VIVIAMOD’ARTEE SpecialeRE PLACE2 - Cultura | Impresa · Editore Associazione Amici dei Musei...

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A R T E | C U L T U R A | I M P R E S A | P A E S A G G I O | T E R R I T O R I O F I D A M Anno VI/IV Trimestre n°21 2011 Tribunale dell’Aquila n°553 del Registro Giornali 18.03.2006 Periodico Trimestrale Gratuito Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - 70% - Pescara Editore Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo - S.S. 5 bis n. 5, 67100 L’Aquila VIVIAMO D’ARTE E Il Punto: ENZO DE LEONIBUS Il personaggio: LEA VERGINE L’opinione: MARIA PAOLA ORLANDINI Speciale RE_PLACE 2

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VIVIAMO D’ARTE EIl Punto: ENZO DE LEONIBUSIl personaggio: LEA VERGINEL’opinione: MARIA PAOLA ORLANDINI

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Viverla è meno difficile che parlarne. Non potrebbe essere diversamente. Non si riesce quasimai ad indicare l’origine dell’abitare questa condizione. Mi è capitato, divertendomi molto, dicercare nella mia memoria la prima esperienza di quella condizione di agio (la mia condizio-ne di agio risiede nell’arte – o l’arte coincide con quella condizione di agio: l’agio di abitare lecose, di essere tutt’uno con le cose, condizione che presuppone e consiste nella conoscenzaconcreta di uno spazio mentale e fisico, quasi abitudine a vivere una casa e riconoscere tuttele proprie cose sia pure nel disordine, un sapere che sorprende, trovare altro nelle cose cono-sciute, la seduzione di un pensiero a cui dare risposta, visione. La visione è quasi deformazioneprofessionale per me, come per il minatore avere le unghie nere, e nella casa in disordine cisono tutti gli strumenti del mio fare in vista, strumenti già toccati e di cui ho dimenticato l’u-so, da buttare, e poi improvvisamente ritrovati a soluzione di qualcosa, quasi che inconscia-mente mi portassi dietro tutto quello che mi serve: quando si affronta un pensiero o progettosi entra in stato di possessione o ossessione amorosa, senza più trovare gli strumenti dell’a-gire, senza saper prevedere tempi della soluzione, pure sapendo di dover ripulire quell’osses-sione da tante cose calamitate ad essa -errori e sentimenti superflui accumulo di inutile- perpoterne restituire l’essenza in modo che a rivederla a distanza di anni -se funziona- porti a ri-vivere tutta la tensione e l’energia profuse per essa) – ritrovare quella memoria è rivedere cosee persone che mi hanno indotto a vivere le prime suggestioni che in seguito sono diventate vi-sioni inseribili nelle arti.Penso ad Alessandro quando penso a quella condizione di agio, grande vecchio dall’apparen-za austera alla John Huston - analfabeta e ubriacone - che spendeva il suo tempo con i mieiprimi anni di vita: mi ha abituato al senso del tempo, alle giuste attese, al divenire dei cicli del-la natura e a preparare ogni cosa al suo tempo per poi magicamente ricomporre e mettere tut-te le cose al loro posto; ad osservarle e a prendere decisioni che fossero armoniche con la li-bertà e il senso di quelle cose.Sì, forse sta qui il senso dell’avvicinamento al modo e al resto del divenire della mia vita: conattese, rispetto ed osservazione, fino alla necessità di una scelta, arrivata forse un po tardi perla mia connaturata lentezza. È vero, faccio molte cose ma credo che tutte concorrano a com-porre le mie visioni, anche la pianta di prezzemolo da curare o trascurare. Alla domanda ‘cosafai nella vita’ spesso rispondo che coltivo il basilico e non mi sembra né un vezzo e né una fol-lia: evita chiacchiere trite e luoghi comuni intorno all’arte che mi rendono insofferente fino allamaleducazione, perché dell’arte se sapessi parlare mi risparmierei il tormentoso piacere di ten-tare di farla.Scrivo mentre onde lente e come docili si consumano sulla spiaggia, il sole è quasi caldo le si-gnore chiacchierano, la gente si incontra, raccolgo frammenti di discorsi, scelgo qualcosa: mipiacciono le velature di colore una storia sopra l’altra una visione sopra l’altra che fanno l’o-dore delle cose, seguire a caso bisogni deviazioni desideri. Il giornale riporta la notizia delle di-missioni del premier. Tutte queste cose mi danno una naturale fiducia, penso a cosa ho da dareio alla bellezza del mondo umano ed è una fonte di energia sempre rinnovata. Essere un uomopiccolo che raccoglie materiali e compone cose nuove. Lo sguardo guida la mente verso i sa-pori della mia quotidianità, il museo, l’ultimo quadro, i binari del trenino da poco arrivati dal-la Francia: sono il primo materiale per un nuovo progetto da tempo accarezzato e da poco con-diviso empaticamente con un ingegnere che pur non comprendendo, mi ha comunicato il suoentusiasmo partecipando all’avventura. Ora la mia è una responsabilità anche nei suoi confrontiche non voglio disattendere e già pregusto la meraviglia e l’odore della tensione che porteràalla visione completa della cosa che per ora è solo frammenti di suggestioni che da sole rac-chiudono i sensi della necessità di questo progetto.Quando fai un passo laterale puoi guardare le cose con un altro incanto, distacco in cui creinaturalmente la condizione di un nuovo stupore forse anche l’opera di un artista dovrebbe es-sere meno presuntuosa e recuperare la centralità silenziosa con un passo laterale.

13 novembre 2011Enzo De Leonibus

IL PUNTOdi Enzo De Leonibus

VISSI D’ARTE

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MU6 n.21Periodico Trimestrale ideato da Germana Galli

EditoreAssociazione Amici dei Musei d’AbruzzoS.S. 5bis n.5, 67100 L’Aquila

[email protected]

Direttore ResponsabileWalter Capezzali

Coordinamento editorialeGermana Galli

RedazioneNicla Cassino, Angela Ciano, Giovanni Di Bartolomeo,Antonella Muzi, Jessika Romano, Massimiliano Scuderi.

Per questo numero hanno collaborato:Raffaele D’Andria, Hector Jacinto Cavone Felicioni,Grazia Felli, Enzo Gentile, Isabella Marianacci, Antonio Monestiroli, Alberto Saibene, Franco Speroni,Manuela Zanelli.

Progetto graficoAd.Venture / Compagnia di comunicazioneimpaginazione a cura di Franco Mancinelli

FotoArchivio CRM pag 11Mario Boccia pag 20Claudio Carella pag 13Foto Caroccia pag 11Leonardo Cendamo pag 3Francesca De Rubeis pag 23Giuseppe Iammarrone pag 13Foto Palpacelli pag 11P. Tarquini pag 22Daniela Zedda, cover

StampaPoligrafica ManciniSambuceto / Chieti

DistribuzioneSpedizione postale

© MU6 / 2011 stampato in Italia

D O V E T R O V A R E M U 6 : MUSE I DELLA REG IONE ABRUZZO / A L B A A D R I AT I C A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( LUNGOMARE MARCON I , 2 7 0 - ALBA ADR IAT I CA ) / A S C O L I P I C E N O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( P IAZZA DEL POPOLO, 2 6 - ASCOL I P I CENO ) / L I BRER IA LA

2 Editoriale di Enzo De LeonibusVissi d’arte

3 Il personaggio di Massimiliano ScuderiLea Vergine

4 L’opinioneMaria Paola Orlandini. Impara l’arte con Rai Educational

5 Cultura e ImpresaNasce la Fondazione FGTecnopolo

6 Speciale Re_Place 2 8 Giovanni Albanese9 Carlo Bernardini10 Fabrizio Corneli11 Licia Galizia, Michelangelo Lupone

12 Musei all’aperto di Edoardo MicatiLe incisioni pastorali della Maiella

13 Eventi di Jessika RomanoUn cuore rosso sul Gran Sasso

15 Editoria di Isabella MarianacciFotogrammi di Poesia

16 Architettura di Hector Jacinto Cavone FelicioniAntonio Monestiroli. La casa e il tempio

18 Cultura e ImpresaGeomed

19 Mostre di Raffaele D’AndriaRaccontare l’invisibile. Salerno antica, dopo lo tsunami

20 MostreL’Aquila: il Mu.Sp.A.C. riapre un nuovo spazio post-terremoto

20 Festival Pietre che cantano

21 Palcoscenico di Enzo GentileCrisi dello spettacolo o spettacolo della crisi?

22 Infomu6Mostre / attività / concorsi / libri / eventi / sotto la lente

in copertina: Lea Vergine (foto Daniela Zedda, 2005)

Errata corrige: La foto di copertina pubblicata sul n° 20 del MU6 non rappresenta l’Eremo di S. Bartolomeo ma il verziere superiore di S. Spirito a Maiella.

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IL PUNTOdi Enzo De Leonibus

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Massimiliano Scuderi: L’argomento che vorreitrattare con lei è quello del rapporto tra arte evita, ovvero su quelle figure che, come lei, stig-matizzano un atteggiamento che va oltre i con-fini del mestiere, nel suo caso la critica d’arte.Penso che lei rappresenti un modello e che siauna di queste figure emblematiche. Allo stes-so modo il regista Silvano Agosti.Lea Vergine: Silvano Agosti è un nome che miricorda la primissima gioventù. Studiava condue miei amici al centro sperimentale di cine-matografia di Roma, parliamo dei primi annisessanta o fine anni cinquanta. È una domandala sua?MS: Preferirei avere un dialogo con lei.LV:Certo. Direi che nelle persone che non han-no cancellato la dimensione umana, esiste que-sto intreccio con mille problematiche; certo chec’è. Poi, come lei sa, ci sono persone che can-cellano questa attitudine naturale. E allora ab-biamo casi di monomania, di paranoia, di de-lirio ecc. molto frequenti nell’ambito dell’arte,sia da parte degli artisti, sia da parte dei criti-ci. Già gli artisti sono degli ammalati, ma for-se già lo sa?MS: Ho avuto la fortuna di lavorare con VitoAcconci.LV:Ah bè, un caso clinico! Parlo a livello di per-sone più controllate che sono già dei forti ne-vrotici. Acconci è uno psicotico, un borderline!Quando lavoravo al libro il corpo come linguaggio(1973) era già così, penso che sia anche peg-giorato, come capita a tutti noi con l’età.MS:Non saprei…LV:Ora non ha fatto la scelta dell’architettura?MS: Si, ma sono convinto che quello rappre-senti solo una fase per lui, così come la scrit-tura all’inizio della sua carriera. Se a un certopunto dovesse dirmi che sta facendo un pro-getto di bio genetica, non mi sorprenderebbein quanto quello è proprio il suo percorso.LV:Naturale.MS: Facemmo un dialogo per Flash Art in oc-casione della mostra di Rivoli a Torino.LV: Fui invitata a parlare, in quella occasione,della body art, anche di lui...MS: Mi sembra che lei parlò dell’AzionismoViennese?LV: Si dell’Azionismo ma non solo: da Gina Panee Gilbert and George fino ai più giovani…Gli artisti sono psicotici più che nevrotici, maciò che è più grave è il fatto che ci siano tanticritici d’arte che poi scrivono su queste follie,e scrivono delle loro follie che riferiscono a que-sto mondo già così disperato e autoreferentecome quello degli artisti. MS:Questo mi piacerebbe approfondirlo conlei. Quindi per lei il mondo dell’arte è autore-ferenziale?LV:Al novanta per cento. Tutti io, io, io… ad uncerto punto, non ne può più. Non c’è nessu-na attenzione all’altro, da Jacobello del Fiore inavanti.MS: Ad esempio lei ha lavorato con Fontana?LV:Ho scritto un testo per la presentazione diuna mostra di Fontana a Napoli nel ‘62 o ‘63.MS:Non l’ha mai incontrato?LV:Si. Mi scrisse una lettera bellissima che con-servo. Sarei dovuta andare a prendere un’operache mi aveva dedicato. Quando ero pronta perandare a prenderla (faceva troppo caldo, ed iopatisco il caldo) Fontana era qui sul lago… in-somma lui è morto ed io sono rimasta senzail mio Fontana. Era un uomo straordinario, digrande generosità. Non era autoriferito, non era

una persona delirante di sé medesima. Era unapersona aperta alla vita, agli altri. Una perso-na che si alzava presto la mattina, andava a pren-dersi il caffè nel tale bar, poi leggeva il giorna-le, poi intanto che faceva queste cose, parlavacon tutti. Cioè era ancora un umano!D’altra parte gli artisti degli ultimi trent’anni sonomassacrati dal sistema dell’arte che è diventatoun sistema di mercato. Quando lei sente chese un autore giovane dopo tre anni non è an-dato nella tal collezione o non ha avuto la mo-stra nel museo, viene scartato dal mercante eavanti un altro! È il criterio del broker.MS: E in tutto questo quanto conta vedere l’o-pera?LV: In che senso? La significazione dell’operadice?MS: Si. Faccio un esempio: molte volte le ri-cerche degli artisti, ad esempio dei giovani ar-tisti, vengono ridotte a sole immagini e con-siderate per tali, senza entrare nel corpo del la-voro. Spesso i parametri di valutazione delle ope-re sono dettati da trend e mode, con la con-seguenza che vengono sottovalutate figure chemeriterebbero una maggiore attenzione. Lei cheha una grande esperienza in tal senso forse melo può spiegare.LV: Sa’, è tutto cambiato e cambia non più didecennio in decennio, ma di tre anni in tre anni.Mentre una volta gli artisti erano trecento, orasono tremila e trecento, tutti vogliono fare gliartisti. Anche perché così non si studia e si faprima. Anche il critico d’arte contemporaneafa prima se non studia un po’ di Latino e di gre-co e si da’ solo una spolverata di inglese. Tut-to questo porta uno spaesamento. (Telefonata della figlia Meta)Ecco, vede natura e cultura, i figli e Kounellis,i nipoti e Cattelan. Ma è molto utile per chi faquesto lavoro. Non bisogna avere argini, ave-re chiusure nei riguardi di tutto quello che staintorno, occuparsi dell’amico che sta male, oc-cuparsi di chi ha bisogno, prestarsi alla cosi-detta rottura di scatole, entro certi limiti natu-ralmente. Trovo che l’attenzione all’altro, aglialtri, che sia un figlio o un conoscente sia unaspecie di dovere. Quello per i figli è un dirittoe un dovere al contempo. Quello per gli altri èun dovere che l’essere umano ha, soprattuttose vuole occuparsi d’arte. Come fai ad occupartid’arte se quando vai al gabinetto non rimettial suo posto l’asse, se ti metti le pallettes conle farfalle nere sulla pancia a settant’anni e vaiad un convegno alle ore undici della mattina?Oppure ti conci con quei terribili cappelli, quel-li con la visierina presi dall’America. Tutto que-sto fa parte del bagaglio estetico di una persona,cioè liberarsi da queste cose. L’opera oggi laguardano in pochissimi. Direi che quelli che laguardano con maggiore partecipazione e at-tenzione sono proprio i deprecati da un certopunto di vista collezionisti. Credo che, oggi comeoggi, siano loro i più appassionati. Perché vede,ho visto persone incredibili comprare opere d’arte. Ricordo una volta, qui a Milano, in una gal-leria c’era un signore, chiamiamolo così, com-pletamente analfabeta nel modo di esprimer-si. E quando è uscito ho chiesto al gallerista: Ma chi è, che fa? Che viene a fare qui? E lui mi rispose: Signora, ma quello è il mio piùgrande collezionista! In che senso? Chiesi io. E lui precisando: Nel senso che lui compra tutto!E poi? Faccio io.E poi, rispose il gallerista, ha una magnifica stan-

za di sicurezza, come lei sa nelle banche ci sonole cassette ma anche le stanze, mette lì tutto e lachiude perché gli fa schifo. Di guardare quella roba,di avercela in casa. Però è sicuro che così ha in-vestito bene i suoi soldi. Questa è qualcosa che trent’anni fa non sarebbemai avvenuta. Non sarebbe mai passato in men-te a nessuno.MS: Lei vuole sostenere che ciò non avvenis-se già allora?LV: Che io sappia no. Ho visto ben altre pas-sioni trent’anni fa. MS: Continuando tra arte e vita, e senza ba-nalizzare le sue parole, qual è l’esperienza piùforte che ricorda? Mi sembra di capire che leinon distingua l’arte dalla vita.LV:Nella mia vita succede di tutto, non so’ onon posso tenere distinte le due cose.Posso dire di esperienze forti davanti a un ope-ra d’arte o nel privato… ma non mi viene nien-te in mente che accomuni tutte e due, poi for-se ci sarà stato, non lo so.Gli altri cosa le hanno risposto?MS:No, quest’intervista è rivolta solo a lei, maammetto che questa può essere anche una do-manda molto stupida.LV: Non esistono domande stupide, solo ri-sposte stupide. In alcune persone questi am-biti sono distinti. Potrei descrivere esperienzeche mi hanno molto impressionato. Se lei par-la nel senso che ti trovi davanti ad un’opera cheti toglie il respiro, che rimani come strangola-ta da questa cosa che vedi. Cose che mi sonosuccesse: da Bosch a Urs Lüthi, che si esponevaa Roma con una volpe al collo, un cappellinodi velluto, fumando una sigaretta, mettendo-si e togliendosi i guanti. MS:Paragonabile ad esempio alla maternità oad una gravidanza?LV: Ah! Lei mi dice la gravidanza e mi fa veni-re in mente un episodio ridicolo. Ridicolo e cru-dele al tempo stesso, tipico di quella disat-tenzione agli altri di cui le dicevo prima. Ero ingravidanza al settimo mese, quindi in un mo-mento molto delicato, e c’era qui a Milano Ma-rina Abramovic che faceva la sua prima mostrain Italia da Luciano Inga Pin. Ricordo che lei te-lefonò dicendo di andare in galleria, era usci-to il mio libro da poco, le dissi di essere incintae di essere quasi in procinto di partorire quin-di della mia impossibilità di andare alla mostra. La mattina dopo me la vedo arrivare a casa coni due critici jugoslavi che l’avevano portata initalia e pretendeva (con un coltellaccio che siera portata dietro) di rifare a casa mia la perfor-mance.MS: La performance Rythm 10?LV: Si, quella.Fu una cosa che mi impressionò molto, nel sen-so di riflettere sulla figura dell’artista che nontiene conto dell’altro in nessun modo. È sola-mente preso da questa iperbulimia di sé me-desimo, capisce? Non voglio dire nulla di malecontro Marina Abramovic, ma è abbastanza ti-pico questo ignorare le esigenze, i bisogni diun’altra persona. Gli artisti questo disturbo delcomportamento non solo ce l’hanno, ma lo col-tivano...Quindi un artista che mi viene in mente è En-rico Castellani. Castellani è un uomo di po-chissime parole, saggio, mite e abbastanza spi-ritoso. Attento a tutto quello che accade intornoa lui… una persona straordinaria, un po’com’era Fontana. MS: Volevo ritonare sulla questione dei colle-

zionisti come persone le uniche persone oracome ora …LV:Me lo chiedo, penso, non ne sono sicura.Vedo anche strani comportamenti. Escludiamoil signore che teneva tutto chiuso nella stanzadi sicurezza della banca… ma ci sono delle per-sone che hanno questa passione, gente che gua-dagna poco, che fa i salti mortali per riuscirea collezionare.MS: Capisco quello che dice. Conobbi un col-lezionista che faceva il ferroviere.LV: Aveva la malattia dell’arte.MS: Ad esempio, com’era Panza di Biumo?LV: Era una persona per me incomprensibile.Comprava solo autori americani. A Milano sidiceva che avesse comprato anche il titolo diConte.MS: Ultima domanda che le volevo fare è sulluogo in cui ci troviamo.LV: Sul luogo, cioè Milano? Vuole saperecome io sia finita in quello che ora è una pa-rodia di città?MS: Si. Riformulo la domanda. Com’è finita aMilano?LV:Per amore, per una passione. Sa, la passionenon è cieca come dicono, è miope! Quandosono venuta qui nel sessantasei… dal sessan-tasei, agli anni ottanta, Milano era comunqueuna città. Non la metropoli internazionale cheha sempre avuto la stupidaggine di pensare disé stessa. Una città dove avvenivano molte cose:gli editori erano molto diversi da quelli di oggi,anche i mercanti, le istituzioni funzionavano.Non si vedevamo mostre schifose come quel-le che si sono viste negli ultimi trent’anni. Quin-di non era poi così male. Era una città bruttama comoda, tutto funzionava. E poi manomano siamo arrivati all’oggi che veramente èterrificante. Io sarei andata via da circa vent’an-ni. Ma l’oggetto della mia passione non si stac-ca dal tavolo di piazza Baracca e quindi sono ri-masta qui dov’è nata nostra figlia e dove è natoanche nostro nipote. Sà, io ho un nipote di quat-tro anni che mi diverte molto… lei ha bambini?MS: NoLV:Glielo chiedo perché ha una certa età e nedimostra dieci anni di meno e le dico che al-meno uno va fatto.MS: Va bene, magari seguo il suo consiglio eci penso.LV: Realizzi, altrimenti il bambino si trova unpadre vecchio. Insomma si dia una mossa!Questi bambini sono una meraviglia, hanno unrapporto col linguaggio. Che è strepitoso. Poivanno alle elementari e vengono castrati dal-la scuola, ma per adesso sono incredibili. Cosac’entra questo con arte e vita?MS: Per me è importante.LV:Però non rifarei oggi questo lavoro, non fa-rei più il critico d’arte contemporanea. Farei coseche risultino realmente di aiuto agli altri, il me-dico di frontiera, quello che si presta a soc-correre.MS: Tipo Emergency insomma.LV: Più passa il tempo e più si capisce come ilrispetto e l’attenzione agli altri sia dovuta e da’anche un senso alla vita. MS: Sono d’accordo con lei. Spesso mi sentoun outsider per questo, ogni volta che mi in-terrogo e mi metto a ragionare sulle cose e dicotra me e me: forse non è tutto così. LV: Certo che l’arte non è il valore assoluto. Èuno dei valori che ti fa capire cos’è la vita, selo becchi nel modo giusto. Altrimenti finisci neldelirio di te, come tanti.

IL PERSONAGGIOdi Massimiliano Scuderi

D O V E T R O V A R E M U 6 : MUSE I DELLA REG IONE ABRUZZO / A L B A A D R I AT I C A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( LUNGOMARE MARCON I , 2 7 0 - ALBA ADR IAT I CA ) / A S C O L I P I C E N O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( P IAZZA DEL POPOLO, 2 6 - ASCOL I P I CENO ) / L I BRER IA LA

LEA VERGINE

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Ci sono molti modi di declinare questa fra-se: come un invito, una sollecitazione:“Viviamo d‘arte!” pronunciata da anime bel-le, un po’ futuriste e un po’ demode’; unaconstatazione: “Viviamo d’arte…” in boccaa quegli artisti un po’ squattrinati che a piaz-za Navona si guadagnano la giornata di-segnando ritratti ai turisti; “Viviamo d’ar-te!?” interrogativo che nella mente di tan-ti soloni nostrani, ignari del potenziale eco-nomico della cultura, equivale a “viviamod’aria”, traduzione della storica frase che hasegnato l’epoca tremontiana: con l’arte nonsi mangia. E allora a che serve l’arte? Allo spirito? Trop-po poco, in un’epoca materialista; allascuola? ma se stiamo tagliando le ore di sto-ria dell’arte!; ai critici ed esperti? una cerchiaristretta, che si parla addosso; alla politica?ma la politica si occupa di cose serie: lavo-ro, trasporti, ospedali. Avanziamo un’ipotesi: l’arte serve allavita. E per non essere troppo generica e su-perficiale proverò a dire come serve alla miadi vita. Partiamo dal lavoro, da Rai Educational, doveho iniziato ad occuparmi di comunicazionedell’arte nel 2000 con il progetto “Idea”, incollaborazione con il MIBAC, per il quale ab-biamo prodotto documentari nei museiitaliani: un’esperienza molto complessa e ar-dua che incontrava la resistenza di quasi tut-ti i direttori dei musei, poco inclini, al con-trario dei loro colleghi stranieri, a favorire una

produzione filmica sui tesori del loro museo,in parte perché li vivono come proprietà per-sonale più che collettiva (un altro modo?troppo egoistico però, di vivere l’arte); in par-te perché l’ingresso di una troupe nelle saledi un museo comporta estenuanti trattati-ve con sindacati, ministero, e i direttori nonne possono più di occuparsi tutto il tempodi burocrazia, vittime di una mentalità, ra-dicatasi nei vertici ministeriali, che ha volutotrasformare austeri studiosi in manager. Quell’esperienza però ha avuto per me unvalore formativo essenziale e, in più, è sta-ta fonte di quel piacere assoluto che l’arteconcede solo a pochi privilegiati: immagi-nate Galleria Borghese, di notte, chiusa a tut-ti e aperta solo per noi, che giravamo un do-cumentario con il soprintendente ClaudioStrinati: Paolina era illuminata dalla luce del-le candele e nelle stanze accanto, ci aspet-tavano Tiziano, Raffaello, Cranach… Il pia-cere abitava in quei corridoi, si sussurravainvece di gridare, ed appariva chiaro, in quel-le tiepide notti di luglio, che l’arte ha unastretta parentela con il sacro. A Rai Educational quel lavoro ha dato i suoifrutti e si è trasformato in una vera e propriastruttura che produce un magazine d’arte:Art News, in onda dal 2006 su Rai Tre, e Ma-gazzini Einstein che, dal 2002, occupa unospazio da nessun altro ricoperto in Rai, quel-lo della documentaristica d’arte, settore chepotrebbe essere, questo si, nel nostro pae-se, fonte di reddito per tanti giovani. Ab-

biamo il patrimonio artistico più grande delmondo? Allora facciamolo conoscere! Lo san-no bene i giapponesi, gli inglesi, i francesi,che vengono da noi per girare quei docu-mentari che noi italiani non produciamo enon mandiamo in onda nelle televisioni, con-vinti come siamo che il pubblico sia com-posto, per la sua gran parte, da adulti de-menti e giovani delinquenti, interessatisolo alla vista del sangue e del sesso. In Norvegia è andato in onda in prima se-rata un documentario “L’arte incontra l’e-stremo Nord” che noi abbiamo trasmessod’inverno, all’una e mezzo di notte, e d’e-state, la mattina alle sette su rai tre; non èun caso, poi, se al recente Prix Italia il no-stro paese non riesce ad aggiudicarsi nep-pure un premio, mentre i paesi del Nord Eu-ropa ne fanno incetta: è l’abitudine all’ascoltoche seleziona e forma un pubblico, non larincorsa ai suoi gusti più ovvii.E nel privato, nel mio privato, a cosa serve l’ar-te? Al mio respiro, ad alimentare la mia riservad’aria quotidiana, a guardare lontano, a ri-cordare il talento degli artisti, la sapienza dei

letterati, le profezie dei registi, il coraggio de-gli attori, la disciplina dei danzatori. Quandoci si sente soli e diversi, l’arte ti consola; e tisprona, ti stimola a non mollare. Paolo Orsi, chi era costui? Un archeologodi Rovereto che, a fine ottocento, quando nel-l’Italia del sud c’erano i briganti e la mala-ria, si trasferisce in Sicilia e, in condizioni digrande disagio, con coraggio e tenacia, sca-va alla ricerca delle origini dei popoli siculie dedica la vita, un altro esempio di cosa siavivere l’arte, alla ricerca di quei reperti checostituiscono il patrimonio del museo ar-cheologico di Reggio Calabria, e di quello diSiracusa, a lui dedicato.Se Orsi fosse stato americano avremmo vi-sto tutti al cinema le sue avventure, maga-ri sotto le spoglie di un antico Indian Jones.In Italia lo conoscono gli esperti, a scuolanon se ne parla, in televisione, figuriamoci!Vivere d’arte, per me, è anche onorare Pao-lo Orsi, ricordarlo ai giovani, non smetteredi conservarne memoria, sperare che un gior-no qualcuno voglia raccontare le sue gesta.

NUOVA ED I TR I CE ( CENTRO COMMERC IALE “AL BATTENTE ” , V I A DEL COMMERC IO , 5 2 - ASCOL I P I CENO ) / A V E Z Z A N O : L IBRER IA MONDADOR I ( V IA MONS IGNOR BAGNOL I , 8 6 - AVEZZANO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO DELLA L IBERTÀ , 1 1 0 - AVEZZANO ) / B O L O G N A :

L’OPINIONE

Impara l’arteCON RAI EDUCATIONAL

Maria Paola Orlandini

MMUU55NUOVA ED I TR ICE ( CENTRO COMMERC IALE “AL BATTENTE ” , V I A DEL COMMERC IO , 5 2 - ASCOL I P I CENO ) / A V E Z Z A N O : L IBRER IA MONDADOR I ( V IA MONS IGNOR BAGNOL I , 8 6 - AVEZZANO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO DELLA L IBERTÀ , 1 1 0 - AVEZZANO ) / B O L O G N A :

Maria Paola Orlandini

FGTecnopolo presenta a Dicembre la propriaFondazione, un ambizioso progetto culturaleche apre la propria attività con una primaesposizione focalizzata sulla filosofia e sul-l’operato dalla realtà imprenditoriale che rap-presenta. In questa importante occasioneverrà presentato il manifesto della FondazioneFGTecnopolo, ovvero i principi, gli obiettivie il metodo di approccio in cui opererà la nuo-va organizzazione.Il principio ispiratore della Fondazione FG-Tecnopolo nasce dalla consapevolezza chelo sviluppo civile si fonda sul rispetto delladignità umana e sulla libertà del pensierocome pratiche costanti tra gli uomini e traquesti e l’ambiente circostante. Le attività della Fondazione FGTecnopolo sibaseranno su un sistema di pensiero chepone in primo piano l’uomo e la qualità del-la vita, l’integrazione dei saperi, il sostegnoalla creatività, la condivisione delle risorse edella conoscenza, sostenendo il principio di“Ecologia della Cultura”. La Fondazione FGTecnopolo rappresenteràlo specchio culturale dell’attività imprendi-toriale di FGTecnopolo, da cui attinge il pro-prio sapere e l’essenza della propria attività.FGTecnopolo è una organizzazione compostada un gruppo di aziende qualificate con ol-tre 35 anni di esperienza che operano tra loroin completa sinergia. Un polo di eccellenzache valorizza la creatività e l’innovazione ge-nerata dall’integrazione di diversi saperiche offre idee e alta consulenza nei settori del-l’architettura, dell’ingegneria, del design,dell’arte, dell’information e communicationtechnology.FGTecnopolo assieme alle società del grup-po e ai propri partners, è impegnata su di-versi fronti con un unico obiettivo comunefocalizzato sullo sviluppo di idee progettualiinnovative, in linea con i principi del gruppo.Il risultato di questo comune obiettivo si espri-me in centinaia di progetti a grande scala rea-lizzati in tutto il mondo. Una serie di joint ven-ture internazionali, rafforzano le alleanze diFGTecnopolo all’estero e garantiscono l’e-spansione delle proprie attività in ambito in-ternazionale. Svolgendo fuori dalle regole tradizionali delbusiness un ruolo di primo piano come la-boratorio permanente di sperimentazione,FGTecnopolo offre un supporto formativo nelfavorire la crescita di nuove professionalitàtra arte e cultura, raggiungendo risultati sem-pre più sorprendenti in diversi settori. Ogni giorno un team affiatato di oltre 500 pro-fessionisti composto da architetti, ingegne-

ri, urbanisti, designers, artisti, tecnici dell’ICT,consulenti legali, esperti finanziari e dimarketing, opera in completa sinergia e inun contesto internazionale, in pieno fermento,ricco di potenzialità.FGTecnopolo si propone come un polo di ri-ferimento per l’innovazione, crede nel valo-re della ricerca e della sperimentazione in-tesi come elementi fondamentali alla basedi nuove iniziative progettuali. Ha attivato atal proposito un processo di Ricerca e Svi-luppo, instaurando collaborazioni con Uni-versità, Enti di ricerca, Associazioni di im-prese, Centri sperimentali, al fine di pro-muovere ed aumentare il potenziale di ricercain diversi ambiti multidisciplinari, tra cui l’ar-te, il design, la musica.Assieme alla sezione Design dell’UniversitàSapienza di Roma, ha fondato il Laborato-rio Sapienza Design Factory con l’obiettivodi promuovere lo scambio di cultura tra ri-cerca universitaria e impresa, svolgendo unaintensa attività di ricerca e sperimentazionenel settore del Product Design e del RapidManufacturing.In FGTecnopolo viene costruito ogni giornoe valorizzato un patrimonio comune di ri-sorse, competenze e relazioni, che trova lamassima espressione nella realizzazione diiniziative in cui spesso anche l’arte svolge unruolo di primaria importanza oltre che di ca-talizzatore di idee. In questo ambito la componente artistica sipropone come elemento di riflessione pa-rallelo al momento progettuale dove, stru-menti, materiali di conoscenza, di analisi edi storia, entrano in un rapporto simbioticocon il progetto. La stessa sede di FGTecnopolo costituisceuna testimonianza diretta di questa culturadove la creatività artistica e la razionalità tec-nica trovano un ideale punto di incontro.All’interno dell’area del Parco Tecnologico Ti-burtino a Roma, la nuova sede di FGTecno-polo esprime pienamente il principio di in-tegrazione tra le diverse realtà imprendito-riali che fanno parte dell’organizzazione. Am-bienti di lavoro chiusi, open space, labora-tori sperimentali, sale riunioni, un centro con-gressi e un’ampia sala espositiva, grandi spa-zi aperti, ateliers per artisti, in un design al-l’avanguardia, assicurano i più alti livelli dicomfort e di produttività a chi ogni giorno co-struisce un patrimonio per la collettività. In questo contesto ricco di stimoli e di altivalori culturali, FGTecnopolo ha deciso di farnascere la nuova sede della Fondazione. L’ap-proccio metodologico della Fondazione FG-

Tecnopolo trova il fondamento nei concetti“dell’interazione, dell’integrazione e della crea-zione”.Il principio di interazione si esprime nell’ideadel luogo come “agorà” in cui convergonoe interagiscono attività e competenze diverse. L’integrazione si identifica nel tempo dellaquotidianità per la conoscenza dell’altro e ilconfronto dei saperi mai separato da quel-lo dei sentimenti.La creazione è rappresentata dall’idea del la-boratorio come sperimentazione, verifica e

realizzazione.Tre momenti di un unico processo che si at-tua attraverso lo scambio delle idee, lo sti-molo e le influenze reciproche sul pensieroinnovativo, la sostenibilità e l’adattabilità del-le procedure. Ciò che ne deriva è il “progetto integrato”,come risultato di una modalità di lavoro chetrae spunto dalla filosofia del “pensierocomplesso”, che fa dialogare tra loro elementidiversi, favorisce la migrazione dei concet-ti e la correlazione interdisciplinare.

CULTURA E RICERCA ATTRAVERSOL’INTEGRAZIONE CREATIVATRA ARCHITETTURA,INGEGNERIA, ARTE E DESIGN

FGTecnopoloNasce la Fondazione

CULTURA E IMPRESA

La nuova sala espositiva dell’FGTecnopolo Headquarters

FGTecnopolo Headquarters

Evento “Sera d’Estate” - cortile interno dell’FGTecnopolo Headquarters, sullo sfondo l’opera di Marco Tirelli

MMUU66 L IBRER IA FELTR INELL I ( P IAZZA RAVEGNANA . 1 - BOLOGNA ) / L IBRER IA P I CKW ICK ( GALLER IA 2 AGOSTO 1 9 8 0 , 3 / 2 - BOLOGNA ) / C H I E T I : L IBRER IA DE LUCA ( V IA C . DE LOLL IS , 1 2 / 1 4 - CH IET I ) / G I U L I A N O V A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA N . SAURO, 3 5 - G IUL IANOVA )

Catalogo numero speciale n°22, testo di Massimiliano Scuderi

Ufficio Stampa: Angela Ciano ([email protected])

www.re-place.it

10 - 31 DICEMBRE 2011 | L’AQUILA

GIOVANNI ALBANESE [Via Tre Marie]

CARLO BERNARDINI [Forte Spagnolo]

FABRIZIO CORNELI [Piazza Duomo]

LICIA GALIZIA e MICHELANGELO LUPONE [Palazzo dell’Emiciclo]

MMUU77L IBRER IA FELTR INELL I ( P IAZZA RAVEGNANA . 1 - BOLOGNA ) / L IBRER IA P I CKW ICK (GALLER IA 2 AGOSTO 1 9 8 0 , 3 / 2 - BOLOGNA ) / C H I E T I : L IBRER IA DE LUCA ( V IA C . DE LOLL IS , 1 2 / 1 4 - CH IET I ) / G I U L I A N O V A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( V IA N . SAURO, 3 5 - G IUL IANOVA )

Evento realizzato con il sostegno del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR-FESR 2007-2013 “Attività VI.I.3”

dell’Assessorato alle Politiche Culturali – Servizio Politiche Culturali.

Un appuntamento con l’Arte Contemporanea nella città-ombra

5 artisti intervengono con opere di luce e suonoin 4 luoghi emblematici della città disabitata

Luci e riflessioni simboliche per un programma di ricostruzione identitaria della collettività

La partecipazione dei giovani per accendere“nuove” luci

MMUU88 / L A N C I A N O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO TRENTO E TR I ESTE , 3 9 - LANC IANO ) / L’A Q U I L A : CAFFÈ POLAR ( V IA SANTA G IUSTA , 1 7 / 2 1 - L’ AQU ILA ) / L I BRER IA COLACCH I ( V IA ANDREA BAF ILE , 1 7 - L’ AQU ILA ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO FEDER ICO I I , 2 8 -

GIOVANNI ALBANESE

PRENDI L’ARTE E METTILA DA OGNI PARTEPiero Manzoni, Pino Pascali, Lucio Fon-tana, Jannis Kounellis, Julian Schna-bel… tutti “al servizio” narrativo di Gio-vanni Albanese, artista trasversale del no-stro panorama, il primo ad aver varca-to il ponte che collega l’arte visiva al ci-nema (quello coi giusti crismi produtti-vi e la chance della prima visione, si in-tende). Dopo l’esordio di A.A.A. Achille,commedia sulla balbuzie con Sergio Ru-bini, Vincenzo Cerami e Nicola Piovanitra i nomi d’oro del cast, ecco in arrivoSenza arte né parte, seconda regia del-l’artista pugliese (anche sceneggiatore as-sieme a Fabio Bonifacci) che ci porta, perla prima volta nella filmografia recente,tra opere importanti di alcuni maestri delNovecento. Una novità in un cinema chefinora prediligeva le biografie di artisti notima non affrontava il lato complesso del-l’avanguardia, secondo giochi calibrati trale retoriche del “riesco a farlo pure io” ela poesia sublime delle alchimie rivolu-zionarie e culturalmente elevate. Albaneseusa l’arguzia, il sentimento e il tocco mor-bido di un narratore che l’arte la cono-sce perché prima la vive dentro, poi laproduce con talento ed ottimi riscontri,quindi la insegna ai giovani in accademia.A giudicare dalle sue sculture spiazzanti,improvvise come sorrisi lunatici nella not-te senza luna, la creatività di Albaneseriaccende l’energia, poetica e dissa-crante, del grande Pino Pascali (Albanese,non a caso, ha vinto il Premio Pino Pa-scali 2002). Entrambi pugliesi, per nul-la intimoriti dalle contaminazioni lin-guistiche, mostrano nelle opere una li-bidinosa passione per gli oggetti in di-suso, la ferraglia, le cose di uso casalingo.Con Pascali (morto in un incidente nel’68) nascevano bachi giganti dagli sco-voli di setole acriliche, liane forestali dal-le pagliette da cucina, pezzi di mare davasche geometriche riempite di acqua eanilina. Con l’Albanese odierno (nato aBari nel 1955 ma da tanti anni a Roma)abbiamo padelle usate, pedali di bicicletta,tubi, fanali dall’occhio furbo, zuppiere dirame, un sellino in cuoio, recipienti in pla-stica… Una volta assemblati con la pre-carietà inestimabile della grande scultura,ne escono personaggi che fondono il latoironico del cyberpunk e una versione do-mestica del manga nipponico. Prima diloro esistevano gli “oggetti fiammeg-gianti”, una squadra di sedie, tavoli, qua-dri ma anche un pianoforte a coda, verie propri scheletri in ferro ricoperti da lam-padine cimiteriali a luce arancione. Sem-bravano forme dal fuoco perenne, stra-ni oggetti vivi dall’energia ipnotica. Cheoggi si affiancano a questi ed altri guer-rieri fai-da-te, figli senza meta in un mon-do che li rende ansiosi e futuribili, comicie al contempo tragici. Il nuovo film di Al-banese, mentre proseguono le mostre ingiro per l’Italia, sarà una miscela morbidatra gli stili da commedia e le note del col-lezionismo snob, delle aste miliardarie,dei vernissage mondani ma anche del-le emozioni gratuite che solo l’arte sca-tena. Il film ci racconta la storia pazza dialcuni operai pugliesi che scoprono l’ar-te del falso e diventano più artisti di tan-ti “veri” maestri. L’inizio delle riprese èprevisto ad inizio 2005 con una produ-zione firmata Gianfranco Piccioli e un castche si annuncia all’altezza dei nostri fal-sari. Verrebbe da dire: guarda l’arte e met-tila da ogni parte. Magari la gente capiràche è molto più semplice e divertente diquanto si possa credere.Gianluca Marziani(Testo pubblicato su Specchio).

DALL’ALTO:Costellazione e Talebani, 2006, dimensioni ambientali

Autoritratto

Eclissi

Giovanni Albanese nel suo studio

MMUU99/ L A N C I A N O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( CORSO TRENTO E TR I ESTE , 3 9 - LANC IANO ) / L’A Q U I L A : CAFFÈ POLAR ( V IA SANTA G IUSTA , 1 7 / 2 1 - L’ AQU ILA ) / L I BRER IA COLACCH I ( V IA ANDREA BAF ILE , 1 7 - L’ AQU ILA ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO FEDER ICO I I , 2 8 -

LA “MATERIA” È IL VUOTOLa rivincita di un angolo può essere la trasformazione dello spazio da una posizione quasimai presa in considerazione nei luoghi espositivi, molto spesso sottovalutata e secondariarispetto alle più protagoniste pareti. L’angolo in veste di contenitore può diventare esso stes-so opera, trovando così il suo riscatto nella riconfigurazione dello spazio attraverso una nuo-va architettura di luce. La fibra ottica è un pretesto per plasmare lo spazio, e il buio è la base di questo disegnomentale in quanto davanti a esso si è obbligati all’immaginazione, a una sorta di vederenon vedere.Ma la vera materia è il vuoto, e la luce ne cristallizza la forma.L’opera si appropria di un luogo imponendosi quale unica dominante, così come nella na-tura sono quelle pietre senza tempo, scolpite dal vento, incise dall’acqua e tinte dal sole.La materia non è detto sia quella che sembra essere... può essere invece quella che non c’è. La luce tende a plasmare il vuoto, e la trasformazione più grande che l’arte contemporaneaha vissuto non è tanto quella dei nuovi materiali, dei nuovi linguaggi o concetti espressivi,quanto la perdita del perimetro in un quadro e del volume proprio nella scultura; ciò acca-de nelle installazioni ambientali la cui occupazione dello spazio dettata dall’idea, domina lospazio stesso. Affrontare con la luce le grandi architetture può essere esaltante come il ‘brivido delle verti-gini’, ossia misurarsi con qualcosa di già grande che si può sfidare ma esserne al contem-po annientati. Se le forme di luce si bloccano in una fissità apparente, possono determinare sottili giochidi equilibrio, ed una mobilità percettiva che può permettere di non vederle mai uguali a sestesse, da qualsiasi parte interna o esterna le si guardi. È qui che l’opera può allora sovvertire la distinzione con il contenitore, sottraendolo alle fun-zioni ordinarie della vita dell’uomo, divenire essa stessa lo spazio, e condurlo per mano inuna dimensione “altra”, il luogo del pensiero. Carlo Bernardini - Milano 2011(Testo scritto in occasione dell’installazione “La rivincita dell’angolo” presentata al MACRO Museo di Arte Con-

temporanea di Roma, Luglio 2011).

IN ALTO DA SINISTRALa Luce che Genera lo Spazio, 2009Installazione ambientale in fibre ottiche, mt h 18 x 25 x 27.Palazzo Litta, Direzione dei Beni Culturali,Milano 2009 - 2010.

Light Waves, 2008Prismi in vetro stratificato, fibre ottiche, superficie OLF, videoproiezione e audio, mt h 3,40 x 8,50 x 2Aeroporto del Salento, Brindisi.

A SINISTRALa Rivincita dell’Angolo, 2011Fibre ottiche, acciaio inox, mt h 18 x 3 x 4MACRO – Museo d’arte contemporanea di Roma.Courtesy Delloro Arte Contemporanea, Roma |Berlino

IN BASSOCristallizzazione Sospesa, 2010Installazione ambientale in fibre ottiche,h da terra mt 9,50 x 11 x 13.Luci d'Artista 2010, XIII edizione, PalazzoBertalazone di San Fermo XVII sec., Torino.

CARLO BERNARDINI

MMUU1100 L’AQU ILA ) / M I L A N O : L IBRER IA FELTR INELL I ( V IA ALESSANDRO MANZON I , 1 2 - M I LANO ) / P E S C A R A : L IBERNAUTA ( V IA TERAMO, 2 7 - PESCARA ) / L I BRER IA FELTR INELL I ( V I A M ILANO, ANGOLO V IA TRENTO - PESCARA ) / R I E T I : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA ROMA ,

FABRIZIO CORNELI …Un cammino che sensibilmente ma anche metaforicamente si colloca sulla soglia,tra alba e tramonto, tra il giorno e la notte, in un punto crepuscolare ove la dialetticatra luce e ombra, strumenti fondamentali del suo processo operativo, positivo e neg-ativo, pieno e vuoto, manifesto e celato, scambiano i loro ruoli, facendoci percepirel’assenza dietro la presenza, l’invisibile dietro il visibile in un gioco vicendevole tra realeed illusorio e virtuale cioè nascosto, immateriale e presente al tempo stesso. Così comel’ombra è l’effetto del suo contrario, la luce, e come entrambe assolvono ad una fun-zione determinante nella composizione-scomposizione delle immagini, esse si pon-gono come binomio emblematico nella fluidità metamorfica del linguaggio di Cornelidi altre convergenze. Dualità carica di referenti simbolici dal mondo primitivo alla cul-tura classica, dall’occidentale all’oriente, essa rappresenta nell’opera di Corneli il con-fluire metaforico in una sorta di cortocircuito di due anime del suo operare, quella razionalee logica, quella irrazionale e immaginativa, rappresentando “ la pars construens” e”la pars destruens” del suo lavoro. Come alla luce, ad un vedere diurno, quello sensi-bile della relazione con l’opera nelle coordinate spazio temporali che propone e concui lo sguardo si mette in relazione, si collega un vedere dell’ombra, luogo notturnodell’immaginario e del sogno, così si integra nell’opera di Corneli, pensiero progettualee pensiero simbolico nel risolversi dei dati dell’uno nell’esito dell’altro. Non c’è dis-tanza, le due componenti interagiscono e si fondono, pacificando gli opposti, proprionel gioco attivo di scoperta e riscoperta in cui il fruitore ha un ruolo fondamentale. Ilcarattere visionario e fantasmatico con cui si conclude il processo formativo e fruiti-vo dell’opera è emblematico perchè, è proprio quell’esito che oltre ad esercitare unafunzione di stimolo immaginativo fa riscattare la molla della coscienza e degli inter-rogativi logici in un rapporto scambievole in cui s’innesca il cortocircuito delle polar-ità, dei livelli di pensiero, delle dimensioni e modalità del conoscere, come quella pro-pria della scienza e quella propria dell’arte…Manuela Zanelli

IN ALTO DA SINISTRADoppio IV, 2005, ottone, alogena, ombre. cm 220 (H)

Drago, 1981, rame, alogena e ombra. Rame cm 40 x 70

SOPRALus, 2007, alluminio, luce solare, ombre, cm 170 x 100Installazione presso “Associazion Culturâl Colonos”, Villacaccia di Lestizza (UD)

Iperboreo I, 1995-96, rame, alogena, figura di lucecm 190 (H), scatola di rame cm 20 x21 x 20

A DESTRAAugenblick, 1997, alluminio e acciaio, luce solare, ombre. Facciata mt 28 x 16. Installazione solare presso il KölnerStadt-Anzeiger, Colonia

MMUU1111L’AQU ILA ) / M I L A N O : L IBRER IA FELTR INELL I ( V I A ALESSANDRO MANZON I , 1 2 - M I LANO ) / P E S C A R A : L IBERNAUTA ( V IA TERAMO, 2 7 - PESCARA ) / L I BRER IA FELTR INELL I ( V I A M ILANO, ANGOLO V IA TRENTO - PESCARA ) / R I E T I : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA ROMA ,

VOLUMI ADATTIVII Volumi adattivi di Licia Galizia e Michelangelo Lupone rappresentano un passo ulteriorerispetto all’interazione, alla quale le interfacce dei new media ci hanno più o meno abitua-ti. Infatti i Volumi adattivi sono in grado di evolversi come capita per un qualsiasi organismovivente. Non c’è più un numero limitato anche se invisibile di risposte allo stimolo, comecapita nell’interazione, bensì le risposte del sistema adattivo sono impredicibili o solo par-zialmente tali. Quindi, quanto nell’interazione era solo suggerito dall’assenza di visibilitàcompleta del testo, dal suo trasformarsi in territorio d’azione del fruitore, nel sistema adat-tivo, invece, è tale costituzionalmente. Sono queste caratteristiche che rendono la ricercadi Galizia e Lupone un esempio importante dello scenario definibile post-umano1, poichèentrambi producono dispositivi in grado di consentire l’esperienza estetica come atto dimuatzione in corso, di ibridazione. Infatti, secondo il modello di esistenza definito da Ro-berto Marchesini post-umano, il proceso di costruzione dell’uomo, l’antropoiesi, è dialogi-ca e tende naturalmente all’ibridazione, anzi la favorisce ed è in grado di usufruirne. Di con-seguenza la cultura è un non-equilibrio creativo. I Volumi adattivi sono strutture vocazionalmente ibridanti la cui “a-formalità” (o “informe”come probabilmente avrebbe detto George Bataille) consiste in un non-equilibrio in quan-to strutture aperte e processuali. Volumi plastici che possono mutare – e soprattutto im-parare - in conseguenza dell’intervento del pubblico, volumi che producono suoni in basealla reazione dei loro materiali in grado di memorizzare e quindi avviare processi non deltutto gestiti dall’autore, anche se da questo innescati. Cosa diventa allora l’esperienza estetica? La rivoluzione elettronica e digitale comporta dif-ferenti modelli di esperienza cognitiva e quindi estetica che “ridisegnano” il soggetto fuo-ri dai limiti del suo corpo in un’interconnessione che assomiglia di più a quella che Mau-rice Merleau-Ponty ha chiamato “carne del mondo”. I contorni indefinibili di questa carnecomprendono vari aspetti che potremmo ravvisare già nella prassi creativa basata non piùsul singolo ma sulla collaborazione tra un artista visivo ed un compositore musicale, non-ché sulla collaborazione di molteplici competenze scientifiche.La tecnologia, pertanto, non è affatto l’ennesimo nuovo strumento con cui ribadire vecchieforme stabili da contemplare, ma una logica differente della creatività e della ricezione cheoggi consente di sperimentare un modello più ampio di umanità, per cui anche il gioco an-tico delle arti con i materiali, le forme e le proporzioni, prende l’aspetto più attuale di spe-rimentazione sensoriale di nuovi modelli ibridi di esistenza. Franco Speroni

1. Il termine è qui usato nel senso attribuitogli da Marchesini R., Post-human. Verso nuovi modelli diesistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 2002 e da Pireddu M., Tursi A., (a cura), Post-umano. Relazionitra uomo e tecnologia nella società delle reti, Milano, Guerini, 2006.

IN ALTO DA SINISTRAVibrazioni in acciaio, 2011Planofoni® in acciaio inox verniciato ed inciso, misura ambienteInstallazione permanente FGTecnopolo Building

Studio I su Volumi Adattivi, 2006Legno, alluminio aeronautico, rame, verniceParete verticale cm 300 x 450 - Pedana cm 300 x 400Arte Scienza 2006, Goethe Istitute, Roma

In Coro, 2009Planofoni® in ferro trattatoSummit G8, L’Aquila, 2009, Auditorium Scuola dei Sottoufficialidella Guardia di Finanza

Trio Plastico, 2009Planofoni® in ferro trattato, Misura variabileMuseo dell’Ara Pacis, Roma, 2009

Michelangelo Lupone mentre interagisce con In coro

Licia Galizia mentre interagisce con Studio I su Volumi Adattivi

LICIA GALIZIAMICHELANGELO LUPONE

MMUU1122

MUSEI ALL’APERTO

Sulle rocce della Maiella troviamo più di 300 anni di storia dei nostri pastori. È una storiadi poveri, della loro solitudine e sofferenza. Li scopriamo ad imprecare contro la “maledet-ta” montagna e a gioire per la partenza imminente. Hanno inciso croci, il mostruoso bestiariodei capitelli e degli amboni delle chiese del proprio paese, la grande nave vista forse dal trat-turo del mare, la casa lontana e tanti nomi, date e paesi di provenienza. Sulle rocce possia-mo ancora sentire le voci di un antichissimo mondo che è appena scomparso. E nel frastuonodel mondo di oggi, non ce ne siamo neppure accorti.Le incisioni sembrano concentrarsi solo sul massiccio della Majella; su altre montagne, an-ch’esse mete estive della società pastorale, solo raramente accade d’incontrarle. Troviamoincisioni un po’ ovunque, ma vi sono zone, molto circoscritte, di particolare concentrazio-ne: punti nevralgici nella rete dei sentieri, luoghi dominanti su una o più vallate, o semplicipunti di sosta sui pascoli. Alcuni di questi luoghi, anche se non molto frequentati, sembra-no rivestire una particolare importanza. È come se la società pastorale avesse tacitamentestabilito di farne un santuario e per secoli continuasse ad incidere scritte sulle stesse roc-ce, sovrapponendole a volte a quelle più antiche.Non è raro trovare incise brevi frasi che ci parlano della vita e soprattutto dello stato d’ani-mo del pastore. Nella maggior parte dei casi si tratta di poche parole che esprimono la so-litudine e la disperazione per una esistenza così dura. Non a caso si trovano in prevalenzanelle zone più impervie ed isolate. Molti nomi sono seguiti dalle parole “più” o “mai più” eda frasi dalle quali si capisce che la montagna viene considerata alla stregua di una prigio-ne: Tutto e fatto se me la salvo quest’anno mai più.La frase più nota è quella incisa alla Tavola dei Briganti, nella quale c’è una chiara contesta-zione del governo piemontese ed il rimpianto per quello borbonico: Eco la mia memo(ria)per i cari lettori nel 1820 nacque Vittorio Emanuele II Re d’Italia primo il 60 era il regno dei fio-ri ora e il regno della miseria. Di lato alla frase troviamo “Gabriele di Battista 1895” che dallagrafia sembra esserne l’autore. La data è piuttosto tarda per parlare di briganti e probabil-mente si tratta solo di un naturale sfogo per la dura vita condotta dal pastore. Le parole più toccanti sono quasi nascoste, incise in un angolo di una piccola roccia: “Diomi vede e sente”. È probabile che questa convinzione fosse di conforto all’ignoto autore del-la scritta e che lo facesse sentire meno solo in mezzo a quella natura selvaggia, lontano da-gli affetti familiari.

Sembra quasi che i pastori conoscessero la fama della Majella come “montagna sacra”, agiudicare dalle numerose croci che essi hanno inciso sulle sue rocce. Croci grandi, piccolissime,semplici, ornate, isolate, a gruppi, scavate, in rilievo, incorniciate, raggiate, con il cuore, conil gallo, con la data, evidenti, nascoste: croci ovunque. Per secoli la società pastorale ha diviso la montagna con i monaci e gli eremiti condividen-do con essi una dura esistenza ed assorbendone parte della religiosità. La croce era ancheil simbolo più comune, presente in tutte le tappe importanti della vita e nelle feste tradizio-nali che scandivano la vita religiosa del paese. Ma per molti pastori, essa era anche l’unicosegno significativo che riuscissero a fare e in molti casi dobbiamo considerarla quasi unafirma, un modo per dire: “ci sono anch’io”.La croce più significativa è quella incisa nel Vallone delle Tre Grotte. La troviamo quasi al-l’apice di uno sperone roccioso proteso nel vuoto del sottostante vallone. Intorno alla cro-ce, sulla superficie perfettamente liscia della roccia, nessun segno, quasi a voler porre in ri-salto il simbolo. Il tutto infonde un forte senso di spiritualità.La figura umana è piuttosto rara e nella maggior parte dei casi viene rappresentata solo par-zialmente e con uno stile molto elementare. Sicuramente la difficoltà di incidere sulla roc-cia ha condizionato la scelta dei soggetti; infatti, sempre in ambito pastorale, troviamo rap-presentazioni più complesse quando si tratta di incisioni su legno. In un ambiente agreste e pastorale ci si sarebbe aspettato una maggiore ricchezza di rap-presentazioni animali, ma troviamo solo una pecora a due zampe, un asino, un cane, alcu-ni uccelli e imprevedibilmente una scimmia. Può darsi che quest’ultimo animale sia statovisto dall’autore dell’incisione in qualche rappresentazione di saltimbanchi girovaghi, piut-tosto comuni un tempo nei nostri paesi. In due disegni, incisi sulla stessa roccia ed appartenenti forse al medesimo autore, vedia-mo la mitica figura del grifo, soggetto tratto dal bestiario raffigurato nelle chiese. L’incisione più interessante è quella dell’aquila bicipite che sembra ghermire un cane. Do-vremmo cercare di immaginarla con la freschezza che aveva oltre tre secoli fa, prima che ilsole e il gelo consumassero il rilievo. L’aquila a due teste coronata dovrebbe rappresentarel’impero asburgico. Il cane è indiscutibilmente un pastore abruzzese considerando la gros-sa testa e le orecchie piccole, probabilmente tagliate. Meno bella dal lato estetico, ma riccadi significato, è l’incisione lasciataci da Ernesto del Castello alla Tavola dei Briganti. La figuraumana fra l’animale da soma ed il cuore rende perfettamente l’eterno conflitto del pastore.Destano una certa meraviglia in quell’ambiente i semplicissimi disegni che ci mostrano del-le navi caratterizzate da numerose vele triangolari. Infine una piccola mano incisa su una roc-cia isolata, senza alcuna firma: forse il semplice gioco di un pastorello, fatto per ingannareil tempo di quelle lunghe giornate.Edoardo Micati

LE INCISIONI PASTORALI DELLA MAIELLA

35 - R I ET I ) / R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( V IA NAZ IONALE , 2 1 2 - ROSETO DEGL I ABRUZZ I ) / R O M A : L IBRER IA FELTR INELL I ( V I A DEL CORSO, 5 0 6 - ROMA ) / S A L E R N O : L IBRER IA FELTR INELL I ( V I A TORRETTA , 1 - SALERNO ) / S A N B E N E D E T T O

La grande croce nel Vallone delle Tre Grotte

Questa magnifica incisione si trova ad oltre 2000 metri di quota e reca la data 1681.

Una rappresentazione del mitico “grifo”.

A prima vista sembrerebbe un cane, ma le lunghe zampe e la coda ci ricordano le scimmie dei piccoli circhi che giravano nei paesi di montagna.

Una bella croce fiorita Un esempio di cuore crociato

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Questo il rituale.Un cuore di pezza rosso come il sangue pul-sa, una trama di corde lo issa tra i declivi del-le rocce come fosse un circuito arterioso chelo collega alla montagna. Con un atto di spic-cata potenza cromatica il cuore di SandroVisca si impone alla vista. L’occhio ne vie-ne calamitato come inseguendo un motodell’animo. Una forma geometrica ele-mentare dalle forti connotazioni semanticheoccupa uno spazio di totalità antropologi-ca quasi primordiale.Il cuore nella sua essenza è una scultura, uncorpo annidato in un luogo o sopra un luo-go eretto e che in esso affonda la sua esi-stenza. La montagna è il luogo di eventi, epi-fanie, catastrofi, luogo del rito e del sacrifi-cio, dove qualcosa è accaduto o continua ci-clicamente ad accadere. Qualcosa che insisteoltre la durata mortale e che conosce i tem-pi delle ere geologiche. Il cuore è il centro dell’uomo, il principio vi-tale unificante, il luogo segreto dove hannosede i sentimenti, la montagna rappresenta

l’ascesa spirituale, il posto più vicino al cielo.Il cuore è un ex-voto, appeso nel gigantescotempio del Gran Sasso, attraverso cui l’ar-tista articola la sua grammatica della sal-vezza. L’umano è l’impronta che l’uomo la-scia nelle cose, è l’opera, sia esso capolavoroillustre o prodotto anonimo di un’epoca, èla disseminazione continua di segni che fala civiltà secondo sua stessa natura. Questa potrebbe già essere una bella con-clusione ma lo stesso corso di pensieri miconduce alla questione se sia preferibile vi-vere in funzione del segno indelebile da mar-care, trasformandosi nella propria figura in-cisa sulla pagina di pietra oppure identificarsinel ciclo delle stagioni, con il ritmo degli anniche non può fermarsi perché segue il ruo-tare del sole e delle stelle. Io credo che la ri-sposta sia nell’ultimo gesto previsto dal ri-tuale magico: “abbandonarlo senza mai vol-tarsi indietro”.Ogni espressione artistica costruisce una mi-tologia degli eventi e questo coinvolge ancheciò che si credeva esistesse indipendente-

mente dal linguaggio dell’arte. Il lavoro di Vi-sca, datato 1975, è un progetto cinetico rea-lizzato in difesa della natura del Gran Sas-so. Si tratta di un’opera fatta di tracce ritualiradicate nella tradizione culturale popolare;in questo contesto la processione è un toposcondiviso che consente di socializzare il ge-sto creativo e di portarlo nell’area dell’e-sperienza vitale oltre che spirituale.Di fronte ai moderni processi sostanziali ditotale inadempienza l’artista assume le ca-ratteristiche del visionario capace di esplo-rare le forze della natura e di organizzarle,

secondo modalità ancestrali, verso nuovepossibilità formali. La pellicola, rivisitata conle più avanzate tecniche digitali, è docu-mento, registrazione e ricordo di un’espe-rienza che fa ancora battere il cuore.Jessika Romano

Sandro Visca“Un cuore rosso sul Gran Sasso”1975-2011Evento specialePadiglione ItaliaLa Biennale di Venezia. 54

UN CUORE ROSSOSUL GRANSASSO

35 - R I ET I ) / R O S E T O D E G L I A B R U Z Z I : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA NAZ IONALE , 2 1 2 - ROSETO DEGL I ABRUZZ I ) / R O M A : L IBRER IA FELTR INELL I ( V I A DEL CORSO, 5 0 6 - ROMA ) / S A L E R N O : L IBRER IA FELTR INELL I ( V IA TORRETTA , 1 - SALERNO ) / S A N B E N E D E T T O

Portarsi all’alba di un dì di festa ad un altezza di almeno mille metridal livello del mareal canto del gallo cucire un cuore di pezza rossa della lunghezza di circadue canne trapuntandolo con vero spago di ortigaligare intorno alla fronte dei portatori una fascetta di seta rossaa notte adagiarlo con cura su una lettiga di presso costruita con verghedi legno di ornello e spaghi di raffiaportare il cuore fino ad una altezza di circa tremila metri dal livello delmare e lasciarlo per tre giorni e tre notti alle intemperieal terzo dì discenderlo lentamente a valle e abbandonarlo senza maivolarsi indietro

Santo Stefano di Sessanio (AQ) - 5 agosto 2011 - Sandro Visca insieme a critico d’arte Umberto Palestini e Vittorio Sgarbidurante una visione del film

1975 - Due foto di scena del film “Un cuore rosso sul Gran Sasso”

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Il “fotogramma-poetico”, frutto di un’originale forma di simbiosi artistico-letteraria fra i versi diDante Marianacci ed i “frammenti fotografici”di Nicola Giuseppe Smerilli - scatti immortalati,tracce di vita, impresse nel flusso della memoria che ad essa attingono,per rimodularsi conti-nuamente, fino ad incantare il pensiero di oggi, riassorbendolo nella nebulosa rievocazione delpassato e lanciandolo al contempo nel flusso magmatico di un futuro in divenire, miscela sa-pientemente tre piani temporali in armoniosa e misteriosa compenetrazione. La presentazio-ne dell’ultima raccolta poetica, dal titolo “Sconfinamenti”, (2010, pubblicata in edizione bilin-gue, italo -ungherese dalla casa editrice Széphalom Zonymìhely), è stata interpretata in chiavefotografica, dalle variegate sfumature cromatiche di linee proiettate nell’anelito d’infinito di unorizzonte al tramonto, dall’antitesi bianco-nero del battito d’ali di un gabbiano libero di dispie-garsi in volo,proprio “come il pensiero,gioco leggero sospeso, una piuma che riprende il suo volonel vento di queste colline”, assecondando il ritmo delicatamente naturale dell’etere …Due cosmi differenti quello del verbo e dell’immagine, del cromatismo sfumato e sapientementecombinato,che suggerisce a mente e psiche emozioni sedimentate, rievocazioni di pensieri, reminiscenzesuggestive di sensazioni fugaci, scavando nel profondo dell’inconscio, nel reticolo nascosto dellamemoria. Scrive Renato Minore nel catalogo dedicato a “Dopo l’ultimo vento”- titolo della mostrain esposizione all’Accademia d’Ungheria in Via Giulia a Roma nei mesi di aprile-maggio: “Mari d’er-ba e ulivi piegati, albe evanescenti, scie fantasmatiche di luna e fiori-farfalla danzanti, filamenti im-percettibili di luce e vitalissimi fiori e fogliami, rocce a strapiombo sull’acqua e sabbie appena in-crespate spingono il linguaggio ad aprirsi su ciò che stata oltre la sua presa, forando le parole pernon ridurle a flatus vocis, graffito astratto, pelle senza corpo”. Gli splendidi “fotogrammi cosmi-ci”,scatti rubati al regno della natura, in realtà celano un significato ermetico molto profondo cheappartiene alla sfera dei “fotogrammi di vita”, della memoria del tempo della scoperta, dei primi,timidi passi sul lungo sentiero dell’essere, dei sorrisi ingenui dell’infanzia …L’incontro con la fotografia è stato per Smerilli sin dall’esordio, una vera e propria vocazione chepotrebbe esser definita “totalizzante”. La sua innata abilità nell’immortalare la profondità e laleggerezza del reale, sfumandola quasi in dimensione onirica, suggestiva ed evocativa di un si-gnificalo celato, più profondo, è in perfetta armonia con le sue scelte stilistiche, col suo rigoreestetico, con la qualità tecnica. L’obiettivo strategico della macchina da presa, sotto il suo occhiovigile e curioso,diviene fiabesco liuto magico. Il fotografo scruta da decenni la realtà, coglie ladensità dei suoi contenuti, l’infinita ricchezza cromatica della natura ed i suoi scatti “frammentidi cosmo e di vita che scorre”, veri e propri esercizi di stile,, immortalano e catturano un istan-te, inducendo così la mente a compiere un percorso profondo,a sbrigliarsi in tutto il suo impe-to fantasioso, nel mistero della rievocazione, esercitando il medesimo effetto del sapore rievo-cativo della madeleine di Proust nella “Recherche du temps perdu”.

Il curriculum vitae dell’artista vanta una presenza internazionale di mostre fotografiche in giroper il mondo, per citarne alcune: “La conoscenza dell’invisibile” (Istituto Italiano di Cultura Pa-rigi, 2001), “Volti e cammini d’Italia”(Premio Salvatore Quasimodo, Balatonfured, Ungheria, 2004),“Il Giardino del Sogno” (Galleria Larrammendi, L’Avana- Cuba, 2005), “Racconti di Luce e d’om-bra”- (Festival Internazionale di Roma, Accademia di Romania, 2007). Le sue opere sono pre-senti in musei di grande prestigio, fra i quali il“Museum Modern Kunst” nella capitale Austria-ca ed il “Moma” nella Grande Mela. Smerilli è tutt’ora titolare della cattedra di “Scenografia” pres-so l’Accademia delle Belle Arti di Roma ed assegnatario dell’insegnamento di “Fotografia dei BeniCulturali ed Ambientali” presso il Biennio Specialistico in Arti Visive e Disciplina dello Spetta-colo dell’Accademia delle belle Arti a Frosinone.Isabella Marianacci

D E L T R O N T O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( V IALE MORETT I [ EX UP IM ] - SAN BENEDETTO DEL TRONTO ) / S U L M O N A : L IBRER IA

NICOLA G. SMERILLI INTERPRETA “SCONFINAMENTI” DI DANTE MARIANACCI

Fotogrammi di Poesia

MMUU1166 LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO OV ID IO , 1 9 0 - SULMONA ) / T E R A M O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO SAN G IORG IO , 8 1 - T ERAMO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA P. TACCONE , 1 2 - T ERAMO ) / V A S T O : NUOVA L IBRER IA ( P IAZZA BARBACAN I , 9 - VASTO ) /

Dobbiamo domandarci se oggi è possibile costruire un edificio per l’intera comunità deicittadini, per la nostra, moderna, cultura dell’abitare.Non un edificio come un altro fra le più ammirate opere contemporanee, ammirate senzaessere importanti, per la loro immagine effimera e autoritaria insieme. Un edificio che sap-pia misurarsi con i grandi edifici della storia, quegli edifici ai quali nessun architetto con-temporaneo osa avvicinarsi con il suo lavoro. Io credo che ci si debba porre questo obiet-tivo, che ogni architetto si debba misurare con il tema della casa e del tempio, debba pro-gettare una casa e un tempio, sfidando le convenzioni del proprio tempo. Credo che porsi oggi questo obiettivo voglia dire porsi davanti al nuovo, spazzando via tut-to ciò che viene proposto ogni giorno sulle riviste o giornali di architettura. Opere che siaccontentano delle infinite variazioni di una forma ormai inespressiva, prive di quella qua-lità propria dell’architettura che è la durata nel tempo.Nuovo deve essere il nostro rapporto con la natura, la nostra volontà di costruire luoghi eopere in cui riconoscere la nostra aspirazione a vivere secondo ragione. Quella ragione cherende riconoscibili i nostri sentimenti e i nostri affetti, che li rende riconoscibili nelle ope-re che costruiamo per alimentarli e custodirli.Il nuovo nascerà da questa antica e rinnovata volontà e solo dal nuovo nasceranno formenuove. Oggi l’ostacolo al nuovo è di tipo morale. Noi non possediamo un principio etico che ci spinga a progettare il nostro futuro. Comedice Umberto Galimberti: se non disponiamo di una morale capace di proteggere il nostroambiente meno ancora saremo in grado di progettarlo. Una morale che prima di tutto ci faccia riconoscere la comunità a cui apparteniamo, checi faccia riconoscere i suoi valori. Un fatto questo che va oltre l’architettura, che riguardain generale la nostra cultura.Solo con questa premessa è possibile parlare di architettura.L’architettura per esistere deve essere espressione di civiltà. Deve essere espressiva di uninsieme di valori propri di una società civile. Altrimenti non sarà architettura, sarà, nei casimigliori, una costruzione ben fatta che si limita ad esibire la sua qualità tecnica.Dopo il tempo della tecnica deve venire il tempo della previsione di un mondo sperato dacostruire con la tecnica. Il nostro saper fare deve essere guidato dal nostro saper prevedere.Lo stesso Prometeo, l’inventore di tutte le tecniche, è colui che vede in anticipo. Oggi, nelnostro lavoro, è venuta a mancare la nozione di utopia. Quella idealità che ci rende capa-ci di vedere in anticipo. È vero, come dicono in molti, che per costruire la casa e il tempio bisogna che ci sia la ne-cessità della casa e del tempio e che questa necessità oggi non è riconosciuta. Tuttavia iocredo che sia una necessità sempre presente, che vada riscoperta e posta di nuovo alla basedel nostro lavoro. La casa custodisce le nostre relazioni personali, i nostri affetti, i nostri sentimenti. Il tem-pio custodisce un valore collettivo, è l’edificio in cui la comunità dei cittadini si riconoscecome corpo collettivo. Riconosce in esso un valore che è proprio della comunità stessa.Se nel tempio dell’antichità le colonne costruivano il recinto attorno alla cella della divinitàalla quale tutti si rivolgevano, nel nostro tempio sono i cittadini stessi che abitano il luo-go costruito per accoglierli.Una grande differenza fra chi guarda fuori da sè e chi riconosce una qualità della propria

vita associata. Questa è la modernità del tempio, è il principio che ci consente di cercarela sua forma nel presente.Il tempio greco è stato copiato e ricopiato fino alla fine dell’ottocento. Con le sue forme sonostate costruite chiese, teatri, banche, musei, dissipando il valore di quelle forme originarie.Nel novecento qualcuno ha cercato di costruirlo di nuovo partendo dal suo significato profon-do, cercando le forme che gli corrispondono nel nostro tempo.La costruzione del tempio è costruzione di un tetto e di un recinto. Un tetto sotto il qualeradunare un’intera collettività, un recinto con il quale delimitare il luogo della riunione.Questo per le funzioni più diverse, accomunate dal fatto di essere funzioni della vita associata.Il progetto per la biblioteca di Pescara si pone questo obiettivo: la costruzione di un gran-de tetto che sappia accogliere sotto di sè l’intera comunità dei cittadini. Un obiettivo chesi era posto Brunelleschi con la cupola di Firenze, Mies van der Rohe con il tetto della Na-tionalGalerie a Berlino.Il tema dunque è il tetto. Un tetto così grande da contenere sotto di sè altri edifici desti-nati a funzioni specifiche. Usando una bella espressione di Corrado Alvaro potremmo dire:edifici contenuti in altri edifici, come in una custodia. Al tetto è affidata la funzione del cu-stodire, nel nostro caso una biblioteca ma, insieme a questa, una intera comunità.Un tetto pressoché quadrato di 80 metri di lato; fra i 6 e i 7 mila metri quadrati di superfi-cie, senza pilastri, se non sul perimetro.L’unico materiale possibile per una simile costruzione è l’acciaio. L’acciaio consente di af-frontare grandi luci con una struttura leggera. Questo se si vuole costruire un tetto piano,una grande superficie perfettamente liscia senza interruzioni o sostegni.Una sorta di cielo artificiale sotto cui incontrarsi.Per esaltare la qualità espressiva di questo cielo artificiale abbiamo deciso di farlo accogliereda un tetto ancora più grande che lo sovrasta e lo protegge.Il tetto più grande contiene quello più piccolo, il cielo artificiale, sotto il quale è costruitoun edificio destinato alla biblioteca. Due piani sovrapposti ai quali corrispondono più re-cinti successivi.Un primo recinto di colonne d’acciaio a sezione circolare, sulle quali è appoggiato il tettosuperiore, un secondo recinto di pilastri a sezione rettangolare sui quali poggia il tetto in-feriore, un terzo recinto, rivestito in marmo, che delimita il corpo di fabbrica della biblio-teca. Il quarto recinto è il cuore di tutto il sistema: la corte interna della biblioteca copertadal gran tetto che la sovrasta.Per raggiungere il punto centrale, il luogo di riunione, che è il motivo per cui l’edificio è co-struito, si attraversano dunque quattro recinti successivi.Da qui si comprende il senso di tutto l’edificio, quello di costruire un luogo accogliente chesappia evocare l’idea di accoglienza.All’esterno l’edificio è costruito in modo da rendere evidente la sua finalità. Le forme svol-gono solo questo compito e nessun altro. Tutti gli elementi sembrano impegnati a regge-re il grande cielo azzurro, teso al di sopra della corte della biblioteca. Alla fine la composi-zione ricorda il tempio, un tempio in cui si celebra un rito civile: quello dell’incontro di ungran numero di persone intente a svolgere una attività che le accomuna.Antonio Monestiroli

L’ARCHITETTURA DELLA RAGIONE

Antonio MonestiroliLA CASA E IL TEMPIO

ARCHITETTURAdi Hector Jacinto Cavone Felicioni

MMUU1177LA NUOVA ED I TR ICE ( CORSO OV ID IO , 1 9 0 - SULMONA ) / T E R A M O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO SAN G IORG IO , 8 1 - T ERAMO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA P. TACCONE , 1 2 - T ERAMO ) / V A S T O : NUOVA L IBRER IA ( P IAZZA BARBACAN I , 9 - VASTO ) /

È con l’entusiasmo di chi pensa sia ancorapossibile creare opere utili e nel frattempo bel-le e durature, che ho prestato il mio interes-se al progetto per la nuova Biblioteca regio-nale di Pescara di Antonio Monestiroli. Maper aver ben precise le prospettive ideologi-che al mio impegno, sempre preziose per darebuon sostegno ad ogni pratica, ho voluto ri-flettere sulla domanda che il poeta Paul Valéry(Eupalinos, Milano, 1947) ci rivolge, nell’im-maginario dialogo tra Eupalino e Socrate, eche può valere a introdurci nel nocciolo del-l’argomento: “Dimmi, poiché sei così sensibileagli effetti dell’architettura, non hai osserva-to, camminando nella città, come tra gli edi-fici che la popolano, taluni siano muti ed al-tri parlano, mentre altri ancora, che sono piùrari, cantano?” La bellezza della città storica derivava pre-valentemente dalla silenziosa tessitura dicase e di strade, dalla quale emergevano po-che straordinarie architetture eloquenti e, an-cor più, rari monumenti lirici. Oggi non è così.La città si è trasformata da luogo di acquisi-zione di conoscenza in luogo di perdita. Lelogiche di costruzione della città non sono piùriconoscibili, sembrano addirittura casuali,dove le somiglianze e le dissomiglianze, chein passato sembrava potessero essere ordi-nate in categorie, se non in idee, si sono comevanificate; tanto che gli edifici, ridotti alla sololoro apparenza, sono diventati indistinguibilie abitudinari, senza anima, senza contorno,né colore, né calore. Paul Valéry, in sostanza,lamentando l’assenza di un’architettura si-gnificativa, lamenta la capacità di progetta-re un luogo in cui la diversità e la pluralità pos-sano in quanto tali trovare un orizzonte di sen-so. E ciò anche al fine di rendere più viva lasintesi fra innovazione e tradizione.Io credo che il problema vero è stato fin dal-l’inizio quello del confronto tra architetturadel passato e quella del presente. In tal sen-so fondamentale è la riflessione di OswaldMathias Ungers (N. Fritz, Oswald Mathias Un-gers. Opera completa (1951-1990), Milano,1991) sulla città intesa come grande archiviodi memoria collettiva e dunque come manualedal quale l’architettura può prendere i prin-

cipi fondativi della propria ideazione, legan-do “la sua ragione presente alla sua ragionepassata”. È su questo principio “che può es-sere impostato il generale metodo della co-noscenza della ragione dell’architettura.”,come si legge nel volume di Antonio Mone-stiroli (L’architettura della realtà, Torino,2004). Si dà che, oggi, uno degli equivoci piùpericolosi che riguardano l’architettura con-temporanea è quello dell’invenzione ad ognicosto. Il progetto di architettura, privato diogni seria idealità, non è più in grado di co-noscere l’essenza della realtà, con la quale ènecessario confrontarsi, non solo con atti-tudine contemplativa, ma anche con atteg-giamento attivo, al fine di estrarne nuovi aspet-ti significativi. Ci troviamo forse di fronte a unamanchevolezza congenita oppure a un riflessodell’amoralità della società civile?L’architettura, prima di essere veramente unacostruzione, è un pensiero collettivo che aspi-ra a rappresentare i valori del proprio tempo,e, per ricondurla nella sfera della ragione, bi-sogna rifuggire dalla pura invenzione e dal-la pedissequa abitudine, concedendo alla ra-gione il privilegio, come dice Kant, di esse-re “l’ultima pietra di paragone della verità”.Il progetto della nuova Biblioteca regionaledi Pescara di Antonio Monestiroli è l’occasioneper proseguire, con intransigente coerenzae rigore intellettuale, un discorso sull’archi-tettura, e per affermare che, capovolgendoun’espressione d’Annunziana (“Bisogna faredella propria vita come si fa un’opera d’arte.”),l’opera architettonica (intesa come opera d’ar-te nel senso più loosiano del termine) puòconsiderarsi eloquente se si lega alle mani-festazioni della nostra vita. La volontà di co-struire il “nuovo”, e di recuperare la “verità”perduta, che permetta di uscire dal vicolo cie-co in cui la cultura architettonica dei nostrianni sembra volerla relegare, passa anche at-traverso la sensibilità civica dell’opera di An-tonio Monestiroli, nella consapevolezza chenon v’è miglior insegnamento di quelloesercitato anzitutto con l’esempio. E non im-porta se la nuova Biblioteca regionale sarà co-struita o no, perché essa è già parte di Pescara.Hector Jacinto Cavone Felicioni

PROGETTO PER LA NUOVA BIBLIOTECA REGIONALE DI PESCARA, 2004-2010Progetto architettonico: Monestiroli Architetti Associati, Arch. Massimo FerrariProgetto strutture: BMS PROGETTI srl Progetto degli impianti: AMMAN PROGETTI srl Committente: Comune di PescaraDati dimensionali: parco 82.000 mq circa, posti auto 2.300, stazioni autobus 10.500 mq, biblioteca 15.000 mq

LA CITTÀ E LE FORME

Impegnati da oltre venticinque anni nelle metodologie di salvaguardia e valorizzazione deiBeni Ambientali e Culturali, geologi, archeologi e architetti costituiscono il nucleo operati-vo di Geomed. La compagnia campana ha da tempo trasferito le metodologie d’indagine,proprie delle Scienze della Terra, alla valutazione del rischio archeologico e più in generaledei rischi ambientali. Specializzata nella esecuzione di logs geoarcheologici, indagini geofi-siche, analisi territoriali con fotointerpretazione, oltre che nella realizzazione di scavi strati-grafici, la società vanta nel proprio curriculum ricerche e collaborazioni con importanti entinazionali ed internazionali.La ricostruzione del paesaggio archeologico connesso all’individuazione degli abitati proto-storici della Piana del Sarno, modelli paleoambientali di dettaglio dell’antica linea di costa pom-peiana con il riconoscimento di una falesia sepolta, su cui si affacciava la Villa di Poppea adOplonti, la caratterizzazione delle particolarissime modalità di seppellimento delle ville d’o-zio della Costa di Amalfi a seguito dell’eruzione pliniaina del 79 d.C., le modifiche impostealla costa di Salerno dagli eventi succedutisi in età sia storica che preistorica e le relative in-terferenze con il popolamento antropico antico, costituiscono solo alcuni dei risultati più im-portanti ottenuti.Lo studio del sottosuolo di Pompei, unito all’analisi dell’assetto idrogeologico complessivo,ha individuato nel recupero del condotto acquedottistico cinquecentesco del Canale Conte diSarno la soluzione ai problemi di sovralluvionamento dell’area archeologica. Sempre nella cittàsepolta dal Vesuvio, la mappatura e la caratterizzazione delle aree ad elevato rischio idrogeologicohanno permesso di avviare un complesso progetto di risanamento e mitigazione della vul-nerabilità delle pareti delimitanti le aree non scavate ed incombenti sulle insule orientali.Ancor prima della formulazione del Dlgs 163 2006, l’adozione di un programma di indaginipreliminari multidisciplinari diretto dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno, ha permesso,nei primi anni ’90, l’individuazione e la salvaguardia di ben oltre 30 siti archeologici distribuitilungo i 130 km delle opere di raddoppio del metanodotto algerino (Transmed) nel tratto com-preso tra Buccino (Sa) e Melizzano (Bn). Le indagini a margine delle opere di ammoderna-mento della linea Circumvesuviana da noi condotte, “alla fine del secolo scorso”, hanno in-dividuato le più antiche tracce di frequentazione antropica dell’area vesuviana e le necropo-li sannitico/romane poste a ridosso di Porta di Sarno. Con il DAI (Deutsches ArchäologischesInstitut) lo studio multidisciplinare in corso sulle provenienze dei materiali edili a Pompei staportando alla caratterizzazione di cave di lava nello stesso sottosuolo cittadino, di cave di tra-vertino dalle contigue rive del Fiume Sarno e di cave di tufo grigio nell’area stabiana. L’anali-si degli isotopi del piombo, condotta su reperti delle necropoli dell’età del ferro sia di Saler-no che della Piana del Sarno, ha posto le basi per ipotizzare una netta predominaza di apportida giacimenti di età paleozoica, riconoscendo per epoche così lontane rotte commerciali dinavigazione con approvvigionamenti da miniere sudiberiche e/o sarde.Infine la caratterizzazione delle coltri di ricoprimento del villaggio protostorico di OlivaTor-ricella, oltre a fornire lo spunto per la realizzazione della prima grande mostra archeologi-ca su Salerno (Salerno antica dopo lo tsunami – Complesso monumentale di Santa Sofia –Piazza Abate Conforti - dal 18 novembre 2011) ha posto in luce il rischio potenziale da talieventi nel bacino tirrenico.Il percorso scientifico di Geomed annovera quindi un lungo elenco di competenze e di co-noscenze sulla finestra temporale offerta dal record geoarcheologico – dati capaci di con-tribuire alla ricostruzione del complesso rapporto intercorso tra uomo e ambiente nel no-stro territorio.

GEOMED S.r.l.geoarcheologia e geologia ambientaleVia L. Sicignano 40 – 84018 Scafati (Sa) | Tel. 081.8508172 – fax 081.8562503 | [email protected]

MMUU1188 WWW.MU6ABRUZZO.EU / D O V E T R O V A R E M U 6 : MUSE I DELLA REG IONE ABRUZZO / A L B A A D R I AT I C A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( LUNGOMARE MARCON I , 2 7 0 - ALBA ADR IAT I CA ) / A S C O L I P I C E N O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( P IAZZA DEL POPOLO, 2 6 - ASCOL I

CULTURA E IMPRESA

GEOMED

Sezione geoarcheologica interpretativa della falesia obliterata di Oplonti

Pompei – Insula Meridionalis. Gli affioramenti lavici e le evidenze di antiche attività estrattiva

Castellammare di Stabia – Villa di Arianna - Indagini GPR del grande peristilio e mitigazione del rischio idrogeologico

Sottosuolo di Pompei – immagine e rilievo dell’acquedotto cinquecentesco del Canale Conte di Sarno

Palomonte – Santa Maria della Sperlonca. Fotomosaico e rilievo del ciclo pittorico

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“L’invisibile non è il contrario del visibile. Il visibile ha esso stesso una membratura di invisibile, e l’in-visibile è la contropartita segreta del visibile, non appare che in esso… è nella linea del visibile, ne èil fuoco virtuale, si inscrive in esso (in filigrana)”Maurice Merleau-Ponty

Dietro ogni cosa – lo sappiamo da sempre – c’è un risvolto di in-visibilità che talvolta appar-tiene all’ombra propria della cosa, nascosta nella grana della sua tessitura. Ed è questo il mo-mento in cui la cosa sorprende lo sguardo di chi osserva e lo piega a un’interrogazione di si-lenzio, che è autoreferenziale, autoriflessivo. A volte, però, il risvolto di in-visibilità è accantoalla cosa o nei suoi dintorni; a volte – ma succede più spesso di quanto si pensi – è nella suaombra portata, più o meno estesa, più o meno nitida. Questa è la condizione in cui la cosa sioffre a una sorta di anfibologia. Definita con l’esempio di una parola doppia che conserva lasua doppiezza nella sintassi discorsiva, quest’ultima comporta, in pratica, l’apertura a sequenzedi tipo reticolare, dotate di svincoli metaforici, interni a un potenziale quanto mobile percorsodi istanti narrativi.Intercettare un percorso così inteso, tutto rivolto ai sottili interstizi presenti tra la cosa e le cose‘altre’ – a cui sono sottese le rispettive co-esistenze e con-sistenze –, non significa solo inter-cettarne i ‘codici’ di ‘visibilità’, di ‘messa in luce’ o ‘in parola’; significa soprattutto inseguirnele possibili (inter)azioni, scoprire in esse le condizioni ottimali per cui il risvolto possa emer-gere in un suo tracciato, esporsi a una mise-en-scène. È indispensabile, dunque, fare attenzione ai ‘codici’ e alla loro coerente applicazione, come allaloro andatura discontinua; ed è stato inevitabile farlo con la mise-en-scène dell’archeologia ri-spetto al territorio nel quale si è formata Salerno, avendo come ‘pre-testo’ lo tsunami che lo colpìin epoca preistorica, con la produzione di detriti eterogenei, di tracce evanescenti, ma anchecon la rivelazione di una sua inquietante in-visibilità. È impressionante osservare, alla fine del-la scène, insieme ai fragili resti di capanne e di quello che fu un villaggio, le impronte sulla sab-bia di adulti e bambini in fuga con i loro animali, in un estremo tentativo di evitare gli effettimortali dell’evento.A un ‘codice’ primario, basato su rilievi di natura geo-archeologica, lungamente esplorati e stu-diati, si è ritenuto di sovrapporne un altro di elevata suggestività visivo-formale, rompendo lamonografia del primo e traducendo lo tsunami nella plastica di una grande onda di mare: unasorta di semioforo che connota sia il percorso narrativo - ‘manipolatorio’ della mise-en-scène, siagli snodi verso ulteriori ‘codici’ percettivi.Rispetto a quest’onda, il cui colore varia sulle tonalità del blu mare, marcando così lo zoningtematico del percorso, lo sguardo dopo l’impatto iniziale si spiazza e poi si ribalta: passa, cioè,da una fissità sull’in-visibile all’incantamento provocato da un tunnel di segni in deformazio-ne, evocativi di remote stratigrafie biologiche e mitopoietiche. Ma forse, tali segni non sono che la prima trascrizione del risvolto dorsale di quest’onda, nelcui corpo marino si intravvedono ‘liste’ di reperti provenienti dal Bronzo Antico, ‘ripostigli’ diselci estratte dell’Eneolitico, mescolati ad altro. Questo dell’onda è il momento propulsivo del percorso: come spinto dall’effetto di una mol-la, è qui che lo sguardo – squarciando una sorta di “velo d’Iside”, reso nella soluzione di unfog screen – inverte la propria polarità, ed è qui che induce una trasformazione di sensibilità nelruolo dell’osservatore. Iscritto nella mise-en-scène, questi perde la sua competenza abituale e diventa un deutero-pro-tagonista: “un soggetto visionario, cui si richiede, all’interno di un percorso aperto, privo dei

tradizionali (aristotelici) parametri narrativi e spazio-temporali… di organizzare [a sua volta] unracconto rinvenendo indizi e tracce disseminati nell’opera”. Il racconto dello tsunami, consegnato allo sguardo dell’osservatore, attraverso dispositivi di spic-cata flessibilità e vitalità percettiva, genera un altro racconto (e tendenzialmente ancora un al-tro), dando origine ad un racconto plurale. Entrambi assecondano, in altri termini, uno sfran-giamento dell’onda iniziale, il suo dispiegarsi in tre onde successive di minore portata: di as-sestamento, per così dire. Focalizzata sulla testa bronzea di Apollo, rinvenuta a mare e divenuta uno dei simboli di Sa-lerno, incardinata su una centralità di valore chiasmatico, la prima onda di assestamento, chetra tutte è la più impetuosa, sembra quasi scavare vorticosamente al proprio interno; apre, di-fatti, uno squarcio su un sottofondo di natura ghiaiosa, dal quale emergono sparsi reperti del-l’età del Bronzo. Sono questi soprattutto vasi e vasetti di varia foggia e dimensione, che si ac-compagnano ai resti di uno scheletro, relativo alla cosiddetta ‘Fossa sacrificale’, le cui condi-zioni consentono di ipotizzare, tra l’altro, la vicenda di una morte violenta, un vero e proprio‘tsunami umano’.L’onda, però, ha anche un particolare profilo: lungo e largo, esso è risolto in una ‘trasparenzacellulare’ frammentata, destinata a evidenziare ‘liste’ di frammenti, i quali derivano dall’Età delFerro, da quella romana, da quella tardo-antica, come pure da località di remota toponoma-stica (come Oliva Torricella, Boscariello, San Leonardo, Mercatello, Terme Campione). Su un successivo scarto, l’ampliamento diacronico delle testimonianze – che, in alcuni tratti,sembra sgranarsi; in altri, invece, sembra addensarsi, secondo una pulsione tipica dello tsu-nami – attiva e innesta un ‘codice’ più diretto ed immediato, mettendo en-scène sia la campi-tura delle relazioni informative, sia il conseguente metabolismo nel sapere. L’applicazione estensiva di questo stesso ‘codice’ governa anche i diversificati profili delle al-tre due onde, nelle quali la trasparenza cellulare apre ulteriori varchi informativi, a più livelli didettaglio e di contesto; soprattutto, ne governa il loro modellarsi naturale in un’onda contra-ria che, risalendo in contropelo, con un doppio movimento di convessità e di concavità, spin-ge il racconto – carico, in questo caso, di frammenti pertinenti a piatti, a scodelle, a boccali,che dal Rinascimento arrivano fino al Moderno, o quasi – verso una soluzione di chiusura. Que-st’ultima, però, è solo apparente, illusoria, anfibia (e, a ben vedere, non potrebbe essere altri-menti). L’onda di risalita, infatti, sovrastando a calotta lo tsunami, come un antico quanto mi-tico stereoma, avvolge l’osservatore in un’atmosfera di sottaciuta tensione: lo sospende defi-nitivamente sulla memoria riflessiva del ‘paesaggio-racconto’ en-scène, riverberando deviazio-ni, soste, confini, bordature. E benché ancora tutto sotteso all’esigenza dell’osservatore di percorrere ulteriori attraversamenti,di ripiegarsi su alcuni istanti di lettura, ‘vedere l’invisibile’ – è questo il sintagma finale che losguardo consuma, prima di darsi all’altrove – rappresenta l’esteso orizzonte di un tale ‘pae-saggio’, forse il suo unico ‘codice’.Raffaele D’Andria

WWW.MU6ABRUZZO.EU / D O V E T R O V A R E M U 6 : MUSE I DELLA REG IONE ABRUZZO / A L B A A D R I AT I C A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( LUNGOMARE MARCON I , 2 7 0 - ALBA ADR IAT I CA ) / A S C O L I P I C E N O : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( P IAZZA DEL POPOLO, 2 6 - ASCOL I

DOPO LO TSUNAMI SALERNO ANTICA 18 novembre 2011 - 28 febbraio 2012Complesso Monumentale di Santa Sofia - Salerno, largo Abate Confortiinfo: Soprintendenza per i Beni Archeologici - Salerno; [email protected]

info

Raccontare l’invisibileSALERNO ANTICA DOPO LO TSUNAMI

MMUU2200

Un programma musicale ricercato e gli interpreti più esclusivi per corrispondere con la Mu-sica alla bellezza dell’Arte aquilana: per anni con il Festival internazionale di musica “Pietreche cantano” abbiamo riascoltato il suono delle antiche pietre dei monasteri e delle chiese,esaltato dal silenzio perfetto degli scenari incontaminati della montagna. Poi, dopo il terre-moto, l’impegno a raccontare ancora quei gioielli sconosciuti ai più, per scongiurarne l’oblioe l’abbandono. Così anche quest’anno, con la XII edizione (1/ 20 agosto), un programma pernarrare della struggente bellezza di quella terra, e per tracciare un profilo delle sue forze ar-tistiche ed intellettuali più vivaci, che coniugano culto della tradizione e spirito di innovazio-ne in modo originale: quattordici appuntamenti tra eventi concertistici e di teatro musicale,incontri con protagonisti della cultura, e un convegno sul rapporto tra patrimonio artistico equalità della vita, presentati nei più pregiati luoghi dell’ampio territorio coinvolto - in Città, nel-lo scenario proto-rinascimentale del Chiostro di S. Domenico, aperto per la prima volta al pub-blico, nel 2010, proprio con un concerto del Festival - e nei borghi storici montani, dove la ci-viltà medievale abruzzese ha lasciato le tracce più significative: il Monastero di S. Spirito a Ocre,le chiese di Bominaco, la Collegiata di S. Maria del Ponte, il Convento di S. Francesco a Fon-tecchio, e infine, sul Sirente, le Pagliare di Tione degli Abruzzi. La diretta del concerto inau-gurale su Radio Tre, il 1° agosto, dal Chiostro di S. Domenico, testimonia del riconoscimen-to che il Festival si è guadagnato negli anni a livello nazionale. “Ci sentiamo parte di una co-munità che affronta la sfida della ricostruzione, morale e materiale, e che ha energie di qua-lità da mettere in campo - dice il direttore artistico Luisa Prayer -. È nostro compito raccon-tare l’alto profilo delle realtà artistiche e culturali di questo territorio, ed evidenziare che necostituiscono una ricchezza, in grado di attrarre progetti di investimento e quindi di dare unproprio importante contributo al superamento della crisi. Senza dimenticare - come sottoli-nea il programma di finanziamento europeo dell’Assessorato alla cultura della Regione Abruz-zo (POR-FESR 2007-2013 “Attività VI.I.3”), che insieme alla Fondazione Carispaq e alle am-ministrazioni locali ha sostenuto questa XII edizione - che la cultura è elemento fondamen-tale di una società che necessita di affermazioni positive di sé per rimanere coesa, per dareai giovani prospettive consapevoli di realizzazione, agli anziani certezza che venga coltivatamemoria delle cose, e, alla società in generale, attestazione del valore intrinseco del propriocontesto, per progettare un futuro coerente con la propria storia, con la propria identità.”www.pietrechecantano.it

Festival Internazionale di Musica “PIETRE CHE CANTANO”XII EDIZIONE 1-20 AGOSTO 2011:

L’AQUILA, OCRE, BOMINACO, FONTECCHIO, TIONE DEGLI ABRUZZI

P ICENO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CENTRO COMMERC IALE “AL BATTENTE ” , V I A DEL COMMERC IO , 5 2 - ASCOL I P I CENO ) / A V E Z Z A N O : L IBRER IA MONDADOR I ( V IA MONS IGNOR BAGNOL I , 8 6 - AVEZZANO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO DELLA L IBERTÀ , 1 1 0 -

MOSTRE

Lo scorso 6 novembre si è inaugurato all’Aquila il MU.SP.A.C., primo museo d’arte contem-poranea post terremoto. Nato nel 1993 come organo strumentale dell’Associazione Culturale“Quarto di Santa Giusta” (fondata nel 1984), il Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea svol-geva l’attività artistica e culturale nel Centro Storico della città, in via Paganica 17. Grazie al sostegno di molti, tra cui la Terna s.p.a., il Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara,la Fondazione Carispaq, l’Assessorato alle Politiche Culturali della Regione Abruzzo (POR-FESR2007-2013 “Attività VI.I.3”), la Protezione Civile e il Comune dell’Aquila, oggi il MU.SP.A.C. ria-pre in via Ficara Piazza d’Arti, una piazza nata dopo il terremoto, dove si trovano altre diciot-to Associazioni impegnate nella cultura e nel sociale. La mostra dal titolo “Le Scosse dell’arte per riabitare e guarire”, a cura di Martina Sconci hariaperto le porte del museo al pubblico. Trentasei gli artisti che per primi hanno partecipato do-nando un loro lavoro per la ricostituzione della collezione permanente del museo. Tra questi:Marco Appicciafuoco, Francesco Arena, Claudio Asquini, Jacopo Benci, Alessandro Cannistrà,Gea Casolaro, Laura Cionci, Francesca De Rubeis, Marcello Di Donato, Stanislao Di Giugno,Bruna Esposito, Stefania Fabrizi, Rosa Foschi, Giuseppe Gallo, Armando Gioia, Teresa Iaria, Mon-ticelli & Pagone, Giovanni Mostarda, Franco Mulas, Daniela Perego, Luana Perilli, GiuseppePietroniro, Roberto Pietrosanti, Alex Pinna, Marco Raparelli, Tobia Ravà, Cloti Ricciardi, Ales-

sandro Sarra, Mario Sasso, Ale Senso, Alice Schivardi, Donatella Spaziani, Giuseppe Stampo-ne, Silvia Stucky, Alberto Timossi, Marco Tirelli. Tra gli obiettivi principali del MUSPAC, ora c’è soprattutto quello di lavorare con gli artisti inprospettiva, in modo che il museo possa diventare una piattaforma culturale, uno spazio vivoin cui incontrarsi e discutere di arte e di cultura, un luogo di aggregazione per la città e soprattuttoper gli studenti che potranno usufruire della biblioteca (circa 7.000 volumi) e della videoteca.Dai giovani si riparte e con loro si continuerà a lavorare per intessere un dialogo proficuo conla storia della città e per proporre nuove idee e interessanti progetti di ricerca, di studio e di ri-flessione sulla ricostruzione dell’Aquila. Riprenderanno i laboratori didattici con gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e, in col-laborazione con varie istituzioni pubbliche e private, saranno organizzati workshop con gli ar-tisti della collezione, da svolgersi sia in sede sia nello spazio urbano della città. Riprenderan-no anche i cicli di conferenze sulla storia della città e le lezioni di storia dell’arte. Oltre a con-certi di musica di vario genere, ci sarà anche un fitto programma di cicli di proiezioni di film evideo d’arte, accompagnato da dibattiti e riflessioni a tema.Info: www.museomuspac.com - aperto tutti i giorni, orari: 11.00-14.00 / 17.00-20.00

L’AQUILA: IL MU.SP.A.C. RIAPRE UN NUOVOSPAZIO POST TERREMOTO DEDICATO ALLA CITTÀ

MMUU2211

Secondo una tradizione antica e, purtroppoprofondamente radicata nel mondo dello Spet-tacolo italiano, è bastato che un Ministro unpo’ più determinato del suo predecessore, siariuscito ad ottenere un “reintegro” del Fon-do Unico dello Spettacolo, perché, fatta sal-va qualche poco incisiva forma di protestacome quella che da alcune settimane vivac-chia all’interno del Teatro Valle di Roma, ope-ratori, attori, registi – insomma tutti! – abbianoripreso ad attendere alle loro cure abituali.D’altra parte, essendo l’intero comparto re-stato praticamente senza rappresentanza veradopo l’eclissi dell’AGIS, manca persino il “luo-go” in cui individuare ed affrontare i proble-mi numerosi e gravi che minacciano la so-pravvivenza stessa, ad esempio, del Teatro fa-cendo temere il divampare di una crisi sen-za soluzioni.Intanto, in qualche cassetto delle Commis-sioni Parlamentari della Camera dei Deputati,giace negletta e abbandonata, una propostadi legge riguardante, lo Spettacolo dal Vivo,che sembrava aver ottenuto l’assenso di tut-ti, con la prospettiva di un’approvazione, pro-prio in Commissione, in sede deliberante. Eraforse il 2009 quando l’annuncio di tale im-minente miracolo legislativo venne dato dapiù di un padre (o di una madre!). Da allo-ra, però, tutto è silenzio!Con i tempi ormai sempre più calamitosi però,qualcuno dovrebbe riprendere un concreto di-scorso di prospettiva partendo da un esameaccurato e scevro da reticenze della situazioneattuale.

In questa sede limiteremo il discorso al set-tore Teatro di Prosa, sapendo che anche laMusica e la Danza soffrono più o meno de-gli stessi mali, per vedere come funziona ilsistema.Accedono al Fondo Unico dello Spettacolo -il mitico FUS! - soggetti, tutti di natura giu-ridica privata, ma dalle “vocazioni” diversi-ficate, anche se a volte in maniera più asse-rita che reale.In ogni caso, la peculiarità di tutti indistin-tamente tali soggetti risiede nel fatto che nes-suna delle fattispecie in cui sono inclusi (tea-tri stabili, compagnie private, circuiti regio-nali ecc.) ha tratto origine da una specifica nor-ma statuale, ma al contrario, per ciascuna diesse, la norma ne ha sancito a posteriori esi-stenza, natura, funzione, diritto al sostegnopubblico. Si può, dunque, affermare che le nor-me sono intervenute sempre a regolamentareciò che si era già affermato nella realtà, qua-si sempre in verità come risposta ad esigenzeavvertite in maniera diffusa: valga per tutti l’e-sempio dei Circuiti Regionali nati, nella pri-ma metà degli anni ’70, come tentativo di as-sicurare un aspetto culturale al decentramentoamministrativo regionale.Il fatto è che, successivamente, le mutate esi-genze del Paese non hanno avuto dalle ca-tegorie interessate risposte nuove ed effica-ci, per cui da quasi un decennio la situazio-ne appare cristallizzata, segno evidente di cri-si per un comparto che dovrebbe informarealla “trasformazione continua” la sua stessaesistenza.

Un esame sia pur sintetico delle cause chehanno inceppato il sistema può essere ten-tato partendo da un’altra premessa: in Italia,come nel resto d’Europa, lo Spettacolo nonriesce a sopravvivere senza il sostegno fi-nanziario pubblico che non è rappresentatosolo dal FUS, ma anche da interventi inte-grativi del sistema delle Autonomie Locali, percui, quando capita che lo Stato, oltre a nonadeguarlo al costo della vita, riduce il FUS con-testualmente ai suoi interventi a favore del-le Autonomie Locali, gli operanti del comparto,se non chiudono bottega, hanno solo due al-ternative: ridurre drasticamente l’attività conil rischio di non raggiungere i parametri di ac-cesso al FUS; indebitarsi, innanzitutto con loStato sul piano del ritardato o mancato ver-samento di tasse e contributi. Allora, anche in vista degli annunciati rivol-gimenti relativi alla riorganizzazione delle Au-tonomie Locali, sarebbe necessario metterefinalmente mano ad una riforma del sistemaspettacolo stabilendo, per esempio, che nonsi possono chiedere gli stessi indici di attivitàa soggetti che operano in contesti profon-damente diversi tra loro: i minimi richiesti alPiccolo Teatro di Milano a cui lo Stato assi-cura una sovvenzione annua di oltre sei mi-lioni di euro, non possono più essere gli stes-si del Teatro Stabile d’Abruzzo la cui sov-venzione supera di poco quattrocentomilaeuro, tanto per fare un esempio macrosco-pico della “irragionevolezza” di regole che,se non modificate, ci avvicineranno semprepiù rapidamente al momento in cui i cittadini

saranno costretti ad assistere, invece che aspettacoli teatrali, solamente allo Spettaco-lo della Crisi e a niente altro! Per quanto concerne l’Abruzzo l’annuncio del-la crisi è già venuto dalla impossibilità dellaRegione di sostenere finanziariamente le va-rie leggi sulla cultura, a causa dei debiti delsettore sanità. A soffrirne di più sono le Isti-tuzioni operanti nell’ambito del Cratere chehanno perduto, per il sisma del 2009, le sedie, quindi, anche la possibilità di conservareil loro patrimonio di pubblico, con conseguentiripercussioni negative anche sul piano oc-cupazionale.Recentemente si è costituito un Comitato cuiè stato demandato il compito di portare avan-ti una vertenza spettacolo rivolta a tutti i li-velli istituzionali locali e nazionali da cui in-comincia ad arrivare qualche timido segna-le di attenzione, per il momento solo teori-ca. Se son rose fioriranno, ove per “rose” siintendono mezzi finanziari utili almeno a col-mare il taglio dell’ottanta per cento operatodalla Regione a partire, guarda caso, propriodall’anno del terremoto!Se così non dovesse essere, con chiara re-miniscenza dannunziana, i responsabili del-le Istituzioni si troveranno a recitare:” Set-tembre andiamo…A portare i libri in Tribunaleper la liquidazione di Associazioni che van-tano dai trenta a settanta anni di attività, cheè servita a connotare l’Aquila come Città diCultura”.Enzo Gentile

Crisi dellospettacolo

o spettacolo della crisi?

P ICENO ) / L I BRER IA LA NUOVA ED I TR ICE ( CENTRO COMMERC IALE “AL BATTENTE ” , V I A DEL COMMERC IO , 5 2 - ASCOL I P I CENO ) / A V E Z Z A N O : L IBRER IA MONDADOR I ( V IA MONS IGNOR BAGNOL I , 8 6 - AVEZZANO ) / L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( CORSO DELLA L IBERTÀ , 1 1 0 -

MMUU2222 AVEZZANO ) / B O L O G N A : L IBRER IA FELTR INELL I ( P IAZZA RAVEGNANA . 1 - BOLOGNA ) / L IBRER IA P I CKW ICK ( GALLER IA 2 AGOSTO 1 98 0 , 3 / 2 - BOLOGNA ) / C H I E T I : L IBRER IA DE LUCA ( V IA C . DE LOLL IS , 1 2 / 1 4 - CH IET I ) / G I U L I A N O V A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA

“Mafie Sud e Resistenza”: elegia per sole attriciSpettacolo di rara efficacia, “Mafie Sud e Resistenza” èprodotto dalla Compagnia dei Merli Bianchi in collabo-razione con il Teatro Proskenion di Scilla, per la regia diClaudio La Camera. In scena due giovani attrici, MargheritaDi Marco e Mariangela Berazzi, note per l’impegno cul-turale profuso nel teatro ragazzi, cui, forti di una forma-zione nel teatro di ricerca, propongono dimensioni edu-cative di alto profilo, con una speciale capacità di stimo-lare interessi narrativi duraturi e coinvolgenti. “Mafie, Sud e Resistenza” è, in primo luogo, teatro di im-pegno civile, con l’aspirazione manifesta ma poeticamenteorchestrata, di fare avvertire allo spettatore il peso di quelgiogo insopportabile e pernicioso che è la cultura mafio-sa. Lo spettacolo si apre con una lucida denuncia, da par-te di una delle protagoniste, sulla corresponsabilità civiledel pubblico in quelle forme di condizionamento cui in po-tenza tutti possiamo aderire ed un’esortazione al rifiutodei compromessi anche quando questi tocchino il perso-nale interesse. Tante le suggestioni culturali e dramma-turgiche che si percepiscono nello spettacolo, le cui atmosfererimandano chiaramente echi di Beckett e Pirandello. Sulla scena le donne, ispirate l’una a Felicia Impastato,madre di Peppino, il giovane barbaramente ucciso dallaMafia nel 1978, e l’altra a Rita Atria, figlia di un pentitoe suicida a soli diciassette anni, rivivono straniate alcunipezzi delle loro vite, come sospese in una terra di mezzo.Ciascuna porta con sé un fardello di memorie vive e bru-cianti, materializzato in una quantità di valigie di carto-ne, che ripetutamente spostano, svuotano o soltanto apro-no per rivelare brandelli di vissuto. Esprimono, dolorosa-mente, l’anelito verso una qualche pacificazione dell’a-nima, come falene intorno ad una luce che pare attrarledall’alto ma incespicano continuamente nei lacci che leimprigionano al suolo, in una dimensione di farnetican-te sofferenza. Aspettano qualcosa. Che arrivi dall’alto, come la scia diun’aereo che le trasporti in un mondo di utopica felicità,ma è un attimo fuggevole che si trasforma subito in di-sincanto: “Passa e mi regala una scia: come le lumache”,ripete ciclicamente l’una, mentre l’altra intona canti do-lenti e affascinanti, immaginandosi fanciulla ridente e spo-sa. Entrambe a tratti tornano bambine e in quella di-mensione di fanciullezza osano il rifiuto, la satira e lo sper-giuro di quei “fottutissimi cornuti” che hanno avvelena-to le loro vite e quelle di tanti. Il dramma non ha acmené risoluzione e le due figure, dopo la recita di un brindi-si improbabile, escono di scena e ritornano all’oscurità dal-la quale erano emerse, condannate a rivivere, all’infinito.(Grazia Felli)

ILMUSEONUOVOLETTEREINBREVECONVEGNOMOSTREATTIVITÀLIBRIANNIVERSARIOCONCORSITEATRO

MAFIE SUD E RESISTENZATRENTO

Le murature e il rischio sismico: sperimentazioni a con-fronto - Una proposta per L’AquilaProgetto Sisma - Abruzzo verifiche di vulnerabilità sismicaha verificato il rischio sismico di gran parte del patrimo-nio culturale di proprietà statale su tutto il territorio re-gionale; lo studio è stato realizzato dalla Direzione Re-gionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzoed è la prima volta che viene effettuato su un intero ter-ritorio regionale “E’ uno studio molto importante - spie-ga il Direttore Regionale Fabrizio Magani - perché ci per-mette di conoscere qual è lo stato dei nostro monumentiper poter programmare interventi di prevenzione con unaparticolare attenzione sul rischio sismico”. Insieme a que-sto lavoro saranno illustrate anche una serie di studi ef-fettuati da alcune Università italiane relative alla simu-lazione sismica sulle murature del centro storico dell’A-quila con la presentazione di casi studio come quello re-lativo ad un edificio di Piazza San Pietro; queste ricerchesono state commissionate dal Comune dell’Aquila per po-ter avere dati e riferimenti utili ad una proposta per il re-cupero del centro storico della città. I recenti eventi sismicihanno drammaticamente evidenziato la rilevanza del-la qualità muraria nella tenuta delle nostre costruzionistoriche e i riflessi che ne conseguono nella ricerca scien-tifica nell’ambito normativo e professionale. Con questagiornata di studio, aperta a tutta la comunità scientifi-ca nazionale, si vuole fare il punto sullo stato di fatto del-le tecniche costruttive tradizionali, sui risultati delle spe-rimentazioni in sito, basi di conoscenza imprescindibili perqualsiasi modello meccanico di simulazione del com-portamento. Una giornata di riflessione organizzata dalComune dell’Aquila, dalla Direzione Regionale per i BeniCulturali e Paesaggistici dell’Abruzzo, la Camera diCommercio dell’Aquila e le Università di Chieti - Pesca-ra, L’Aquila, Perugia,Padova e Reggio CalabriaL’Aquila, sede Ance15 dicembre 2011, ore 10

GIORNATA DI STUDIO

PIER LUIGI NERVI, L’architettura molecolareLa sapienza di coniugare arte e scienza, tecnica ed ele-ganza, senza mai perdere di vista funzione e costi, è lacifra che ha contribuito a fare di Pier Luigi Nervi uno deipiù grandi architetti del Novecento. La mostra mette in luce, attraverso fotografie e proget-ti, la complessa attività di Nervi che si manifesta in mol-teplici aspetti che vanno dall’ideazione alla realizzazio-ne delle sue opere di ingegneria e di architettura. Da ar-chitetto-artista privilegiava materiali come il calcestruz-zo e il ferro-cemento che riusciva a plasmare con gran-de abilità grazie alla sua profonda conoscenza delle tec-niche costruttive. La mostra si sviluppa intorno a circa 150 riproduzioni, inalta definizione, di materiale documentario, fotografico,progettuale e grafico relativo alla figura dell’architetto ealle sue opere più significative. Oltre a un corpus di disegnidell’archivio professionale conservati presso CSAC di Par-ma e Fondazione MAXXI di Roma, carteggi che rivela-no il percorso progettuale e i rapporti con la committenza,fotografie storiche. Il materiale d’archivio è arricchito dal-l’itinerario fotografico, realizzato da Fabrizio Stipari.L’Itinerario marchigiano di Pier Luigi Nervi è parte di unpiù ampio progetto di ricerca coordinato da Fausto Pu-gnaloni e Antonello Alici del dipartimento DICEA, Uni-versità Politecnica delle Marche e finalizzato al censimentoe alla valorizzazione dell’architettura del Novecento nel-le Marche.

Pier Luigi Nervi, L’architettura molecolare23 novembre 2011 - 29 gennaio 2012Galleria Carifano, Palazzo CorbelliVia Arco d’Augusto 47 - Fano (PU)Orari e ingressi: mar-ven 16.00-19.30 / sabato e festivi10.00-12.30 / 16.00-19.30 / chiuso il lunedì - Ingr. liberoChiuso domenica 25 dicembre 2011 / domenica 1 gennaio2012www.sistemamuseo.it

MOSTRE

ARCHITETTURAMOLECOLAREFANO (PU)

LIBRI

Fondazione Carispaq 2007 - 2010, quattro anni a so-stegno del territorioPer la prima volta dalla sua istituzione la Fondazione Ca-rispaq da alle stampe il Bilancio di Missione che, proprioperché è il primo pubblicato, non riguarda solo l’ultimoanno di esercizio ma un quadriennio: il 2007/2010.Quattro anni di erogazioni a favore del territorio della Pro-vincia dell’Aquila con una politica di progetti propri mi-rante alla scoperta e valorizzazione del patrimonio culturale,scientifico e di sostegno alle politiche del terzo settore, conun impegno in più. L’aiuto concreto alla società e al ter-ritorio colpito dal devastante sisma del 6 aprile 2009. Così sfogliando le circa ottanta pagine della pubblicazio-ne scorrono sotto le dita immagini e numeri che parlanodi un lavoro importante e spesso indispensabile per le tan-te associazioni, enti, polisportive che cercano di portare avan-ti i loro progetti con un sostegno delle amministrazioni pub-bliche praticamente inesistente. “La richiesta di finan-ziamento alla Fondazione Carispaq tramite il Bando Pub-blico che viene attivato ogni anno nel mese di febbraio -spiega il Presidente della Fondazione Roberto Marotta -ha visto triplicate le richieste arrivando ad oltre cinquecento.Questo perché, per molte istituzioni, il nostro contributoè spesso l’unico modo per continuare a lavorare. Allo stes-so tempo però - continua Marotta - abbiamo voluto in-crementare il nostro impegno sui progetti propri, quelli chesono emanazione diretta della Fondazione, perché in que-sto modo agiamo direttamente sullo sviluppo del territo-rio che è il nostro primo principio ispiratore”. Guardando i numeri si vede come il patrimonio netto siacresciuto passando dai circa 132 milioni di euro del 2007agli oltre 136 del 2010.

L’arte contemporanea testimone del dramma dell’AquilaQuattro grandi artisti contemporanei all’Aquila, insiemeper diventare testimoni di una patrimonio culturale ric-co e prezioso, gravemente danneggiato dal sisma del 2009e che attende di essere recuperato o almeno che attendesegnali forti di recupero.

FONDAZIONI

FONDAZIONE CARISPAQ2007-2010L’AQUILA

Teramo. In mostra i disegni di Henri Cartier-BressonPresentata in anteprima alla stampa lo scorso 3 novembredal sindaco Maurizio Brucchi e dal direttore artistico deL’ARCA Umberto Palestini, la mostra “Henri Cartier-Bresson. La tentazione del disegno” è realizzata in col-laborazione con l’Accademia Raffaello di Urbino e la Fon-dazione Cartier-Bresson di Parigi, con testi in catalogo acura di Luca Cesari, Bertrand Marret e Umberto Palestini,e un intervento del poeta francese Yves Bonnefoy.L’esposizione comprende un’inedita selezione di disegnidi Cartier-Bresson, allestiti secondo un’ottica tradizionalee con l’ausilio di pannelli didattici.Che la creatività di Henri Cartier-Bresson, considerato trai massimi fotografi del ‘900, abbia abbracciato, oltre allafotografia, la pittura e il disegno, e che in particolare que-st’ultimo sia diventato l’esercizio principale nell’arco fi-nale della sua vita, è certo noto a cultori e critici, ma for-se non al grande pubblico.Sia il sindaco Brucchi che Umberto Palestini hanno espres-so parole di grande soddisfazione per quest’evento e le col-laborazioni ottenute, e per il generale riscontro registra-to finora dall’apertura de L’ARCA: alla mostra inauguraledi Giuseppe Stampone, che ha fatto registrare nello scor-so mese ben 1.500 presenze, è seguito un Workshop di Glo-bal Education – condotto dallo stesso artista e finalizzatoalla realizzazione di un Abecedario – con 26 studenti deiLicei Classico, Artistico e Scientifico di Teramo.Questa è la dimostrazione, ha affermato il primo citta-dino, dell’attività laboratoriale svolta da L’ARCA, che cor-re su un binario ‘altro’ e tuttavia parallelo alle iniziativegià programmate a livello istituzionale presso le tradizionalistrutture dei Civici Musei.Henri Cartier-Bresson. La tentazione del disegno4-27 novembre 2011L’Arca, Teramo, Largo San Matteolun. chiuso; mart.-dom. ore 15.00/19.00ingresso gratuito

MOSTRE

Prende avvio il 7 dicembre presso la Galleria ricerche d’ar-te di Roma una mostra antologica dedicata al pittore, to-rinese di origine e abruzzese di adozione, Emilio Sobrero.Dipinti a olio e studi a matita o carboncino ripercorronoun periodo che si pone storicamente tra le due guerre e ar-tisticamente più ampio tra figure di pura ispirazione me-todologica come Paul Cézanne a maestri indiscussi e ami-ci come Basilio Cascella e Giorgio De Chirico. Protagoni-sta dell’arte figurativa italiana degli anni venti Sobrero nonaccolse mai pienamente lo spirito avanguardista del tem-po, ma piuttosto fece propria una visione lirica e intimisticadell’oggetto creativo. Presente fin dai primi anni a mostrecollettive nazionali e internazionali come le Biennali di Ve-nezia (dal 1928 al 1948) e le Quadriennali di Roma (dal1931 al 1948), trovò presto nella figura di Mario Soldati unriferimento critico duraturo, segni chiari di una stima de-cisa che l’ambiente artistico del tempo gli aveva conferi-to. Il paesaggio arcadico torinese, lo spazio metafisico ro-mano o antropizzato parigino insieme allo studio della fi-gura femminile e delle nature morte sono solo alcune del-le tematiche indagate dall’artista e che sarà possibile ve-dere in mostra fino al mese di gennaio. (Nicla Cassino)Mostra: Emilio SobreroSede: Galleria Ricerca d’ArteVia di Monserrato 121/A – 00186 RomaTel.e fax 06/6893728

MOSTRE

EMILIO SOBREROROMA

LE MURATURE E ILRISCHIO SISMICOL’AQUILA

In occasione della X edizione di Fotografia. Festival In-ternazionale di Roma l’Iccd - Istituto Centrale per il Ca-talogo e la Documentazione - ha ospitato la mostra diAntonio Di Cecco ‘Controspazio. La terra negata all’i-dentità’ curata da Leonardo Palmieri.Sono trascorsi più di due anni dal terremoto che ha col-pito l’Abruzzo il 6 aprile 2009. È tanto? È poco? Sem-bra passato tanto tempo se si pensa al G8, all’occupa-zione in stile militare della Protezione Civile, al programmaCASE trionfalmente annunciato e in qualche modo por-tato avanti, alle inchieste giudiziarie, all’insieme di pro-clami, immagini, dichiarazioni. Poco, molto poco tem-po è passato per chi all’Aquila e nei paesi della valle con-tinua a vivere e che ricorda quella notte e tutto quello chesuccesso da lì in poi come una catena ininterrotta di fat-ti divisi tra un “prima” e un “dopo”.I (pochi) turisti che visitano la bellezza ferita dell’Aquilae dei dintorni sono alla ricerca di foto spettacolari, di gran-di crolli, ma trovano solo tubi Innocenti e silenzio. Nonsuona troppo retorico dire che Antonio Di Cecco è riuscitoa fotografare il silenzio? È questo il primo dato che il bian-co e nero severo e scavato di queste fotografie rivela. Poile case abbandonate di Paganica e degli altri centri mi-nori che mostrano il contrasto tra modernità e il mon-do rurale d’origine. Le foto degli avi alle pareti ricorda-no un mondo antico ma che è appena di ieri. La modernitàha modificato il senso di appartenenza ai luoghi: non cisono più bestie da accudire, resta forse qualche orto e po-chi vecchi che resistono. Chi vince, per ora, è la naturache ritorna prepotente ad occupare le case, le vie, le piaz-ze, alterando antichi equilibri.Il valore di queste fotografie è che sono una denuncia im-plicita, non esibita, di quello che non è stato nemmenoiniziato e che invece bisogna compiere. Questo è e saràil compito di uomini di buona volontà e di profonda osti-nazione come Antonio Di Cecco. E anche il nostro.Alberto Saibene, Milano settembre 2011

MOSTRE

CONTROSPAZIOROMA

HENRY CARTIER-BRESSONTERAMO

Bruno Di Pietro, Ai confini del creatoA cura di Simona ClementoniIanieri Edizioni – Fondazione Pescarabruzzo

La Collana della Fondazione Pescarabruzzo Arte e Cul-tura si impreziosisce di questo nuovo Titolo che esce inoccasione della mostra di Di Pietro all’Aurum di Pescara.Significativa e pregnante l’introduzione del presidenteNicola Mattoscio …“Di Pietro spazia dall’iniziale fasefigurativo-paesaggistica, al personale Impressioni-smo/Espressionismo del secondo periodo, alla coraggiosae poetica reinterpretazione del mito omerico, fino ad im-mergersi nella dimensione cosmica dei più recenti lavoridal tema iperspazialista L’esplorazione dell’universo conil suo caos primordiale, la riflessione sui misteri della crea-zione e sulla competizione creativa Uomo/Natura, si in-nestano su una vasta ed articolata simbologia, incen-trata sull’immagine dominante dell’albero e sulla mo-dalità operativa tripartita Tormentato da una profon-da nostalgia per il “paradiso perduto” dell’infanzia pe-scarese, sensibile alle più urgenti problematiche storico-ambientali, consapevole della necessità di adeguarsi allaspinta del progresso, accanto a materiali e tecniche tra-dizionali, Di Pietro accoglie nelle sue opere materiali diriciclo, ingranaggi, oggetti tecnologici sofisticati, “trac-ce” di un contemporaneo impregnato di vissuto che te-stimoniano la modernità di un artista capace non solodi “assecondare” il proprio tempo nella sua inevitabileevoluzione, ma anche di viverlo intensamente, sempremotivato e sorretto da un irrinunciabile senso etico e daun’incrollabile fede nella Bellezza e nella Verità dell’Arte”.Il libro è impreziosito da un vasto corredo fotografico edai testi di Armando Ginesi, Corrado Gizzi, Maria Cri-stina Ricciardi e Simona Clementoni.

AI CONFINI DEL CREATOPESCARA

FONDAZIONE ACCADEMIA D’ABRUZZO FONDAZIONE PESCARABRUZZO

BRUNO DI PIETROP I T T O R E - S C U L T O R E7 - 31 gennaio 2012 a cura di Raffaella Cordisco

MUSEO AURUM - PESCARAVia D’Avalos, angolo via Luisa D’Annunzio

Martedì - sabato 9,30 - 13,30 | 15,30 - 19,30 / domenica 15,30 - 19,30 / lunedì chiuso

B. Di Pietro “AI CONFINI DEL CREATO 1965 -2010” Ianieri Editore, Fondazione Pescarabruzzo.Catalogo antologico con testi di Armando Ginesi, Cristina Ricciardi, Corrado Gizzi, Simona Clementoni

MMUU2233

Le opere di quattro grandi artisti contemporanei andran-no a colmare temporaneamente i “vuoti” dei danni delsisma nella Basilica di Collemaggio col loro linguaggio diluce e colore, lanciando un invito a reagire costruttiva-mente a quella drammatica calamità naturale maanche all’indifferenza di chi sembra aver abbandonatogli aquilani nell’impresa della ricostruzione.Sono quattro pittori visionari che guardano all’artecome principio generatore da cui ripartire, come matri-ce di una nuova coscienza aurorale. Una rinascita e unanuova alba morali e sociali, auspicate. Quattro grandiartisti che pur nelle diverse esperienze individuali hannotutti attinto ad un’idea originaria (archè) dell’arte inte-sa come vocazione sensitiva e spiritualmente laica, conun’aspirazione al sublime: un sublime mediterraneo,magmatico, colmo di memorie archetipe tramite palin-sesti dipinti in cui i segni di un umano universale simescolano con quelli di un umano individuale. Sonosudari di luce perduta e ritrovata a frammenti, a flashrapsodici, i soli permessi nel mondo attuale, orfano del-l’idea di totalità armonica.Ecco allora la proposta di un dialogo emozionante fratradizione e modernità nel cuore storico de L’Aquilaattraverso le opere di quattro grandi artisti (uno scom-parso e tre tuttora felicemente operanti) votati a diver-se e personali modulazioni dell’Archè mediterraneo:Vasco Bendini, Luigi Boille, Marcello Mariani, GiulioTurcato. Va anche ricordato che la partecipazione diMariani, artista aquilano che nel terremoto ha perdutola casa e lo studio, assume un valore ed una testimo-nianza fortemente emblematici.L’Aquila, Basilica di Collemaggio29 novembre-20 dicembre 2011A cura di Gabriele Simongini

MOSTRE

ARTISTI CONTEMPORA-NEI A COLLEMAGGIOL’AQUILA

San Giovanni in Venere e la sua cripta. Storia di un re-cuperoL’onere di questo restauro è stato assunto dalla Fonda-zione Carichieti ed ha avuto un andamento di routine finoal consolidamento degli affreschi, fatta eccezione per al-cune difficoltà incontrate sull’affresco centrale per feno-meni di alterazione del colore originario e di alcune vec-chie ridipinture. Mentre si provvedeva ad aggiustare l’im-pianto di canalizzazione delle acque provenienti dal tet-to, si procedeva alla eliminazione di intonaci cementizinell’area absidale, per favorire la traspirazione delle mu-rature. In questa fase e con grande sorpresa di tutti sonovenute alla luce nuove parti affrescate e vaste porzioni diintonaci originali. Questa casuale scoperta, unita all’al-to tasso di umidità ancora presente negli ambienti ha fat-to sì che l’attenzione dei restauratori si spostasse sulla li-berazione della cripta da intonaci cementizi e coinvolgessel’ente proprietario, il Ministero dell’Interno, nella ricercadi nuovi e più corposi finanziamenti per far fronte alla nuo-va perizia dei lavori riguardanti il recupero dell’intera crip-ta. Fino a quel momento la Fondazione Carichieti ave-va finanziato l’ampliamento dei lavori all’intera area ab-sidale, facendosi anche carico della campagna di saggi su-gli intonaci di tutta la cripta. L’ex Prefetto di Chieti, S.E.Vincenzo Greco, con grande impegno, ha fatto in modoche si giungesse in breve tempo ad una nuova cordata difinanziatori, il cui capofila era sempre la Fondazione Ca-richieti, seguita dal Ministero dell’Interno e dal Comunedi Fossacesia.Da quel momento i lavori sono ripresi a pieno ritmo giun-gendo alla restituzione della cripta alla fruizione pubbli-ca. Una vicenda che adesso è anche un volume, a curadi Giovanna Di Matteo, il cui senso è quello di fissare nel-la memoria collettiva tutti i particolari che in anni di la-voro avevamo potuto conoscere dei dipinti e del complessomonastico.

LIBRI

STORIA DI UN RECUPEROL’AQUILA

L’intervallo Necessario. Artisti in dialogo con Gillo Dor-flesTeorico e critico dell’arte, del design e dell’architettura, stu-dioso delle oscillazioni del gusto e del divenire (delle articome della critica), Gillo Dorfles è il protagonista dellariflessione che, attraverso una mostra ed una giornata distudi, la Fondazione Filiberto Menna anche quest’annodedica ad una voce particolarmente significativa della cri-tica d’arte contemporanea. Proseguendo infatti il percorsointrapreso nel 2009 con la mostra e il convegno dedica-ti a Filiberto Menna, e continuato lo scorso anno con unaserie di iniziative dedicate ad Harald Szeemann, è sta-ta inaugurata a Salerno, negli spazi dell’Archivio del-l’Architettura Contemporanea, la mostra L’intervallo ne-cessario. Artisti in dialogo con Gillo Dorfles, offrirà at-traverso il lavoro di sei artisti da tempo attivi sulla scenaartistica internazionale un’occasione di verifica dell’attualitàdel pensiero di Dorfles di cui verrà in particolare indaga-ta la riflessione, più volte ripresa nel corso della sua lun-ga attività, sull’horror vacui che caratterizza il nostro pre-sente e sulla necessità di recuperare, nell’arte e nella vita,l’intervallo perduto.L’iniziativa vedrà la presenza a Salerno dello stesso Gil-lo Dorfles. La mostra si avvale del sostegno del Comunedi Salerno e della Provincia di Salerno e di un contribu-to della Fondazione Carisal.

L’intervallo necessario. Artisti in dialogo con Gillo Dorfles12 novembre / 8 dicembre 2011Archivio dell’Architettura Contemporanea / Porta Sant’E-lina – SalernoMostra a cura di Antonello Tolve e Stefania Zulianiopere diBianco-Valente, Devrim Kadirbeyoglu PierpaoloLista, Piero Mottola, Nicolas Pallavicini, Rosy Rox

www.fondazionefilibertomenna.itinfo@fondazionefilibertomenna.ittel e fax +39 089 254707

MOSTRE

ARTISTI IN DIALOGOCON GILLO DORFLESSALERNO

Piotr Hanzelewicz, L’inquilino del terzo pianoSabato 15 Ottobre 2011, negli spazi del Museolaborato-rio ex Manifattura Tabacchi di Città S. Angelo (Pe), è sta-ta inaugurata la personale dell’artista italo-polacco Pio-tr Hanzelewicz.“L’inquilino del terzo piano (azzurrino, beigeolino, gri-getto)” è una mostra curata da Enzo De Leonibus, conintervento in catalogo di Teresa Macrì e con il patrociniodall’Istituto Polacco di Roma.In mostra sono presentati lavori inediti concepiti negli spa-zi del Museolaboratorio, un’opera segnalata al PremioTERNA 03 ed un work in progress realizzato in collabo-razione con la tatuatrice Sasha Prosperi (“Ju Tattoo” Stu-dio – L’Aquila).Disegni, sculture, installazioni site-specific, la pizzeria diAlfredo e tanto verde… Ne “L’inquilino del terzo piano (az-zurrino, beigeolino, grigetto)”, Piotr Hanzelewicz utiliz-za la flora come pretesto per affrontare temi di geopoli-tica, antropologia, sociologia. La natura, il verde, le pian-te diventano nelle loro peculiarità, simboli o pure formeestetiche, chiavi di accesso a questo “appartamento” po-polato di sogni e utopia. Ed è così che prendendo spun-to dalla decimazione delle palme a causa del punteruo-lo rosso, nasce una riflessione sugli equilibri di un siste-ma globale unico post cortina di ferro.L’inaugurazione è stata accompagnata dalla performancedel violinista Andrzej Hanzelewicz (padre dell’artista) indialogo con il musicista sperimentale Giorgio Mega.Sono coinvolti nel progetto la stilista Emanuela Cavallaro,il brand FAITES COMMES CHEZ VOUS, lo storico e gior-nalista Marco Patricelli, il contributo fotografico di Fran-cesca De Rubeis, il supporto mediatico di Culturame.it,il pizzaiolo freestyle Alfredo Meogrossi, traduzioni econsulenza Shering.Info: Museolaboratorio ex Manifattura Tabacchi,Vico Lupinato, 1 - 65013 Città Sant’Angelo (PE)tel. 085 960555 - [email protected]://linquilinodelterzopiano.wordpress.com/

MOSTRE

L’INQUILINO DELTERZO PIANOCITTÀ SANT’ANGELO (PE)

Piotr Hanzelewicz, Per avere un posto tutto mio, 2010 materiali vari

AVEZZANO ) / B O L O G N A : L IBRER IA FELTR INELL I ( P IAZZA RAVEGNANA . 1 - BOLOGNA ) / L IBRER IA P I CKW ICK ( GALLER IA 2 AGOSTO 1 9 80 , 3 / 2 - BOLOGNA ) / C H I E T I : L IBRER IA DE LUCA ( V IA C . DE LOLL IS , 1 2 / 1 4 - CH IET I ) / G I U L I A N O V A : L IBRER IA LA NUOVA ED I TR I CE ( V IA

ILMUSEONUOVOLETTEREINBREVECONVEGNOMOSTREATTIVITÀLIBRIANNIVERSARIOCONCORSI

Vasco Bendini, La sera del giorno, 2003, tempera acrilica su tela

[email protected] / info: 333 5957400 / segreteria Museo: 085 4549508 / [email protected]