VIVERE LA QUARESIMA IN FAMIGLIA · e di testimoniarlo con una degna condotta di vita. IL...

25
1 VIVERE LA QUARESIMA IN FAMIGLIA O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita. IL SIGNIFICATO DELLA QUARESIMA 1. LA QUARESIMA: TEMPO OPPORTUNO PERPER CHI? Il contesto sociale in cui viviamo appare sempre meno contrassegnato dalla cristianità. È diminuita drasticamente la pratica cristiana da parte di quanti la vivevano per abitudine, per obbligo. Della quaresima è rimasto ben poco, per non dire niente Ora ognuno deve rispondere, con piena consapevolezza e libero da qualsiasi tipo di condizionamento, all’istanza di conversione che la Chiesa richiama ogni anno nel tempo forte di Quaresima. È un’opportunità rivolta a quanti, nell’oggi della storia e in una società altamente secolarizzata, desiderano vivere, una vita cristiana adulta, ricca di valori, coerente con la professione di fede che proclamano. Per questi cristiani la Quaresima, tempo strutturato dalla Chiesa primitiva fin dal IV secolo, si presenta come una sosta nel vivere quotidiano per scoprire quanto, durante il cammino, il fascino di tante sirene hanno allontanato da Dio e reso sterile la novità del Vangelo, e ritornare ad abbeverarsi alle sorgenti della vita nuova ricevuta con il battesimo. In particolare la quaresima è un tempo privilegiato per la famiglia, per riscoprire la propria peculiarità, prendere coscienza di quanto di negativo

Transcript of VIVERE LA QUARESIMA IN FAMIGLIA · e di testimoniarlo con una degna condotta di vita. IL...

1

VIVERE LA QUARESIMA

IN FAMIGLIA

O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima,

segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli

di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.

IL SIGNIFICATO DELLA QUARESIMA

1. LA QUARESIMA: TEMPO OPPORTUNO PER…

PER CHI?

Il contesto sociale in cui viviamo appare sempre meno contrassegnato

dalla cristianità. È diminuita drasticamente la pratica cristiana da parte di

quanti la vivevano per abitudine, per obbligo. Della quaresima è rimasto

ben poco, per non dire niente

Ora ognuno deve rispondere, con piena consapevolezza e libero da

qualsiasi tipo di condizionamento, all’istanza di conversione che la Chiesa

richiama ogni anno nel tempo forte di Quaresima.

È un’opportunità rivolta a quanti, nell’oggi della storia e in una società

altamente secolarizzata, desiderano vivere, una vita cristiana adulta, ricca

di valori, coerente con la professione di fede che proclamano.

Per questi cristiani la Quaresima, tempo strutturato dalla Chiesa

primitiva fin dal IV secolo, si presenta come una sosta nel vivere

quotidiano per scoprire quanto, durante il cammino, il fascino di tante

sirene hanno allontanato da Dio e reso sterile la novità del Vangelo, e

ritornare ad abbeverarsi alle sorgenti della vita nuova ricevuta con il

battesimo.

In particolare la quaresima è un tempo privilegiato per la famiglia, per

riscoprire la propria peculiarità, prendere coscienza di quanto di negativo

2

si è insinuato nel tessuto della vita quotidiana, rinsaldare le relazioni,

rivivere la gioia dell’essere famiglia di Dio

PER CHE COSA?

Tempo di Quaresima, allora, per imparare a discernere tra tanti voci,

quella di Dio che ci parla nel tessuto della vita quotidiana, per ascoltare la

sua parola conservata nel vangelo, per confrontarci con essa, come

singoli, come coppia, come famiglia.

Tempo di Quaresima, per una conversione che raggiunga tutto il nostro

essere (mente, volontà, cuore) secondo l’invito di san Paolo: “Non

conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il

vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è

buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).

Tempo di Quaresima, per farci prossimo non a parole ma con gesti

concreti di carità; in primo luogo farci prossimo con coloro che fanno parte

della famiglia. Forse si è insinuato qualcosa che si ha portato ad

distaccarci, allontanarci…

Tempo di Quaresima, come laboratorio e palestra per affinarci nella

delicata arte dell’amare, per vivere la “differenza cristiana”, consapevoli

che “si è alternativi non quando si grida, ma quando si vive nel quotidiano

la passione per ciò che si fa. È così che si diventa sale della terra, luce

nelle tenebre o pizzico di fermento nella massa” (Angelo Casati).

Tempo di Quaresima “Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di

onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima

come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto

XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non

significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha

bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un

cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade

dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore

povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro”

(Francesco, Messaggio per la quaresima 2015).

3

2. LE PAROLE DELLA QUARESIMA

Quali mezzi offre la comunità cristiana, in questo periodo, per

permettere ad ogni battezzato un cammino di autenticità, di liberazione, di

eventuali “correzioni di rotta”? Sono quelle pratiche penitenziali molto

care alla grande tradizione biblica, cristiana e patristica della Chiesa: il

digiuno, la preghiera, l'elemosina, il silenzio, il perdono.

Sono pratiche che racchiudono una saggezza secolare, esperienze di

vita collaudate, tesori inestimabili, frutti certi per illustrare le quali sono

stati versati fiumi di inchiostro in ogni epoca storica.

► Digiuno

Il digiuno ci prepara alla vita nuova di Cristo. Lavora il campo del nostro

corpo per la semina di Dio. La Quaresima vuole rendere il nostro fisico, la

nostra anima, la terra intera ricettivi alla vita divina che irromperà a

Pasqua e che già possediamo con il battesimo: “non di solo pane vive

l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”

► Ascolto della parola di Dio e preghiera

La preghiera, come il digiuno, è una pratica comune a molte religioni e

culture, è iscritta nella stessa natura dell’uomo secondo gli insegnamenti

degli antichi: "gli uccelli volano, i pesci nuotano e… l’uomo prega”. Ma si

rivela anche l’arte più difficile da apprendere perché significa dare del tu a

Dio e chiamarlo Padre.

► Elemosina

È importante, in quaresima, riscoprire il valore dell’elemosina,

dell’intervento immediato, che non pretende di risolvere tutto, ma fa quello

che è possibile al momento.

►Silenzio, il deserto

Senza silenzio (si parla anche di deserto) non può sussistere la preghiera,

non può esistere il digiuno, che lavora il campo del nostro corpo per la

semina di Dio; non si possono compiere le opere di misericordia che

suppongono un’accoglienza incondizionata dell’altro frutto di una

profonda spoliazione di sé che allarga il cuore.

4

► Perdono

Chiedere perdono, come anche dare il perdono (per-donare), non sono

azioni spontanee e naturali; sono valori prettamente cristiani, sono gesti

creatori, innovativi che richiedono coraggio. Li possiamo vivere solo se

riusciamo a far emergere in noi la vita nuova.

IL PERCORSO DELLA QUARESIMA DI QUEST’ANNO

Quest’anno ci fanno da guida i brani di vangelo della domenica dell’anno

B. Essi ci portano a scoprire il volto di Cristo (chi è Gesù) e a vivere con

lui, cioè diventare partecipi del suo Mistero pasquale:

CHI È GESÙ?

Questa domanda se la sono fatti molti, sia i contemporanei e gli apostoli

stessi, sia quelli che sono venuti dopo. È la domanda che ci poniamo anche

noi. Quest’anno i vangeli che ascolteremo nella liturgia della domenica ci

porteranno a dire che Gesù è colui che dà la vita per noi, che morirà per la

nostra salvezza e risorgerà. Il suo vero volto è quello impresso nella

sindone, che indica la sua sofferenza e morte, ma anche la sua “assenza”,

la sua risurrezione.

CHE COS’È IL “MISTERO PASQUALE”?

Forse queste due parole “mistero pasquale” le abbiamo sentite tante volte;

capiamo che hanno una certa relazione con la pasqua, ma perché si parli di

“mistero” proprio forse non riusciamo a capirlo.

Nella liturgia “mistero” indica non una cosa sconosciuta, che non si riesce

a capire o nascosta, ma un evento storico per la nostra salvezza, nel nostro

caso, l’evento della pasqua di Gesù, cioè della sua passione, morte e

risurrezione. Il filo conduttore che lega insieme tutte le domeniche è il

mistero pasquale; Gesù stesso ci fa da maestro presentandosi come il

tempio che viene distrutto e riedificato in tre giorni, il serpente di bronzo

innalzato nel deserto che liberà dal veleno mortifero chi si volge a lui, il

chicco di grano posto nel terreno che morendo porta molto frutto.

5

LE TAPPE DEL NOSTRO PERCORSO PER SCOPRIRE CHI È GESÙ E IL MISTERO

PASQUALE

I. Domenica: la scoperta del progetto del Padre – le tentazioni di

Satana perché abbandoni quel progetto.

Dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni ed essere stato proclamato

Figlio di Dio, Gesù va nel deserto dove scopre qual è il progetto del Padre

su di lui: non il messia glorioso, ma il messia sofferente. Il diavolo lo tenta

perché abbandoni quel progetto, ma Gesù rigetta ogni sollecitazione.

Appena uscito dal deserto, incomincia la sua missione

II. Domenica: la riconferma del progetto (il mistero pasquale) davanti

a testimoni prescelti che saranno testimoni della sua passione.

Dopo che Pietro ha fatto la sua professione di fede in Gesù come messia e

figlio di Dio, Gesù prende tre apostoli e sale sul Tabor. Nella sua

trasfigurazione viene riconfermato che Gesù e il figlio amato, dovrà

soffrire morire e risorgere: viene rivolto l’invito ad ascoltarlo, a credere a

questo mistero della pasqua per la salvezza degli uomini.

III. Domenica: Gesù rivela il suo mistero pasquale nel segno del tempio

distrutto e ricostruito in tre giorni

Gesù fa pulizia nel tempio da tutto ciò che sa di mercato e si rivela come il

vero tempio che sarà distrutto ma subito riedificato in tre giorni.

IV. Domenica: Gesù rivela il suo mistero pasquale nel segno del

serpente innalzato nel deserto che libera dai morsi mortiferi dei serpenti

Gli israeliti nel deserto avevano perso la fiducia in Dio e sono assaliti da

serpenti velenosi. Per ordine di Dio Mosè innalza un serpente di bronzo e

coloro che guardano a lui sono guariti.

V. Domenica. Gesù rivela il suo mistero pasquale nel segno del chicco

di grano che muore e porta molto frutto.

Ci sono molti che voglio vedere Gesù. Egli dice che è come il chicco di

grano che solo morendo nel terreno porta molto frutto

VI. Domenica delle palme: Gesù entra in Gerusalemme per portare a

compimento il mistero Pasquale

6

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

Nel deserto Gesù scopre la sua missione

GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO

Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase

quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli

angeli lo servivano.

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il

vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;

convertitevi e credete nel Vangelo».

CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO

La quaresima di Gesù:

Gesù scopre la sua missione e la difende dagli assalti di Satana

- Lo Spirito sospinse Gesù: Gesù si lascia guidare dalla forza dello

Spirito

- nel deserto: Il deserto è il luogo del silenzio, dell’ascolto di Dio,

della preghiera, del vivere dell’essenziale; è il luogo per scoprire chi sono,

che cosa vale di più.

- rimase nel deserto quaranta giorni: sotto la guida di Mosè gli ebrei

rimasero quarant’anni nel deserto: per ascoltare e scoprire il progetto di

vita e di libertà (= i comandamenti) che Dio proponeva loro, per invitarli a

scegliere lui come loro Dio, sigillare un forte patto con lui (= alleanza),

entrare nella terra promessa dove mettere in pratica quel progetto ed essere

felici. Gesù va nel deserto per fare l’esperienza del deserto: ascoltare e

scoprire il progetto del Padre e come realizzarlo. Lasciando stare tutto, in

un clima di silenzio e di preghiera, meditando quello che era scritto nella

Bibbia, Gesù scopre che egli deve essere non un messia glorioso, ma uno

che ama gli uomini fino a dare la sua vita per loro, essere “l’agnello di Dio

che toglie il peccato del mondo (= ogni male, spirituale e materiale).

- tentato da Satana: Incomincia lo scontro. Satana, che aveva tentato

gli uomini fin dall’inizio, tenta di staccarlo dall’ascoltare quello che era

scritto nella Bibbia, di distoglierlo da quel progetto, facendogli avere delle

7

visioni di meravigliosi successi se l’avesse seguito. Gesù però non si fida

di lui, gli dice che vuole fare fino in fondo ciò che gli ha rivelato il Padre.

- Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano: sono i segni

della vittoria su Satana; le creature non gli sono più ostili e addirittura gli

angeli si fanno suoi servitori; è il ritorno al paradiso terrestre; Gesù entra

in una nuova terra promessa

Gesù incomincia a realizzare il progetto del Padre dando inizio alla

sua missione

Dopo che Giovanni fu arrestato: Giovanni aveva preparato la

immediata venuta del messia; quando viene arrestato, Gesù ha chiara la

sua missione e incomincia a realizzarla

andò nella Galilea. Incomincia dalla Galilea, il luogo dove Gesù è

vissuto, il luogo della quotidianità. Ed è significativo che le ultime righe

del Vangelo di Marco rimandino gli apostoli proprio in Galilea: “Egli vi

precede in Galilea; là vedrete” (16,7), quasi a ripetere che il luogo per

eccellenza dove incontriamo Gesù è il nostro quotidiano. Così la Galilea

non è solo un luogo geografico, ma è il simbolo della quotidianità, quella

che viviamo tutti i giorni e in cui abbiamo la possibilità di incontrare Gesù.

proclamando il vangelo di Dio: vangelo vuol dire bella-buona notizia,

una bella novità. L’evangelista Marco la sintetizza così: 1. Il tempo è

compiuto - 2. Il Regno di Dio è vicino (= è qui) - 3. Convertitevi - 4.

Credete al Vangelo.

Il Tempo è compiuto: il popolo d’Israele viveva il tempo come una

continua attesa del Messia, di colui che li avrebbe liberati da ogni male.

Ora, con Gesù, è finito il tempo dell’attesa. I profeti del passato,

predicavano il futuro, Gesù predica che il futuro è ormai qui, è presente, è

Lui la promessa tanto attesa. La possibilità concreta è offerta “ora”

all’uomo. Il presente è ciò che conta, perché in questo tempo si rende

vicino Dio. Il presente è un’opportunità, un tempo di grazia per ciascuno di

noi perché ci lasciamo incontrare da Gesù. Non ha senso attendere,

affannarsi in vane ricerche; quel che l’uomo spera è già a portata di mano.

La “perla preziosa” è qui. Questa espressione di Gesù ci porta a non

considerare inutili tanti attimi della nostra giornata e a non sprecarli perché

ogni istante può essere un’occasione per lasciarsi incontrare dal Signore.

il regno di Dio è vicino (= è qui). Il regno di Dio è il regno della

giustizia, della libertà, della pace, dell’abbondanza, della verità, della

8

fedeltà e dell’amore; al contrario, il regno di Satana è fatto di ingiustizie,

di schiavitù, di povertà, di menzogne, di infedeltà e di egoismi. Con Gesù

irrompe il regno di Dio: dove? Ovunque. È la vittoria sul male, sulle

malattie, sulla sfiducia, sull’egoismo, sulla morte. Anche ognuno di noi

può rendere vicino questo regno di Dio facendo delle piccole scelte:

dicendo la verità, vivendo in pace, fidandosi di quello che dicono le

persone che ci vogliono bene, cercando di rispondere con un gesto di pace

ad un torto subito, dicendo parole di incoraggiamento verso qualche amico

poco simpatico.

convertitevi: è un volgere le spalle a tutto il passato di male,

riorientare tutta la nostra vita in una nuova direzione, mettersi sul cammino

che Gesù ha percorso e tracciato per noi; è recuperare la nostra vera

identità, riprendere a realizzare il progetto che Dio ha su ciascuno di noi

credete al Vangelo. Credere al Vangelo vuol dire affidarsi al lieto

annunzio di Gesù, fidarsi di Lui che ha vinto la morte, gettarsi nelle sue

braccia per risorgere con Lui. Non è facile credere, la persona spesso

diffida dell’amico, del familiare. Credere è aprirsi, fidarsi, rischiare,

lasciarsi coinvolgere con l’altro; concretamente, rimanere coinvolti

nell’avventura di Dio

RISPONDIAMO A GESÙ

CI IMPEGNIAMO

La nostra quaresima

Con la quaresima anche entriamo nel deserto; ci domandiamo: 1. Siamo

capaci di trovare momenti di lettura del vangelo, di preghiera; 2. cosa vuol

dire per noi essere cristiani (la nostra carta di identità); in che cosa consiste

il nostro progetto di vita cristiana; 3. quali sono le nostre tentazione; 4. in

che cosa faccio consistere il mio digiuno.

SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

Il Padre riconferma il suo progetto e invita ad accoglierlo

GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO

Dal Vangelo secondo Marco (9,6-10)

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li

9

condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a

loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio

sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e

conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbi,

è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e

una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.

Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:

«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente,

guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò

che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai

morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire

risorgere dai morti.

CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO

Sei giorni dopo cioè dopo che dopo che Pietro alla domanda di Gesù:

“Chi sono io per voi”, disse: “Tu sei il Cristo il Figlio di Dio vivo”. C’era

però il pericolo essi pensassero ad un messia glorioso Perché non si

facessero illusioni Gesù rivelò che lui avrebbe dovuto patire molto ed

essere messo a morte per poi risorgere il terzo giorno. Dopo sei giorni

porta alcuni di loro sul monte per la trasfigurazione.

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni” Mc 9, 2. Quando Gesù

chiama solo i tre discepoli siamo di fronte a un momento importante della

sua vita. Ma ci dice anche che l’esperienza di fede non è mai solo

personale, ma è condivisa, vissuta assieme, è esperienza di famiglia,

amicizia, comunità. Quella che possiamo fare con i nostri genitori, nella

nostra parrocchia, durante questo incontro stesso.

“Li condusse su un alto monte” Mc 9, 2. Le cose importanti della vita

costano fatica. È l’esperienza della salita al monte, che fa sudare, faticare,

ma poi l’aria fresca, il paesaggio, la soddisfazione di avercela fatta

ripagano alla grande.

Il monte è il luogo in cui avvengono gli incontri più intimi con Dio.

Mosè sul monte ha ricevuto la legge; Elia ha ascoltato la voce del Signore.

“Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime”. Sono motivi che

ricorrono spesso nella Bibbia. Il Signore è “rivestito di maestà e di

splendore, avvolto di luce come di un manto” (Sal 104,1-2). Sono

immagini con cui viene affermata la presenza di Dio nella persona di

10

Gesù. Identico è il significato della nube luminosa che avvolge tutti con la

sua ombra (v. 7). Quando Mosè ricevette la legge, il monte fu avvolto da

una nube (Es 24,15-16) e anch’egli discese con il volto splendente (Es

39,29-35).

“E apparve loro Elia con Mosè”. Sono due persone che avevano

incontrato Signore, l’uno nel fuoco del roveto, l’altro nella brezza leggera

del vento; due persone che avevano incontrato l’ostilità: Mosè del popolo,

Elia del re Acab. Elia rappresenta i profeti, Mosè la Legge; Gesù è il

compimento di tutto, colui che mi rivela Dio.

Conversavano tra di loro. Di che cosa conversavano? Dagli altri

evangelisti sappiamo che parlavano della passione, morte e risurrezione di

Gesù; cioè cercavano di far capire a loro che quello che aveva detto Gesù

sei giorni prima era vero.

Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati” Di fronte a

esperienze grandi rimaniamo senza parole, non riusciamo a capire tutto...

Dio non è mai totalmente afferrabile, c’è un mistero che ci supera. Forse

anche nella nostra vita ci sono esperienze che facciamo fatica a spiegare

anche se crediamo.

“Ascoltatelo”, cioè cercate di capire bene quello che lui vi ha detto: egli

è colui che patirà e morirà per voi come hanno preannunciato i profeti.

Nella Bibbia il verbo «ascoltare» non significa soltanto «udire», ma anche

«mettere in pratica». È un invito per ciascuno di noi a vivere un

atteggiamento di profonda accoglienza verso la parola che Gesù ci dona, a

tradurla nei fatti.

“Mentre scendevano dal monte” (Mc 9, 9). L’esperienza di Dio non è

fine a se stessa, è fondamentale scendere dal monte, vivere la fede in

parole e opere nella vita di ogni giorno, nella quotidianità, nelle piccole

cose che dicono la grandezza della nostra risposta al Signore. Andare in

ufficio, a scuola e fare i compiti... che fatica!!! Invece Gesù invitando i tre

discepoli a scendere dal monte, invita anche noi, ad affrontare i doveri e le

fatiche della vita, anzi, sarà proprio la bella esperienza fatta con Lui che ci

aiuterà ad affrontare con maggior coraggio la vita di tutti i giorni.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno

ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai

morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire

risorgere dai morti”: ciò che avevano visto non doveva essere

dimenticato; quando le cose sarebbero successe avrebbero capito che lui

aveva predetto la verità: il mistero pasquale era la sua carta di identità.

11

RISPONDIAMO A GESÙ

CI IMPEGNIAMO

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA

Gesù, “il tempio” distrutto e ricostruito in tre giorni

GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO

Dal Vangelo secondo (2,13-20

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel

tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i

cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del

tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e

ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui

queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi

discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi

divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci

mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo

tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei:

«Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo

farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che

aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i

segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si

fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno

desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che ce nel

cuore di ogni uomo.

CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO

Gesù rivela che non bisogna più andare al tempio di Gerusalemme per

incontrare Dio, fare i sacrifici….: è lui il vero tempio in cui abita Dio.

Attraverso la sua morte e risurrezione egli diviene il vero tempio in cui si

offre il vero e unico sacrificio.

In questo brano possiamo distinguere tre parti o momenti:

12

Primo momento: purificazione del tempio

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.

Per i Giudei Dio dimorava solo nel Tempio e solo lì poteva avvenire il

vero culto. Infatti, al centro del Tempio, in una particolare stanza (“Il santo

dei santi”), era conservata l’Arca dell’Alleanza, che conteneva i segni

visibili della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.

Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là

seduti, i cambiamonete.

I pellegrini che provenivano da ogni parte, non solo dalla Giudea,

dovevano procurarsi gli animali da offrire in sacrificio e pagare la tassa di

mezzo siclo al Tempio. Spesso però essi disponevano solo di denaro

romano o di altri paesi, monete non ammesse al Tempio perché coniate

con effigi pagane; dovevano quindi cambiarle

Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con

le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i

banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e

non fate della casa del Padre mio un mercato!»

Perché Gesù se la prende tanto con i mercanti del Tempio? Perché non si

può ridurre la religione ad un mercanteggiare: voler comprare dei favori da

Dio; per convincere Dio ad ascoltarmi, gli offro qualcosa che lo possa

piegare alla mia volontà.

I giudei stanno usando una casa, dimenticandosi che quella casa è del

Padre, è il luogo attraverso cui si entra in una relazione d’amore con il

Padre.

I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa

mi divorerà».

I discepoli non hanno capito subito il senso di quello che Gesù aveva fatto;

dopo la risurrezione capiscono che lo fece perché animato da un grande

amore, quasi da una grande gelosia, per tutto ciò che riguarda il Padre.

Secondo momento: Gesù vero tempio

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri

per fare queste cose?».

I giudei non dicono che Gesù ha fatto male, ma gli domandano dare un

segno (dimostri concretamente, magari con un miracolo) che ha l’autorità

di fare così. Allora Gesù dà un segno: quello della ricostruzione del

tempio.

13

Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò

risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in

quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava

del tempio del suo corpo.

I giudei avevano appena appena finito di ricostruire il tempio e avevano

impiegato non uno ma 46 anni per ricostruirlo dopo la sua distruzione:

come avrebbe potuto Gesù impiegare solo tre giorni per ricostruirlo?

Gesù però non si riferisce al tempio fatto di pietre, ma è al suo: i giudei

lo “distruggeranno” ma lui lo ricostruirà, lo risusciterà il terzo giorno

Gesù dirà della Samaritana che “è giunto il momento in cui né su

questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre". (Gv 4,21). Iddio non

abita in templi costruiti da mano d'uomo. Egli abita, cioè si è reso presente

in Gesù, in cui "abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col

2.9). Venendo Cristo, il vero tempio di Dio, il segno del tempio cede il

posto alla realtà. Non senza ragione Mt 27,51 scrive che alla morte di

Gesù, "il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo", perché ormai

non aveva più nulla da nascondere. La presenza di Dio era in quel corpo

che dopo tre giorni sarebbe stato risuscitato e glorificato. Il Cristo glorioso,

l'Agnello sgozzato ma vivente sarà ormai il tempio della celeste

Gerusalemme (Apoc 21,22).

Da allora i cristiani non hanno bisogno di templi, perché “ovunque

sono due o tre riuniti nel mio nome (ad esempio quando si prega in

famiglia), io sono in mezzo a loro". Quando noi ci riuniamo per la messa,

l’assemblea cristiana, gode della presenza del Signore, è il tempio di Dio.

Ecco perché Pietro può parlare della Chiesa (quella delle persone) come di

un "edificio spirituale": "Stringendovi a lui (Gesù), pietra viva... anche voi

venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio

spirituale, per un sacerdozio santo...". (1 Pt 2,4-5).

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che

aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Solo dopo la risurrezione i discepoli capiscono quello che Gesù ha

detto: è Gesù è il vero tempio, è ciascuno di noi. «Ti cercavo fuori, ma tu

eri dentro di me», diceva già sant’Agostino.

Di qui il rispetto che dobbiamo avere per ogni persona, qualunque sia

la sua situazione, fisica o morale.

Terzo momento: la reazione della gente: fede sincera e fede finta

Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti,

14

vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù,

non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che

alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che ce

nel cuore di ogni uomo.

C’è chi crede per i segni, per i miracoli; Gesù non si fida di questi. Gesù

conosce ciò che c’è nel nostro cuore, se lo amiamo davvero, se crediamo.

RISPONDIAMO A GESÙ

Cosa significa per noi essere il tempio di Dio? Che ne abbiamo fatto di

questo tempio?

La quaresima è il tempo che Gesù ci dà per fare “pulizia”: da che cosa?

Come?

Gesù ci conosce profondamente conosce ciò che c’è nel nostro cuore: le

cose belle e quelle meno belle.

Anche la nostra casa è tempio di Dio quando ci vogliamo bene, ci

riuniamo a pregare: adesso in questa nostro incontro siamo il tempio di

Dio.

CI IMPEGNIAMO

QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Gesù innalzato sulla croce è il vero “serpente” che libera dal peccato.

GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente

nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché

chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché

chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio,

infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma

perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è

condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha

creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la

15

luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la

luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia

la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate.

Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che

le sue opere sono state fatte in Dio».

CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO

Nicodemo era un fariseo e un membro del sinedrio; con altri settanta

ebrei aveva il compito di far rispettare la legge di Mosé. Stupito dai segni

che accompagnavano la predicazione di Gesù, egli andò a cercarlo nel

cuore della notte. Sentiva il bisogno di comprendere meglio chi fosse

Gesù. Ma la vera notte, Nicodemo ce l’ha nel suo cuore e Gesù gli propone

la necessità di ricominciare, di trovare la luce, di una profonda

conversione: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non

può vedere il regno di Dio». Chissà quante volte Nicodemo avrà pensato

che bisognerebbe nascere un’altra volta, fatti in modo diverso, ma sapeva

che questo non è possibile. Per Gesù, invece, non è così impossibile come

sembra: per questo racconta quello che era capitato quando il popolo di

Dio, diretto alla terra promessa e aveva perso la fiducia in Dio.

«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia

innalzato il Figlio dell’uomo».

Attraversando il deserto molte persone del popolo avevano perso la

fiducia in Dio e di conseguenza si erano trovate in mezzo ai serpenti

velenosi, in quell’occasione Dio aveva prontamente dato a Mosè un

rimedio: costruire un serpente di rame e metterlo in alto. Il serpente è

simbolo del tentatore, del peccato, della sfiducia; si pensi al serpente del

paradiso terrestre; inchiodarlo ad un palo significa ammazzarlo Chi lo

avrebbe guardato a questo segno, si sarebbe salvato. Nicodemo sapeva

bene che quel serpente di rame non aveva capacità magiche: non era esso a

guarire, ma era l’occasione per rinnovare, fa rivivere la forza della fede di

quel popolo. Era un richiamo alla fiducia nelle parole di Dio; senza quella

fiducia, Dio non avrebbe potuto continuare a condurlo alla fine del

percorso che aveva solo incominciato facendolo uscire dall’Egitto. Era un

richiamo ad alzare gli occhi sopra le difficoltà contingenti, quotidiane, a

cercare un respiro più alto e più profondo per andare avanti, per andare

oltre, per non fermarsi.

Gesù si paragona proprio a quel serpente innalzato. Anche lui sarà

innalzato, posto sopra la croce alla vista di tanti, e chi saprà scorgere

16

l’amore che lo ha innalzato, potrà vedere con i suoi occhi il nuovo

sconcertante orizzonte dell’amore infinito di Dio. Quella croce sarà

un’esperienza così forte che sarà come tornare nel grembo della mamma,

dove tutto è rivestito di amore.

Con Gesù, innalzato sulla croce, viene crocifisso il peccato e la morte,

e con la sua resurrezione viene vinto il peccato e la morte; chi guarda, chi

ripone la fiducia in lui viene salvato

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il

mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Perché Gesù morto in croce e risorto? Per dirci quando ci ama il Padre,

per dirci che lui non è venuto per condannarci, per mandarci all’inferno,

ma per salvarci;

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato

condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di

Dio».

Per liberarci ha preso su di sé ogni condanna, ogni peccato, ogni male;

si è lasciato condannare, castigare, mettere a morte al posto nostro. In

questo modo ci ha fatto vedere quanto Dio ci ama. Chi crede in lui è salvo.

Chi non crede in lui, si autocondanna a rimanere nel suo peccato.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno

amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.

Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue

opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce,

perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Siamo un po’ testoni; siamo coloro che voglio camminare ad oggi

chiusi, nel buio, quando invece c’è la luce; non vogliamo credere

all’amore di Dio, pur avendo tante prove di questo amore, la più

importante è quella che Gesù, la vera luce, ha speso tutta la sua vita per

noi: Preferiamo guazzare nel peccato, nell’infelicità. Abbiamo paura di

manifestarci per quello che siamo, cioè peccatori e bisognosi di perdono

A chi non vede, non serve altro giudizio: aver perso l’occasione di

vivere in una “terra nuova” è già abbastanza pesante. Non è Dio che passa

al setaccio l’umanità e “scarta” quelli che non credono, non è questo il suo

intento! Chi non sa accogliere la propria debolezza e il rimedio, chi non sa

alzare lo sguardo verso Gesù innalzato sulla croce per ciascuno di noi, si

tiene fuori da solo dall’esperienza dell’amore. Scegliere di guardare in

faccia la verità di se stessi costa così tanto che non tutti lo fanno. Molti

sono quelli che si nascondono dietro ad una facciata di cose “meritevoli”,

17

ingannando prima di tutto se stessi. Per questi, dove non c’è sete non ci

sarà acqua, non ci sarà nuova vita.

Come è andato a finire l’incontro di Nicodemo con Gesù

Dopo questa notte passata con Gesù, Nicodemo, non subito, ma pian

piano, acquistò coraggio, tanto da difenderlo davanti al sinedrio nei giorni

bui del suo arresto, chiedendo che venisse almeno ascoltato; il giorno della

sepoltura aiutò i suoi discepoli e mise a disposizione i suoi costosi oli

aromatici. La Chiesa lo venera come un santo e questo significa che

Nicodemo è riuscito a riconoscere l’immenso amore di Dio mostrato in

Gesù innalzato sulla croce, l’unico che fa rinascere l’uomo nella pace e

nella felicità. È uscito dalla notte.

RISPONDIAMO A GESÙ

Anche per noi e per i nostri figli non è facile riconoscere l’Amore. Per

essere visto, l’Amore ha bisogno di uno sguardo capace, sia di scrutare

senza paura le “oscure” profondità dell’egoismo, sia di andare oltre a

questo, alla ricerca del rimedio che Dio ha offerto in Gesù: la fiducia di

essere sempre accolti.

Non fa bene chiudere gli occhi su se stessi e credersi quelli che non si

è. Se questo succede, anche l’amore viene solo consumato e tutto diventa

diritto, addirittura sorgente di tristezza, perché motivo di richieste sempre

più alte. Mai come oggi i nostri ragazzi sono nel benessere e, per la

maggior parte, oggetto di attenzioni e premure, ma questo sembra non

bastare mai.

Il Vangelo suggerisce l’importanza di scoprire che l’amore che si

riceve non è un diritto, ma un dono che produce felicità solo se è percepito

come tale e se va ridonato agli altri.

CI IMPEGNIAMO

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

Gesù è come il chicco di grano che muore e porta molto frutto.

GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO

Dal Vangelo secondo Giovanni (12,20-33)

18

quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa cerano

anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di

Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».

Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a

Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia

glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in

terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi

ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la

conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove

sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo

onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da

quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica

il tuo nome».

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò

ancora!».

La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.

Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non

è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il

principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da

terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva

morire.

CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO

Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa cerano anche

alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di

Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo

andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.

È l’ultima settimana di vita di Gesù. Egli si trova a Gerusalemme.

Persino un gruppo di pellegrini Greci, pagani, ma simpatizzanti per la

religione ebraica, giunti a Gerusalemme per assistere alle feste pasquali,

cambiano il loro interesse: «Vogliamo vedere Gesù». Conoscono la ritrosia

degli ebrei nell’intrattenersi con i pagani, soprattutto nelle immediate

vicinanze della festa e per questo non si rivolgono direttamente a Gesù, ma

fanno tale richiesta a Filippo, forse incoraggiati dal suo nome greco, il

quale investe a sua volta Andrea. Filippo e Andrea riferiscono questo a

Gesù

19

Gesù non incontra il gruppo di “pellegrini”: preferisce cogliere

l’occasione per parlare ai suoi discepoli di come di lì a poco sarebbe stato

possibile vederlo, conoscerlo, a tutti, a tutti i popoli del mondo. Egli

dunque annuncia loro di essere arrivato alla meta della sua vita: è arrivata

quell’ora verso la quale tutto era orientato, l’ora in cui si sarebbe mostrato

completamente, l’ora del compimento di quel progetto di Dio che lo aveva

portato in terra.

È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato.

Per Gesù la vera gloria di Dio, la sua vera potenza e la sua forza, va

ricercata nel gesto supremo del suo amore, quello della sua prossima morte

e risurrezione. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo, per

questo Gesù è nato ed è vissuto. Lui è il figlio unico di Dio, sceso nella

nostra storia per mostrare proprio il vero volto di Dio: un volto di Padre.

Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane da solo».

Volevano vedere Gesù e Gesù fa vedere il suo vero volto, lo si vedrà tra

poco sul Calvario quando si consegnerà alla croce e sarà poi sepolto come

un grano pieno di vita, per far guadagnare al Padre una grande moltitudine

di fratelli, per mostrare il suo amore a tutti.

Chi ama la propria vita la perde e chi la odia la conserverà.

È un terremoto che si abbatte sull’uso consueto delle parole “odio” e

“amore”. Amore in noi richiama il desiderio di unione, mentre l’odio, il

distacco. Ci aspetteremmo sempre cose buone dal primo e cose orribili dal

secondo, invece qui, dove il centro è “la propria vita”, le conseguenze sono

capovolte, invertite: chi la odia la possiede, chi la ama la perde: è questa la

legge della vita per Gesù e per i cristiani. Dopo gli eventi della Pasqua di

Gesù sarà tutto più chiaro.

L’ “attaccamento” a se stessi non può che essere “perdente”: si lotta, si

fatica inutilmente in una realtà dove tutto passa, dove nulla si può

trattenere. Quel “distacco” da sé stessi invece consente di abbandonarsi al

flusso della vita, permette che ci si doni e non si venga derubati, che non ci

si consumi: consente di mettere in circolo e condividere quello che si è

trovato di buono in sé. In- somma, permette proprio l’amore.

Se uno mi vuole servire, mi segua

Ecco tracciata anche la via del discepolo che Gesù indica ai discepoli.

Il vero esodo va da se stessi al dono della vita agli altri, dall’egoismo

all’amore. È vero, non è una strada naturale.

Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da

quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre,

20

glorifica il tuo nome».

La via o “la legge della vita” (dalla morte la vita) non è facile nemmeno

per Gesù. Anche Gesù è turbato e cita un salmo della Bibbia, il sesto:

«Adesso l’anima mia è turbata». Come è stato difficile per l’antico popolo

d’Israele uscire dall’Egitto dove aveva casa, sicurezze, mangiare e bere,

anche uscire da sé comporta fatica e paure. Le alternative a questo esodo

però sono la solitudine e l’inutilità della propria vita.

«Che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo

sono giunto a quest’ora!»

Gesù non chiede di essere sottratto da questa sua “ora”, anche se

davanti ha la croce, ma chiede a Dio che si compia l’unico disegno che sa

dare significato alla vita, chiede di dare ancora fiducia all’amore.

Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò

ancora!».

Qui, nell’ora della prova si sente la voce del Padre: mai Dio ha lasciato

la storia dell’uomo senza una sua parola, senza la sua voce. «L’ho

glorificato e lo glorificherò ancora!». Quella voce richiama sia il battesimo

di Gesù, quando lo Spirito di Dio si posò su di lui, sia le tante “opere”,

segni e miracoli, in cui Dio aveva voluto far sentire a tutti che era con lui.

Quella voce dice che sarà con lui ancora, anche se quello che gli sta

davanti non è più desiderabile: la croce. Eppure sarà solo allora che tutti,

ebrei e greci, potranno conoscere Gesù e la verità di Dio.

La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.

Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».

L’evangelista racconta che qualcuno pensò di quella voce che fosse

stato un tuono, immagine del Dio terribile e temibile che mette paura. Altri

invece pensarono che a parlare fosse stato un angelo, immagine di un Dio

lontanissimo dall’uomo e inavvicinabile.

Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il

giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato

fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva

questo per indicare di quale morte doveva morire.

Quando Dio parla, gli uomini purtroppo non lo capiscono mai! Gesù

dice: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di

questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori».

Quando Gesù salirà sulla croce, quella voce diventerà un’immagine, le

parole si vedranno e allora la menzogna, che infiltrandosi in ogni realtà,

compresa la religione, da sempre insidia anche la voce di Dio, potrà essere

21

annientata. Una è la verità: quell'uomo sofferente e sconfitto diviene icona

vivente dell'amore del Padre; Amore è Dio, Amore è il Figlio che l’ha

manifestato e l’amore è la strada che ha percorso e che ci indica per

seguirlo. L’amore è la vita e il vero morire è non conoscere tutto questo!

RISPONDIAMO A GESÙ

Tutti abbiamo delle mete nella nostra vita, realizzarci e, come genitori,

portare i nostri figli a diventare qualcuno. Chissà come interpretano questo

nostro sforzo i nostri figli! Sicuramente sanno che li vorremmo più

“buoni” e “obbedienti”, ma avranno compreso che questo si realizza

“guardando fuori” da se stessi? Tanto più le mete della vita li

concentreranno su loro stessi (diventare un calciatore solo per fare soldi o

una “velina” solo per apparire in tv), tanto più li porteranno lontani da un

percorso vero rispettoso della loro vita.

Il Vangelo insegna che si può essere felici solo se si vive nell’amore,

spostando le nostre attenzioni da noi stessi a quel Dio che ci dà la gioia di

sentirci Figli e di non essere dei pellegrini senza meta nel divenire del

cosmo, da noi stessi agli altri che ci circondano, grazie ai quali ogni nostra

qualità diventerà un dono (carisma) e ogni nostra ricchezza una semina che

porterà frutto. Il percorso può sembrare difficile, perché richiama l’idea,

oggi paurosa, del sacrificio, ma il vero sacrificio, la vera privazione, si ha

sulla strada del vivere per se stessi, dove ogni giorno ci si consegna al

nulla.

CI IMPEGNIAMO

Ciascuno prende dei semi (le nostre doti-carismi) e li semina in una

vasetto di terra umida, come segno del suo volere di uscire da se stesso

per darsi agli altri.

In concreto: come posso realizzare questo?

DOMENICA DELLE PALME

Gesù dà inizio al suo mistero pasquale

• PREPARIAMOCI ALL’INCONTRO CON GESÙ

GESÙ CI PARLA: ASCOLTIAMOLO

22

Dal Vangelo secondo Marco (11,1-11)

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il

monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel

villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro

legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se

qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: "Il Signore ne ha

bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro

legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei

presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero

loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da

Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti

stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate

nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:

«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che

viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

CERCHIAMO DI CAPIRE CIÒ CHE GESÙ CI HA DETTO

Alcune premesse

Gesù è il Messia. L’evangelista Marco in questo racconto inserisce una

serie di rimandi all’attesa del Messia che non si possono ignorare.

“Messia” significa «unto con l’olio» e indica un’indelebile benedizione

speciale da parte di Dio e l’affidamento di una missione speciale a favore

di tutto il popolo. Molte sono le pagine della Bibbia che raccolgono la

speranza di un intervento salvifico da parte di Dio nella storia: qualche

volta, a causa di una profezia che Natan fece a Re Davide (2 Sam. 7), il

Messia è atteso come un re discendente di Davide; altre volte come un

profeta, un altro Mosé che sa parlare al popolo con le parole di Dio e

condurlo a lui; altre volte ancora, nelle profezie del profeta Daniele, come

un “figlio dell’uomo” che viene sulle nubi, uomo al di sopra dell’umanità,

che ha un potere cosmico che userà per ristabilire sulla terra la volontà di

Dio. Marco tesse così la trama di questo racconto mostrando come Gesù

sia sì il Messia atteso, che porterà a termine il mandato per cui Dio lo ha

mandato e benedetto, ma precisando che la strada che percorrerà non sarà

quella che in tanti si aspettavano.

Domenica delle palme o di passione Così è soliti chiamare l’odierna

23

celebrazione; entrambi i termini “centrano” il significato. Infatti subito

dopo la processione, giunti in chiesa, viene letto il racconto della passione:

Gesù entra in Gerusalemme per farle dono della sua vita ...

Le palme. Perché si parla di palme? Il vangelo di Marco non parla di

palme; gli altri evangelisti parlano semplicemente di “rami degli alberi”.

Le palme evocano la passione che avrà inizio qualche giorno dopo.

Quando, nell’antica Grecia, gli atleti superavano una gara nelle Olimpiadi,

affermavano la loro vittoria stringendo nelle mani una palma. Dal termine

testimonianza (in greco “marturia”) proviene l’espressione del nostro

“martire”. A motivo di ciò l’iconografia cristiana presenta i martiri,

testimoni di Cristo, con la palma. Dall’altro canto l’espressione “passione”

rimanda alla forza con la quale si vive una realtà: un lavoro, un amore, una

vita. Con la stessa potenza e maestà Gesù si è sottoposto alla morte e ha

trionfato dalla morte. L’ingresso di Gesù in Gerusalemme è l’espressione

dell’amore di Cristo.

Entriamo nel racconto

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso

il monte degli Ulivi. Gesù entra in Gerusalemme: è il cuore della vita di

Israele. Secondo la linea narrativa propria di Marco, questa è la prima

volta che Gesù entra in questa città, e vi accederà dalla parte del Monte

degli Ulivi. Oltre al fatto che l’ulivo richiama l’unzione messianica, tale

monte si trova ad oriente di Gerusalemme da dove le profezie avevano

predetto sarebbe arrivato il Messia.

mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di

fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul

quale nessuno è ancora salito

Anche quello strano invito di Gesù ad andare a prendere «un puledro»

richiama un’altra profezia messianica riportata dal libro di Zaccaria (9,9):

«Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un

asino, un puledro figlio d’asina». Per questo profeta, il Messia sarebbe

stato un re di pace, non violento, non un dominatore, ma avrebbe fatto

scomparire da Gerusalemme ogni ingiustizia. Gesù ordina di «slegare»

quel puledro e più volte appare in questo breve brano l’accenno a questa

azione: tale sottolineatura sembra dirci che Gesù libera questa profezia di

un Messia portatore di pace, prima «legata», coperta e censurata dal

desiderio di risolvere ogni cosa nella potenza e nella forza.

24

E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: "Il Signore

ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un

puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono.

Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed

essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.

Quella domanda fatta nel villaggio, «Perché slegate questo puledro?»,

mette in luce che per il popolo non sarà facile comprendere questo modo

di essere di Gesù: ogni volta che nel Vangelo Marco usa come

ambientazione il “villaggio”, luogo della routine e del “si è sempre fatto

cosi”», è un anticipo di incomprensione, di ostilità e di conflitto.

Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli

vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece

delle fronde, tagliate nei campi.

I suoi discepoli «gettano i mantelli» su quel puledro: gettare il mantello

significa mettere la propria fiducia, e caricarli su quell’animale è come dire

che i suoi discepoli erano disposti ad accettare una tale via di pace, non

violenta.

Gesù vi si «siede», non sale, come a dipingere la presa di possesso da

parte del re del suo trono. Inizia il regno di pace che Dio aveva promesso,

basato non sulla potenza e sulla forza, ma sull’amore.

La folla invece, corrotta da chi ha «legato» queste profezie per anni,

stende i tappeti a terra; è un segno di sottomissione, di un popolo che non

si aspetta niente di più di quello che aveva sempre ricevuto: ancora una

dominazione.

Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna!

Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che

viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

Gesù si trova in mezzo tra «quelli che precedono e quelli che lo

seguono», che gridano “osanna” (=salvaci!) ad un Messia che pensano sia

come il re Davide, ma non corrisponde alla verità; non hanno compreso

chi stanno accompagnando; per questo saranno delusi e qualche giorno

dopo fuggiranno e grideranno «crocifiggilo».

RISPONDIAMO A GESÙ

Anche noi spesso siamo tentati di dare fiducia a ciò che riteniamo sia forte

e potente e a volte vorremmo che anche la nostra fede avesse una chiara

ricaduta di benefici concreti nella nostra vita. Per riconoscere Gesù c’è

25

bisogno che abbandoniamo la via della potenza e della forza. Il nostro Dio

non chiede di sottometterci, ma di riconoscere e rispondere al suo amore;

se ci pensiamo bene, questo è molto di più di una “potente protezione”: ci

chiama ad essere amici e non servi. Se mettiamo come i suoi discepoli la

nostra fiducia in lui, Messia di pace e di amore, Gesù fa parte con noi della

sua unzione, quella della benedizione e della missione: ciascuno di noi,

con i propri doni e con la propria personalità, sarà una parte importante del

Regno di pace, di giustizia e di amore

CI IMPEGNIAMO