Vivere e morire alla maniera dei Kennedy

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esserlo e può essere un esibizionista quasi imbarazzante. Ma può essere il tipo che è quasi indispensabile per rendere significativa una festa e per cavare dagli impicci una comitiva che si trovi con l’auto in panne e senza niente da mangiare e senza un posto per dormire. Insomma: bisogna conoscerlo meglio. a cura di Laura Galimberti TRE CONSIGLI PER L’EDUCATORE Tre libri P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi H. Jonas, Il principio di responsabilità, Einaudi R. Girard, La violenza e il sacro, Adelphi Il libro di René Girard ricordato nell’in- tervista è: Il risentimento, Cortina 1999 Tre favole: dei fratelli Grimm: Gli gnomi di Anderson: Mignolina e la storia di Una madre Tre film: tutti di F.Truffaut: Quattrocento colpi, Il ra- gazzo selvaggio e L’ultimo metrò. 45 Un volo di notte sopra il mare in tempesta. Un piccolo aereo che pre- cipita inghiottito dal nero profondo. Una grande emozione che si propa- ga immediatamente in tutta l’Ameri- ca. Ricordi di altre morti: tragiche e crudeli come sanno essere solo quel- le legate alla politica o a giochi scon- siderati. Passano le generazioni ma i Kennedy continuano a vivere e mo- rire così, come se dovessero sempre sfidare e trionfare sul destino e dal destino essere dapprima incoronati e quindi distrutti in un colpo solo. Vivere e morire alla maniera dei Kennedy Includiamo per concludere questo numero di R.S. Servire dal titolo “Verso un patto tra le generazioni”il “divertissement” di Roberto Cociancich che riconosce nella famiglia Kennedy l’esistenza di un simbolico patto generazionale. I Kennedy si sarebbero cioè trasmessi tra loro le glorie del trionfo e l’angoscia di tante tragiche morti. Cosa pensiamo delle clausole di questo patto generazionale? La risposta si addice ad Eschilo.

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esserlo e può essere un esibizionistaquasi imbarazzante. Ma può essere iltipo che è quasi indispensabile perrendere significativa una festa e percavare dagli impicci una comitiva chesi trovi con l’auto in panne e senzaniente da mangiare e senza un postoper dormire.Insomma:bisogna conoscerlo meglio.

a cura di Laura Galimberti

TRE CONSIGLI PER L’EDUCATORE

Tre libriP. Levi, Se questo è un uomo, EinaudiH. Jonas, Il principio di responsabilità, EinaudiR. Girard, La violenza e il sacro,AdelphiIl libro di René Girard ricordato nell’in-tervista è: Il risentimento, Cortina 1999Tre favole:dei fratelli Grimm: Gli gnomidi Anderson: Mignolina e la storia di UnamadreTre film:tutti di F. Truffaut: Quattrocento colpi, Il ra-gazzo selvaggio e L’ultimo metrò.

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Un volo di notte sopra il mare intempesta. Un piccolo aereo che pre-cipita inghiottito dal nero profondo.Una grande emozione che si propa-ga immediatamente in tutta l’Ameri-ca. Ricordi di altre morti: tragiche ecrudeli come sanno essere solo quel-

le legate alla politica o a giochi scon-siderati. Passano le generazioni ma iKennedy continuano a vivere e mo-rire così, come se dovessero sempresfidare e trionfare sul destino e daldestino essere dapprima incoronati equindi distrutti in un colpo solo.

Vivere e morire alla maniera dei Kennedy

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Includiamo per concludere questo numero di R.S. Servire

dal titolo “Verso un patto tra le generazioni” il

“divertissement” di Roberto Cociancich che riconosce

nella famiglia Kennedy l’esistenza di un simbolico

patto generazionale.

I Kennedy si sarebbero cioè trasmessi tra loro le glorie del

trionfo e l’angoscia di tante tragiche morti.

Cosa pensiamo delle clausole di questo patto generazionale?

La risposta si addice ad Eschilo.

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più desiderabile d’America nonpuò lasciare indifferenti gli appas-sionati lettori (e lettrici) dei roto-calchi femminili che così a lungo sierano occupati delle sue avventuregalanti.Ma questo ovviamente non basta aspiegare un’emozione che ha coin-volto un pubblico ben più vasto diquello delle frequentatrici dei par-rucchieri e dei saloni di bellezza.Alcuni commentatori hanno messoin evidenza il fatto che John Johnera stato seguito dalla TV e dagli al-tri media giorno dopo giorno sindai suoi primi passi nell’UfficioOvale della Casa Bianca in una spe-cie di spietato “Truman Show”;questo fatto lo avrebbe reso unasorta di presenza quotidiana nellavita di molte famiglie americaneche ora dunque lo piangono comesi piange un congiunto o l’amicodella porta affianco. Altri ancora siricollegano alla nostalgia per l’ere-dità politica del padre che sembraora priva di un continuatore, tesiquesta che appare fra tutte la piùsconclusionata tenuto conto cheJohn John sembrava più interessato,nella sua attività di giornalista, piùagli aspetti di costume (eufemismoper dire: pettegolezzi) della vita po-litica che ai suoi contenuti.Cosa è dunque che colpisce in que-sta vicenda e che giustifica di occu-

parsene anche su di una rivista seriae austera come R-S Servire?

Perché la morte di J. J. ha tantocolpitoLa questione mi pare rilevante tenu-to conto anche del fatto che moltospesso gli orientamenti della culturaamericana anticipano quelli di moltialtri paesi che, come l’Italia, hannominore capacità di dotarsi di sistemiculturali originali e autonomi.Tre sono gli aspetti che attribuisconoa questa storia (di per sé privata) unsignificato più generale e ampio finoa far si che essa, in qualche modo, cicoinvolga.In primo luogo non si può fare ameno di notare che vera protagonistadi questi avvenimenti non è la figuradi John John e delle sue sfortunatecompagne di viaggio ma la famigliaKennedy nel suo complesso, il“clan”, questa piccola e grande mi-crosocietà che attraversa gli anni inun alternarsi di fortune e disgrazie, ditrionfi e sconfitte. Mille volte ci sia-mo detti e abbiamo sentito ripetereche la cultura americana (che spessodiventa la nostra dopo pochi anni)crede e vede solo l’individuo, il sin-golo soggetto senza radici né passato,capace di costruirsi un futuro con lesole proprie forze (o con esse di-struggersi). Simbolo di questo sognoamericano sono Dale Carnagie,

John John Kennedy, uno dei giova-ni più affascinanti d’America (alpunto di essere definito sulla coper-tina di Time “l’uomo più sexy delmondo”) è caduto in volo come suozio Joe, precipitato nel corso diun’operazione durante la secondaguerra mondiale e come sua ziaKathleen scomparsa a 28 anni men-tre sorvolava la Francia in un giornodi burrasca. Ma la mente di tutticorre soprattutto al pensiero dellemorti tragiche del padre di JohnJohn, il grande JFK, che da Presi-dente seppe dare la visione di Nuo-ve Frontiere agli Stati Uniti e aquella di suo fratello Robert, pala-dino dei diritti civili, assassinato al-l’inizio di una campagna presiden-ziale che sembrava già vinta. E an-cora le cronache ricordano le mortidi altri rampolli di questa famigliaricca e potente, morti scriteriate co-me quelle di Michael sui campi dasci o di David stroncato dalla droga.Denominatore comune una vitaspericolata che non tiene conto del-le regole dettate per i comuni mor-tali, alla ricerca o in fuga da una fa-ma che ne ha fatto agli occhi dell’o-pinione pubblica una specie di divi-nità moderne.Perché colpisce cosi tanto la mortedi John John? Certo, la scomparsa diun uomo, giovane, ricco e bello, alungo tempo considerato lo scapolo

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Rockefeller, lo stesso presidenteClinton figlio di un ubriacone chepicchiava la madre. Ma parlando deiKennedy il soggetto diventa plurale,collettivo, la storia, passato-presente-futuro, torna ad avere un peso. È co-me se un’intera società tornasse adavere bisogno della memoria per po-ter comprendere pienamente. Ciòche conta non è la storia dei singoliindividui che compongono il clanma di tutte le loro storie (che assumeun valore più ampio della sempliceloro somma), il loro intrecciarsi e ri-petersi, diverse ed uguali, generazio-ne dopo generazione. C’è dunquequalcosa che va oltre l’individuo?Vorrei essere più preciso: c’é qualco-sa che va oltre l’individualismo? Il fa-scino che promana dalla storia diquesta grande famiglia sull’opinionepubblica fa pensare che il sostratodella cultura americana sia più com-plesso di come tante volte è statofrettolosamente presentato e che tan-te conclusioni che in Europa abbia-mo sentito trarne, anche sul piano dinumerose battaglie liberali e radicali,sono state più una forzatura interpre-tativa che il frutto di un’analisi ap-profondita. Detto in parole chiare:non è probabilmente vero che il pro-gresso della cultura e del costume va-da necessariamente verso modelli ca-ratterizzati da una dimensione mononucleare, atomizzata, individualistica

dell’esistenza mentre è vero che vi èancora spazio per un sentimento diappartenenza ad una realtà (famiglia,clan, gruppo o società... ) più ampia,di appartenenza ad un destino e aduna storia comune (o quantomenoche di questa storia e destino vi siaancora un sentimento di bisogno enostalgia). Davanti a noi non sta soloun destino e un futuro individualema anche uno collettivo. Esiste unasorta di vincolo o di patto tra gli uo-mini (anche attraverso le loro diversegenerazioni) che impedisce loro diconsiderarsi soli sulla faccia del pia-neta. Questa certezza muta la consa-pevolezza che l’uomo ha di se stessoe del suo ruolo nella storia del mon-do.

Abbiamo bisogno di eroiUna seconda considerazione che misembra di poter trarre dalla vicendaJJK Jr. e della sua famiglia concerne ilbisogno che abbiamo di avere deglieroi nei quali poterci identificare. Sitratta di un bisogno profondo e ri-corrente che coglie sia gli individuiche la collettività. Il fatto è che vi so-no persone la cui vita sembra meglioesprimere ciò che noi stessi sentiamodi essere: queste persone dunque di-cono di noi con la loro vita qualcosache ci riguarda da vicino e che nonriusciamo a manifestare con la stessalimpidezza. Guardando ad essi noi in

realtà vediamo la bella immagine dinoi stessi o almeno di ciò che vor-remmo diventare. Sarebbe facile eforse anche un po’ banale liquidarequesto bisogno come una forma dischizofrenia dissociativa. La verità èche ogni forma di apprendimento, dicrescita e, in definitiva, di progressopassa attraverso forme di identifica-zione e di emulazione di questo tipo.Senza di esse sarebbe difficile averecoscienza della propria identità e ver-rebbe a mancare la spinta a miglio-rarsi. Il piccolo esploratore guarda alcaposquadriglia come l’eroe che ungiorno egli stesso vorrebbe diventare.Esiste fra di loro un patto (una tacitaintesa in base) al quale il giovaneesploratore offre al caposquadriglia lasua ammirazione e la sua assoluta de-dizione e, in cambio, il caposquadri-glia offre la propria esperienza e lapropria capacità di protezione (tal-volta fino a compiere gesti di vero sa-crificio).L’America guarda alla famiglia Ken-nedy come il luogo dove slanci econtraddizioni, sogno e tragedia siconiugano al punto più alto ed espri-mono meglio di ogni altro ciò chel’America pensa di se stessa o crededi dover diventare. Anche tra i Ken-nedy e gli americani esiste un patto ouna tacita intesa in forza della qualequesti ultimi rinnovano la loro am-mirazione e la loro devozione offren-

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tre immagini, di altri racconti che di-cano che siamo, cosa è il nostro do-lore e la nostra speranza. Gli autoridelle tragedie greche Eschilo, Sofo-cle, Euripide hanno invece già intui-to e raccontato tutto questo. Eschilo,ad esempio, scrivendo l’Agamennoneha già detto tutto sia dei Kennedy siadi noi stessi quando al colmo del suc-cesso incrociamo la più grande dellesventure: “Chi desidera apprendere de-ve soffrire.Persino nel sonno una pena chenon può essere dimenticata scivola, gocciadopo goccia, nel cuore. Nella nostra ango-scia nonostante il nostro stesso volere,giunge la saggezza. Questa è la legge cheZeus ha voluto per gli uomini.” Esisteun patto fra le generazioni ma leclausole sono state scritte dai Greci.Aquesto patto (o se preferite a questodestino) che ci lega alle generazioniche ci hanno preceduto nessuno puòsottrarsi (solo Gesù, liberatore deltempo,potrebbe farlo anche per noi).Infatti come ogni patto esso è vinco-lante e lo sarà anche per le genera-zioni che verranno dopo di noi. Chiosasse svincolarsene perderebbe lapropria identità, la propria cultura, lapropria memoria. Ma a ben vedereanche tutto questo è già scritto.

Roberto Cociancich

do loro potere e gloria e i primi ri-cambiano il privilegio con un tribu-to di sacrificio e di sangue semprepiù sconvolgente.Se quanto precede ha una sua verosi-miglianza allora è possibile formulareuna terza e ultima considerazione suquesta vicenda.

Le vere clausole di un patto tragenerazioniA lungo il mondo contemporaneo èstato descritto come il tempo delle“magnifiche sorti e progressive” inaltre parole il tempo del progressocontinuo,della scienza chiarificatrice,della razionalità illuminante, delprincipio per il quale ogni cosa puòessere spiegata, compresa, riprodottaalla fin fine persino consumata.La vi-cenda dei Kennedy sfugge a questalogica e il fascino che porta su di noimostra che abbiamo di altro. Il pro-blema è che l’identità dell’uomomoderno, anzi contemporaneo, nonsi appaga di descrizioni meccanicisti-che e scientifiche. Ciascuno di noisente la presenza di ragioni profondee nascoste che esprimono diversa-mente i conflitti tragici che sentiamonel cuore e che dilaniano la nostrasocietà. La cultura binaria zero-uno,bianco-nero non giunge ad esprime-re con la forza necessaria i dilemmiche dimorano nella nostra coscienza.Siamo alla ricerca di altre figure di al-