cammino ragazzi quaresima 2012
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Transcript of cammino ragazzi quaresima 2012
Oratorio “San Giovanni Bosco”
Brembate di Sopra
CAMMINO DI QUARESIMA 2012
INTRODUZIONE
Carissimi ragazzi,
il tempo della Quaresima, che prepara alla festa di Pasqua, è un tempo
davvero molto particolare: sembra infatti che la quaresima sia un tempo
triste, sentendo parlare di sacrificio, di penitenza, di digiuno.
Dico “sembra” perché non è affatto vero! Non è per nulla triste! E questo
cammino te lo dimostrerà!
La festa della Pasqua è certo molto particolare, ma sono sicuro che vi-
vendo bene questo tempo, riuscirai anche tu a sentire dentro di te la
gioia che la Pasqua del Signore sa portare nel cuore delle persone.
Questo cammino ti aiuterà a scoprire e a conoscere bene i moltissimi
doni che la festa di Pasqua porta a ciascuno di noi.
Ti accompagno con la preghiera.
Buon cammino!
ISTRUZIONI PER L’USO
Queste semplici indicazioni ti aiuteranno a usare senza difficoltà il libretto
di quaresima.
Il cammino di Quaresima è diviso in 6 tappe:
- le 5 settimane di Quaresima
- la Settimana Santa che precede la domenica di Pasqua
In ogni tappa (cioè ogni settimana) troverai:
- un dono della Pasqua da conoscere
- un brano di Vangelo che racconta di quel dono
- un’immagine legata al dono e al Vangelo
- un racconto che spiega il dono
- un piccolo aiuto per capire meglio
- la preghiera della sera
All’inizio di ogni tappa troverai un semplice calendario con le date im-
portanti di quella settimana da non dimenticare per vivere bene il
cammino.
Anche per la quaresima ripeteremo l’appuntamento del mercoledì, vi-
sto che è piaciuto molto:
- ore 7.30 per 1-2 media: preghiera e colazione
- ore 16.15 per 2-5 elementare: preghiera e merenda
La novità di questo cammino è che invece di raccogliere nel salvada-
naio i risparmi, ogni mercoledì potrai portare una piccola offerta oppure
un alimento (pasta, riso, cibo in scatola) per le famiglie più bisognose.
PRIMA SETTIMANA DI QUARESIMA
dal 26 febbraio al 3 marzo
LA PREGHIERA
Paul Gauguin, Cristo nell’orto degli ulivi
IMPEGNI PER LA SETTIMANA
Segna con una crocetta gli impegni che sei riuscito a rispettare questa settimana
Incontro di catechesi
Messa della domenica 26 febbraio
Preghiera del mercoledì 29 febbraio
- ricorda di portare una piccola offerta o un alimento -
Preghiera della sera
dom lun mar mer gio ven sab
Lettura del Vangelo Lettura del racconto
Lettura di “Per capire meglio…”
PREGHIERA DELLA SERA
O mio buon Dio,
ti ringrazio per i doni che oggi mi hai voluto regalare.
Ti ringrazio perché sei sempre in ascolto delle mie preghiere.
Ti ringrazio perché con il Tuo sguardo
mi accompagni in ogni momento e in ogni luogo
della giornata.
Questa sera Ti voglio pregare per …
Vangelo sulla preghiera
Dal Vangelo secondo Marco
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani e Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sedetevi qui, mentre io prego».
Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e ango-
scia.
Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate».
Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, pas-
sasse via da lui quell'ora.
E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice!
Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».
Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito
a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo
spirito è pronto, ma la carne è debole».
Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole.
Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pe-
santi, e non sapevano che cosa rispondergli.
Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi!
Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei
peccatori.
Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
Gesù prega perché ha paura del male che gli uomini tra poco gli faranno. Pre-
ga e chiede al buon Dio di poter evitare quello che accadrà.
Però aggiunge: “Non quello che voglio io ma quello che vuoi tu!”.
Anche se Gesù chiede di non soffrire, si affida completamente al buon Dio, che
conosce meglio di tutti qual è il bene più grande.
Lettura sul dono della preghiera
HEIDI
Per scoprire la bellezza del dono della preghiera ci facciamo aiutare da un per-
sonaggio che sicuramente conosci: Heidi.
Certo, proprio Heidi! Il romanzo che racconta la storia di questa bimba è molto
bello e ricco di sorprese… scommetto che neanche i grandi l’hanno mai letto!
Le parti del testo scritte in corsivo - così - con accanto il gufo sono miei com-
menti per aiutarti meglio a capire la storia, anche se la cosa più bella sarebbe
che tu leggessi tutto il romanzo!
Intanto, buona lettura!
A questo punto del romanzo, Heidi si trova a Francoforte, lontano dai
suoi cari nonni e dai suoi monti: per questo Heidi, nonostante
l’amicizia con Clara, è triste. Ogni tanto arriva la nonna di Clara, per
una visita. Questo episodio si svolge proprio nei giorni in cui la nonna
fa visita in casa Sesemann.
Heidi si svegliò e voleva saltar gioiosa fuori dalla capanna e invece stava nel suo
grande letto di Francoforte: lontano, ma così lontano dal mondo che amava,
così lontano! Né avrebbe potuto ritornare più a casa… Ficcò la testa sotto il cu-
scino e pianse disperata.
Quel suo vivere senza gioia non sfuggì alla nonna, la quale vide anche che
spesso, già al mattino, gli occhi di Heidi avevano pianto.
La chiamò in camera sua.
- Dimmi, Heidi, che hai? Hai qualche dispiacere?
Ma proprio con lei Heidi non poteva aprirsi. E disse triste:
- Non posso dirlo.
- No? Neanche a Clara?
- No. A nessuno. - Heidi, si vedeva, non aveva altro da dire.
La nonna capì quanto era infelice.
- Vieni, bambina, debbo dirti una cosa. Quando si ha dentro una pena che non
si può dire a nessuno, allora ci si confida con Dio, lassù nel cielo, e lo si prega,
perché Lui solo può aiutarci in ogni pena. Tu questo lo sai, vero? E lo preghi ogni
sera ringraziandolo del bene che ti ha dato e chiedendogli di allontanare da te
il male, sì?
- No. Non lo faccio mai.
- Non hai mai pregato, Heidi? Non sai cosa vuol dire?
- Sì, una volta, con la prima nonna, pregavo. Ma era tanto tempo fa e ormai
l’ho dimenticato.
- Vedi, Heidi, è per questo che sei così triste, perché non conosci nessuno che
possa aiutarti. Pensa invece che il buon Dio ti può aiutare, sempre, dove nessun
altro può.
- E gli si può dir tutto, proprio tutto? - chiese la bimba con un lampo di speranza.
- Tutto, Heidi.
Heidi ritrasse la mano da quella della signora.
- Posso andare?
- Certo, va’ pure.
La bambina corse in camera sua; lì sedette sul suo gabellino, giunse le mani e
raccontò tutto, ma proprio tutto, al buon Dio: tutto quel gran peso che aveva
nel suo cuore. E lo pregò di aiutarla e di farla tornare dal nonno.
Passano giorni, intere settimane e Heidi rimane sempre fedele alla
preghiera della sera, chiedendo al buon Dio sempre la stessa cosa.
Ma il buon Dio sembra non sentire le sue preghiere. Heidi pian piano
perde la speranza, rinuncia a pregare il buon Dio e la tristezza ritorna
più forte di prima.
Ogni pomeriggio la nonna di Clara chiamava Heidi e trascorreva con lei quel
tempo che solitamente era stato per la bimba solitario.
La nonna aveva nella sua stanza alcune bambole e tanti pezzi di stoffa di ogni
colore: Heidi, conversando con lei, quasi senza accorgersene imparò a cucire
vestiti e grembiulini per le bambole.
E leggeva! Leggere le piaceva tanto. I personaggi delle storie erano oramai per
lei compagni e amici: ritrovarsi con loro e seguire le già note vicende era una
grande gioia. Tuttavia Heidi non era mai allegra ed i suoi occhi neri non brillava-
no più come una volta.
Pochi giorni prima di ripartire, un pomeriggio che Heidi entrò al solito nella stanza
col suo librone sotto il braccio, la nonna disse:
- Dimmi, piccola, perché non sei contenta? Hai sempre lo stesso dispiacere?
- Sì.
- Lo hai detto al buon Dio?
- Sì.
- E lo preghi ogni giorno perché ti aiuti?
- No, non prego più.
- Perché, bambina, perché non preghi più?
- Non serve. Il buon Dio non mi ha sentita. E poi sono sicura - disse Heidi con e-
mozione palese - che quando, la sera, da Francoforte lo pregano in tanti, tutti
insieme, il buon Dio non può dar retta a tutti.
- Ne sei proprio sicura?
- Sì. L’ho pregato tutti i giorni, per settimane, e non è successo niente! Di certo
non ha capito che ero io o non mi ha udita!
La nonna scosse la testa.
- No, Heidi, così non va. Mettiti seduta e ascoltami. Tu hai pensato al Signore
come se fosse uno di noi. Ma lui è diverso, altrimenti sarebbe uno di noie e non il
buon Dio. Egli può distinguere e ascoltare tutti coloro che lo pregano. E conosce
tutti noi ed è il nostro buon padre: sa che cosa è bene per ciascuno di noi e ve-
de molto, molto più lontano di te o di me. Così, può accadere che quello che tu
gli chiedi oggi egli sappia che non è bene per te, o che non sia bene per te og-
gi. E se lui non ti dà ciò che tu chiedi è perché è meglio che tu lo riceva più in là
o perché è meglio, per te, una cosa diversa che tu oggi non conosci, ma lui sì.
Hai capito, questo? Lui è il buon Dio, e come puoi tu non avere fiducia in lui e
non pregarlo più o dimenticarlo? Vuoi far questo, Heidi, vuoi fuggire da lui? Non
vuoi avere ancora fiducia in lui e parlargli ogni giorno e pregarlo che non ti di-
mentichi?
- Sì, sì. Voglio subito tornare da lui e non dimenticarlo più - disse la bambina, che
aveva ascoltato la nonna con grande attenzione.
Nella nonna lei aveva una immensa fiducia.
Le parole della nonna sono davvero speciali e Heidi riprende subito a
pregare ogni giorno. Passa ancora molto tempo, ma le cose per la
bimba non cambiano. Ma cosa sta facendo il buon Dio? Il buon Dio
ha continuato ad ascoltare la piccola Heidi e non si è mai dimenti-
cato della sua richiesta: sta preparando una sorpresa che renderà felice non
solo Heidi ma anche il nonno e la nonna dei monti. Ascolta…
Arriva per Heidi il momento di ritornare sui suoi monti.
Cosa è successo in tutto questo tempo, mentre era a Francoforte? Ha imparato
a leggere e a scrivere. La nonna di Francoforte le ha regalato un librone specia-
le, una Bibbia illustrata, che Heidi legge con grande curiosità.
Inoltre, prima di salire sui monti, il padre di Clara le ha dato molti soldi ringrazian-
dola per essere stata accanto a sua figlia. Heidi è convinta che tutti quei soldi,
sui suoi monti, non serviranno a nulla: lì tutto è più bello!
Tornando a casa Heidi viene a sapere che la nonna è molto debole e malata: le
porta subito i panini che a casa Sesemann le avevano preparato per il viaggio
di ritorno e con grande meraviglia Heidi scopre che proprio quei panini funzio-
nano meglio di una medicina! La nonna infatti, dopo averne mangiato uno, si
sente già meglio...
Heidi non ci pensa due volte: con i soldi che ha guadagnato a Francoforte fa
avere ogni giorno alla nonna malata un panino - e due la domenica - e le tiene
compagnia leggendo per lei.
- Ecco, se il buon Dio mi avesse dato subito quanto gli chiedevo, adesso non sa-
rebbe tutto così bello! Oh, nonno, sono felice che egli abbia fatto a modo suo
invece di ascoltarmi. Adesso farò sempre come mi diceva l’altra nonna: ringra-
ziare sempre il Signore anche se non mi darà subito quanto gli avrò chiesto. E
penserò: ecco, sarà come a Francoforte e lui di certo mi sta preparando qual-
cosa di molto migliore… e non lo dimenticherò mai.
Ma le sorprese per Heidi non sono finite: il progetto del buon Dio è
ancora più grande! Anche per il nonno infatti il buon Dio ha prepara-
to un regalo davvero speciale!
Ma questo lo vedremo la terza settimana.
PER CAPIRE MEGLIO…
Solo il buon Dio può aiutarci in ogni nostra difficoltà
A Lui si può confidare tutto tutto
Il buon Dio conosce tutto e sa, più di tutti noi, cosa è meglio per noi
Il silenzio di Dio non vuol dire che non ascolta le preghiere: significa che sta
preparando qualcosa di più grande
Occorre pregarlo sempre, senza stancarsi, senza dimenticarsi mai
Occorre fidarsi davvero di Lui, perché Lui è il buon Dio
SECONDA SETTIMANA DI QUARESIMA
dal 4 al 10 marzo
L’AMICIZIA DI GESÙ
Giotto, Bacio di Giuda
IMPEGNI PER LA SETTIMANA
Segna con una crocetta gli impegni che sei riuscito a rispettare questa settimana
Incontro di catechesi
Messa della domenica 4 marzo
Preghiera del mercoledì 7 marzo
- ricorda di portare una piccola offerta o un alimento -
Preghiera della sera
dom lun mar mer gio ven sab
Lettura del Vangelo Lettura del racconto
Lettura di “Per capire meglio…”
PREGHIERA DELLA SERA
O mio buon Dio,
ti ringrazio per il dono dell’amicizia
che Gesù vuole vivere con me.
Gesù è un amico davvero speciale
perché rimane sempre fedele,
anche quando io rischio di rovinarla.
Aiutami a rendere tutte le mie amicizie
forti come quella con Gesù.
Vangelo sull’amicizia
Dal Vangelo secondo Matteo
Ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e ba-
stoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore a-
veva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!».
Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò.
E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!».
Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.
Gesù chiama “amico” Giuda, uno che lo ha tradito!
Giuda si avvicina a Gesù, lo saluta con un bacio: Giuda è un traditore, un uomo
che sfrutta la sua amicizia per far del male a Gesù.
Eppure Gesù non sembra offeso da questo gesto: lo guarda negli occhi e lo
chiama “amico”!!
Gesù è davvero unico! E unico è anche l’amore che ha per noi: un amore indi-
struttibile.
Lettura sul dono dell’amicizia
HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE
L’amicizia è un dono molto prezioso, sicuramente tu questo lo sai!
Sono moltissimi i romanzi che raccontano di grandi amicizie…
Alla fine la scelta è caduta su questo romanzo: Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Un ragazzo famoso e grandi le sue avventure! Ma anche lui non sarebbe così
grande senza i suoi inseparabili amici Hermione e Ron.
Buona lettura!
Siamo verso la fine del romanzo. Harry, Hermione e Ron stanno affron-
tando diverse prove poste dai professori di Hogwards a protezione
della Pietra Filosofale. Una pietra straordinaria perché serve a produr-
re una pozione magica che mantiene giovani e forti, per sempre!
Una pietra che non deve finire nelle mani del nemico più cattivo di tutti: Volde-
mort. Per questo motivo la pietra è custodita nel castello di Hogwards e protetta
dagli incantesimi dei professori.
Harry, Hermione e Ron vogliono trovare la Pietra Filosofale e salvarla dalle mani
di Voldemort che sembra essere ormai vicino a trovarla…
Sempre insieme, i tre sono amici fedeli. Di questo avranno bisogno per superare il
nuovo ostacolo: amicizia, fiducia, sacrificio.
‘Pronti?’ chiese Harry ai suoi compagni, mentre aveva ancora la mano sulla
maniglia del portone. I due annuirono, e lui tirò fino ad aprirlo.
La camera accanto era talmente buia che non si distingueva un bel niente. Ma
mentre vi entravano, fu improvvisamente invasa da una gran luce, e la scena
che si parò loro dinanzi fu stupefacente. Si trovavano sull'orlo di un'enorme
scacchiera, dietro ai pezzi neri, tutti molto più alti di loro e scolpiti in quella che
sembrava pietra. Di fronte a loro, all'estremità opposta del vasto locale, c'erano i
pezzi bianchi. Harry, Ron e Hermione ebbero un lieve brivido: erano altissimi e
privi di volto.
‘E adesso, che cosa facciamo?’ sussurrò Harry.
‘Ma è chiaro, no?’ disse Ron. ‘Dobbiamo iniziare a giocare e via via attraversare
la stanza fino ad arrivare dall'altra parte’.
Dietro i pezzi bianchi si scorgeva un'altra porta.
‘E come facciamo?’ chiese nervosa Hermione.
‘Penso’ rispose Ron, ‘che dovremo far finta di essere anche noi dei pezzi degli
scacchi’.
Si diresse verso un cavallo nero e tese la mano per toccarlo. D'un tratto, la pietra
di cui era fatto prese vita. Il cavallo si mise a raspare a terra con la zampa, e il
cavaliere chinò il capo coperto dall'elmo per guardare Ron.
‘Dobbiamo... ehm... dobbiamo venire con voi per attraversare?’
Il cavaliere nero annuì. Ron si voltò verso i suoi compagni.
‘Qua bisogna pensarci bene...’ disse. ‘Credo che dovremo prendere il posto di
tre dei pezzi neri...’
Harry e Hermione rimasero in silenzio, osservandolo mentre rifletteva. Alla fine,
Ron disse: ‘Be', non vi offendete, eh?, ma nessuno di voi due è molto bravo a
scacchi...’
‘Figurati se ci offendiamo’ ribatté subito Harry. ‘Dicci soltanto che cosa dobbia-
mo fare’.
‘Allora, Harry, tu prendi il posto di quell'alfiere, e tu, Hermione, mettiti vicino a lui,
al posto di quella torre’.
‘E tu?’
‘Io farò il cavallo’ disse Ron.
Sembrava che i pezzi degli scacchi li avessero sentiti, perché a quelle parole un
cavallo, un alfiere e una torre voltarono le spalle ai pezzi bianchi e se ne anda-
rono dalla scacchiera lasciando tre caselle vuote, che vennero occupate da
Harry, Ron e Hermione.
‘I bianchi muovono sempre per primi, a scacchi’ fece Ron lanciando un'occhia-
ta al lato opposto dell'enorme scacchiera. ‘E difatti, guardate...’
Un pedone bianco era avanzato di due caselle. Ron cominciò a dirigere le mos-
se dei neri, che si spostavano silenziosamente seguendo i suoi ordini. A Harry
tremavano le gambe: e se avessero perso?
‘Harry... muoviti diagonalmente di quattro caselle verso destra’.
Il primo choc vero arrivò quando fu mangiato l'altro loro cavallo. La regina bian-
ca lo sbatté a terra e lo trascinò via dalla scacchiera: rimase immobile, faccia a
terra.
‘Ho dovuto lasciarglielo fare’ disse Ron con aria sconvolta, ‘così tu, Hermione,
sarai libera di mangiare quell'alfiere. Dai, muoviti’.
Ogniqualvolta perdevano un pezzo, i bianchi si mostravano spietati. Ben presto i
pezzi neri cominciarono ad allinearsi contro il muro, inerti come pupazzi. Per due
volte Ron si accorse appena in tempo che Harry e Hermione erano in pericolo.
Frattanto, schizzava da una parte all'altra della scacchiera, mangiando tanti
bianchi quanti erano i neri che avevano perso.
‘Ci siamo quasi’ borbottò a un tratto. ‘Fatemi pensare... fatemi pensare’.
La regina bianca volse verso di lui la testa senza volto.
‘Sì...’ disse piano Ron, ‘è l'unico modo... devo lasciarmi mangiare’.
‘NO!’ esclamarono Harry e Hermione.
‘Ma a scacchi è così!’ tagliò corto Ron. ‘Bisogna pur sacrificare qualche cosa!
Ora farò un passo avanti e lei mi mangerà... e voi sarete liberi di dare scacco
matto al re, Harry!’
‘Ma...’
‘Volete fermare Piton, oppure no?’
‘Ron...’
‘Sentite, se non vi sbrigate quello ruba la Pietra!’
Non c'era nient'altro da fare.
‘Pronti?’ gridò Ron, pallido ma con aria decisa. ‘Io vado... ma ricordate: non re-
state in giro a ciondolare, dopo che avrete vinto’.
E così dicendo, fece un passo avanti e la regina lo colpì. Gli diede una forte bot-
ta in testa con il braccio di pietra e il ragazzo cadde a terra di schianto. Hermio-
ne si lasciò sfuggire un grido, ma rimase ferma sulla sua casella. La regina bian-
ca trascinò Ron da una parte: il ragazzo sembrava proprio K.O.
Tutto tremante, Harry si spostò di tre caselle a sinistra. A quel punto, il re bianco si
tolse la corona di testa e la gettò ai piedi di Harry. I neri avevano vinto. I pezzi si
divisero in due gruppi e ciascun gruppo si inchinò all'altro, lasciando intravedere
la porta aperta in fondo alla stanza. Gettando un'ultima occhiata disperata in
direzione di Ron, rimasto indietro, Harry e Hermione spiccarono la corsa, e varca-
ta la porta si diressero di gran carriera lungo il corridoio.
PER CAPIRE MEGLIO…
Gesù è l’amico più fedele, non tradisce mai
Gesù è l’amico più coraggioso, è pronto al sacrificio
Gesù è l’amico più generoso, al centro del suo cuore mette sempre la feli-
cità degli altri
TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA
dal 11 al 17 marzo
IL PERDONO
Arcabas, Il figliol prodigo
IMPEGNI PER LA SETTIMANA
Segna con una crocetta gli impegni che sei riuscito a rispettare questa settimana
Incontro di catechesi
Messa della domenica 11 marzo
Preghiera del mercoledì 14 marzo
- ricorda di portare una piccola offerta o un alimento -
Preghiera della sera
dom lun mar mer gio ven sab
Lettura del Vangelo Lettura del racconto
Lettura di “Per capire meglio…”
PREGHIERA DELLA SERA
O mio buon Dio,
ti ringrazio per il tuo grande amore.
Ti ringrazio perché mi ami sempre,
anche quando compio dei peccati.
Ti ringrazio perché sei sempre pronto a perdonarmi.
Dammi il coraggio di chiedere sempre
il dono del tuo perdono.
Vangelo sul perdono
Dal Vangelo secondo Luca
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero Gesù e i malfattori,
uno a destra e l'altro a sinistra.
Gesù diceva:
«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Nel momento di maggior dolore, mentre viene crocifisso come un uomo cattivo,
Gesù prega Dio Padre e chiede il perdono per tutti gli uomini!
Questo è l’amore che Gesù ha per noi: così grande da sopportare tanto dolore,
così potente da perdonare ogni peccato.
Lettura sul dono del perdono
HEIDI
Continuiamo a farci aiutare dal racconto di Heidi che ha da dirci molto anche sul dono
del perdono di Gesù.
Buona lettura!
Riprendiamo il racconto proprio nel momento in cui Heidi si rende conto che il
buon Dio ha fatto un grande regalo a lei e ai suoi nonni. (L’ultima parte letta
durante la prima settimana). Dopo aver aiutato la nonna con i panini e i soldi
guadagnati a Francoforte, ora vedrai quale grande regalo il buon Dio ha
preparato per il nonno.
- Ecco, se il buon Dio mi avesse dato subito quanto gli chiedevo, adesso non sa-
rebbe tutto così bello! Oh, nonno, sono felice che egli abbia fatto a modo suo
invece di ascoltarmi. Adesso farò sempre come mi diceva l’altra nonna: ringra-
ziare sempre il Signore anche se non mi darà subito quanto gli avrò chiesto. E
penserò: ecco, sarà come a Francoforte e lui di certo mi sta preparando qual-
cosa di molto migliore… e non lo dimenticherò mai.
- E se qualcuno dimenticasse Dio… - mormorò il nonno.
- Oh, quello di certo non sarà mai contento. Perché anche Dio potrebbe dimen-
ticarsi di lui.
- È proprio così! E quando è così è così, né si può tornare indietro - disse ancora il
vecchio fra sé, appresso a un suo pensiero.
- No, questeo no! - disse la piccola. - Anche questo me l’ha insegnato la nonna
di Francoforte. Perché si può sì tornare indietro, e può accadere come nella sto-
ria che c’è nel mio libro: appena siamo a casa te lo faccio vedere…
La bambina andò più svelta per il sentiero, e corse subito dentro a casa a pren-
dere il libro.
Il nonno mise giù dalle spalle la gerla, che conteneva parte del bagaglio della
bambina, perché il baule pieno non avrebbe potuto portarlo su da sé, e tutti e
due si misero a guardare il bel libro.
Heidi lesse del figlio che stava tanto bene a casa, a pascolare vacche e pecore
di suo padre. Si vedeva dalla figura com’era tutto bello: il prato, il tramonto, le
belle bestie, allegre e sane.
Ma poi quel figlio volle essere padrone di se stesso, chiese al padre quanto gli
spettava di eredità e andò via. In paese straniero egli non seppe però ammini-
strare il suo denaro, ma tutto lo scialacquò rimanendo misero e schiavo. Si im-
piegò da un contadino che aveva solo maialini da fargli sorvegliare, così lesse
Heidi, e per nutrimento non gli dava che il resto del cibo di quelle bestie. Come
fosse allora triste il suo animo lo si vedeva anche dalla figura: nel cielo scuro e
nella persona magra e stracciata del giovane.
Pentito e pieno di nostalgia, egli fuggì e volle tornare dal padre, ma, timoroso
dell’accoglienza di lui, pensava di dirgli: “Ti prego, lasciami stare nella tua casa
come servo a giornata”.
E già era in vista della casa. Si mise a correre e anche il padre, vedendolo, gli
corse incontro.
Heidi interruppe la lettura e si rivolse al nonno:
- Indovina un po’, nonno, indovina! Pensi che il padre sia ancora arrabbiato con
lui e gli dica: “Te l’avevo detto io” e lo cacci via? Ascolta, invece, ascolta!
“Il figlio cadde tra le braccia del padre mormorando: ‘Padre, ho peccato con-
tro il cielo e contro di te. Non son più degno di chiamarmi tuo figlio!’. Ma il padre
ordinò ai servi accorsi: ‘Portate per lui la veste più bella, conducetelo in casa,
dategli delle scarpe e inanellategli le mani. Portate il vitello ingrassato, uccidete-
lo e cucinatelo, che oggi è festa: perché questo mio figlio era morto ed è torna-
to a vivere, era perduto e si è ritrovato!’. Così furono felici!”.
- Nonno, non è una bella storia? - chiese Heidi.
Il vecchio sedeva pensieroso, in silenzio, mentre la bambina s’era attesa che egli
si rallegrasse con lei.
Poi disse:
- Sì, Heidi, la storia è bella… - e non disse altro.
Lei sfogliò il libro e gli mostrò le figure; per dargli gioia gli indicò ancora quella del
ritorno del figlio.
Un paio d’ore dopo, il nonno andò in soffitta a guardare la bimba nel sonno.
Le sue manine erano rimaste unite perché prima di addormentarsi Heidi non a-
veva dimenticato di pregare. Sul viso della bambina si leggevano la fiducia e la
pace.
Il vecchio restò a lungo a guardarla: poi giunse egli stesso le mani e, chinato il
capo, mormorò:
- Padre, ho peccato contro il cielo e contro Te e non sono più degno di chia-
marmi tuo figlio!
Due grosse lacrime rotolarono per le guance rugose.
Nella luce del giorno successivo, quando Heidi uscì dalla capanna, trovò il non-
no che guardava con occhi limpidi la vallata.
Salivano i rintocchi delle campane e gli uccellini nell’abete cantavano canzon-
cine domenicali.
- Mettiti il tuo vestitino più bello - disse il nonno alla bambina. - Andremo in chiesa
assieme!
PER CAPIRE MEGLIO…
Il perdono è uno dei doni più belli che il buon Dio ci fa
Il buon Dio non attende altro che fare festa con noi, quando gli chiediamo
scusa
Il buon Dio ha tanta pazienza: aspetta giorni, mesi, anni! Non si stanca mai
perché vuole poterci donare il suo perdono
Solo con il perdono del buon Dio la nostra vita è veramente felice
QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA
dal 18 al 24 marzo
L’EUCARISTIA
Caravaggio, La cena di Emmaus
IMPEGNI PER LA SETTIMANA
Segna con una crocetta gli impegni che sei riuscito a rispettare questa settimana
Incontro di catechesi
Messa della domenica 18 marzo
Preghiera del mercoledì 21 marzo
- ricorda di portare una piccola offerta o un alimento -
Preghiera della sera
dom lun mar mer gio ven sab
Lettura del Vangelo Lettura del racconto
Lettura di “Per capire meglio…”
PREGHIERA DELLA SERA
O mio buon Dio,
il dono dell’Eucaristia è davvero strano.
È difficile capire bene di cosa si tratta,
però so che anche questo
è un segno grande del tuo amore per me
e del tuo desiderio di starmi sempre vicino.
Grazie che sei sempre con me!
Vangelo sull’Eucaristia
Dal Vangelo secondo Luca
Quando venne l'ora, Gesù prese posto a tavola e gli apostoli con lui, poi prese il
pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:
«Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me».
E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo:
«Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
Non si può misurare l’amore, non lo si può nemmeno immaginare come se fosse
un oggetto.
Gesù ha “inventato” l’Eucaristia proprio per farci vedere come è fatto il Suo a-
more per noi:
- è pane, perché il suo amore può nutrire il nostro cuore per renderlo
buono come il suo
- è pane spezzato, perché per amore Gesù ha offerto il suo corpo la-
sciandosi mettere sulla croce
- è vino, perché il suo amore può dissetare il nostro desiderio di vita, di
pace, di amore, di giustizia, di perdono
- è vino versato, perché per amore Gesù ha versato sulla croce il suo
sangue
L’Eucaristia ci dice che Gesù ci ama, che è fedele sempre, che il suo amore è
più forte della morte, che il paradiso è un dono che nessuno ci può togliere.
Lettura sul dono dell’Eucaristia
LE CRONACHE DI NARNIA: IL VIAGGIO DEL VELIERO
Un nuovo romanzo per ragazzi e un’altra sorpresa!
Questa volta sono Le cronache di Narnia ad aiutarci a comprendere il grande
dono dell’Eucaristia.
Pensa: l’autore ha proprio voluto spiegare ai bambini cosa è l’Eucaristia con
questo racconto che tra poco leggerai!
Buona lettura!
Sul grande veliero viaggiano tanti amici... Noi concentriamo la nostra
attenzione su Lucy, suo fratello Edmund, il cugino Eustachio, il piccolo
topolino Ripicì e il principe Caspian. Sono in viaggio verso la fine del
mondo, alla ricerca dell’unico vero re, Aslan. L’equipaggio del velie-
ro sta affrontando tanti pericoli e diversi ostacoli. Arrivano su un’isola in cui ve-
dono una stupenda tavola ricolma di ogni delizia… Loro però sospettano sia un
trucco, un tranello.
Ma la realtà è ben diversa: davanti hanno uno dei miracoli più grandi di Aslan.
Ah, dimenticavo una cosa importante: Aslan è Gesù!
Videro uno spazio rettangolare, lungo e largo, lastricato con pietre levi-gate e
circondato da colonne grigie. Il tetto mancava; all'interno del rettangolo corre-
va un lungo tavolo coperto di un prezioso panno rosso acceso che scendeva
fino a toccare il pavimento. Sui lati c'erano sedie di pietra lavorate con grande
maestria e fornite di cuscini di seta. Sulla tavola imbandita c'era ogni ben di Dio,
un banchetto tanto ricco e prelibato che neppure a Cair Paravel, ai tempi del
Re supremo Peter e della sua corte, si era mai visto niente di simile. C'erano tac-
chini, anatre e pavoni, c'erano teste di cinghiali e bistecche di carne di cervo,
c'erano crostate enormi a forma di veliero, di elefante e di drago, e poi budini,
aragoste e salmoni, uva e nocciole, pesche e ananas, melagrane e pomodori,
meloni e banane. C'erano caraffe d'oro e d'argento, bicchieri dalla foggia cu-
riosa. L'odore di frutta e vino veniva loro incontro come una promessa di felicità.
- Incredibile! - esclamò Lucy.
Si avvicinarono sempre di più, in silenzio.
- Ma dove sono gli ospiti? - chiese Eustachio.
- Se è per quello, ci pensiamo noi - disse Rhince.
- Guardate - tagliò corto Edmund.
Ormai erano entrati nello spazio circoscritto dalle colonne, sul pavimen-to lastri-
cato. Guardarono nella direzione che Edmund aveva indicato. Non tutte le se-
die erano vuote come era sembrato: a capotavola e nei due posti a fianco c'e-
ra qualcosa, anzi, tre "cose".
- Chi sono? - domandò Lucy con un sussurro. - Sembrano tre castori.
- Oppure un enorme nido di uccelli - disse Edmund.
- Secondo me, somigliano a un mucchio di fieno - commentò Caspian.
Ripicì balzò in avanti, saltò su una sedia e salì sulla tavola, camminando come
un ballerino che si aprisse la via fra coppe ingioiellate, piramidi di frutta e saliere
d'avorio. Di gran carriera arrivò a capotavola, dove si trovavano quelle forme
indistinte e grigiastre. Sbirciò ben bene, toccò, e gridò: - Eh no, contro questi non
si può combattere.
Anche il resto della compagnia si avvicinò per constatare chi fossero gli occu-
panti delle tre sedie. Erano uomini, ma si poteva capirlo solo da vicino. I capelli
bianchi erano cresciuti sugli occhi fino a nasconderne completamente i volti; le
barbe erano arrivate fino al tavolo e si erano intrecciate intorno a piatti e calici,
come i rovi si intrecciano alle staccionate. Barbe e capelli avevano formato
un'unica matassa pelosa che scendendo dal tavolo toccava il pavimento. I ca-
pelli calavano lungo la schiena, coprendo le sedie: i tre uomini, in pratica, erano
tutto pelo.
- Morti? - domandò Caspian.
- Credo di no, Sire - rispose Ripicì, sollevando la mano di uno degli uomini dopo
averla liberata dal groviglio di capelli. - È calda e il polso batte.
- È calda anche questa. E questa! - disse Drmian.
- Che diavolo, ma allora sono addormentati! - esclamò Eustachio.
- Dev'essere stato un sonno molto lungo, a giudicare dai capelli - constatò Ed-
mund.
- Sicuramente un sonno magico - intervenne Lucy. - Appena sbarcata mi sono
resa conto che questo luogo è pieno di magia. Forse siamo qui per rompere l'in-
cantesimo.
- Possiamo provarci - disse Caspian, e cominciò a scuotere il dormiente più vici-
no.
Per un momento pensarono che riuscisse a svegliarlo, perché l'uomo fe-ce un
respiro profondo e mormorò: - Basta andare verso est... I remi in mare, si torna a
Narnia. - Ma poi sprofondò in un sonno ancora più pe-sante. La testa si chinò di
pochi centimetri, fino a ricadere pesantemente sul tavolo, e mutile risultò ogni
sforzo per svegliarlo.
La stessa cosa avvenne con il secondo uomo.
- Non siamo nati per vivere come bruti. Ancora verso oriente, finché ci sarà una
possibilità. Avanti tutta, verso le terre al di là del sole! - E spro-fondò di nuovo nel
sonno.
E il terzo: - La mostarda, per favore - e tornò a dormire come un ghiro.
- I remi in mare, si torna a Narnia, eh? - ripeté Drinian.
- Proprio così, Drinian - confermò Caspian. - Credo che la nostra ricerca sia con-
clusa. Diamo un'occhiata ai loro anelli: ah, ecco le iniziali. Questo è lord Revilian,
questo è Argoz e quest'altro Mavramorn.
- Ma se non riusciamo a svegliarli - chiese Lucy - cosa possiamo fare?
- Chiedo perdono alle Vostre Maestà - intervenne Rhince - ma perché non di-
scuterne a tavola? Non capita tutti i giorni di sedere a un ban-chetto come
questo.
- Assolutamente no! - esclamò Caspian.
- È giusto, è giusto - commentarono i marinai. - Mmm, troppa magia da queste
parti. Prima torniamo a bordo, meglio è.
- È colpa del cibo - esclamò Ripicì. - I tre nobili dormono da anni perché hanno
mangiato queste squisitezze.
- Non le toccherei per niente al mondo - precisò Drinian.
- È strano, guardate come cala velocemente la luce - notò Rynelf.
- Torniamo alla nave, torniamo alla nave - mormorarono in coro gli uomini.
- Credo che abbiano ragione - disse Edmund. - Possiamo decidere domani cosa
fare dei tre dormienti. Lasciamo tutto così, senza toccare niente. A che servireb-
be passare la notte qui? È un posto che sprigiona magia e pericolo.
- Condivido pienamente l'opinione di re Edmund - ribatté Ripicì - almeno per
quanto riguarda la nave e i desideri dell'equipaggio. Ma per quanto sta in me,
aspetterò l'alba seduto a questa tavola.
- E perché? - chiese Edmund.
- Perché - rispose il topo - questa è una grande avventura. Inoltre, per il sotto-
scritto non esiste minaccia più grave che l'idea di tornare a Narnia senza aver
risolto un mistero, per paura.
- Io rimango con te, Ripicì - fece Edmund.
- Anch'io - disse Caspian.
- Anch'io - aggiunse Lucy.
Persino Eustachio si offrì volontario: fu un atto di grande coraggio, se si pensa
che non aveva mai letto libri che trattassero quello strano genere di cose, e che,
prima del suo arrivo sul Veliero dell'alba, di argomenti simili non aveva mai senti-
to parlare; per questo si trovava in una posizione di svantaggio rispetto agli altri.
- Vostra Maestà, vi prego... - cominciò Drinian.
- No, amico mio - lo interruppe Caspian. - Il tuo posto è sul veliero. E poi, mentre
noi ce ne siamo stati con le mani in mano tutto il giorno, tu hai faticato sul ponte.
Ne seguì una lunga discussione, ma alla fine fu Caspian a spuntarla. Mentre la
ciurma si allontanava nel crepuscolo verso la spiaggia, nessuno fra i cinque ri-
masti di guardia (con la possibile eccezione di Ripicì) mancò di sentire un brivido
di freddo lungo la schiena.
Ci volle un bel po' perché decidessero in quale punto del tavolo sedersi. Con
ogni probabilità pensavano tutti la stessa cosa, anche se evitavano di parlarne,
e cioè che si trattava di una questione delicata: non era da poco star seduti tut-
ta la notte vicino alle tre orribili figure barbute che, sebbene fossero ancora vive,
certo non lo erano nel vero senso del termine. D'altro canto, sedersi all'estremità
opposta avrebbe significato vedere i tre dormienti farsi indistinti nel buio della
sera, finché, nel cuore della notte, sarebbero scomparsi definitivamente. A quel
punto, capire se si fossero mossi sarebbe diventato impossibile. No, neanche a
pensarlo. I cinque amici presero a gironzolare intorno al tavolo, dicendo: - Che
ne dite di sedersi qui?
E in risposta: - No, forse è meglio un poco più in là.
Oppure: - Ma perché non ci mettiamo dall'altra parte?
Finalmente decisero di sistemarsi verso il centro del tavolo, più vicini ai dormienti
che all'altro capo.
Ormai erano le dieci di sera e faceva buio. Le strane composizioni di stelle arde-
vano nel cielo di levante; Lucy sarebbe stata felice di rivedere il Leopardo, la
Nave e gli altri vecchi amici del cielo narniano.
Si strinsero nei mantelli e cominciarono a vegliare. All'inizio ci fu qualche timido
tentativo di conversazione che svanì nel nulla; stavano immobili, seduti, senza
muovere un muscolo, cullati dallo sciabordio delle onde che si frangevano sulla
spiaggia.
Dopo un paio d'ore che parvero secoli, si accorsero di aver sonnecchiato per un
po' e di essersi svegliati di soprassalto. Le stelle avevano cambiato assetto e non
erano nella posizione in cui le avevano viste prima di assopirsi; il cielo era nero e
buio, con un leggerissimo accenno grigio a oriente. Avevano sonno, sete ed e-
rano intirizziti. Nessuno parlava, ma sentirono che finalmente stava per succede-
re qualcosa.
Davanti a loro, oltre le colonne, c'era una collinetta. Sul pendio si spa-lancò una
porta e ne scaturì un bagliore, poi una strana figura si fece avanti e richiuse la
porta alle spalle.
La figura aveva in mano una luce, l'unica cosa che videro con chiarezza. Si av-
vicinava un passo alla volta e si fermò dalla parte opposta del tavolo. Era una
ragazza alta, vestita di un lungo abito turchese che le lasciava le braccia nude.
La testa era scoperta, i capelli biondi e lunghi ricadevano sulle spalle. Quando
la videro bene, pensarono di non aver mai conosciuto il significato della bellez-
za.
La luce veniva da una lunga candela in un candelabro d'argento, che la ragaz-
za posò sul tavolo. Il vento, che prima soffiava dal mare, doveva es-sere calato,
visto che la fiamma bruciava dritta e ferma come se fossero in una stanza dalle
finestre chiuse e le tende tirate. L'argento e l'oro brillavano alla luce.
A questo punto Lucy notò un oggetto che era sfuggito alla loro attenzio-ne: un
coltello di pietra tagliente come l'acciaio e con l'aria di qualcosa di antico e ter-
ribile. Era lì sul tavolo.
Nessuno aveva ancora aperto bocca. Ripicì per primo, poi Caspian si alzarono
in piedi: sapevano di essere alla presenza di una gran dama.
- Voi, arrivati alla Tavola di Aslan da tanto lontano - cominciò la ragazza - per-
ché non avete mangiato e bevuto?
- Signora - rispose Caspian - temevamo che fosse stato il cibo a sprofondare i
nostri amici in un sonno senza fine.
- Non lo hanno mai assaggiato - ribatté lei.
- Per favore - intervenne Lucy - raccontaci cos'è accaduto.
- Sette anni fa - cominciò la giovane donna - vennero in questa terra a bordo di
una nave dalle vele stracciate e i legni cadenti. Con loro c'erano pochi altri,
marinai per lo più. Quando arrivarono a questa tavola, uno disse: «È il posto giu-
sto. Ammainiamo le vele e tiriamo i remi in secco. Sediamo qui e finiamo i nostri
giorni in pace». Il secondo rispose: «No, torniamo a bordo e facciamo vela per
Narnia, a occidente; forse nel frattempo Miraz è morto». E il terzo, che era un
uomo dai modi autoritari, saltò su dicendo: «Santo cielo, siamo uomini e naviga-
tori, non bruti. Cosa dovremmo fare, se non cercare un'avventura dopo l'altra?
Noi siamo nati per vivere il pericolo. Impieghiamo il tempo che ci resta nella ri-
cerca del mon-do disabitato al di là dell'aurora». Litigarono. Quello più autorita-
rio afferrò il Coltello di Pietra che si trovava sul tavolo e senza dubbio lo avrebbe
usato contro i compagni. Ma toccarlo fu un grave errore, perché come strinse le
dita intorno all'impugnatura, un sonno profondo si abbatté su di loro. Finché l'in-
cantesimo non verrà sciolto, non potranno svegliarsi.
- Ma cos'è il Coltello di Pietra? - domandò Eustachio.
- Nessuno di voi lo sa? - chiese la giovane donna.
- Io... - intervenne Lucy - ...credo di averne già visto uno simile. Fu con un coltello
come questo che la Strega Bianca uccise Aslan sulla Tavola di Pietra, tanto
tempo fa.
- È proprio quello - disse la donna. - Fu portato qui per essere con-servato come
reliquia fino alla fine del mondo.
Edmund, che negli ultimi cinque minuti era apparso sempre più a disa-gio, si de-
cise a parlare.
- Spero di non essermi comportato da codardo, nel non mangiare que-sto cibo.
Scusaci, non volevamo sembrare sgarbati, ma durante i nostri viaggi ci siamo
imbattuti nelle avventure più strane e abbiamo imparato che non sempre le co-
se sono come sembrano. Quando ti guardo, non posso far altro che credere alle
tue parole: ma questo avviene anche quando parlano le streghe. Come fac-
ciamo a esser certi della tua amicizia?
- Non potete saperlo con certezza - confermò la ragazza. - Potete credermi o
no.
Dopo una piccola pausa si sentì la voce stridula di Ripicì.
- Sire - disse rivolgendosi a Caspian - vi sarei grato se mi versaste un calice da
quella caraffa: è troppo grande per me, non riesco ad alzarla. Voglio bere in
onore di questa giovane.
Caspian obbedì; il topo, in piedi sulla tavola, prese il calice d'oro fra due zampe
e disse: - Alla vostra, signora. - Poi si lanciò sulle carni di un pavone freddo, segui-
to di lì a poco anche dal resto della compagnia. Ave-vano tutti una gran fame
e il cibo, anche se non era esattamente quello che ci vuole di primo mattino, si
rivelò eccellente e prelibato.
- Ma perché si chiama Tavola di Aslan? - chiese Lucy.
- È stata messa qui per suo volere - spiegò la donna. - Serve a sfamare quelli che
ci arrivano. C'è chi chiama questa terra Fine del Mondo, perché sebbene si pos-
sa proseguire ancora, è l'inizio della Fine.
- Come fate a conservare queste prelibatezze? - chiese Eustachio il pratico.
- Il cibo si rinnova ogni volta che viene mangiato, giorno dopo giorno - spiegò la
donna.
PER CAPIRE MEGLIO…
Il cammino della vita è spesso faticoso: l’Eucaristia è il cibo del cuore che ci
rende forti per superare le fatiche
Il nemico del buon Dio, il diavolo, cerca di ostacolare il nostro cammino:
l’Eucaristia è il cibo che rende il nostro cuore così buono da sconfiggere il
diavolo
Il buon Dio prepara sempre una tavola speciale per tutti i suoi figli, perché
chi ha bisogno della forza di Dio possa averla: l’Eucaristia è il cibo prepara-
to dal buon Dio per ognuno di noi, ogni giorno
QUINTA SETTIMANA DI QUARESIMA
dal 25 al 31 marzo
LA MADONNA
Domenico Ghirlandaio, Madonna della Misericordia
IMPEGNI PER LA SETTIMANA
Segna con una crocetta gli impegni che sei riuscito a rispettare questa settimana
Incontro di catechesi
Messa della domenica 25 marzo
Preghiera del mercoledì 28 marzo
- ricorda di portare una piccola offerta o un alimento -
Preghiera della sera
dom lun mar mer gio ven sab
Lettura del Vangelo Lettura del racconto
Lettura di “Per capire meglio…”
PREGHIERA DELLA SERA
O mio buon Dio,
grazie per questo dono prezioso.
È proprio come nell’immagine:
Maria è la mamma di tutti e dal cielo ci protegge
con il suo potente amore.
Maria mi rivolgo a te e ti prego per …
Ave o Maria, piena di grazia…
Vangelo su Maria
Dal Vangelo secondo Giovanni
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria ma-
dre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, dis-
se alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!».
Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!».
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.
Gesù prima di morire offre un dono prezioso a tutti gli uomini: Maria.
Gesù parlando a sua madre le dice: “D’ora in poi sarai la mamma di tutti gli uo-
mini”; poi guardando il discepolo dice: “D’ora in poi lei sarà la mamma di tutti”.
Maria quindi per volontà di Gesù diventa la mamma del cielo che tutti noi ab-
biamo.
Lettura sul dono di Maria
LE AVVENTURE DI PINOCCHIO
Ecco un altro personaggio di cui hai sicuramente sentito parlare… ma chissà se
hai letto la sua storia…
Nella storia di Pinocchio c’è un personaggio bellissimo e dolcissimo, che veglia
su di lui, lo soccorre nelle difficoltà e lo aiuta a diventare buono: è la Fata Tur-
china!
Buona lettura!
Pinocchio è inseguito dal Gatto e dalla Volpe che, travestiti da as-
sassini, vogliono rapinarlo delle monete d’oro. Lo catturano ma non
riescono ad aprirgli la bocca, dove nasconde le monete d’oro. Allo-
ra decidono di impiccarlo, per poterlo derubare.
Il Gatto e la Volpe, dopo averlo attaccato per il collo ad una grande quercia,
se ne vanno a casa: sarebbero tornati il giorno successivo per prendersi con
calma le monete d’oro dalla bocca di Pinocchio.
Ma loro non potevano sapere che, proprio lì vicino, abita una bella bambina
dai capelli turchini…
In quel mentre che il povero Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della
Quercia grande, pareva oramai più morto che vivo, la bella Bambina dai capelli
turchini si affacciò daccapo alla finestra, e impietositasi alla vista di quell’infelice
che, sospeso per il collo, ballava il trescone alle ventate di tramontana, batté
per tre volte le mani insieme, e fece tre piccoli colpi.
A questo segnale si sentì un gran rumore di ali che volavano con foga precipito-
sa, e un grosso falco venne a posarsi sul davanzale della finestra.
- Che cosa comandate, mia graziosa Fata? - disse il Falco abbassando il becco
in atto di reverenza (perché bisogna sapere che la Bambina dai capelli turchini
non era altro, in fin dei conti, che una buonissima Fata, che da più di mill’anni
abitava nelle vicinanze di quel bosco):
- Vedi tu quel burattino attaccato penzoloni a un ramo della Quercia grande?
- Lo vedo.
- Orbene: vola subito laggiù: rompi col tuo fortissimo becco il nodo che lo tiene
sospeso in aria e posalo delicatamente sdraiato sull’erba a piè della Quercia.
Il Falco volò via e dopo due minuti tornò dicendo:
- Quel che mi avete comandato, è fatto.
- E come l’hai trovato? Vivo o morto?
- A vederlo, pareva morto, ma non dev’essere ancora morto perbene, perché,
appena gli ho sciolto il nodo scorsoio che lo stringeva intorno alla gola, ha la-
sciato andare un sospiro, balbettando a mezza voce: «Ora mi sento meglio!».
Allora la Fata, battendo le mani insieme, fece due piccoli colpi, e apparve un
magnifico Can-barbone, che camminava ritto sulle gambe di dietro, tale e qua-
le come se fosse un uomo.
Il Can-barbone era vestito da cocchiere in livrea di gala. Aveva in capo un nic-
chiettino a tre punte gallonato d’oro, una parrucca bianca coi riccioli che gli
scendevano giù per il collo, una giubba color di cioccolata coi bottoni di brillan-
ti e con due grandi tasche per tenervi gli ossi che gli regalava a pranzo la pa-
drona, un paio di calzoni corti di velluto cremisi, le calze di seta, gli scarpini scol-
lati, e di dietro una specie di fodera da ombrelli, tutta di raso turchino, per met-
tervi dentro la coda, quando il tempo cominciava a piovere.
- Su da bravo, Medoro! - disse la Fata al Can-barbone;
- Fai subito attaccare la più bella carrozza della mia scuderia e prendi la via del
bosco. Arrivato che sarai sotto la Quercia grande, troverai disteso sull’erba un
povero burattino mezzo morto. Raccoglilo con garbo, posalo pari pari su i cusci-
ni della carrozza e portamelo qui. Hai capito?
Il Can-barbone, per fare intendere che aveva capito, dimenò tre o quattro volte
la fodera di raso turchino, che aveva dietro, e partì come un barbero.
Di lì a poco, si vide uscire dalla scuderia una bella carrozzina color dell’aria, tutta
imbottita di penne di canarino e foderata nell’interno di panna montata e di
crema coi savoiardi.
La carrozzina era tirata da cento pariglie di topini bianchi, e il Can-barbone, se-
duto a cassetta, schioccava la frusta a destra e a sinistra, come un vetturino
quand’ha paura di aver fatto tardi.
Non era ancora passato un quarto d’ora, che la carrozzina tornò, e la Fata, che
stava aspettando sull’uscio di casa, prese in collo il povero burattino, e portatolo
in una cameretta che aveva le pareti di madreperla, mandò subito a chiamare
i medici più famosi del vicinato.
E i medici arrivarono subito, uno dopo l’altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta
e un Grillo-parlante.
- Vorrei sapere da lor signori, - disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intor-
no al letto di Pinocchio, - vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burat-
tino sia morto o vivo!...
A quest’invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio:
poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand’ebbe tastato ben be-
ne, pronunziò solennemente queste parole:
- A mio credere il burattino è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto,
allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!
- Mi dispiace, - disse la Civetta, - di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico
e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non
fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!
- E lei non dice nulla? - domandò la Fata al Grillo-parlante.
- Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa
che possa fare, è quella di stare zitto. Del resto quel burattino lì non m’è fisono-
mia nuova: io lo conosco da un pezzo!...
Pinocchio, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe
una specie di fremito convulso, che fece scuotere tutto il letto.
- Quel burattino lì, - seguitò a dire il Grillo-parlante, - è una birba matricolata...
Pinocchio aprì gli occhi e li richiuse subito.
- È un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo. Pinocchio si nascose la faccia
sotto i lenzuoli.
- Quel burattino lì è un figliuolo disubbidiente, che farà morire di crepacuore il
suo povero babbo!...
A questo punto si sentì nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi.
Figuratevi come rimasero tutti, allorché sollevati un poco i lenzuoli, si accorsero
che quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio.
- Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione, - disse solenne-
mente il Corvo.
- Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega, - soggiunse la Civetta, -
ma per me, quando il morto piange è segno che gli dispiace a morire.
Appena i tre medici furono usciti di camera, la Fata si accostò a Pinocchio e,
dopo averlo toccato sulla fronte, si accòrse che era travagliato da un febbrone
da non si dire.
Allora sciolse una certa polverina bianca in un mezzo bicchier d’acqua, e por-
gendolo al burattino, gli disse amorosamente:
- Bevila, e in pochi giorni sarai guarito.
Pinocchio guardò il bicchiere, storse un po’ la bocca, e poi dimanda con voce
di piagnisteo:
- È dolce o amara?
- È amara, ma ti farà bene.
- Se è amara, non la voglio.
- Da’ retta a me: bevila.
- A me l’amaro non mi piace.
- Bevila: e quando l’avrai bevuta, ti darò una pallina di zucchero, per rifarti la
bocca.
- Dov’è la pallina di zucchero?
- Eccola qui, - disse la Fata, tirandola fuori da una zuccheriera d’oro.
- Prima voglio la pallina di zucchero, e poi beverò quell’acquaccia amara...
- Me lo prometti?
- Sì...
La Fata gli dette la pallina, e Pinocchio, dopo averla sgranocchiata e ingoiata in
un attimo, disse leccandosi i labbri:
- Bella cosa se anche lo zucchero fosse una medicina!...
Mi purgherei tutti i giorni.
- Ora mantieni la promessa e bevi queste poche gocciole d’acqua, che ti ren-
deranno la salute.
Pinocchio prese di mala voglia il bicchiere in mano e vi ficcò dentro la punta del
naso: poi se l’accostò alla bocca: poi tornò a ficcarci la punta del naso: final-
mente disse:
- È troppo amara! troppo amara! Io non la posso bere.
- Come fai a dirlo se non l’hai nemmeno assaggiata?
- Me lo figuro! L’ho sentita all’odore. Voglio prima un’altra pallina di zucchero... e
poi la beverò!...
Allora la Fata, con tutta la pazienza di una buona mamma, gli pose in bocca un
altro po’ di zucchero; e dopo gli presentò daccapo il bicchiere.
- Così non la posso bere! - disse il burattino, facendo mille smorfie.
- Perché?
- Perché mi dà noia quel guanciale che ho laggiù sui piedi.
La Fata gli levò il guanciale.
- È inutile! Nemmeno così la posso bere...
- Che cos’altro ti dà noia?
- Mi dà noia l’uscio di camera, che è mezzo aperto.
La Fata andò e chiuse l’uscio di camera.
- Insomma, - gridò Pinocchio, dando in uno scoppio di pianto, -
quest’acquaccia amara, non la voglio bere, no, no, no!...
- Ragazzo mio, te ne pentirai...
- Non me n’importa...
- La tua malattia è grave...
- Non me n’importa...
- La febbre ti porterà in poche ore all’altro mondo...
- Non me n’importa...
- Non hai paura della morte?
- Punto paura!... Piuttosto morire, che bevere quella medicina cattiva.
A questo punto, la porta della camera si spalancò ed entrarono dentro quattro
conigli neri come l’inchiostro, che portavano sulle spalle una piccola bara da
morto.
- Che cosa volete da me? - gridò Pinocchio, rizzandosi tutto impaurito a sedere
sul letto.
- Siamo venuti a prenderti, - rispose il coniglio più grosso.
- A prendermi?... Ma io non sono ancora morto!...
- Ancora no: ma ti restano pochi minuti di vita avendo tu ricusato di bevere la
medicina, che ti avrebbe guarito dalla febbre!...
- O Fata, o Fata mia,- cominciò allora a strillare il burattino, - datemi subito quel
bicchiere. Spicciatevi, per carità, perché non voglio morire no... non voglio mori-
re...
E preso il bicchiere con tutt’e due le mani, lo votò in un fiato.
- Pazienza! - dissero i conigli. - Per questa volta abbiamo fatto il viaggio a ufo.
E tiratisi di nuovo la piccola bara sulle spalle, uscirono di camera bofonchiando
e mormorando fra i denti.
Fatto sta che di lì a pochi minuti, Pinocchio saltò giù dal letto, bell’e guarito;
perché bisogna sapere che i burattini di legno hanno il privilegio di ammalarsi di
rado e di guarire prestissimo.
E la Fata, vedendolo correre e ruzzare per la camera, vispo e allegro come un
gallettino di primo canto, gli disse:
- Dunque la mia medicina t’ha fatto bene davvero?
- Altro che bene! Mi ha rimesso al mondo!...
- E allora come mai ti sei fatto tanto pregare a beverla?
- Egli è che noi ragazzi siamo tutti così! Abbiamo più paura delle medicine che
del male.
- Vergogna! I ragazzi dovrebbero sapere che un buon medicamento preso a
tempo può salvarli da una grave malattia e fors’anche dalla morte...
- Oh! ma un’altra volta non mi farò tanto pregare! Mi rammenterò di quei conigli
neri, colla bara sulle spalle... e allora piglierò subito il bicchiere in mano, e giù!...
PER CAPIRE MEGLIO…
Maria è la mamma del soccorso: ha sempre lo sguardo rivolto verso di noi,
perché ci vuol bene, pronta ad intervenire in caso di bisogno
Maria è la mamma degli angeli, dei santi e di tutti gli uomini: ha tantissimi
aiutanti che manda incontro a noi per donarci ciò che ci rende veramente
felici
Maria è la mamma del cielo: la sua pazienza è senza confini, proprio come
il cielo
SETTIMANA SANTA
dal 1 al 8 aprile
IL PARADISO
Icona russa, Gesù e il buon ladrone
IMPEGNI PER LA SETTIMANA
Segna con una crocetta gli impegni che sei riuscito a rispettare questa settimana
Incontro di catechesi
Messa della domenica 1 aprile
Preghiera del mercoledì 4 aprile
- ricorda di portare una piccola offerta o un alimento -
Preghiera della sera
dom lun mar mer gio ven sab
Lettura del Vangelo Lettura del racconto
Lettura di “Per capire meglio…”
PREGHIERA DELLA SERA
O mio buon Dio,
il dono più grande è il Paradiso:
una casa nel cielo,
in cui vivere per sempre con te
e con tutte le persone buone del mondo.
Dammi la forza di restare sempre buono
e aiuta tutte le persone cattive
a chiedere perdono e cambiare vita.
Vangelo sul Paradiso
Dal Vangelo secondo Luca
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava:
«Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!».
L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei
condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che
abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno».
Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Wow! Incredibile! Quel ladrone buono non si aspettava di certo un regalo così
grande! Lui ha chiesto solo di essere ricordato, invece Gesù gli offre in dono il
Paradiso.
Gesù è fatto così: il suo cuore è talmente grande che lascia tutti senza parole…
Lettura sul dono del Paradiso
LE CRONACHE DI NARNIA: IL LEONE, LA STREGA E L’ARMADIO
Ritorniamo alle Cronache di Narnia (lo sai che in tutto sono 7 libri?)… Già! E que-
sto episodio - Il leone, la strega e l’armadio - è il secondo.
Questo è uno dei libri che contiene la storia più grande di Aslan: la sua morte e
risurrezione. Certo! Ricordi? Alla quarta settimana, quando hai letto – Il viaggio
del veliero - ti avevo detto che Aslan è Gesù.
Tienilo presente quando leggi questo racconto!
Buona lettura!
Siamo al momento più drammatico della storia di Aslan. Infatti si è
consegnato nelle mani della Strega bianca per sacrificarsi al posto
del giovane Edmund… Le creature cattive, schiave della Strega, lo
hanno catturato, legato e posto sopra la Tavola di Pietra. La Strega
bianca è convinta ormai di aver vinto, perché l’unico che poteva sconfiggerla è
proprio Aslan…
La Strega Bianca si tolse il mantello e rimase con le braccia nude, come la notte
precedente davanti a Edmund. Cominciò ad affilare il coltello, e quando la luce
delle torce lo colpì, a Susan e Lucy sembrò che non fosse d'acciaio ma di pietra,
e di forma strana o diabolica.
Alla fine anche la Strega Bianca si avvicinò alla Tavola di Pietra e si fermò ac-
canto alla testa di Aslan. La strega aveva la faccia stravolta dalla malvagità,
ma lui guardava in alto, verso il cielo, sempre tranquillo, né impaurito né irato,
solo un po' triste. Allora, prima di vibrare il colpo, la strega si chinò su di lui e con
voce fremente chiese:
- Dunque, chi ha vinto? E tu, pazzo, credi che con questo salverai il traditore? Io
ti ucciderò al posto suo, come era nel patto: così la Grande Magia sarà rispetta-
ta. Ma quando sarai morto, chi mi impedirà di uccidere anche lui? Chi lo strap-
perà dalle mie mani, allora? Mi hai consegnato, e per sempre, il regno di Narnia.
Hai perso la tua vita ma non hai salvata quella di lui. Capiscilo finalmente e
muori nella disperazione.
Le due sorelline non videro il momento preciso in cui la malvagia strega vibrò il
colpo. Non avrebbero potuto sopportare un simile spettacolo: perciò si copriro-
no gli occhi con le mani.
Susan e Lucy stavano ancora accucciate tra i cespugli, con le mani sul viso,
quando sentirono la Strega Bianca gridare:
- Forza, seguitemi! Sistemeremo una volta per tutte gli strascichi di questa guerra.
Non ci vorrà molto a schiacciare quei traditori e i luridi esseri umani. Ormai il gat-
tone è morto.
Fu allora che, per qualche istante, le due bambine corsero un serio peri-colo.
La vile marmaglia si lanciò giù per la collina, passando proprio davanti al na-
scondiglio di Susan e Lucy, e riempì l'aria di grida selvagge, del suo-no stridulo
delle trombe e di quello più cupo dei corni. Susan e Lucy sentivano il terreno
rimbombare sotto il galoppo furioso dei minotauri. Sen-tirono il soffio gelido degli
spettri e, sopra le teste, il turbinio delle orribili ali nere degli avvoltoi e dei pipistrelli
giganti. In un'altra occasione avrebbero tremato d'orrore e di paura, ma in quel
momento il loro cuore era così pieno di angoscia per l'infame assassinio di Aslan
che non ci pensarono affatto.
Appena il bosco fu tornato silenzioso, le due sorelle uscirono dai cespu-gli e si i-
noltrarono nel grande prato in cima alla collina. La luna ormai tramontava ed
era velata da nuvole leggere, ma Susan e Lucy riuscivano ancora a vedere la
forma del leone che giaceva morto, strettamente avvinto nei legami. Si ingi-
nocchiarono vicino a lui, sull'erba umida, baciarono e ribaciarono la testa fred-
da, accarezzarono quel poco che rimaneva della bella criniera e piansero fin-
ché ebbero lacrime. Poi si guardarono in faccia e stringendosi le mani, al colmo
della malinconia, piansero ancora. Alla fine, quando si calmarono un poco,
Lucy disse:
- Non posso sopportare la vista di quella specie di museruola. E se provassimo a
toglierla?
Provarono. Pur con gran fatica perché avevano le dita gelate, essendo quella
l'ora più fredda della notte, ci riuscirono. Quando videro il muso di Aslan libero
dai lacci scoppiarono di nuovo a piangere e ripresero a baciarlo e accarezzar-
lo, ed erano più disperate di quanto potrei dire.
- E se provassimo a slegarlo completamente? - propose nuovamente Susan.
Ma i nemici di Aslan, per pura cattiveria, avevano stretto i nodi in modo tale che
le due ragazzine non riuscirono a fare niente.
Spero che nessuno di quelli che leggeranno il libro sia mai stato infelice come
Susan e Lucy quella notte. Ma chiunque abbia avuto un dolore così grande da
piangerci fino a non avere più lacrime, sa bene che a un certo momento si arri-
va a una specie di tranquilla malinconia, una sorta di calma, quasi la certezza
che non succederà più nulla. In ogni modo fu questo che capitò alle due bam-
bine! Stavano tranquille, senza neppure accorgersi che l'aria andava facendosi
sempre più fresca, e alla fine Lucy notò due cose: che a est della collina il cielo
era un po' meno buio e che qualcosa si muoveva sull'erba ai loro piedi. In un
primo momento non se ne curò più di tanto (non le importava più niente, ormai),
poi si rese conto che il qualcosa in movimento si era trasferito sulla Tavola di Pie-
tra e, qualsiasi cosa fosse, si muoveva lungo il corpo di Aslan. Si avvicinò per ve-
dere meglio e scorse tante piccole forme grigie.
- Oh, che orrore! - gridò Susan dall'altra parte della tavola.
- Questi brutti topolini gli camminano addosso. Via, via, bestiacce - e alzò una
mano per farli scappare.
- Aspetta - gridò Lucy, che aveva guardato più attentamente.
- Non vedi cosa fanno?
Susan si chinò a osservare meglio.
- Che strano - mormorò. - Sembra che stiano rosicchiando le corde.
- Sembra anche a me - confermò Lucy. - Sono animaletti gentili. Forse non han-
no capito che Aslan è morto e credono di far bene. Questi topolini vogliono libe-
rarlo.
Adesso il cielo era veramente più chiaro. Le due sorelle si guardarono in faccia e
si accorsero di essere molto pallide. Poi tornarono a guardare i topolini: dozzine
e dozzine, forse un centinaio, che si davano un gran daffare con i denti. Alla fine
ebbero partita vinta.
A oriente il cielo sbiancava. Le stelle erano scomparse tutte, tranne una, gran-
dissima, che brillava fulgida all'orizzonte. Susan e Lucy rabbrividiro-no all'aria fre-
sca del mattino. I topolini se ne andarono via. Susan e Lucy tolsero i resti delle
corde rosicchiate dal corpo di Aslan e rimasero a con-templare il leone: ora so-
migliava molto di più a quello che era stato, e via via che la luce si faceva più
forte Aslan sembrava riprendere la sua antica espressione di calma e maestosi-
tà. Nel bosco alle loro spalle un uccellino fece sentire il suo cinguettio soffocato.
Fino a quel momento il silenzio era stato così completo che Susan e Lucy quasi
sobbalzarono di spavento, sentendo quel dolce suono. Poi un altro uccello rispo-
se al primo, da più lontano, e un altro ancora. Dopo pochi istanti l'aria echeg-
giava di mille voci canore.
Ormai l'alba aveva preso il posto della notte.
- Ho un gran freddo - disse Lucy.
- Anch'io - concordò Susan. - Camminiamo un poco.
Si mossero lentamente e arrivarono fino all'orlo del crinale della collina, a est.
Anche la grande stella che brillava a oriente era quasi scomparsa. Il paesaggio
appariva di color grigio scuro, ma in lontananza c'era una striscia più chiara: il
mare. E pian piano il cielo diventava di un rosa sempre più intenso.
Le due sorelle continuarono a camminare avanti e indietro, dall'orlo del-la colli-
na al corpo di Aslan e viceversa, innumerevoli volte: cercavano di scaldarsi un
poco. Si erano fermate a contemplare per un momento il mare e il castello di
Cair Paravel, quando la striscia rosa che tingeva l'orizzonte diventò color dell'oro
e dove mare e cielo si incontravano apparve il bordo del disco solare.
Fu allora, mentre spuntava il sole, che sentirono dietro di sé un rumore fortissimo,
il fragore assordante di un lastrone gigantesco che si spacca.
- Cos'è stato? - chiese Lucy, afferrando intimorita il braccio di Susan.
- Ho... ho... paura a voltarmi - rispose Susan, balbettando. - Dev'essere successo
qualcosa di terribile.
- A lui? Gli stanno facendo qualcosa di peggio? - chiese Lucy. - Andiamo a ve-
dere - e si voltò di scatto trascinando con sé anche Susan.
Nella luce del sole nascente tutto sembrava diverso: i colori e le ombre erano
mutati a tal punto che in un primo momento non videro la cosa più importante.
Poi, sì: la grande Tavola di Pietra si era rotta in due pezzi, lungo una fessura tra-
sversale che andava da parte a parte. E il corpo di Aslan non c'era più.
- Oh, no! - gridarono in coro Susan e Lucy. Corsero verso la grande tavola.
- È terribile - esclamò Lucy, rimettendosi a singhiozzare. - Potevano almeno la-
sciarci il suo corpo.
- Chi ha fatto una cosa simile? - si chiese Susan, piangendo anche lei. - Cosa si-
gnifica? C'è un'altra magia?
- Sì - rispose una voce profonda alle loro spalle. - C'è un'altra magia.
Le due bambine si guardarono intorno. Là, splendido nella luce del sole nascen-
te, c'era Aslan. Più grande di come lo avevano visto prima, più no-bile, più mae-
stoso. Scuoteva la criniera.
- Aslan! - esclamarono entrambe, fissandolo impaurite e contente al tempo stes-
so. - Allora non eri morto, caro Aslan? - chiese Lucy.
- Non sono più morto - rispose il leone.
- Non sei... non sei un... - domandò Susan con voce tremante. Non sapeva deci-
dersi a dire la parola "fantasma". Aslan si avvicinò, piegò un poco la testa e le
diede una leccatina sulla fronte. Susan sentì il calore del suo fiato e quella spe-
cie di profumo che sembrava diffuso intorno a lui.
- Ti sembro un fantasma? - chiese Aslan.
- Oh, no. Sei vivo, sei vivo! - gridò Lucy, e tutt'e due si lanciarono verso di lui, ripre-
sero ad abbracciarlo, accarezzarlo e coprirlo di baci.
PER CAPIRE MEGLIO…
Gesù è più potente del male e della morte perché il suo amore per noi è
più forte
Gesù vince la morte perché si sacrifica per amore
Ora nessun amico di Gesù deve più aver paura: ognuno di noi rimane stret-
to stretto al suo cuore e niente e nessuno potrà mai dividerci da lui
BUONA PASQUA