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Simboli della trasformazione Vol. 5 – C.G. Jung (1912) «E’ dunque dovere morale dell’uomo di scienza esporsi a commettere errori e a subire critiche, pur che la scienza continui a progredire.» G.Ferrero E’ il testo a partire dal quale Jung si distanzierà da Freud, formulando una concezione di libido che va oltre l’energia puramente sessuale e diviene invece «soffio vitale», inserendola in una dimensione più ampia e creativa.

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Simboli della trasformazione Vol. 5 – C.G. Jung

(1912)

«E’ dunque dovere morale dell’uomo di scienza esporsi a commettere errori e a subire critiche, pur che la scienza continui a progredire.» G.Ferrero

E’ il testo a partire dal quale Jung si distanzierà da Freud, formulando una concezione di libido che va oltre l’energia puramente sessuale e diviene invece «soffio vitale», inserendola in una dimensione più ampia e creativa.

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Esistono due forme del pensare:

Pensare indirizzato: E’ un fenomeno del tutto cosciente Serve a comunicare È faticoso e sfibrante Crea acquisizioni nuove ed adattamenti (è

il pensare della scienza), ed è dunque progressivo

Imita la realtà

Pensare non indirizzato: E’ guidato da motivi inconsci Libera tendenze soggettive Opera senza sforzo, spontaneamente Non crea adattamenti ed in tal senso è improduttivo ma anche regressivo Volge le spalle alla realtà. E’ il sognare, il

fantasticare

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«Man mano che procediamo a ritroso nel corso della storia, riscontriamo che ciò che noi oggi chiamiamo scienza si dissolve in un’indeterminatezza nebulosa. Lo spirito creatore della cultura è occupato incessantemente a spogliare l’esperienza di tutto ciò che è soggettivo e ad escogitare le formule che esprimano nel modo migliore e più acconcio la natura e le sue forze. Sarebbe ridicola e ingiustificata presunzione voler supporre che noi siamo più energici o più intelligenti degli uomini dell’antichità- semmai si è accresciuta la materia del nostro sapere, non la nostra intelligenza.» «Ci siamo arricchiti di sapere ma non di saggezza.» «Il centro di gravità si è spostato interamente verso la realtà materiale; il mondo antico propendeva per un modo di pensiero più vicino al tipo immaginativo. Tutto nello spirito antico è pervaso di mitologia (…) »

«Il mito è un vestigio della vita infantile del popolo e il sogno è il mito dell’individuo.»

Il pensare arcaico, in quanto regressivo, è una peculiarità del bambino e dei primitivi

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«(…) Il sogno ci riporta indietro verso remote condizioni della civiltà umana e mette a nostra disposizione uno strumento per comprenderle meglio. Se il pensare onirico ci riesce oggi così facile, è perché siamo stati bene addestrati durante immensi periodi dell’evoluzione dell’umanità proprio in questa forma di spiegazione fantastica (…) Da questi precedenti possiamo rilevare con quanto ritardo si sono sviluppati il più rigoroso pensare logico e una severa disamina delle cause e degli effetti, dal momento che ancora oggi le nostre funzioni razionali e intellettive riprendono involontariamente le forme primitive di ragionamento e noi trascorriamo pressocché la metà della nostra vita in questa condizione.» Nietzsche

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Subentra infatti al pensare indirizzato ogni qual volta che vi è un allentamento di interesse o una lieve stanchezza: essi sono «sufficienti ad annullare l’esattezza dell’adattamento psicologico al mondo della realtà. Tale adattamento si estrinseca attraverso il pensare indirizzato e viene sostituito ad opera di fantasie: ci allontaniamo dal tema, ci abbandoniamo completamente ai nostri propri pensieri, (…) perdiamo coscienza del presente e la fantasia prende il sopravvento.»

Il pensiero immaginativo è peculiare dei primitivi e dei bambini, ma lo ritroviamo anche negli uomini moderni.

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Gli archetipi dell’inconscio collettivo

Strutture psichiche universali e identiche fondate su una disposizione innata a produrre immagini parallele, presente in uomini di ogni cultura. Li ritroviamo nella mitologia, nelle fiabe, nei sogni e in ogni prodotto del pensiero immaginativo. Rappresentano lo «strato» inconscio più arcaico e profondo della psiche di ognuno di noi.

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Miss Miller e le sue fantasie

«Quando qualcuno racconta le proprie fantasie o i propri sogni, esprime il più delle volte non solo un problema urgente, ma il problema intimo che in quel momento gli riesce più penoso.»

Partendo da tale presupposto, Jung in questo volume elabora il materiale costituito dalle fantasie di una giovane americana a lui sconosciuta, indicata con lo pseudonimo di Miss Miller. Scopo: attraverso la ricostruzione dei processi inconsci e semiconsci della ragazza, esplorare i simboli della trasformazione della libido e dunque la dimensione archetipica.

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L’inno al Creatore

Quando l’Eterno creò il suono, Miriadi di orecchie sorsero per udire, E per tutto l’Universo Rimbombò un’eco profonda e chiara: «Ogni gloria al Dio del suono!» Quando l’Eterno creò la luce, Miriadi di occhi sorsero per riguardare, E le orecchie che udivano e gli occhi che vedevano Intonarono ancora il possente corale: «Ogni gloria al Dio della luce!» Quando l’Eterno creò l’amore, Miriadi di cuori ebbero vita; Orecchie colme di musica, occhi colmi di luce, Cuori traboccanti d’amore celebrarono: «Ogni gloria al Dio dell’amore!»

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La poesia venne scritta da Miss Miller all’età di 20 anni durante un viaggio in Europa, dopo averla vista in sogno.

Durante il viaggio la ragazza aveva fatto conoscenza con alcuni ufficiali di bordo, dei quali uno l’aveva particolarmente colpita poiché aveva l’abitudine di cantare la notte mentre svolgeva il suo turno in coperta.

Ed è proprio dal suono che Miss Miller fa iniziare la creazione nella sua poesia…

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Secondo Jung «l’idea di una divinità creatrice maschile è manifestatamente un derivato dell’imago paterna.» «Dato che, psicologicamente parlando, l’immagine di Dio è un complesso rappresentativo di natura archetipica, va di conseguenza considerato come l’esponente di una certa somma d’energia (libido) che si presenta sotto forma di proiezione.»

«Alla luce di queste riflessioni la poesia e il suo «preludio» appaiono come prodotto espresso in forma religiosa e poetica di un’introversione che regredisce verso l’imago paterna.»

Cantante

Canto della stella mattutina

Dio del suono

creatore

Dio della luce, del sole, del fuoco e dell’amore

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Secondo Jung, dunque, l’inno religioso di Miss Miller nato inconsciamente appare al posto del problema erotico e attinge da reminiscenze ravvivate dall’introversione della libido (conflitto erotico imago paterna Dio e universo)

Esso si fonda su un processo di rimozione. «Rimuovere significa liberarsi in modo illegittimo di un conflitto; illudersi cioè che non esista. Ma che ne è del conflitto rimosso? E’ chiaro che continua a sussistere, benché sia inconscio per il soggetto.»

«La rimozione provoca la riattivazione per regressione di un rapporto o di una forma di rapporto anteriore, in questo caso la riattivazione dell’imago paterna.»

I contenuti attivati vengono poi proiettati, e dunque riconosciuti come esistenti fuori dalla propria psiche. La proiezione segue spontaneamente la rimozione e ha lo scopo di liberarsi definitivamente (almeno in apparenza) di un conflitto penoso, divenendone responsabili un’altra persona o circostanze esterne.

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La figura archetipica del Dio creatore… Ma anche distruttore!

«Un’idea che in tutti i paesi del mondo e in tutti i tempi si è imposta all’umanità e torna ad imporsi sempre sotto forme analoghe: una potenza ultraterrena, di cui siamo alla mercé, che genera e uccide, immagine delle necessità e delle ineluttabilità della vita.»

L’immagine di Dio secondo Jung è un complesso rappresentativo di natura archetipica. Per cui «va considerato come l’esponente di una certa somma di libido che si presenta sottoforma di proiezione».

In tutte le religioni esiste infatti un fattore normativo ed esso è costituito dall’imago paterna oppure, nelle religioni più antiche, dall’imago materna. L’elemento paterno/materno terrificante e amoroso si alternano nella stessa figura divina. Nella religione cristiana, ad es., troviamo un Dio terrificante nell’Antico Testamento e un Dio benevolo nel Nuovo Testamento.

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Tre modi per simboleggiare la libido

1. Comparazione per analogia, ad es. sole-fuoco.

2. Comparazione causativa a mezzo dell’oggetto: la libido è designata attraverso il suo oggetto (per es. il sole benefico)

3. Comparazione causativa a mezzo del soggetto: la libido è designata attraverso il suo strumento o qualcosa di analogo ad esso (per es. il fallo o il serpente).

Simultaneamente a queste 3 forme fondamentali di comparazione secondo Jung opera ancora una quarta forma: la comparazione d’attività, attraverso la quale la libido è designata attraverso la sua attività, appunto: essa può essere fecondatrice come il toro, pericolosa come il leone o il cinghiale, e così via...

Da questi processi derivano le innumerevoli immagini della libido e dunque tutti i simboli della sua trasformazione nella loro infinità varietà.

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Le immagini della libido sono state in ogni tempo e cultura divinizzate: gli innumerevoli dei delle religioni politeiste non sono altro che rappresentazioni simboliche della libido.

A tal riguardo Jung scrive: «In ogni tempo ed in ogni luogo tutto ciò che ha potenza psichica porta il nome di ‘Dio’»

Tuttavia di fronte ad un numero indeterminato di divinità e dunque di fronte alla molteplicità delle immagini, l’uomo sente l’esigenza di semplificare. Religioni politeiste sono così state trasformate in monoteiste (anche il cristianesimo deriva, come sappiamo, da antiche religioni pagane politeiste), nel tentativo di riunire in una o poche unità gli archetipi dispersi in numerose varianti.

«Queste due tendenze al politeismo e al monoteismo sono in lotta continua l’una con l’altra; ora è un dio solo con numerosi attributi, oppure sono molti dei (…)che personificano ora questo ora quell’attributo del loro archetipo.»

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«In quanto forza che trascende la coscienza, la libido è (anche) per natura demoniaca, è dio e diavolo insieme.»

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Fine primo tempo

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La doppia madre archetipica

Tra i simboli della libido che Jung si trova ad approfondire seguendo le fantasie di Miss Miller troviamo quello della madre e dell’eroe che deve svincolarsi dalla figura materna per non soccombere ad essa.

Scrive Jung in riferimento all’eroe Chiwantopel immaginato dalla Miller: «Quando un individuo rimane attaccato alla madre, la vita che avrebbe dovuto vivere trascorre in forma di fantasie consce e inconsce, le quali, trattandosi di una donna, sono di regole attribuite a una figura di eroe oppure sono messe in azione da tale figura come nel nostro caso.»

«Chiwantopel conquista l’anima della sognatrice, ma non per ricondurla a una vita normale, bensì in vista di un destino spirituale, giacché egli è un fidanzato della morte, uno di quei figli-amanti che muoiono precocemente, perché non hanno una vita propria ma sono unicamente fiori presto appassiti sull’albero materno.»

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Ciò che secondo Jung ha luogo nell’inconscio di Miss Miller è dunque la lotta per l’autonomia.

Chiwantopel è infatti caratterizzato come l’eroe che si strappa alla famiglia e alla casa paterna per cercare il suo naturale complemento psichico; una figura Animus che agisce come rappresentante dell’individuo cosciente: nelle fantasie Chiwantopel fa ciò che Miss Miller dovrebbe, potrebbe o vorrebbe fare, ma che trascura di fare (funzione compensatoria).

La partenza dell’eroe dalla casa paterna le ricorda infatti il giovane Buddha, che rinunciò agli agi del palazzo per uscire nel mondo e vivere pienamente il suo destino.

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«La libido sottratta alla «madre» e che se ne distacca solo controvoglia, diviene minacciosa come un serpente, simbolo della paura della morte, giacché il rapporto con la madre deve morire e ciò è per l’uomo quasi sinonimo della propria morte.»

«Infatti la violenza della separazione è proporzionata alla potenza del legame che unisce un figlio alla madre, e più forte è il legame spezzato, più la «madre» si muove contro il figlio, pericolosa sotto le sembianze dell’inconscio.»

Jung la definisce «la madre selvaggia dei desideri, che in un’altra forma minaccia ora di ingoiare colui che le è appena sfuggito».

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«In molti luoghi della terra, sotto le forme più svariate, in tutte le sfumature possibili a seconda delle epoche, l’eroe-salvatore compare come il frutto dell’ingresso della libido nelle profondità materne dell’inconscio.»

Le sue imprese eroiche hanno lo scopo di uscire da tali profondità; la madre possiede infatti la libido del figlio finché questi rimane inconsapevole di sé stesso.

La madre archetipica rappresenta dunque l’aspetto maligno dell’inconscio, la sua natura divoratrice.

E’ tuttavia anche «il demone che sfida l’eroe a compiere le sue imprese», in quanto è lei che pone gli ostacoli che questi dovrà affrontare.

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Peculiarità dell’eroe è avere una doppia madre: all’inizio della sua vita è spesso abbandonato ed esposto a pericoli per poi essere raccolto da genitori adottivi che lo allevano. Così egli finisce per avere due madri: quella naturale e quella adottiva.

Il motivo delle due madri rimanda al motivo della doppia nascita: una delle madri è concreta, umana, l’altra è simbolica e porta i caratteri del divino e del soprannaturale.

L’eroe dunque nasce due volte, o per meglio dire ri-nasce.

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Dice Jung: «Siccome il rinato è il generatore di sé stesso, la storia della sua procreazione è velata da avvenimenti simbolici che celano e rivelano a un tempo. Tra questi va annoverata l’asserzione singolare della concezione verginale. L’idea di una concezione soprannaturale (…) psicologicamente ci dice che un contenuto dell’inconscio («bambino») è nato senza l’intervento di un padre umano (cioè della coscienza). Al contrario è un dio che genera il figlio e inoltre il figlio è identico al padre, il che in linguaggio psicologico significa che un archetipo centrale, cioè l’immagine del dio, si è rinnovata («rinata») e si è «incarnata» in un modo percepibile alla coscienza.»

Un esempio è Gesù, il quale nasce dalla vergine Maria, muore e rinasce salendo al cielo, alla destra di suo Padre.

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La rinascita avviene ad opera della regressione della libido.

«L’introversione è fonte di fecondità, d’ispirazione, di rigenerazione, di rinascita. (…) Autoincubazione, automortificazione e introversione sono concetti estremamente connessi tra loro. L’immergersi in sé stessi (introversione) è un penetrare nell’inconscio e al tempo stesso un’ascesi.»

Il «guardare indietro» rappresenta dunque secondo Jung un processo del tutto normale. Cadere nei ricordi dell’infanzia e nelle tenebre più fitte permette di giungere a quel deposito di immagini primordiali che costituiscono l’inconscio collettivo.

«Se questo strato viene attivato dalla libido in regressione, v’è la possibilità di un rinnovamento della vita e nel contempo di una distruzione della stessa.»

Oppure, qualora la coscienza non si dimostri capace di assimilare tali contenuti, poiché conserverebbero la loro forma originaria caotica e arcaica, essi spezzerebbero la continuità della coscienza e determinerebbero la schizofrenia, anche propriamente detta «follia della scissione».

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«Nel profondo dimora la saggezza, la saggezza della madre; dall’essere tutt’uno con lei deriva l’intuizione di cose più profonde, di immagini e forze primordiali che sono alla base della vita e ne costituiscono la matrice che nutre, conserva, crea.»

E fu gioia Da quel momento Dimorare in notte amorosa e serbare Imperturbato in occhi ingenui Abissi di saggezza.

(Holderlin)

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Tuttavia un sacrificio deve essere compiuto, affinché la libido diventi creativa!

Tutta la libido costretta nei vincoli familiari dev’essere sacrificata, ovvero ritirata e diretta ad una cerchia più ampia affinché l’individuo diventi centro di un nuovo sistema. Se la libido rimanesse impigliata nel rapporto inconscio con i genitori, l’individuo verrebbe privato della sua libertà e cadrebbe in una coazione inconscia: l’inconscio tornerebbe a creargli l’ambiente infantile in cui proiettare i suoi complessi ristabilendo la stessa dipendenza e carenza di libertà che caratterizzavano il rapporto con i genitori. «Il suo destino non è più nelle sue mani.» scrive Jung.

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Come Buddha, anche Gesù insiste nella sua predicazione sulla necessità del distacco dell’uomo dalla sua famiglia. La liberazione da tale attaccamento è condizione sine qua non il mondo non può essere creato.

«Essendo il mondo e tutto ciò che in esso esiste un prodotto del pensiero, ne risulta che il sacrificio della libido tesa verso il passato ha portato alla creazione del mondo. Per colui che guarda indietro, il mondo e persino il cielo stellato divengono la madre, che si curva su di lui cingendolo da ogni parte: dalla rinuncia a questa immagine e al desiderio di essa deriva l’immagine del mondo così come noi oggi lo conosciamo.» Jung parla infatti di SACRIFICIO COSMICO.

Lo stato regressivo va sacrificato affinché possano originare contenuti coscienti. Il mondo ha origine quando l’uomo lo scopre, ma egli lo scopre solo quando sacrifica il suo avvolgimento nella madre primigenia, cioè lo stato inconscio iniziale.

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Tale dinamica la ritroviamo sul piano mitologico nel sacrificio annuale delle vergini al drago, simbolo della madre terrificante: per placare la sua ira veniva sacrificata la vergine più bella.

Forme più attenuate sono il sacrificio del primogenito o di animali domestici.

O ancora l’autocastrazione, come la circoncisione, in cui una parte di sé viene sacrificata in forma simbolica: sacrificandola ci si disfa del desiderio istintivo per riacquistarlo in forma rinnovata.

Nel Cristianesimo Gesù compie volontariamente il sacrificio di cui egli stesso è vittima.

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«Al pari del sole la libido vuole anche il suo declino e la sua

involuzione.»

Tuttavia, Jung precisa che la libido non è solo una inarrestabile spinta in avanti, esiste sempre una tendenza regressiva opposta a una tendenza progressiva nello stesso individuo.

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