eseguito a Lanciano rappresenta unesempio dell’eccellenza del sistema italiano dei Trapianti, ha commen-tato il direttore del CNT Alessandro Nanni Costa: “L’Italia – ha sot-tolineato – è il primo Paese in Europa per numero di donazioni etrapianti di cornee, con circa 5.000 donazioni e 4.900 trapianti l’anno,ed abbiamo banche di tessuti e cornee, come quella di Mestre, tra lepiù qualificate e controllate. Quanto all’età della paziente, le modernetecnologie consentono oggi di effettuare trapianti anche su soggetti

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molto anziani e, con l’aumentare dell’età media della popolazione,sono in crescita anche le donazioni di organo da anziani”.

Toscana, eccellenza mondialeStrasburgo, 11 settembre Il Consiglio d’Europa incorona la Toscana come la regione più virtuo-

sa per numero di donatori rispetto alla popolazione. L’indicazionegiunge dall’ultimo rapporto mondiale sui trapianti curato da RafaelMatesanz (direttore dell’Organizzazione Spagnola per i Trapianti –ONT) e pubblicato dall’organismo paneuropeo che ha sede aStrasburgo “Se tutte le regioni si comportassero come la Toscana,l’Italia – ha osservato Matesanz – sarebbe il Paese al mondo con ilmaggior numero di donatori di organi”. E invece il primato spetta dal1992 alla Spagna dove, nel 2010, il numero dei donatori deceduti èstato pari a 32 per ogni milione di abitanti (in Italia 21,6). Anche nelcampo dei donatori il Bel Paese si presenta spaccato in due. “Da voiesiste un fenomeno che non si verifica in nessun altro Paese. Ci sonoregioni come la Toscana che hanno 40 donatori deceduti per ognimilione di abitanti, un dato cui si avvicinano diverse regioni del Nord,ma poi ci sono regioni meridionali che arrivano solo a 5 donatori.Questa disparità tra Nord e Sud Italia, come del resto anche le diffe-renze tra un Paese e l’altro – ha spiegato Matesanz – deriva innanzi-tutto dal tipo di organizzazione che è stata data al servizio sanitario.La Toscana è stata la prima regione in Italia a implementare un nuovomodello, simile a quello spagnolo, che si basa sulla formazione di coor-dinatori specializzati. Un modello che ha permesso di moltiplicare inpochi anni il numero di donatori”. Per il direttore dell’ONT ci sonoperò almeno altri due elementi che giocano un ruolo importante sulnumero di donatori. Il primo è di natura culturale. I Paesi cattolici ingenere riescono a raggiungere un numero più alto di donatori chequelli protestanti grazie al diverso approccio alla malattia, alla vita ealla morte dei pazienti. “In genere nei Paesi cattolici si ricorre di piùall’uso della terapia intensiva, anche in casi difficili o in cui c’è pocasperanza che il paziente sopravviva”, fenomeno che si riscontra, adesempio, tra il Belgio cattolico e l’Olanda protestante. Questo dà unvantaggio ai medici per organizzare l’espianto degli organi e il trapian-to. L’altro elemento che pesa molto è la formazione che ha ricevuto lapersona preposta a ottenere il permesso per l’espianto degli organi daifamiliari del deceduto. In Spagna la percentuale di famiglie che rifiutadi dare il permesso è molto più bassa che in Italia, 19% contro 31,5%.“Da noi – ha spiegato ancora Matesanz – sono le figure professionali‘ad hoc’, i coordinatori a interloquire con le famiglie. In Italia il com-pito è affidato ai rianimatori che, essendo molti di più, hanno maggio-ri difficoltà ad acquisire la necessaria esperienza”.

Incinta grazie all’autotrapianto di tessuto ovaricoTorino, 4 ottobre Una donna di Torino, di 28 anni, è rimasta incinta grazie all’autotra-

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pianto di tessuto ovarico, congelato nel 2003 e reimpiantato lo scorsoanno. È il primo caso di questo tipo in Italia, il 15/o nel mondo. Ladonna, in cura all’ospedale Sant’Anna di Torino, ha una forma ditalassemia che nel 2003 la costrinse ad un trapianto presso l’ospedaleinfantile Regina Margherita di cellule staminali emopoietiche (cordo-nali e midollari) dalla sorellina di due anni. L’intervento, coordinatodalla dottoressa Franca Fagioli, si era reso necessario perché la malat-tia non rispondeva più alle terapie tradizionali e avrebbe portato lapaziente alla morte. I trapianti di cellule emopoietiche rendono sterilile bambine e le adolescenti che vi si sottopongono. Perciò, nel 2001,per opera del professor Enrico Madon (scomparso lo scorso 27 agosto)e del professor Marco Massobrio, era nato il programma ‘Fertisave’che consiste nel prelievo di tessuto di ovaie e congelamento (criocon-servazione) dello stesso presso il laboratorio ‘Fiver’ del Sant’Anna conl’obiettivo di poterlo utilizzare più avanti in una situazione favorevole.Per la giovane donna, che dopo il trapianto aveva raggiunto una con-dizione di menopausa precoce, quella situazione favorevole è giuntanella primavera del 2010, quando è stata finalmente considerata fuoripericolo. La donna ha quindi chiesto di poter utilizzare il tessuto ova-rico crioconservato: due interventi chirurgici laparoscopici le hannoreimpiantato i frammenti prelevati otto anni prima e, nel giro di duemesi, le hanno consentito di riavere cicli mestruali spontanei. Nellaprimavera di quest’anno è rimasta incinta e ha attualmente superato ilterzo mese di gravidanza.

Intervento rene-pancreas per diabetici con problemi renaliRoma, 24 novembre “In Italia ci sono 2 milioni e mezzo di persone con diabete, di cui il

90% di tipo due. Il 20% sviluppa una malattia renale che, nella metàdei casi ovvero in circa 12 mila persone, si evolve in insufficienza rena-le terminale, da trattare con dialisi o con trapianto di rene”. Lo haaffermato Salvatore Di Giulio, direttore del Dipartimento dei trapian-ti P.O.I.T Silvio Natoli dell’ospedale San Camillo-Forlanini e InmiSpallanzani, a margine di un convegno sul trapianto rene-pancreas neldiabetici. “Trapiantando in queste persone il rene e il pancreas – haaffermato Di Giulio – si raggiungerebbe subito una stabilizzazionedella glicemia, visibile fin dal giorno successivo al trapianto e si risol-verebbe il problema metabolico equellorenale”. Il pancreasèlachia-ve di volta per la cura dei pazienti diabetici con insufficienza renalegrave. È stato dimostrato che “le lesioni renali regrediscono – haaggiunto Di Giulio – se c’è un buon controllo della glicemia gestito,appunto, dal pancreas”. Dall’incontro è emersa la necessità di accele-rare l’accesso alle liste d’attesa per trapianti dei pazienti con nefropatiediabetiche e i nefrologi riuniti oggi auspicano la condivisione da partedei diabetologi a supportare questa metodica per i diabetici. “Oggi,nel Lazio, il tempo di attesa è di tre anni – ha sottolineato Di Giulio– ma in realtà si devono aggiungere altri due anni per sottoporre que-sti pazienti ad approfonditi esami infettivologici e delle coronarie.

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L’auspicio sarebbe che i pazienti diabetici ricevessero il trapianto direne e pancreas prima di cominciare la dialisi, diversamente da quantoaccade”. Nel 2011 (dati al 31 ottobre), nel Lazio, sono stati effettuati 97trapianti di rene (26 presso il dipartimento P.O.I.T) e 1 di pancreas, fattodallo staff del San Camillo-Forlanini e dello Spallanzani. In attesa cisono 737 persone che aspettano un trapianto di rene (185 al P.O.I.T), 1di pancreas e 379 sono in dialisi.

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Per la prima volta 3 arti nuovi sulla stessa personaMilano, 25 gennaio È stato eseguito in un ospedale nel Sud della Turchia il primo trapian-

to al mondo di tre arti sulla stessa persona. A un uomo di 34 anni sonostate infatti impiantate due braccia e una gamba. A effettuare l’inter-vento, come riporta il quotidiano inglese ‘The Independent’, i medicidell’Akdeniz University Hospital di Antalya, che hanno anche eseguitoun trapianto di faccia (il primo del genere in Turchia), dallo stessodonatore su un altro paziente, un ragazzo di 19 anni. Il trapianto difaccia è durato 9 ore, mentre quello dei tre arti 12. L’uomo che haricevuto le nuove braccia e gambe li aveva persi all’età di 11 anni dopoaver colpito dei fili elettrici con un bastone di ferro per mandare viadegli uccelli, subendo uno shock elettrico. Il ragazzo che ha ricevuto ilnuovo volto era rimasto invece ustionato in un incendio domesticodurante l’infanzia. Tuttavia, il giorno dopo l’intervento, i medicihanno dovuto rimuovere la gamba al paziente per incompatibilità deitessuti. Ora l’uomo è stabile, così come il paziente che ha subito iltrapianto di faccia. Nel mondo sono già stati eseguiti un doppio tra-pianto di braccia, in Germania nel 2008, e uno di gambe, in Spagnanel luglio 2011. Dal 2005 a oggi sono stati invece effettuati una dozzi-na di trapianti di faccia.

Più donazioni e meno pazienti in attesaRoma, 1 febbraio Aumentano le donazioni, in misura lieve (+0,6%) e con “diffusi incre-

menti” nel Centro-Sud e il numero di organi trapiantati, mentre dimi-nuiscono i pazienti in lista di attesa (–7,44%) e la percentuale di oppo-sizioni all’espianto, che nel II semestre dello scorso anno è scesa fino al25,8%. È questa la fotografia sull’attività di donazione e trapianto inItalia che emerge dalla lettura del Report 2011 del Centro NazionaleTrapianti, presentato questa mattina a Roma. "I dati sono molto posi-tivi", ha spiegato il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, evidenzian-do che l’Italia, con 21,7 donatori per milione, è terza tra i grandi Paesieuropei, dopo la Spagna (29,2) e la Francia (22,8). Il dato italiano èsuperiore del 25% alla media europea (16,9%). Il ministro hai poivoluto sottolineare le caratteristiche di “trasparenza ed efficienza” delCNT, evidenziando che la “rete funziona anche in un sistema artico-lato. La diversità – ha concluso Balduzzi – a volte può essere virtuosa,e questo ne è un esempio”. La Regione con il più alto tasso di dona-

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zione è la Toscana. Incrementi diffusi nelle regioni del Centro-Sud conl’eccezione di Basilicata, Abruzzo e Molise. Nel 2011 la percentuale diopposizioni all’espianto è scesa al 28.3 %, in forte diminuzione rispet-to al 2010 (–3.2%). I pazienti trapiantati in numero assoluto sono2.940, 64 in più rispetto al 2010. Nel 2011 è aumentato anche il nume-ro degli organi trapiantati, pari a 3.135 contro 3.068 dell’anno prece-dente.

Marino : “Chiudere i centri inefficienti”Roma, 1 febbraio “In un periodo in cui si discute costantemente di ticket e nuove tasse

per i cittadini è uno scandalo che meno della metà dei 110 centri tra-pianto in Italia raggiunga gli standard di attività clinica annuale, indi-cata da norme che sono il frutto dell’esperienza scientifica internazio-nale”. Lo afferma in una nota il senatore Ignazio Marino, presidentedella Commissione d’inchiesta sul SSN, a commento dei dati diffusidal Centro Nazionale Trapianti che contengono “gravi elementi dipreoccupazione sul piano dell’efficienza e del rigore economico delServizio Sanitario Nazionale”. Quello dei centri di trapianto, sottoli-nea Marino, “è un dato preoccupante per la qualità delle cure e per losperpero di centinaia di milioni di euro. Ad esempio, i centri per iltrapianto di fegato di Bari e Genova dovrebbero essere immediata-mente chiusi e i cinque nuclei per lo stesso tipo di trapianto a Romaridotti al massimo a due. Nessuno di essi esegue il numero minimo di25 trapianti l’anno”. “Non parliamo poi del trapianto di rene –aggiunge Marino –, per cui almeno 15 centri italiani non rispettano leindicazioni del Ministero della Salute. O ancora dei 16 per il trapiantodi cuore, di cui solo tre rispettano le norme”. “La Commissione chepresiedo – continua il senatore del Pd – ha aperto una specifica inchie-sta su questo aspetto importantissimo del nostro Servizio SanitarioNazionale. Non è necessario fare rivoluzioni, basterebbe sospenderel’autorizzazione ai centri con un basso tasso di attività che costanomoltissimo e non offrono servizi adeguati, per poi ridistribuire le risor-se ai centri di eccellenza. Questo Governo ha fatto tanto in tempirapidi – conclude Marino –, ora adotti una politica sanitaria davverobasata sul merito e sull’appropriatezza in modo da rispettare i cittadinie gli sforzi economici che sono stati già chiesti loro”.

USA, bimba riceve 6 organiWashington, 3 febbraio Una bambina di 9 anni è appena tornata a casa dall’ospedale di

Boston dove ha ricevuto ben 6 organi, tra cui l’esofago. Gli espertiritengono che si tratti del primo impianto di quest’organo e di unadelle più vaste operazioni di trapianto negli USA. Alannah Shevenell,questo il nome della piccola che soffriva di un raro sarcoma, ha rice-vuto quindi: stomaco, fegato, milza, intestino minore, pancreas e granparte dell’esofago. Lo straordinario intervento è stato effettuato inOttobre al Children hospital del Maine da un team guidato dal chirur-

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go Heung Bae Kim. La bimba aveva solo il 50% di possibilità disopravvivenza, ma senza l’intervento sarebbe morta sicuramente. “Sitratta di uno degli interventi di rimozione di tumore più ampi maisvolti – ha commentato Kim –. È stata un’operazione difficile, conperdite copiose di sangue”. Secondo l’American Journal ofTransplantation nessun trapianto di esofago è mai stato riportato nellaletteratura medica. Oggi, dopo tre mesi trascorsi in ospedale a com-battere infezioni e complicazioni varie, Alannah è finalmente a casa,gioca, chiacchiera con i nonni e va in slittino sulla neve. Il suo sistemaimmunitario è ancora debole e viene nutrita con un tubicino, ma imedici sono ottimisti.

Proposte “estreme” in UK per reperire gli organiLondra, 13 febbraio A mali estremi, estremi rimedi. I donatori di organi del Regno Unito

non sono abbastanza e per evitare che circa 1.000 persone all’annomuoiano in attesa di un trapianto, l’associazione dei medici britannicipropone una serie di misure ‘al limite’. Gli specialisti di sua Maestàvorrebbero ad esempio mantenere in stato di ventilazione i pazienticerebralmente morti, con l’unico scopo di conservare i loro organi finoall’espianto e prelevare il cuore da persone morte da poco per poi farloripartire una volta trapiantato. Tra le svariate idee della BritishMedical Association (Bma) vi sono anche quelle di utilizzare gli organidi donatori ad alto rischio e quella di espiantare il cuore dai bebè dimeno di tre mesi di vita che hanno subito una morte cerebrale.L’associazione ammette che si tratta di temi etici “difficili”, ma sottoli-nea la necessità di riprendere il dibattitoinquantoilnumero di perso-ne che muoiono aspettando un organo è troppo alto. La pratica piùcontroversa affrontata dalla Bma nel suo rapporto è probabilmentequella della ‘ventilazione elettiva’, nella quale i pazienti che hannosubito morte cerebrale (il parametro per definire il decesso di un indi-viduo) vengono ventilati. Così facendo si impedirebbe che il cuore, ipolmoni e l’intero organismo si spengano. Questa procedura avevaportato ad un aumento del 50% degli organi disponibili quando erastata introdotta al Royal Devon and Exeter Hospital nel 1988, ma nel1994 il Ministero della Sanità l’aveva dichiarata illegale. La Spagna egli USA già utilizzano questa tecnica e secondo Nigel Heaton, profes-sore di chirurgia dei trapianti del King’s College Hospital di Londra,l’opinione pubblica presto cambierà in suo favore. L’altro metodo èinvece quello dell’espianto del cuore di pazienti che hanno subito unacessazione delle funzioni cardio-respiratorie, il cui organo viene inseguito fatto ripartire e trapiantato. Finora da questi pazienti si sonoprelevati soltanto i reni, il pancreas, il fegato e i polmoni. Si tratta diuna procedura sperimentata con successo negli Usa ma anche, ammet-te lo stesso rapporto, di un “concetto difficile”, che necessita di “atten-te spiegazioni” alla famiglia del deceduto. La Gran Bretagna, affermainoltre la Bma, dovrebbe inoltre introdurre un test standard per verifi-care la morte cerebrale dei neonati di meno di tre mesi, in modo da

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rendere possibile l’espianto dei loro cuori e porre fine all’importazionedi organi da altri Paesi per questa fascia di età. La legge britannica suitrapianti prevede che chi intende donare i propri organi metta il pro-prio nome in un registro. La Bma appoggia invece il sistema opposto,secondo il quale tutti vengono considerati automaticamente comedonatori a meno che dicano espressamente di non volerlo.

Israele, cambia il sistema delle liste d’attesaMilano, 17 febbraio Per risolvere il problema delle liste d’attesa dei trapianti Israele ha

deciso di cambiare sistema. La priorità verrà data a chi è d’accordo neldonare i propri organi, introducendo così per la prima volta nelmondo un criterio ‘non medico’ nel sistema di priorità, dove comun-que in cima rimane la necessità ‘medica’. A spiegarlo è il New YorkTimes. Finora Israele è stato il fanalino di coda tra i Paesi occidentaliper la donazione d’organi. La legge ebraica proibisce infatti la profa-nazione dei morti, damolti interpretata come un divieto del Giudaismoalla donazione degli organi. Inoltre ci sono molte questioni poste dairabbini sul concetto di morte cerebrale. Il risultato è che molti pazien-ti muoiono nell’attesa di un trapianto. Questo nuovo sistema nascedall’idea di un chirurgo cardiotoracico, Jacob Lavee, dello ShebaMedical Center a Tel Hashomer. Nel 2005 due pazienti di Lavee,ultraortodossi in attesa di trapianto di cuore, gli avevano riferito chenon avrebbero mai donato i loro organi, in accordo con i precetti rab-binici ultraortodossi, ma che non avevano problemi ad accettare gliorgani di altri. Visto il paradosso, Lavee presentò una proposta di leggeper dare priorità ai pazienti disponibili a donare i propri organi. Così,dopo aver lavorato con vari esperti, nel 2010 è stata prodotta unanuova legge che entra ora in vigore e prevede che se due pazientihanno le stesse identiche necessità mediche, la priorità del trapianto vaa chi ha firmato la carta di donatore. In alternativa, si verificherà semembro della sua famiglia in passato ha donato. Grazie ad un’intensacampagna di sensibilizzazione tramite i media, negli shopping centere nei caffè, la risposta della popolazione è stata molto alta, visto che sisono registrati in massa come potenziali donatori oltre 70mila personein sole 5 settimane. È inoltre aumento il consenso delle famiglie e ilnumero di trapianti effettuati (+60%).

Rene, espianto a cuore fermo con “Alba”Pavia , 27 febbraio La possibilità di eseguire trapianti di rene da donatori a cuore fermo

può essere una grande risorsa aggiuntiva (non alternativa al consolida-to prelievo a cuore battente) per reperire più organi. È quanto prevedeil programma “Alba”, il protocollo, primo e finora unico in Italia, infunzione dal 2008 e diventato riferimento nazionale per le strutturesanitarie italiane. È stato messo a punto dalla Fondazione IrccsPoliclinico San Matteo di Pavia e approvato dal Comitato Nazionaleper la Bioetica e dal Centro Nazionale Trapianti. Grazie ad “Alba”

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oggi 13 persone vivono senza la schiavitù della dialisi. Inoltre è statoquantificato il costo dell’investimento e il risultato è significativo: ilprelievo e il trapianto del rene da una persona a cuore fermo, nellungo periodo, costano meno rispetto a una operazione eseguita su undonatore a cuore battente in rianimazione e rispetto alla permanenzadel paziente in dialisi. “Alba” è una novità per l’Italia, nonostantemolti Paesi europei come Spagna, Gran Bretagna e Olanda abbiamoavviato programmi simili già dagli anni Novanta. L’esperienza di Paviadice anche che la risposta della popolazione alla proposta di donazionesecondo il protocollo “Alba” è stata positiva, con un tasso di opposizio-ne inferiore al 6%. Diverse strutture italiane si stanno attrezzando perapplicare il protocollo e hanno contatti collaborativi con l’equipe delSan Matteo. Tra queste l’ospedale Careggi di Firenze, il San Raffaelee il Policlinico di Milano, l’ospedale di Varese e quello di Ancona.

Donare un rene non espone a rischio cardiovascolareLondra, 2 marzo I donatori viventi di rene non sono a maggior rischio di malattie car-

diache, rispetto al resto della popolazione sana. In generale, esiste unforte legame tra la riduzione della funzionalità renale e le malattiecardiovascolari. Tuttavia, precedenti studi avevano stabilito che nonsussiste un maggior rischio per coloro che donano un rene, sebbene irisultati non siano stati considerati del tutto definitivi. Alcuni ricerca-tori di Canada, Australia e Usa hanno allora coinvolto 2.028 volonta-ri che avevano donato un rene tra il 1992 e il 2009, mettendoli aconfronto con 20.280 non donatori sani. Lo studio della LondonKidney Clinical Research Unit, Ontario, Canada ha rivelato che,nonostante la ridotta funzionalità renale nei donatori, c’era un minorrischio di morte o di subire una prima crisi cardiovascolare importan-te nei donatori rispetto ai non donatori (2,8 contro 4,1 eventi per 1000persone ogni anno). Inoltre, non c’era alcuna significativa differenzanel rischio generale di ammalarsi di gravi malattie cardiovascolari trai due gruppi esaminati e non c’era alcun aumento di rischio cardiaconé fra chi donava il rene né fra chi lo riceveva. Una condizione, sosten-gono gli autori dello studio pubblicato sul British Medical Journal,causata dal fatto che donatori e riceventi si sottopongono a regolarivisite mediche che migliorano notevolmente il proprio stato di salute.

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Indice

1992 17

1993 27

1994 39

1995 47

1996 55

1997 65

1998 73

1999 83

2000 93

2001 105

Nota del curatore 5Francesco Marabotto

Prefazione 7Luigi Contu

Introduzione 9Renato Balduzzi

L'informazione ha fatto crescere la rete 11Alessandro Nanni Costa

Le sfide che affrontiamo 13Davide Piras

il diario dei trapianti in italia

2002 115

2003 127

2004 139

2005 149

2006 161

2007 173

2008 185

2009 195

2010 205

2011 217

2012 229

Indice

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Questo volume è stato realizzato graziea un educational grant di Bristol-Myers Squibb

Il volume racconta gli ultimi 20 anni dell’entusiasmante storia dei trapianti.Ricerca scientifica, cronaca, dibattito etico e religioso. L’atto di donare un orga-no tocca molteplici sfere raccontate esaustivamente in questa selezione di lancidell’ANSA.

Dal 1992, scelto come data simbolica di partenza, in cui l’Italia è ancora ‘fa-nalino di coda’ rispetto alle altre Nazioni industrializzate, si arriva ai giorni nostri:quando il nostro Paese segna un record dopo l’altro e si attesta ai primi posti dellegraduatorie internazionali per numero di donazioni.

La selezione delle news della principale agenzia giornalistica italiana rappre-senta una perfetta chiave di lettura storico-scientifica, utile per ripercorrere edecifrare le principali tappe e i numerosi significati di questa avventura. Il temadei trapianti non riguarda infatti solo il lato squisitamente tecnico della conqui-sta scientifica, ma coinvolge anche delicati aspetti etici e sociali. Emblematico inquesto senso il dibattito sulla definizione di morte cerebrale, sull’opportunità dieseguire il trapianto su persone con HIV e sull’impianto di cuore di babbuinonel corpo umano. Fino alle divergenze più recenti sulle potenzialità delle cellulestaminali, coltivando interi organi ‘in vitro’. Voci e ragioni di scienziati e religiosisi sono nel tempo rincorse e sovrapposte. Storico, ad esempio, l’intervento diPapa Giovanni Paolo II al congresso mondiale della Transplantation Society svoltosia Roma nel 2000.

Il lavoro quindi vuole anche mostrare agli addetti ai lavori la percezione che ilpubblico ha delle notizie dopo l’elaborazione giornalistica. In modo che l’even-tuale scelta di donare una parte di sé all’altro sia frutto di una decisione semprepiù consapevole.