Vivere del Serra - In Cammino verso la Luce

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Paolo Mirenda VIVERE DEL SERRA In cammino verso la Luce Editrice «Il Quadrifoglio» - Livorno

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Paolo Mirenda in questa raccolta di suoi scritti e conferenze riesce ad unire vari aspetti della religione, della scienza, della società odierna. In essi cita grandi personaggi da Newman a Paolo VI, ma sopratutto riesce ad approfondire, con capacità e stile quei dualismi (di coscienza e fede, relazionismo ed evoluzionismo) che spesso sono al centro delle discussioni generali.

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Paolo Mirenda

VIVERE DEL SERRA

In cammino verso la Luce

Editrice «Il Quadrifoglio» - Livorno

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Paolo Mirenda

VIVERE DEL SERRA

In cammino verso la Luce

Editrice «Il Quadrifoglio» - Livorno

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A Tommaso e Simonenipoti amatissimi.

Perché dalla lettura di questa “poca cosa”possano trarre elementi di religiosità,

onestà e saggezza nella vita.

Nonno Paolo

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PRESENTAZIONE

Paolo Mirenda in questa raccolta di suoi scritti e conferenze riesce ad unire vari aspettidella religione, della scienza, della società odierna. In essi cita grandi personaggi da New-man a Paolo VI, ma sopratutto riesce ad approfondire, con capacità e stile quei dualismi(di coscienza e fede, relazionismo ed evoluzionismo) che spesso sono al centro delle di-scussioni generali.È veramente un ottimo lavoro, in quanto permette di non disperdere una ricchezza di studiriproposti, che altrimenti sarebbero caduti nel dimenticatoio.Credo si possa dire che il centro di tutto gira intorno a quel “Cristo il Pedagogo” perché inquel brano il Signore Gesù è definito nella sua pienezza di uomo, maestro, luce, servo edattraverso la citazione di diverse parabole si arriva alla definizione di Cristo Amore.Infatti, solo comprendendo ed accogliendo l’amore di Cristo potremo comprendere lavera dimensione nella quale scienza e fede non sono in contrasto ma si completano l’unacon l’altra.Grazie quindi a Paolo che ha avuto questa capacità di raccolta e sopratutto l’intuizione dinon disperdere un tesoro prezioso, che certamente sarà utile a tanti.

Mons. Paolo RazzautiVicario Vescovile

Rettore del Seminario diocesanoMarzo 2013

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Due parole al lettore

Un desiderio che non mi è stato possibile realizzare: Curare e pubblicare i testi delleconferenze degli illustri oratori delle varie discipline, invitati durante la mia bienna-le Presidenza. Sono stati tanti e di grande interesse.Ho deciso, quasi in riparazione, di raccogliere e offrire al club alcuni dei personaliinterventi ispirati ai temi svolti, in parte pubblicati dalla nostra rivista “il serrano”e altri periodici.Compilati in tempi diversi, alcuni volutamente non modificati, soffrono di aggiorna-menti.Non viene meno il principale motivo prepostoci.Invogliare a curare, pubblicare le conferenze che il club svolge nell’annuale attivitàsociale, perché costituiscono un patrimonio culturale da diffondere e sul quale èsempre utile riflettere.E poi una testimonianza di fede nel Serra e di amore per i Serrani.

L’A.

Un sentito e affettuoso ringraziamento al caro amico dott. Giovanni Giorgetti, senza il suo appassio-nato contributo “questa mia poca cosa” non avrebbe visto la luce.

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Brevi di storia del Serra Internazionale

Il movimento serrano nasce nell’inverno del 1934-35 a Sattle negli Stati Uniti ad opera dilaici cattolici con lo scopo di sostenere e promuovere le vocazioni sacerdotali.La denominazione Serra ha origine, dal nome di un frate dell’Ordine dei Minori France-scani che si impose di portare il Vangelo, grazie ad uno straordinario impegno missionario,ai popoli nativi dell’America. Profuse il seme della fede cristiana in Messico e in California.Padre Junipero Serra nacque il 24 novembre del 1713 a Petra di Maiorca delle isoleBaleari. Professore di teologia e filosofia dell’Università di Palma di Maiorca preferì, allabrillante carriera universitaria, il gravoso impegno evangelizzatore.La sua opera di evangelizzatore e civilizzatore, di promotore del più autentico sviluppoumano, lo elevò alla più alta considerazione sì da essere ritenuto uno dei personaggi piùeminenti della storia degli Stati Uniti.Oltre 200 monumenti di riconoscimento testimoniano l’opera religiosa e umana dell’umilefrate. Lo Stato della California ha fatto collocare la statua di Padre Junipero Serra, unicoreligioso, nella Hall of Fame di Washington.Chiuse gli occhi al mondo il 28 agosto del 1784.Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 25 ottobre del 1988.I club che portano il suo nome sono diffusi in tutti i continenti.

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L’incorporazione al Serra internazionale del Club di Livorno porta la data del 18 novem-bre del 1978.In quella occasione il Vescovo Alberto Ablondi che ne era stato patrocinatore disse aiprimi Serrani:Siate insegnamento, testimonianza, promessa della Chiesa.L’idea di un club Serra livornese era stata portata in città da Giovani Casaleggio socio delclub di Genova dove era sorto il primo club d’Italia.I primi Serrani, furono Renato Ampola, Mario Bartoli, Carlo Donato, Angelo Leonardini,Angelo Tomaselli, Franco Cobal, Giuliano De Victoris.Questi ed altri illustri nomi promossero i primi passi del club a Livorno.Non è possibile, anche per la caratteristica di questa nostra iniziativa, citare tutti i Serraniche si sono distinti in un’opera feconda, per costruire il solido fondamento, sul quale siregge ancora il club livornese, tra i più attivi del distretto di appartenenza.Diversi nostri soci, oltre a caratterizzare la vita del club locale hanno rivestito importantiincarichi distrettuali, nazionali ed internazionali.Ricordiamo Giovanni Novelli Presidente del Consiglio nazionale (CNIS) e Presidente In-ternazionale; l’ammiraglio Alfredo Brauzzi, Presidente del CNIS; Romano Pellicciarini, giàPresidente della Fondazione Junipero Serra ed ora Trustee Internazionale.

Le indicazioni del primomomento suggerite dalVescovo Ablondi checon ecclesiale zelo haseguito la vita del Clubnon sono state tradite.Nel Serra livornese, dalsuo sorgere, impulso,amore, passione, scien-za evangelica elargisce ilcappellano don EzioMorosi.Non da meno l’amo-revole assistenza dei

Sua Eccellenza Mons. Ablondi conclude la cerimonia dell’incorpo-razione

Il Serra club a Livorno

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Vescovi Alberto Ablondi, Diego Coletti e Simone Giusti.L’attività serrana si snoda anzitutto con riunioni di preghiera comunitaria.Si immerge altresì nel mare della vita cittadina per gettare, cogliere e coltivare il seme delcristianesimo e della cristianità anche per mezzo di contributi di illustri personaggi del mon-do cattolico, della cultura, delle scienze, della filosofia, della sociologia, della giurispruden-za, della storia, della politica.Sarebbe bello poterli citare tutti.Li ricordiamo tutti in uno S.S. Benedetto XVI quando da cardinale l’11 marzo del 1996trattò il tema: Il prete nel mondo d’oggi, ministero e vita dei sacerdoti.

Trentesimo del club

Sabato 22 novembre 2008 presso il Santuario della Madonna delle Grazie in Montenero,il Serra di Livorno, ha celebrato il 30°anno della fondazione.La S. Messa è stata celebrata da Mons. Simone Giusti.Una particolare preghiera in quella occasione è stata rivolta alla Madonna Santa Mariadelle Grazie.I Serrani, chiamati a testimoniare il Vangelo nella società, ad individuare e coltivare in essal’humus più fecondo dal quale sbocciare vocazioni cristiane e sacerdotali in particolare,nella ricorrenza del 30° anniversario della fondazione del club in Livorno, sono davanti allatua immagine venerata in questo Santuario per implorare benedizione e grazie.Per dirle, con animo devoto e pieno di speranza, consapevoli delle nostre debolezze:

Madre nostraTi esprimiamo il profondo travaglio a causa della povertà delle vocazioni sacerdota-li nella nostra diocesi.Madre santaTi vogliamo nostra avvocata perché dal Tuo Figlio, grazie a Te, possiamo otteneretante vocazioni.Ti preghiamo:Suggeriscici ed illumina le attività che intraprendiamo.Sostieni il nostro Vescovo, la gerarchia ecclesiale, il laicato cattolico nella difficileazione evangelizzatrice di una società secolarizzata che sembra volere fare a menodi Dio.Fai che ci accolga, ci intenda anche quali portatori di valori per un vivere civilemigliore.Rivolgi il Tuo sguardo benigno verso i nostri sacerdoti che vivono nel bisogno.I Serrani guardiamo con tenerezza ed amore la tua serena ed amabile immagine che

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da questo Santuario benedettino protegge la nostra città ed il nostro mare.In te sentiamo palpitare il cuore di Madre che benevolmente ci ascolta ed accoglie lanostra preghiera.A te ci affidiamo, unitamente al nostro beato Junipero Serra che parimenti invochia-mo.Ave mater gratiaeAve advocata nostraAve maris stellaMonstra te esse mater

(Per i tuoi figli. p. m.)

Alle ore 12 cerimonie del trentennale e conferenza del Prof. Paolo Mirenda: GiovanniMaria Vianney, il Curato di Ars.Alle 17, concerto in Chiesa dell’Essemble Bacchelli.

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DUC IN ALTUM

“PRENDI IL LARGO E CALATE LE VOSTRE RETIPER LA PESCA” (LUCA 5.4)

È il motto dell’anno sociale compreso nel vasto tema suggeritoci dal Presidente nazionale.“La società, la cultura e le vocazioni,ecco l’impegno del serrano”.

A tutti voi è noto l’episodio evangelico della pesca miracolosa narrato da Luca.A me piace brevemente rappresentarvelo.All’invito di Gesù, Simone risponde: “Signore abbiamo faticato tutta la notte senza pren-dere nulla, ma sulla tua parola calerò le reti”. Calatele, raccolsero una moltitudine cosìgrande di pesce che le reti rischiavano di rompersi. Simone allora esclamò: “Signore allon-tanati da me perché sono peccatore”. E Gesù “Non temere da ora innanzi sarai un pesca-tore di uomini”.Il brano evangelico è ricco di significati. Su di uno fermiamo la nostra attenzione.“Non temere da ora innanzi sarai pescatore di uomini”.

Quelle parole le sento rivolte anche a noi.Non ci è dato rimanere inoperosi.Il nostro posto è nel mare della vita:

● A testimoniare la Fede.● A gettare e coltivare il seme del cristianesimo e della cristianità.

La nostra strategia non possiede armi offensive, è dotata di un blasone, un’arma bianca:L’indole secolare che ci consente di entrare in ogni angolo della società: La famiglia, illavoro, la cultura, la politica. Angoli che occorre ben conoscere perché vertiginosamentecangianti. Scrive recentemente il card. Tettamanzi: “Urge la necessità di testimonianze cri-stiane laicali nella vita civile e politica della comunità cristiana è di poco aiuto un laicato chesi muove e agisce solo in difesa, che si sente affetto da inadeguatezza urge un laicatomaturo e non sbiadito”.

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Abbiamo orecchie per intendere?

È l’uomo che interessa la Chiesa perché è la sua via principale; è l’uomo che deve interes-sare noi che nella Chiesa, siamo operai per il suo sviluppo religioso, spirituale, morale,civico e materiale.Questa è cultura di vita, di libertà, di amore per il bene comune. Ed è cultura in positivo,diversa da quella suggerita dal relativismo e da un esasperato razionalismo.Per questa cultura, la dottrina sociale della Chiesa, vasta e puntuale, obbliga i laici adoccuparsi di politica, di politica-servizio, che è donazione di sé agli altri.

Amici Serrani,La società è la nostra vigna, lì dobbiamo impegnarci.Molti sono i problemi che la attanagliano.Sempre più lontani da Dio, sempre più lontani dalla morale.

“La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca”.(Paolo VI)

Quella rottura spetta anche a noi sanarla.È pura follia ritenere ingerenza della Chiesa nella politica del paese, quando con la suadottrina difende i diritti della persona umana.E proprio impossibile intendere che essa ha il diritto di difendere la persona, richiamandosiindefessamente ai valori antropologici?Sia poi ben presente alla nostra mente che:

Nella Chiesa pulsa la dinamica dell’amore suscitato dallo Spirito Santo.Che il compito di operare per un giusto ordine nella società è invece proprio dei fedelilaici... chiamati a partecipare in prima persona alla vita pubblica. (Deus caritas est).I laici non possono pertanto abdicare alla molteplice e svariata azione economica, sociale,legislativa, amministrativa, culturale, destinata a promuovere organicamente, istituzional-mente il bene comune. (Christifideles laici).Fermo resta che l’ordine, la giustizia di uno Stato è compito della politica e non dellaChiesa che può esprimere pareri e ispirare azioni in ambito temporale, forte dell’Amoreper l’uomo via della Chiesa, come espressi nei documenti del Magistero dalla RerumNovarum 1891, alla Centesimus Annus 1991.I mali che originano nella società si riversano sulla famiglia, nella quale non mancano segnidi preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali.La stessa unione matrimoniale sacramentale non è certo esente da espressioni egoisticheche segnano il tradimento di quel cemento amoroso che è dono, che è grazia.

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In quanti vivono una vita di coppia, in quel tipo di unioni anomale, anche tra persone dellostesso sesso, non c’è certo amore. La loro vita è scandita da sterili intese, quando nondominata da bieco egoismo.Come non ricordare poi alcuni passi dell’omelia pronunciata a Valencia, recentemente, inoccasione dell’appuntamento internazionale sulla famiglia, di Benedetto XVI?“La famiglia fondata nel matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, è l’ambito dovel’uomo può nascere con dignità, crescere e svilupparsi in modo integrale. E poi un grido disperanza e di amore rivolto al nostro paese: “L’Italia difenda i valori della famiglia”.Quasi a ritenere che nel nostro paese vi sia la forza adeguata a contrastare le forze delmale, invitandola a stare in prima linea in una lotta che vede il Cristianesimo fortementeminacciato e con esso, l’uomo creatura di Dio.

Amici Serrani,Un pensiero rivolgo al Seminario, luogo di formazione dei futuri presbiteri.È angoscioso vederli vuoti.È nostro principale dovere, amare e sostenere i giovani.Forse nei giovani d’oggi manca “il cromosoma mistico”. È a essi che dobbiamo rivolgerela frase sinodale nella speranza che venga recepita: “A voi, cari giovani, che amate i sogni,proponiamo questa nostra speranza come il migliore dei vostri sogni”. È la speranza didonarsi a Cristo per servire la sua chiesa.Non ci deve sfuggire che il futuro della Chiesa sarà difficile.Il cardinale J. Ratzinger nel 1973 (da Geliepte Kirche) scrive: “Dalla crisi della Chiesascaturirà una Chiesa che ha perso molto. Diventerà più piccola e dovrà cominciare pro-prio daccapo. Credo di essere sicuro che la Chiesa debba attendersi tempi difficili. Non èancora iniziata la sua vera crisi. Dovrà aspettarsi notevoli scosse su ciò che alla fine rimarrànon la fede del culto politico, bensì la Chiesa della fede”.E Paolo VI: “Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico è che all’interno delcattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero del tipo non cattolico e può avve-nire che questo pensiero non cattolico diventi domani il più forte. Bisogna che sussista unpiccolo gregge, per quanto piccolo che sia. Ciò che manca in questo momento al cattoli-cesimo è la coerenza”.Gli fa eco Benedetto XVI: “La Chiesa assumerà altre forme, sarà meno simile a una socie-tà di massa e sarà sempre più una Chiesa di minoranza... proprio così ritornerà a essere insenso biblico il sale della terra”.I segni premonitori di queste profezie ci sono. Il destino della Chiesa però non è nel pen-siero degli uomini, ma nella volontà di Chi l’ha creata.Noi dobbiamo sperare e attivamente operare, anche se Gesù fa dire a Luca: Quando ilFiglio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?

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Una breve citazione desidero ancora farvi: La Parrocchia.È l’avamposto nel mondo del cristianesimo e della cristianità, luogo di culto, ma ancheluogo di amore e di carità. Dobbiamo farci meglio conoscere dai nostri parroci per pro-grammare azioni che attengono i peculiari compiti dei Serrani.Desidero proporvi che un Serrano nella messa della domenica, almeno una volta al mese,ricordi ai fedeli, il nostro club, i suoi obiettivi, nella preghiera.È necessario che noi uniamo le nostre, alle forze della parrocchia.Le conferenze che proponiamo per Noi e per la nostra società attengono tematiche difede, cultura di cultura vocazionale, religiosa, civica. Spazio è dedicato alla laicitàintesa come identità peculiare di parte della Chiesa che opera nel suo credo.Non mancano temi celebrativi e di attualità. Ciò nell’intento di una presenza massiccia tesaa evangelizzare, a spendersi per nuove vocazioni, a misurarci con tutte le componentisociali, religiosamente e civilmente.Amici Serrani,Vorrei vedere i segni di un maggiore slancio, di un salto di qualità, per il nostro club!Non possiamo tradire la sua storia, non possiamo tradire la memoria di quanti in passato lohanno onorato e distinto.Operai di un’immensa vigna, sia pure con forze limitate, rimbocchiamoci le maniche efacciamo la nostra parte, perché il terreno da arare sia meno arido, senta il profumo dellanostra fatica che getta nella terra per marcire, fermentare, il seme di una nuova evangeliz-zazione, anche per la nascita di tante sante vocazioni.

● Crediamo nel Serra;● Operiamo con una maggiore intensità nella società;● Operiamo congiuntamente con le associazioni a noi affini, con gli uffici diocesani, con le

parrocchie;● Condividiamo il pensiero di Benedetto XVI: Il cristianesimo può essere anche una

religione civile per quanti non hanno il dono della fede;● E anzitutto preghiamo e poi preghiamo. Il colloquio con Dio è l’arma più sicura per

concretizzare le nostre buone intenzioni.

Desidero chiudere la mia riflessione sull’illustrazione del programma 2006-2007, con unapreghiera, che non è mia. È così bella e suggestiva che l’ho adottata per porre l’accentosulle ambizioni di una presidenza difficile.

lo so che il cammino non è facilee la mia missione è piena di difficoltà.lo so che la tentazione può essere violentae lo scoraggiamento schiacciante.

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lo so che la mia barca è piccolina e tanto grande è il mare.lo so che stare in alto è faticoso e c’è pericolo di scivolarema so anche che tu signore, preghi per mee questo mi incoraggia, mi conforta, mi basta.

Don Ezio MorosiCappellano del club

La luce del Vangelo rischiari le tenebre di un mondo che sembra poter vivere senza Dio;trionfino i valori più veri della vita; l’uomo si accorga che senza Fede, senza Carità, senzaSperanza, il suo cammino sarà tortuoso, difficile.La Madre di Dio, MARIA, ci aiuti a sostenere i nostri propositi.Il beato J. SERRA interceda per noi, benedica i nostri sforzi.

15 Settembre 2006 Apertura anno sociale

Pubblicato nel “il serrano” n. 104. 2006

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Serra club Livorno attività sociale 2006-2007, 2007-2008

TEMA DELL’ANNO: DUC IN ALTUM!

Anno sociale 2007-2008.

“Prendi il largo e calate le vostre reti per la pesca”. LUCA 5,4

SETTEMBREVenerdì 15 apertura dell’anno sociale alla presenza di S. E. Diego Coletti Vescovo di

Livorno.Lunedì 25 conferenza di Mons. Luca Bonari direttore del C.N.V.: la vocazione missiona-

ria dei laici al servizio di tutte le vocazioni.

OTTOBREMartedì 10 conferenza di Mons. Diego Coletti: non c’è cristianesimo senza speranza.Lunedì 23 conferenza del prof. Mario Primicerio, Presidente della fondazione Giorgio La

Pira: Europa, il futuro nel nome di La Pira

NOVEMBRELunedì 20 conferenza del prof. Severino Dianich: La chiesa a quaranta anni dal concilio.

DICEMBRELunedì 5 conferenza del prof. Amedeo Cencini della Pontificia Università Salesiana:

Psicologia delle vocazioni presbiteriali, alle radici della crisi vocazionale.

GENNAIOLunedì 8 visita del Governatore del distretto 71.Lunedì 22 conferenza del prof. Massimo Ermini e della dottoressa Laura Guerrini della

Università di Pisa: Bioetica e Eutanasia.

FEBBRAIOLunedì 5 conferenza del prof. Stefano Semplici della Università Tor Vergata di Roma:

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Pluralismo e Relativismo uno sguardo dalla filosofia politica.Lunedì 19 conferenza di mons. Ezio Morosi: Il prete e la sua immagine.

MARZOLunedì 5 conferenza di don Andrea Brutto rettore del seminario vescovile: La formazione

dei presbiteri oggi.

Sabato e Domenica 17-18 ritiro spirituale meditazioni a cura di mons. Ezio Morosi.

APRILELunedì 23 conferenza di don Giovanni D’Ercole della segreteria di Stato del Vaticano: La cultura della eucaristia per una società dell’amore.Domenica 29 Serra day, santuario della Madonna delle Grazie di Montenero. Primo in-

contro dei Serrani della Toscana.

MAGGIOLunedì 21 rinnovo delle cariche sociali.Lunedì 28 conferenza del dott. Pier Luigi Vigna magistrato: Giustizia e Carità binomio

inconciliabile?

GIUGNOLunedì 11 conferenza del prof. Ludovico Galleni: Creazionismo e Evoluzionismo, Dio e

Darwin è tempo di dialogo.Lunedì 25 chiusura dell’anno sociale.

Anno sociale 2007-2008.

SETTEMBREVenerdì 21Apertura dell’anno sociale.Tema: Adolescenza: Ribellione, crisi, ricerca di un’identità.In collaborazione con altri club della città.

OTTOBRELunedì 22 Conferenza di Mons. Paolo Razzauti: Cristianesimo e cristianità nella chiesa e

nella società livornese.

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NOVEMBRELunedì 5 Conferenza di don Gustavo Riveiro su: Il turismo, uno spazio per la pastorale?Lunedì 23 Conferenza del Prof. Francesco D’Agostino, Ordinario di filosofia del diritto

dell’Università Tor Vergata Roma: Una corretta biologia alla base della bioetica.

DICEMBRELunedì 3 Conferenza del Prof. Andrea Salvini Professore di Sociologia dell’Università di

Pisa: Emergenza educativa, il grave silenzio.

GENNAIOLunedì 21Conferenza del Prof. Francesco Busnelli Ordinario di Diritto civile del S. Anna di Pisa:

L’identità della persona umana tra natura e artifizio.

FEBBRAIOLunedì 4 Celebrazione del bimillenario della nascita di S. Paolo.Conferenza di Padre GiovanBattista Damioli: L’Incidenza di Gesù Cristo sulla vita e sulle

opere di S. Paolo.Venerdì 15Conferenza della Prof.ssa Angela Pelliciari: I Papi e la Massoneria.

MARZO1-2 Ritiro spirituale a cura di Mons.Ezio Morosi cappellano.Lunedì 3 Incontro Lyons Serra commemorazione del socio di entrambi i club Giovanni

Novelli.

APRILELunedì 7 conferenza del dr. Davide Zolesi: Nel mondo ma non del mondo l’esperienza

cristiana di un giovane laico.Domenica 13 Serra day della Toscana Santuario della Madonna delle Grazie di Monte-

nero.S. Messa ore 12.Conferenza del Vicario Generale della diocesi Mons. Paolo Razzauti:

Vocazione e Vita un seme da coltivare.Domenica 27 gita sociale a Quercianella. Visita di una parrocchia.

MAGGIOIncontro con i Seminaristi e i novelli Presbiteri.Lunedì 23 chiusura dell’anno sociale.

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Cari Soci,

Quando nel 2006 ho assunto la Presidenza del nostro prestigioso club, mi sono presentatoa Voi con il motto Duc in altum: “Prendi il largo e calate le vostre reti per la pesca”.Con le parole dell’evangelista Luca ho inteso fare nostro ed esaltare il tema di lavorosuggeritoci dal Presidente nazionale: La società, la cultura e le vocazioni, ecco l’impe-gno del Serrano.Con quel motto ho voluto altresì vivere e far vivere le parole: “Tuffatevi nel mare dellavostra storia ed evangelizzate” di Papa Giovanni Paolo II.Da quelle frasi ho ricevuto, passione, ispirazione da trasmettere anche a voi, per megliooperare.E insieme abbiamo intrapreso un faticoso cammino, concepito ed espresso un program-ma, volto anzitutto a precisare la vocazione missionaria dei Serrani al servizio di tutte levocazioni, la figura del prete, la sua formazione, la psicologia delle vocazioni presbiteriali,e anche le radici della loro crisi.

● Abbiamo toccato la sostanza del cristianesimo: “La cultura dell’Eucaristia” vitaleper una società fatta di amore, di carità, di giustizia e di speranza, senza le quali non c’ècristianesimo.

L’Eucaristia!

Cosa non dovremmo fare al pensiero che prigioniero d’amore per l’umanità, sottole povere spoglie di un pezzo di pane, dimora il Salvatore, crocifisso e risorto perNoi?Eppure spesso, molto spesso, lo lasciamo solo, anche quando il nostro passo tocca lasoglia di una Chiesa.“Eucaristia, mistero da celebrare, mistero da vivere, mistero da annunciare”.“E poiché il mondo è il “campo” (Mt.13,38) in cui Dio pone i suoi figli come buon seme,i cristiani laici, in forza del Battesimo e della Cresima corroborati dall’Eucaristia, sonochiamati a vivere la novità radicale portata da Cristo proprio all’interno delle comuni con-dizioni della vita (Christi fidelis laici 14,16) essi devono coltivare il desiderio che l’Eucari-

Servi del club

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stia incida sempre più profondamente nella loro esistenza quotidiana, portandoli a esseretestimoni riconoscibili nel proprio ambiente e nella società tutta (ivi.) Benedetto XVI inEsortazione apostolica, Sacramentum caritatis 22 febbraio 2007".

● Ci siamo affacciati a guardare la politica della Chiesa post-conciliare e il futuro dellapolitica nostrana in Europa, nel nome di Giorgio La Pira.

● Abbiamo osato presentare alla nostra società, tematiche come: “Giustizia e carità bino-mio inconciliabile?”

● E perfino, Dio e Darwin: è momento di dialogo?

Ci siamo occupati della crisi dell’adolescenza, tema che per una felice intuizione è statocondiviso e celebrato con gli altri club cittadini.

● “Dell’emergenza educazione: il grave silenzio”.

Di questo tema scrive il recente Consiglio dei Vescovi italiani (CEI): “La nostra preoccu-pazione è che il patrimonio dei valori e di fede del popolo italiano non vada smarrito nelpassaggio delle generazioni. Per questo è necessario trovare tutte le strade per sostenerele famiglie e parlare ai giovani, anche a quelli apparentemente più lontani.” (Michele Ca-storo, vescovo di Oria).E Adriano Caprioli, Vescovo di Reggio Emilia Guastalla: “L’emergenza educativa, primaancora che sui contenuti (peraltro necessari, anzi indispensabili) si risolve sulla capacità direlazione. Nessuno oggi può pensare di educare i giovani da solo. Occorrono reti di soli-darietà e di aiuto reciproco tra scuola, famiglia e parrocchia senza escludere il mondo dellavoro. È fondamentale che tutti creino un ambiente culturale nel quale i giovani possanoessere invogliati a passare dal permissivismo all’assunzione di responsabilità. In questospecifico ambito dunque, le nostre comunità ecclesiali possono e devono dare un grandecontributo”.“E tanto questo contributo sarà importante, aggiunge Simone Giusti, Vescovo di Livorno,quanto più farà riferimento ai grandi valori del Vangelo. “Una certa impostazione di stampolaicista, che vede la formazione solo come trasmissione di nozioni, sta mostrando tutto ilproprio fallimento”.

È tempo di tornare a educare

Gervasio Ristori, vescovo di S.Benedetto del Tronto dice necessaria la costruzione di una“rete tra le agenzie educative” chiamando in causa la famiglia, la scuola, la comunità eccle-siale.Quanti stimoli ci arrivano dalla Chiesa che ci invita a educare evangelizzando una società

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che ha assoluto bisogno di rieducazione e di rievangelizzazione!Nell’ambito del lavoro: “Dell’esperienza cristiana di un giovane laico”.

● Dell’identità della persona umana tra natura ed artificio.● E poi “una corretta antropologia alla base della bioetica” a precisare che non ci sono

una bioetica cristiana e una laica; ma una sola bioetica quella che si fonda sui principiantropologici.

● Abbiamo disturbato il turismo ritenendo che anche in questo momento culturale ericreativo vi potesse essere spazio per la pastorale.

● Ed ancora: “I Papi e la Massoneria”, Il Modernismo “combattuto dalla Chiesa conmetodi a volte non immuni da errori con lo scopo di “Instaurare omnia in Christo”.

Sempre le radici del male debbono essere recise, per un futuro migliore!Il ricordo di quel tempo c’è ancora oggi di monito! L’attualità del modernismo, sottoforme diverse, è ancora oggi presente: “Il fumo di Satana ormai è entrato nel tempiodi Dio”.E il cristiano e il serrano non possono sottovalutare questo pericolo incombente, anzi datestimone del Vangelo quale si chiede di essere, deve contrastarlo con fermezza non di-sgiunta all’amore di quanti vivono nell’errore.

● Abbiamo commemorato S.Paolo l’Apostolo delle Genti, nel bimillenario della sua na-scita, come voluto dal Santo Padre.

● Quasi incontrandoci nel pensiero del nostro Vescovo Simone, abbiamo voluto leggerecon la conferenza “cristianesimo e cristianità della chiesa e nella società livornese” ilcontesto socio-religioso nostrano, come a tendere a contribuire all’interrogazione po-sta nel documento episcopale recente, che tra l’altro si interroga sull’argomento, nelprogramma “Annunciare Gesù vero volto di Dio”.

Ci è sembrato scorgere in quel documento, la necessità del nostro nuovo Pastore di volerpresto conoscere la vigna e gli abitanti che gli sono stati affidati dalla Provvidenza.A tal proposito siamo dell’avviso che solo da una corretta diagnosi si può accedere aun’idonea terapia, che esige coraggio nel praticarla.E noi Serrani, Eccellenza, siamo al suo fianco con le poche forze che abbiamo ma contanta convinzione e passione, da adulti nella fede come vorremmo essere.La preghiera che abbiamo cercato di intensificare, le nostre meditazioni personali e quelled’insieme, guidate dal nostro cappellano mons. Ezio Morosi; l’invasione della società nellaquale viviamo, portando la testimonianza di fede possibile, la nostra cultura, i valori antro-pologici della cristianità, la lettura socio-religiosa, il bisogno spirituale, sono stati i mezziche abbiamo messo in essere, nell’intento di preparare una vigna con meno gramigna al

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Grande Seminatore perché lì facesse cadere il seme vocazionale del presbiterato e di ognichiamata particolare volti a preparare il regno di Dio, nel nostro mondo.Laici, al servizio della Chiesa, abbiamo cercato di esprimere e promuovere la cultura dellavita.Nel nostro intendimento operativo per il futuro, vi è la volontà di non agire da soli, ma ditentare di sprigionare nel mondo cattolico un’azione d’insieme, certamente più efficace,per dar senso alla nostra identità di club, ma soprattutto per l’esercizio di una profonda evasta opera di evangelizzazione, con i necessari suggerimenti dell’Ordinario vescovile.

Amici,Il Serra è stata la mia vigna. Per due anni in essa da capo-operaio, con voi, ho versato lafatica e l’amore possibili, per indirizzare la navigazione di una barca, verso approdi piùsicuri e più redditizi.Non so con quali risultati.So, di avere ricevuto un lauto compenso.

● Ho imparato a pregare di più e meglio.● Ho imparato ad amare di più il mio prossimo.● Ho corroborato la mia Fede● Ho creduto di più nel nostro Credo, nel mio battesimo.● Mi sento più vicino alla mia Chiesa.● Ho imparato a servire.● Forse anche a testimoniare la mia Fede.

È stato detto “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà sulla terra, credete voi che troveràancora un po’ di fede sulla terra”?Questo pensiero mi dà angoscia sollevata solo dalla speranza cristiana che mi conferisce lacertezza che la Chiesa vivrà perché la sua natura non è umana.E infine.Imprimiamo bene nella nostra mente: Non c’è Chiesa senza Eucaristia, non c’è Euca-ristia senza preti!Da qui si sprigiona il nostro essere Serrani.Un pensiero affettuoso, augurale rivolgo a quanti da pochi giorni sono diventati sacerdoti.Una speranza coinvolge e assilla tutti noi. Che il nostro seminario abbia tanti candidati alsacerdozio!Questi auspici possono realizzarsi solo se l’uomo e la società non avranno paura del Van-gelo e se sapranno vivere di speranza e di amore. Se intenderanno che è l’Amore a farlivivere, redimerli e plasmarli secondo i valori antropologici ai quali la cultura cristiana hadato e dà tutto.

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La società deve accettare e non contrastare la figura del prete che oltre alla sua principaleazione ministeriale, svolge un’indispensabile attività educativa, civica, sociale.In questo compito, è nostro desiderio che Chiesa e Istituzioni agiscano in perfetta sintonia.L’uomo nella sua soggettività necessita di entrambi i contributi.I Serrani dovranno pur ricordare che l’opera missionaria del beato Junipero Serra è stataquella di educare evangelizzando.È questo il nostro compito, Serrani e Amici che questa sera ci onorate della vostra presenza.Il cammino della vita per tutti è difficile, lo è meno, se con mano il Vangelo, fonte di tantaricchezza per tutti ci educhiamo, ci evangelizziamo, per educare ed evangelizzare.Il Serra è un’associazione laica al servizio della Chiesa, rivolgendoci al nostro Pastore,come altre volte, Gli diciamo: Siamo al tuo servizio; vorremmo essere una forte spalla perla nostra Chiesa; accettaci con la forza che abbiamo, quella della falange del nostro piùpiccolo dito.Nel lasciare il servizio di presidenza mi interrogo ancora: cosa ho fatto? cosa di meglio e dipiù avrei potuto fare?Affollano la mia mente tanti interrogativi volti a giudicare il mio operato.I dubbi ci sono eccome! Mi tranquillizzano la buona fede nell’azione svolta e poi la certez-za che il Dio della misericordia sa perdonare.Oh! Se non fosse così!Grazie Serrani, grazie Amici del Serra.

Tirrenia, Hotel Continental 23 maggio 2008.

Discorso pronunciato alla chiusura dell’anno sociale 2007-2008, il secondo del mio servi-zio presidenziale, alla presenza dell’Ordinario Vescovile mons. Simone Giusti di altre ge-rarchie ecclesiastiche, di Membri del CNIS, di seminaristi, delle Autorità civili, dei sociSerrani e amici del Serra.

Pubblicato nel “Serra” periodico del Club di Livorno.

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Il Beato Junipero Serra

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Cenni di biografia

J. H. Newman nacque a Londra il 21 febbraio del1801.Il 29 maggio del 1825 venne ordinato sacerdoteanglicano.Fu Guida del Movimento di Oxford teso a proteg-gere l’Anglicanesimo dalle deviazioni dottrinarie pro-testanti.Si convertì al cattolicesimo nel 1845.Nel marzo del 1847, sacerdote della Chiesa catto-lica.Ritornò in Inghilterra dove fondò l’Oratorio diSan Filippo Neri.Fu nominato Rettore dell’Università di Dublino.È Autore di molti testi di apologetica, patristica, dogmatica, morale, esegetica, pedagogia,spiritualità.Tra gli altri: Il Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana; Il saggio, suo capolavoro,Grammatica dell’assenso; Letture sul cattolicesimo in Inghilterra; Perdita e guadagno, Storiadi una conversione; Apologia pro vita sua (autobiografici); L’idea dell’Università; Predi-che in vari volumi; Lettere e diari; Sermoni.Leone XIII nel 1879 lo volle cardinale riconoscendogli “genio e dottrina”.Coniò il suo epitaffio: Ex umbris et imaginibus in veritatem.Chiuse gli occhi al mondo l’11 Agosto del 1890 a Edgbaston.

Il viaggio in cerca della vera Luce il cui barlume apparve in Sicilia

In un profondo travaglio spirituale, la malattia contratta in Sicilia, la storia millenaria

1. Il Teologo che dava del tu al Creatore:J. H. Newman

J. H. Newman: Il tormento di un’anima in viaggio verso la Luce

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e le bellezze naturali dell’isola, costituirono elementi importanti per la conversione.In “My Illness” Newman descrisse il soggiorno nell’isola, la sua malattia e la maturazionespirituale che contribuirà a fargli lasciare l’anglicanesimo per la Chiesa cattolica.Con l’amico Hourrel Froude e il padre, intraprese un viaggio nell’Europa meridionale.Salparono da Falmouth l’8 dicembre del 1832 a bordo dell’Hermes. Toccarono Cadice,Gibilterra, Algeri, Malta, Zante, Patrasso, Corfù.Arrivarono a Messina l’8 febbraio del 1833. A Palermo “la più nobile città che abbia maivisto” il 10 febbraio. In carrozza raggiunse Segesta. “Non vi sono parole che possonodescrivere l’effetto penetrante della vista del tempio solo in una desolata solitudine”. Ave-va visitato prima Partinico, Alcamo, Calatafimi ed altre città.Il tempio che suscitò grande ammirazione in Lui, tra i più belli dell’antichità, è di stiledorico, costruito nell’ultimo trentennio del 5°secolo a.C. in una città elìma fondata daprofughi troiani (Tucidide).Da Palermo, a Napoli e poi a Roma. Qui soggiornò fino all’8 aprile.Mentre i suoi compagni iniziavano il viaggio di ritorno in Patria, Newman ritornò in Sicilia“attratto a ritornare da un irresistibile amore per la Sicilia… regione interessantissima omeglio seducente”… territorio stupendamente bello”... mi sento attratto da essa, come dauna calamita avevo due motivi per la mia venuta, vedere le antichità classiche e vederequesta terra.prima non sapevo che la natura potesse essere così bella”. Così scriveva il 5giugno al suo amico Rogers.Si imbarcò a Napoli il 19 aprile, sul brigantino Sarepta, due giorni dopo, ancora una voltaa Messina per il secondo viaggio in Sicilia.

Lasciata Messina, acarico di un mulo, assi-stito da un aiutante,Gennaro, che aveva in-gaggiato a Napoli, rag-giunse Taormina: “vistasuperba, la più meravi-gliosa che avessi spera-to di vedere”.“Quando dopo cola-zione, scrive Newman,con l’aiuto di un giornochiarissimo salimmo alteatro e da lì osservam-mo la veduta, che cosapotrei dire? Come mainon mi sia reso conto

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prima che la natura potesse essere così bella e che avere contemplato da lì quella vedutafosse l’accesso più vicino a vedere l’Eden stesso, più di quanto io potessi concepirlopossibile!Oh me felice, valeva la pena fare tutta quella strada, sopportare la solitudine e la tristezzadel mio cammino e il logorio del viaggio per vederla. Con gli occhi aperti, per la primavolta nella mia vita, sentii che avrei dovuto essere migliore e ancora più religioso vivendolì… non riuscivo a credere che non fosse un sogno”.“Proprio dal monte di Taormina egli sottolinea che quella condizione di bellezza non pote-va non ispirare sentimenti più religiosi, la memoria della bellezza originaria di Dio… ilrapporto stesso con Dio e con il mondo … Newman non ha mancato di notare le bellezzeartistiche e naturali di Malta, della Grecia di Roma; ma è in Sicilia che comincia a sentire unrichiamo che sa quasi di magica attrazione… E proprio qui che potrà vivere un momentosingolare di auto trascendimento che gli consentirà di rivedere la sua vita al cospetto di Dioe di assumere impegni nuovi al servizio della Chiesa”. (C. Scordato).Visitò Giarre, Trecastagni, Nicolosi, Adernò (Adrano) alle pendici dell’Etna. A Catania il29 aprile e poi a Siracusa “simile alle città ioniche… con strade strette, basse”.Dal 3 al 25 maggio visse in una zona interna della Sicilia, certamente la più depressa.A Leonforte si ammalò di un’infezione tifoidea, che lo costrinse a letto. Non ancora conva-lescente si trasferì a Castrogiovanni (ora Enna).È in questo contesto che Newman si apprestava a sposare la Chiesa di Roma. L’influentecornice di bellezza paesaggistica certamente gli venne in soccorso: “Posso dire solamenteche prima non sapevo che la natura potesse essere così bella. La Sicilia è davvero ungiardino. È come il giardino dell’Eden”. La bellezza, l’arte, la malattia, crearono nel suoanimo condizioni favorenti una rivisitazione della sua appartenenza religiosa.“L’impatto di Newman con le testimonianze della classicità fu molto forte. Le visite aimonumenti, provocando un profondo coinvolgimento culturale e talvolta emotivo, riusci-vano a suscitare anche un coinvolgimento sul piano religioso .non senza essere seguite daun momento di ulteriore riflessione e rievocazione, emergenti sia nelle lettere che nellepoesie… Newman non esita a riconoscere la presenza del divino che traspare propriodalla stessa forma architettonica. Egli individua la valenza religiosa nella semplicità dell’ar-chitettura e nella prorompente bellezza delle forme”.…Newman può spingersi a riconoscere anche la presenza di “santi” in mezzo a questi atri,cioè di persone che, nonostante la loro appartenenza pagana, non possono non averevissuto o almeno intravisto la santità di un rapporto con la divinità”. (C. Scordato).“Chi può dire se uomini santi non camminarono in mezzo agli atri fino a quando l’orgogliodella scienza e della letteratura non spense quei raggi che erano stati provvidenzialmentelasciati tra loro?”. Questo Egli scrive.Il tema dei “santi pagani” ha avuto grande spazio nella riflessione patristica e alessandrinain particolare… Newman era testimone privilegiato di questa prospettiva patristica che gli

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consentiva di avvertire le tracce della santità di Dio nella vita di quegli uomini che avevanocalpestato il santo suolo del tempio”. (C. Scordato).

“La Patristica, la scala sulla quale sono salito per entrare nella Chiesa”.

Il soggiorno nell’isola, il tormentato soggiorno, durò fino al 18 giugno. Il 9 luglio del 1833raggiunse casa a Iffley segnato dalle sofferenze. Si era imbarcato a Marsiglia su un mer-cantile che trasportava arance.

La malattia salvatrice

La malattia di Leonforte in Newman costituì un pregnante elemento alla profonda rivisita-zione del suo essere cristiano contribuendo a fargli conquistare una nuova e più profondaidentità religiosa e spirituale.“Leonforte e Newman si incontrano nel segreto della storia e nelle ragioni dello spirito.”“La febbre quasi fatale guida Newman a una scoperta di se stesso…. sta scoprendo valorie ideali che danno senso alla sua vita. La febbre aveva bruciato il suo passato spingendoloalla ricerca di nuovi obiettivi”. (G. Collins, Sj.)

Nella cittadina occupò una stanza in una modesta locanda, assistito dal suo servo.Soffrì, nella solitudine, si ritenne sul punto di morire.Costretto a letto spesso gli fu di conforto il suono dei musicisti girovaghi che gli giungevadalla finestra aperta sulla strada.In quella musica, quasi una medicina, sentì che non era solo nella sua sofferenza; il cuoredella Sicilia era con lui quasi a dirgli: ce la farai, siamo con te.“Nella desolazione mia più profonda venne allora a riconfortarmi la musica dei musicistigirovaghi …la musica pareva quella dell’arpa e del clarinetto”.

Scrive G. Cristaldi: “La musica dei girovaghi siciliani non era quella raffinata di Beetho-ven, ma portava l’eco di nenie antiche, sedimentate e riespresse nel cuore antico dellaSicilia.E i musicisti girovaghi questo cuore antico lo facevano palpitare accanto al cuore dellostraniero ammalato. Nel lamento che è preghiera, nella musica che è conforto, nel dia-letto che si fa comunicazione, Newman ha colto… tratti caratteristici dell’anima sicilia-na”.E Newman: “Il primo giorno, mentre ero disteso a letto, sopraggiunsero molti pensieri.Sentivo che Dio stava lottando contro di me e sentii alla fine di conoscere il perché: era acausa della mia ostinazione… però sentivo e continuavo a dire a me stesso, non ho pecca-to contro la Luce… e ci fu un momento in cui ebbi una comprensione assai consolante e

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sconvolgente dell’amore di elezione di Dio e mi sembrò di sentirmi suo.“Non penso che morirò … Dio ha ancora per me un lavoro da compiere”.La Grazia iniziava a plasmare il suo cuore e la sua mente.“Dio mi sta dando una severa lezione di pazienza e ho fiducia di non stare spre-cando, nell’insieme, questa ammonizione. Ciò è sua volontà. Mi sforzo di pensareche, ovunque io sia, Dio è Dio e io sono io”.“Ora, nella solitudine siciliana, nel fuoco interiore della purificazione che accompagna isussulti della malattia, Newman sperimenta una nuova conversione passando da una fedeinsidiata dall’orgoglio ad una fede disponibile della novità di Dio.” (G. Cristaldi).In Sicilia Newman incontrò e si scontrò con Dio.“Il ricordo del tempo da lui trascorso in Sicilia fu insieme commosso e felice. Egli ricordavasia l’incomparabile e affascinante bellezza dell’isola sia la sofferenza che aveva provato,quella sofferenza che poi sbocciò nella resurrezione”. (A. Hilary).Il dubbio: che la chiesa anglicana non fosse nella verità, che non fosse la sua chiesa!“Non potevo continuare in questo stato, né dal punto di vista del dovere, né dal punto divista della ragione. La mia difficoltà era questa: mi ero ingannato una volta come potevoessere sicuro di non ingannarmi una seconda volta? Comunque bisognoso di porre unlimite a questi vaghi presentimenti, dovevo fare del mio meglio e poi lasciare che unaPotenza più alta maturasse la questione. L’unica questione era questa: posso io salvarmil’anima nella Chiesa d’Inghilterra? È un peccato mortale se non passo ad altra confessione?Le mie convinzioni sono talmente forti che credo più forti non potranno diventare: soltantoche è così difficile sapere se si tratta di una chiamata della ragione o della coscienza”.Furono l’una e l’altra a portarlo nella Chiesa di Roma.

La vera Chiesa, custode della Grazia e della Verità, l’unica Verità alla quale Eglitendeva.

Si intensificava il lungo processo che avrebbe portato alla nascita di un Gigante dellaChiesa cattolica, la cui intelligenza seppe capire Dio, che lo chiamava a grandi impegnievangelici e il cui cuore rinnovato seppe amare ancor di più il suo Creatore, i cristiani tutti,il mondo.Cor ad cor loquitur, il cuore che parla al cuore, é il messaggio di amore, iscritto nel suostemma cardinalizio.Mutuato da San Francesco di Sales lo fece pienamente suo.A buon titolo Newman è detto l’inventore del dialogo del cuore.Semplicità, cordialità, amore nell’interlocuzione, ricerca della verità, furono car-dini della sua missione.A conferma della sua appassionata interlocuzione epistolare, con fedeli, teologi, amici equanti a lui si rivolgevano per consigli e pareri, le sue lettere occupano ben 32 volumi.

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Il travaglio continua

“Mi rimaneva ancora da compiere un ulteriore progresso mentale e da fare un ultimopasso. L’ulteriore passo consisteva nel potere affermare che ero certo delle conclusionialle quali ero arrivato. L’ultimo passo imperativo quando avessi raggiunto quella certezzaconsisteva nella mia sottomissione alla chiesa cattolica”…Tormenti, interrogativi, riflessioni maceranti visse, fino all’approdo.“Vi è tra noi una vita divina che si manifesta chiaramente, nonostante tutte le nostre colpe,che è una delle caratteristiche fondamentali della Chiesa. Perché dovremmo cercare altro-ve la presenza di Nostro Signore quando Egli ce l’assicura dove siamo?”.“…La chiesa anglicana sarebbe stata davvero grande, sarebbe stata irresistibile: le man-cava soltanto di essere vera.”.“Mi ero ingannato una volta; chi mi assicurava che non mi ingannassi ancora?Come nel 1840 avevo ascoltato i dubbi nascenti a favore di Roma, così ora ascoltavo idubbi languenti a favore della chiesa anglicana”.“…Ho paura di essere ormai convinto che la Chiesa cattolica sia la Chiesa degli Aposto-li… Propendo molto più a credere che l’Inghilterra sia nello scisma….”.

E finalmente arriva il grande momento“Penso che la Chiesa di Roma sia la vera Chiesa e che la nostra non faccia parte dellaChiesa cattolica, non essendo in comunione con Roma e sento perciò di non potere,onestamente esercitare più il magistero della nostra chiesa.” (anglicana).Come scrive nella sua Apologia, Newman, inginocchiatosi, esprime la sua profes-sione di fede chiedendogli di ammetterlo nella Chiesa di Roma, a Padre Domeni-co Barberi, passionista, viterbese, che svolgeva in Inghilterra una proficua operaevangelizzatrice.Accadeva a Littlemore il 9 ottobre del 1845, in una sera piovosa.Paolo VI ha dichiarato Beato Padre Domenico Barberi nel 1963.

Ci piace riferirvi alcuni spunti dal Simposio, 26-27 marzo, 2009 presso l’Università catto-lica del S. Cuore di Milano dal titolo J. H. NEWMAN OGGI: logos e dialogo, animatoda studiosi di primissimo piano per ricordare con loro parte del pensiero profetico diNewman.

L. Ornaghi Rettore dell’Università cattolica di Milano:

Una sintesi eccezionale tra Fede e Ragione

“Il cardinale Newman ha saputo incidere nella storia della Chiesa, anticipando spunti im-

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portanti del Concilio e meritando la stima e l’affetto di due Papi come Giovanni Paolo II eBenedetto XVI. “Uno dei Maestri a cui riferirsi per il progresso continuo verso la verità.Di fronte alla doppia minaccia del razionalismo e del fideismo il card. Newman giunse aduna sintesi eccezionale tra fede e ragione, di qui l’esigenza di riprendere e rinnovare lostudio su Newman, non solo a livello specialistico ma come tentativo di rispondere ad unbisogno autenticamente culturale del mondo di oggi”.Giovanni Paolo II nella Fides et Ratio menziona il card. Newman come il primo dei grandipensatori del tempo moderno, che hanno affrontato coraggiosamente il tema tra filosofia eparola di Dio.Al problema del rapporto tra fede e ragione Newman compone in più di vent’anni la suaGRAMMATICA DELL’ASSENSO. (R. La Delfa)Lì analizza l’atto dell’assenso della mente umana alla verità; il diritto dell’uomo alla certez-za su argomenti di fede.“Fede, atto personale di adesione che non si esaurisce nella sola comprensione razionale”.

E Philipe Boyce O.C.D ricorda tra l’altro, le parole pronunciate da Giovanni Paolo II aipartecipanti del simposio romano celebrato in occasione del primo centenario della mortedell’insigne cardinale inglese. Merita attenzione “l’unità che Newman conosceva, tra lateologia e la scienza tra il mondo della fede e il mondo della ragione”.“La fede non dimostra le verità matematiche.”.“L’esercizio della ragione, ausiliario verso la verità religiosa utile se usato a proposito, manon necessario”.“Alleanza senza compromesso tra fede e ragione”. (Newman)

P. Herman Geissler Direttore del Centro internazionale Newman Friends: Newmancontinua a parlare a noi uomini e donne del terzo millennio e ci interpella con la forza delsuo pensiero e con la santità della sua vita.…”Il genio di Newman sebbene sempre ammirato fu riscoperto dal Concilio vaticano II dicui è stato un precursore profetico. Il Vaticano II ha recepito e consacrato tante intuizionidi Newman ad esempio sul rapporto tra fede e religione, sul significato della coscienza,sulla educazione universitaria, sul mistero della Chiesa, sulla missione dei laici, sull’ecume-nismo, sul dialogo con il mondo”.

Sulla TEOLOGIA DELLA COSCIENZA newmaniana così come riportato da KER,teologo di Oxford nel Convegno, citiamo:“La teologia della coscienza elaborata dal card. Newman ribadisce la sovranità, ma nonl’autonomia della coscienza individuale. Nel pensiero di Newman, infatti “la coscienzaè sovrana solo perché è “il Vicario di Dio” il suo sostituto o delegato, ma non è autonomaperché non è una divinità ma è al servizio di Dio. La coscienza è il portavoce non della

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personalità individuale o del temperamento, ma di Dio”.

“La coscienza, elemento centrale nella ricerca della Verità”.

“Quella dottrina sulla coscienza è diventata per me sempre più importante nello svilupposuccessivo della Chiesa e del mondo” (card. Ratzinger).Nel 1990, in occasione del centenario della morte di Newman ancora il card. Ratzinger:“Fu l’uomo della coscienza”.“Newman spiegava l’esistenza dell’uomo a partire dalla coscienza, ossia nella relazione traDio e l’anima, era anche chiaro che questo personalismo non rappresentava nessun cedi-mento all’individualismo e che il legame alla coscienza non significava nessuna concessioneall’arbitrarietà, anzi che si trattava proprio del contrario… la libertà di coscienza, così ciinsegnava Newman, non si identifica affatto con il diritto di dispensarsi dalla coscienza, diignorare il Legislatore e il Giudice, e di essere indipendenti da doveri invisibili.”.“Il segno caratteristico del grande dottore della Chiesa mi sembra essere quello che eglinon insegnò solo con il suo pensiero e i suoi discorsi, ma anche con la sua vita, poiché in luipensiero e vita si compenetrano e si determinano reciprocamente. Se ciò è vero, alloradavvero Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa, perché egli nello stesso tempotocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero”.Attraverso la teologia della coscienza, Egli schiude non pochi varchi alla comprensione diimportanti temi teologici.Nell’enciclica Veritatis Splendor si legge: “Il cardinale J. H. Newman, eminente asser-tore dei diritti della coscienza, affermava con decisione: “La coscienza ha dei diritti, perchéha dei doveri”.L’intervento di Gallangher m. p. della Pontificia Università Gregoriana, a proposito del-l’ERRORE FATALE DEL PENSIERO LAICO riferisce il pensiero di Newman: “L’erro-re fatale del pensiero laico è quello di giudicare la verità religiosa senza la preparazione delcuore”.Di notevole rilievo il concetto educativo newmaniano: L’EDUCAZIONE È L’APERTU-RA DELLA MENTE E DEL CUORE.Nel suo primo discorso all’Università di Dublino: “desidero che l’intelletto si muova con lamassima libertà e la religione goda una libertà pari; ma quel che vorrei stipulare, è cheambedue debbano stare in un solo e medesimo luogo, autentificate nelle stesse personeVoglio distruggere quella diversità di centri, che mette tutto a soqquadro creando unacontrarietà di influenza. Desidero che gli stessi luoghi e le stesse persone siano insiemeoracolo di filosofia e santuari di devozione. Non mi soddisfa che la religione sia di qua e lascienza sia di là e che i giovani conversino tutti i giorni con la scienza e alloggino con lareligione la sera… Ma voglio che uno stesso tetto contenga insieme la disciplina intellettua-le e quella morale… Voglio che un intellettuale laico sia religioso e che un devoto ecclesia-

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stico sia intellettuale”.Nell’opera IDEA DELL’UNIVERSITÀ, composta tra il 1852 e il 1858, espone “un pro-getto di cultura cristiana di grande spessore, in cui la teologia avrebbe informato ogniscienza nel rispetto del loro statuto e dato impulso alla vita della Chiesa. Al problemadell’educazione del laicato risponde con la realizzazione di frequenti incontri in cui intervie-ne lasciandoci pubblicate compilazioni pregevoli dei suoi discorsi e delle sue lezioni. Aquesto proposito rimane rilevante per la teologia il suo articolo sulla CONSULTAZIONEDEI LAICI IN MATERIA DI DOTTRINA”. (R. La Delfa .)“L’idea di Università del card. Newman comporta “formazione dell’uomo e arricchimentodella persona non possono verificarsi se non cogliendo l’unitotalità della persona stessa,nelle diverse componenti che la costituiscono, se viene meno invece “la concezione unita-ria della conoscenza che può essere garantita solo dalla verità per Newman si affermainesorabilmente una concezione razionalistica dell’intelletto, con la conseguente crisi del-l’università quale istituzione educativa produttrice di sapere dell’uomo. L’educazione intel-lettuale totale è dunque richiesta dalla natura stessa della conoscenza torna sempre dinuovo a farsi plausibile in forza dell’originaria e insopprimibile esigenza di unità che laconnota” (G. Borgonovo).Quanto alla formazione del laicato Newman scrive: “Voglio un laicato non arrogante, nonprecipitoso nel parlare, non litigioso, ma fatto di uomini che conoscono la loro religioneche vi entrano dentro che sanno benissimo dove si trovano, che sanno quello che possie-dono e quello che non possiedono, che conoscono la loro fede così bene che sono ingrado di spiegarla, che ne conoscono la storia tanto da poterla difendere. Voglio un laicatointelligente e bene istruito. Desidero che allarghiate le vostre conoscenze, coltiviate la ra-gione, siate in grado di percepire il rapporto fra verità e verità, che impariate a vedere lecose come stanno, come la fede e la ragione si relazionino fra loro, quali siano i fondamentie i principi del cattolicesimo… Sono sicuro che non diventerete meno cattolici familiariz-zandovi con questi argomenti, perché manteniate viva la convinzione che lassù c’è Dio, ericordiate che avete un’anima che sarà giudicata e dovrà essere salvata”.Nell’importante convegno un interessante intervento di M. Marchetto della Scuola Sup.Int. di Scienze della Informazione di Venezia su: UN ANTIDOTO AL RELATIVISMO.La verità non può essere relativa, aveva detto Newman che aggiunge:“Un antidoto al relativismo richiede una preparazione del cuore, cioè uno spirito nettamen-te disposto, un’inclinazione che proviene dalla grazia soprannaturale, quella retta disposi-zione che è amore. Noi crediamo perché amiamo”.Interessante la relazione sul tema VIVERE È CAMBIARE svolta da R. Siebenrockdella Facoltà teologica di Innsbruck. L’Autore ricorda tra l’altro quanto aveva scrittoNewman nel “LO SVILUPPO DELLA DOTTRINA CRISTIANA”.“In un mondo più alto le cose vanno altrimenti, ma qui sulla terra vivere è cambiare e laperfezione è il risultato di molte trasformazioni”.

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I dogmi, così come i nuovi insegnamenti della Chiesa, sono da ritenere sviluppi autenticidella Rivelazione.E ancora”chi rinuncia al futuro per il passato si è negato fondamentalmente la dinamicitàdella chiesa i cui sviluppi sono “strutturalmente imprevedibili…sviluppo nella continuità”.Affermazioni in sintonia con le riflessioni del Vaticano II; della “ermeneutica della riformacon Benedetto XVI e di Paolo VI: La Chiesa vive, ringiovanendo se stessa e la sua operacon e nella missione di Cristo”.

Chiesa in cammino

Continuo è il rinnovarsi della Chiesa e sul rimanere sempre la stessa, perché fedele al suoCapo, Cristo.Prima, durante e dopo il Concilio vaticano II si staglia la grande figura profetica diJ. H. Newman.Newman finalmente si mise a disposizione della Provvidenza che lo chiamava a grandiopere.“Gli uomini vedevano in lui un servitore del potere eterno e invisibile e, quando gli eranovicino, era più facile per essi credere in Dio e a quanto Dio è vicino all’uomo”. (TheBirmingham Daily Post).Il Vescovo di Birmingham William Bernard Ullthorne: QUESTO UOMO È UN SANTO.Nel 1979 Giovanni Paolo II per il centenario del cardinalato di Newman disse:“L’elevazione di Newman a Cardinale, come la sua conversione alla Chiesa cattolica, è unavvenimento che trascende il fatto storico e l’importanza che ciò ha avuto per il suo paese.Eventi hanno inciso profondamente nella vita della Chiesa molto di là dai confini d’Inghil-terra… Lo stesso Newman, con visione quasi profetica era convinto che egli stava lavo-rando e soffrendo per la difesa e la promozione della causa della religione e delle Chiesanon solo nel periodo a lui contemporaneo ma anche per quello futuro. La sua influenzaispiratrice di grande maestro della fede e di guida spirituale viene percepita sempre piùchiaramente nei nostri giorni”.Nel 1991, il Pontefice, approvando il decreto sulle virtù eroiche, lo proclamò Venerabile.Così si espresse: “profonda onestà intellettuale, fedeltà alla coscienza e alla grazia, pietà ezelo sacerdotale, devozione alla Chiesa di Cristo e amore per la sua dottrina, incondizio-nata fiducia nella Provvidenza e assoluta obbedienza al volere di Dio caratterizzano il geniodi Newman… Rendendo grazie a Dio per il dono del venerato J. H. Newman in occasio-ne dei duecento anni della nascita preghiamo affinché questa guida certa ed eloquente nellanostra perplessità diventi anche nelle nostre necessità un intercessore potente al cospettodel trono della grazia. Preghiamo affinché la Chiesa proclami presto ufficialmente e pubbli-camente la santità esemplare di uno dei campioni più versatili e illustri della spiritualitàinglese “.

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La nomina a Cardinale della Chiesa cattolica da parte di Leone XIII suscitò in Lui qual-che perplessità: “Non è stato facile, non è stato facile. Dicevano che fosse liberale,ma io avevo deciso di onorare la Chiesa onorando Newman. Ho sempre avuto un cultoper Lui”.Quando il suo Vescovo consegnò a Newman la lettera che gli comunicava le intenzioni delPapa si dimostrò disponibile di accettare la cappella cardinalizia ma aggiunse: “Sono vec-chio e diffido di me stesso. Sono ormai trent’anni che vivo in “nidulo meo”, nel mio carooratorio, nascosto e contento. Perciò supplico S.S. di non togliermi a San Filippo, miopadre e patrono… prego S.S. di avere riguardo al mio desiderio di rimanere nascosto…alla vita ritirata che ho condotto dalla mia giovinezza, alla mia ignoranza delle lingue stra-niere, alla mia inesperienza degli affari, per lasciarmi morire là dove ho sempre vissuto.Conoscendo i sentimenti di benevolenza di S.S. che posso volere di più”.Il Santo Padre a mezzo del Segretario di Stato cardinale Nina gli confermava la porpora“apprezzando l’ingegno, la dottrina, la pietà e lo zelo dimostrati nell’esercizio delsuo ministero, la devozione e l’attaccamento filiale alla Santa Sede apostolica edi segnalati servizi che da lunghi anni sta rendendo alla religione”.Non furono né pochi né deboli i contrasti della gerarchia cattolica romana e inglese per lanomina papale.L’imposizione della berretta cardinalizia ebbe luogo il 13 maggio del 1879.Nel concistoro erano stati creati altri nove cardinali tra i quali mons. Giuseppe Pecci,fratello del Papa.Benedetto XVI il 19 settembre lo proclamerà Beato al Cofton ParK di Birmingham.Aveva detto: “non sono portato a fare il santo. Mi basta lucidare le scarpe ai Santi”.“Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa perché egli nello stesso tem-po tocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero” (card. Ratzinger).Benedetto XVI parlando recentemente ai vescovi di Inghilterra e Galles in visita“ad limina” ha detto: “Il cardinale Newman ci ha lasciato un esempio eccezionalealla verità rivelata, seguendo quella kindly light ovunque essa lo conducesse, an-che a un considerevole costo personale ….Giustamente è stata prestata moltaattenzione alla sua attività accademica e ai molti scritti di Newman, ma è impor-tante ricordare che egli si considerava soprattutto un sacerdote. In questo Annussacerdotalis, vi esorto a far presente ai vostri sacerdoti il suo esempio di impegno allapreghiera, di sensibilità pastorale per le necessità del suo gregge, di passione per la predi-cazione del Vangelo”.“Dicevano che fosse liberale”

Newman lottò il liberalismo religioso e morale.Sentita questa sua lotta, intesa come ideologia nemica della dottrina della Chiesa anglicanae non solo.

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Egli ne ribadì il contenuto nel discorso pronunciato per l’elevazione alla dignità cardinalizia.Ci sembra di poter ritenere che l’avversione al liberalismo da parte di Newman non ècerto lontano da quello contro relativismo, contro il quale si sono consumati GiovanniPaolo II e Papa Benedetto XVI, “ perché subdolo nemico della fede.”Se è vero che il liberalismo è nato come dottrina fondamentale dei diritti dell’uomo inquanto uomo, tra le varie correnti di pensiero, nel tempo, non esiste unanimità di parericirca la legge morale universale né religiosa né laica nel mondo liberale, dove valgono ilrispetto delle libere scelte di valore individuale. L’universalità cede alla relatività, la perso-na all’individuo. Ci si allontana dalla concezione dell’uomo del cristianesimo per sfociare inun liberalismo da concetti cangianti per approdare verso il relativismo se non verso illaicismo.Ci piace riportare solo alcuni passi del discorso pronunciato in occasione dell’elevazionealla dignità cardinalizia su questo spinoso argomento:…”Ho cercato di contrastare con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione.Mai la Santa Chiesa ha avuto bisogno di qualcuno che si opponesse più di oggi, ahimè sitratta ormai di un errore che si estende come trappola mortale su tutta la terra; e nellapresente occasione, così grande per me, quando è naturale che io estenda lo sguardo atutto il mondo, alla santa chiesa e al suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che iorinnovi quella condanna che già così speso ho pronunciato. …non dimentichiamo che nelliberalismo ha del buono e del vero; basta citare, ad es. i principi di giustizia, onestà sobrie-tà, autocontrollo, benevolenza che, come ho già notato, sono i suoi principi più proclamatie costituiscono leggi naturali della società e solo quando ci accorgiamo che questo bel-l’elenco di principi è inteso a mettere da parte e cancellare completamente la religione, checi troviamo costretti a condannare il liberalismo”.“Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positivanella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ognigiorno acquista più credito e forza. È contro il riconoscimento di una religione come vera.La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non unfatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che piùcolpisce la fantasia… Si possono frequentare le chiese protestanti e le chiese cattoliche,sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna… la confusione diventa pale-se quando in assenza di una Verità si ritiene una religione uguale all’altra.”.E il card. Ratzinger gli fa eco....Lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggia-mento all’altezza dei tempi moderni. Si va costituendo una dittatura del Relativismo chenon riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e lesue voglie.Noi invece abbiamo un’altra misura: Il Figlio di Dio, il vero uomo. È la figura del veroumanesimo.

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In assenza di essa l’esistenza umana si snoda senza freni consentendogli l’esercizio dellibero arbitrio”.Tutto è lecito e questa condotta non può non avere effetti deleteri sulla società.L’assenza di una Verità nell’ambito religioso ed etico sostanzia il liberalismo di ieri con-dannato da Newman, al relativismo dei nostri giorni.Come ieri talune concezioni liberali, il relativismo dilagante dei nostri giorni, in nome dipresunti valori laici, sta distruggendo “la bella struttura della società che è l’opera delcristianesimo, che sta ripudiando il cristianesimo” (Newman).L’avversione poi della cultura cristiana, vera fonte di convivenza civile, in nome di unalaicità portatrice di chi sa quali migliori valori, fornisce gravi elementi destabilizzatori di unasocietà sana come profetizzato da Newman.“L’uomo colui che cerca la verità… una volta che si è tolta la libertà all’uomo è purapretendere di renderlo libero. Verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramen-te periscono “ (Wojtyla).“La verità è logos che crea dia-logos e quindi comunicazione e comunione. La veritàfacendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di por-tarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e incontrarsi nella valutazione del valoree della sostanza delle cose” Benedetto XVI (Caritas in Veritate).“Newman appartiene a tutti coloro che sono alla ricerca di un preciso orientamento e diuna direzione attraverso le incertezze di un mondo moderno”.“Uomo pienamente cosciente della sua missione, ho avuto da fare diceva, guidato unica-mente dall’amore per la verità e dalla fedeltà a Cristo, il quale per arrivare alla pienezzadella salvezza e della pace tracciò un percorso, il più penoso, ma anche il più grande, il piùsignificativo, il più decisivo che il pensiero umano abbia mai condotto nel XX secolo, anzisi potrebbe dire nell’età moderna”. “Ci uniamo volentieri a una schiera di voci in tutto il mondo, nel lodare Dio per il dono delgrande Cardinale inglese e per la sua duratura testimonianza…. La missione particolareche Dio gli affidò, garantì che J. H. Newman appartiene a ogni epoca, luogo e persona”.(Paolo VI).A trent’anni dalla sua conversione e chi sa quante altre volte dopo, queste le parole difedeltà alla chiesa cattolica:“Dal 1845 non ho mai esitato, neppure un solo istante, nella mia convinzione che fosse miopreciso dovere entrare come allora ho fatto, in questa chiesa cattolica che, nella mia pro-pria coscienza ho sentito essere divina”.Un’esortazione ai cristiani: “ con la morte del suo figlio abbiamo un atto di Dio, un suo attoirreversibile che fa del suo perdono dei peccati, della sua riconciliazione con l’umanità unevento della storia… ha dato prova della sua lealtà sincerità nei nostri confronti comeanche noi dobbiamo mostrare la nostra nei suoi non con parole ma con atti “.Il lieto evento della beatificazione del Venerabile Newman dovrà costituire per tutti i catto-

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lici la motivazione per una migliore e più diffusa conoscenza del pensiero e delle opere diun Grande dottore della Chiesa.“Non dubiti, Newman sarà un giorno dottore della Chiesa”.Queste le parole di Pio XII a J. Guitton in un colloquio confidenziale di alcuni decenni orsono.E la profezia si è avverata.L’iter autobiografico spirituale di Newman è mirabilmente scolpito nella sua opera presti-giosa: APOLOGIA PRO VITA SUA.

Newman e Roma

Solo una citazione, il tema complesso, merita trattazione a parte e ben altra competenzache la nostra come peraltro per tutta l’opera newmaniana.Newman colloca i suoi giudizi su Roma in tre momenti:L’impero e la città antica con la sua grandezza pagana.Roma: un mondo di particolare bellezza.Roma e la storia della cristianità.

Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero.

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Ma infine: “Roma… è di tutte le città, la prima di tutte quelle che ho viste, compre-se la cara Oxford, non sono che polvere a confronto con la sua maestà e la suagloria”.(Da Newman e Roma di B. M. Hoegemann FSO).Ombre luci si leggono nei suoi giudizi.Non mancano toni severi sulla vita del cattolicesimo romano e ciò prima della sua conver-sione.Amici Serrani,Vi ho detto poco, troppo poco, forse neppure l’abc, di J. H. Newman: “Una figuraaffascinante, coinvolgente, profetica, acuta, umana, cercatrice e ricercatrice diDio e del significato ultimo dell’esistenza umana”. (M. Bontempi).Pio XII lo definì: ACERRIMUS VERITATIS INVESTIGATOR.Un pressante invito vi rivolgo: Cercate, amate, riflettete sulla vita di un GRANDEdella nostra Chiesa.Invochiamo, preghiamo con Lui, perché la LUCE implorata alla quale chiese aiuto otte-nendolo, illumini anche il nostro cammino di fede.

Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero.Inizio dell’anno sociale del Serra Club 2010/2011, 18 settembre 2010.

Pubblicato nel Eco del Santuario di Montenero anno 2011Ringrazio il direttore don Luca Giustarini Vall. o. s. b. e il sig. Roberto Manera.

Nota:Consultati La luce nella solitudine a cura di Rosario La Delfa e Alessandro Magno -

Ed. R.e R. Mazzone, 1989;Newman incontra Leonforte, Ed. Oasi, 1990.

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“Lì proprio vicino al fuoco il Sig. Newman cominciò la sua confessione generale consentimenti di umiltà e devozione straordinaria”.Con queste parole Padre Domenico Barberi informava il suo Superiore Generale che nellacelebre notte dell’8-9 ottobre del 1845 J. H. Newman prete anglicano si fece cristianodella Santa Chiesa cattolica romana.Straordinaria quella notte: aveva fine il lungo, sofferto, tormentato cammino di Newmanverso “l’amata vera Chiesa di Dio”.Alfonso Capecelatro (1814-1912), oratoriano, poi elevato alla dignità cardinalizia daLeone XIII (1885), così descrive lo straordinario avvenimento:“Dalgairns (John Dobre, oratoriano) invitò Padre Domenico della Madre di Dio, Provin-ciale dei Passionisti, a recarsi da Aston-Hall in Littlemore, dicendogli solo che era chiama-to a compiere un’opera in servizio di Dio; questi inconsapevole accorse. Parvegli presen-tare che ogni indugio potesse tornare di gran danno all’ufficio cui era chiamato.E però per uno orribile tempaccio si pose in viaggio in una vettura scoperta. Sostennecinque ore di direttissima pioggia e come piacque a Dio, tutto immollato giunse alfine nottetempo a Littlemore.Non così tosto fu entrato nella romita dimora di quegli uomini ferventi di cui era fama intutta l’Inghilterra, ecco che il Newman umiliatissimamente gli si gettò ai piedi dicendogliche ei di là non si leverebbe, se prima non l’avesse benedetto e ricevuto nella Chiesa diGesù Cristo”. (Newman e la religione cattolica in Inghilterra, ovvero l’oratorio inglese1859).

Chi è il privilegiato confessore che fece Newman cattolico?È Padre Domenico Barberi, passionista.Nasce a Viterbo il 22 luglio del 1792.Perde i genitori in tenera età. Adottato da uno zio materno lo aiutava nei lavori dei campi,accudendo anche al pascolo delle pecore.Ben altre erano le aspirazioni di Domenico.Nel 1815 si professa membro della Congregazione della Passione.Il I marzo del 1818 viene ordinato sacerdote.

CONFESSORE E PENITENTE – CONVERTITO

Padre Domenico Barberi e J. H. Newman

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Occupa diversi posti di responsabilità nell’Ordine.Docente, insegna teologia e filosofia.Uomo di studio: numerose le sue opere filosofiche, teologiche, ascetiche.Si rivelò Apostolo, efficace predicatore, anima ecumenica, pronto ad ogni bisogno delprossimo.Nel suo gene maturava da tempo l’indole della missionarietà.“Io mi ricordo che offrii la mia vita, dichiarandomi pronto a morire sommerso nel mareavanti di toccare l’Inghilterra, perché questa isola tornasse in seno alla Chiesa cattolica”.“Dio si degnò infondere nel mio cuore fin dai più teneri anni un amore ardentissimo per imiei carissimi fratelli separati e specialmente per gli inglesi”.Evangelizzare nei paesi del nord Europa la sua ambizione.Fu inviato nel Belgio e poi, con sua soddisfazione, nel Regno Unito.Nel suo “Pianto dell’Inghilterra” si legge tutto il suo amore per quella terra e la ferreavolontà di portare i protestanti in seno alla Chiesa cattolica. È lì che si spende fino al martirio della sua persona.Fraterno nel dialogo, impressionante la sua volontà ecumenica.Operò tante conversioni fino a quella ritenuta la più famosa: avere portato in seno allachiesa di Roma “il Papa dei protestanti, il loro grande oracolo, il più dotto uomo che sitrova in Inghilterra”. (J . H. Newman).Lì fonda la prima casa dei Passionisti, ad Aston Hall.La loro opera si svolge in mille difficoltà.Padre Domenico scrive: “Croci e difficoltà sono senza numero e tali che qualche volta misono veduto all’ultima estremità quasi sul punto di ritornarmene indietro… Ah, mio Dio!mio Dio! Quanto bisogna soffrire…La sola volontà divina è il mio sostegno: sono quiperché Dio mi ci ha voluto da tutta l’eternità. Sia benedetto il suo santo Nome. Eccol’unica mia risorsa”. Su quelle difficoltà, la conferma di Newman.“Se i religiosi cattolici vogliono conquistare l’Inghilterra, vadano a piedi scalzi nelle nostrecittà manifatturiere, predichino al popolo come S. Francesco Saverio, siano presi a sassa-te e confesserò che essi possono fare quello che non possiamo fare noi… solo fede esantità sono irresistibili”.Padre Domenico Barberi e tanti dei suoi confratelli vivevano quella fede, quella santità.Nel 1884 conosce Newman, ed altre personalità del mondo anglicano e cattolico.Tra questi Giorgio Spencer, poi passionista, con il nome di P. Ignazio di S. Paolo, cheeredita da Padre Domenico la direzione dell’opera missionaria in Inghilterra e Scozia;Nicholas Wiseman, Arcivescovo di Westmister e poi cardinale.Una puntuale descrizione di Newman sulla personalità di P. Domenico, alla richiesta delCardinale Parocchi, promotore della causa di beatificazione di Padre Domenico, si trovanella risposta che gli invia. Era il 1889, un anno prima della morte.Eccola: “Certamente Padre Domenico Barberi della Madre di Dio fu un commoventissi-

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mo missionario e predicatore commoventissimo ed ebbe una gran parte nella mia conver-sione e in quella di altri. Lo stesso suo sguardo aveva un’impronta santa; quando la suafigura si appassionava alla mia vista, mi commoveva in modo singolarissimo e la sua note-vole bonomia in mezzo alla sua santità era in se stesso una reale predica santa. Nessunameraviglia, pertanto, che diventassi il suo convertito e il suo penitente”.Paolo VI che lo proclama Beato il 27 ottobre del 1963 nella sua dichiarazione così siesprime:“Padre Domenico fu grande Maestro di ascetica, predicatore infaticabile, apostolo e apo-logeta esperto delle correnti di pensiero del suo tempo”.E sottolinea talune pecularità della vita del Beato come la dedizione alla Passione di Cristoe la devozione alla Madonna Addolorata.“Padre Domenico non solo predicò il culto alla Croce del Signore, ma egli stesso la portò…fuun paziente, fu un sofferente. Portò quella croce così pesante, così dolorosa in ossequioalle parole di Cristo: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda lasua croce e mi segua” (Mt.16,24).E in quella dichiarazione ricorda “il fatto” il contributo cioè di P. Barberi alla conversione diNewman con queste parole:“La straordinaria importanza di quel semplice avvenimento e la ognora crescente grandez-za del celebre inglese riverberano sull’umile religioso una luce folgorante.Subito viene al nostro labbro la domanda: fu lui a convertire Newman?Quale fu l’influsso di P. Domenico su di lui?... ma è da credere e da augurare che l’acco-stamento di queste due sante figure, il Beato Domenico e il cardinale J. H. Newman, nonlascerà più il nostro spirito, che continuerà a pensare al senso misterioso del loro incontrocon grande speranza e con prolungata preghiera”.Papa Paolo aveva in animo la canonizzazione di Newman?Quel binomio di vita e di santità ci coinvolgono, ci affascinano, ci suggeriscono di confer-marci nella loro e nostra fede.

Dicembre 2012

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J. H. Newman a Livorno

Newman J. H. nacque a Londra il 21 febbraio del 1801.Il 29 maggio del 1825 venne ordinato sacerdote anglicano.Fu Guida del Movimento di Oxford teso a proteggere l’anglicanesimo dalle deviazionidottrinarie protestanti.Si convertì al cattolicesimo nel 1845.Nel marzo del 1847 fu ordinato sacerdote della chiesa cattolica.Fondò in Inghilterra l’Oratorio di S. Filippo Neri.Leone XIII riconoscendogli “genio e dottrina”, il 13 maggio del 1879, gli conferì la porpo-ra cardinalizia.È autore di testi di spiritualità, apologetica, patristica, dogmatica, morale, pedagogia,autobiografici.Nel 1991 Giovanni Paolo II, approvando il decreto sulle sue virtù eroiche, lo proclamòVenerabile e Benedetto XVI, Beato nella sua Birmingham, il 19 settembre 2010.Aveva scritto: “Non sono portato a fare il santo. Mi basta lucidare le scarpe aisanti”.

Nella vita di questo insigne personaggio, vi è uno spazio vissuto a Livorno.A questo è dedicata la nostra nota.A causa della sua malferma salute, nel viaggio di ritorno da Roma per l’Inghilterra, dopo lanomina a Cardinale, si fermò a Livorno dal 5 al 20 giugno.La notizia è espressa in una sua lettera al Duca di Norfolk scritta da Roma il 30 maggio.In altra lettera, datata 1 giugno, sempre da Roma, Hotel Bristol via Sistina 48, indirizzata aArtur Wollaston Hutton, scrive che a Livorno sarebbe stato ospite dell’ANGLO-AME-RICAN HOTEL.La presenza nella nostra città del neo-cardinale è documentata dalle lettere inviate.La prima del 5 giugno è indirizzata al Cardinale Manning in Inghilterra.Nella lettera inviata al Duca di Norfolk, datata 5 giugno, per la prima volta indica la sededella compilazione: Leghorn the anglo-american hotel.La stessa appare ancora nella lettera a Miss M.P. Giberne nella quale denuncia i mali di cuiè affetto, febbre, polmonite, diarrea.In altra breve corrispondenza al duca di Norfolk, l’11 giugno dice di essere confortatodalle cure di un medico inglese e di uno italiano.

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Il 16 scrive a Charles Ryder, secretary of the society of St. Bede.In pari data, altra lettera per il duca di Norfolk.Il 19 giugno fa sapere a mrs Sconce, una signora inglese che abitava a Firenze e che loaveva assistito durante la malattia, di lasciare l’indomani Livorno per partire alla volta diGenova.Scrive a Bryan J. Stapleton lo stesso giorno.La corrispondenza epistolare del Cardinale, da Livorno, finisce qui.

Il 21 giugno invia da La Spezia una lettera, completata a Genova, indirizzata a E. B. Puseynella quale si dice convalescente.Perché Newman sostò a Livorno?Riteniamo che non si possano escludere motivi climatici e la presenza di una nutrita coloniainglese nella città.La nostra indagine faticosa, ma feconda ci ha molto interessato ed incuriosito.

L’hotel Anglo - Americano.

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Tra l’altro: In quale parte della città era sito l’Anglo-American Hotel?Non esiste oggi a Livorno un esercizio alberghiero denominato Anglo-American Hoteldonde la nostra curiosità di scoprire la collocazione di questo albergo.Ritenendo che vi potesse essere una qualche connessione tra licenza all’esercizio alber-ghiero e la sua ubicazione, ci siamo recati presso la biblioteca della Camera di Commercioper saggiare qualche documento attinente la nostra ricerca.Dall’amabilità di più di una persona, abbiamo potuto prendere visione di una interessantee per noi preziosa pubblicazione: Guida di Livorno, editore Arti grafiche Belforte del1904, attestante la presenza a Livorno dei Consolati dell’epoca.All’indirizzo Consolato del Portogallo, rileviamo che aveva sede presso l’Hotel Anglo-American.Ci è stato agevole associare questa voce all’analoga indicata da Newman all’inizio dellesue lettere.L’albergo era sito sul Viale Regina Margherita, oggi Viale Italia nel palazzo che faangolo con via C.Mayer. “Nel miglior punto della passeggiata in faccia ai giardini, vedutasplendida sul mare, luce e ascensore elettrico. Proprietario Polese F. telefono 88”.Questa scarna nota, circa la presenza del Beato J.H.Newman a Livorno, nel silenzio dialtre autorevoli fonti alle quali ci eravamo indirizzati, vuole documentare il suo soggiornonella nostra città, segnatamente l’albergo che lo ha ospitato e stimolare altresì interesse perla grandiosa opera di un singolare apostolo del Cristianesimo, Maestro e Difensoredei valori prioritari della persona, tra i quali brillano quelli della Coscienza, dellaLibertà, della Verità, così indispensabili al vivere civile, di ogni tempo.

Nota 1: Questo articolo stato pubblicato nel n-1 del L’Eco del Santuario di Montenero2011 dove è possibile leggere la documentazione di cui trattasi.

Nota 2: Un sentito ringraziamento a Sr. Irene FSO, del Centro internazionale Amici di J.H. Newman di Roma e ad alcuni amici che operano a vario titolo nella Biblioteca dellaCamera di Commercio di Livorno.

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J. H. Newman lume sulla città

Il 30 novembre 2012 alle ore 16, alla presenza di un folto numero di Serrani, invitatirappresentanze delle Autorità cittadine, Mons. Ezio Morosi, cappellano del club Serra eVicario Generale della diocesi, ha benedetto la lapide installata a cura del Serra nel palaz-zo, sito nel viale Italia angolo via C. Mayer, allora sede dell’hotel anglo americano, aricordo del cardinal J. H. Newman che vi soggiornò dal 5 al 20 maggio del 1879.Il cardinale il 13 maggio aveva ricevuto da Papa Leone XIII la cappella cardinalizia.La sosta a Livorno, del viaggio di ritorno verso l’Inghilterra, fu dovuta a malattia.È seguita una santa Messa di ringraziamento, celebrata nella vicina chiesa di S. Jacopo, dalparroco don Alberto Vanzi.Dopo la cerimonia religiosa il Past Presidente del club Prof. Paolo Mirenda ha pronuncia-to parole di circostanza sulla vita e le opere del Beato J. H. Newman.

Questo il testo.

La vita e le opere di J. H. Newman sacerdote anglicano nato a Londra nel 1801, conver-titosi al cattolicesimo dopo lungo e tormentato travaglio, fino ad essere consacrato sacer-dote nel 1845, è ricca così ricca, da stupirti sempre più e costringerti a porti tanti interro-gativi, solo se vuoi conoscere qualcosa di un Gigante del cristianesimo e del cattolicesimoin particolare.

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Perché della conversione da anglicano a cattolico.Perché cardinale della Santa romana chiesa ad opera del Papa Leone XIII che lo disse “ilmio cardinale”.Perché Pio XII interpellato da J. M. Guitton, unico laico invitato quale osservatore allaprima sessione del Concilio vaticano II, lo rassicurò dicendogli: Non dubiti Guitton, J. H.Newman sarà dottore della Chiesa.Perché Papa Paolo VI disse di Lui: Guida sicura a tutti coloro che sono alla ricerca di unpreciso orientamento e di direzione attraverso le incertezze del mondo moderno.Perché nel 1979, Papa Giovanni Paolo II nel centenario del cardinalato di Newman disse:L’elevazione di Newman a Cardinale, come la sua conversione alla chiesa cattolica è unavvenimento che trascende il fatto storico e l’importanza che ciò ha avuto per il suo pae-se… la sua influenza ispiratrice di grande maestro della fede e di guida spirituale vienepercepita sempre più chiaramente nei nostri giorni.E lo proclamò Venerabile nel 1991.Perché nel 2010, il 19 settembre Benedetto XVI al Cofton Park di Birmingham, lo pro-clamò Beato e rivolgendosi ai Vescovi di Inghilterra e del Galles pronunciò tra l’altroqueste parole: Il cardinale Newman ci ha lasciato un esempio eccezionale alla Verità rive-lata seguendo quella kindl ligth ovunque essa lo conducesse anche ad un considerevolecosto personale …giustamente è stata prestata molta attenzione alla sua attività accademi-ca e ai molti suoi scritti, ma è importante ricordare che egli so considerava soprattuttosacerdote…esempio di impegno alla preghiera, di sensibilità pastorale per le necessità delsuo gregge, di passione per la predicazione del Vangelo.Perché il Vaticano II ha recepito tante intuizioni di Newman sul significato della coscienza,sul rapporto tra fede e ragione, sul mistero della Chiesa, sull’ecumenismo, sulla necessitàdel dialogo costruito con il cuore, sul ruolo dei laici nella chiesa e nel mondo, sull’educa-zione universitaria e altro.Perché il Serra club di Livorno, ha fatto proprio il suggerimento di chi vi parla, di onorareoggi il Beato Newman apponendo sulla facciata del palazzo, già hotel anglo-americanoche lo ospitò ammalato, a pochi giorni dall’avere ricevuta la cappella cardinalizia, dal 5 al20 giugno del 1879.Della nostra indagine volta a precisare il sito nella nostra città dell’hotel, abbiamo già dettoaltrove (nostra conferenza al Serra del 18 settembre del 2010, pubblicata nel Eco delSantuario di Montenero n.1 del 2011).E quanti altri interrogativi!Ed allora la voglia di sapere diventa insaziabile e macini libri, consulti riviste, recensioni,convegni la sua produzione di altissimo taglio religioso, evangelico, culturale, sociale equante altre caratterizzazioni si possono aggiungere al prezioso patrimonio lasciatoci.Un’opera grandiosa!Ne citiamo solo alcune.

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La grammatica dell’assenso dove analizza l’atto dell’assenso della mente umana allaverità, il diritto dell’uomo alla certezza su argomenti di fede.Alleanza senza compromesso tra fede e ragione.Appaiono in tutta evidenza i contenuti della pregevole trattazione di Fides et Ratio dell’en-ciclica di Giovanni Paolo II.La teologia della coscienza, elemento centrale nella ricerca della verità, voce di Dio, dicui abbiamo detto.Errore fatale del pensiero laico.“L’errore fatale del pensiero laico è quello di giudicare la verità religiosa senza la prepara-zione del cuore”.Consultazione dei laici, in materia di dottrina chi tratta del coinvolgimento dei laici nellaChiesa.L’idea dell’Università dove si pone i problemi educativi e gli indirizzi volti a risolverli.Lo sviluppo della dottrina cristiana.“Vivere nella terra è cambiare e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni… I dogmi sono sviluppi autentici della rivelazione…sviluppo nella continuità”.Gli Ariani del IV secolo.I TractsLa Vita media della chiesa anglicanaSermoniLettere: queste raccolte in 32 volumi.Il dramma di Geronzio opera letteraria musicata da Elgar.Poema sulla vita dell’aldilà.Quante altre citazioni!L’oratorio di Birmingham ha raccolto quasi tutte le opere di Newman: 26 volumi, 6 delperiodo anglicano, 20 del periodo cattolico.Ti accorgi che quasi ti manca il tempo per conoscerlo a fondo.E ti devi accontentare di acquisire solo l’abc, di quel prezioso tesoro.Ed è appena questo che, in diverse occasioni, ho potuto partecipare ai soci del nostroprestigioso club, ampiamente accusando le nostre lacune.Oggi diremo sopratutto qualcosa che tocca la circostanza odierna.E anzitutto.Abbiamo ai nostri occhi un Santo!Una santità acquisita a caro prezzo soffrendo spiritualmente e fisicamente.Una sofferenza che lo ha visto per lunghi anni lottare con Dio.Una sofferenza che lo ha portato a divenirgli amico Dio.E poi due insegnamenti fondamentali.Il primo: Cor ad cor loquitur parole incise nel suo stemma cardinalizio sulla sua tomba.Il cuore che parla al cuore per meglio comprendere, per meglio dialogare con Dio e il

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prossimo.Il secondo: Ex umbris et Imaginibus in Veritatem.All’affannosa ricerca della Verità a partire da quanto è possibile vedere dall’immaginazio-ne e dalle figure che la mente umana dei mortali concede, per la conquista della verità.Nella lapide-ricordo che oggi il Serra ha inteso installare nella facciata del palazzo, che loospitò vi è incisa una frase di Pio XII indirizzata a J. H. Newman: Acerrimus veritatisInvestigator.Ed è su questa attribuzione che oggi invito tutti voi, amici Serrani e quanti hanno volutopartecipare alla cerimonia, a meditare.Newman ha cercato la Verità, ha cercato Dio che è primato di verità e di vita. Questaricerca ha avuto come suo viatico la preghiera che è vivere il dialogo con Dio e lacoscienza, attraverso la quale Dio parla, rivelandosi nel Suo Figlio Incarnato, nella Trinità,nell’Eucaristia, nel sacerdozio, nella sua chiesa.Dopo aver lottato, sì lottato, per tanti anni con Dio mostrandosi resistente a Chi lo volevaper sé, ne diventò amico, confidente tale, ché di lui è stato detto: Del Teologo che davadel Tu al Creatore.“O Dio mi metto senza riserve nelle tue mani…Tu sei la saggezza, Tu sei l’amore … checosa posso desiderare di più…Dio è il Dio del mio cuore, la mia eterna felicità”.E quante altre espressioni si potrebbero citare, significative della ricerca della verità.La coscienza anzitutto che svolge un ruolo essenziale, è l’elemento centrale nella ricercadella verità, è propedeutica della verità, è l’avvocata della verità, attraverso la quale sischiudono non pochi varchi alla comprensione di importanti temi teologici.

“Quanto alla coscienza, esistono due modalità per l’uomo di concepirla. Nella prima lacoscienza forma soltanto una specie di intuito verso ciò che è opportuno, una tendenza checi raccomanda l’una o l’altra cosa. Nella seconda è l’eco della voce di Dio. Ora tuttodipende da questa differenza. La prima via non è quella della fede, la seconda lo è “.“La coscienza è sovrana solo perché è il vicario di Dio, il suo sostituto o delegato, ma nonautonoma perché è al servizio di Dio. La coscienza è il portavoce non della personalitàindividuale o del temperamento, ma di Dio …se ci vergogniamo, siamo spaventati peravere trasgredito la voce della coscienza ciò suppone che esiste Qualcuno verso il qualesiamo responsabili, davanti al quale proviamo vergogna, le cui pretese temiamo. Questi èDio” (Newman).Scrive il cardinale Ratzinger: “Quella dottrina sulla coscienza è diventata per me semprepiù importante nello sviluppo successivo della Chiesa e del mondo. Newman fu l’uomodella coscienza … spiegava l’esistenza dell’uomo a partire dalla coscienza, ossia nellarelazione tra Dio e l’anima”. (Discorso nel centesimo anno della morte di Newman. Cen-tro Amici di Newman Roma 1990.) In quel discorso il cardinale nel citare Newman esegnatamente l’opera Gli Ariani del IV secolo rievocava, condividendone il pensiero:

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Riconoscere che la verità in quanto tale deve guidare tanto la condotta politicache quella privata.Newman cerca la verità, valore assoluto, in ogni ambito.Tra la pace e la verità sceglie la verità.Contrastò il liberalismo religioso”secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione,ma un credo vale quanto un altro”…Concezione questa che trova il suo corrispondente nel relativismo di ieri e di oggi.Relativismo conoscitivo e morale che non può non trovare una ferma condanna nella Chie-sa perché l’uomo è alla ricerca della verità, nel suo valore assoluto, perché relativismo vuoldire lesione della dignità dell’uomo perché contrario al principio del suo pieno diritto dicercare, conoscere la verità.Newman è il paladino della verità propria della persona umana, che è un valore antropo-logico del quale non si può, non si deve fare a meno.A distanza di decenni gli fa eco Papa Wojtyla:“L’uomo colui che cerca la verità…una volta che si è tolta la verità all’uomo è pura illusio-ne pretendere di renderlo libero…verità e libertà o si coniugano insieme o insieme misera-mente periscono”.La mia argomentazione della teologia newmaniana sulla conoscenza e sulla verità, an-che se corroborata da autorevoli riflessioni di Altri, non è certamente esaustiva nel farviintendere tutto il significato di una scelta impressa nella lapide commemorativa.Sono certo però che stimolerà la vostra mente a saperne di più, a indirizzarvi verso laLuce.Celebriamo questa con le parole del Beato, concepite e scritte durante il suo viaggio diritorno dalla Sicilia, che grazie alle sue bellezze naturali, alla sua arte antica contribuì, que-sto è il parere di autorevoli studiosi, ad avviare a soluzione la dura macerazione spiritualeche portò Newman in seno alla Chiesa cattolica.Miracolo di quei monumenti che sanno parlare al cuore, alla mente, all’anima e suscitareintime riflessioni volte a determinare profondi cambiamenti.Scrive Newman su quella terra, dalle grandi tradizioni: “Posso dire che prima non sapevoche la natura potesse essere così bella. La Sicilia è davvero un giardino.È come il giardino dell’Eden.Ecco le parole rivolte allo Spirito Santo, alla Luce.

Guidami, dolce Luceattraverso le tenebreche mi avvolgonoguidami Tu, sempre più avanti!Nera è la notte, lontana è la casa:guidami Tu, sempre più avanti!

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Reggi i miei passi:cose lontane non voglio vedere:mi basta un passo per volta.Così non sempre sono statoNé sempre ti pregaiAffinché Tu mi conducessisempre più avanti.Amavo scegliere la mia strada,ma ora guidami Tu, sempre più avanti!Guidami, dolce LuceGuidami Tu, sempre più avanti.

Newman vide nel suo transito terreno con gli occhi della fede la Luce.Ne ha goduto pienamente, nel suo vero splendore, l’11 agosto del 1890, quando ha la-sciato la vita terrena.Ci suggerisce Lina Callegari, valente biografa di Newman, un accostamento della suaanima a quella di Geronzio protagonista del suo poema con le parole che questi pronuncia:

Gruppo di serrani sotto la targa di J. H. Newman sul viale Italia.

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Qualcuno mi ha chiusonel suo ampio palmo; non è una strettacome avviene sulla terra, ma una presa che avvolgela superficie del mio essere diafano,come fossi una sfera, che puòessere tenuta così; una uniformee delicata pressione mi dice che non sono ioa muovermi, ma sono spinto sulla mia strada.Ed ecco! Odo un canto…

Commenta l’illustre biografa: È la voce degli Angeli che abitano il mondo invisibile per ilquale ha sempre vissuto.

È transitato per questo nostro mondo un personaggio di elevato spessore.“Una figura affascinante, coinvolgente, profetica, acuta, umana, cercatrice e ricercatrice diDio e del significato ultimo dell’esistenza umana”. (M. Bontempi ).È questa figura che il Serra di Livorno ha oggi l’onore di celebrare.

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Il laico in J. H. Newman

La figura di laico scolpita da Newman merita una riflessione.La società, la vigna evangelica, nella quale essi operano, offre un desolante quadro denun-ciato a suo tempo dal neo-Beato; ancora grave, più grave ai nostri giorni.Scrive Newman: “La bella struttura della società che è l’opera del cristianesimo, sta ripu-diando il cristianesimo”.La grave affermazione del grande dottore della Chiesa, è un grido di allarme rivolto allaicato cattolico, gran parte dell’essere-chiesa, che vede ogni giorno di più la scristianizza-zione della società e da molte parti il tentativo di totale eradicazione dei principi del cristia-nesimo che per secoli hanno costituito il collante più solido per il vivere civile di quelmondo dove è cresciuto, dove oggi viene rinnegato.Una convivenza civile, democratica, rispettosa della verità e della libertà muore, se non èplasmata dall’Amore.E il cristianesimo è soprattutto Amore, senza il quale ogni legge fallisce.A quella diagnosi pienamente condivisa, sempre più ingravescente, hanno teso porre rime-di, il Vaticano II, l’Evangeli nuntiandi di Paolo VI, la Christifidelis laici di GiovanniPaolo II e molti altri documenti del Magistero.È da citare, perché recente, la lettera apostolica Ubicumque et Semper di BenedettoXVI con la quale istituisce il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangeliz-zazione.Si legge il grido di società e cultura da secoli impregnati del Vangelo, oggi fortemente incrisi, poi il richiamo al blasone di identità del cristiano: “all’inizio dell’essere cristiano nonc’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con unapersona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò una direzione decisiva”.Commenta Rino Fisichella, Arcivescovo e Presidente del neonato dicastero: “Il Vangelonon è un mito, ma la testimonianza di un evento storico, che ha cambiato il volto dellastoria”.Della necessità di questa caratterizzazione storica del cristianesimo se ne era accorto New-man che in essa poneva un valore da mettere in campo.È dunque ancora un gravoso compito per i laici: La nuova evangelizzazione.Ma non prima di riconoscersi in un identikit, in ordine a dirsi cristiano laico. Quale laico?Quello tracciato da Newman (anche).“Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nel parlare, non litigioso ma fatto di

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uomini che conoscono la loro religione, vi entrano dentro, che sanno benissimo dove sitrovano, che sanno quello che possiedono, che conoscano la loro fede così bene che sonoin grado di spiegarla, che ne conoscano la storia tanto da poterla difendere. Voglio unlaicato intelligente e bene istruito. Desidero che allarghiate le vostre conoscenze, coltiviatela ragione, siate in grado di percepire il rapporto tra Verità e Fede, che impariate a vederle cose come stanno, come la fede e la ragione si relazionino tra loro, quali siano i fonda-menti e i principi del cattolicesimo”.

Ho estrapolato queste poche parole, da un discorso molto più vasto, peraltro significativo,anche di una semplicità tale da farci dire: lo sappiamo che ci vieni a dire!In esse, è da rimarcare, sono insite visioni profetiche come il rapporto tra fede e ragione equello che in questo contesto ci interessa maggiormente, cioè la necessità del laico cristia-no di conoscere e vivere la storicità di Cristo, del cristianesimo, della sua Chiesa, percomprenderli e farli comprendere nella loro dimensione divina e umana.Sono queste parole che ci obbligano a intensificare le nostre riflessioni sullo status di mili-tanti-laici per meglio vivere e diffondere nella società il prezioso scrigno di valori datici dalcristianesimo.Compito gravoso, impari, è l’inculturazione evangelica, così come il nostro lodevole tenta-tivo di far nascere e crescere le vocazioni.È sotto i nostri occhi peraltro il magro risultato che registriamo.La società è sorda, ci schernisce, ci deride quasi.Che fare oltre al meglio conoscere?Tra i tanti insegnamenti che ci vengono dal beato J. H. Newman ne scegliamo uno, forse ilpiù elementare, forse il più disarmante, forse il più efficace: parlare da cuore a cuore - corad cor loquitur, il suo metodo di evangelizzazione.Cor ad cor loquitur fece imprimere sul suo stemma cardinalizio.Ancora un mezzo a nostra disposizione.

I campi culturali sui quali agire:Come Newman, ieri contrastò il liberalismo, noi oggi dobbiamo con tutta forza contrastareil relativismo, perché entrambi nemici subdoli della Verità e origine di tante non verità chesono alla base della disgregazione e scristianizzazione della struttura societaria.Con questi obiettivi, alfine di sostanziare ancor di più l’impegno serrano nella società, nonè affatto da escludere la nostra presenza nelle istituzioni che declinano la vita democratica.So di ripetermi, ma sono altrettanto convinto della necessità di farlo.Il mondo, la Chiesa e noi Serrani con essa, siamo in cammino. Cammino non è rinnegare,ma vivere una nuova vita.L’invito ci viene dalla titolazione della citata nuova istituzione ecclesiale: Ubicumque etsemper. Ripeto ubicumque.

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“Come può un cristiano vivere nel mondo senza essere del mondo!”È lì, dove non possiamo mancare!E le citazioni dottrinarie del Magistero volte a incoraggiare la presenza dei cattolici alla vitapolitica del paese sono innumerevoli e datate.Ne ricordiamo ancora tre, la prima: È nella politica che si esercita la più efficace formadi carità (Paolo VI).La seconda: “Non solo rinnovo dell’auspicio sulla presenza dei cattolici in politica ma unimpegno concreto da parte dei vescovi per accompagnare tale presenza” (Mariano Cro-ciata, Segretario Generale CEI, a commento di una recente riunione CEI).La terza: “Aspettarsi che i cattolici circoscrivano il loro apporto sempre importante dellacarità, fosse pure per contribuire ai doveri dello Stato in ordine al bene comune, significascadere in una visione utilitaristica, quando non anche autoritaria.I cattolici non possono consegnarsi all’afasia ideologica o tattica, se lo facessero tradireb-bero le consegne di Gesù ma anche le attese specifiche di ogni democrazia partecipata”.(Angelo Bagnasco Presidente CEI Assisi 8-11, 2010 Assemblea generale della Conferen-za episcopale).Newman “nella sua lunga vita, dagli inizi nella chiesa d’Inghilterra e dell’influenza che viesercitò, in particolare a Oxford, alla fine come cardinale della chiesa cattolica romana, èpossibile rintracciare nel suo pensiero un modello costante e armonioso”.In Newman rintracciamo sempre la preoccupazione di rendere il laicato una forza attiva,all’opera sia nella chiesa sia nel mondo in generale” (Ian Ker).

Abbiamo orecchie per intendere?Vogliamo rimanere nel limbo?

Pubblicato nel “il serrano”. Category cultura 19 Ott. 2011

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Se appena sai qualcosa di un prete anglicano convertitosi al cattolicesimo, attraverso untormentato travaglio spirituale, che porta il nome di J. H. Newman ti prende un’insaziabilevoglia di saperne di più.E cerchi, leggi, scopri, rifletti, su quanto riesci a consultare vita e opere di un Gigante dellastoria del Cristianesimo e della Chiesa cattolica dell’800.Nacque a Londra nel 1801.Sacerdote anglicano nel 1825 e poi cattolico nel 1847.Cardinale nel 1879: Leone XIII lo disse il “ mio cardinale” dotato di “genio e dottrina”.“Una guida sicura a tutti coloro che sono alla ricerca di un preciso orientamento e di unadirezione attraverso le incertezze dl mondo moderno “ (Paolo VI .).Venerabile dal 1991.Beato, settembre 2010.

Un Maestro, un Educatore.

Per raggiungere la perfezione della sua vita fino alla santità, per esplicitare nel miglior modol’insegnamento evangelico mise in essere due memorabili insegnamenti:L’uno:Il cuore che parla al cuore per meglio comprendere e dialogare.L’altro:Ex umbris et imaginibus in veritatem: L’affannosa ricerca della verità a partire daquanto è possibile vedere dall’immaginazione e dalle figure che la mente di moraliconcede per l’acquisizione della verità.Elevato agli onori degli altari da Benedetto XVI il 19 settembre u.s., è stato celebrato in unSimposio Internazionale alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana diRoma, a cura della stessa e dell’International Centre of Newman Friends, il 22-23 no-vembre.

Tema: Il primato di Dio nella vita e nelle opere del Beato John Henry Newman.

Le relazioni sottolineano: Il significato e l’attualità della ricerca di Dio, anche in ordine alle

IL PRIMATO di DIO nella VITA e negli SCRITTIdel BEATO J. H. NEWMAN

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sfide del tempo; il valore della spiritualità, la sua spinta ad agire nella quotidiana operamissionaria.Quattro le sessioni di studio: Alla ricerca di Dio; Sfide nel contesto attuale; Allesorgenti di Dio; Chiamati alla Missione.Le Presidenze e le introduzioni ai temi, affidati agli Eminentissimi Cardinali: Angelo AmatoPrefetto della Congregazione delle Cause dei Santi; Zenon Grocholewski, Prefetto dellaCongregazione per l’Educazione cattolica; Ivan Diaz, Prefetto della Congregazione perl’Evangelizzazione dei Popoli; Mons.Vincent Nichols Arcivescovo di Weistmister.Le conclusioni di Padre Hermann Geissler, Direttore del Centre of Newman Friends.La significatività e attualità dei temi, l’autorevolezza degli Oratori, hanno dato un’ulteriorelettura della statura profetica, teologica, spirituale, filosofica e missionaria del neo Beato.Pensatore tra i più geniali dei nostri tempi “propose una teologia affascinante, fresca, rin-novata, sulla scia dei grandi Padri della Chiesa”… volta a “vivere in una profonda amiciziacon Dio, in un dialogo personale con Colui che ci parla nella coscienza e in modo definitivonel Figlio Incarnato, che vive nella sua Chiesa” (Hermann Geissler).

Vivere il dialogo con Dio è riconoscere il suo Primato che è primato di verità e vita. E laricerca di Newman è ricerca della Verità è ricerca di Dio, indotte dalla coscienza.Nella sua vita e nelle sue opere dominano incontrastate le figure di Dio, della Trinità, delloSpirito Santo, dell’Incarnazione, dell’Eucaristia, del sacerdozio, della Chiesa.Queste visioni chiare nella sua mente, calde nel suo cuore sono impreziosite dalla preghie-ra che Newman praticò sempre, dall’adolescenza, al suo ultimo respiro, come Lui la inten-deva nel suo più pieno e più vero significato: Diretta comunicazione con Dio che ci parlanella coscienza, nel suo Figlio incarnato, nella Chiesa.Ordinato sacerdote anglicano così invoca Dio: “È fatta... Sono tuo mio Signore, sembropiuttosto frastornato e non mi è possibile credervi né comprendere del tutto … leparole, per sempre, sono terribili”.Signore non chiedo consolazione a paragone della santificazione. Per sempre paro-le, parole da non revocare mai. Sono responsabile per le anime fino alla fine dei mieigiorni”.Nel mettersi in relazione con Dio:“O Dio mi metto senza riserve nelle tue mani…Tu sei la saggezza… Tu sei l’amore,che cosa posso desiderare di più? Dio è il Dio del mio cuore, la mia eterna felicità”.

Potenza della preghiera!

Di Lui è stato scritto: Del teologo che dava del tu al Creatore.Il suo apostolato, vissuto per la sua santificazione, il bene delle anime, l’evangelizzazioneespressa dalle sue parole e dai suoi scritti, ebbe nella preghiera la leva potente per salire

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fino alla più alta vetta della perfezione umana, spirituale, sacerdotale e creare unitamentealla testimonianza quell’enorme mole di lavoro che sono le sue opere: Insegnamenti diogni tempo e per tutti.Benedetto XVI indirizzando ai Convegnisti un suo messaggio, molto significativo nellearticolazioni attinenti la vita e le opere del beato J. H. Newman, così concludeva:“Al Beato John Henry Newman Maestro nell’insegnarci che il primato di Dio è il primatodella verità e dell’amore, affido le riflessioni e il lavoro del presente Simposio, mentre perintercessione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, sono lieto di impartire a tutti ipartecipanti l’implorata Benedizione Apostolica, pegno di abbondanti favori celesti”.

Pubblicato nel “il serrano” 27 maggio, 2011 category il mondo cattolico.

L’A. e il teologo prof. Rosario La Delfa

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Sono trascorsi quaranta annidalla promulgazione della let-tera enciclica Humanaevitae.Non abbiamo titolo per ap-profondire il contenuto dellafamosa enciclica.La nostra riflessione vuolericordare ai lettori del “il ser-rano” il grande Pontefice esoprattutto spendere qual-che parola sul travaglio fisi-co e dell’anima, sui senti-menti provati nello studiaree formulare il documento,come Lui stesso ebbe mododi ricordare qualche giornodopo la pubblicazione: (Ca-stel Gandolfo Udienza generale 31 luglio) …Le nostre parole hanno oggi un tema ob-bligato dall’enciclica Humanae Vitae, che abbiamo pubblicato in questa settimanacirca la regolazione della natalità.E subito precisò che:“il documento pontificio non è soltanto la dichiarazione di una legge morale negati-va, cioè l’esclusione d’ogni azione che propone di rendere impossibile la procreazio-ne, ma è soprattutto la presentazione positiva della moralità coniugale in ordine allasua missione d’amore e di fecondità nella visione integrale dell’uomo e della suavocazione non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna. È ilchiarimento di un capitolo fondamentale della vita personale, coniugale, familiare e

2. Due Papi

Paolo VI e Humanae vitae

25 luglio 1968 – 25 luglio 2008

Giovanni Paolo VI con il cardinale Wojtyla.

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sociale dell’uomo”.Ritenuto l’indeciso, forte della sua funzione dottrinale e pastorale, spazzò via le attese diuna moltitudine di cristiani, il parere della commissione consultiva preparatoria all’enciclicapresieduta dal card. Seunes, già insediata da Giovanni XXIII e da Lui allargata, che paresi fosse pronunciata per qualche provvedimento a favore della contraccezione.Nessun cedimento alla volontà popolare, anzi molti insegnamenti in quell’enciclica sul-l’amore pienamente umano, vale a dire nello stesso tempo sensibile e spirituale... unamore totale, un amore fedele, un amore fecondo.Questo fu il suo dettato, perché questo è il fondamento della sua chiesa: un amore chedesse il frutto di sé, in ordine collaborativo al disegno della creazione, voluto da Dio erichiesto alla persona.Nessuna separazione nell’unione del vero amore, donazione fedele di sé all’altro e procre-azione.Dicevamo che scopo di questa nota è il ricordo dei sentimenti del Papa, nello studioe nell’elaborazione dell’Humanae vitae.All’espressione di questi non sono certo secondari la spiritualità, l’umanità, la dottrina,l’autorevolezza del Suo magistero, il Concilio vaticano II, il momento storico che attraver-sava la chiesa e il nostro paese.E proseguì col dire: Il primo sentimento è stato quello di una nostra gravissima re-sponsabilità… durante i quattro anni dovuti allo studio e all’elaborazione di questaenciclica… ci ha fatto anche non poco soffrire spiritualmente. Non mai abbiamosentito come in questa congiuntura il peso del Nostro Ufficio. Abbiamo studiato,letto discusso quanto potevamo e abbiamo anche molto pregato… dovevamo ri-spondere alla Chiesa, all’umanità intera… eravamo obbligati a fare Nostro l’inse-gnamento del Concilio… ci sentivamo propensi ad accogliere, fin dove ci sembravadi poterlo fare, le conclusioni per quanto di carattere consultivo della Commissioneistituita da Papa Giovanni e da Noi stessi ampliata....Sentivamo le voci fragorose dell’opinione pubblica e della stampa, ascoltavamoquelle più tenui, ma assai penetranti nel Nostro cuore di padre e di pastore, di tantepersone, di donne rispettabilissime specialmente, angustiate dal difficile problemae dell’ancor più difficile loro esperienza…Responsabilità, studio, sofferenza spirituale, gravità dell’ufficio da svolgere disuccessore di Pietro, fedeltà al Concilio. L’amore, la carità verso quanti attende-vano la Sua parola di Padre e di Pastore.Un fisico, una mente, un’anima tormentati da tanti sentimenti, nel prendere una decisione dicomplesso significato e tanto difficile.E mentre accusa con tanta umiltà l’inadeguatezza della Nostra povera persona, il formi-dabile obbligo apostolico di doversi pronunciare al riguardo conferma la serena deci-sione nel pronunciare la nostra sentenza nei termini espressi dalla presente enciclica.

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E invoca la sorgente della sua forza.Nos autem sensum Christi habemus!

Contro la volontà di tanti, Lui con l’aiuto dello Spirito Santo decise per il vero amoreumano, per la santità del coniugio, per la difesa del principio della creazione che ha lacoppia.Il tutto nella comprensione e nel rispetto della peculiarità del problema del controllo dellanatalità, che tante coppie vivono e affrontano e soffrono ogni giorno.Paolo VI chiude il discorso esprimendo la speranza che il popolo cristiano accogliessebenevolmente la sua sentenza dettata dall’essere cristiani.Inflessibile!La dottrina della Chiesa è fondata sulla connessione inscindibile che Dio ha voluto e chel’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: quellounitivo e quello procreativo.Tanti i delusi!Un cardinale, Karol Wojtyla che di lì a breve gli sarebbe succeduto, condivise e commen-tò dal par suo l’Humanae vitae (Osservatore romano 5 gennaio 1969).Tra l’altro il futuro Giovanni Paolo II scrisse: “È opportuno avere presente la sostanzadella legge scritta nel cuore dell’uomo e attestata dalla coscienza, per riuscire a penetrarela profonda verità della dottrina della Chiesa, contenuta nell’enciclica”.Come non ricordare ancora, per meglio capire i suoi sentimenti in quel citato momento enon solo, il grave periodo storico vissuto dalla Chiesa e dal nostro paese durante il Ponti-ficato nel quale Egli servì il cristianesimo e l’umanità intera?Citiamo il pericolo delle fratture nel seno della Chiesa, l’ecumenismo, il divorzio, il terrori-smo, la vicenda Aldo Moro.Il suo fisico e la sua anima conobbero tanta sofferenza!Sulla sostanza dei suoi sentimenti, come penetrare se non approssimativamente, nell’ani-ma, nel cuore, nella mente della Persona?Ci piace ricordare l’opera bronzea di Brescia che lo mostra pesantemente curvo come diCHI ha sofferto ed immolato se stesso per amore di Cristo che rappresentò in terra e ditutta l’umanità alla quale riferì tutto il suo essere padre.Il 6 agosto del 1978 tornava alla Casa del Padre.Dal Suo testamento spirituale sentiamo il bisogno di riportare qualche cenno che serva alnostro scopo.La gioia della vita: … sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, ildestino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamatoalla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato allapienezza della vita… ed iniziato al sacerdozio di Cristo…a Roma inizialmente ac-canto al Papa… a Milano sulla cattedra per me troppo alta e venerabilissima dei

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Santi Ambrogio e Carlo finalmente in questa suprema e formidabile e santissima diS. Pietro.E poi un pensiero alla Sua amata Chiesa …dovrei dire tante cose, tante sullo stato dellaChiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo congravità e amore. E il saluto: alla dilettissima Chiesa cattolica, all’Umanità intera lamia apostolica benedizione.E quanta umiltà: Desidero che i miei funerali siano semplicissimi, non desidero nétomba speciale, né monumento. Qualche suffragio, beneficenze, preghiere.Ci riesce difficile non continuare, onde ricordare i sentimenti di tanta Persona anche al difuori dell’occasione citata!Lascio la parola a Schwaiger, un esperto della storia dei Papi che così scrive di Paolo VI:“La figura di questo Papa, misconosciuto e non di rado osteggiato da molti mentre era invita, ora si va illuminando grazie alla rispettosa comprensione della sua personalità e delsuo operato. Paolo VI non si è concesso una vita facile. Ma i Papi migliori sono stati quelliche hanno sofferto il peso della loro missione”.Mi piacerebbe che i Serrani leggendomi possano colmare le tante lacune di questa mianota studiando un grande Papa, tanto grande e tutto da scoprire.Per Lui valgono gli aggettivi di “incompreso, frainteso, isolato, mesto, amletico, prigionierodella minoranza conciliare” di cui ci parla il noto vaticanista Andrea Tornielli? Non sonotanti che all’interno e all’esterno della Chiesa esaltano il suo coraggio, la sua sofferenza esoprattutto la sua santità, alla quale noi fermamente crediamo.

Pubblicato nel “il serrano” n. 112. 2008

Nota. Dall’Osservatore romano 21 dic.2012.Il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle cause dei Santi apromulgare il decreto che riconosce le virtù eroiche di Papa Paolo VI.Il Papa di Humanae vitae è Venerabile. Inizia l’iter verso la canonizzazione.

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L’anno 1978 per il mondo cattolico è stato drammatico e pieno di emozioni.Abbiamo assistito alla fine di un lungo pontificato, quello di Paolo VI, all’inizio di un altroe al suo tramonto, dopo 33 giorni, quello di Giovanni Paolo I. Poi all’elevazione sul sogliopontificio di un Papa “straniero” Giovanni Paolo II, figlio della martoriata Polonia.Chi non ricorda quel grave spettacolo: Prima una bara, poi una seconda e su di esse ilVangelo, strapazzato dal vento, al centro di un grande palcoscenico, Piazza S. Pietro,parte di un immenso teatro occupato da milioni di spettatori di tutto il mondo; dalla facciaimpietrita, dagli occhi gonfi di lacrime, chesbigottiti resero omaggio ai due Pontefici tor-nati alla casa del Padre.

Prete, Vescovo, Pontefice di eccelse vir-tù, nacque povero, visse povero.Nell’infanzia disse: Ho sofferto la fame.Fin dalla tenera età assoluta è stata la suadevozione a Dio: “Eccomi Signore prendimicome sono ma fammi diventare come Tu midesideri”.Praticò le virtù teologali: Fede, Speranza,Carità in modo eroico. Dimostrarlo saràcompito del processo di canonizzazione ini-ziato dal suo successore alla diocesi di Bel-luno, già Vescovo coadiutore della diocesidi Livorno, il compianto mons. VincenzoSavio.

Giovanni Paolo I si ritenne strumento di Dioe a Lui obbedì sempre come si conviene ver-so Chi è “Padre e Madre”.Alle soglie del sacerdozio per lui “giovane

Giovanni Paolo Iuna meteora nel firmamento della Chiesa

Giovanni Paolo I con il cardinale Wojtyla.

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di impegno straordinario, eminente per scienze, di pietà distinta e di ottimi costumi” ma chenon aveva l’età canonica per l’ordinazione sacerdotale, il suo Vescovo chiese al Vaticanola dispensa, che tardò a venire.Fu cappellano ad Agordo, Direttore del Seminario di Belluno, dottore in teologia.Giovanni XXIII nel consacrarlo Vescovo disse: “Abbiamo fatto una bella e grande cosa”.Vescovo di Vittorio Veneto, Patriarca di Venezia, Principe della Chiesa, Papa.Una carriera folgorante.E Lui: Io sono colui che viene dai campi.Si ritenne di appartenere “alla categoria dei poveri scriccioli che sull’ultimo ramo dell’albe-ro ecclesiale squittiscono soltanto, cercando di dire qualche pensiero, su temi vastissimi,mentre altri assomigliano ad aquile che planano con documenti magistrali ad alto livello ealtri ancora sono usignoli che cantano le lodi del Signore in modo meraviglioso”.Postino di Dio: “Bisogna che io sia un veicolo adatto e degno della Parola che da Dioviaggia nell’assemblea cristiana”.Patriarca di Venezia, paternamente preoccupato degli effetti della disoccupazione, indiriz-zò, nella speranza di un migliore assetto sociale, esortazioni a sacerdoti, imprenditori, diri-genti, lavoratori, a tutti.Un giorno, in tempo di austerità, mancava la benzina; per recarsi in una parrocchia neipressi di Mestre, non esitò a “inforcare” la bicicletta per raggiungere i fedeli che lo attende-vano in Chiesa.Il Patriarcato era aperto a tutti e a tutte le ore.Fu visto per le strade a distribuire buste ai bisognosi.Vestì senza ricercatezza. Usò anche vesti del suo predecessore.I suoi vestiti a volte erano rammendati.“Non so fare il cardinale” disse.

Eletto Papa, alla richiesta del cardinale Camerlengo se accettasse di succedere a Pietro“sconvolto e impietrito” rispose: Accetto, eccomi Signore.La febbre della fedeltà al Signore e l’amore per la Chiesa avevano ancora una volta vintosulla sua indole schiva.“Perché hanno eletto me?”.“Dovevano scegliere altri più preparati di me”.Al suo segretario mons.Mogee: “Dovevano eleggere il cardinale che stava di fronte a me(K. Wojtyla)”.E poco prima di morire: “Io me ne andrò e lui verrà al mio posto”.“Non sono che un bambino Signore, non so parlare”.Quanta umiltà e insieme quanta fede e amore nel servire Dio e la Chiesa!Fu umile e ubbidiente alla Chiesa così come gli aveva consigliato Giovanni XXIII (udienzaprivata del 21 dic. 68) “Vada a casa, legga il XXIII capitolo del terzo libro della IMITA-

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ZIONE di CRISTO”. Il titolo di quel capitolo è: Umiltà e Ubbidienza.Era su quel libro che stava macerando il suo spirito, poco prima di morire, come è statoscritto?Visse un continuo dialogo con Dio, un dialogo d’amore, “tenendo la mia mano in quella diCristo appoggiandomi a Lui”.“Cerco di avere nel cuore non una fiammella di amore per Dio ma un falò e allora il ventonon lo spegne, anzi lo fa più gagliardo”.La catechesi fu la sua più efficace predicazione.La espresse nella parola e in varie pubblicazioni.Tra queste “ILLUSTRISSIMI” apprezzata nel mondo ecclesiale, ebbe risonanza mon-diale.“CATECHETICA IN BRISCIOLE” la dedicò alla mamma: “Alla soave memoria dellamamma, mia prima maestra di catechismo”.Vi furono segni premonitori che indicarono nel Patriarca di Venezia un futuro Papa.Paolo VI a Venezia, in piazza S. Marco gli mise la sua stola sulle spalle.Nel ricordare l’accaduto disse: “Papa Paolo mi ha fatto diventare così rosso davantia ventimila persone, io non sono mai stato così rosso”.In occasione di una visita ad limina dei Vescovi del Triveneto, l’allora cardinale Luciani siaccorse che il Pontefice non trovava il pulsante del campanello per porre fine all’udienza,glielo porse. Il Papa a un prelato a lui vicino sussurrò: “Così ha imparato dov’è”.La profezia più autorevole gli sarebbe venuta da Suor Lucia la veggente di Fatima.Narrano persone degne di fede che l’allora cardinale ne fu gravemente turbato.Nelle poche udienze generali trattò in modo semplice e confidenziale i temi dell’umiltà,della fede, della speranza, della carità, dell’amore.Furono quelle le sue encicliche.La luce del Papa “del sorriso, del sorriso di Dio” come è stato detto, brilla in cielo.Il mondo tutto ha visto solo la scia luminosa di una meteora del firmamento ecclesialespentasi il 28 settembre del 1978.Successe a Pietro per soli 33 giorni.Giovanni Paolo II nel celebrarlo disse: Egli ci insegnò l’amore alla Chiesa, l’amore a Cri-sto, l’amore a Dio, l’amore che Dio ha per noi.“Non ci sono che due personaggi che contano nella nostra vita DIO e NOI, disse Luciani.“Ed è proprio qui tutto il Luciani, è in questo rapporto bilaterale che deve essere inserito ilmistero della morte di Giovanni Paolo I: il suo messaggio non sarebbe completo senzaquesta fine sconcertante, la quale viene proprio ad integrare e a perfezionare la lezioneintramontabile che Egli ci ha dato con il suo servizio e la sua fede”.

Pubblicato nel “il serrano” n. 117, 2009.

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Paolo VI e il card. Albino Luciani a Venezia

Nota. Il 17 0ttobre nella ricorrenza del centenario della nascita di Albino Luciani, il cardi-nale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, ha ricevuto il Sum-marium, prima parte della Positio che tratta dell’eroicità della vita e delle virtù del “Papadel sorriso”.È l’inizio del processo che porterà agli onori degli altari Papa Luciani.

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Nasce a Dardilly, nei pressi di Lione l’8 maggio 1786.È ordinato sacerdote a Grenoble il 13 agosto 1815.Arriva ad Ars il 13 febbraio del 1818.Muore il 4 agosto del 1859.Beato l’8 gennaio del 1905, Pio X lo dichiara Protettore dei Parroci di Francia.Pio XI lo canonizza il 31 maggio del 1925. Lo proclama Patrono di tutti i Parroci delmondo.Nel 1959 Giovanni XXIII, nell’anno centenario della morte promulga l’enciclica “Sacer-doti nostri primordia”.Nel 1986 Giovanni Paolo II, il GiovedìSanto 16 marzo, 2°centenario della na-scita del Santo, lo addita come esempio”incomparabile di sacerdote” (Lettera aiSacerdoti). Benedetto XVI, dal Giugno 2009, indi-ce un anno dedicato ai Sacerdoti, nelnome del Curato d’Ars.Ma chi è questo parroco Santo, additatoad esempio di “incomparabile Sacerdo-te” a tutti i sacerdoti del mondo?“Portateci Cristo, portatecelo in modochiaro, riconoscibile, audace …Dio è lasola ricchezza che, in definitiva, gli uominidesiderano trovare in un sacerdote, sen-za il sacerdozio ministeriale non ci sareb-be né l’Eucaristia, e tanto meno la mis-sione e la stessa Chiesa”.Con queste parole, Benedetto XVI ha

3. Il Parroco del mondo

Giovanni Marie Vianney: Curato d’Ars

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annunciato alla Congregazione per il clero l’anno sacerdotale nel nome del Santo Curatod’Ars.Il Serra livornese vuole promuovere momenti di riflessione sul sacerdozio in un giornomolto significativo, nel quale celebriamo il Serra day in onore di un altro sacerdote, ilBeato Junipero Serra indefesso evangelizzatore al quale chiediamo che la società abbiatanti sacerdoti della santità sua e del Curato d’Ars.Sforziamoci di studiarli, di capirli, di imitarli nell’amore che loro hanno avuto in Dio, nellachiesa, perché le nostre azioni associative, trovino sempre maggior vigore.

Giovanni Maria Vianney sedette sui banchi di scuola a 17 anni. Ebbe molte difficoltà neglistudi teologici e filosofici. Il suo Parroco lo aiutò convinto che sarebbe stato un grandesacerdote.A proposito del suo scarso quoziente di intelligenza disse: Penso, dirà il Signore abbiavoluto scegliere il più testone di tutti i parroci per compiere il maggior bene possibile. Se neavesse trovato uno peggiore, l’avrebbe messo al mio posto, per mostrare la sua grandemisericordia.Riteneva che il suo vescovo si fosse sbagliato nell’affidargli la parrocchia.“Non mi rammarico di essere prete per dire la Messa, ma non vorrei essere parroco”.Per tre volte chiese al suo Vescovo di volersi ritirare dall’ufficio”per piangere in solitudine”i suoi peccati.Tre anni prima che morisse e ancora prima tentò di fuggire ritenendosi di non essere degnodi esercitare il suo ministero. Tutte le volte i suoi fedeli pronti a fermarlo: “Signor Curato sevi abbiamo dato qualche dispiacere ditelo, faremo tutto quello che vorrete per farvi piace-re”.“Il prete diceva, da un lato, si capirà soltanto in cielo. Se lo comprendessimo sulla terra nemoriremmo non di paura ma di amore. Dopo Dio il prete è tutto. Lasciate per vent’anniuna parrocchia senza prete e vi si adoreranno le bestie”.A un parroco che gli rimproverava la sua scarsa dotazione teologica”: Signor Curato quandosi possiede così poca teologia, non si dovrebbe mai entrare in un confessionale”. E lui “miocarissimo e amatissimo fratello quanti motivi ho di amarvi! Voi siete il solo che mi abbiaconosciuto bene”.Man mano che aumentava in lui la consapevolezza della misericordia di Dio incominciò aritenersi intendere buono a nulla.“Il buon Dio che non ha bisogno di nessuno, si serve di me per il suo grande lavoro,benché io sia un sacerdote senza scienza”.“Mio Dio concedetemi la conversione della mia parrocchia. Io sono disposto a soffriretutto.” E si mortificava, si flagellava, fino a svenire, mangiava pochissimo ( le patate bolliteduravano parecchi giorni).

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LE SUE OMELIE

“Nessun sacerdote ha mai parlato di Dio come il nostro Curato”. Così i fedeli.E il suo Vescovo: “Si dice che il Curato d’Ars non sia istruito… però so di sicuro chelo Spirito Santo si incarica di illuminarlo.”PIO XI nell’omelia pronunciata in occasione della canonizzazione del “povero Curatod’Ars” descrisse così la sua figura: “l’esile figura corporea di Giovanni Maria Vianney, latesta risplendente di una specie di bianca corona di lunghi capelli, il volto gracile e disfattopei digiuni, dal quale talmente traspariva l’innocenza e la santità di un animo umilissi-mo e soavissimo che, al primo aspetto, le moltitudini venivano richiamate a pensieri saluta-ri”.

Giovanni XXIII nell’enciclica Sacerdotii nostra primordia nel descrivere i tratti dellasantità del Curato d’Ars tese a delineare gli aspetti della sua vita sacerdotale “che in tutti itempi sono essenziali, ma acquistano tanta importanza ai nostri giorni, che stimiamo undovere del nostro mandato apostolico insistervi in modo speciale in occasione di questocentenario”.E il Curato:“Come è spaventoso essere prete! Come è da compiangere un prete quando dice Messacome una cosa ordinaria! Come è sventurato un prete senza interiorità”.

E ne esalta il Papa, l’ascesi sacerdotale “severo con sé e dolce con gli altri”… la figura disacerdote straordinariamente mortificato che, per amore di Dio e per la conversione deipeccatori, si privava di nutrimento e di sonno, si imponeva rudi discipline e praticavasoprattutto la rinuncia di se stesso in grado eroico”.“San Giovanni M. Vianney, fu esempio mirabile di povertà evangelica”.“Il mio segreto, egli diceva, è semplicissimo: dare tutto e non conservare niente”.“In tutta la sua vita praticò in grado eroico l’ascesi della castità ornarnento insigne dell’Or-dine nostro “ (S. PIO X).Diceva il Curato: “Quando il cuore è puro, non può fare a meno di amare, poiché hatrovato la sorgente d’amore che è DIO. Il sacerdozio ecco l’amore del cuore di Gesù”.Fu rigido nell’obbedienza cieca al suo Vescovo.Nella seconda parte dell’enciclica, Giovanni XXIII esalta la figura del Santo d’Ars come“il sacerdote… uomo di preghiera citando le sue parole: “L’uomo è un povero che habisogno di domandare tutto a Dio…Quante anime possiamo convertire con le preghiere!La preghiera ecco la felicità dell’uomo sulla terra”.La sua devozione a Nostro Signore presente nel Santissimo Sacramento dell’altare eraveramente straordinaria.Nell’indicare il Tabernacolo con amore struggente diceva: Egli è là.

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Ricorda Giovanni XXIII un pensiero di Pio XII al clero romano.”Un sacerdote genuflessodavanti al tabernacolo, in atteggiamento degno, in profondo raccoglimento, è un modellodi edificazione, un ammonimento e un invito all’emulazione orante per il popolo”.“Questa fu l’arma apostolica per eccellenza del giovane Curato d’Ars, non dubitiamo delsuo valore in qualsiasi circostanza”.A proposito del sacrificio della S. Messa il Santo Padre scrive: È là che il popolo di Dio,illuminato dalla predicazione della Fede, nutrito del Corpo di Cristo, trova la sua vita, lasua crescita e ve n’è bisogno, rinsalda la sua unità. È là in una parola che per generazioni egenerazioni, su tutte le plaghe del mondo, si costruisce nella carità il Corpo mistico diCristo, che è la Chiesa”.E raccomandava a proposito della Messa, sorgente prima di santificazione personale delSacerdote: “Con affetto paterno, Noi chiediamo ai nostri diletti Sacerdoti di esaminarsiperiodicamente sulla maniera con cui celebrano i santi misteri.” È necessario che il Sacer-dote operi congiunto con Cristo e guidato dal suo spirito così come il Curato d’Ars.Nella terza parte dell’enciclica Giovanni XXIII scriveva come il “Santo Curato fu al suotempo un modello di zelo pastorale in quel villaggio di Francia, dove la fede e i costumirisentivano ancora il turbamento della Rivoluzione”. Alla conclusione: “L’esempio del Curato d’Ars conserva un valore permanente ed univer-sale su tre punti essenziali”.

ALTO SENSO DELLE PROPRIE RESPONSABILITÀ PASTORALI“Amico mio confidava un giorno a un confratello, voi non sapete ciò che voglia dire per unparroco presentarsi al tribunale di Dio”.

PREDICATORE E CATECHISTA INFATICABILE“Il Santo Curato d’Ars non aveva certo il genio di un Segneri o di un Bossuet, ma laconvinzione viva, chiara, profonda, da cui era animato, vibrava nella sua parola, brillavanei suoi occhi, suggeriva alla sua fantasia e alla sua sensibilità idee, immagini, paragonigiusti, appropriati, deliziosi, che avrebbero rapito un San Francesco di Sales.Tali predica-tori conquistano veramente il loro uditorio. Chi è pieno di Cristo, non troverà difficile diguadagnare altri a Cristo”. Così PIO XII.E ancora: “Quando alla fine della sua vita, la sua voce affievolita non arrivava più a farsiintendere da tutto l’uditorio, era ancora con il suo sguardo di fuoco, con le sue lacrime,con i suoi gridi di amore di Dio o le sue espressioni di dolore al solo pensiero del peccatoche convertiva i fedeli accorsi ai piedi accorsi. Come non essere colpiti dalla testimonianzadi una vita così totalmente consacrata all’amore di Cristo?”.Conclude il Pontefice “Al termine di questa Lettera venerabili fratelli, desideriamo dirvitutta la nostra soavissima speranza che, con la Grazia di Dio, che questo centenario dellamorte del Santo Curato d’Ars possa risvegliare presso ogni sacerdote il desiderio di com-

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piere generosamente il suo mistero e soprattutto il suo “primo” dovere di sacerdote, cioèdi raggiungere la propria santificazione”.

STRENUO APOSTOLO DEL CONFESSIONALE“…l’amministrazione del Sacramento della Penitenza rifulse di particolare splendore eprodusse frutti in sommo grado copiosi e salutari. Egli trascorreva in media quindici ore algiorno al confessionale. Questo lavoro quotidiano cominciava all’una o alle due del matti-no e non finiva che di notte”. E quando cadde, di sfinimento, cinque giorni prima dellamorte, gli ultimi penitenti si strinsero al capezzale del moribondo. Si calcola che verso lafine della vita il numero annuo dei pellegrini avesse raggiunto la cifra di 80000".

La sua santità è maturata “nel martirio del confessionale”.

Nella Lettera ai sacerdoti in occasione del giovedì santo 1986 emessa il 16 marzo,quinta domenica di Quaresima, anno ottavo del suo Pontificato, Giovanni Paolo II, neltessere le virtù eroiche e la santità del Curato d’Ars, che indica come esempio da imitarea tutti i sacerdoti concludeva: “Chiediamo al Sacerdote eterno che il ricordo del Curatod’Ars ci aiuti a ravvivare il nostro zelo al suo servizio. Supplichiamo lo Spirito Santo dichiamare a servizio della Chiesa molti sacerdoti della tempra e della santità del Curatod’Ars”.

Amici Serrani, non può non essere che questo il nostro ardente desiderio!

Non dimentichi della santità del nostro beato Junipero Serra, del quale oggi celebriamo lasua infaticabile opera di evangelizzatore e civilizzatore, abbiamo voluto porre alla vostraattenzione la figura del Curato d’Ars additato quale esempio di santa vita sacerdotale, aisacerdoti di tutto il mondo, da tre Pontefici.Invochiamo da Dio, dal Beato Junipero Serra, dal Santo Curato d’Ars la forza di dare ilnostro convinto contributo alla Chiesa, perché il Signore ci dia tanti e soprattutto santiSacerdoti.Mi piace chiudere questa nostra breve nota sul Curato d’Ars, figura di santo sacerdote,con una domanda rivolta ad un laico, Vittorino Andreoli che per un anno intero ed in variarticoli ha sezionato per “Avvenire”, la figura del Prete.Leggendo le sue riflessioni é impossibile non farsi conquistare dalla figura del Sacerdotecome uomo di Dio tutto dedito agli altri. Ma allora perché pochi giovani avvertono ilfascino di questa vocazione? (Francesco Ognibene)E Andreoli: “Il sacerdozio fa paura, anche perché il prete sembra dovere essere titanico,perfetto, iperattivo. E questo credo abbia l’effetto di scoraggiare. Eppure sappiamo cheanche i grandi preti santi si sentivano indegni del loro ministero e ricorrevano di frequente

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alla confessione. Ed occorre stare attenti a non declinare la figura del sacerdote in base acriteri di impeccabilità e di efficienza. Il prete più grande non è il sapiente ma chi si crede unrottame”.

A chi aspira al sacerdozio andrà forse detto: provaci il Signore ti aiuterà.

Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero 3 maggio - Serra day 2009.

Pubblicato nel “il serrano” n.115, 2009.

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L’ultima cena

“Durante la cena Gesù prese un pane e recitata la benedizione, lo spezzò; poi dandolo aisuoi discepoli disse: prendete e mangiatene, questo è il mio corpo!”“Prese poi il calice, rese grazie e disse bevetene tutti perché questo è il mio sangue, ilsangue dell’alleanza che è versato per tutti a remissione dei peccati”. (Mt.26,28.)

Dignità e missione degli Apostoli

“Voi siete il sale della terra”.“Voi siete la luce del mondo”.“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini affinché vedano le vostre opere buone eglorifichino il Padre vostro che è nei cieli.” (Mt 5, 13, 14, 16).Nasce la Chiesa, il suo primato, il suo capo in terra, il sacerdozio.“E io dico a te: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa le porte dell’infernonon prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò chelegherai sulla terra sarà legato nei Cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto neicieli”. (Mt16-18,19.)

“Simone di Giovanni, mi ami tu più di questi?”“Certo, Signore, rispose Pietro, tu sai che io ti amo”.E Gesù a lui: “Pasci i miei agnelli”. (Gv. 21, 15.)Tre volte Gesù gli disse “Pasci i miei agnelli”.“ Come Tu hai mandato me nel mondo, così io ho mandato loro nel mondo”.“Santificali nella verità, la tua parola è verità”.“Non prego per loro soltanto ma anche per quelli che crederanno in me mediantela loro parola, perché tutti siano una cosa sola”.(dalla preghiera di Gesù al Padre. Gv. 17,18)

Ricchezza e povertà del Sacerdote

Un’icona: il Curato d’Ars

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Il comandamento nuovo

“Vi do un comandamento nuovo: amatevi l’un l’altro. Come io vi ho amato, così anche voiamatevi scambievolmente”.“Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli: se avrete amore l’un l’altro”. (Gv.3,4).

Invio dello Spirito Santo

“Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò il Padre di mandarvi un altroConsolatore che stia sempre con voi, cioè lo Spirito di verità che il mondo non può riceve-re perché non lo vede né lo conosce; ma voi lo conoscete perché abita con voi e sta convoi”.“Io non vi lascerò orfani” (Gv14.15 …18.)

Abbiamo tratto dai Vangeli di Matteo e Giovanni alcune immagini indicative di eventi stra-ordinari e fondamentali del cristianesimo ai suoi primordi, prima che Cristo fattosi Uomotornasse al Padre che lo aveva inviato nel mondo per la salvezza degli uomini:L’Eucaristia, la Chiesa, il suo Capo invisibile, il Sacerdozio.Un’eredità lasciata per Amore.Questo è il mio corpo, la sua identità umana e divina è da quel giorno misteriosamente,ma realmente presente in forma percepibile dall’uomo.Il sacerdote che trasforma il pane e il vino in un’identità umano-divina, ha nella sua parolala stragrande potenza di operare nel suo nome.“Senza l’Eucaristia, la nostra vita di sacerdoti mancherebbe del suo centro”(Schonborn).

Chi è il Sacerdote?

Tema complesso e cruciale.Non credo si possa rispondere esaurientemente a questo interrogativo. Per una riflessioneprofonda su questa figura Benedetto XVI ha indetto l’anno sacerdotale, 19 giugno 2009 -2010, legato alla figura di un sacerdote francese, Giovanni Maria Vianney, il santoCurato d’Ars nel 150° anno dalla sua morte.Un modello da imitare!La parola sacerdote viene dalla combinazione di sacer (sacro) e dho-ts, colui che fa farecerimonie sacre.È un religioso religio che vuol dire legame, legame tra la necessità dell’uomo ed il sacro dicui ha bisogno. Egli è l’espressione concreta di Cristo, Dio-Uomo; fa incontrare Dio, purnella fragilità umana.

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Egli è ricco e nel contempo povero, di una povertà che disarma, ma creativa, una creativitàal superlativo capace di trasformare il pane in vino in corpo e sangue di Cristo.Lui, testimone di Cristo, ha il compito di plasmare la vita dell’uomo per Cristo venutogli insoccorso, per salvarlo, assicurandogli la felicità eterna.Per questa opera di sacrifici e irta di difficoltà il sacerdote è Un Unico, nella vita di ciascu-no di noi, volto a insegnarci la giusta via per l’eterno.Proviamo a dire qualcosa sull’interrogativo postoci.Nel senso teologico, cristologico ed ecclesiologico. Egli agisce in persona Christi per cui“il prete si identifica con Cristo attraverso un cammino di obbedienza, che riguarda sia lafunzione ministeriale da svolgere con l’autorità di Cristo, sia la conversione costante ditutta l’esistenza al modello di vita da lui proposto”. (C. M. Martini in Cei, commissione peril clero; la spiritualità del prete diocesano).“Senza il sacerdote ministeriale non ci sarebbe né l’Eucaristia, né tantomeno la missione ela stessa chiesa”. (Benedetto XVI)Il Papa sprona i sacerdoti e dice loro “portateci Cristo, portatelo in modo chiaro, ricono-scibile, audace. Solo Lui può spezzare il pane, versare il vino e far di loro il corpo e ilsangue di Cristo. Solo Lui può dire io ti assolvo, io ti perdono. E quelle parole sono paroledi Cristo”.

La chiave dell’evangelizzazione è la santità del sacerdote.

Nell’udienza generale del 19 agosto del 2009 in Castel Gandolfo, riportando un pensierodi S. Giovanni Eudes, canonizzato nello stesso giorno del parroco d’Ars 31 maggio 1925,il Santo Padre dice ai sacerdoti: Donatevi a Gesù, per entrare nell’immensità del suo gran-de cuore, che contiene il cuore della sua santa madre e di tutti i santi e per perdervi inquesto abisso d’amore, di carità, di misericordia di umiltà, di purezza, di pazienza, disottomissione e di santità.

L’apostolato che oggi tende ad assorbire molto tempo al sacerdote, deve trovare armoniacon la preghiera.“La preghiera è l’anima dell’attività pastorale, la linfa che ad essa infonde forza, è il soste-gno dei momenti di incertezza e di scoraggiamento e la sorgente inesauribile di fervoremissionario e di amore fraterno verso tutti”. (Benedetto XVI, udienza per i Vescovi direcente nomina. Castel Gandolfo 21 settembre 2009).Incertezza e scoraggiamento dei quali la persona del sacerdote abbonda.Questi, se vissuti cristianamente, sono sì povertà che però costituisce ricchezza, che loavvicinano a Dio, lo santificano.Vi è chi alla figura del prete vuole conferire un’immagine particolare data dal modo comeegli esercita il suo ministero nella società del tempo, di difficile trattazione, solo al pensiero

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del vertiginoso mutamento dei costumi.La vita del sacerdote deve essere un cammino verso l’imitazione di Cristo per la suasantificazione. A proposito di santità, quella canonizzabile, è una dimostrazione l’innume-revole schiera di preti santi riconosciuti dalla Chiesa. Vi è una santità non canonizzata ed èriferita alla vita del prete che offre la sua opera di apostolato in fede all’Ordine ricevuto,per il quale è stato consacrato, e conferma con essa la profonda dedizione alla causa diCristo.“Questa santità che direi piuttosto una santità mite eppure sfolgorante, una santità poveraeppure sontuosa, é riferita alla magnificenza che è Cristo, Uomo perfetto, il più bello edaffascinante tra il figlio dell’uomo”. (Vittorino Andreoli: La santità del sacerdote in Avveni-re 17.12.2008).Questa è la ricchezza del sacerdote, il contrario è mera povertà, financo tradimento se nonvive non vive in conformità all’Ordine ricevuto.“I sacerdoti uomini di vero amore, misericordia, umiltà e pazienza”. (BenedettoXVI Castel Gandolfo 19 agosto 2009).E ancora il Santo Padre.Così S. Giovanni Eudes incoraggia i sacerdoti: Donatevi a Gesù per entrare nell’im-mensità del suo grande cuore, che contiene il cuore della sua santa Madre e ditutti i santi, e per perdervi in questo abisso di amore e di carità, di misericordia, dipurezza, di pazienza, di sottomissione e di santità. (Coeur admirabile in BenedettoXVI, udienza generale in Castel Gandolfo 19 agosto 2009).La figura del prete, deve coniugare la sua soggettività alle funzioni ministeriali alle quali èchiamato in prima persona.Soggettività personale, caratteriale, culturale, che devono sposarsi con la società e con lenecessità operative di una chiesa in cammino. “La Chiesa cammina insieme con l’umanitàtutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena” (Gaudium et spes.n. 40).Essa “ha bisogno di persone, di credenti, soprattutto di laici credenti che sappiano staredentro il mondo e tra la gente in modo significativo. Laici credenti di forte personalità”.(Gaudium et spes n.31)Si pretende che il prete debba essere espressione di perfezione assoluta e non si pensa cheegli abbia un’umanità di peccatore, che porta in sé le molte debolezze umane. Egli è pove-ro, il più povero, di una povertà disarmante che lo porta però vicino al prossimo e a Dio.E questo non è anche momento di ricchezza? Il prete più grande non è il sapiente, nonè il più ricco di cose terrene, ma chi si sente un rottame”.A una schiera di preti raccolti ad Ars, venuti da tutto il mondo, di ogni razza e colore ilcardinale di Vienna, Christoph Schönborm, nella trattazione del tema “La gioia di esserepreti” a voce alta e solenne ricorda le parole di Giovanni Paolo II: Siamo testimoni dimisericordia, virtù fondamentale in un prete, misericordia infinita perché tale è la misericor-dia divina.

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E raccomanda la preghiera e la celebrazione della S. Messa “in persona Christi”. Noncome atto rutinario. Il semplice, il rottame è più vicino a Dio, il più idoneo alla conversionedelle anime, alla feconda evangelizzazione .In occasione di una sua visita a S. Giovanni Rotondo nell’assistere alla celebrazione delsanto sacrificio da S. Pio ricorda: “Ho avuto l’impressione di vedere la realtà del sacrificiodi Cristo; come se il velo del sacramento fosse caduto”.E ancora: “Solo alla luce della misericordia di Dio possiamo guardare in faccia la nostramiseria…in un mondo senza misericordia tutti tendono ad autogiustificarsi e ad accusaregli altri. E quando ci si accorge della nostra miseria, siamo tentati dello scoraggiamento edella disperazione”.Ad una forte tentazione di scoraggiamento conduce la solitudine. Per essa bisognaritrovare forme di vita in comune, o comunque di prossimità. La solitudine mina la vita deipreti ed è un momento non secondario della sua povertà.

Carenza vocazionale

È corretto pensare che tra quanti vi possa essere una qualche inclinazione a farsipresbiteri si interrogano:Ne vale la pena?“È proprio necessario fare questa scelta, con tutti i sacrifici che comporta e sononotevoli, quando quelle stesse cose o quella stessa testimonianza la possono dareanche restando nel mondo, da laico, vivendo la vita di tutti?” (Amedeo Cencini in: Igiovani sfidano la vita consacrata).La povertà di sacerdoti oggi è da addebitare alla perdita del mistero e alla debolezza dellacultura di riferimento dei giovani del nostro tempo?Cosa registriamo sui nostri giovani:“una gioventù senza grandi aspirazioni e senza alti ideali; una gioventù pragmatica, piùinteressata a vivere il meglio possibile il momento presente che a progettare e preparare ilfuturo. Essa non conoscerebbe il mistero del proprio io né tanto meno, alcun mistero checi sovrasti”. (A. Cencini).Essa vive “in un presente incapace di assumere il passato culturale e di orientarsi a unfuturo con un progetto e in attesa” (F.Imoda, Sviluppo umano. Psicologia e mistero Piemme372-3,1993.)“Manca nei nostri giovani il cromosoma mistico, la capacità di lasciarsi attrarre da qualco-sa che è sperimentato come intrinsecamente bello e che dà la bellezza alla propria vita; lascoperta dunque, che è bello, non solo giusto e santo, darsi a Dio, essere del tutto suoi,cantarlo, celebrarlo, annunciarlo, amarlo e servirlo”… Assenza o povertà di questo cro-mosoma vuol dire, ancora una volta, assenza o povertà di passione, la materia prima di unprogetto di consacrazione”. (A. Cencini) I giovani sfidano la vita consacrata Ediz. Paoline

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1996.)“Dio chiama sempre, il problema è saperlo ascoltare. Guardate poi i molti Movimenti egiovani comunità cristiane, quante sono le vocazioni. Chiediamoci perché lì ci sono, lo stiledi vita secolarizzato (dei giovani), la loro teologia orizzontale non possono che allontanarlidal sacerdozio”. (Schonborn).

Un interrogativo per noi Serrani

Nella società, alla ricerca dei giovani che possano innamorarsi del mistero, della vocazionesacerdotale, siamo idonei culturalmente per suscitare loro il grande amore di diventareministri di Dio?Se è vero che anche questa vocazione è dono di Dio non è men vero che noi, missionariper scelta, dobbiamo trovare e sapere indicare quelle strade lungo le quali la vocazionepuò incontrare i giovani d’oggi.Se è scontato poi che cardine del tutto è il dono di Dio, pista preziosa lungo la qualeincontrare e accompagnare i giovani è la testimonianza del nostro essere cristiano.È faticoso, impegnativo esserlo.La redenzione, la ricchezza del sacerdozio e la povertà dei sacerdoti, un misteroche ci avvolge!

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Quel giorno di gran festa in cielo, il Padreterno cinse il capo con un diadema tempestato didiamanti.Poi, in giro per l’universo per una ennesima missione d’amore, Pietro che lo accompagnagli disse: Maestro, il più bello dei diamanti si sta staccando. Ed Egli: lascialo andare.Entrambi lo seguirono lungo la corsa,l’Uno compiaciuto, l’altro un po’meno.Il prezioso si posò graziosamente sul-le acque del Mediterraneo. Di lì apoco, dalla profondità marina emerseun lembo di terra, un’isola: La Trina-cria si affacciava alla vita del globoterraqueo.Nel tempo, l’isola si popolava e tra inumerosi centri apparvero Nicosia eSperlinga, arroccati tra i monti Nebro-di, Madonie ed Erei.Numerosi furono i colonizzatori del-l’isola.I Greci chiamarono Nicosia, NikesOikos; gli Arabi, Niqusin; Federico II,Civitas Costantissima.Con altri paesi i due centri furono co-lonizzati anche da Piemontesi e Lom-bardi, donde il loro dialetto gallo - ita-lico.Nicosia, (Nicuscia) ebbe numerosebaronie, molte ancor oggi belle chiesee diversi conventi maschili e femminili.

4. Un frate tutto obbedienza

Icilio Felici e bisaccia eroica

Statua di B. Felici (Noè Palumbo)nell’altare del B. Felice

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Sperlinga (Sperrenga) “regale dimora rupestre” in origine borgo feudale ha trovato espan-sione ai piedi della sua rocca, un castello medioevale che re Filippo II concesse al principeGiovanni Forti Natoli.Ai tempi dei VESPRI SICILIANI il castello ospitò trecento francesi altrimenti votati allamorte, fregiandosi del titolo: Quod Siculis placuit sola Sperlinga negavit inciso all’in-gresso del castello.Nel secolo dei LUMI, quando si tendeva ad ignorare l’esistenza di Dio a causa di unrazionalismo esasperato, Egli inviò un ulteriore messaggio di amore.Ebbe la luce a Nicosia “Bisaccia eroica” al secolo Filippo Giacomo Amoroso, poi fraFelice, frate cappuccino.Era il 5 novembre dell’anno 1715, figlio di Mastro Pietro, di professione calzolaio (scar-pareddu) e di Arcangela, piissima donna.

Un ricordo, una riscoperta, una celebrazione, possono definirsi le sequenze di questa nota.Lontano nel tempo, all’età di dieci, dodici anni in un collegio di Nicosia leggevo diversebiografie di Santi.“Bisaccia eroica” tra quelle, descrive la vita dell’allora, il Beato Felice da Nicosia, i suoifatti straordinari, le grazie, i miracoli” di un fraticello cappuccino laico e cercatore, avvenutiin terra di Sicilia, in quella vicina a Nicosia, a Sperlinga, mio paese di origine.Questo il ricordo.

La riscoperta attiene il nome di Icilio Felici.Allora, l’illustre sacerdote, letterato, agiografo toscano, non mi diceva tanto, se si eccettuaun giudizio, quello allora possibile, di un autore dallo stile piano, godibile, che faceva vivereil suo racconto, piacevolmente.Fede, Speranza, Carità, penitenza, verginità, povertà, umiltà, obbedienza assoluta e tantealtre le virtù di fra Felice magistralmente descritte.Ma anche gli esempi salutari di vita che praticava e additava le grazie, gli avvenimentistrani, i miracoli.Quanto egli viveva, praticava, gli veniva imposto, tutto faceva accompagnandolo dal mot-to, il suo motto: sia per l’amor di Dio.Povero, tanto povero!Mai una tonaca nuova per lui!Asino del convento, frate cercatore, calzolaio, ortolano, infermiere, giullare di Dio!Questi i suoi mestieri!Il Guardiano che contribuiva a costruire la santità del frate analfabeta, fu detto IL MAR-TELLO e QUESTI L’INCUDINE (Icilio Felici).Come dire un binomio perfetto, l’un fatto per l’altro, perché la volontà di Dio potesseprendere forma, a dimostrazione della Sua gloria, della santità del frate ed in soccorso

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delle anime, che Egli quotidianamente indirizzava verso di Lui con l’esempio.Padre Marini disse del Padre Guardiano: Sapiente amministratore di un patrimonio difede, di carità, di fortezza. Colui che esalta le virtù, la santità di fra Felice.Asino del convento, buffone, fra miseria, fra “scuntentu” mortificanti epiteti che glirivolgeva il martello.Ed egli nella più consapevole gioia e in perfetta obbedienza, condivideva quelle parole,quasi fossero titoli nobiliari.E tutti accettava conditi dal suo motto.Lo schermiva, lo calunniava, e lui con il sorriso nel viso rispondeva: Sia per l’amore di Dio.Dovunque si trovasse, in convento o in “missione” non mancava di passare qualche oradavanti al tabernacolo.Una profonda venerazione per Cristo, prigioniero d’amore. In città e nei paesi vicini, or-mai con la fama di “santo”, grandi e piccoli gli facevano corona. La sua fede, la sua carità,la sua umiltà, la sua pazienza, il suo candore, la speranza che divulgava erano anche ele-menti di evangelizzazione che compiva giorno, dopo giorno.Fra Felice, aiutami, pensaci tu, guariscimi, tutte parole che gli rivolgevano e alle qualitendeva a rispondere con la preghiera anzitutto invocando Dio e la Madonna.Ai piccoli dava in ricordo una “figuretta” (immagine di Santi).

“Martire della penitenza” così lo disse Icilio Felici perché il suo corpo era cinto dastrumenti pungenti che si conficcavano nella carne, onde soffrire per sé e per i peccati deglialtri.“Sulla spalla destra dove gravava il peso della bisaccia, portava una rotella di legno condelle punte di ferro che si conficcavano nella carne”.La Provvidenza, suo tramite, compì eventi straordinari, grazie, miracoli.Non è possibile parteciparli al lettore, perché diventerei il biografo del Santo senza avernetitolo e non l’estensore di una nota rievocativa mista a una riflessione salutare che accrescela spiritualità e fa tanto bene all’anima.Qualche evento strano, ci sembra d’obbligo citarlo, ricorrendo alla penna del Felici.

Il Viceré di Sicilia si portò a Nicosia per visitare la città, il convento e conoscere il frate-laico di cui non solo la città di origine parlava, ma tutta la Sicilia accreditandogli la fama diSanto.Faceva molto caldo e il Viceré aveva bisogno di bere.Il Martello, rivolgendosi a fra Felice, umiliatolo con i soliti epiteti, gli disse: Non vi accor-gete che Sua Altezza ha sete e desidera un po’ d’acqua della nostra cisterna! Andate adattingerne un secchio e portatela qui subito….il secchio non si trova (glielo aveva nasco-sto) Padre Macario, afferra un vecchio paniere di vimini che forse non è a caso là a portatadi mano. E porgendoglielo ordina: Mettetela qui l’acqua… presto… fra Felice….obbedisce,

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va e prende il paniere e ritorna con il paniere pieno d’acqua, senza che ne trasudi una goccia.Ne beve il Viceré, ne beve il Guardiano, ne bevono tutti i presenti…una buona metàavanza e resta lì nel paniere, come una secchia stagnata.Dei tanti, ancora uno, di quegli eventi “strani”, che ha avuto luogo a Sperlinga.“Un certo Marco Castrogiovanni aveva acceso all’aperto una fornace (era dedito alla forni-tura di materiale per costruzione), quando una pioggia improvvisa e dirotta… impediva lacottura delle pietre e provocandone l’ ebollizione minacciava di fare crollare ogni cosa”.Passa di lì fra Felice e il poveretto gli chiede aiuto e Lui: “Fatevi animo, non è nulla…ritiratevi e lasciatemi solo”. I presenti giunti a una rispettosa distanza si pongono in attentaosservazione. E che vedono? Fra Felice fattosi il segno della croce si inginocchia a prega-re, poi si alza e si lancia dentro la fornace. Non usciva, “segno che è rimasto bruciato,mormoravano…”. “A un tratto fra Felice sbuca fuori… nemmeno un pelo della barbastrinato! Gli astanti gridano al miracolo! E Lui… ringraziate il Signore che per intercessio-ne della sua Santissima Madre ha voluto esaudire le nostre preghiere, se ne va soddisfattounicamente di avere fatto una opera buona”.Fra Felice, per volere di Dio fu uno straordinario taumaturgo. Molti i miracoli operati invita e in morte, tutti registrati nella causa di canonizzazione.Ebbe il dono della premonizione.Entrato che fu in camera di una giovane donna le dice: “Di un po’ ti piacerebbe andare incielo con la Madonna? E lei Sì.. mercoledì a mezzogiorno la Vergine santissima ti verrà aprendere… Così fu.E il dono della bilocazione.Il padre di un certo Antonio Ferruccio si era recato a Palermo, doveva tornare a Sperlinga.Visto il forte ritardo Antonio va in convento da fra Felice e gli chiede l’aiuto di far tornateil padre a casa. Fra Felice lo rassicura, “vai, il tuo padre è già a casa”. Tornato che fu acasa Antonio poté riabbracciare il suo papà. Non è certo scopo di questa nota arricchirladei numerosi fatti prodigiosi del fraticello-cercatore. Ci piacerebbe peraltro, ma non loconsentono le regole di certa carta stampata.Nel maggio di quell’anno (1787) fra Felice pare compisse la sua ultima missione.Era andato alla “chiesta” di vino per la messa. Sulla salita dei Cappuccini, carico di ungravoso peso, con le forze fisiche ormai allo stremo, cadde. Gli viene in soccorso taleGiovanni Bavuso, intenzionato a sollevarlo dal peso, ma fra Felice rifiuta cortesemente.Volle per l’ultima volta portare la sua croce.Di lì a poco si avvicinava la sua fine. Chiese il viatico e l’estrema unzione.Si era premurato prima, di fare il testamento. A suo fratello: gli strumenti di calzolaio che siera portato con se, al suo ingresso in convento e che non pochi servigi avevano reso allacomunità.Continueremo ancora un po’ a parlare di lui per porre l’accento sulla principale delle suevirtù, L’obbedienza, cieca, lieta, semplice.

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Il prodigio, forse il mistero domina le ultime ore di vita del fraticello-cercatore.A fronte di avvenimenti eccezionali non si può non invocare l’intervento dall’alto.Fra Felice prima di morire voleva il permesso del suo Superiore.Pronto a lasciare questo mondo mandò un suo compagno a chiederlo a Padre Macario equesti parlando forte perché fra Felice lo sentisse, giaceva a letto in una cella accanto allasua, urlò forte: “Questo ipocrita superbo! Vuole fare il santone fino alla fine perché vedeche c’è tanta gente, deve far sapere l’ora della sua morte!Chi gliela detto, l’angelo custode, a che ora deve morire? E invece non è ora”.Ancora una volta il moribondo fece richiedere per obbedienza di poter morire.Questa volta padre Macario esce dalla sua cella, dopo aver sentito il medico curante che gliaveva detto: “Padre, io trovo che fra Felice ha cessato di vivere almeno da tre ore.E intanto parla ma non può essere il suo spirito: il sangue ha cessato di circolare da tempo”.P. Macario, rispose che fra Felice due volte gli aveva chiesto “il permesso” di morire, malui per la sua benevolenza glielo aveva negato. Scoppiò in pianto, fattosi coraggio, si alzòe andò nella cella accanto. “Fra Felice, è volontà di Dio che partiate da questo mondo, vido la benedizione”. E Lui: sia per l’amor di Dio e chinò il capo.Erano le ore 20-21 del 31 maggio 1837, l’anima del fraticello-cercatore-analfabeta, l’ani-ma del Santo raggiungeva la patria celeste accrescendo la preziosa costellazione dei santi.

Alla voce della morte sparsasi nella città, nei paesi vicini (Sperlinga, Mistretta, Cerami,Troina, Gangi, Capizzi, Cesarò ed altri, dove il frate cercatore aveva “operato” per racco-gliere l’elemosina e per svolgere la sua missione di evangelizzatore grande fu il cordoglio,numerosa la folla accorsa a rendere omaggio alla sua salma. Grandiosi e partecipati ifunerali.Alfine di render omaggio alla incommensurabile obbedienza di fra Felice, pur con qualcheragionevole perplessità della quale chiediamo perdono al Santo non possiamo omettere unepisodio molto peculiare, scientificamente impossibile, anche se storicamente provato.Trasportato nella zona sepoltura, sotto la chiesa, svestito dall’abito, come consuetudine,fra Serafino da San Mauro Castelverde e fra Onofrio da Castelbuono, alla presenza dialtri frati, vollero l’ultima prova di obbedienza di fra Felice.Fra Onofrio: “Fra Felice, come foste con noi obbediente in vita, siatelo ora anchedopo morto” .Con una forbice che aveva in tasca, gli aprì una vena del braccio, e uscì sangue copioso..chene inzupparono parecchi fazzoletti. Ad un altro segno della loro volontà, la vena, cosìprodigiosamente aperta, a tre giorni dalla morte, si richiuse definitivamente.In quei giorni seguirono parecchi miracoli.Che dire?Alla strana richiesta dei frati ed al suo esito, come descritto e documentato anche Dioaveva obbedito alla sua meravigliosa creatura!

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Leone XIII lo dichiara Beato il 12 marzo del 1888.Benedetto XVI lo canonizza il 23 ottobre del 2005.

“Bisaccia eroica è il tessuto meraviglioso della vita di un figlio autentico della Sicilia, chedella sua isola rispecchia insieme l’ardore e il misticismo; che figlio di un ciabattino an-ch’esso indossa un giorno il rozzo saio dei Cappuccini e continua l’apostolato dell’amoregià iniziato sul deschetto del calzolaio; che col suo motto “sia per l’amor di Dio” sostienegiocondamente le più dure tribolazioni sciogliendo il cantico della perfetta letizia; che fratecercatore passa di porta in porta chiedendo quella elemosina, che compensava largamen-te col suo sorriso e colle benedizioni fatte discendere su quei focolari; che si ritiene l’asinodel convento e si sottopone a tutte le fatiche…e umiliazioni; protetto e favorito visibilmenteda Dio, semina sempre dovunque a larga mano strepitosi miracoli con una disinvolturasorprendente….

Icilio Felici, la cui penna riflette gli ardori della sua fede, il candore della suaanima, la bontà del suo cuore, la giocondità del suo carattere, si trovava per ciòstesso nella felice condizione di pennelleggiare magistralmente la bisaccia eroicadel mite cappuccino “.

Carlo Card. Salotti

Nota.Dedico questa nota agli amici Serrani del club di Cascina, cultori di Icilio Felici, perché nelcommemorare l’illustre scrittore si ricordino di bisaccia eroica.

Sperlinga e il castello

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Jean Marie Guitton nacque a S. Etienne il 18 agosto del 1901.È ritenuto il più grande pensatore cattolico del secolo XX.Bambino sognava diventare Papa, Re, Santo.Cercò e trovò la sua strada. “Ho cercato una professione in cui potesse essere tutto altempo stesso”.Trovò nella filosofia la sua vocazione: “La filosofia pone i problemi assoluti, consente l’eser-cizio dell’essere, quello della ricerca dell’io… solo la filosofia porta uno sviluppo plenariodella ragione di fronte ai problemi più grandi che si pongono all’uomo”.E Guitton divenne filosofo.La tesi del suo dottorato: Il tempo e l’eternità in Plotino e S.Agostino.Uno studio corposo di quattrocentoquarantacinque pagine.Insegnò filosofia in vari licei, all’Università di Montpellier, alla Sorbona.Scrittore fecondo spaziò con singolare abilità dalla filosofia alla saggistica, a temi di altissi-ma spiritualità, all’ecumenismo, alla pittura e altre discipline.La formazione di Guitton fu curata da diversi maestri. Dalla madre Gabrielle Bertrand:“Solo Lei mi ha fatto capire che cosa è il sapere… da Lei imparai l’arte della riflessioneche avrà molta importanza nella maniera di pensare l’universo e soprattutto l’universodella fede… mi ha insegnato la pietà”.Gli inculcò fin da bambino l’amore per la pittura.Il reverendo Voisin iniziò a curarlo spiritualmente. Con lui, il piccolo Jean cominciò a viverel’ecumenismo, che fu la più grande passione della sua vita. Ne divenne uno strenuo com-battente. Il suo sogno, che tutte le chiese cristiane nell’amore e nella reciproca compren-sione si stringessero attorno alla romana Chiesa. Fece suo il pensiero di Lacordaire: “Ionon cerco di convincere l’avversario del suo errore ma di unirmi a lui in una verità più alta”.Imparò così a lavorare per l’unità dei cristiani.Scrive Guitton: “sulla scia di Newman, padre Loisy faceva vedere che la Chiesa è losviluppo del Vangelo, allo stesso modo che la quercia è lo sviluppo della ghianda...I cristiani hanno interpretato in modo diverso il messaggio di Cristo e vedendo che nonpotevano trovare un accordo si sono separati.

5. Maestro di due Papi

Jean Marie GuittonUn laico al servizio della Chiesa

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In verità la mia esperienza ecumenica, deriva da due fonti: La prima influenzata da PadrePortal e dai lords Halifax; la seconda più segreta dall’avere studiato per più di dieci anni,quasi ogni giorno, la vita e il pensiero di Newman.A vent’anni ho fatto la staffetta tra lord Halifax, il cardinale Mercier e Padre Portal, inoccasione delle conversazioni di Malines”.Queste conversazioni e quante altre avvenute in Francia e altrove tra eminenti personalitàreligiose e laiche cristiane corroborarono in Guitton una sua precisa convinzione che l’unitàdelle chiese cristiane, seppure faticosa, fosse un obiettivo da porsi con la convinzioneprima o poi di raggiungerla.Il 22 agosto del 1959 Guitton consegnò a Giovanni XXIII il suo libro “L’Eglise et l’Evan-geile” che preparava lo spirito del Concilio. Il Papa: Che ne pensano i francesi del mioConcilio? E Guitton: Santo Padre, con questo appello all’unità dei cristiani lei solleva inFrancia una speranza piena di entusiasmo.Già, un concilio “un vero parlamento della Chiesa… Non è attraverso le dispute chesuggeriremo agli altri di unirsi a noi, l’unica maniera, è quella di pulire il volto della Chiesacattolica, affinché appaia come un modello. Un modello che sia bello, che sia giovane …un modello da imitare. Vorrei fa nascere la Chiesa in tutti i suoi settori, vorrei che rinunzi aciò che non è essenziale, per purificarsi, per ringiovanire”. Così il Papa.Giovanni XXIII con il quale Guitton aveva certamente discusso di questi argomenti aParigi al tempo della sua nunziatura, lo volle uditore, unico laico, alla prima sessione delVaticano II.Paolo VI, suo grande amico ed estimatore, nella seconda sessione conciliare lo volle Re-latore sull’ecumenismo vissuto da un laico.Il 3 dicembre del 1963, l’accademico di Francia, alla presenza del Papa, pronunciò il suointervento di cui riportiamo alcuni passi.“Sono quarantatre anni da quando ho inteso la chiamata ecumenica per mezzo di un reli-gioso francese, Padre Portal. Dal tempo delle conversazioni di Malines, io fui discepolodel venerato cardinale Mercier e di lord Halifax; poi amico dell’abate Couturier. Lo spiritoe il testamento di questi precursori vorrei esporre, indicando come io concepisco la voca-zione ecumenica come verità, come via, come vita. Questa vocazione si basa sulla medita-zione dei motivi che Gesù da del proprio sacrificio nel vangelo di San Giovanni, sullacertezza che questa volontà di Cristo è efficace e che noi dobbiamo cooperare ad essacon tutto l’essere nostro. Ma al pari di ogni impresa sublime, l’ecumenismo è un equilibriodifficile, esposto a due opposti errori. Il primo è l’ecumenismo del minimum, certamente ilpiù grave, che si limita a quanto è comune a tutti i cristiani, o che prepara una nuovasuperchiesa che sarebbe la sintesi delle chiese storiche… l’errore contrario è l’ecumeni-smo del maximum, è l’immobilismo che consiste nel pensare che la Chiesa cattolica debbalimitarsi ad attendere il ritorno e la sottomissione delle chiese che hanno rotto il pattodell’unità.…l’ecumenismo esige due sacrifici complementari. Allo sforzo eroico che i cat-

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tolici esigono dai loro fratelli separati, i cattolici debbono rispondere con uno sforzo umile,magnanimo, doloroso, di purificazione, per cancellare dal volto della Chiesa le rughe chene offuscano l’eterna giovinezza… il sangue che opera l’unità non può essere versato daun soltanto delle parti… essere cattolico significa avere due ansie, come dire, quasi per-pendicolari, e che si intersecano all’altezza del cuore: l’ansia dell’unità dell’unico gregge, diun solo pastore, l’ansia della diversità desiderosa che ogni pecorelle sia diversa all’altra,che tutte le legittime varietà siano adunate nella Chiesa perché questa abbia una vita piùabbondante”.La cultura critico-religiosa di Guitton fu influenzata da Padre Plazenet, Padre Teilhard deChadin, Padre Pouget, Padre Lagrange.Pouget a proposito della critica biblica: “La vera difesa della religione è la critica. La criticabiblica non è per la Chiesa una prova temibile che rischia di farla vacillare? Chiese Guittonal Maestro. Pouget… “vacillamento salutare… se i cristiani non avviano una critica co-struttiva ed obiettiva, gli scienziati atei avranno campo libero. Nelle scritture bisogna di-stinguere quello che appartiene alla storia, alla testimonianza, quello che riguarda l’allego-ria, il mito, il simbolo”….“Dalla oscurità della sua cella Pouget poneva le pietre che messe insieme, sarebbero ser-vite come testate al Vaticano II (don Norbert Calmels).“Illuminare lo studio della Bibbia attraverso una conoscenza scientifica dell’ambiente uma-no in cui è stata vissuta, parlata e scritta questo ci proponevamo” (Guitton).Un gruppo di “carbonari” amorevolmente indicava alla Chiesa l’approccio critico allostudio dei testi sacri, che originariamente non condiviso da Roma, costò a molti studiosi,sospetti, condanne.Guitton aveva imparato che “bisogna accettare la sfida della critica… non bisogna rifiutarele scoperte della scienza”.Unità delle chiese, rapporto scienza e fede nella ricerca della verità, furono importanti esalutari problemi che avrebbero trovato proficua eco, dopo decenni, nel Vaticano II.Quei problemi Guitton, convinto che “l’opera della critica non oscura i dati della fede anzili illustra”, li propose al cardinale Tisserand, al Segretario di Stato di Pio XI, cardinaleEugenio Pacelli, poi Papa Pio XII. Pio XI aveva risposto al suo Segretario: “Siamo troppovecchi, metteremo questo appunto nel cassetto e sarà compito del nostro successore”.Pio XII con l’enciclica Divino Afflante Spiritu (1943) sanciva la possibilità di poterstudiare scientificamente le Sacre Scritture.I “carbonari” che con Guitton lavoravano per un ammodernamento del pensiero dellaChiesa incominciavano ad assaporare qualche risultato positivo. Su di loro aveva certa-mente esercitato notevole influenza il pensiero di J. H. Newman, certo un innovatore suvari fronti.Questi, Pastore anglicano, convertitosi al cattolicesimo, poi cardinale della santa romanaChiesa promotore dell’unità delle chiese cristiane, dette altresì un forte impulso alla riqua-

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lificazione del laicato cattolico.Inizialmente la sua opera suscitò perplessità a Roma; riabilitato, Leone XIII lo creò cardi-nale nel 1879.“Senza un popolo cristiano, senza il laicato, la fede cristiana corre grandi rischi”. (New-man)Al cardinale inglese convertito, Guitton dedicò alcune sue opere: S.Agostino e Newman;da Newman a Paolo VI; La filosofia di Newman.

Chi è GuittonUn personaggio complesso, sopratutto un credente.Crede in DioPerché credere in Dio? si chiede.“Credere non è conoscere Dio… non è vedere, non è sapere, è agire nel buio non nellaluce… Dio è allora il fondamento della ragione? Si certamente. Mi sembra che vi sia unrapporto circolare tra Dio e la ragione, per un filosofo come me è questa che ne proval’esistenza… più si usa la ragione, più ci si avvicina all’Essere infinito, all’Onnipotente. Lamia ragione mi porta a Lui, Egli a sua volta rischiara la mia ragione, in me ci sono dueesseri: il credente e il non credente che dialogano costantemente”.Guitton raziocinando pone senza soste domande… non si sente solo in ciò, ha un buoncompagno in Tommaso. Ma il dubbio non è poi un omaggio alla nostra libertà? Guittoncredente è un Guitton che ad ogni istante fa un atto di libertà, strozzando il Guitton chedubita.( Jean Guitton - Francesca Pini (Mondadori1998).

In “Che cosa credo” Guitton si esalta come uomo di fede e di ragione.Con Anselmo crede in Dio come “Ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore”.Crede con Pascal che “l’ateismo, segno di profondità di spirito, ma solo fino a un certopunto… fino al punto che dopo averlo provato, gustato, consumato ci si accorge chiara-mente e distintamente che l’ateismo è impensabile”.E poi:“Dio non è il prodotto della fede ed ho provato ammirevole il fatto che il cattolicesimoabbia continuamente professato la capacità della ragione di giungere fino a Dio”.Esprime il suo credo in Gesù quando tra l’altro afferma: “Se un po’ di critica ci allontanadalla storicità di Gesù, la critica della critica, e cioè la critica nella sua pienezza ci riconducea Lui. Il vangelo poi di S. Giovanni che appariva come una specie di midrash teologico,una specie di opera della sola fede, oggi diverse interpretazioni sostengono che in questovangelo c’è tradizione storica molto antica”.

Crede nella Chiesa cattolicaLa Chiesa di Guitton è una, è la Chiesa cattolica romana.

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“Una Chiesa divina ma profondamente umana. La Chiesa è vecchia di duemila anni, anchese nel suo ultimo Concilio ha dimostrato la sua grande modernità sapendo cambiare pelle.Essa è dunque allo stesso tempo molto vecchia e tutta nuova ed è proprio questo che fa lasua bellezza”.Ci piace ricordarlo come laico, come laico “sospetto”.“Sospetto” lo definì l’Osservatore romano quando Guitton nella sua opera “La ViergeMarie” spogliandosi della sua veste di credente, nella sua nudità laica, come conviene alfilosofo, ha voluto speculare sulla più particolare delle creature umane.Scrisse che solo in un secondo annuncio (Gesù avrebbe avuto tre anni) l’angelo rivelò aMaria la divinità del suo figlio.E la Chiesa?Una eresia!Minacciato di essere messo all’indice, obbedendo ritrattò.”Se io non fossi convinto che ilcattolicesimo è la Verità, non vedo come potrei restarvi un giorno di più”.E vi resta nella sua Chiesa, obbedisce, la ama, la serve, ma ragionevolmente.Nella composizione della controversia gli vennero in soccorso tali Mons. Montini e il car-dinale Roncalli.Fa sapere N. Camels in “Rencontres avec J. Guitton” che Paolo VI disse:“Non immaginavo che un intellettuale come J. Guitton sarebbe riuscito a giustificare ladevozione mariana con argomentazioni filosofiche. Questo libro mi ha aiutato a svilupparenella mia mente il pensiero della Vergine di cui avevo culto. È il libro più bello pubblicato suMaria nella nostra epoca dopo la lettera di Newman al dott. Pousey”.Guitton filosofoEbbe come maestro Bergson della corrente filosofica dello Spiritualismo con Boutroux eBlondel.La sua più famosa opera: “L’evoluzione creatrice”.Renè Poirier, filosofo alla Sorbona di Guitton filosofo scrive: “Propone delle idee e leaccompagna verso una verità comune. Non cerca tanto di arbitrare i disaccordi quanto diaiutare a pensare… ci si domanda se le sue formule tutte sfumate e come dialogate rap-presentino il suo pensiero o quello dell’avversario… la sua filosofia rivela un profondoottimismo… è il contrario di Sartre cui non perdona il suo straordinario pessimismo e diavere preteso dai giovani di scegliere Dio e l’uomo sostenendo che scegliere Dio signifi-casse negare la libertà creatrice dell’uomo”.“Il suo pensiero stimolante che porta anche il laico ad interrogarsi sulla dialettica tra religio-ne e scienza, Guitton porta argomenti originali che spiazzano tutti gli integralismi perchéripropongono il grande tema che percorre l’intera tradizione occidentale del confronto traprocedura scientifica e bisogno umano dell’assoluto. Il suo merito principale è di averesaputo cogliere quali implicazioni, anche ideologiche possono celarsi tra le pieghe appa-rentemente neutre della ricerca scientifica”.

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Fu senza dubbio, così è stato scritto, un pensiero forte del 900.Alla mente speculativa di Guitton non sfugge il cimentarsi su Dio e la scienza. Lo fa conGrichka e Igor Bogdanov.Scrive: “ nel mio libro Dio e la Scienza cerco di dimostrare che le ultime scoperte, dacinquanta anni a questa parte, ci avvicinano sempre di più alle idee proposte, presunte,insegnate dai profeti ebraici e dalla Rivelazione”.Attraverso il Metarealismo cerca l’armonia tra i due componenti il binomio.“Lo spirito e la materia formano una sola e unica realtà, il Creatore di questo universomateria-spirito è trascendente, la realtà in se non è conoscibile. Scienza e fede sono le leveche ci fanno vedere Dio”.Nel codice cosmico da scoprire, vi è una impenetrabile barriera di là dalla quale non c’èil nulla.E ancora: “ la materia che interroghiamo ha un’anima, ci consente di leggervi dentro equesta lettura ci porta molto in alto, ci dà la Verità, l’Assoluto, Dio… è venuto il mo-mento di aprire nuove vie ad un sapere profondo, di creare di là dalle apparenze mecca-nicistiche della scienza, la traccia quasi metafisica di qualcosa altro, vicino e strano insie-me, potente e misterioso, scientifico e inspiegabile: qualcosa come Dio. È proprio questoche abbiamo mirato nel nostro libro”.Ed Heinz Pagel pare annuire: “ credo che l’universo sia un messaggio formulato in uncodice segreto, un codice cosmico e che il compito dell’uomo di scienza consista neldecifrare questo codice”.Chi ha composto questo codice?Guitton gli risponde: “Raggiunta la frontiera estrema della materia, è qui che incomincia ilterreno dello spirito… Se l’enigma di questo codice cosmico ci è stato imposto dal suoautore, i nostri tentativi di decifrarlo non costituiscono forse una sorta di trama, di specchiosempre più lucido nel quale l’autore del messaggio rinnova la conoscenza che ha di sestesso?”.

Nel “Silenzio universale” si rivela Profeta.“Come Newman alla fine del XIX secolo, ma in misura maggiore, prevedo un confrontofinale tra le posizioni estreme dell’affermazione e della negazione.Vedremo scomparire le posizioni intermedie, prudenti, borghesi e presentarsi a faccia afaccia dialettica contro dialettica, ateismo e cristianesimo, un umanesimo ateo e un umane-simo autentico… il secolo XXI o sarà religioso o non sarà affatto… non attraverso la fede,ma attraverso un esame razionale delle convergenze il futuro sarà favorevole al cattolicesi-mo… il cattolicesimo ben compreso e ringiovanito, come ha fatto l’ultimo Concilio pre-senta all’era nucleare la sola possibilità reale di unire le solitudini e le moltitudini e di racco-gliere come sperava Martha Robin l’umanità intera all’amore eterno e nell’unità”.

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Scrittore indefessoGuitton scrisse di tutto.Tra i tanti ci piace riportare alcuni giudizi.“Tutta la sua arte è fatta di mezze tinte, di confidenze mormorate, di annotazioni fissate amezza voce ai marini del mistero del silenzio. Attinge dallo stesso tesoro secondo le parolefissate dal Vangelo cose nuove e cose antiche. Se alle volte parla in parabole è per farcicapire meglio un’idea che potrebbe sembrare troppo astratta, troppo distante dalla realtàfamiliare gli uomini d’oggi”. (Louis Chaigue)“È lui le cui convinzioni religiose sono di pietra, è aperto a tutte le controversie. Ascolta,annota, capisce, usa, si arricchisce ed arricchisce. In mezzo a questa letteratura contem-poranea che si stende come una inondazione di acqua sporca, l’opera di Guitton ci richia-ma alla realtà di questa creatura divinamente privilegiata che è l’uomo”. (Wladimir d’Omer-son, accademico di Francia).Il suo stile “appropriazione e pienezza”. (Francois Mauriac)“Lascia un’opera considerevole, meravigliosamente scritta, fine, limpida. La sua linea fuchiara, la verità è liberale, la spiritualità maestra e il personalismo cristiano”. (Le Monde)Amò la pittura, che coltivò con talento sollecitato dalla madre ma anche da Papa PaoloVI.La sua pittura passa “dall’ordine profano intriso di religiosità, all’ordine sacro, dall’ordinedell’esercizio a quello dell’ovazione”.“Quando dipingo sento il sole nel cuore… dipingere è una festa perpetua, un riposo, laluce di un giorno che vedo sorgere e tramontare con calma”.La pittura per Lui è anche preghiera!

Il 21 marzo del 1999 è il giorno della sua nascita in cielo. Aveva 98 anni.Paolo VI, suo grande ammiratore e amico gli aveva inviato la sua benedizione tramite ilsegretario particolare Mons. Pasquale Macchi.Giovanni Palo II tramite il cardinale Arcivescovo di Parigi, Mons. Lusinger gli indirizzòquesto messaggio:“Saluto la memoria di colui che si è impegnato in modo convincente a rendere conto delmistero divino, con i suoi scritti e le sue opere pittoriche, attingendo la propria forza dallameditazione del Vangelo. Mi ricordo con emozione la sua partecipazione attiva al ConcilioVaticano II, nel corso del quale ha espresso il suo grande amore per la Chiesa. Per tutta lasua vita, questo testimone della fede e filosofo cristiano ha messo la propria riflessioneintellettuale esigente ed illuminata al servizio della Rivelazione…chiedo a Cristo di acco-gliere nella sua eternità colui che lo ha sempre cercato”.Lusinghieri i giudizi sulla sua vita e le sue opere da eminenti personalità cattoliche e non,della cultura e delle arti.Il filosofo Guardini: “Jean Guitton fu soprattutto un uomo libero, un pensatore forte, un

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cattolico autentico, un umanista profondo e uno scrittore limpido. Nel suo cuore aveva unasola certezza, essere sempre pronti a rispondere a chiunque ti chieda ragione della speran-za che è in te”.Giulio Giorello, filosofo laico, rispondendo a più interrogativi:“Il suo è un pensiero stimolante che porta anche il laico a interrogarsi sulla dialettica trareligione e scienza… il suo merito principale è di avere saputo cogliere quali implicazioni,anche ideologiche, possono celarsi tra le pieghe apparentemente neutre della ricerca scien-tifica.Sono stato affascinato dalla volontà di comunicare che percorre tutta la sua opera e dalsuo bisogno di ripensare tutto, incluso ciò che viene dato per scontato... ha contribuito asmussare le contrapposizioni laico-cattoliche, credente- agnostico”…Alla domanda quale Dio trova in Guitton?Giorello risponde: “Per lui vale lo stesso problema che tormentava Newton, il Dio cui ciconduce la fisica non può essere solo l’anima del mondo. È il Signore degli eserciti, il Dioinvocato da Abramo, Isacco e Giacobbe”.Problematico sarebbe continuare a riferire il pensiero di quanti lo conobbero e stimaronola sua grandiosa opera.Riposa con sua moglie nella cappella di famiglia a Deveix.Lunga la sua corsa verso l’eternità che anche in questa terra aveva avuto il privilegio divedere, vedere al di là, tanto al di là.

Nota. Nella stesura del nostro lavoro ci è stato di valido contributo l’opera: L’infinito infondo al cuore di F. Pini. Mondadori 1998.Conferenza al Serra club di Livorno anno sociale 2004-2005.

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La fecondità di ingegno di Guitton sembra non conoscere limiti. Credente di indiscussafede, il filosofo del Concilio non rinuncia a dissertare su temi impegnativi del Credo cristia-no. “In me ci sono due esseri: Il credente e il non credente che dialogano continuamente”.Si pone il problema di Dio Colui “di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore” e dicecon Bergson: “Dio non è il prodotto della fede. Nello studio del cosmo vi è la provainconfutabile della sua trascendenza”. E concorda con Heiz Pagels “credo che l’universosia un messaggio formulato in codice segreto, il codice cosmico”.Quanta conformità con il pensiero galileiano!Già perché Galilei “studia le pietre per cercare le impronte del Creatore” (Zichichi).E con Dio, disserta su Gesù. Si pone il problema della sua esistenza e conclude “Se un pòdi critica ci allontana dalla storicità di Gesù, la critica della critica, cioè la critica nella suapienezza ci conduce a Lui”.E non poteva mancare nella sua mente speculativa un approfondito studio su Maria Vergi-ne, la Madre di Cristo, l’Immacolata, l’Assunta.Quanto amore e interesse ha Guitton per Maria!Egli si spoglia della veste di credente e nella sua nudità laica, come conviene ad un filosofo,specula sulla più particolare creatura umana.L’annunciazione: una secondo gli scritti evangelici, duplice secondo Guitton!Egli ritenne che solo in una seconda annunciazione (Gesù avrebbe avuto circa tre anni)l’Angelo avrebbe rivelato a Maria la divinità del suo figlio: Dio fatto uomo.E la Chiesa? Una eresia.Scrive Guitton: “Ricevetti allora una lettera del Vaticano nella quale mi si chiedeva di strap-pare la pagina del libro in cui avevo fatto questa affermazione. Poiché mi è stato chiesto, hofatto un’edizione priva di quella pagina. Sì ho obbedito, ma come obbedisco sempre, conl’idea che fosse piuttosto stupido, ma che tuttavia, bisognava farlo. Studiare la Vergine Mariaper me significa analizzarla come ho fatto con Platone, Cartesio, Heideger, Bergson”.

La Vergine di J. M. Guitton

Una o due le annunciazioni?Il filosofo rischiò la condanna della Chiesa

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I valori di credente e di speculatore trovano in Guitton una coabitazione mirabile.Nella composizione della controversia tra la Chiesa e il filosofo non mancò il soccorso ditale monsignor Montini, poi Paolo VI.Ancora Guitton: “Mi confidò che gli avevo rivelato una Vergine Maria, naturalmente dalpunto di vista filosofico, non da quello religioso… la sua amicizia con lui era dovuta al miolibro, che egli apprezzava molto”.Un’amicizia ricca di frutti.La “Vierge Marie”, (Aubier editios Montaigne Paris) vede la luce nel 1949.“Un petit livre” scrive l’autore, dedicato a “nos freres protestants, anglicans et ortodoxesafin de Cana abate l’heure de l’union”.“La Vierge Marie” non è certo un piccolo libro, ma un’opera monumentale. Guittontrova ancora un’occasione per dare ulteriore contributo all’ecumenismo cristiano. Lui, ilpiù autorevole laico francese, che spese la sua vita per l’unione tra cristiani!Il capitolo del suo libro che attiene l’Annunciazione, lo studio dell’evento miracoloso chesegna l’inizio del cammino umano di Dio che si fa uomo, è vivisezionato con grande cura.Mentre inviamo al testo citato per quanti volessero saperne di più, ci piace riportarnealcuni passi.“Come dobbiamo rappresentare la realtà storica di questo episodio che si propagò attra-verso gli Ave, una preghiera senza limiti, una specie di respiro che dalla terra si innalzaverso il cielo?”Come sono andate le cose, in realtà nell’anima della Vergine?È stata dunque Lei a riconoscere chi era quell’Angelo ed annotarne le parole. Potrebbeessersi trattato di un’estasi tutta interiore e queste parole essere state pronunciate senzache nessuna visione le abbia accompagnate?L’Angelo le disse che era stata benedetta fra tutte le donne… Ella era turbata non potendocomprendere ciò che realmente significava sottomettersi a quell’onore. Ella concepirà unfiglio a cui darà il nome Gesù che vuol dire Salvatore. L’Angelo indicò il Messia, come Egliera conosciuto agli Ebrei. Figlio di Davide e al tempo stesso figlio dell’Altissimo ma nonfiglio nel senso in cui oggi la Chiesa dice che Gesù è Figlio di Dio. L’Angelo non orienta ilpensiero in quel senso; il Messia della sua rivelazione non sembra essere uguale a DioConsustanziale, ma una creatura privilegiata, condotta a regnare sulla casa di Davide persempre. Ella comprese che sarebbe stata la Madre del Messia. Non pensava che il Mes-sia sarebbe nato da una vergine. Non conosceva quella tradizione… E tuttavia sente conchiarezza che il progetto di Dio si compirà, che il suo desiderio era rispettato. Comeavverrà perché io non conosco uomo? Non ci sarà in questa generazione concorso uma-no… il frutto sembra venire da un soffio di Dio. Ella dirà soltanto: che ciò avvenga, che ciòsia fatto! come se Ella volesse far comprendere che inserisce la sua volontà nel progetto diDio, oggi di gioia e domani di sofferenza.Fiat è la parola di accettazione, al di là della gioia e del dolore. Che ciò mi sia fatto! Che

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ciò avvenga! Non è facile immaginare una scena al tempo stesso più divina, più umana.L’Angelo si allontanò. Tutto tornò come prima, la campagna, il cielo con le sue nuvolesparse.I rumori familiari. E senza dubbio Giuseppe che passava e guardava la Vergine”.Lo stralcio ora riportato ci disegna il filosofare di Guitton.È l’intero libro che raccomandiamo di leggere. L’Autore con amore e passione lasciavivere e direi godere uno dei più straordinari eventi miracolosi del cristianesimo: Dio che sifa uomo nel grembo di una vergine trattato da un filosofo che per nulla si lascia intimoriredalla sua fede. Risalta la sua figura che, convinto credente, non rinuncia ad una religiosaricerca laica, come si conviene ad un filosofo del suo rango.Vive e fa vivere un mondo incomprensibile senza la fede, scrutato a sua volta dalla ragio-ne.Fedelissimo credente sa ubbidire alla sua Chiesa “se io non fossi convinto che il cattolice-simo sia la verità ’non vedo come potrei restarvi un giorno di più”.E vi resta nella sua Chiesa, l’ama; per essa e per la sua unità, lotta non ciecamente maragionevolmente.

Pubblicato nel “il serrano” n.113 2008

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Un efficace impulso all’indizione del Vaticano II è venuto dalla Francia ad opera del filoso-fo cattolico J. M. Guitton. Si ritenne allora che la Chiesa percepisse la necessità di un“aggiornamento” alle esigenze dei tempi. Le speranze tante, quella dell’unificazione delleChiese cristiane, fortemente sentita.Giovanni XXIII e Paolo VI su quel tema si trovarono certamente in perfetta sintonia con ilfilosofo francese, che fin da giovane, per il suo profondo convincimento ecumenico parte-cipò, divenendone poi animatore, a molti incontri tra intellettuali e religiosi in terra di Fran-cia. I primi pour-parler di carattere “carbonaro” ebbero luogo nella casa paterna di Guit-ton e poi in quella di tale sig. Oliver. Con loro un professore israelita Andrè Wormser, unprofessore di storia Paul Aury protestante, l’abate Voisin e tale Paulovitch, serbo ortodos-so. “Parteciparvi mi procurava una gioia clandestina” scrive Guitton.Alle riunioni “carbonare” seguirono quelle alla luce del sole con le settimane sociali, lasettimana degli scrittori cattolici, che si ritiene siano stati il seme, la speranza che un Con-cilio potesse dire parole nuove per il cammino della Chiesa nel mondo e per l’ecumenismoin particolare. E la speranza divenne realtà quando Papa Giovanni indisse il Vaticano II.Guitton felice esclamò “Il Concilio è stato la sorpresa, il coronamento, la gioia della miavita… avevo la sensazione di un’esperienza dedicata a preparargli la via senza però averemai avuto il presentimento che sarebbe avvenuto”.Con l’indizione del Concilio, Giovanni XXIII mise in moto una poderosa macchina daicomplessi ingranaggi, convinto che le difficoltà sarebbero state superate.Laddove non avrebbero potuto gli uomini sarebbe venuta in soccorso la Provvidenza allaquale Lui si era ciecamente affidato.Quanta e quale fede!Al Concilio volle invitare Guitton quale osservatore, allora unico laico a parteciparvi.Passandogli vicino durante la prima sessione il Papa gli sussurrò: “Il mio cuore è con il tuospirito”.Alla domanda della giornalista che ne ha raccolto le memorie, se avesse avuto una qualcheinfluenza su Papa Giovanni, Guitton risponde: “Penso di averne avuta”.L’immenso fardello del Concilio passò ad altro grande Papa, amico di Guitton, Paolo VI.Una frequentazione di ben 27 anni!Una profonda stima!

Due Papi alla scuola di J. M. Guitton

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Una grande amicizia!Numerosi i loro incontri a Milano, a Roma, a Castel Gandolfo.Il filosofo fu invitato a partecipare alla prosecuzione del Concilio, questa volta quale rela-tore, con l’incarico di esporre la sua esperienza laica sull’ecumenismo.“Lei è il mio firmamento Guitton” gli dice il Papa.Paolo VI fu influenzato in alcune sue scelte da Guitton?Il filosofo: “Ero consigliere ascoltato”.Uomo, Pontefice ancora da scoprire Paolo VI!Dal suo testamento sul Concilio leggiamo: “Si provveda ad eseguire fedelmente le prescri-zioni sull’ecumenismo, si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, conmolta comprensione, con molta pazienza, con grande amore, ma senza deflettere dallavera dottrina cattolica”.Poco prima di “chiudere gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica” chie-se al suo segretario: “Leggimi qualche pagina del catechismo di Guitton”.Quale considerazione!Certamente il filosofo era stato la sua luce.

Pubblicato in “Toscana oggi” del 16,12, 2001.

Paolo VI e Jean Marie Guitton

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L’Eucarestia presenza reale di Cristo

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“Il serrano: consapevolezza e azione in un progetto culturale per le vocazioni”

Nell’offrire un contributo al tema congressuale, ci sembra utile un breve riferimento alpensiero della Chiesa sulla cultura.Non potendo riportare la vasta documentazione espressa nei tempi, citeremo alcuni passidella Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneoda Gaudium et Spes nella quale vengono magistralmente presi in esame i nuovi stili di vitache condizionano la cultura moderna, i rapporti tra fede e cultura, il diritto di ciascuno allacultura, ad una cultura integrale, la difficoltà di coniugare cultura ed insegnamento cristiano.“Con il termine di cultura si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina edesplica le sue molteplici doti di anima e di corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmostesso con la conoscenza e il lavoro rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che intutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l’an-dare del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le gran di esperienze easpirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genereumano”. Gaudium et Spes cap.II, 53)Vivere questo modo di essere cultura è compito di ciascun cristiano.Come è stato giustamente proposto, un progetto culturale per le vocazioni esige, anzituttoconsapevolezza che riteniamo voglia dire piena coscienza di appartenere al corpo misticodella Chiesa.Tutta la vita di un cristiano è fatta di vocazioni, ovverossia di chiamate di Dio.

La vocazione cristiana

“È la chiamata madre del cristiano, significativa di appartenenza al popolo di Dio, è espres-sione della Grazia, è “unica e irripetibile, mediante la quale ogni cristiano nella comunità delpopolo di Dio costruisce il corpo di Cristo. (Redentor hominis IV, 21.)“Questo dono, pur essendo una personale vocazione ed una forma di partecipazione al-l’opera salvifica della Chiesa, costruisce la Chiesa e le comunità fraterne nelle varie sfere

6. Chiesa e società in cammino

Assisi 2004 IX Congresso nazionale del Serra

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dell’esistenza umana sulla terra.”“Questo dono trova la sua piena realizzazione nella donazione senza riserve di tutta lapropria persona, in spirito di amore sponsale al Cristo, a tutti coloro uomini e donna, chea Lui sono totalmente consacrati secondo i consigli evangelici” (ivi).Dunque una vocazione che implica un servizio di donazione, di carità, di amore a somi-glianza del servizio di Cristo che non è venuto per essere servito, ma per servire, come ciricorda l’evangelista. (Mt 20,28 ).Le illuminanti parole di Giovanni Paolo II ci indicano la fondamentalità di questa vocazioneprincipe.

La vocazione sacerdotale

Frutto della Grazia è altresì la sublimazione dell’impegno dell’eletto che diventa l’alterChristus.Egli rinnova il sacrificio eucaristico, fonte di tutta la vita cristiana, predica il Vangelo, eser-cita il ministero della riconciliazione.A questa vocazione è particolarmente legata l’opera del serrano. Far comprendere labellezza del sacerdozio, aiutare i giovani a raggiungerlo, creare le condizioni ambientalinella società perché la voce della chiamata venga meglio udita ed accettata, aiutare i sacer-doti nel loro esercizio ministeriale.È questa la peculiarità dell’essere serrano.Egli si affianca in questa opera con sentita determinazione a tutta la comunità cristiana, alleparrocchie, alle famiglie.Così il Concilio Vaticano II: “Il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spettaa tutta la comunità cristiana, a tale riguardo il massimo contributo viene offerto tanto dallefamiglie, se animate da spirito, di carità e di pietà costituiscono come il primo seminario,quanto dalle parrocchie ella cui vita fiorente entrano a far parte gli stessi adolescenti”.(Optatam totius n.2).Numerose sono le attività serrane nei club, in ambito nazionale internazionale che tendonoin mille maniere a favorire la vocazione sacerdotale. Il contributo del Serra italiano indub-biamente si distingue in questa opera, ne sono prove gli ampi riconoscimenti a propriassociati chiamati a primarie responsabilità nella direzione della benemerita istituzione inambito internazionale.

La vocazione laicale

“Col nome di laici si intendono tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell’ordine sacro edello stato religioso sancito dalla Chiesa, i fedeli cioè, che dopo essere stati incorporati aCristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e nella loro misura resi partecipi dell’ufficio

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sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nelmondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano… L’indole secolare è propria epeculiare dei laici… per la loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattan-do le cose temporali e ordinandole secondo Dio”. (Lumen gentium cap.IV, 30).In stati e condizioni diverse i laici sono i primi attori nel’opera salvifica che esercita laChiesa. È loro compito evangelizzare la società occupandosi elle attività temporali perscrivere la legge divina nella vita della città terrena.“I laici che la loro vocazione specifica pone in mezzo al mondo e alla guida dei più svariaticompiti temporali, devono esercitare con ciò stesso un’arma singolare di evangelizzazione.Il loro compito primario e immediato non è l’istituzione e lo sviluppo della comunità eccle-siale che è il ruolo specifico dei Pastori, ma è la messa in atto di tutte le possibilità cristianeed evangeliche nascoste, ma già presenti ed operanti nella realtà del mondo”.Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato dellapolitica, della realtà sociale, dell’economia, della cultura, delle scienze e delle arti, dellavita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale e anche le altre realtà par-ticolarmente aperte all’evangelizzazione, quale l’amore, la famiglia, l’educazione dei bam-bini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno dei laicipenetrati di spirito evangelico, responsabili di dover sviluppare tutta la loro capacitàcristiana spesso tenuta nascosta, tanto più queste realtà senza nulla perdere e sacrificaredel loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sco-nosciuta, si troveranno al servizio dell’edificazione di Dio e quindi della salvezza in GesùCristo”. (Paolo VI Evangeli nuntiandi).Sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa profonde riflessioni sono espresse nellaChristifidelis laici di Giovanni Paolo II).La dottrina citata e quant’altra in proposito per indirizzare i cattolici a servire l’uomo,prima e fondamentale via della Chiesa.

La vocazione politica

Trattasi dell’impegno del cristiano in un settore non marginale della vita, oggi particolar-mente incoraggiato dalla dottrina sociale della Chiesa.Settore in verità che ha suscitato e suscita non pochi contrasti tra quanti vogliono inquinarela politica di egoistici contenuti ideologici e che non vedono certamente di buon gradol’interesse della Chiesa nel proporre indirizzi in difesa dei valori inalienabili dell’Uomo,valori antropologici, valori che discendono dal suo essere creatura di Dio.Parole forti si leggono nella Gaudium et Spes.“Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, anzi verso Dio stesso, mette in pericolola propria salvezza eterna” (cap IV, 43).“Tutti i cristiani debbono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comu-

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nità politica: essi devono essere di esempio sviluppando in sé stessi il senso della respon-sabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possono armoniz-zarsi l’autorità e la libertà, l’iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale,l’opportuna unità e la proficua diversità. Devono ammettere la legittima molteplicità e ladiversità delle opzioni temporali e rispettare cittadini che, anche in gruppi, difendono inmaniera onesta il loro punto di vista.La Chiesa stima degni di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gliuomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsa-bilità. Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria specifica vocazione nellacomunità politica…operando guidati dalla coscienza cristiana… e dallo spirito evangeli-co” (cap I, 75).La Chiesa reclama a chiare note la necessità dell’impegno politico del cristiano “I fedelilaici non possono affatto abdicare…alla molteplice e varia azione economica, sociale,legislativa amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzional-mente il bene comune” (Christifidelis laici (cap 3,42 ).E non sono solo questi gli indirizzi espressi dalla Chiesa per Progetti culturali vocazio-nali suggeriti per coloro che cristiani intendono attivamente operare nella società ai varilivelli che la costituiscono.Un progetto culturale vocazionale non può non vedere i pilastri su cui operare:L’Uomo: “la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso…la prima e fondamentalevia della Chiesa”.La Famiglia nutrice di ogni progetto culturale educativo vocazionale.È in essa che deve nascere l’humus per seri progetti culturali vocazionali da trasferire allasocietà afflitta da profondi mali. Difettano nelle nostre famiglie i diritti-doveri di servizio allavita, a cominciare dalla trasmissione della stessa; i diritti doveri di educare i figli ai valoriprioritari della vita: quelli religiosi, sociali, politici; i sentimenti di comunità e sviluppo dellasocietà, quelli dell’amore e della solidarietà, della libertà, della giustizia, della verità; ilriconoscersi figli di Dio. Non mancano quanti vivendo per Cristo e la Chiesa possonoplasmare cristianamente famiglia e società. Nessun progetto culturale vocazionale puòsperare in uno sbocco felice se quanti intendono prodigarsi per raggiungere questo ambi-zioso obiettivo non analizzano e comprendono la società di oggi, la famiglia su nucleofondamentale, la persona umana, con i loro errori, i loro bisogni, le loro speranze; se nonsi comprende e segue l’insegnamento della sua Chiesa testimone e curatrice della suaopera. Se nella sostanza, non si polarizza mente e cuore al Vangelo per evangelizzarci eevangelizzare.Questo è il binomio vincente di ogni progetto culturale per le vocazioni, tutte levocazioni.

Pubblicato nel “il serrano” Atti IX Congresso Assisi 7-8-9 Maggio 2004.

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Acculturarci e pregare insieme: I Serrani testimoni nella società a sostegno delle vocazioni:capire il cambiamento della società… le sfide del nostro tempo a una visione cristiana dellavita… modalità e mezzi per affrontarli… testimoniare Cristo.Temi stimolanti che arricchiscono le nostre intelligenze, tendono a rafforzare la nostra iden-tità serrana, tracciano i sentieri da percorrere, indicandoci i mezzi da utilizzare.Le difficoltà culturali e sociali sono tante, ma non debbono annebbiare il pensiero e ferma-re la nostra opera.Questa esige anzitutto un supporto: pregare, saper pregare, per scongiurare Dio che civenga in soccorso, ci aiuti a riflettere anzitutto su l’uomo, la realtà che lo circonda, il temponel quale vive l’uomo. “La prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristostesso, via che inevitabilmente passa attraverso il mistero dell’incarnazione e della reden-zione” (Redentor hominis cap.3,14.)

L’uomo oggiAccanto ad immagini fortunatamente diverse e sono tante, egli è drogato di edonismo,agnosticismo, ateismo, secolarismo e di tanti altri ISMI, che gli annebbiano l’intelligenzaoccultandone la Verità.Non si rende conto che la Ragione, grande dono di Dio, senza l’illuminazione della Fede època cosa.La fiducia smisurata della Ragione, l’assoggettamento di ogni espressione umana alla logica,al calcolo, avulsa da motivazioni di Fede, all’origine dell’eterno refrain di contrapposizionetra fede e ragione che ha distinto il tempo dell’illuminismo, della modernità’, vive ancora congli alti e bassi, elevando e riducendo la sua forza espressiva, fino a raggiungere oggi deforma-zioni che ci mostrano l’uomo solo, debole, triste, senza speranza, contro Dio, senza Dio.Il tempo nel quale viviamo è quello della povertà dell’essere, della mancanza di anelitoverso il mistero.L’uomo ancor più di prima dà l’impressione di non avere più bisogno di nessuno percapire, spiegare, dominare l’universo si sente al centro di tutto, la misura di tutto.

La famigliaMostra la sua malferma salute, tende a scardinarsi, lontana dalla cultura cristiana che ne è

Serrani in convegno

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stata il fondamento da secoli.A ciò contribuendo l’insana politica delle Istituzioni in nome di una falsa valorizzazioneantropologica.Questo è lo scenario che in ordine temporale abbiamo ai nostri occhi, il cui approfonditostudio è prioritario per permetterci di mettere in essere la nostra opera di promozione dellevocazioni cristiane e sacerdotali in particolare.

I nostri clubInvecchiano, abbiamo bisogno di giovani che spesso ci voltano le spalle.I giovani sfidano la vita consacrata ci suggerisce Amedeo Cencini grande educatore eacuto psicologo ci dà una non edificante rappresentazione della gioventù.Un appiattimento generale… Un giovane piuttosto dimesso, che non conosce i grandientusiasmi, le grandi passioni!“La perdita del mistero, una gioventù senza grandi aspirazioni e senza alti ideali, dallacultura debole; una caduta del desiderio, una crisi della bellezza e del senso estetico, untriste innamoramento di sé che raggiunge il narcisismo”!Se questa è la rappresentazione della gioventù oggi, ma fortunatamente non è tutta così, cisembra di avere centrato almeno un motivo di carenza vocazionale.Non sono comunque questi i connotati del giovane che possano favorire i nostri progetti,e fare di un giovane, un ministro di Dio.“Quella del ruolo sacerdotale è una chiamata di dedizione esclusiva, è un invito di amoreche sottrae da altre possibilità di amore”. (Vittorio Andreoli, 20.02.08. in Avvenire).E quindi i problemi che arrovellano la nostra mente.Quali strade sono da percorrere per invogliare i giovani alla vocazione?Perché a fronte della ricchezza interiore di quanti si prodigano in tante espressioni di beneal servizio della chiesa non si sentono di percorrere l’ultimo tratto, quello verso il ministe-ro?Perché taluni, intrapreso quel percorso, non raggiungono l’ordinazione sacerdotale?C’è qualcosa che uccide i loro sogni, si interroga l’illustre educatore?Perché poi non pochi consacrati lasciano il sacerdozio?Gli sforzi dei Serrani sono immani eppure le vocazioni non sono corrispondenti al loro fare,alle loro preghiere.Ci siamo chiesti se non sappiamo pregare per strappare a Cristo il dono delle vocazioni.Se non sappiamo cogliere il senso di quanto sta accadendo nel mondo.Se non riusciamo a capire del perché la nostra società tende a vivere senza Dio o controDio, stracciando i valori essenziali della vita.Ci siamo dimenticati, noi cristiani, i fermenti conciliari che ci hanno indirizzato a capire evivere il Cristianesimo?Ci sfugge a una compiuta analisi della società, onde mirare i nostri sforzi per proficuamente

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capire il tempo in cui viviamo, l’ambiente, l’uomo, i giovani, noi.Come individuare, promuovere, coltivare l‘humus dal quale possano scaturire le vo-cazioni?Come tendere a un’inversione di rotta per diffondere la cultura del cristianesimo, l’incantodi credere, di sperare, per una città terrena migliore che non sappia fare a meno del mini-stero sacerdotale, momento di congiunzione tra l’uomo e Dio?Non c’è Chiesa laddove non c’è Eucaristia.Non c’è società sana laddove non esistono ministri di Dio che vivono e diffondono i valoriantropologici che scaturiscono dal cristianesimo.Dove troveremo la forza per un immane lavoro che ci vuole protagonisti e moderniapostoli?È problematico dirsi ed essere cristiani.Siamo in grado di mobilitarci per una vasta rievangelizzazione raccomandandoci a Dio cheè solo sapiente con Cristo?

P.S. A commento del Convegno serrano di Collevalenza 6-8 giugno 2008.

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Nel deserto del mondo, il Vangelo è come la manna biblica: viene dal cielo, soddisfa ogninecessità di vita. Da venti secoli nutre l’umanità e da venti secoli non si riesce a essernesazi.La parola di Dio è sempre viva, siamo noi i sordi che abbiamo bisogno di risentirla.I mali del mondo grandi e piccoli che siano, dagli insegnamenti del Vangelo, che è veravita, trovano certamente la loro soluzione.Strani e perversi sono gli eventi che viviamo: contro la vita, contro la famiglia, contro lareligione, contro Dio. Negare Dio, la religione, non è più un fatto insolito. L’Amore poi,appare fortemente intimidito e l’odio domina nelle società.Il cristianesimo appare sempre meno incidere nella storia dell’umanità.I cristiani spesso appaiono incapaci di reagire, di testimoniare la loro fede.Senza impegnare la vita, credere non è credere.Nel messaggio evangelico, è diffuso il seme della nostra cultura perché ricco di quel patri-monio umanistico a favore dell’uomo, impensabile prima dell’avvento del cristianesimo.Il Vangelo è la buona novella per tutti.Come non nutrirci di questo antidoto del male?La necessità di una riproposizione del Vangelo in relazione al vertiginoso svolgersi deitempi, ai profondi cambiamenti della società ha suggerito alla Chiesa di promuovere unanuova evangelizzazione.Ed è recente la costituzione del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione pro-mossa da Benedetto XVI.Questa volontà trova le sue radici nel discorso programmatico del Concilio Vaticano pro-nunciato da Giovanni XXIII (Gaudet Mater Ecclesia).Come ci ricorda il Presidente di quel Consiglio (Osservatore romano 15 Ottobre 2011),Mons. R. Fisichella, la Chiesa cattolica Mater et Magistra, sente la necessità di una rinno-vata ed efficace riproposizione del Vangelo.E questo in perfetta sintonia, come ci ricorda Fisichella, con quanto espresso anche nellaLumen Gentium, nella Gaudium et Spes, documenti di rilievo del Vaticano II.Alle intenzioni di Giovanni XXIII fa eco Paolo VI con la Evangeli Nuntiandi.Questo grande Papa ancora tutto da capire si è espresso con forti parole: La rottu-ra tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come

Il Vangelo scuola di umanità

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lo fu anche di altre.Da qui la necessità di acculturare la società con il Vangelo per intenderne il tesoro deiprincipi contenuti.Fonte “di nuove energie di un nuovo ordine di cose” per un mondo migliore per società piùgiuste.

Dicembre 2011

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“Dio trovò l’uomo in una terra deserta, in una landa di ululati solitari.Lo circondò, lo elevò, lo custodì come le pupille del suo occhio. Come un’aquila cheveglia la sua nidiata, che vola verso i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sullesue ali. Il Signore, lui solo lo ha guidato, non c’era con lui alcun dio straniero” (Dt 32, 10-12).Ad Abramo, vecchio di 99 anni, gli apparve il Signore e gli disse: Io sono Iddio onnipoten-te, cammina alla mia presenza e sii perfetto.Stabilirò il mio patto fra me e te e ti moltiplicherò in modo stragrande (Gen. 17).Legame solidissimo che il Figlio Gesù Cristo continuerà.Amorevolmente guardano, seguono, nel cammino terreno la più amata creatura: l’uomo.“È nella chiesa che continua l’opera di Cristo Maestro: O allievi della divina pedagogia,orsù completiamo la bellezza del volto della chiesa e corriamo, noi piccoli verso la Madrebuona diventando ascoltatori del logos, glorifichiamo il divino piano provvidenziale, grazieal quale l’uomo viene sia educato dalla pedagogia divina che santificato in quanto bambinodi Dio; è cittadino dei cieli, mentre viene educato sulla terra, riceve lassù per Padre coluiche in terra impara a conoscere” (Clemente Alessandrino).Dio educa alla vita, attraverso Cristo, il suo braccio operativo.Lui è l’educatore, il maestro!Così ai suoi discepoli: “Non vi fate chiamare maestri, perché uno solo è il maestro vostro,il Cristo”.Lui è il rivelatore di Dio, Lui è la più alta espressione d’amore, da trasmettere all’uomo perl’uomo.Lui è il maestro a cui avere fede, perché Lui solo ha parole alle quali credere.Lui è la via, la verità, la vita!Le sue credenziali: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e coloro ai quali il Figlio l’havoluto rivelare”.“Gesù la luce che illumina ogni uomo”.“Nessuno ha mai parlato come quest’Uomo”“Sulla tua bocca non c’è inganno”Chi può capire capisca (Mt.19,12)Dove i discepoli di ieri, di oggi e di domani apprendono i suoi insegnamenti?

CRISTO IL PEDAGOGOCosì lo definì Clemente d’Alessandria

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Dalla sua vita terrena, dalla sua sacrifica missione nel mondo riportati nel Vangelo, MagnaCharta del Cristianesimo.E prima ancora nelle Sacre Scritture che Egli avalla.“Non può essere sciolta la Scrittura”.“Questo avvenne perché si adempissero le Scritture”.“Non sono venuto a scioglierle ma a completare”.Parla di Dio, degli Angeli, dell’uomo, del creato, dell’anima immortale, della vita e dellamorte, della carne che risusciterà, grazie alla sua immolazione, del peccato, delle virtù.Se nel Vecchio Testamento Dio parla a mezzo dei Profeti, nel Nuovo parla attraverso ilsuo Figlio, inviato perché l’uomo, la sua creatura, sia salva, viva la vita eterna.“Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mon-do” (Mt. 13.34.)“Egli parlò loro di molte cose in parabole”.Scelse il modo più semplice, perché di facile comprensione, sì da essere certo che lamateria del suo insegnamento potesse essere compresa e senza equivoco alcuno.Tante le lezioni:Il seminatore: La stupenda generosità di Dio. (Mt 13.1,9)Il figliol prodigo: L’amore del Padre (Lc 15.11,32)Gli operai della vigna (Mt.20.1,15)Il buon samaritano: L’amore che salva (Lc 14.29,36)Il servitore spietato: Le condizioni del perdono (Mt.18.23,35)I vignaioli perfidi: Le attese di Dio (Mt 21.33.45)La torre incompiuta: Saggezza umana e Grazia divina (Lc 14.28.33)Le Vergini sagge e le Vergini stolte: Il pericolo di arrivare tardi (Mt 25.1.13.)I dieci talenti: Responsabilità. (Mt 25. 14,30)Il fattore infedele. (Lc 16.1,8)La zizzania: La fatica di crescere insieme.(Mt 13.24,30)Il ricco Epulone: Responsabilità e pericolo della ricchezza. (Lc 16.19,31)Il granello di senapa e il lievito: L’impegno di crescere.(Mt 13.31,35)La vite e i tralci: Una comunione di vita. (Gv 15.1,8 )Il ricco stolto: La vera ricchezza (Lc 12.13.21)Il fariseo e il pubblicano: Come si entra nel tempio (Lc 18.9,14)Quante altre parabole sono fonte di impareggiabile insegnamento per la vita terrena equella celeste!Quelle citate sono commentate in modo magistrale in “E cominciò a parlare loro in para-bole” di Ezio Morosi (Ed. Borla 2000).Ma perché in parabole? E così Gesù ai discepoli: “Perché a voi è stato concesso di cono-scere il mistero del Regno dei cieli, mentre ad essi non è dato, parlo loro in parabole,perché vedano senza riuscire a vedere e ascoltino senza riuscire ad ascoltare né capire.

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Così si compie per loro la profezia di Isaia”… (Mt 13,10).La più grande lezione del Maestro: Obbedire alla legge dell’amore.Sì, amore per Dio, per il prossimo, persino per il nemico.L’insegnamento viene da Chi è l’espressione più alta dell’Amore.Amore sommamente vero perché ha una caratterizzazione divina.Amore, originato dal Padre al quale obbedisce di immolarsi per la salvezza dell’uomo.Lui, Dio!“In questo sta l’amore non che noi abbiamo amato Dio, ma che Lui ha amato noi e che hamandato il suo Figlio, quale vittima ad espiazione per i nostri peccati… se Dio ha amatocosì anche noi dobbiamo amare gli uni gli altri… Noi amiamo perché Egli ci ha amato perprimo… chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.Questo è il comandamento che abbiamo da Lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello”(Giovanni I lettera 4,7-21).E l’uomo deve rispondere a Dio con una sola parola: Amore!È l’Amore che educa, modella la vita dell’uomo a Dio e al prossimo.Ecco, la sua celebrazione.“Ora rimangono dunque queste tre cose: Fede, Speranza, Carità, ma di tutte più grande èla Carità (Paolo, Corinzi 1,13).Carità che è amore a Dio e al prossimo; Speranza che è fiducia in Dio; Fede che è certezzain Dio, nella Rivelazione, nella Chiesa.“Se io parlassi tutte le lingue degli uomini e degli Angeli, ma non avessi la carità, sarei comeun bronzo che suona o un cembalo che squilla.La carità è paziente, la carità è benigna.La carità non si vanga, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto.Essa non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male che riceve.Non gode dell’ingiustizia, si compiace invece della verità.Essa tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (Paolo 1° lettera ai Corinzi).“Nella carità si nasconde il mistero della preghiera, della conoscenza personale di Gesù…una preghiera semplice, che tende soltanto a toccare il cuore del Maestro.E così si apre il proprio cuore, si impara in Lui la stessa sua bontà, il suo amore”.L’eros di Dio per l’uomo è insieme totalmente agape.Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente,ma anche perché è amore che perdona, che si mostra con l’eucaristia, il pane che trasfor-ma il nostro essere per avvicinarsi a Dio.Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento”.(Deus caritas est Benedetto XVI, lettera enciclica 25 dic. 2005).Oh, se la giustizia fosse la misura intrinseca di ogni politica!La carità nella verità come ci insegna Benedetto XVI è la principale forza propulsiva per ilvero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera.

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“Per questo stretto collegamento con la verità, la carità può essere riconosciuta comeespressione autentica di umanità e come elemento di fondamentale importanza nelle rela-zioni umane, anche di natura pubblica.Volere il bene comune e adoperarsi per esso è esigenza di giustizia e di carità.La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità… garanzia di libertà e della possibilità di unosviluppo umano integrale”. (Caritas in Veritate)Nell’enciclica di Benedetto XVI e in altre, ad iniziare dalla Rerum Novarum di Papa Leo-ne XIII, si trovano la chiave di risoluzione dei tanti problemi che affliggono la società diogni tempo.

La Caritas cristiana è indissolubilmente legata alla speranza.Chi non ha sperato? Chi non spera? Chi non si è disperato?Ma di quale speranza parliamo?Vi è una speranza che diciamo esistenziale: lo stato d’animo di una persona che vive unafiduciosa attesa per il raggiungimento di un bene che ritiene di poter ottenere.La tensione verso una meta!Vi è una speranza che ci piace pensarla con la lettera maiuscola: La Speranza cristianapolarizzazione della mente verso il Creatore. È speranza viva che ha come ragion d’essereCristo Risorto.O la speranza è una virtù teologale o non è una virtù (J. Paiper.)La speranza, virtù teologale è celebrata da Apostoli, Santi, Teologi, Pensatori di tutti itempi.

Paolo cesellatore della speranzaDalla lettera ai Romani.“Poiché è nella speranza che noi siamo stati salvati! Ora, una speranza che si vede non èpiù speranza; infatti ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speria-mo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”. (v. 24-25)E agli Efesini: “Prima dell’incontro con Cristo erano senza speranza e senza Dio nel mon-do”. (Ef 2.12)E ai Tessalonicesi: “Voi non dovete affliggervi come gli altri che non hanno speranza”. (1.Ts4.13)

Pietro l’apostolo della speranzaNella prima lettera, dove si rivolge ai pellegrini e dispersi nel Ponto, nella Galazia, nell’Asiae nella Betania scrive: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo chenella sua grande misericordia con la resurrezione di Gesù Cristo ci ha rigenerati ad unasperanza viva, ad un’eredità incorruttibile, immacolata e immarcescibile. Essa èconservata nei cieli per voi, che siete custoditi dalla potenza di Dio nella fede, per

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la vostra salvezza prossima a rivelarsi negli ultimi giorni”.Si vive in quelle parole l’essenza della speranza cristiana ossia la peculiarità esca-tologica.Non è questo il luogo, e noi non abbiamo la possibilità di poter sia pur tratteggiare ilpensiero nella storia di quanti dall’antichità ad oggi si sono impegnati a descrivere la spe-ranza cristiana.Citeremo quanto sul tema è più vicino a noi nel pensiero della Chiesa e del mondo laico.In “comunicare il vangelo in un mondo che cambia”, l’episcopato cattolico scrive:“A tutti vogliamo recare una parola di speranza. Non è cosa facile, oggi, la speranza.Non ci aiuta il suo progressivo ridimensionamento: è offuscato se non addirittura scompar-so nella nostra cultura, l’orizzonte escatologico, l’idea che la storia abbia una sua direzio-ne, che sia incamminata verso una pienezza di vita che va al di là di essa. Tale eclissi simanifesta a volte negli stessi ambienti ecclesiastici, se è vero che a fatica si trovano leparole per parlare delle ultime realtà e della vita eterna”.Ancora una volta la Chiesa rivolge il pressante invito ai cattolici di vivere, testimoniare,annunciare la vera speranza, la sola che ci porta alla salvezza. Trattasi chiaramente dellasperanza escatologica, che vive sovente assopita nella mente di quanti hanno ricevuto lagrazia del battesimo.Nella Lumen Gentium (n. 35) la Chiesa rivolgendosi ai laici: “Essi si mostrino figli dellapromessa, se forti nella fede e nella speranza mettono a profitto il tempo presente e conpazienza aspettano la gloria futura. E questa speranza non la nascondano nell’interno delloro animo, ma con una continua conversione e lotta contro i dominatori di questo mondotenebroso e contro gli spiriti maligni, la esprimano anche attraverso le strutture della vitasecolare”.

Maria sorgente di speranza

“La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell’anima… cosìsulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicurasperanza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore”. (Gau-dium et spes 68)“E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza-lei che con il suosì aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Allean-za, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi” (SpeSalvi n.49.)In Ecclesia in Europa, Giovanni Paolo II, al capitolo primo si legge:Gesù Cristo è nostra speranza.Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. (Ap I, 17-18)E poi un grido di allarme.

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Le chiese in Europa, spesso tentate da un offuscamento della speranza… lo smarrimentodella memoria e dell’eredità cristiane accompagnato, da una sorta di agnosticismo praticoe di indifferentismo religioso… paura nell’affrontare il futuro…vuoto interiore che attana-glia molte persone e la perdita del significato della vita... il tentativo di far prevalere un’an-tropologia senza Dio e senza Cristo che ha portato a considerare l’uomo il centro assolutodella realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando chenon è l’uomo che fa Dio ma Dio che fa l’uomo… l’uomo non può vivere senza speranza,la sua vita sarebbe votata all’insignificanza e diventerebbe insopportabile.E un momento di consolazione: “Non mancano segnali che aprono alla speranza”.Ancora nella lettera enciclica Spe Salvi di Benedetto XVI:“La vera grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può esseresolo Dio.Noi abbiamo bisogno della speranza più piccola o più grande che giorno per giorno, cimantengono in cammino.Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questagrande speranza è solo Dio, che abbraccia l’universo e che può donarci ciò che, da solinon possiamo raggiungere. Dio è il fondamento della speranza”.E ci ricorda la lettera agli Ebrei di Paolo (11 cap) la connessione tra fede e speranza. “Lafede è l’hypostasis delle cose che si sperano, prova delle cose che non si vedono... so-stanza delle cose che si sperano”.E non poteva mancare una citazione sulla speranza del pensiero di Newman, ritenuto il suo“un messaggio che non ha perso niente della sua freschezza”.“La speranza cristiana trascende tutti gli ideali del mondo, tutti i desideri umani. È una virtùdivina. La fiducia in Cristo è la sua ancora e il suo solido fondamento. Guardate in alto, evedete, come è naturale, una grande montagna da scalare; dite, è mai possibile che noipossiamo trovare un sentiero in mezzo a questi enormi ostacoli? Non dite così miei carifratelli, guardate in alto con speranza, fidatevi di Lui che vi chiama a proseguire. Un mondoche si deve creare da sé la sua giustizia è un mondo senza speranza”.E raccomanda di pregare perché la preghiera fortifica la speranza tra le tribolazioni dellavita.A commento della Spe salvi tra l’altro scrive l’illustre teologo Bruno Forte, arcivescovo diChieti-Vasto: “Il discorso sulla speranza cristiana, il Papa lo coniuga con un’analisi attentadei processi della modernità, in cui c’è rispetto per la scienza, la tecnica e le filosofie delprogresso. Quello che il Papa mette in luce, a mio avviso, è l’incompletezza di questeproposte. La fede nel progresso, l’ideologia della scienza, lo scientismo hanno mostrato iloro limiti nelle vicende degli ultimi due secoli. Il cumulo di violenza prodotto dai totalitari-smi, dalle guerre e dalla stessa scienza quando non si è autoregolamentata quando cioè sisono separate etica e scienza, dimostra come c’è bisogno di un riferimento etico assoluto.Non è un no alla scienza ma allo scientismo”.

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Ci piace citare tra i tanti cantori della speranza:Gabriel Marcel, filosofo della speranza; Giorgio La Pira, testimone e seminatore dellasperanza; Spes contra spem il suo motto, ostentando il quale compì imprese impossibiliper la pace nel mondo; J. Moltman: Speranza “aurora dell’attesa, un giorno che coloraogni cosa della sua luce”.Dante, il divin poeta, che tratta da grande teologo le virtù teologali. Nel Paradiso, ottavocielo, dove con Maria si trovano le anime trionfanti illuminate dalla luce di Cristo, vieneesaminato sulle tre virtù teologali ad opera di San Pietro sulla fede; di San Giacomo Mag-giore sulla speranza; di San Giovanni sulla carità’.E poi Charles Peguy, il poeta della speranza che con la bellezza dei suoi versi canta la piùpiccola, la più grande delle virtù teologali.Dal portico del mistero della seconda virtù, intesse un mirabile colloquio con Dio, gli impo-ne il suo pensiero quando scrive:

La fede che preferisco, dice Dio è la speranza.La fede non mi stupisceLa carità non mi stupisceMa la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce.Me stesso.Questo è stupefacente.Quello che mi stupisce, dice Dio, è la speranza.Non me ne capacito.Questa piccola speranza che ha l’aria di non essere nulla.Questa bambina speranza.E non si fa attenzione, il popolo cristiano non fa attenzione che alle due sorellegrandi.La prima e l’ultima.E non vede quasi quella che è nel mezzo.La piccola, quella che ancora va a scuola.E che cammina.Persa nelle gonne delle sue sorelle.La fede vede quello che è.La speranza vede quello che sarà.La carità ama quello che é.

Saggi di infinita bellezza di credente e di affascinante poeta.La speranza teologale: Lo sguardo verso Colui che della speranza è la sorgente.Come è lontana la speranza da Nietzche!Come è lontana da Brecht quando afferma: Non vi lasciate illudere che è poco la vita,

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bevetela a gran sorsi… Che cosa vi può spaventare? Morirete come tutte le bestie e nonc’è niente dopo.Come è lontana da Heideger: “alla fine dell’essere come tale non ne è più nulla”.Come noi cristiani siamo lontani da questo mondo!Noi, figli e testimoni del Risorto!“La speranza è il marchio del cristiano”. (Kiekegaard)“La speranza elemento intrinseco della struttura della vita, della dinamica dello spirito umano”.(E. From)La speranza è certezza perché è costituita da un filo diretto da un lato da Dio dall’altrol’uomo.Liberiamo la speranza dai tanti lacci che tendono a soffocarla, celebriamola!Il mondo sarà diverso!Celebriamola alla maniera del cardinale Francois Xavier Nguen Van Thuan che la visse inun duro isolamento carcerario per ben 9 anni tramandandocela in acute riflessioni nei suoilibri: Il cammino della speranza; Il cammino della speranza alla luce della Parola diDio e del Concilio Vaticano 2°; I pellegrini del cammino della speranza.“Il tuo amore, Signore, sia su di noi, in Te speriamo”.Se la speranza proietta il cristiano verso il futuro, è la virtù del movimento che porta a Dioe qualifica più distintamente ed incisivamente gli eventi dell’uomo sulla terra.

“La Fede è fondamento delle cose che si sperano”.La speranza apre il sentiero della carità, la sua assenza l’annichilisce.Unitamente alla fede, doni di Dio, costituiscono il veicolo verso la vita eterna.L’Uomo peregrino sulla terra non può conseguire la perfezione che lo porta alla salvezzasenza credere, senza fede.Sì la fede è dono, da coltivare, da meritare.È credere in Dio, Cristo, Figlio del Padre, nella sua incarnazione, morte, resurrezione,ascensione, nel mistero dell’Eucaristia, nella sua chiesa.Con la speranza e la carità, la fede perfeziona l’uomo, lo avvicina a Dio.Il monaco eremita Giovanni detto Climaco dalla parola greca klimakos che vuol direscala vissuto intorno al 600 tra le montagne del Sinai, nella sua opera La scala, camminodi avvicinamento a Dio, colloca “la trinità” delle tre virtù all’ultimo scalino, il più vicino aDio al quale Giovanni fa dire: Questa scala t’insegni la disposizione delle virtù. Io stosulla cima di questa scala, come disse quel mio grande iniziato (San Paolo): Orarimangono dunque queste tre cose: fede, speranza e carità, ma di tutte più grande èla carità . (1 Cor. 13,13.)Allo stesso scopo tendono le Virtù cardinali.Sono virtù umane, morali, la prudenza, la giustizia, la fortezza, la temperanza.Prudenza, “retta norma dell’azione”.

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Giustizia, “costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che loro è dovuto”.Fortezza, “fermezza e costanza nella ricerca del bene”Temperanza, “vivere con sobrietà, giustizia e pietà”.“Le virtù umane si radicano nelle virtù teologali, le quali rendono le facoltà dell’uomoidonee alla partecipazione alla natura divina.” (S. Agostino)Quanti insegnamenti ci vengono dal Maestro, dalle Sacre Scritture, dalla sua Chiesa!E l’uomo ne fa tesoro?Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc.18,8)Questo interrogativo non vorremo mai porcelo!Maria, madre di fede, speranza e carità ci soccorra!Nessuna creatura al mondo credette, sperò, amò quanto Lei!

La ChiesaComunione di santi perché battezzati, paziente rifugio dei peccatori perché Madre, Mae-stra, perché accompagnatrice dell’uomo verso Dio, ci assista amorevolmente nel nostrocammino. Non possono essere vani gli insegnamenti che ci profonde nell’arco dei secoli!Insegnamenti che vengono da Cristo che l’ha fondata, che ha le sue espressioni nell’operaevangelizzatrice di Santi, di Martiri, di Papi, di Vescovi, di preti santi, di laici santi. Operaevangelizzatrice che cura la crescita e lo sviluppo del cristianesimo nei valori che attengonoil mistero, ma anche in quelli riferiti alla persona umana, creatura di Dio: valori e sacralitàdell’anima, valori antropologici, nel suo passaggio terreno.Feconda da sempre questa azione della chiesa, che si è resa più pressante in un’epocanella quale il mondo tende a vivere senza Dio, anzi contro Dio.A questo impegno è da riferire l’opera di una nuova evangelizzazione (Giovanni Paolo II)che la chiesa conduce da tempo.Già Giovanni XXIII con l’indizione del Concilio Vaticano II aveva intuito, che la Chiesa sisarebbe dovuta interrogare sul suo ruolo nella società.Far conoscere il vangelo, nella veste più consona ai tempi. Ribadire la difesa dei dirittinaturali fondamentali etici come il rispetto della vita, la libertà, la giustizia, la solidarietà.Far maturare la coscienza morale nella società.Nuova evangelizzazione non è solo credere in Dio, in Cristo, nella Chiesa.È anche “sfida educativa”. Scrive il card. Camillo Ruini. “Consideriamo l’educazione unprocesso umano globale… che il fine dell’educazione non sia quello di creare buoni citta-dini, o buoni cattolici, o altro ancora, ma uomini veri appassionati della vita”.Trattasi di educazione esistenziale, alla luce del vangelo in conformità all’esperienza cristia-na. Con l’istituzione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizza-zione ad opera di Benedetto XVI, il Papa vuole che si mettano in essere “vigore di nuoveenergie, un nuovo ordine di cose”, di guardare al presente che ha comportato nuove situa-zioni e nuovi modi di vivere, ed ha aperto nuove vie all’apostolato cattolico”. I germi di

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questa rinnovata missione evangelica si registrano negli atti del Vaticano II, trovano pro-fonda eco nella Evangeli Nuntiandi di Paolo VI (1975).Perché questo sentito e profondo impegno della Chiesa verso l’uomo, verso la societàcristiana e non?Cristo e la Chiesa si spendono da sempre per la salvezza dell’uomo, per il suo beneintegrale nella vita terrena, perché egli non perda la visione della patria celeste,di Dio che lo ha creato, di Cristo, che lo ha redento, della Chiesa che gli esprimesempre tutto il suo amore.

Giugno 2012

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Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla di definitivo e chelascia come ultima misura solo il proprio IO e le sue voglie.Molti gli articoli di giornali, riviste, i libri che si occupano di quelli che io dico gli ISMI.Così intendo: il relativismo, il nichilismo, il soggettivismo, il pirronismo, il pluralismo equanti altri. Si registra oggi un forte indebolimento nell’ambito della semantica e dellaverità, che sembra convertire i valori a “semplici prodotti dell’emotività e la nozione ac-cantonata per fare spazio alla pura e semplice attualità” così scrive Giovanni Paolo II inFides et Ratio.Nell’omelia “pro eligendo Pontefice” (era da poco mancato Giovanni Paolo II) il cardina-le Ratzinger aveva detto: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimidecenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero”.La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde,gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al liberismo; dal collettivi-smo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosti-cismo al sincretismo e così via. Avere una fede chiara, secondo il credo della Chiesa,viene etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portarequa e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come unico atteggiamento all’altezza deitempi moderni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nullacome definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noiinvece abbiamo un’altra misura: Il figlio di Dio, il vero UOMO. È la figura del nuovoumanesimo”. Alla definizione di relativismo ratzingeriano, non sono mancate critiche siasul versante logico che su quello filosofico.É stato anche scritto che il cardinale Ratzinger nella sostanza, a causa del relativismoimperante, fosse preoccupato e con Lui tutta la Chiesa, della caduta della spiritualità nelnostro tempo e con essa dei valori prioritari antropologici che si riflettono sulla quotidia-nità del vivere.E questo non può non essere vero. Il futuro Pontefice ne delineò anche il rimedio, in quellacircostanza, e accompagnò quel grido con un’ esortazione: Occorre diventare “adulti”nella fede per non essere sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento didottrina” (lettera di S. Paolo agli Efesini).A questa deriva il cristiano non deve approdare.

Il pericolo degli …ismi

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Per difendersi dagli …ismi non si dovrà rimanere fanciulli nella fede.Rimanere tali non ci farà conoscere mai la verità perché avremo perduto la via maestra, lasola che può condurci verso l’assoluto.Gli …ismi ci occultano la verità.Mutuo da Giovanni Paolo II.“L’uomo, colui che cerca la verità. Quel desiderio di verità senza il quale non si èuomini... Una volta che si è tolta la verità all’uomo, è pura illusione pretendererenderlo libero. Verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramente peri-scono”.Di recente poi, hanno assunto rilievo diverse dottrine che tendono a svalutare perfinoquelle verità che l’uomo era certo di avere raggiunto. La legittima pluralità di posizioni haceduto il posto a un indifferenziato pluralismo, fondato sull’assunto che tutte le posizioni siequivalgono. È questo il sintomo più diffuso della sfiducia nella verità che è dato verificarenel contesto contemporaneo. I molti …ismi sono un pericolo per il cristianesimo, la cri-stianità, l’uomo e i suoi valori prioritari, la civiltà. Tutta l’umanità.È d’obbligo dei cristiani credere fermamente nella propria identità per crescere nella fede,unico antidoto volto a contrastare gli ...ismi

Pubblicato nel “Il serrano” n. 106, 2007

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Su iniziativa della CEI nel celebrare la 44a settimana sociale (Bologna 7-10 ot-tobre 2004) è stato trattato il tema: Democrazia, Nuovi scenari, Nuovi pote-ri.L’importante assise ha offerto ai cattolici italiani una grande occasione per ri-flettere sul mondo che cambia nel suo assetto politico e sociale; mutata la con-vivenza civile alla luce dei progressi della scienza, della tecnologia, dell’econo-mia, con le grandi emigrazioni e i nuovi rapporti internazionali.La CEI ha lanciato una sfida al mondo moderno, ai governanti, ai politici, esoprattutto ai laici cristiani.Come promuovere e difendere i valori della democrazia in un’epoca di cosìgrandi cambiamenti?Quali sono i modi e gli strumenti più adeguati per realizzare democrazie fondatesu una visione egualitaria nei rapporti sociali, nei diritti civili e politici?L’obiettivo da conseguire, in una visione globale delle problematiche sociali darisolvere è la rifondazione del concetto di democrazia.Il conferimento ad essa cioè di un significato nuovo, vivo, completo, che nel suoessere sia foriero dei valori di libertà, di giustizia, di amore, intesi nel significatopiù profondo delle parole come quelle suggerite dal Vangelo.“Non ridurre la questione della democrazia a semplice questione del si-stema politico, perché è necessario abbinare ad essa l’etica nella suadimensione sostanziale e non formale “.E al nostro orecchio si sentono i numerosi richiami della chiesa ai laici attraver-so molti documenti dottrinari e largamente espressi in varie encicliche: comeLumen Gentium, Gaudium et spes, Cristifidelis laici, dalle quali ripropo-niamo alcune espressioni.

“Il messaggio cristiano lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare ilmondo, lungi dall’incitarli a disinteressarsi dei propri simili, li impegna piuttostoa tutto ciò con un obbligo ancora più stringente”.

Per una nuova democraziaLa sfida dei cattolici

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“Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, anzi verso Dio stesso, mettein pericolo la propria salvezza eterna… tutti i cristiani devono prendere co-scienza della propria specifica vocazione nella comunità politica…operandoguidati dalla coscienza cristiana e dallo spirito evangelico… i laicicristiani…proprio in questi momenti devono testimoniare con orgoglio la lorofiducia in Dio Signore della storia il loro amore per l’Italia attraverso una pre-senza unitaria e coerente e un esercizio onesto e disinteressato nel campo so-ciale e politico sempre aperto a sincere collaborazioni con tutte le forze sanedella nazione”.

Chiari questi messaggi per i cristiani che vogliono dire: testimonianza dellapropria fede nella storia contribuendo affinché la democrazia sia vera, rispetto-sa cioè dei valori della persona umana.Democrazia e valori, democrazia e sistemi di potere, democrazia scienzae tecnica, democrazia e economia, la questione istituzionale temi sui qua-li si invita a riflettere prima che i guasti del mondo moderno si aggravinoe diventino irreparabili.Non è più rinviabile la sensibilizzazione del mondo cattolico ad operare nel co-mune vivere ad ogni livello sociale e istituzionale.Il nostro operare che trae linfa dal Vangelo e dalla dottrina sociale della chiesanon può non essere salutare per la società.Non c’è soluzione alla questione sociale al di fuori del Vangelo (Giov. Paolo IIin Centesimus annus).Questo il messaggio inviato da Giovanni Paolo II ai partecipanti:

“La democrazia è strettamente congiunta con lo stato di diritto e con una con-cezione globale della persona. Un’autentica democrazia esige che si verifichinole condizioni necessarie per la promozione delle singole persone mediante l’edu-cazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità. In Italia la demo-crazia e la libertà politica appaiono ormai felicemente consolidate e penetratenella coscienza collettiva… a nessuno sfuggano però i rischi e le minacce chepossono derivare da certe correnti filosofiche, visioni antropologiche o conce-zioni politiche non esenti da preconcetti ideologici. Se l’azione politica non siconfronta con una superiore istanza etica, illuminata a sua volta da una visioneintegrale dell’uomo e della società, finisce per essere asservita a fini inadeguati,se non illeciti; il messaggio evangelico offre la centralità della persona comeancoraggio sovra ideologico, a cui tutti possono fare riferimento.La riflessione del sistema democratico oggi non può limitarsi a considerare so-lamente gli ordinamenti politici e istituzionali, ma deve allargare il proprio oriz-

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zonte ai problemi dello sviluppo, della scienza, della tecnologia dell’economia,della finanza, della globalizzazione, delle organizzazioni internazionali della co-municazione per elaborare un modello di democrazia autentico e completo”.

Che dire di più per una vera democrazia?

Pensiero rivolto a tutti, ai laici cristiani in modo particolare. È un’urgenza storica la missione evangelizzatrice della chiesa per una verademocrazia.Significativi sono i riferimenti a filosofi e politici cristiani come Maritain, Mounier, DeGasperi, Sturzo, La Pira, che nella loro elaborazione politica si sono ispirati al Vange-lo e ai documenti della dottrina sociale della Chiesa.Ci piace citare un pensiero di Luigi Sturzo. “La politica è per sé un bene: il far politicaè, in genere, un atto di amore per la collettività; tante volte può essere anche un dove-re per il cittadino. Il fare una buona o cattiva politica dal punto di vista soggettivo dicolui che la fa dipende dalla rettitudine dell’intenzione, dalla bontà dei fini da raggiun-gere e dai mezzi onesti che si impiegano all’uopo. Il successo e il vantaggio realepossono anche mancare, ma la sostanza etica della bontà di una tale politica rimane.Così ragionano i cristiani di ogni tempo e di ogni paese. E con questo spirito l’amoredel prossimo in politica deve stare di casa, non deve essere escluso come un estraneoné mandato via facendolo saltare dalla finestra come un intruso. E l’amore del prossi-mo non consiste né nelle parole, né nelle moine, ma nelle opere e nella verità”.

Per Luigi Sturzo la politica è un’arte che riescono a esercitare solo pochi artisti, men-tre altri si accontentano di essere artigiani e molti si riducono a essere mestieranti.A questi grandi spiriti, è da associare, riteniamo, il nome di un prete della resistenzatoscana, deportato nei lager, Roberto Angeli.

In una sua nota I cattolici e la politica (supplemento di Fides del n.12Livorno1945) così conclude:

“La risposta al problema che ci siamo posti è ormai chiara: la chiesa ha la missione dipermeare di Cristo la civiltà e la storia e la società. Il cattolico ha il dovere di combat-tere per concretizzare le parole di Gesù nella vita umana: in altre parole, per compieredavvero sulla terra il regno di Dio; e il dovere gli è imposto dalla sua fede in Dio chelo crea paladino e difensore dei doni avuti dal Creatore, dal precetto universale diamore che lo vuole cavaliere degli oppressi, dal suo carattere di membro della chiesache egli deve difendere, dalle parole di Gesù Cristo che egli deve applicare alla vitaumana”.

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Se non faremo così, altri che pur non possiedono la verità totale come noi si impos-sesseranno dello spirito del Vangelo e agiranno al di fuori e contro la chiesa.E noi, di fronte a Dio e alla nostra coscienza e di fronte al giudizio severo della storia,saremo responsabili di avere tradito Cristo.”.Don Roberto Angeli, prete, sociologo, partigiano del Vangelo, seppe con inenarrabilisacrifici, che gli minarono la salute, tenere testa confutando un’ideologia razzista chesi prese gioco della vita e della dignità della persona umana.Raccomando agli amici Serrani di leggere e rileggere il suo diario: Vangeli nei lager.“I fedeli laici non possono tacere è loro dovere lavorare per il giusto ordinesociale per una antropologia illuminata dalla fede e dalla ragione l’assentei-smo sociale peccato di omissione”. Card. Angelo Bagnasco in “Buona politica peril bene comune” Todi 17.10.2011).

Si ripetono gli incontri dell’associazionismo laico alfine di contribuire alla “buona po-litica” nel nostro paese.Le decisioni, difficili, travagliate, sono ancora lontane.

Dicembre 2011

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Il Presidente della Repubblica francese Nicola Sarkozy nel discorso di benvenuto in terradi Francia a Benedetto XVI, pellegrino in viaggio verso Lourdes, (settembre 2008) con-ferì alla parola laicità la qualificazione positiva. L’espressione è soprattutto riferita alrapporto Chiesa e Stato.Prende così vigore il tormentone di lunga vita: la speculazione filosofica–religiosa-politica,su laici-laicisti; Atei-non Atei; Fede-Ragione; Chiesa-Stato.Il rapporto Chiesa-Stato, Cristo lo definì già duemila anni orsono con le parole: Date aCesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio (Mc.12). Merita attenzione questanuova qualificazione di laicità perché nel mare della confusione un qualche chiarimento loporta.

“Una laicità che rispetta, una laicità che riunisce, una laicità che dialoghi. E non una laicitàche esclude e che denuncia… è legittimo per la democrazia, rispettoso della laicità, dialo-gare con le religioni. Queste e in particolare la religione cristiana, con la quale condividia-mo una lunga storia, sono patrimonio di riflessione e di pensiero non solo su Dio, maanche sull’uomo e sulla società”.Laicità positiva, laicità aperta, è un invito alla tolleranza, un invito al rispetto… È una sfida.La laicità positiva di Sarkozy è un pressante invito al dialogo.L’auspicio di un dialogo”sereno e positivo di una comprensione più aperta, lasciano tra-sparire una mediazione in una Francia laica dalla forte tradizione cristiana, ma anche uninvito alle democrazie di poter governare nell’interesse del bene comune, della difesa deivalori antropologici, così come vuole la Chiesa cattolica”.

Benedetto XVI risponde al suo interlocutore: “Una riflessione sul vero significato e sul-l’importanza della laicità divenuta necessaria… È fondamentale, infatti, da una parte, insi-stere nella distinzione tra l’ambito politico e quello religioso alfine di tutelare sia la libertàreligiosa dei cittadini che la responsabilità dello Stato verso di essi e d’altra parte prende-re una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazionedelle coscienze e del contributo che essa può apportare insieme ad altre istanze, allacreazione di un consenso etico di fondo nella società”.In queste parole è chiaramente espressa la funzione sociale della Chiesa, l’invito a nontemerla e la netta distinzione tra potere politico e potere religioso.

Laicità positiva

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E poi tra Fede e Ragione, il Papa precisa: “Mai Dio domanda all’uomo di fare sacrificiodella sua Ragione. Mai la Ragione entra in conflitto con la Fede”.Nelle parole di Cristo, nella dottrina della Chiesa, nelle affermazioni in Francia del Papadue le conferme emergenti: Mai conflittualità tra Chiesa e Stato nella faticosa opera dielevazione della persona umana.Che la “nuova laicità” se tende a questo sia la benvenuta!Nel Vangelo è ampiamente scritta la grammatica della laicità e della buona politica.Questa non è “buona” se non sposa “la carità di cui Gesù Cristo si è fatto testimone con lasua vita terrena, soprattutto con la sua morte e Resurrezione; è la principale forza propul-siva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”. (Benedetto XVI in Caritasin Veritate).Egli rivendica la pubblica dimensione del cristianesimo dichiarandolo fondamento portantedella politica in ordine spirituale, etico e culturale.Sprona altresì i cristiani a partecipare alla vita politica delle istituzioni ad ogni livello.Questa opera di grande respiro teologico e sociale viene in soccorso al pensiero e all’agiredella politica e colloca il cristianesimo, che è Amore, nella dimensione pubblica in modomagistrale, senza per questo volerla sopraffare, anzi riconoscendola quale motore essen-ziale nella messa in essere di una sana politica.Al bando, oggi e ci auguriamo sempre, certi concetti illuministici di contrapposizione trareligioso e civile.I temi: Testimoni di Cristo nella comunità politica e la nuova generazione dei cattolici impe-gnati sono stati oggetto di proficuo dibattito, sulla presenza dei cattolici nella politica, cele-brati nella riunione XXIV del Pontificio Consiglio presieduta dal cardinale Stanislaw Rylko(maggio 20-22/2010).La funzione del laico cattolico in politica è stata ancora illuminata dagli interventi del card.Camillo Ruini, da Lorenzo Ornaghi, rettore della cattolica, da Andrea Riccardi, storico.Mons. Rino Fisichella riferendosi al politico cattolico scrive: “Avere giurato sulla Costitu-zione non potrebbe mai impedire a un cristiano di essere ugualmente fedele al Vangelo,questo, infatti, è all’origine di ogni espressione di genuina laicità.Il cristianesimo… patrimonio di ricchezze naturali ha donato identità a interi popoli permillenni, agendo come fattore di aggregazione e socializzazione”.Politici, cristiani e non, non sono nemici se vivono ed esprimono il loro impegno nellaCarità che é Verità.

L’uomo è figlio di un’evoluzione cosmica od è espressione regale di natura trascendente?È sul riconoscimento di questa che si macera la cultura cosi detta laica (laicista?) e lascienza.L’accettazione che l’uomo non è un capriccio del cosmo, bensì ha origine dalla volontà delCreatore, che incarna quei valori da Lui conferiti è il vero motivo, ancora oggi di incessan-

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te frizione tra teologia e scienza.La scienza, la tecnologia avanzata, in forza di un esasperato razionalismo ritiene la personanon un soggetto dagli inalienabili diritti che gli derivano dalle sue origini, dai suoi valoriantropologici, ma spesso di essere ritenuto uno strumento, da manipolare a piacimento.E questo la Chiesa non può non condannare e interviene per il suo Bene, nella politica degliStati, senza di ciò costituire interferenza, ma pieno diritto.Ci piace riportare una frase di Carlo Cardia: “Abbiamo una concezione provinciale,che si basa sulla netta cesura tra sfera civile e sfera della fede. È il retaggioilluministico ormai superato”.

Laicità positiva, si deve coniugare come ricerca, esercizio di un atto di carità che vuoldire amore, giustizia, equità, libertà, rispetto dei diritti altrui, cura e difesa dei valori antro-pologici della persona, alfine di un esercizio della politica che è arte volta al Bene comunedell’uomo, nella sua interezza di anima e di corpo.Gesù nel Vangelo ci ha dettato l’arte del vivere.Urge tornare al Vangelo anche fonte di ispirazione politica, economica, sociale, Carta-Magna di Giustizia e Carità’.

Pubblicato ne “Il Centro” periodico politico culturale anno 2010.

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Tema complesso nel quale si intrecciano mistero, amore, scienza, tecnica, ma anche ingan-ni.Etica della vita e Eutanasia ci fanno pensare, ci pongono davanti ai problemi partico-larmente acuti oggi, dell’albore di una vita e del suo tramonto.Quest’ultimo, il più discusso.La bioetica è la disciplina che studia i comportamenti delle persone e della società cheattengono i problemi morali, sociali, demografici, della ricerca scientifica, dell’operatodell’uomo sull’equilibrio della natura.Tratta dei diritti fondamentali dell’uomo che scaturiscono dall’essere persona al di làda ogni credo.Peculiari per i cristiani le problematiche che attengono l’uomo, creatura di Dio, via dellachiesa.I problemi bioetici non possono nutrirsi e risolversi con approcci ideologico-politici.La scelta culturale antropologica è il passaggio obbligato particolarmente in questi ultimidecenni, dati i notevoli progressi scientifici e tecnologici, acquisiti dal sapere umano, por-tatori sì di enormi benefici, ma anche di soluzioni nefaste.È questo il sentire della Chiesa che raccomanda la trattazione dei problemi della personaconsiderandone la sua origine divina.Si tende ad appannare i valori, la dignità della persona collocandola in un concetto perso-nalistico per il quale ad esempio l’embrione non è persona e come tale privo di dignità divivere, oggetto di studio, quando non spazzatura.Con l’embrione, il feto, il disabile, l’incapace, giovane e anziano che sia, per certa scienza(ma questo è scientismo) sono esseri umani ma non persone.Quanta aberrazione in questo sentire!Distinguere l’essere umano da essere persona, è un’aberrazione scientifica e ideologica!

L’Eutanasia che attiene il comportamento della scienza e dell’uomo quando la vita di unapersona che sta per spegnersi è in grave sofferenza, non può che avere un solo significato:La buona morte, o fine di un’esistenza, secondo natura.Il compito di quanti, medici e non, sono deputati ad assistere la vita che si spegne, èspendersi perché ciò avvenga nell’assoluto rispetto di quei valori che quella vita hannosorretto nella sua vicenda umana. Non vuol dire infierire, non vuol dire “staccare la spina”.

Bioetica ed Eutanasia

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Quando al capezzale di un paziente si pongono degli interrogativi forti: se continuare acca-nitamente a conservare o a spegnere la vita, per la sofferenza di cui è afflitta, con l’ausiliodella scienza, allora la complessità dei problemi è grande. Questi, noi cristiani, dobbiamoritenere insolubili se non si fa riferimento al mistero.

La fede, la ragione, la scienza, l’avanzata tecnologia, debbono riconoscere la loro com-plementarietà, nell’aiutarci a risolvere i gravosi problemi sui quali abbiamo posto solo unabreve considerazione.La legge in Italia, è contraria all’eutanasia come la si vuole lasciare intendere oggi.È Dio il Signore della vita e della morte! Si lasci al suo amore e alla sua misericor-dia il destino delle sue creature.Si rimane sconcertati poi quando come riferisce lo Journal of medical ethics si sta raffor-zando l’interesse di alcuni per i quali i pazienti in stato vegetativo permanente sono a tutti glieffetti morti.È quanto dire anche oggetto di esperimenti!A tal proposito raccolgo il pensiero di un medico che si prende cura dei pazienti in statovegetativo:E se accade il miracolo? Se”un capo si gira al sentire la tua voce, uno sguardo incominciaa seguirti?”.Scienza, tecnologia, morale, ragione, non possono non avere un rapporto solidale, nonpossono ledere i valori e la dignità della persona in qualunque condizione essa si trovi, sesana, se malata, se nel penoso stato di non poter vivere una vita razionale”.Nemici della vera scienza stanno sempre di più diventando politica, scientismo, relativi-smo, nichilismo ed una certa violenta tecnologia che non vuole conoscere limiti, in questomondo e non porsi problemi metafisici.Sono fattori che minano la società, la famiglia, la morale, la dignità dell’uomo, la sua stessasopravvivenza.L’uomo che crede nei valori prioritari della persona, viepiù minacciati e i cristiani si accor-gono di quanto succede intorno a loro?Il dovere di cristiani ci impone di difendere l’uomo perché creatura di Dio, perché persona.Due pensieri desidero esprimervi:Il primo:La modernità tende a trasformare la persona in individuo portando l’uomo fuori dallaverità procurandogli i più gravi problemi esistenziali.Il secondo:Di fronte ai dilemmi posti dallo sviluppo scientifico, di fronte alle terribili scelte poste dallebiotecnologie non dimenticare la massima di Immanuel Kant: Considerate l’uomo sem-pre come fine e non come mezzo.

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Dice Nietzsche: Solo colui che è veramente Signore istituisce la giustizia, cioè sottopone lecose alla sua maniera.

A distanza di tempo gli risponde il cardinale Ratzinger (1991 Svolta per l’Europa): “Lacrisi della giustizia, perdita dell’evidenza tra giusto e ingiusto …senza trascendenza non c’èfondazione del diritto… giustizia e carità sono due aspetti inseparabili dell’impegno moraledel cristiano. Il cristiano è chiamato a cercare sempre la giustizia, ma porta in sé la spintadell’amore che va oltre la stessa giustizia”.

Non c’è giustizia senza carità. Non c’è carità senza giustizia.

Giustizia è il derivato di una perfetta corrispondenza tra uomo e Dio?È il derivato ciceroniano del unicuique suum tribuere?

Maceranti interrogativi!

Nel discorso al parlamento italiano Giovanni Paolo II disse: Giustizia è la misura minimadella carità, il retaggio di diritti umani universali, radicati nella natura umana, nei quali sirispecchiano le esigenze oggettive di una legge morale universale.

Nella XIII assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, BenedettoXVI ha detto: “La giustizia è lo scopo e quindi la misura di ogni politica, giustizia ecarità sono i due aspetti inseparabili dell’impegno sociale del cristiano”.La magistrale lettera enciclica Deus caritas est costituisce l’apoteosi descrittiva del-l’amore di Dio per l’uomo.Dio è amore, chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora il lui.Amore è il pieno significato di caritas.Fuggiamo dall’intrattenerci sulla prima parte dell’enciclica, di alto contenuto teologico, perfar cenno all’opera dottrinaria della chiesa volta a stimolare l’uomo a dare risposta al-l’amore di Dio, per concretizzarlo nel mondo, perché regni carità, amore e giustizia.Dal n. 26 dell’enciclica, in tema di Giustizia e Carità, mutuo alcune riflessioni che con-

Giustizia e Carità: binomio impossibile?

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sentono di porci davanti al nostro interrogativo: Giustizia e carità binomio impossibile?

Solo in riferimento ai tempi moderni leggiamo

con: Papa Leone XIII (1891) Rerum novarum;

con PIO XI (1931) Quadragesimo anno;

con Giovanni XXIII (1961) Mater et magistra;

con PAOLO VI (1967) Populorum progressio;

con Giovanni Paolo II (1981) Laborem exercens (1987);Sollecitudo rei socialis (1987);Centesimus annus (1991).

Questi tra i documenti ufficiali recenti più noti, ma numerosi sono quelli elaborati dal Vati-cano II, dalla Cei, dai laici cattolici.Tutti volti a dare risposta all’interrogativo postoci.Scrive Benedetto XVI: “La dottrina sociale della chiesa è diventata un’indicazione fonda-mentale che prepara orientamenti voluti ben al di là dei confini di essa; questi orientamentidi fronte al progredire dello sviluppo devono essere affrontati nel dialogo con tutti coloroche si preoccupano seriamente dell’uomo e del suo mondo.”“Che cosa è la giustizia, come realizzare la giustizia “ si chiede il Pontefice.E si dà una risposta: “Il giusto ordine della società e dello Stato tra le cose tra gli uomini”.E ancora: “Un mondo che si deve creare da sé la giustizia è un mondo senza speranza”.“Questo è un problema che riguarda la ragione pratica; ma per potere operare rettamente,la ragione deve sempre di molto essere purificata, perché il suo accecamento etico, deri-vante dal prevalere dell’interesse e del potere che abbagliano, è un pericolo mai totalmen-te eliminabile”.È la fede che consente alla ragione di realizzare la giustizia!Essa “permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere megliociò che le è proprio”.

Qui si colloca la dottrina sociale che non vuole rivendicare poteri sullo Stato… “vuolesemplicemente contribuire… a recare il proprio aiuto per far sì che ciò che è giusto possa,qui e ora essere riconosciuto e poi anche realizzarlo… la società giusta è opera dellapolitica”, ma ad essa non può mancare l’essenziale sostegno di quanto è amore, di quantoè caritas, di quanto provvidenzialmente emana da Dio.

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La carità cristiana

Carità cristiana è imitare Cristo, espressione di incondizionata donazione espressa nellaRedenzione dell’uomo.Quella “carità tutto copre, tutto spera, tutto sopporta ( Paolo 1 Cor.13,7)”.E con Paolo viverla condividendo la sua espressione: “se anche distribuissi tutte le miesostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova”(1 Cor 13,3).“La carità che ama e serve la persona non può mai essere disgiunta dalla giustizia: e l’unae l’altra, ciascuna a suo modo, esigono il pieno riconoscimento effettivo dai diritti dellapersona alla quale è ordinata la società con tutte le sue strutture e istituzioni” (Dives inmisericordia).

Al laicato cattolico spetta il compito di assecondare quei principi perché carità e giustiziasiano obiettivi coniugabili e non più miraggi.È “l’amore sociale” che bisogna conquistare, perché trionfi la “civiltà dell’amore” lasola che porta allo sviluppo integrale della persona.

Pubblicato nel “il serrano”: 1 dic. 2011 category mondo cattolico

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“Famiglia prima e vitale cellula della società”.“L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia”.“Famiglia cristiana al servizio dell’uomo”.“Famiglia diventa ciò che sei”. (Giov. Paolo II, Familiaris consortio)La donna e l’uomo che si uniscono in matrimonio nel vivere il loro legame cristiano.rispettano anzitutto due canoni fondamentali: la verità e la dignità della persona.La verità implica la consapevolezza che la vita è dono di Dio, la dignità esprime conformitàe rispetto della propria origine.Diverse e anomale sono altri tipi di unioni.Femminilità e mascolinità sono tra loro complementari non solo dal punto di vista fisico epsichico, ma ontologico. E soltanto grazie alla dualità del maschile e del femminile chel’umano si realizza appieno. (Giov. Paolo II, Alle donne.)

Matrimonio e famiglia, oggi.

“Ora la prima e originaria espressione della dimensione sociale della persona è la coppiae la famiglia”.La coppia e la famiglia costituiscono il primo spazio per l’impegno sociale dei fedelilaici” (Christifidelis laici 40)”.“Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con unafelice situazione della comunità coniugale e familiare… però non dappertutto la dignità diquesta istituzione brilla con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dallapiaga del divorzio, dal così detto libero amore e da altre deformazioni...” (Gaudium etSpes cap. I,47).“Non mancano segni di preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: un’erra-ta concezione tra coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa il rapporto di autorità fragenitori e figli; le difficoltà concrete che la famiglia spesso esperimenta nella trasmissionedei valori, divorzi, la piaga dell’aborto, l’instaurarsi di una vera e propria mentalità con-traccettiva”. (Familiaris Consortio 6).La sessualità oggi, non vissuta come valore, è l’elemento più comune che informi l’egoi-smo della persona, degradandola a oggetto di piacere.

Famiglia e società

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L’unione matrimoniale sacramentale, non è certo esente da espressioni egoistiche. Questesegnano il tradimento di quel cemento amoroso che è Dono, che è Grazia essenziale peralimentare l’Amore comandamento di Dio.Nella vita di coppia, anche nelle unioni sacramentali e ancor di più in quelle anomale,sovente la vita è scandita da sterili intese, quando non dominata da bieco egoismo.Non è estranea al malessere della società, oggi, la dissennata opera di una certa culturacontro Dio, che mira a misconoscerlo; come lo è ritenere la religione un fatto squisitamenteprivato e non anche un momento di coesione sociale salutare per la famiglia e la società.È pura follia ritenere ingerenza della Chiesa nella vita del paese, se la sua azione è volta adifendere la persona, vuoi per i diritti antropologici che le sono propri, vuoi perché ècreatura di Dio.I Cattolici di fronte alle drammatiche problematiche della società come si comportano?Quanti coerentemente ai principi che professano sanno che spetta loro “esprimersi in for-ma di intervento politico: le famiglie devono adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni delloStato non solo non offendano, ma difendano e sostengano i diritti e doveri della famiglia”.(Familiaris Consortio n.44)Tra i diritti da difendere in ordine primario è l’educazione che spetta anzitutto alla famiglia,poi alla scuola e alla società che devono operare in conformità agli indirizzi e ai valori chenascono nel focolare domestico....”Tocca ai laici agire direttamente nelle strutture pubbliche in coerenza con la fede e lamorale cristiana, certo nel dialogo con le altrui opinioni.Senza confondersi con la realtà politica, la Chiesa e le comunità locali hanno il dovereprimario di richiamare il compito dei cristiani di mettersi al servizio, sul modello delloro Signore, per la edificazione di un ordine sociale e civile rispettoso e promotoredell’uomo”.“La Famiglia è una scuola di umanità più completa e più ricca.Perché però possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compito,è necessariaun’amorevole apertura vicendevole di animo tra coniugi e la consultazione reciproca eduna continua collaborazione tra i genitori nella educazione dei figli”. (Gaudium et spes n.52).Una mirabile sintesi sulla missione evangelizzatrice dei laici è espressa nell’Evangeli Nun-tiandi del Venerabile Papa Paolo VI che così si esprimeva: “Il campo proprio della loroattività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale,dell’economia così pure della cultura delle scienze e delle arti, della vita internazionale,degli strumenti dell’educazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperteall’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescen-ti, il lavoro professionale, la sofferenza”…

Non si può essere sordi.

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La Costituzione italiana sostanzia l’unione familiare negli articoli 29, 30, 31 e ne significa ilfondamento nell’unione tra uomo e donna, che i cristiani vogliono sacramentale.Questo non vuol dire condannare situazioni particolari di convivenza. Occorre venireincontro a quelle persone, comprenderle, aiutarle, sempre, particolarmente se il loro rap-porto è vissuto nei sentimenti di sincero amore, quale si addice tra persone.Occorre credere fermamente nella famiglia, nucleo fondamentale della società!Alle sfide rivolte all’istituto della famiglia, nella stagione della modernità e della post-mo-dernità, la Chiesa sempre “mater et magistra” con numerosi interventi dottrinari, rispon-de sollecitando l’inculturazione ai valori che l’unione coniugale racchiude. Sono valori an-tropologici e soprattutto evangelici, che vogliono i coniugi continuatori dell’opera creatricedi Dio.La salute della famiglia è la salute della società.Ai Serrani ancora un pezzo della vigna da coltivare.

Nota a commento del: Tema del X congresso nazionale del Serra: “La famiglia unavocazione per tutte le vocazioni”. Loreto 2 - 4 giugno 2006.

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L’istituzione della parrocchia, anche se non così propriamente detta, risale al IV-V secolo.La sua definizione giuridica si ascrive al Concilio tridentino che ne disegnò l’assetto tuttorain essere.La storia della parrocchia ha vissuto i travagli segnati da quelli della Chiesa e dell’umanità.Nel mezzo della società civile, avamposto della Fede, è lo specchio della Chiesa.“La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insiemetutte le differenze umane che vi si trovano ed inerendole nell’universalità della chiesa. Siabituino i laici a lavorare nella parrocchia intimamente uniti ai loro sacerdoti, ad esporrealla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo e le questiono che riguar-dano la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; adare secondo le proprie possibilità il proprio contributo ad ogni iniziativa apostolica emissionaria della propria famiglia ecclesiastica”. (Conc. Ecum. Vat. II. Apostolicamactuasitatem).Di essa, in una nota CEI si legge: “Forma storica privilegiata della localizzazione dellaChiesa particolare; spazio domestico di testimonianza dell’amore di Dio; centro di spiri-tualità, di comunione, di servizio… la parrocchia spazio domestico di testimonianza del-l’amore di Dio dove viva deve essere la sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi”. Strut-tura e funzioni di questa antica istituzione della Chiesa, sono magistralmente espresse daGiovanni Paolo II:…” la parrocchia non è principalmente una struttura, un territorio, unedificio, è piuttosto la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito di unità, èuna casa famiglia, fraterna e accogliente, è la comunità dei fedeli..comunità eucaristica,fondata su di una realtà teologica …comunità di fede, comunità organica costituita daministri e da altri cristiani”… (Christifidelis laici 27).Lo si voglia o no la parrocchia resta un punto capitale di riferimento per il popolocristiano e anche per i non praticanti. (Giovanni Paolo II)La parrocchia casa di tutti. Nella comunicazione del Vangelo, in un mondo che cambia, laparrocchia sveli il suo volto missionario conferitole da Cristo.Nel porgersi alla società, nel vertiginoso svolgersi dei tempi, la parrocchia dovrà sempre dipiù acquisire, maggiore identità, maggiore vitalità.I Presbiteri che in essa operano sono principalmente deputati alle attività che attengono lasfera ministeriale e i sacramenti anzitutto il culto, l’evangelizzazione, la catechesi.

La parrocchia tra cristianesimo e cristianità

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Ai laici il maggior compito di curare la cultura cristiana che ispirandosi al Vangelo è culturaantropologica che ha come interesse l’uomo, i suoi diritti naturali, i suoi doveri, il suosviluppo religioso, spirituale, civico, materiale, politico. Trattasi di cultura di vita, di libertà,di amore per il bene comune fondamento del vivere civile.Per questi principi la Chiesa non solo invita, ma obbliga, attraverso la sua vasta e puntualedottrina i laici cattolici a occuparsi di politica-servizio, donazione di sé per gli altri.Non è certo scandaloso nell’ambito della parrocchia luogo soprattutto di culto e di evan-gelizzazione vedere il sito di una sensibilizzazione ed elaborazione politica nello spiritoevangelico.Cristianesimo e cristianità, intesa questa come cultura cristiana, debbono coabitare nellacasa comune.Questo in un clima di rispettoso dialogo con le altre culture che vuole il cristiano sempreattento all’ascolto.I Serrani non sono certo estranei a questi compiti.Comunione di Presbiteri e di Laici nell’intento di promuovere, difendere i valori antropo-logici dell’uomo creatura cara a Dio e alla Chiesa.Comunione di Presbiteri e Laici nel far germogliare e crescere le vocazioni sacerdotali!L’inaridimento religioso, indotto dal secolarismo dominante nel nostro contesto sociale habisogno della luce del Vangelo.In questo compito non possono mancare tutti i cristiani, tutti i Serrani.

Anno 2008

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Questa nota ci è stata ispirata da due fonti:

La parabola della mercede agli operai (Mt 1.16);La Christifidelis laici, esortazione apostolica di Giovanni Paolo II sulla “vocazione emissione dei laici nella Chiesa e nel mondo”.

La prima recita: il regno dei cieli simile ad un padrone di casa che uscì all’alba per prenderea giornata lavoratori per la sua vigna. (Mt 20,1-2).Poi uscì verso le nove, vide altri che stavano nella piazza a far nulla disse loro: Andateanche voi nella mia vigna e vi pagherò ciò che è giusto. (Mt 20,3-4).Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre del pomeriggio e fece altrettanto. (Mt20,5).Un’ora prima della fine della giornata uscì un’altra volta e trovò altri impalati nella piazza edisse loro: Perché siete stati qui tutta la giornata in ozio. (Mt 20, 6)Gli risposero: perché nessuno ci ha assoldati. Disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.(Mt. 20,7)Quando fu sera il padrone della vigna disse al suo fattore: chiama gli operai e da loro lapaga incominciando dagli ultimi fino ai primi (Mt 20-8).Venne distribuita la mercede uguale per tutti, senza tener conto di quanti avevano lavoratotutta la giornata. Alla comprensibile ribellione di questi fu risposto loro: “Così gli ultimipotranno passare a primi e i primi ultimi” (Mt 20, 16).Le immagini: Dio, il regno dei cieli, il padrone, la vigna, gli operai.Gli operai tutti: il popolo di Dio.Impressiona quel particolare padrone la cui tenacia non è mai paga di reclutare gli operaiche profondamente ama e pensa alla loro salvazione.Immenso è l’amore di Dio!Chi può rimanere nell’ozio dopo tali pressanti inviti e non precipitarsi nella vigna a lavorareper il Regno di Dio?Tutti, Laici e Serrani, questi con peculiarità di lavoro!Gli uni e gli altri impegnati a faticare nella vigna ad ogni latitudine.

La parabola della mercedeLaici e Serrani prendere il largo

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I laici chi sono?

Nella esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Christifidelis laici è scritta una esaurientee articolata risposta su chi sono i laici e i compiti che debbono svolgere nella Chiesa e adessa rimandiamo. Già prima è indicata la loro posizione di avanguardia: “I fedeli e piùprecisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; per loro laChiesa è il principio vitale della società umana. Perciò essi, specialmente essi, debbonoavere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, madi essere chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la condotta del Capocomune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la chiesa”… ( Dai discorsiai nuovi cardinali 20 febbraio 1946. (Pio XII)“I laici, che la loro vocazione specifica pone in mezzo al mondo e alla guida dei più svariaticompiti temporali, devono esercitare con ciò stesso una forma singolare di evangelizzazione.Il loro compito primario e immediato non è l’istituzione e lo sviluppo della comunità ecclesialeche è il ruolo specifico dei Pastori ma è la messa in atto di tutte le possibilità cristiane edevangeliche nascoste, ma già presenti e e operanti nella realtà del mondo.Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato dellapolitica, della realtà sociale, dell’economia così pure della cultura, delle scienze e delle arti,della vita internazionale degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche delle altrerealtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazionedei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza”... Evangeli Nuntiandi(Paolo VI).E da Lumen Gentium Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Concilio Vaticano II: “I laicivivono uno stato peculiare qualificante detto di “indole secolare” che è così specificato:l’indole secolare del fedele laico non è quindi da definirsi soltanto in senso sociologico, masopratutto in senso teologico….perché essi partecipino all’opera della creazione liberinola creazione dall’influsso del peccato e santifichino se stessi nel matrimonio o nella vitacelibe, nella famiglia, nella professione e nelle varie attività sociali”.Tutto ciò vuol dire servire l’uomo prima e fondamentale via della Chiesa.Alla missione profetica dei laici non possono mancare i Serrani laici con peculiari impegnirivolti ai Sacerdoti continuatori dell’opera di incarnazione che si consuma attraverso ilrinnovamento della redenzione mediata dalla consacrazione di un pezzo di pane.La vigna è enormemente grande, pochi sono gli operai, il terreno è difficile dacoltivare.Amici Serrani penetriamo ogni giorno di più nella società, perché è lì che dobbiamoconsumare la nostra “indole” il comandamento affidatoci da Dio e dalla Chiesa.

Pubblicato nel “il serrano” n. 108, 2007

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Il Relativismo, che ha avuto il suo primo pensatore in Protagora (V secolo a. C) è unaconcezione sbagliata e unilaterale della relazione quando questa viene incentrata sull’iniziativae sull’arbitrio del soggetto.Giovanni Paolo II ci insegna che trattasi di un’insidia fiorente nei nostri tempi quando “ci siaccontenta di verità parziali e provvisorie”.Il relativismo conoscitivo e morale, non può non trovare nella Chiesa una ferma condannaperché l’uomo è alla ricerca della verità, nel suo valore assoluto.Se così è, si può capire perché il relativismo vuol dire lesione della dignità dell’uomo inquanto gli contesta il suo pieno diritto di cercare di conoscere la verità.La Chiesa non può accettare la limitazione della sua conoscenza perché é proprio dellapersona cercarla.“La V maiuscola della Verità non può scriversi al minuscolo, perché così si rifiuta queldesiderio della verità senza il quale non si è uomini... “l’uomo colui che cerca la Verità…una volta che si è tolta la verità all’uomo, è pura illusione pretendere di renderlo libero…verità e libertà o si coniugano insieme o insieme miseramente periscono”. (K. Wojtyla).“Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correntiideologiche, quante mode del pensiero. La piccola barca del pensiero di molti cristiani èstata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo alliberalismo, fino al liberismo, dal collettivismo all’individualismo radicale; dell’ateismo a unvago misticismo religioso, dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Avere una fede chiara,secondo il credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre ilrelativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare comel’unico atteggiamento all’altezza dei tempi moderni. Si va costituendo una dittatura delrelativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo ilproprio io e le sue voglie”… Noi invece abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il verouomo. È la figura del vero umanesimo” (Ratzinger, pro eligendo Pontefice).È scritto in Fides et Ratio: “La filosofia moderna dimenticando di orientare la sua indaginesull’essere, ha concentrato la propria ricerca sulla conoscenza umana. Invece di fare levasulla capacità che l’uomo ha di conoscere la verità, ha preferito sottolinearne i limiti e icondizionamenti. Ne sono derivate varie forme di agnosticismo e di relativismo, che hannoportato la ricerca filosofica a smarrirsi nelle sabbie mobili di un generale scetticismo. Di

Il Relativismo

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recente, poi, hanno assunto rilievo diverse dottrine che tendono a svalutare perfino quelleverità che l’uomo era certo di avere raggiunto. La legittima pluralità di posizioni ha cedutoil posto a un indifferenziato pluralismo, fondato sull’assunto che tutte le posizioni siequivalgono: è questo uno dei sintomi più diffusi della sfiducia nella verità che è dato verificarenel contesto contemporaneo”.Raion Panikkar, edulcora questo concetto e ritiene il “pluralismo, un’ennesima forma direlativismo agnostico mostrando che è possibile parlare di verità anche senza ridurretutta la realtà a un unico punto di vista”.Certo il filosofare, arte sublime del ragionare, ha potenzialità infinite di procurarci dottrina,ma anche di intorbidirci le idee possedute .I tanti… Ismi, vecchi e nuovi, proiezioni anche delle nefaste ideologie del secolo passato,rovinose per la civiltà, ci suggeriscono che bisogna capire di più, sapere di più, per rendercipiù responsabili e consapevoli della nostra identità di cristiani e di Serrani.

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In tema di Stigmate e non solo, due ferrati contendenti Ragione e Fede si scontrano, atratti sembrano intendersi; in verità non trovano la giusta via per una solida duratura paci-ficazione.Entrambe sono portatori di verità costituendo un binomio che da sempre tormentano ilpensiero degli uomini.Perché questa mancata intesa?Se lo sono chiesti in tanti, uomini di fede, scienziati.Appassionati dell’argomento, ci siamo voluti affacciare al tema, porgervelo pur con le suelacune dettate dalle nostre, e dai limiti che la Ragione ha nel conoscere pienamente laVerità.La parola stigmata la riserveremo all’ambito mistico ritenendo la sua origine, di verosimilenatura sovrannaturale, presente in soggetti canonizzati, senza che essa costituisse motiva-zione principale per gli onori degli altari, come ci suggerisce la prudenza della Chiesa.In diverso ordine, questi particolari segni impressi nel corpo di talune persone, le diremopseudo stigmate.Tra queste annoveriamo quelle ferite che si provocano persone, autonomamente, in buonafede, quale volontà di co-sofferenza con Cristo. Cristina da Spoleto deceduta nel 1458 sibucava i piedi in memoria della Passione del Salvatore.Le citazioni sarebbero moltissime.

Stigmata, nel significato generico, vuol dire marchio. Nell’antichità ne furono portatorischiavi, soldati, malfattori, appartenenti a tribù e clan. Agli albori del cristianesimo i neofitisi segnarono con figure zoomorfiche, agnello, pesce, ma anche con croce, a indicare l’ap-partenenza a Cristo.Per i cristiani, nella Chiesa latina, i segni che si indicano come stigmate hanno un riferimen-to cristologico.Il primo ed autorevole cenno di stigmata lo troviamo in Paolo di Tarso che nella lettera aiGalati scrisse:“Io porto già le stigmate di Gesù nel mio corpo, sono stato crocifisso con Cristo e non

7. Scienza e fede

Le stigmate tra scienza e fede

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sono più io che vivo ma Cristo vive in me”.Su queste parole, numerosi sono stati gli studi critici.Chi ritiene che nel corpo di Paolo vi fossero segni riferibili a vere e proprie stigmate. Altriche indicherebbero le sofferenze vissute nella sua infaticabile opera di evangelizzazione.Le stigmate, riferite ai mistici cristiani hanno sollevato problematiche infinite: Insorgenza,ubicazione, durata, divenire, sfuggono a ogni esauriente interpretazione dottrinaria.Per teologi e scienziati un terreno di feroci ed interminabili discussioni.Dal secolo XIII al XIX sarebbero 400 circa i casi documentati (documentati non significariconosciuti di origine sovrannaturale). I portatori appartengono in genere a Ordini religio-si; molti canonizzati sono soggetti di forte spiritualità.Ci si chiede:Perché certe localizzazioni?Perché queste ferite non tendono a guarigione?Perché non si infettano?Perché non emanano odore sgradevole come le comuni ferite cronicizzatesi?Perché, si dice, possono emanare profumi?Perché nel durare decenni non minano la salute di chi le porta?Perché possono scomparire e ricomparire?Perché il loro sanguinamento, spesso profuso, non è solito significativamente alterare lacrasi ematica?Perché guariscono senza segni cicatriziali, evento impossibile a spiegarsi secondo i canonidella medicina?Perché possono scomparire prima della morte? o dopo la morte?Chi governa questi interrogativi che la mente umana non riesce a darsi una ragione?Dopo l’espressione paolina il termine di stigmata appare all’inizio del secolo XIII quandofrate Elia da Cortona rivolgendosi ai frati dell’Ordine francescano in una lettera sulla mortedi Francesco (Ottobre 1224) scriveva: “Ed ora vi annuncio una grande gioia, uno straor-dinario miracolo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel figlio di Dioche è il Signore Crocifisso. Qualche tempo prima di morire il fratello e Padre nostro ap-parve crocifisso, portando nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimma-te di Cristo”.San Francesco si ritiene essere stato il primo stigmatizzato.

Lo studio delle manifestazioni stigmatiche, più o meno rigoroso, ha avuto inizio verso lafine del secolo XIX.Sull’apparire di queste ferite la scienza medica ha molto speculato, un posto preminentespetta alle indagini che si sono incentrate sul contributo del sistema nervoso. Le teoriepsichiatriche, psicogenetiche e ancora più recentemente quelle di psico-neuro-immunolo-gia hanno avuto molto credito.

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Addentrarsi nella fisiologia e patologia del sistema nervoso è arduo per tutti. Ne vorreirimanere molto lontano, significherebbe però negare il giusto spazio alla Ragione e nonpresentarvi quel dialogo tra Fede e Ragione che è il nostro tema.Non è poi giusta convinzione che l’una e l’altra debbano convivere per la ricerca dellaverità vera?Questo è il pensiero della Chiesa cattolica che ai due dedica tanta dottrina. È sufficientericordare l’enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio.

Gli studi del sistema nervoso hanno fatto passi giganteschi, strutture e funzioni tutte peròsono ancora da scoprire.È nella psichiatria e scienze affini che dobbiamo attingere notizie per la trattazione delnostro tema.E iniziamo il faticoso cammino.

Isteria e stigmate

Non mi attardo sul significato di isteria, nei suoi sintomi principali noti a tutti. Si esprimonocon agitazione, tic, espressioni muscolari del viso, degli arti, ammiccamenti.

Lo stigmatizzato è un isterico?

Al noto studioso francese Charcot, capostipite della scuola psichiatrica della Salpetriére ilnostro primo riferimento.Della complessa sindrome isterica che nel tempo ha subito variazioni patogenetiche (ma-lattia? disturbo funzionale?) nonché sintomatologiche, sarebbero portatori, mistici e non.

Pier Janet (1859-1947), psicologo di quella scuola, sostenne l’isteria essere disturbo dellacoscienza. Egli si interessò della fenomenologia psico-fisica del mistico e ritenne le stigma-te espressione del seguente processo mentale:Restringimento del campo della coscienza su di un contenuto mentale- Idea fissa - (lapassione di Cristo nel mistico); una tensione psichica così forte da riuscire a stampare nelproprio corpo i segni di quell’idea fissa. (Ideoplastia), termine pare coniato nel 1860 daDurand du Groy.Questa determinerebbe un’attivazione di complessi processi fisiologici, biologici, organiciche possono produrre ferite.Nel caso dei mistici le ferite tipiche della Passione, in quelle zone del corpo che rispecchia-no la topografia della crocifissione come è da tempo rappresentata. Peraltro è da dire: lacrocifissione attinente gli arti superiori non avveniva conficcando i chiodi al palmo dellemani ma in una parte finale del radio e dell’ulna detto spazio di Destot. Questa zona

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solamente poteva garantire la tenuta del corpo del crocifisso e non il palmo della mano.Una conferma di ciò verrebbe anche dalla figura dell’uomo crocifisso che mostra la Sindo-ne. In essa il pollice non è visibile, perché flesso, a causa del danno del nervo che scorre inquello spazio dove è stato conficcato il chiodo.Che l’idea fissa possa tradursi in un danno organico, racchiude mille problemi che voglio-no come attori, fattori psicologici stressanti di un certo tipo e di una certa intensità, insoggetti particolari, determinanti in ultima analisi disturbi nutrizionali zonali e morte deitessuti.Nel complesso evento della conversione psicosomatica (idea fissa-lesioni tessutali),svolge ruolo determinante la personalità del soggetto, che può essere isterico.Per la psicosomatica moderna peraltro, il trasferimento dal cervello al corpo, di un conflit-to del pensiero può essere espressione fisiologica di un particolare condizionamento, an-che in soggetto normale.Se negli studi sperimentali possono correre, senza intralcio alcuno, nell’ambito della misti-ca, risultati sperimentali, debbono segnare il passo.Lo scientismo spiccato, forse aberrante segno della Ragione, non è in grado contraria-mente a quanto si possa ritenere, di sostituirsi al sovrannaturale.Molte stigmatizzazioni hanno luogo durante quello stato particolare che viene detto estasi.Le stigmate, come capacità naturale di una somatizzazione latente attivata in particolaricondizioni emozionali, indotte da stati di coscienza particolari, come l’estasi?Tanti dei nostri Santi hanno vissuto questo particolare momento.Stigmate e pseudo stigmate, entrambe espressione ideoplastica che agirebbe sul corpo,senza interventi esterni?Siamo di fronte ad interrogativi maceranti.Un fenomeno assimilabile in qualche modo a queste lesioni sono talune espressioni dermo-grafiche. Una parola, un segno, possono apparire nel corpo in condizioni di suggestioneipnotica in soggetti particolari.Nei soggetti che noi cattolici riteniamo veri stigmatizzati, per cause esterne (sovrannatura-li?), questo fenomeno può precedere la conclamata stigmatizzazione. Molti gli esempi instimmatizzati canonizzati, tra i quali S. Pio da Pietrelcina.Secondo alcuni studiosi (tra gli altri Lebeault), in persone in trance ipnotica, toccati con unferro freddo, avvertiti dall’operatore di adoperare un ferro caldo, possono apparire vesci-chette come da ustione.Capacità dunque della trance ipnotica di procurare ferite?Altro fenomeno: in soggetti in preda ad idea fissa-ideoplastica si può registrare ematidrosi,ovverosia una sudorazione di sangue?Questo evento si sarebbe verificato anche in Cloretta Robertson, una giovane negra, direligione non cattolica, portatrice di stigmate fino dall’età di nove anni.Ma vi è anche un esempio evangelico.

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Nell’orto di Getsemani, poco prima della crocifissione GESÙ sudò profusamente san-gue... “In preda all’angoscia, pregava più intensamente; il suo sudore diventò come goccedi sangue che cadevano a terra” ( Lc.22-43.)Esempio indiscusso del potere che il sistema nervoso ha nel “segnare” il corpo. È da precisare il caso di Madelein una signorina di 37 anni studiata da Pierre Janet di cuiparla lo studioso nel suo volume “Dell’angoisse a l’extase”.Il caso è stato studiato per alcuni anni. Scrive Janet: “Dopo qualche mese di soggiornonella clinica della Salpetrière, essa venne a mostrarmi una piccola lesione che si era svilup-pata spontaneamente, a suo dire, sul dorso del suo piede destro e che sembrava persiste-re… diceva che dopo uno di questi sonni profondi con sentimento di felicità, essa avevasentito forti dolori al piede, dopo notato sul dorso una piccola ampolla bianca (vescicola)che scoppiando qualche ora dopo, aveva provocato la piccola ulcerazione. Qualche gior-no dopo lo stesso fenomeno apparve sull’altro piede… talvolta separati da lunghi periodiqueste piccole bolle seguite da ulcerazione poco profonda apparvero sulla mano”. Questestigmate, precisa l’Autore, sono apparse 17 volte in tre anni.Altro interrogativo.Stigmate e pseudo stigmate come espressione da stress?H. Seley, dimostrò come lo stress attraverso un’attivazione cortico-ipotalamico-ipofisa-ria-neurovegetativa con impegno di diversi organi e tessuti può provocare lesioni trofichedi questi.Questa patogenesi, non è agevolmente trasferibile in ambito mistico, perché le ferite nonsono per nulla paragonabili a quelle del soggetto mistico, per la loro localizzazione soprat-tutto.La tesi di Seley è confortata dal fatto che uno stress può provocare ulcere dello stomaco.L’analogia di queste, in qualche modo rapportata alle lesioni riferite alle stimmate, nonregge.Nel mare magnum della patogenesi delle stimmate e della pseudo stigmate, (ferite nei nonmistici, per il nostro dire) il pensiero della World Healt Organisation International (1978)e della Psychiatric Association (1991), è: “Il disturbo psicogeno si esprime in terminisensitivo-motori e non comporta perciò alterazioni anatomiche dei tessuti”.Questa affermazione metterebbe KO gli studi sperimentali appena detti.Come si evince nell’ambito scientifico vi sono opinioni anche contrapposte.Un breve approfondimento nella nostra esposizione merita il tema ipnosi, stigmate, pseudostigmate.

L’ipnosi, secondo Janet, nella personalità isterica, può procurare automatismi e anchestigmate, in soggetti suggestionabili facilmente ma anche in individui normali, come abbia-mo detto.L’ipnosi può essere eteroindotta o autoindotta a seguito di un forte monoideismo ideopla-

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stico.Granone (1989) noto studioso di ipnosi moderna scrive: “un soggetto può cadere in tranceper una crisi mistica, ma se compaiono le stimmate vuol dire che sono insorte immaginiimperanti, occupanti la totalità della coscienza, si da creare fenomeni ideoplastici, creativia livello fisiologico, organico e quindi auto ipnotici vi è una maggiore o minore permeabilitàdella ideoplasia verso determinate strutture organiche, sensoriali e psichiche, nonché vi-scerali per fattori costituzionali congeniti o acquisiti. Gli stati di estasi hanno punti di contat-to con gli stati di trance ipnotica. Vi sarebbe dunque un accostamento fra trance ipnoticaed estasi, la prima da riferire genericamente ai soggetti isterici, la seconda verosimilmenteai soggetti mistici”.Ancora Granone: “Riteniamo che ognuno possa prodursi la sua autoipnosi positiva o ne-gativa, facilitante una guarigione, o una malattia e che in ultima analisi sia LA FEDE con lasua forza ideoplastica a produrre il miracolo”.Quanto c’entra la Fede? Quanto la Ragione?E ancora Granone, non a caso, “poco prima di morire, quando si affievoliscono le forzevitali e con esse la potenzialità ideoplastica le stigmate scompaiono”. Su questo fenomenoritorneremo tratteggiando il caso S. Pio.Nel pensiero di Granone si possono riscontrare riferimenti alle autoguarigioni, ai tracolli diuna malattia, ma anche a guarigioni inspiegabili. A. Siani è convinto che un processo ideo-plastico può essere motivo di guarigione.Vi sono tentativi scientifici che intenderebbero assimilare l’ipnosi all’estasi.Tentiamo qualche cenno differenziale che potrebbe darci forse criteri di distinzione trastigmate e pseudostigmate, come offertici da Marianeschi.L’ipnosi è uno stato di coscienza creato artificialmente da un soggetto attivo e influenza unsoggetto passivo suggestionabile (ipnosi etero indotta).L’estasi è uno stato spontaneo invincibile e indipendente da ogni tecnica suggestiva.In ipnosi profonda il soggetto è incosciente; al risveglio presenta amnesia e confusionementale.In estasi il soggetto è cosciente anche se insensibile; cessata l’estasi ricorda l’esperienzaed è lucido.In ipnosi c’è dipendenza totale dall’ipnotizzatore ed è documentabile con una suggestiona-bilità di base.L’estatico ha una personalità non psicopatologica.(sempre?).In ipnosi sono frequenti sdoppiamenti di personalità.In estasi il soggetto mantiene il sentimento della continuità del proprio io. In ipnosi vi sonoespressioni di verbosità ed elucubrazioni di tipo molto grossolano.In estasi sono possibili comunicazioni verbali, ma sono di alto valore intellettuale, morale,estetico, di fede.In ipnosi c’è restringimento del campo della coscienza.

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In estasi la coscienza è ampliata, sa di profondo amore verso Dio e verso il prossimo.“La trance estatica è del tutto diversa da quella ipnotica” (Magnelli).

Sul concetto di estasi scrive Plotino (203. d. C) filosofo, massimo esponente del neopla-tonismo: “L’anima umana prigioniera del corpo si riscatta e torna a Dio attraverso unprocesso ascendente che muove dalla purificazione morale e culmina nell’estasi, vera epropria identificazione con l’Uno, nella quale ogni diversità e ogni distanza sono annullate”.Stupendo pensiero di un filosofo che oserei definire di cultura cristiana.Alcuni pareri, ci piace riferire, sulla genesi delle particolari ferite di cui diciamo. Serviran-no, credo, a tormentarci ulteriormente.Benedetto XIV (1740-1758), tra i Papi più colti della storia del papato, nella sua opera(De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione) sostiene che alcunifenomeni oggetto della nostra trattazione nei mistici possono avere una genesi naturale.Non tutto allora è opera della Grazia?Ugo Teodori, clinico fiorentino, cattolico, tra i più illustri cultori del sistema endocrino-neurovegetativo dei nostri tempi nel 1983 scrisse: “È noto che un’intensa emozione puòdeterminare, tramite il sistema nervoso neurovegetativo, alterazioni del trofismo tessutale,comunque le stigmate non si sarebbero formate in S. Francesco se questi non le avessevolute”. (da un intervento commemorativo francescano in Assisi).E. Oietti: “Le stigmate sono lesioni da stress… l’intervento di Dio nella stigmatizzazione silimita a localizzare in determinati punti… un fenomeno che di per sé è fisiologico”.Carlo Sirtori (1994): “non c’è motivo di non credere alle stigmate. Una frustrazione, unapena sofferta possono determinare una piaga allo stomaco, una ulcera. Allo stesso modopossono determinare piaghe alle mani e ai piedi”.C’è da eccepire all’illustre scienziato che in sede sperimentale lo stress sì, può provocareulcerazioni allo stomaco, ma non meno di 72 ore dall’evento stressante (Luces C 1997).Nel mistico le stigmate hanno origine immediata, anche se possono evolvere.Per contro Beaunis nei primi anni del 900 scrive: “la congestione cutanea rappresenta ilmassimo effetto che mi sia stato possibile far scaturire dalle forze della suggestione”.Paolo Arrigo Orlandi (I fenomeni fisici del misticismo - Gribaud 1996) scrive: “Le scienzepsicologiche sono settoriali... le tecniche di indagine non possono giungere a conclusioniesaustive… impossibilità di ridurre l’esperienza mistica a oggetto delle scienze psicologi-che… il fatto mistico sfugge alle classificazioni delle scienze umane”.E il gesuita Siwek: “l’isteria sembra essere una condizione necessaria per l’apparizionedelle stimmate”.Ribadiamo il concetto:I mistici sono isterici?Di quale isterismo parliamo?Jean Guitton, illustre pensatore cattolico scrive: “I grandi mistici hanno avuto dei fenomeni

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straordinari che la medicina, la psicologia, la psicoanalisi moderna, considerano cometurbe isteriche. Ma la peculiarità del mistico è quella di trasformare la propria isteria in unmezzo di contatto con Dio. La maggior parte dei mistici ha rivelato grandi disturbi dellapersonalità come appunto, Santa Teresa d’Avila … tutte le modalità dello stato mistico, ingenerale rientrano tra le malattie nervose”.Sono da interpretare le parole di Guitton. Ed io ci provo: per arte deve intendersi, nellapersona eletta, il personale contributo, per grazia ricevuta da Dio, che permette di realiz-zare lo status che lo avvicina a Lui, fino a confondervisi? L’uomo con la sua corporeità èpiù somigliante a Cristo, che gli Angeli.E di arte, cioè di contributo personale, ancora si parla da insospettabili, anche da Santi.“Il grande mistico è colui che ha l’arte e la grazia ricevuta da Dio di sublimare tutto. Dionon concede nessuna grazia al corpo senza farla prima all’anima” (S. Giovanni della Cro-ce, Fiamma viva d’amore. 1542-1591.)Siamo al punto di incontro tra teologia e psicofisiologia?E Gorres, filosofo (1800) precisa: “Se l’anima a seguito della compassione che ella espe-rimenta alla vista della sofferenza del Salvatore, ne riceve l’impronta, l’atto che l’assimilaall’oggetto dei suoi desideri, si riflette egualmente al di fuori e il corpo prende parte aquesta assimilazione, ed è così che causa le stigmate, ma solo per virtù dell’anima”.

Tra mistici e non mistici, portatori di stigmate o di pseudo stigmate, chi fa la differenza è lapersonalità. Nel mistico, tutto è ardore verso Dio ed il prossimo fino alla convinzione didover svolgere un ruolo di grande sofferenza per tutti gli uomini (coredenzione) fino adannullare il proprio io.Ci piace riportare il pensiero di Tanquerey sull’identità mistica delle stigmate….”Sonopiaghe che sanguinano, non guariscono, non si infettano, hanno carattere di eccezionalitàbiologica, comparsa e scomparsa; possono guarire senza cicatrici anche postmortem, sonoaccompagnate da sofferenza fisica e morale, si registrano in persone che praticano le piùeroiche virtù e soprattutto amano Cristo. In tutti vi è un’assimilazione dell’anima al corpodi Cristo… è questa assimilazione che conferisce identità al mistico”.Alfine di apprezzare la differenza di quello che può essere il prodotto di un’estasi a frontedi una trance non mistica, della personalità del mistico e non, solo qualche esempio.La parola è ora ai nostri Santi. Ne citiamo alcuni.Da loro certamente verrà qualche chiarimento, dal loro modo di vivere quel particolaremomento che diciamo di estasi.

CATERINA DA SIENA (1347-1380)“Ho visto il Signore crocifisso che scendeva verso di me in una grande luce. Lo slanciodella mia anima che voleva correre incontro al suo Creatore ha fatto sollevare il mio corpo.Allora ho visto scendere verso di me i segni delle sue santissime ferite, cinque raggi di

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sangue diretti verso le mie mani, i miei piedi e il mio cuore, subito ho gridato: Signore chequesti segni non siano visibili sul mio corpo”.

VERONICA GIULIANI (1660-1727)Stigmatizzata per circa mezzo secolo e fin dall’età di 17 anni.Un diario scritto sotto obbedienza, circa 22.000 pagine!Il ricordo della sua crocifissione: “Quando io vidi quei segni esteriori, di molto piansi dicuore pregai il Signore che volesse nasconderli alla vista di tutte. Gesù io voglio amore perme e per tutti”.

GEMMA GALGANI.Dal suo diario: Dalla descrizione della sua estasi del 1902: “Alle volte Gesù mi spaventa latua severità, ma mi consola la tua piacevolezza… Quei dolori, quelle pene anziché afflig-germi, mi recano una pace perfetta.”

TERESA d’Avila portò, come lei descrisse: “Stigmate impresse nel cuore “In verità dopola morte sul suo cuore, in seguito ad autopsia furono riscontrate ben cinque ferite, come daLei descritte, che sarebbero state letali, se la loro origine fosse stata da cause non sopran-naturali.Numerosa è la schiera di mistici da poter citare.

È tempo di dedicare un po’ della nostra conversazione al gigante tra i mistici del secoloXX, il più celebrato: S. PIO da PIETRELCINA.È appena trascorso il 40° anno dalla sua morte (1968-2008), che coincide con la riesu-mazione del suo corpo.In Lui vivono la più esaltante conflittualità Ragione e Fede e le espressioni della più altaspiritualità del mistico.Lunga e sofferta la sua strada verso la santità cosparsa di inaudite sofferenze e umiliazioni.La sua fedeltà a Dio e alla Chiesa, ai suoi voti francescani, gli hanno permesso di salire ilcalvario fino alla più alta vetta della perfezione dell’anima.Il suo iter di perfezione è il modello più esplicativo per potere affermare che la stigmatizza-zione è opera sovrannaturale?La personalità, estremamente complessa nelle sue componenti fisiche, psichiche e spiri-tuali ci inducono a ritenere che certi eventi straordinari nella vita di talune persone sonoopera di Dio. Che la Ragione non basta, che la scienza non basta alla acquisizionedella Verità.S. PIO e le sue stigmate tra l’altro ci portano a citare il fenomeno della transverbazione(stigmatizzazione sine materia) di cui il Santo fu oggetto.Nel frate da Pietrelcina la stigmatizzazione permanente non apparve tutta insieme: I segni

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iniziali circa un anno dopo la sua ordinazione sacerdotale (1910) all’incirca 8 anni primadel 21 agosto 1918.Godiamoci un po’ del suo diario.Alle dolci parole del suo Padre spirituale: Piuccio carissimo… figliuolo mio dimmi tutto echiaramente e non per cenni…Così scrisse.21 Agosto 1918: “Mi induce a manifestare ciò che avvenne dal giorno 5 sera a tutto il 6 delcorrente mese. Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo di superlativomartirio. Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del 5 quando tutto di un tratto fuiriempito di un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presenta dinan-zi all’occhio della intelligenza. Teneva in mano una specie di arnese simile a una lunghissimalama di ferro con una punta bene affilata che sembrava da essa uscisse fuoco. Vedere tuttoquesto ed osservare questo personaggio scagliare con tutta violenza il suddetto arnesenell’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire, dissi alragazzo che si fosse ritirato perché mi sentivo male e mi sentivo più la forza di continuare…Questo martirio continuò, senza interruzione fino al mattino del giorno 7. Cosa io soffrii inquesto periodo sì luttuoso io non so dirlo….Non è questa una nuova punizione inflittami dalla giustizia divina? Giudicatelo voi quantaverità sia contenuta in questo e se io non ho tutte le ragioni di temere e di essere in un’estremaangoscia”.Questa la prima descrizione della stigmatizzazione!E poi tante confidenze, ne citiamo alcune.17 ottobre“Quel misterioso personaggio che mi impiagò tutto e non desiste dalla dura, aspra, acuta epenetrante operazione e non da tempo al tempo che venga rimarginare le piaghe antiche,che già su di queste viene ad aprire delle nuove con infinito strazio della povera vittima”.18 novembre“Oh fiat quanto sei dolce ed amaro insieme. Tu ferisci e sani, impiaghi e guarisci, dai mortee nello stesso tempo dai anche la vita. Oh dolci tormenti! Perché siete così insoffribili etanto cari insieme! Perché mentre siete tanto dolorose ed imbalsamate nell’istesso tempolo spirito e lo preparate ancora a sottoporsi a colpi di notevoli prove?”.29 gennaio 1919“Padre mio, mi sento affogato nel pelago immenso dell’amore del diletto. Io vado facendouna continua indigestione. È pure dolce l’amarezza di questo amore e soave il suo peso;ma ciò non toglie che l’anima nel sentirne l’immenso trasporto, non ha come fare perportarne l’immenso peso, e mi sento annullato e conquiso. Il piccolo cuore si sente impos-sibilitato a contenere l’amore immenso… nel riversarsi che egli fa nel piccolo vaso dellamia esistenza si soffre il martirio di non poterlo contenere: le pareti interne di questo cuoresi sentono presso a poco scoppiare e mi meraviglio come questo non sia accaduto ancora.

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Mi sento morire mio Dio! E voi vedete spegnere questa debole esistenza che tutta sistrugge per voi, e intanto ve ne rimanete indifferente. Non ho ragione dunque di chiamarvitiranno, crudele?Voi mi avete reso impaziente, mi avete conquiso, voi mi avete bruciato tutte le mie interio-ra, voi avete introdotto nel mio interno un fiume di fuoco. Come posso farne a meno di nonlamentarmi, se voi stesso mi provocate e mettete a cimento la mia fragilità”.E ancora al suo Padre spirituale:“Vorrei per un solo istante scoprirvi il petto per farvi vedere la piaga che il dolcissimo Gesùamorosamente vi ha aperto in questo mio cuore! Esso finalmente ha trovato un amante chesi è talmente invaghito di Lui... che mi fa ardere tutto del suo fuoco d’amore, che cosa èquesto fuoco che mi investe tutto?Oh Gesù potessi amarti, potessi patire quanto vorrei farti contento e riparare in un certomodo alle ingratitudini degli uomini verso di Te “.

Scrive Moretti. “Così parlano i mistici con Dio quando l’amore li fa impazzire!”Il linguaggio del mistico con Dio è il linguaggio dell’amore, dell’amicizia, un linguaggio dipurezza e di altissima spiritualità, di amore per Dio… Il linguaggio ad un certo puntoesprime la purificazione dell’anima umana. Quasi un colloquio tra pari il Creatore e ilcreato, il Padre ed il figlio.E Marianeschi “Nessun mistico ha avuto come lui coscienza di essere chiamato a parteci-pare in modo singolarmente attivo alla redenzione del genere umano e forse nessuno comelui ha saputo esprimere in modo più chiaro il mistero della chiamata cristiana a corredimeree lo spirito di ubbidienza che essa presuppone e in cui essa nasce”.

Vi ho dato solo un brevissimo saggio di un linguaggio non comune, di una persona eletta, diun Santo.Non è certo questo il parlare di un psicopatico, di un isterico, di un ammalato di mente, diun mistificatore.La Ragione non basta a capire i missionari di Dio.Per una più agevole comprensione della personalità dello stimmatizzato, vorrei aggiungerequalche dato sulle Stimmate di Padre Pio.Descritte da molti Autori trattati in molte pubblicazioni mi soffermerò unicamente su talunepeculiarità volte a distinguere questi segni con quelli che sperimentalmente la scienza puòprodurre.Le prime visite mediche sono state effettuate dal Dr. Luigi Romanelli.Referto del 1919: “Le lesioni che il Padre presenta sono ricoperte alle mani da una mem-brana rosso bruna, senza alcun punto sanguinante, niente edema e niente reazione infiam-matoria nei tessuti circostanti. Ho la convinzione, anzi la certezza che quelle ferite non sonosuperficiali perché applicando il pollice nella palma della mano e l’indice sul dorso e facen-

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do pressione, si ha la percezione esatta del vuoto esistente. Le lesioni ai piedi presentanocaratteri identici a quelle delle mani. Al costato ho osservato un taglio netto, parallelo allecostole, lungo 7-8 centimetri… la ferita è molto sanguinante e il sangue è di tipo arterioso.Le lesioni del settembre 1918 a oggi conservano lo tesso aspetto”.Il Prof. Amico Bignami, Patologo medico di Roma, ateo, visitò Padre Pio nel luglio del‘19. Diagnosticò le stigmate manifestazioni di uno stato morboso in parte artificiale.Padre Gemelli non visitò Padre Pio, ebbe con Lui un burrascoso incontro.Il rettore dell’Università cattolica di Milano, un luminare medico, definì il frate autolesionista.Dopo quella visita pare fosse iniziata la persecuzione della burocrazia vaticana.Il Prof. Francesco Lotti la mattina del 22 settembre del 1968, a meno di 24 ore dallamorte notò la scomparsa delle stigmate della mano destra. Scrive: Almeno alla mano sini-stra ….la piaga era visibile ed ho potuto documentarlo con fotogramma di un film di 8mm.dico almeno perché era quella che io potevo riprendere dalla posizione in cui mi trovavo.E ancora il Lotti: “E quante volte ancora aiutandolo a riordinare la stanza rinvenni croste disangue di tutte le dimensioni. Non era difficile per me vedere le pezzuole intrise di sangue cheteneva sopra le ferite del costato. Però, per non essere visto, quando cambiava le pezzuolemi lasciava fuori dalla porta. Aspetta un momento”. Queste spesso le parole del frate.Al Lotti, amico del frate, studente all’Accademia di Modena Padre Pio aveva detto: “Fi-glio mio, questa non è la tua strada vedi là, indicandogli la montagna, là deve venire ungrande ospedale e tu lavorerai lì”. E così fu.Oltre a quelle che possiamo definire caratteristiche, peculiarità, delle stigmate dei mistici dicui abbiamo avanti accennato, prospettando per esse una ragionevole identità, nel frate daPietrelcina, le stimmate scomparvero alla conclusione della sua vita terrena.Il Prof. Giuseppe Sala, medico curante di Padre Pio, che assistette nell’agonia con alcuniconfratelli, testimoniò con queste parole che le stimmate non erano più visibili sul cadave-re. “Le mani, i piedi, il torace e ogni altra parte del corpo non mostravano rilievi di ferite, nécicatrici erano presenti là dove in vita avevano avute piaghe ben delimitate e visibili”.Le stigmate dunque erano scomparse senza lasciare segni cicatriziali.La scienza non spiega questo fenomeno.Le ferite transfosse, comunque profonde, di così elevata lesività se guariscono non posso-no non lasciare segni cicatriziali in tutta evidenza.E allora?La fede ci viene in soccorso.Padre Gerardo di Flumeri, vice postulatore della causa di canonizzazione suggerisce delleipotesi.Ipotesi credenziale, formulata da Padre Fernando da Riese Pio X: “Le stimmate visibiliDio le aveva date a Padre Pio quale richiamo di attrazione e quale credenziale della mis-sione grandissima che avrebbe dovuto compiere. Compiuta la missione Dio toglie i segnivisibili che nei suoi inscrutabili disegni di misericordia avevano arrossato di sangue mani,

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piedi, petto, del cappuccino pietrelcinese”.È altresì da riferire che Padre Pio nell’ottobre del 1919 scriveva al suo Padre spirituale:“Mi farà questa grazia Gesù … affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio…ma questi segni esterni che mi sono di confusione e di un’umiliazione indescrivibile edinsostenibile”.Quanta umiltà!Quanto pudore!Dio ha ascoltato Padre Pio?Come non avrebbe potuto! Come non ritenere la soprannaturalità di quelle ferite se duerappresentanti di Cristo in terra così si erano espressi avallandole con sentimenti di auten-tica Fede corroborata dalla Ragione?Sentite!

Papa Pio XII: “Io rappresento Cristo, Padre Pio lo vive Cristo”.Paolo VI: “Padre Pio rappresentante stampato delle stigmate di nostro Signore”.Queste stigmate, non sono opera umana; sono espressioni della Grazia?Altri fenomeni registrati in Padre Pio: Bilocazione, profumo emanato dal suo corpo, edaltro, sono fenomeni che un domani la scienza saprà spiegare?Che dire, nell’ambito della straordinarietà di certi fenomeni che appaiono in tanti innamo-rati di Dio come il vivere con una nutrizione assolutamente inadeguata all’esistenza? È ilcaso della stimmatizzata Marta Robin che sopravisse decenni con le ostie della comunionemattutina e un po’ d’acqua?

Ma la Ragione non molla.E c’è chi si pone in ambito scientifico o forse è meglio dire scientista l’interrogativo cheappare irrazionale conoscendo il nostro corpo: Vi sono energie alternative che consen-tono la vita, anomale espressioni della stessa in certe persone, al di fuori di quelle note?E a proposito della scomparsa delle stimmate La Ragione insinua: quando la potenzialitàideoplastica si affievolisce o scompare, come in caso di morte imminente, le stigmate pos-sono scomparire (Granone).È tosta la Ragione, il suo travaglio non si arrende e continua a rigettare il concorso dellaFEDE, nella ricerca della Verità.Ci dice Giovanni Paolo II: “Non può prevalere il filosofare frutto di un umanesimo ateoche prospetta la fede come dannosa, alienante per lo sviluppo della pienarazionalità….ovunque l’uomo scopre la presenza di un richiamo all’assoluto, lì gli si aprela dimensione metafisica del reale: nella verità, nella bellezza, nei valori morali, nellapersona altrui, nell’essere se stesso in Dio”.

Nel Metarealismo corrente di pensiero che tende a coniugare le frontiere tra Spirito e

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Materia, ci suggerisce Guitton c’è il legame che stringe l’Uomo a DIO”.Scrive ancora il cattolicissimo pensatore francese: “Già nel cuore del medioevo S. Tom-maso ebbe l’intuizione del metarealismo, della ricerca della Sostanza, di DIO, nelle pieghedella scienza, che nella ricerca di Dio attraverso la Fede, esalta la Ragione che a LUIconduce”.

Lo stigmatizzato, mistico, innamorato di Dio, votato alla sofferenza redentrice comeGesù dopo la Rivelazione è espressione di teofania che ci dona un saggio del sopran-naturale.“Credere non è sapere, non è comprendere, è aderire senza conoscere” (J.M.Guitton)Navigheremmo in un tunnel infinito se non accettassimo lo sposalizio tra Ragione e Fede.La luce è lì a portata di mano, ci attende, ci pone una condizione: La Ragione non basta.Occorre chiedere aiuto alla Fede, con l’una e l’altra i misteri si squarciano e la via all’ac-quisizione della Verità è agevolmente percorribile verso il Trascendente.

Riflettiamo sulla Fides et Ratio (Giovanni Paolo II). È lì la chiave di comprensione dellafine di un litigio?Ricordiamo le parole del grande Pontefice: “La fede e la ragione sono come due alicon le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità”.Se una di queste ali è malata, il tutto si ammala, si genera un vuoto che non porta allaVERITÀ.Il significato delle stigmate, se sono dono di Dio, ci piace ripeterlo, deve essere inquadratosopratutto nella personalità di chi le porta per poter in qualche modo rendersi conto delloro significato e della loro possibile origine.Il pensiero della Chiesa a proposito della canonizzazione:“Nessun canonizzato è stato innalzato agli onori degli altari perché portatore di stigmate.La Chiesa “ha permesso che menzione delle stimmate fosse fatta nell’officio di diversi santie beati e ha concesso anche messa e officio in onore delle stigmate di S. Francesco e diquelle di Santa Caterina, ma questo non comporta l’affermazione positiva della sopranna-turalità delle stesse…“Per quel che riguarda S. PIO da Pietrelcina, il processo di canonizzazione ha appuratoche non v’era alcun inganno nel fenomeno e niente più”.(Card. José Saraiva Martins Presidente della Congregazione delle Cause dei Santi, comu-nicazione personale).Circa l’urgenza di una nuova amicizia tra Fede e Ragione, ancora una citazione mi siapermessa:“La questione del dialogo tra fede e ragione investe la vita stessa dell’uomo… la fede nonè una serie di dottrine separate, da apprendere a memoria, tanto meno un sentimento. È

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invece un movimento di tutta l’esistenza umana. Questo è un punto molto chiaro, sia perBenedetto XVI che per Newmann; in una prospettiva più ampia, fede e ragione non pos-sono entrare in conflitto, ma convergere spontaneamente verso una sola verità…Cosapuò temere la scienza dal cristianesimo, che fin da principio si pone come religione dellogos, della ragione creatrice aperta a tutto quello che è veramente razionale?”. (F. Mor-rone “L’urgenza di una nuova amicizia tra fede e ragione. (Incontro tra Fede e Ra-gione. Centro Internazionale amici di Newmann. 2008).E ancora il regnante Pontefice: “Una Ragione e si fa unica e suprema garante del senso edell’interpretazione della vita, sconvolge la verità integrale sull’uomo e sul mondo. È ilpericolo insito nel pensiero che si tiene nei termini della pura immanenza.Una Fede cieca, senza apertura alla sua intelligibilità, rovina la stessa immagine di Dioperché produce intolleranza e violenza nei rapporti personali e sociali”.

Vi lascio con alcuni illuminanti pensieri, nel tentativo umano di trovare la Verità non solo neltravagliato tema delle stigmate.

Due gli eccessi da evitare: escludere la ragione, ammettere solo la ragione. (Pa-scal)“Credi per comprendere e comprendi per credere”. (S. Agostino)

“È il pensiero di San Tommaso che si è posto come obiettivo quello di conciliare lafede cristiana con la filosofia razionalistica di Aristotele. È stato il primo ad auto-rizzare l’armonia tra ciò che è creduto e ciò che è saputo, tra l’atto di fede e l’attoconoscitivo in una parola tra Dio e la scienza. ( J. M. Guitton ).

Conferenza al Serra club anno sociale 2008-2009

Nota. Padre Pio e Agostino Gemelli

In una recente pubblicazione di Francesco Castelli (Roma Studium 2011 Padre Pio eSanto Uffizio a seguito della recente apertura degli Archivi, assolve l’imputato Gemelli diessere stato il primo persecutore di Padre Pio.Nella vicenda Padre Pio, il Gemelli ha avuto un ruolo del tutto marginale.Nell’Osservatore romano in data 16 settembre 2011 ad opera dello stesso Autore silegge.“E in definitiva, un fatto importante è ormai chiaro: la fama di persecutore di padre Pio, cheè stata attribuita per così lungo tempo alla figura e alla memoria di Agostino Gemelli, sidissolve oggi alla luce dei nuovi documenti e di una più fondata ricostruzione dei fattistorici”.

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Creazionismo è la teologia della creazione che ascrive l’origine dell’universo a Dio comeabbiamo appreso dalle Sacre Scritture.Il neo-creazionismo, corpo dottrinario oggi, esprime la posizione ideologica di quantiaccanitamente si oppongono alla teoria evoluzionistica.L’evoluzionismo è il corpo dottrinario che richiamandosi alla teoria sull’evoluzione dellaspecie di C. Darwin nega l’intervento metafisico nell’origine dell’universo, materia e spiritosono espressione monistica?È da dire che in tempi passati Basilio, Gregorio di Nissa, Agostino d’Ippona, personaggidi peso della nomenclatura cristiana e altri ritennero che Dio nel creare l’universo avessemesso in esso le capacità di modificarsi nel tempo. Nella sostanza che tutto non è statofatto in quella faticosa settimana della creazione. E che di evoluzione, menti illuminate delCristianesimo, ne hanno parlato.

Darwin contro Dio? Dio o Darwin? Dio e Darwin?

Da talune fonti del magistero della Chiesa cattolica rileviamo.Enciclica Humani generis ( Pio XII 1950)…”Il Magistero della Chiesa non proibisce… la dottrina dell’evoluzionismo, in quantocioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organicapreesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immedia-tamente da Dio).Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, di quellafavorevole e di quella contraria all’evoluzionismo siano ponderate e giudicate con la ne-cessaria serietà, moderazione e misura purché tutti siano pronti a sottostare al giudiziodella Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l’ufficio a interpretare autenticamente la SacraScrittura e difendere i dogmi della fede.…I fedeli non possono abbracciare quella opinione i cui assertori ritengono che dopoAdamo siano esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazio-

Creazionismo ed EvoluzionismoDio e Darwin: è tempo di dialogo

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ne naturale oppure che Adamo rappresenti l’insieme di molti genitori.Non pochi chiedono che la religione cattolica tenga massimo conto di quelle scienze (scienzepositive). Il che è senza dubbio così lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati,ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo scien-tificamente dimostrate nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura oanche nella Tradizione.Se tale ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina ricevuta, non posso-no ammettersi in alcun modo”.Viene accettato il principio evoluzionistico invocando prudenza nel trattare la questione.Pio XII, è in linea con il pensiero sull’evoluzione espresso nella enciclica Providentissi-mus Deus (Leone XIII).Benedetto XVI (in Creazione ed Evoluzione 2007): “Io trovo importante sottolineareche la teoria dell’evoluzione implica questioni che devono essere assegnate alla filosofia eche esse stesse conducono oltre il campo della scienza… (sull’evoluzione) il processo insé è razionale nonostante gli errori e la confusione in quanto esso passa attraverso unostretto corridoio, scegliendo poche mutazioni positive e usando una bassa probabilità…ciò inevitabilmente conduce ad una domanda che va oltre ala scienza… dove arriva questarazionalità?... dalla ragione creativa di Dio.”Nel 2005, il 24 aprile, nell’omelia della messa, il cardinale Ratzinger aveva detto: “Nonsiamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione”.Al di fuori delle più alte gerarchie della Chiesa sono tanti i contributi teologici e scientificida poter citare, che non sono oggetto della nostra nota. Il compito da assumersi sarebbemolto gravoso.Ci limitiamo alla citazione del pensiero conciliativo riportato di BASTI, direttore del pro-getto STOQ (Science theology and the ontological quest), promosso dalla Pontificia Uni-versità lateranense (9-11 nov. ‘05). Ritenere che “il principio di evoluzione è contro ilprincipio di creazione non sta né in cielo né in terra: è proprio un’affermazione falsa”.Fermo restando che le diversità tra Creazionismo ed Evoluzione permangono, occorredire, che un sereno proficuo confronto si è instaurato, tra Chiesa e Scienza.Trattare di Dio e Darwin non è più scandaloso.Dagli atti del Simposio su “Fede cristiana e teoria dell’evoluzione (1985) GiovanniPaolo II “l’evoluzione infatti presuppone la creazione; la creazione si pone nella luce del-l’evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo, come una creatio continua incui Dio diventa visibile agli occhi del credente come Creatore del cielo e della terra”.Ancora Giovanni Paolo II.Nel 1996 in occasione della Rifondazione della Pontificia Accademia delle Scienze, acirca mezzo secolo dalla Humani generis: “La teoria dell’evoluzione non può essereconsiderata una mera ipotesi e precisa: …le teorie dell’evoluzione che considerano lospirito come emergente dalle forze della materia viva o come un semplice epifenomeno di

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questa materia sono incompatibili con la verità dell’uomo… È chiaro che la verità dellafede sulla creazione è radicalmente opposta alle teorie della filosofia materialista, che con-siderano il cosmo il risultato di un’evoluzione della materia, riducibile al puro caso e allapura necessità”.La teoria dell’evoluzione, campo talmente vasto ed ancora non compiutamente esplorato,non deve fermare la nostra mente ai concetti della primitiva contrapposizione tra creazio-nisti ed evoluzionisti, per un’esemplificazione che l’uomo ha origine dalla scimmia.La teoria dell’evoluzione o meglio delle evoluzioni è meritevole di interesse, per quegliaspetti che attengono l’indagine scientifica.I concetti di apertura tra le parti e i distinguo espressi dalla Chiesa devono essere beneintesi e impongono di essere critici con le posizioni oltranziste. In questi ultimi tempi lecontrapposizioni sembrano essersi smorzate, fino al “Sì all’evoluzione, ma all’inizio c’èil progetto di Dio” come afferma l’illustre teologo Bruno Forte. Permangono forti divisio-ni tra i cosi detti Neo-creazionisti assolutamente contrari al Darwinismo e i Teisti-Evolu-zionisti che dialogano con il Darwinismo.

LA VERITÀ

Un Creatore che consente di evolvere!Una Chiesa che dialoga con Darwin!Un universo in cammino voluto da Dio!DIO, CREATOR et EVOLUTOR!

Possono essere questi i punti fermi per i cristiani.Creazionismo ed Evoluzionismo e quella congiunzione Dio e Darwin per quanto tempoancora costituiranno un vero rompicapo?Che dire del lacerante interrogativo kantiano: O uomo da dove vieni? Troppo poco peressere opera di Dio, troppo per essere frutto del caso.

Giugno 2007

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Fiumi di parole, sono state versate sul mantenimento in vita o meno della disgraziata fan-ciulla.Scienza, bioetica, giurisprudenza, politica e quant’altro, si sono messi in gioco.Ci si consenta di sottolineare che il concetto di morte cerebrale come scientificamenteinteso da alcuni decenni, fondato sopratutto sulla non reattività dell’organo alla mo-derna tecnologia, se ha potuto salvare molte vite umane, grazie agli espianti ed i tra-pianti di organi, riteniamo abbia pesantemente penalizzato quello di sistema simpatico(Winslow).Questi è anche denominato sistema nervoso autonomo, perché specialmente presiedealla maggior parte degli atti della vita organica o vegetativa, che si compiono nel canalealimentare e nei suoi annessi, negli apparati cardiaco-vascolare e genito-urinario e perdistinguerlo dalla parte principale del sistema nervoso, detto della vita animale o di relazio-ne, destinato alle funzioni per mezzo delle quali l’organismo entra in rapporto col mondoesterno… …da molti viene indicato col nome di sistema nervoso autonomo, perché gode nel-l’esercizio delle sue attività di fronte ai centri cerebro-spinali di una certa indipendenza, perquanto incompleta e subordinata a determinate condizioni”. (G. Chiarugi Anatomia del-l’uomo-S.E.L).Questa citazione e le seguenti, vogliono ricordare il significato di taluni termini medici adintroduzione della nostra nota, sono rivolti ai soci serrani.Mi scusino i Colleghi.Il coma irreversibile è la morte cerebrale ovverosia l’irreversibile perdita delle attivitàcerebrali, rilevata clinicamente, dalla mancanza delle funzioni vitali e confortata da moder-ne e complicate indagini strumentali.Il coma reversibile è evenienza diversa, più benigna, nel quale è possibile il recuperodelle funzioni vitali fino al ripristino della normalità.Lo stato vegetativo è una possibile evenienza del coma che può durare molti anni, esse-re permanente, a volte regredire.In questa grave patologia non vi è coscienza né consapevolezza propria e dell’ambiente.

Lo stato vegetativo è vitaIl caso di Eluana Englaro

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Vi possono essere espressioni di vita autonoma; espressioni mimiche, movimenti tipo ma-sticazione e deglutizione, movimenti non finalizzati; altre espressioni elementari, movimentioculari quasi sempre non finalizzati, espressioni di ricezione a stimoli dolorosi; minimeresponsività a stimoli esterni.A questa condizione patologica apparteneva Eluana Englaro.La diagnosi e la terapia di questi stati patologici negli anni si sono arricchite di preziosenozioni grazie alle acquisizioni tecnico-scientifiche.Quanto ora riferito, per ricordarci che unitamente alla vita nobile, la diciamo tale perchégovernata dal sistema nervoso centrale, vi è un’altra vita, qualora si potessero scindere,che risponde alla denominazione di vita vegetativa non certo meno importante della prima.L’una e l’altra costituiscono la vita di pari dignità per le funzioni vitali che svolgo-no, che debbono ritenersi coordinate e complementari.Su questa materia le neuroscienze moderne iniziano a farci conoscere nozioni fi-nora non immaginabili.Ciò dovrebbe suggerire a vasti settori scientifici medico, giurisprudenziale e politico, tantacautela nelle decisioni da prendere particolarmente in un settore di estrema delicatezzaquale è il momento in cui la vita di una persona, in qualunque stato si trovi, è destinata aspegnersi.Il recente caso della ventenne di Torino operata alle Molinette che si risveglia, ad un annoda uno stato vegetativo permanente, che si nutre e ubbidisce agli ordini dopo un delicatointervento chirurgico, pubblicato nel Journal of neurology neurosurgery and psichyatric,come riportato dal Corriere della Sera del 19 dicembre 08, ci dice qualcosa?Lo studio pubblicato su Lancet neurology (novembre 2008), autorevole rivista medicamondiale, informa che non è possibile escludere in uno stadio di vita vegetativa una qual-che forma di consapevolezza di sé, magari non continua e non comunicabile e di particolaried insondabili sensazioni dell’essere. (Avvenire 17.11.08.)L’indagine con fRM che ha dimostrato nel soggetto in stato vegetativo risposte di talunearee della corteccia cerebrale a stimoli esterni. (A. Owen, Science 2006 in Avvenire17.11.08).Questi brevi cenni di studi in soggetti in stato vegetativo, tendono a dimostrare che in essivi è un sia pur particolare stato di vita da rispettare e non da spegnere con la soppressionedella alimentazione e della idratazione e peggio con la somministrazione di farmaci volti afavorire la fine.Noi cristiani, siamo per la vita, dono di Dio in tutte le espressioni anatomo-fisiologiche chenessuno ha il diritto di sopprimere.Si lasci a Lui ogni decisione e alla Scienza di curare la vita e non la morte.Si rispetti dunque anche la vita vegetativa perché è vita.Nel caso della giovane Eluana Englaro, a nulla sono valsi gli autorevoli pareri di insignigiuristi contrari alla non somministrazione di alimenti.

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Ne ricordiamo alcuni.Antonio Baldassarre ex Presidente della Consulta:La decisione di sdoganare l’eutanasia in Italia (dicesi buona morte sospendere l’alimenta-zione in soggetto in stato vegetativo?). “È aberrante nella procedura e nel merito”.Massimo Vari ex Vice Presidente della Corte Costituzionale: la nostra è una Costituzioneper la vita e non per la morte.E ancora.Il cardinale Javier Lozano Barragan, Presidente del Consiglio Pontificio della Salute: “Quan-do nutrizione e idratazione diventano inutili non vanno sprecati”… sospendere idratazionee alimentazione in un paziente in stato vegetativo peggiora il suo stato, e la terribile morteper fame e per sete è una mostruosità disumana e un assassinio”.

Eluana Englaro è stata vittima di una mostruosità.Certo non è stata segno della carità cristiana nei suoi ultimi giorni di vita terrena, ma oggettodi quanti sono molto lontani dall’idea cristiana dell’uomo e del patrimonio etico insito nellasua stessa natura.Per fortuna di noi cristiani “La Fede ci aiuta a ritenere la vita umana bella e degna di esserevissuta in pienezza pur quando è fiaccata dal male”. (Benedetto XVI, giornata mondialedel malato 12.02.09).Forse che la cultura cristiana non è in grado ancora come lo è stato per secoli, di dare almondo “la cultura della vita, a tutta la vita, compreso il momento del transito anche dolo-roso da questo mondo?”.Forse che la cultura cristiana non può ritenersi “religione civile che vada oltre i confini delleconfessioni e rappresenti dei valori che possano sostenere l’intera società” (J. Ratzinger).Sopprimere la vita di una persona, anche se in stato vegetativo, irreversibile, è una sceltaumana errata, non cristiana.

La nostra CARTA MAGNA, che si occupa correttamente della salute dei cittadini, lanostra “civiltà laica” non hanno saputo contrastare l’opera di quanti dediti alla salvaguardiadella vita non si sono resi disponibili a contrastare una morte non dignitosa, non umana?L’amore umano e cristiano pur di difficile comprensione ed attuazione intende la vita comedono da rispettare anche in situazioni dolorose quali lei (la vittima) e i suoi genitori hannovissuto.È difficile riflettere sul mistero della vita e del dolore e soprattutto intenderli!Quante persone soffrono per gravi malattie invalidanti, o sono al di fuori di ogni espressio-ne di relazione con il mondo esterno!Tutti dovrebbero essere oggetto del trattamento riservato a Eluana negli ultimi giorni dellasua vita o essere curati ed amati da quanti come le suore di Lecco per i lunghi 17 annihanno fatto?

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Quanti soggetti ammalati, sofferenti, si dovrebbero sopprimere se il valore della vita fosselegato al vivere bene e in salute.I valori etici del cristianesimo sono espressioni di altra cultura che è fatta di umanità, diamore per i quali l’uomo non può decidere della vita dell’altro, perché essa è dono di Dio.AMORE è la risposta alla situazione di disagio, della sofferenza del grave dolore.La vita dell’uomo, deve essere vissuta con la sensibilità che essa ci appartiene,ma che è dono di Dio della quale Lui solo può disporre.Dopo la morte della povera Eluana, da volontà espresse attraverso i mass-media, daquanto accade nelle aule parlamentari e nella società, è lecito chiedersi se dietro taluniideologismi e comportamenti ispirati non rispettosi della vita, in preda a gravi sofferenze oin condizioni di grave precarietà, c’è il disegno di contrastare i valori dell’uomo creatura diDio e la volontà di colpire il nostro Credo con l’attacco mortale alla vita che sta perspegnersi?Se così fosse, lungi dal pensare a guerre sante, c’è l’obbligo imperante per ogni cristiano dipregare, parlare di carità, di amore, di vita, dono da rispettare, amare non sopprimere.Dio è via, carità e vita. I cristiani non possono non esserne testimoni, non possononon vigilare su queste verità.

Invio a “il serrano” questa nota quando i lavori della commissione senatoriale sul fine-vitasi sono inceppati.Se altro tempo di studio sul gravoso problema potrà significare la migliore legge parlamen-tare possibile, con tutti i distinguo su “la migliore” non si può non essere d’accordo.Ci preoccupa non poco il contrasto, alla luce del sole, esistente nel mondo cattolico, adopera di teologi, filosofi della morale, giuristi, bioeticisti ed intellettuali di diversa estrazio-ne.Una speranza sentiamo il bisogno di esprimere a conclusione: che la legislazione futura, dicui si parla, con tanto affanno e diversità di opinioni, decida sul tema della così detta“buona morte” nel segno della ragionevolezza, dell’umano, del civile che per noi vuol direcristiano.

Febbraio 2008 pubblicato nel “il serrano” sez. cultura

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Tra la fine dell’800 e i primi anni del 900, il mondo cattolico in alcuni paesi europei ed inItalia, fu attraversato da momenti drammatici.Si registrò un tentativo di adattamento del cristianesimo al pensiero moderno, ma anche dicontrapposizione alla Chiesa.Il Modernismo ebbe diverse caratterizzazioni, spesso rispondenti ad opinioni e culturadegli esponenti più rappresentativi.In una semplicistica distinzione, si può qualificare il movimento: in radicale e moderato.Il modernismo radicale ebbe punte di massimo contrasto con la Chiesa perché mise inforse alcune fondamentali verità del cristianesimo.Quello moderato ebbe come obiettivi l’aggiornamento del pensiero della chiesa, come ilriconoscimento del metodo scientifico e nella sostanza la vivificazione del dialogo tra fedee ragione.La Chiesa vide nel modernismo un concreto nemico da combattere.Non pochi dei principi allora sospetti o condannati, nel tempo furono accettati, frutto di uncostruttivo confronto tra Ragione e Fede.Scopo di questa nota è di offrire motivazioni, stimoli per riflettere un periodo dellastoria della chiesa che pur nella sua drammaticità è da ritenere una tappa fonda-mentale di arricchimento, perché’ esprime la sua origine divina e umana, questapassibile di errori.PIO IX, 8 dicembre 1864, intervenne condannando le prime espressioni del modernismocon il Sillabo, documento di accompagnamento alla enciclica Quanta Cura (1864).Con il “Sillabus complectens praecipuos nostrae aetatis errores, “ovverosia l’elen-co di ottanta proposizioni nel quale EGLI condannò le eresie riproposte nelle idee deltempo: gli errori relativi alla Chiesa e alla società civile, il comunismo, il socialismo, illiberalismo, l’indifferentismo ed altri.Leone XIII riscontrò un pericolo nelle opinioni dell’appena sorto modernismo, che neiprimi momenti aveva preso di mira il campo degli studi biblici ed espresse il suo contrastoper mezzo della Provvidentissimus Deus (1893), con la quale difese la Sacra Scritturacontro gli errori del movimento.La contrapposizione al modernismo conobbe la punta di massima reazione con PIO X,

Il Modernismo cattolicoA cento anni dalla enciclica di Pio X Pascendi Dominici Gregis

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che la espresse con la Lamentabili Sane Exitu (3 luglio 1907).“L’errore moderno” fu confutato dettagliatamente dallo stesso Pontefice con la enciclicaPascendi Dominici Gregis dell’8 Settembre 1907.La Sacrorum Antistitum, (1910) costituì il compimento dottrinario antimodernista “com-pendio e veleno di tutte le eresie”.Con motu proprio in essa fu prescritto il giuramento antimodernista.Ci addentreremo nel cuore dell’argomento esprimendo i contenuti del movimento, sia pure inmodo frammentario, attraverso la descrizione del pensiero dei suoi più noti esponenti.Il Modernismo nacque in Francia, questa è l’opinione più condivisa, ad opera di AL-FRED FIRMIN LOISY (1857-1940). Sacerdote, teologo, esegeta; fu ritenuto il più dot-to dei modernisti. Prima di essere condannato dalla Chiesa Loisy si era distinto nel difen-derla contestando le opinioni di ALFRED von HARNACH protestante che sosteneva lastoria della chiesa cattolica come una degenerazione del dettato evangelico (l’Evangeleet la Eglise 1902).La sua difesa peraltro metteva in discussione le fondamenta della apologetica tradizionale.La Chiesa non fu d’accordo, mise il libro all’indice e scomunicò l’autore.Alla conclusione della sua tesi modernista scrisse che avrebbe voluto: “Una riforma essen-ziale dell’esegesi biblica, di tutta la teologia perfino del cattolicesimo in genere”.Dal punto di vista dogmatico intese: “Il pensiero cattolico come adattamento progressivoalle condizioni politiche, sociali e culturali”.Il suo distacco dalla Chiesa fu alla fine molto profondo e assolutamente inconciliabile comesi apprende da Choses Passèes Hounry Paris 1913 p. 246: “Storicamente parlando ionon ammettevo che Cristo avesse fondato la chiesa e i sacramenti, professavo che i dogmisi erano formati gradualmente e che non erano immutabili, lo stesso ammettevo per l’auto-rità ecclesiastica di cui facevo un ministero di educazione umana. Insinuavo con discrezio-ne, ma effettivamente una riforma sostanziale dell’esegesi cattolica, della teologia ufficiale,del governo ecclesiastico in genere”.“Agli studi esegetici biblici, LOISY si dedicò con grande passione. Lavorò sul testo e leversioni dell’Antico Testamento, sul Pentateuco, sulla Genesi. Il suo lavoro fu inizialmenteelogiato, dopo vennero le prime critiche e i primi sospetti sul suo metodo di indagine.Sembra sostenesse “la relatività storica delle verità biblica, il legame cioè tra il credente ele affermazioni degli autori ispirati con il contesto storico, sociale e dottrinale in cui viveva-no. L’errore era nel metodo: nel porre il problema degli errori nella Bibbia esclusivamenteda un punto di vista teologico (M. GUASCO)”.

LUCIEN LABERTHONNIERESacerdote, Abate, Filosofo francese . (1862-1932).I suoi “Essais de philosophie religeuse” furono condannati dalla Chiesa.Ritenne la filosofia di Tommaso d’Acquino “mostruosa” e il tomismo, anticristiano.

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In contrasto con la Aeterni Patris di Leone XIII.Nel suo filosofare vi è un cristianesimo molto vicino all’autodidattica protestante, esclu-dendo la Chiesa e la gerarchia dalle sue funzioni.Dei suoi scritti scrive Nicola Abbagnano “che una qualsiasi verità non diviene nostra senon nella misura in cui noi stessi lavoriamo a crearla in noi. Questo presupposto è a basedella dottrina che dal punto di vista filosofico egli chiama dogmatismo morale e dal puntodi vista religioso metodo dell’immanenza. Da questo punto di vista la filosofia non è unascienza ma piuttosto lo sforzo cosciente e riflesso dello spirito umano per conoscere leragioni ultime e il senso vero delle cose”.Nella Teoria dell’educazione sostenne che il ruolo della Chiesa è di organizzazione so-ciale volta a salvare l’umanità dal disorientamento morale e dalla negazione di Dio. Intornoagli anni 20 si distaccò dal modernismo.

MAURICE BLONDEL (1861-1949)La sua opera più importante si intitola: L’azione saggio di una critica della vita e dellascienza pratica.Tentò di dar vita a una corrente filosofica non conforme a quella tomista, cara al Papa, cheinsospettì la gerarchia ecclesiastica.Sostenitore di un cristianesimo attivo e pragmatico: “Restio ad accettare delle verità impo-ste dall’esterno tendeva a costruire un sistema filosofico fondato sull’immanenza, sull’itine-rario cioè che l’uomo compie alla ricerca di una verità che soddisfi le sue aspirazioniprofonde… porta l’uomo alla ricerca di una risposta proveniente dall’esterno, aprendosicosì al soprannaturale”.Nel suo pensiero vi era la volontà di cogliere le istanze del pensiero moderno, senza sco-starsi dal cattolicesimo pur avendo come presupposto della sua ricerca un esame di questirigoroso nei suoi dogmi, nella sua essenza financo nella sua pratica letterale.Egli non volle abbandonare il suo credo, prediligendo però il confronto scientifico, il meto-do della ricerca espressione moderna di quel momento storico.BLONDEL non è stato un padre nobile del modernismo, è stato certamente un’espressio-ne di disagio, comune a tanti studiosi che non volevano abbandonare la loro fede religiosapur non rifiutando sistematicamente gli apporti dei nuovi metodi scientifici (M. GUASCO)”.

ALBERT LAGRANGE (1855-1938)Frate domenicano, fondatore a Gerusalemme nel 1890 della famosa scuola biblica.È ritenuto il padre dell’esegesi critica della Bibbia.Scrisse LAGRANGE: “Alcuni contestano anche l’esistenza storica di Gesù. Ho dedicatotutta la mia vita a unire il Gesù uomo al Gesù Dio con lo studio dei Vangeli. Vivo in Palesti-na per studiare attraverso gli scavi la vita di un UOMO chiamato GESÙ nel suo Vangelo.Le mie ricerche mi hanno convinto: GESÙ dimostra la sua esistenza attraverso il suo mo-

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vimento”.Illuminare lo studio della Bibbia attraverso una conoscenza scientifica dell’ambiente uma-no in cui è stata vissuta, parlata, scritta fu il suo obiettivo di ricercatore.Ebbe notevoli contrapposizioni con diversi Ordini religiosi. Con i Gesuiti che rigettavano ilmetodo della critica storica e con i Francescani circa la dubbia autenticità di taluni santuaridella Terra santa. Furono peraltro molti e gravi i contrasti avuti con la Chiesa.Accettare la critica della Bibbia scandalizzava allora i tradizionalisti del Vaticano.Si dovette attendere l’elezione a Papa di Eugenio Pacelli (1931) perché fosse autorizzatala pubblicazione dello studio di LAGRANGE: Commentaire sur la genese, che vide laluce quando lo studioso era morto.Finalmente la Chiesa permetteva lo studio scientifico dei testi sacri!Nel 1943 PIO XII a conferma emanava l’enciclica Divino Afflante Spiritu.Scrive GUITTON: “I protestanti e gli ortodossi salutarono questa enciclica come un’aper-tura di nuove vie all’esegesi; che si prolungheranno con il Concilio Vaticano II”.Come LAGRANGE, i padri POUGET e PORTAL modernisti, erano stati condannati daPio X.Intorno alla fine degli anni 80, la Chiesa procedeva alla beatificazione del celebre fratedomenicano.

GEORGE TYRREL (1861-1909)Irlandese, sacerdote gesuita, prima calvinista convertitosi all’anglicanesimo. Fu espulsodai gesuiti nel 1906. In punto di morte gli fu somministrata l’estrema unzione, gli si rifiutò lasepoltura religiosa.Sostenne “il diritto in ogni epoca di adattare l’espressione storico-filosofica del Cristiane-simo alle convinzioni contemporanee, mettendo così fine all’inutile conflitto tra scienza efede che era solo uno spaventapasseri teologico”. Contrastò la decisione del ConcilioVaticano I sull’infallibilità del Papa.Nella Lettera confidenziale a un amico professore di Antropologia con la quale rag-giunse notorietà, scrive: “La coscienziosa indagine storica intorno alle origini cristiane eintorno all’evoluzione ecclesiastica, vulnera in radice parecchi dei nostri principi fonda-mentali per tutto ciò che concerne i dogmi e le istituzioni”.Riconosce senza esitazione che il dominio del miracolo si restringe ogni giorno di più, datala possibilità sempre più vasta di ridurre le proporzioni a cause naturali constatabili…Elaborò una concezione soggettivistica della religione, individuandone l’essenza nel senti-mento di dipendenza dell’assoluto, nella fede e nella preghiera.Per quanto attiene la dogmatica sostenne la necessità che la chiesa dovesse riscrivere idogmi per coglierne nuovi aspetti in relazione ai tempi.Fraintese il concetto di evoluzione del dogma del cardinale Newmann per il quale l’evolu-zione della dottrina non significava il suo superamento. Questi a ragione fu considerato

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l’anello di unione tra cattolicesimo e pensiero moderno.Il modernista italiano BONAIUTI lo definisce “l’araldo più ardimentoso, più coerente, piùintimamente pervaso di fede e di entusiasmo della causa modernista” e MAURILIO GUA-SCO “l’unico vero teologo del modernismo”.Il libretto “grigio” del modernismo teologico inglese fu definito una sua pubblicazione fir-mata con lo pseudonimo HILARRE BOURDON dal titolo: La Chiesa e il futuro .IL colore “rosso” apparteneva a LOISY, che indicava il pensiero di punta del modernismodi questo autore in riferimento particolarmente all’esegesi biblica.

MAUDE PETRE (1863-1947)Alla morte di TYRREL, Maude Petre, una suora che abbandonò i voti continuò a diffon-dere il suo pensiero.Degno di citazione, perché costituì un punto di collegamento tra modernisti di varie nazio-nalità il barone FRIEDRICH von HUGEL (1852-1925.), “anello intermediario tra societàinglese, tedesca, italiana fra le idee della filosofia dell’azione e quelle dell’immanenza sto-rica”.Fu definito il “Vescovo laico del modernismo (Paul Sabatier)”.

Al modernismo, innovatore del pensiero della chiesa cattolica, ma a essa legata, appartie-ne JOHN HENRY NEWMANN (1801-1890.)Fu il promotore del movimento di Oxford (1833) che tese a condurre l’anglicanesimo allaChiesa di Roma.Anglicano, nel 1848 si convertì al cattolicesimo; nel 1879 gli fu conferita la berretta cardi-nalizia da Leone XIII.Nello sviluppo della dottrina cristiana affrontò e chiarì l’apparente contraddizione traevoluzione storica e immutabilità della verità rivelata.Il dogma per Newmann si sviluppa, non evolve, non cambia la sua natura nel tempo.La chiesa può riscriverlo e riproporlo, fedele al loro significato originario, approfondirlo,presentarlo in relazione ai tempi.Questo adattamento dogmatico poté innescare fraintendimenti teologici. Ne specularonoVON HUGEL, TYRREL ed altri per la formulazione di un modernismo teologico.Il pensiero di Newmann, ha costituito un punto di incontro tra cattolicesimo e pensieromoderno.Si dedicò all’unità delle chiese. Fu “ispiratore segreto” del Vaticano II.Appartenne a coloro che: “Sono alla ricerca di un preciso orientamento attraverso le in-certezze del mondo moderno e anticipò riflessioni, orientamenti di pensiero che risuonaro-no abbondantemente” in quel Consesso.GIOVANNI PAOLO II scrisse di lodare DIO “per il dono del grande cardinale ingle-se”.

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Il 22 gennaio del 1991 lo dichiarò Venerabile. Benedetto XVI, il 19 settembre del2010 lo proclamò Beato.

Il Modernismo cattolico italiano

La sua data di nascita è attribuita a SALVATORE MINOCCHI (1869-1907), prete ebiblista che nel gennaio del 1901 fondò “Studi religiosi”, rivista critica e storica promotri-ce della cultura religiosa in Italia.Ad essa collaborarono il barnabita GIOVANNI SEMERIA (1867-1931), padre GIO-VANNI GENOCCHI (1890-1943), padre UMBERTO FRACASSINI (1862-1950),rettore del seminario di Perugia, don ERNESTO BONAIUTI (1881-1946), professorenel seminario dell’Apollinare.Questi è riconosciuto come la persona più autorevole del modernismo italiano.Considerato come movimento di importazione dall’estero, addirittura secondo don Giu-seppe De Luca “viveva molto di rigovernature con tinte accese dell’anticlericalismo dipiazza”. Annoverò più preti spretati che non idee travolgenti, studi originali; riuscì a “distur-bare il laicato, beatamente ignaro di religione e sorpreso di tanto chiasso e strepito insagrestia”.Il programma dei modernisti apparso a Roma nel 1907, attribuito nella gran parte aErnesto Bonaiuti, costituì la risposta all’enciclica Pascendi.Scrive Bonaiuti “fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma. Bisogna riformareRoma con Roma; fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devonoessere riformati, questo il vero ed infallibile metodo, ma è difficile. Trasformare il cattolice-simo dall’interno. Il culto esteriore durerà sempre con la gerarchia, ma la chiesa in quantomaestra dei sacramenti e dei suoi ordini modificherà la gerarchia e il culto secondo i tempi;essa renderà quella più semplice, più liberale, più spirituale e per quella via essa diventeràun protestantesimo ortodosso, graduale e non violento, aggressivo, rivoluzionario, insu-bordinato, un protestantesimo che non distruggerà la continuità apostolica del ministeroecclesiastico né l’essenza stessa del culto”.Un durissimo attacco alla Chiesa romana!Con il programma dei Modernisti e con Le lettere di un prete modernista Bonaiutirappresenta la personificazione del modernismo italiano e il più radicale esponente.Come il Modernismo internazionale anche quello italiano fu contraddistinto dal pensierodei suoi maggiori esponenti non sempre concordi, per le diverse caratterizzazioni, in ragio-ne delle culture e degli intendimenti dei diversi esponenti.Il Modernismo fu per taluni un momento di “guerra civile” del cattolicesimo e per altri unsincero tentativo di ammodernamento teso a fare condividere dalla Chiesa ad esempio ilmetodo scientifico che avanzava, interessando molte discipline.Seguiamo per un momento il pensiero del gesuita Padre LA ROSA per capire da chi è

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stata scritta la Pascendi Dominici gregis emanata l’8 settembre 1907.In un primo tempo si pensò che egli fosse l’estensore; si appurò dopo che a formulare ildocumento furono il cardinale GIUSEPPE CALASANZIO e tale padre J. B. LEMINS.LA ROSA ritenne che alla base del modernismo vi fosse un contenuto filosofico del tipoagnostico. Elemento questo da combattere prioritariamente.L’agnosticismo come è noto nega alla ragione la possibilità di conoscere altro che sia al difuori del percepibile, quindi la non conoscenza di Dio e di quanto credibile attraverso lafede.Combattere l’agnosticismo fu l’arma più appuntita contro il modernismo nel contesto filo-sofico - teologico. Unitamente all’agnosticismo si tese a combattere il soggettivismo, loscetticismo, l’immanentismo che secondo il gesuita costituivano i pilastri del documento.La CIVILTÀ CATTOLICA organo di stampa dei Gesuiti si pose in prima linea nel com-battere il modernismo difendendo e divulgando i documenti della Santa Sede.È da ricordare che la lotta al modernismo, comprese i campi della teologia, della storiadell’esegesi, della dogmatica, dell’apologetica etc.Scrive recentemente GIOVANNI SALE S.I. in Civiltà cattolica (6-10.2007) che “dalladottrina di Padre La Rosa gli estensori della Pascendi mutuarono i punti di contrapposizio-ne alla dottrina modernistica che possono essere riassunti nel modernismo filosofico, nelmodernismo teologico, nel modernismo apologetico, nel modernismo storico o esegetico.Scarsa attenzione fu data al modernismo politico-sociale che dopo la promulgazione dellaPascendi ebbe uno sviluppo notevole ma non uniforme”.A proposito del modernismo politico merita citazione un suo autorevole esponente, donROMOLO MURRI (1870-1944). Egli tentò di conciliare i valori del cattolicesimo conquelli della democrazia moderna rispondendo all’enciclica Pascendi con un suo libro: Lafilosofia nuova e l’enciclica contro il Modernismo.Scrive di lui M. GUASCO: “Murri tentava per la prima volta di presentare il camminoverso il rinnovamento culturale, teologico, biblico e anche politico come un unicum daraccogliere e convogliare in un disegno unificante”.Fu tra i promotori della FUCI, della Democrazia cristiana, della Lega democratica nazio-nale.Collaborò con don Luigi Sturzo. PIO X vietò l’adesione alla Lega democratica e conl’enciclica Pieni L’animo (1906) “condannò lo spirito di insubordinazione e di indipen-denza, che si manifesta qua e là in mezzo al clero”.Nel suo il Messaggio cristiano e la storia ritiene che “la Chiesa cattolica è uscita fuoridalla storia e non ha più parole di vita”, ma si preoccupa di distinguere “tra la chiesaspirituale intesa come società di Dio con gli uomini, mediatore il Cristo e l’istituzione”.Sostiene che nulla gli poteva essere imputato dal punto di vista dell’ortodossia dottrinale.Ebbe contrasti con la gerarchia ecclesiastica: fu sospeso a divinis e poi scomunicato. Fudeputato considerato tra i primi leader del Partito Radicale.

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Nel 1943 PIO XII ne revocò la scomunica. Fu ammesso ai sacramenti alla vigilia dellamorte, il 12 marzo 1944.Fra i modernisti italiani è da citare A. FOGAZZARO. Il suo romanzo Il Santo, volto adiffondere le idee moderniste, veniva regalato ai seminaristi e ai giovani sacerdoti, fu mes-so all’indice da PIO X (1906).Avvicinandoci alla fine della trattazione Modernismo, antimodernismo, necessariamen-te frammentaria e incompleta, riteniamo utile operare una breve sintesi su talune e princi-pali questioni nodali di quel complesso evento.

ESEGESI BIBLICAI contenuti filosofici dei modernisti sui quali si fonda la lettura dell’esegesi biblica sfocianonell’agnosticismo, nell’immanentismo, nel positivismo incompatibili con il carattere sopran-naturale del testo biblico.Allora per la Chiesa l’esegesi biblica scientifica non era compatibile con quella teologica.Il problema a tutt’oggi irrisolto trova ampia citazione nei documenti pontificii Fides etRatio Giovanni Paolo II e nel pronunciamento di Benedetto XVI, cento anni dopo, con ilsuo “Gesù di Nazaret” nel quale afferma: “La fede illumina l’esegesi scientifica”.

LA RIVELAZIONEAltro elemento di forte contrasto.La Rivelazione dai modernisti è intesa come “una esperienza puramente interiore, nonsembra differenziarsi dalla coscienza umana, ma si identifica con essa. Sentimentoreligioso, fede e rivelazione, sostanzialmente vengono a coincidere. Questo porta aritenere il cristianesimo, come tutte le altre religioni… un prodotto della natura uma-na” (CORRADO PIZZIOLO).La Rivelazione per la Chiesa invece “è un’auto comunicazione di Dio stesso all’uomo,culminata in Gesù Cristo (Dei Verbum)”. La costituzione dogmatica sulla divina Rivela-zione, uno dei documenti più importanti del Vaticano II, (Paolo VI il 18.11 1965) è Laparola di Dio del vecchio e del nuovo testamento. (Approvato da 2344 Vescovi con6 contrari).

IL DOGMAAltro punto di forte contrapposizione tra Modernismo e dottrina cattolica.Per i Modernisti “il dogma è il sentimento religioso che fa emergere Dio nella coscienza,ma lo fa emergere in forma indistinta e confusa. Occorre allora l’interveto dell’intellettoche lo elabora in forme concettuali. Le formazioni che ne derivano costituiscono appuntoi dogmi i quali sono dei semplici simboli o strumenti concettuali. Essi servono ai credenticome norma pratica in funzione della propria esperienza religiosa. Quando viene meno laloro efficacia in ordine alla vita del credente, devono essere necessariamente modificati in

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vista di un’efficienza rinnovata” (C. PIZZAIOLO)Per la Chiesa cattolica il dogma deriva dalla rivelazione di Dio donde la sua infallibilità.Non tutti, ma buona parte dei problemi chiamati in causa dai Modernisti erano problemireali: “Il rapporto tra fede e storia, tra fede e scienza, tra coscienza umana e rivelazione diDio, tra linguaggio umano del dogma e verità soprannaturale che lo esprime”.La Chiesa peraltro doveva intervenire perché tematiche così importanti non degenerasse-ro a scapito della Fede.Una parte di essi, perché ruotano tra FEDE e RAGIONE, costituiscono ancora un eternorompicapo specie per quanti non accettano che l’una e l’altra sono destinati a collaborare,ad intendersi per far sì che l’uomo possa attraverso la fede vedere quanto i suoi soli sensinon gli consentono di percepire.Nella complessità del problema c’è chi ancora oggi si chiede che cosa è il MODERNI-SMO?La risposta di CORRADO PIZZIOLO: “Possiamo definirlo una crisi di crescita nell’or-ganismo della Chiesa cattolica… da più parti venne avvertita l’urgenza di superare la gravefrattura che era venuta progressivamente a crearsi tra il pensiero cattolico e la culturamoderna e… che sembrava rendere non più comunicabile al mondo moderno la fedecristiana. Molti intellettuali cattolici si sentirono perciò chiamati ad un’opera di conciliazio-ne tra le conquiste della modernità e la tradizione cattolica. Di conseguenza si miserovolonterosamente all’opera… lo sforzo di dialogare con la nuova sensibilità filosofica escientifica dell’epoca moderna… approdò in una certa misura a compromettere l’identitàdella fede cristiana”.E quindi la reazione della Chiesa cattolica con i suoi mezzi e soprattutto con la sua dottrina.

ALCUNE RIFLESSIONI RECENTI

J. MARITAINE: “Oggi nei confronti della febbre neomodernista molto contagiosa almenonei circoli degli intellettuali, il MODERNISMO (condannato) di PIO X non era altro cheun modesto raffreddore”.E. POULAT: “Tempo di salute pubblica, in un clima di stato di assedio… guerra civileall’interno della Chiesa.”Se è vero che furono stroncate anche voci profetiche che si appellavano ad un aggiornamen-to culturale della chiesa, vi furono anche forti minacce ai principi fondamentali della fede.

SI PUÒ PARLARE DI ATTUALITÀ DEL MODERNISMO?Molte problematiche sollevate nel periodo modernistico non hanno trovato ancora oggisoluzione e si presentano sotto altre vesti.

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È il pensiero di PAOLO VI (1972) espresso nell’udienza generale di mercoledì 19 genna-io (vedi Insegnamenti di Paolo VI (vol. Poliglotta vaticano, Città del Vaticano 1973 p. 56)sull’attualità del modernismo che “sotto altri aspetti il modernismo è di attualità”.Il riferimento che la Pascendi costituisce per l’enciclica Humani Generis di Pio XII, perla Fides Et Ratio di GIOVANNI PAOLO II e ancora più di recente per il Gesù diNazareth di BENEDETTO XVI, consentono di confermare l’attualità della fenomenolo-gia modernistica espressa in vari e insidiosi modi.Certo sulle modalità condotte nel difendere i valori fondamentali della fede c’è da poterdiscutere. Se fu “bieco potere ecclesiastico (che) stroncò senza pietà le voci profeticheche si appellavano ad un rinnovamento della Chiesa o una forte e decisa reazione in difesada azioni in parte in buona fede in parte certamente da combattere perché contrarie aifondamenti della fede e all’ortodossia della Chiesa”.Instaurare omnia in Christo comunque fu il comandamento di PIO X nel combattere IlMODERNISMO.Giusta difesa? Reazione abnorme? Reazione che ha ritardato l’aggiornamento scientifico,culturale della gerarchia ecclesiastica?In ogni interrogativo vi è certamente parte della verità.Lo studio critico dei Vangeli è stata la scintilla dalla quale è partito il modernismo.Studio agognato dalla allora cultura moderna ed avversata dalla Chiesa. Oggi non è così.Abbiamo appreso anche ultimamente dal Gesù di Nazareth di Benedetto XVI che “ilmetodo storico è e rimane una dimensione irrinunciabile del lavoro esegetico”.Scrive Klemens Stock, tra i più autorevoli esperti dei Vangeli sinottici: “Il Papa prende ledistanze da alcune teorie ultimamente in voga: non accetta che il vero Gesù storico sia vistocome un grande maestro e moralista, un contadino galileo, un filosofo itinerante, un rivolu-zionario e così via. Il Papa, come a bilanciare questa tendenza, riparte dai Padri dellachiesa e dalla loro esegesi. Chiede dunque al lettore di entrare più nel profondo, che è poiil messaggio centrale del libro. Riconosce in Gesù il figlio di Dio. Ma non solo. Scoprire ilLui il rapporto particolare con il Padre nella cui volontà e conoscenza si rivela il Gesù vero,quello trasmesso dai Vangeli”.Questo modo di vedere oggi il Cristo storico, dal Cristo Dio, a suo tempo, avrebbe potutospegnere la scintilla e lo stesso MODERNISMO, se da questa è partito?A celebrare i 100 anni dalla promulgazione (8 settembre 1907-8 settembre 2007).dell’en-ciclica Pascendi Dominici Gregis, per quanto siamo a conoscenza sono apparsi duearticoli in ricordo dell’importante evento, come scrive Sandro Magister vaticanista (Cri-smon, il forum cattolico italiano, 08.09 .07).In “Civiltà cattolica” ad opera di Padre Giovanni Sale S.I. (6 ottobre 2007-anno 158) e inAvvenire ad opera del teologo Corrado Pizzaiolo.È peraltro da ricordare che il 29 settembre 2007 con il titolo “Pascendi Domici gregis:Attualità dell’antimodernismo di S. Pio” presso la Pontificia Università di S. Tommaso

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è stato celebrato da Storici e Teologi un importante convegno.Hanno dato il loro contributo lo storico ROBERTO DE MATTEI, docente di storia delCristianesimo dell’Università di Cassino e dell’Università europea di Roma; il filosofo GIO-VANNI TURCO dell’Università di Udine; di padre GIOVANNI CAVALCOLI docentealla Facoltà teologica Emilia-Romagna. Moderatore del Convegno è stato padre ELVIOFONTANA Segretario della SITA (Soc. Int. Tommaso d’Acquino).Riportiamo alcune brevi riflessioni degli Oratori.

ROBERTO DE MATTEI“L’inizio del secolo XX si caratterizza per una grande accelerazione del progresso tecno-logico e sociale. Modernismo e progressivismo sono le parole chiave del pensiero del-l’epoca che inizia a permeare il mondo cattolico, anche grazie a notevoli mezzi finanziari”.…”.La Pascendi pubblicata in un’epoca in cui il cattolicesimo aveva già, oltre ai nemicidichiarati, molti avversari occulti che operavano al suo interno. Costoro ovviamente eranoi più subdoli e pericolosi, avendo una conoscenza diretta delle Chiesa. Il loro obiettivo eraquello di trasformare la Chiesa da dentro lasciandone intatto l’involucro strutturale”.“A distanza di un secolo la Pascendi Domini Gregis con la sua condanna al modernismoquale “sintesi di tutte le eresie” è ancora attualissima ed è auspicabile che i cattolici lariscoprano per contrastare il modernismo attuale, ben più nocivo di quello del passato, siaper i mezzi intellettuali più perfidi e sopraffini, sia perché ripete un errore che è stato giàcondannato”.La Pascendi “si configura come l’apice della visione integralmente cattolica ed evangelicadel Pontefice, che non poteva ammettere che parte del clero subordinasse, il dogma alpensiero umano, la verità della Rivelazione al criticismo storicista e in ultima analisi laChiesa alle pretese del mondo della storia”.

GIOVANNI TURCO“Le conseguenze più deteriori del modernismo sono l’attribuzione di un medesimo valorea tutte le religioni, la riduzione della carità a filantropia, la riduzione della Ragione a Doxa(opinione) fino ad arrivare in ultima analisi all’indifferentismo assiologico e all’agnostici-smo. La ragione umana, al contrario, è capace di riconoscere doveri dell’uomo versoDio”.“La strada da seguire è ben diversa e implica un ritorno alla metafisica, ovvero all’incontrolibero e liberante tra intelligenza e realtà, sulla scia di S. Tommaso... lo stesso relativismoattuale discende direttamente dal modernismo filosofico che, racchiudendo l’uomo in séstesso gli preclude ogni adesione al vero e alla realtà”. Dobbiamo allora chiederci, viviamo i tempi di un neo-modernismo?Se sì, la nostra società si allontana sempre più da Dio.Se sì, dobbiamo concordare con Paolo VI che nel 1972 disse: “Il Fumo di Satana ormai

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è entrato nel Tempio di Dio”.

GIOVANNI CAVALCOLI“Papa PIO X intuì quanto le dottrine moderniste fossero ispirate dalla superbia del demo-nio”.“Oggi il modernismo è ben più pervasivo di cento anni, avendo contagiato anche una partedella Curia cardinalizia e dell’Episcopato. Il clero dovrebbe, al contrario, regolare il suoagire sulla base dell’umile affidamento a Cristo e al magistero, non certo sulla base delsuccesso facile o del rispetto umano”.

MONS. LUIGI NEGRI Vescovo di S. Marino e Montefeltro ha concluso i lavori.“San PIO X ha dimostrato come tutte quelle correnti vicine al razionalismo e al moderni-smo portano inevitabilmente all’ateismo. Esse rappresentano un impietoso tentativo dieliminare Dio dalla considerazione della vita e della società. Se si elimina il divino, l’uomodiventa oggetto di manipolazione in tutti i sensi”.“I totalitarismi non sono stati incidenti di percorso ma consapevoli e deliberate costruzionidi società senza Dio”.“A tutto ciò si contrappone la Dottrina Sociale della Chiesa che, da circa un secolo emezzo, pone al centro della dignità della persona umana, la priorità della famiglia, la libertàscolastica, secondo i principi della sussidiarietà che il modernismo nega, attribuendolo alloStato un ruolo privilegiato, non a caso il totalitarismo rimpiazzò l’Europa delle nazioni conl’Europa degli Stati”.“Oggi ci troviamo di fronte ad una battaglia epocale tra una concezione autentica ed unaconcezione razionalistica e massonica della Chiesa. Parimenti c’è un ecumenismo giusto,quello che affianca al dialogo la missione e un ecumenismo d’accatto che contrapponedialogo e missione”.“All’inizio del secolo attuale, nell’anno giubilare è stata pubblicata la dichiarazione Domi-nus Jesus che indica chiaramente nella Chiesa la fonte della verità: auspichiamo che alpari del Sillabo e della Pascendi, la Dominus fra cento anni possa essere ricordata comeil documento magisteriale che ha impedito la dissoluzione del cattolicesimo nel mondo”.Viviamo oggi il pericolo di “una catastrofe antropologica” (Guardini); di una società ateavoluta dall’attuale MODERNITÀ infelice filiazione del MODERNISMO che noi laicidobbiamo contrastare come concettualmente ha voluto la Pascendi per frenare la disso-luzione della Chiesa magari correggendo taluni metodi e recitando qualche mea culpa.Facciamo memoria di quanto ha scritto il filosofo AUGUSTO DEL NOCE: “La storia delXX secolo non potrebbe essere intesa che come un processo verso il culmine della MO-DERNITÀ coincidente con la piena secolarizzazione, tale da escludere ogni richiamo allatrascendenza religiosa”.Scrive RINO CAMILLERI (il Giornale 09.01.08): Il MODERNISMO “mise la coscien-

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za al centro di tutto. E fece della fede non più l’assenso dell’intelletto alla verità rivelata daDio ma un cieco sentimento religioso”. Riferendosi ad una mancata celebrazione del cen-tenario della famosa enciclica: “ci sarebbe ogni motivo per un ampio dibattito, dal momen-to che il modernismo scomunicato cent’anni fa, ha conquistato gran parte del clero (e deivescovi) con il nuovo nome di progressismo”.E aggiunge “ La trasformazione del vecchio modernismo nel progressismo odierno si ebbeal tempo del Concilio vaticano II; soprattutto dopo, quando il cosi detto spirito del conci-lio convertì molto clero a “quell’ermeneutica della rottura” che l’attuale pontefice non sistanca di condannare: Il Vaticano II, dice in sostanza Benedetto XVI, va letto in continuitàcon tutta la tradizione precedente, e non costituisce affatto una rottura con il cattolicesimodefinito sprezzantemente pacelliano preconciliare”.Ma già negli anni 40 il Modernismo era riemerso con la cosi detta “Nouvelle teologie” cheebbe tra i suoi ispiratori MAURICE BLONDEL, condannata da PIO XII con l’enciclicaHumani Generis del 1950.MODERNISMO e ANTIMODERNISMO sono momenti della storia della Chiesa cat-tolica che non debbono essere archiviati dalla memoria dei cattolici.Noi, pur non avendo titolo, ma solo passione storica di quel tempo, che non tanto nasco-stamente sotto forme diverse si presenta anche ai giorni nostri, costituendo un pericolo perla vita della Chiesa ci siamo presi l’onere di studiarlo per noi, ma anche per gli amici delmio club che ho servito per due anni sociali, in qualità di Presidente.Serrani, il tempo in cui viviamo esige un alto grado di attenzione verso quanto sta avvenen-do nella nostra società!La modernità che in esso si fa sempre più manifesta, non è per noi, perché in essa tende adominare un sedicente umanesimo senza Dio o contro Dio.Un neo-modernismo, tra di noi e al di fuori, inquina il tessuto sociale secolare e non.La secolarizzazione che vuole fare a meno del trascendente ci sfida in una lotta che nondobbiamo accettare ma contrastare, forti della Fede e della cultura che dal CRISTIANE-SIMO trae la sua linfa vitale.Allerta dunque!Non vi posso infine nascondere il mio travaglio quando mi attardo sul tema MODERNI-SMO-ANTIMODERNISMO e penso al collegamento che questo binomio ha con il Va-ticano II.Su questo argomento, ma anche su quello che vi ho appena accennato, ben altri oratoridovrebbero intrattenerci.JEAN GUITTON amico di due Papi, Giovanni XXIII e particolarmente di Paolo VI,uditore prima e protagonista poi del Vaticano II per esplicito invito dei due successori diPietro sul modernismo scrive: “quando leggo i documenti concernenti il modernismo, talecome è stato definito da San. PIO X e che li confronto con i documenti del Vaticano II, ionon posso lasciare di restare sconcertato, perché quello che è stato condannato come

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eresia nel 1906 è stato proclamato ormai come dovendo essere la dottrina e il metododella chiesa, detto d’altro modo i modernisti nel 1906 mi paiono come precursori, mieimaestri hanno fatto parte di loro i miei genitori mi hanno insegnato il modernismo”. (Por-trait du Pere Lagrange, Editions Robert Laffont 1992, pag. 55-56).Il Vaticano II certamente è lontano da quello che furono il pensiero e l’opera di S. PIO Xsul Modernismo.Ma anche quei tempi sono molto lontani da noi!E occorre dire che per questo nessun addebito va addossato alla Chiesa!Gli uomini che la rappresentano appartengono alla natura umana, comune a tutti noi mor-tali e come tali non sempre infallibili!I tempi mutano e i rimedi propri o no mutano con questi. La storia di ieri non è quella dioggi e questa non sarà quella di domani! E gli stessi rimedi, cambiano.La storia del Cristianesimo è storia di Dio materializzata da Cristo e dalla Chiesa, ma èanche opera dell’uomo libero nelle sue azioni non certo infallibile.Che ne sarebbe della nostra libertà se non fosse cosi?È la storia nostra, della gerarchia e dei laici, non immuni da errori.Essa deve essere inquadrata nel suo tempo.I giudizi sempre espressi con la massima temperanza!Amici Serrani, non manchiamo di raggiungere quella ricchezza spirituale di essere “adultinella Fede “ per non essere sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento didottrina (S. Paolo lettera agli Efesini), per CRISTO, PER LA NOSTRA CHIESA, PERLA NOSTRA SOCIETÀ PER LA NOSTRA SALVEZZA.

Conferenza al Serra club, 19 maggio 2008.

Nota: Padre Louis Pillo (poi cardinale) è stato tra estensori della Pascendi. (Filippo Rizzi)Avvenire 1 dic. 2011, 12-17.

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“La nostra fede non si fonda sulla Sindone, bensì sui Vangeli. Ma ciò che colpisce e com-muove i cuori davanti alla Sindone è il constatare che in quel misterioso lino c’è un’imma-gine di un uomo crocifisso che corrisponde, con una precisione di particolari impressio-nante, al Gesù sofferente e crocifisso descritto nei Vangeli”. (card. Severino Poletti).Espressioni di doverosa cautela, anche se le ultime e tormentate indagini scientifiche ten-derebbero a ritenere che in quel lino è espresso il corpo del Cristo crocifisso.È possibile relazionare i segni della sofferenza della Passione del Cristo a quella di SanPio?Da quel lenzuolo trae motivo la nostra nota.Padre Pio aveva chiesto a Gesù di soffrire come Lui.Ed è verosimile ritenere che la richiesta sia stata accolta alfine di perfezionare la sua soffe-renza a quella di Cristo che lo aveva chiamato a una vita di dolore, perché assumesse ladignità di corredentore.L’iter della santità di Padre Pio é costellato di tanti segni, razionalmente inspiegabili, la suasofferenza può essere coniugata alle immani sofferenze del Crocifisso.La flagellazione, oltre cento colpi di “flagrum” evidenziano nettamente nella Sindone, lostrazio infinito del tipo di morte sulla croce, la trafittura del costato, la fissazione dei chiodi,nei piedi e nelle mani, uno strazio infinito!Diamo la parola al Santo:… “ciò che più mi martirizza sono quei forti ed acuti dolori al torace… in certi momentisembrano che vogliono proprio spezzarmi la schiena e il petto!”.“Non sono più io che vivo, vive in me Cristo”.“Sono stato fatto degno di soffrire con Gesù e come Gesù”.E Gesù gli dice: “Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no sarò inagonia fino alla fine del mondo”.Le sofferenze di Cristo crocifisso impresse in un lenzuolo, richiamano alla nostra mentequelle del Santo cappuccino che Egli ha voluto in questa vita per dire agli uomini, ancorauna volta, il grande dolore sofferto per redimerli.

Aprile 2010, anno della Ostensione.

La Sindone e S. Pio da Pietrelcina

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La Sindone

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In una riunione del distretto 71 ho proposto che i Serrani dei distretti 71 e 171 celebrasse-ro il Serra day annuale insieme, presso il Santuario della Madonna delle Grazie di Monte-nero in Livorno per rivolgere a Maria, MADRE delle VOCAZIONI una forte e coralepreghiera perché le nostre diocesi potessero avere tante e sante vocazioni sacerdotali.A tale scopo Domenica 29 aprile 2007 i Serrani dei club di Pisa, Cascina, San Miniato,Massa Carrara, Pontremoli, Lucca, Prato, Arezzo, Grosseto, Montepulciano, Assisi eLivorno in gran numero, oltre cento, si sono riuniti in devoto e filiale pellegrinaggio alsantuario della Madonna delle Grazie.

Alla speciale assise eranopresenti il Presidente delConsiglio Nazionale del Ser-ra Benito Piovesan, il Presi-dente internazionale elettoCesare Gambardella, il Rap-presentante del Serra pres-so la Santa Sede GiovanniNovelli, il Presidente dellaFondazione Internazionale“Beato Junipero Serra” Ro-mano Pellicciarini, il Gover-natore del Distretto 71 Mar-rico Alderighi.La particolare giornata dipreghiera è iniziata con lacelebrazione della SantaMessa dell’Amministratorediocesano Mons. Paolo Raz-

8. Serra day

Sul sacro colle anno sociale 2006-2007

L’A. con Mons. Diego Coletti

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zauti.I convenuti si sono portati poi nella sala delle conferenze dove con la guida del Priore DomIldebrando Cascavilla hanno ascoltato e meditato sul messaggio del Santo Padre per la44° Giornata di preghiera per le vocazioni.Particolare l’emozione dei presenti nell’ascoltare le parole di Papa Benedetto XVI rivoltoal mondo dei cattolici, da Piazza San Pietro: “Tutti i fedeli sono esortati a pregare inmodo particolare per le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata. Nel cuoredella Chiesa Comunione c’è l’eucaristia: le differenti vocazioni attingono da que-sto sommo Sacramento la forza spirituale per edificare costantemente nella cari-tà l’unico Corpo ecclesiale”.Dopo avere consumato, in grande allegria, una fraterna agape con la presenza dei monacidel santuario, i convenuti si sono recati in Chiesa per la recita dei Vespri e un ultimoaffettuoso, orante sguardo alla miracolosa e venerata immagine della Vergine.Come ad implorarla ancora ad ascoltare la nostra pressante preghiera.

Gruppo di serrani con Mons. Paolo Razzauti

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Pregare, pregare, saper pregare, i Serrani lo sanno di dover pregare la Madonnadelle Grazie per ottenere sante vocazioni sacerdotali.E ancora una volta il13 aprile 2008 ci siamo recati per celebrare il Serra day sul sacrocolle.Come l’anno precedente un raduno festoso e insieme devoto al cospetto del quadro mira-coloso della Madonna.Prima della Santa Messa celebrata dal Vicario vescovile mons. Paolo Razzauti abbiamoascoltato la sua conferenza: “Il seme della vocazione il più piccolo e insieme il piùgrande di tutti i semi “.Il conferenziere ha centrato il suo dire sull’importanza della coltivazione del seme di ognivocazione cristiana.Una dotta riflessione articolata su: Il Signore della vita, la vocazione della vita, la vocazionenel Vecchio Testamento, la vocazione nel Nuovo Testamento, la chiamata di Maria.“Eccomi sono la serva del Signore…è la risposta di Maria, la chiamata a essere Figlia eMadre, Donna al servizio dell’Umanità”.È da lei, dice l’oratore, dobbiamo essere capaci di prendere l’esempio per vivere al me-glio la nostra vocazione, soprattutto con la speranza di viverla nella logica del servizio e peril bene della società e della Chiesa e soprattutto a gloria del Padre.Il termine vocazione e più in generale l’atto del chiamare, fanno riferimento al processo chedescrive la condizione dell’uomo invitato a dialogare con il Creatore, e in conseguenza ditale relazione a scegliere di vivere secondo un progetto di felicità e di salvezza.Da tempo i club Serra, sentono il bisogno di chiedere con forza alla Madonna delle Graziedi farsi interprete verso suo Figlio del bisogno che le nostre diocesi hanno di tanti e santisacerdoti.Perché nonostante le tante preghiere non siamo ascoltati?Perché i nostri seminari non brulicano di giovani seminaristi?Non lo sappiamo pregare? Forse sì.E allora chi ci può venire incontro se non sua Madre?Convinti della sua forza e della nostra estrema debolezza eccoci ancora una volta a scalareil sacro colle dove la bellissima icona di Maria con il Bambino, veneratissima dal popolotoscano, perché dispensatrice di grazie, ci siamo recati a pregarla, a scongiurarla perché si

Sul sacro colle anno sociale 2007-2008

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facesse Lei, interprete, delle nostre necessità.È grande la necessità che laici ricevano la chiamata a diventare apostoli della fede.È straordinariamente grande ricevere la chiamata di essere presbiteri, apostoli della Fedee Ministri di Dio.Durante la S. Messa, nel silenzio più profondo dell’animo abbiamo urlato alla Madonnadelle Grazie:Advocata nostra ora pro nobis.Ammirare la sua dolcezza di Madre con in braccio il Bambino sentivamo riempire i nostrianimi di tenerezza e di gioia e tanta speranza, mentre Lei sembrava dirci: Pregate, sap-piate pregare, io sono con voi, mio Figlio vi esaudirà.Ci sembrò volerci consolare abbozzando un sorriso, il tenero sorriso della Madre.Davanti all’altare principale, dove Cristo prigioniero d’amore sosta notte e giorno perquanti vogliono nella Grazia, cibarsi della sua carne, dove la Madonna con il Bambino neimomenti di solitudine sono i soli a fargli compagnia, due nuovi soci sono diventati Serrani,apostoli, missionari, alla faticosa ricerca di vocazioni.Nel lasciare il Santuario.l’ultimo sguardo, ancora una preghiera.Gli occhi un po’ tumidi lasciavano trasparire tanta emozione!E ancora quanta speranza!Advocata nostra ora pro nobis!

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Una ricorrenza che ci ricorda, il mistero dell’incarnazione di Dio che si fa uomo per amore,alla quale dobbiamo ispirarci perché in noi vivano sentimenti di pace, di amore, di carità, disperanza cristiana.“Un Dio-uomo; un uomo - Dio, catena che lega l’eterno al temporale”.Eccellenza!È da pochi giorni che Ella siede sulla cattedra episcopale istituita nel 1806 con la bollaMilitantis Ecclesiae, dal Pontefice Pio VII.L’aspettavamo e da tempo. Ci sembrò a un certo momento che il S. Padre si fosse dimen-ticato di noi uomini di poca fede!L’attesa è stata lunga, in verità. In città si sentiva il bisogno dell’Ordinario vescovile, alpunto che l’autorevole esponente della nostra Chiesa il Vescovo A. Ablondi, dimissiona-rio, si rivolse pubblicamente al Santo Padre con la invocazione: Mandaci il Vescovo!Finalmente giunge la buona novella: Un prete di Cascine di Buti, Vescovo di Livorno. Chela Provvidenza vedesse e così acutamente in territorio vicino, non ce lo aspettavamo. Lerecenti esperienze ci inducevano altrove.

Le vie del Signore sono infinite!L’amore della città, tanto capace di amare, Ella lo ha percepito durante la cerimonia dellasua consacrazione, nella maestosa cattedrale di Pisa.Mille e più livornesi con tutte le Autorità Le hanno dato il benvenuto!E poi quell’enorme striscione “LIVORNO PRESENTE” Le ha detto tutto quello di cuiil cuore di una città è capace di esprimere: Amore, fratellanza, solidarietà, tolleranza, schiet-tezza, religiosità. Ed ancora tanto affetto e tanta gioia espressi domenica 2 dicembre nella chiesa-cattedra-le.Mancherei se sottacessi che la nostra gente dalle tante virtù, ha bisogno di incamminarsipiù speditamente verso un più confidenziale ed amorevole colloquio con Dio:

9. NATALE 2007

Il primo con il Vescovo Simone Giusti

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Più fede, più fede ci vuole tra noi!

Eccellenza!Ella conosce il Serra sparso in tutto il mondo.Il movimento porta il nome di un umile frate francescano (1713-1784), JUNIERO SER-RA originario di Maiorca che fondò diverse missioni nell’Alta California, nel Nord Ameri-ca, nel Messico.Fu un civilizzatore e soprattutto un evangelizzatore.Uno sparuto gruppo di statunitensi ha voluto dare il suo nome al movimento, in onore di unfrate, dalla malferma salute, che si era prodigato per la civilizzazione e l’evangelizzazione diquelle terre.Gli Stati Uniti lo hanno inserito tra gli Eroi della Nazione.S.S.Giovanni Paolo II lo ha beatificato nel 1988.Noi Serrani preghiamo perché la Chiesa proceda presto alla sua canonizzazione.In nome del Beato, i Serrani che per istituzione sono impegnati nella Chiesa a favorire levocazioni cristiane in genere e quelle presbiteriali in particolare, hanno il compito di evan-

L’A. con Mons. Simone Giusti.

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gelizzarsi per evangelizzare.Preparare altresì il terreno nella società, la vigna evangelica, perché CHI ne ha il poterelasci cadere, marcire e maturare il seme delle vocazioni cristiane.Siamo cosci che abbiamo altresì “Il compito immediato di operare per un giusto ordinenella società” come ci suggerisce l’Esortazione apostolica Christifidelis laici.Il Serra livornese ha servito la propria associazione con persone di prestigio che hannooccupato cariche di notevole rilievo come quella di Presidente nazionale, internazionale edi Rappresentante in Vaticano dell’Associazione, nella persona di Giovanni Novelli nostroamato socio, recentemente scomparso.Abbiamo anche avuto Presidente nazionale il nostro socio Ammiraglio Alfredo Brauzzi.L’Ing. Romano Pellicciarini occupa ad oggi importanti incarichi internazionali.Abbiamo qualcosa da chiederLe, Eccellenza.I Serrani livornesi desiderano da Lei, essere ispirati ed aiutati nel servizio alla Chiesa.Le chiediamo di aiutarci a crescere nella fede e, nel rispetto di tutte le altre, nella nostracultura, suggestionati e convinti del pensiero di Paolo VI che “la rottura tra Vangelo e lacultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca.”Che cosa Le offriamo.Il nostro affetto, anzitutto.Eccellenza!La sua barca è solida, il timoniere è giovane ed eccellente; noi vorremo aiutarla a remarenel nostro bel mare, calmo in superficie, ma non privo di turbolenze, nel suo profondo.Queste, meritano faticose riflessioni.È nostra speranza che Chiesa, Istituzioni e Società possano camminare insieme, faticareinsieme, per un globale futuro migliore della nostra popolazione.Un futuro, come Lei ha sottolineato nella sua omelia-programma, che riconosca una solidabase, nella promozione integrale della persona.Come chiaramente scrive Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est: “La fedecristiana ha considerato l’uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e materiasi compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà”.

Auguri di buon Natale a Lei, ai nostri soci, alla nostra città.

NATALE 2007.

Pubblicato nel “il Serra” periodico del Serra Club Livorno n. 1 dic. 2007.

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Eccellenza,Ci eravamo appena conosciuti in tre fugaci occasioni: Nel Duomo di Pisa per la Suaconsacrazione, nel Duomo di Livorno per la presa di possesso della cattedra episcopaledella nostra diocesi e in occasione della cena per gli auguri di Natale.Ma non avevamo ancora avuta la possibilità di parlare di noi.Questo incontro in casa sua ce lo consente.Perché siamo qui.Desideriamo darLe ancora il benvenuto tra noi; chiederLe di aiutarci a crescere nella fede,ma anche per parlare, delle strategie del come svolgere il nostro lavoro le cui finalità è ditendere alla nascita e alla crescita delle vocazioni cristiane, sono a Lei ben note.Le abbiamo fatto cenno, che operiamo in un terreno dove la nostra cultura vive in soffe-renza, dove una particolare laicità scoraggia persino le possibilità nostre che sembranotrovare un freno per potersi esprimere.A noi sembra che nella nostra città e oltre i suoi confini viva come suggeriva Paolo VI “larottura tra Vangelo e la cultura senza dubbio il dramma della nostra epoca”.Le vocazioni che sono dono di Dio, necessitano della nostra preghiera e del nostro lavoro.A Livorno (di essa ci limitiamo a parlare) per la scarsità delle vocazioni presbiteriali c’èqualcosa che non funziona e i riferimenti causali, molto semplicisticamente pensiamo, dipoterli individuare in tre motivi:I Cristiani cattolici, laici e consacrati: Non sappiamo pregare, non adoperiamo i giustimezzi di lavoro, non lavoriamo quanto dovuto?Nella sostanza noi Serrani, siamo in difetto su due fronti: nell’evangelizzarci e nell’evan-gelizzare?Ci siamo chiesti tra l’altro, se nella nostra diocesi, si potesse ottenere un maggior numerodi vocazioni presbiteriali attraverso una migliore coordinazione del lavoro di tutti i gruppilaici, si da conseguire una maggiore compattezza propositiva e persuasiva.Nei due anni della nostra presidenza abbiamo interpretata la nostra attività ispirandoci allasperanza cristiana ritenendo che da essa si sprigiona un inimmaginabile potenziale operati-vo anzitutto di Fede e richiamandoci a Paolo di Tarso, di cui questo anno ricorre il bimille-nario della nascita, che noi celebreremo per ricordare che battezzati in Cristo ci siamo

Incontro con Mons. Simone GiustiNeo-Vescovo di Livorno. Sede Vescovile

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rivestiti di Cristo per interrogarci se e come portiamo quella veste.Con l’intendimento di farci meglio conoscere e di penetrare nel tessuto sociale della nostrasocietà onde tendere a preparare il terreno perché il Grande Seminatore si degni di far lìcalare il seme vocazionale, ci siamo inventati programmi rivolti ad una migliore conoscenzadei problemi, ad una più efficace penetrazione nella società onde far conoscere la nostraidentità di servizio alla chiesa locale, non ultimo a tendere noi stessi ad essere degni rap-presentanti del cristianesimo e della cultura cristiana.Speriamo che il motto con il quale abbiamo specificato la nostra azione, rilevato dal Van-gelo di Luca (5,4) nel quale Gesù suggerisce a Pietro di non farsi vincere dallo sconforto edi insistere nella pesca con le parole: “Prendi il largo e calate le vostre reti per lapesca” ci accompagni e ci sproni nella nostra fatica.Confidiamo nei suoi consigli operativi motivo principale per il quale siamo venuti qua,questa mattina.Un’azione anche da Lei ispirata, è quello che Le chiediamo.Ci auguriamo di avere da Lei, ispirazioni e motivazioni più mirate di quelle suggerite dallenostre possibilità, nella speranza che la sua, la nostra chiesa, possa vivere e crescere.Evento questo non facile da conseguire per il clima, per l’aria, che respiriamo qui e nelnostro paese, dove con tanta gente che vive la fede del Cristianesimo ve ne è altrettantache ci ricorda avversione su di essa antica e recente.Ci rattrista non poco la scarsità delle vocazioni sacerdotali.Ci rattrista e non poco vedere il nostro seminario con una presenza così sparuta di semina-risti.Con Lei vorremmo impiegare tutte le nostre forze per vedere un qualche mutamento dirotta.Con Lei vorremmo pregare, saper pregare perché Dio per intercessione del nostro BeatoJunipero Serra si degni di inviare a questa diocesi tanti e santi sacerdoti.

Febbraio 2008

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S.E. Simone Giusti, Vescovo della diocesi di Livorno

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Il Serra International, nel mondo, nel nostro paese, nella sua città è in lutto.Il 14 luglio 2007, Chi è Signore della vita e della morte, ha chiamato a sé Giovanni Novelli.Noi Serrani, non ci ribelliamo a questo evento, ma non possiamo non accusare la perditadi colui che è stato la punta di diamante del nostro club.Il vuoto che sentiamo attorno a noi ha il sapore di un baratro.Ci conforta la certezza che Giovanni è vicino a Chi lo ha voluto a sé, dopo una vita opero-sa, spesa con amore in tanti interessi.Egli visse strettamente fedele all’insegnamento evangelico” chi ha ricevuto molto, mol-to dovrà dare. Il prestito dovrà essere restituito con interesse”.Giovanni Novelli, il Presidente di sempre, ha ricevuto molto da Dio.Ed egli si è speso molto, certamente restituendo molti interessi.Si è speso generosamente ed efficacemente nell’ambito della sua professione e della cul-tura che predilesse.Al Serra, a tutti i livelli di responsabilità, ai quali è stato chiamato, ha dato tutto: amore,passione, cultura, saggezza, umanità.Lavorò indefessamente perché il Serra si dilatasse non solo in Italia, ma anche nel mondo.La sua opera, apprezzata da tutti, lo ha portato ad occupare le cariche prestigiose di Presi-dente nazionale, di Presidente internazionale e di Rappresentante del Serra presso la SantaSede, dopo essere stato Presidente del Club di Livorno e Governatore del Distretto 71.Personalmente lo ricordo con affetto, stima, devozione, ammirazione e riconoscenza. Perdue volte mi ha voluto Presidente del club.Carica, molto impegnativa solo se si guarda, a quello che Giovanni è stato per il suo club.Che dire!Altri lo celebreranno più compiutamente avendolo conosciuto prima e meglio di me.Lavorando per il Serra ho cercato di interpretare il suo pensiero da tradurre in azione,sentendomi in dovere di consultarlo sempre sulle decisioni da prendere.Così come ho fatto per il primo mio mandato, solo cinque giorni prima che morisse, gli hovoluto accennare alla bozza del programma che stavo preparando per l’incipiente attività

10. Due Lutti

A Giovanni NovelliPresidente …. Arrivederci!

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dell’anno sociale (2007-2008) attinente il mio secondo mandato.Pur sofferente, man mano che parlavo, seguiva con attenzione la mia esposizione, facevasegni di consenso. Alla fine del colloquio con voce flebile, con tanta espressività nel suoviso, dal quale traspariva molta sofferenza sopportata cristianamente mi disse: I giovanici vogliono, i giovani nel nostro club!Il problema più acuto sentito da lui e noi tutti.I suoi suggerimenti espressi sempre con molto garbo, mi sono sforzato e mi sforzerò diinterpretare al meglio. I suoi cenni discreti, ma anche i suoi silenzi, mi saranno preziosi permeglio operare per la vita del club.Pensare, sentire, interrogare Giovanni Novelli anche se non è più con noi è d’obbligo pertutti i Serrani, specie per chi è chiamato a cariche direttive.Non è facile no, se non si è dotati come lui, se non si sa faticare come lui, se non si ha lasua passione, se non si sanno spendere i propri doni come lui ha fatto.

Giovanni,Portare sulla carta ricordi ed emozioni non è agevole!Da dove sei, certamente vicino alla Luce, guarda le mie, le nostre miserie, scongiura Iddiocon te guardi il nostro club e tutti quelli seminati nei cinque continenti per indirizzarli, forti-ficarli perché raggiungano il loro obiettivo: che il mondo abbia tante vocazioni presbite-riali.Io, noi ti interrogheremo sempre, come se ti avessimo accanto.Il nostro orecchio è teso per ascoltare come quando eri in vita i tuoi pareri, i tuoi consiglie magari leggere sempre nei tuoi silenzi.Arrivederci Giovanni!

Luglio 2007Pubblicato nel “il serrano” supplemento al n.108, 2007.

I Club Serra e Lyonscommemorano il loro socio

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Ancora un grave lutto ha colpito il Serra di Livorno: L’Ammiraglio Alfredo Brauzzi si èspento il 12 febbraio lasciando un grande lutto tra i suoi familiari e tutti i Serrani.Spirito sincero, innovatore ed umile, ha profuso tante energie per la vita del club congrande convinzione e spirito di servizio.Non gli è sfuggita occasione per esprimere i suoi convincimenti volti ad operare per ilmeglio nel tendere a realizzare le motivazioni associative.Non posso sottacere a conferma della sua ricca umanità, un personale ricordo: Quandosarai Presidente, vorrò essere il tuo Segretario. Così è stato.Collaboratore fecondo, ricco di idee, puntuale nel servizio è stato per me ed il club unacolonna insostituibile.Grazie Alfredo, per tutto il servizio reso al club.A Te che sei vicino alla luce del Padre, unitamente a Giovanni, guardiamo come a duegrandi icone per avere avute le giuste ispirazioni nella nostra opera di promozione dellevocazioni cristiane.Il Movimento serrano tutto, non vi dimenticherà.Rivolgo un caldo invito a tutti i Serrani, leggendomi, di pregare per Te e Giovanni perchépossiate godere la pienezza della luce del Signore.Numerosi gli incarichi ricoperti dall’Ammiraglio Brauzzi nell’ambito serrano.Presidente del club di Livorno negli anni 85-87;Governatore del distretto 71 negli anni 92-93;Presidente del CNIS negli anni 95-97.Insignito nell’anno 2002-2003 dell’AWARD quale OUTSTANDING per gli speciali con-tributi dati al Serra; Membro della Commissione nomine internazionali anni 1999 e 2000.Ha incorporato il Serra club di Montepulciano e quello di Pontremoli.Ha regolamentato il premio “ I racconti del Serra e i rapporti tra Consiglio nazionale delSerra e la Fondazione Beato Junipero Serra”.Ha compilato i manuali del Presidente di club e Governatori dei distretti.Ha partecipato alle Convenzioni internazionali di Roma 1983: di Cleveland 1990; di Min-nneapolis 1996; di Dallas 1997; di Glasgow 1999 e quelle del Serra di Spagna e Toledoe Salamanca.È stato Grande Ufficiale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro e Delegato di tale Ordi-

Ad Alfredo BrauzziArrivederci Alfredo!

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ne per la Provincia di Livorno.

Alfredo, quanto bene hai fatto al club, alla società, all’Arma prestigiosa che hai servito,all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro è testimoniato dalla folla che ha voluto assistere altuo commiato da questa terra.I Serrani ti danno il loro arrivederci con tanta tristezza mitigata dai sentimenti della nostrasperanza, la speranza cristiana.

Pubblicato nel “il serrano” n.110, 2008

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A proposito di “Religioni e Politica nel mondo globale. Le ragioni di un dialogo”.

Caro Enrico,

Dal mio “buon ritiro” in Castiglioncello, tra l’azzurro del mare del “quercetano” e il verdedella collina, nel vivere un chiaro senso di pace, un pizzico di amarcord mi porta indietronel tempo.Ci proponevamo allora un progetto di società che assumesse una qualche impronta dellacultura cristiana.Tendere a un progetto così impegnativo e non esserne testimoni è stata pura fantasia!Dirsi cristiani è cosa diversa dall’esserlo!Anche per questo il crollo di un’ideologia organizzata in partito?Ne è seguito il disimpegno del mio servizio.Tu invece continui a fare politica-cultura, animando con il tuo “CENTRO” dibattiti di am-pio respiro.È dell’ultimo che ti vorrei dire qualcosa.Del libro del senatore Vannino Chiti, un “progressista”, come ama dirsi, dal titolo: Religio-ni e politica nel mondo globale, le ragioni di un dialogo.Consumata competenza nel porgere, da parte dell’Autore.Un rammarico!Per un tema di così alto interesse, svolto da un politico di prestigio per gli alti incarichiistituzionali che ricopre, ad ascoltarlo, mi aspettavo un nutrito uditorio.I progressisti locali, pochi.Chiti a me è apparso un politico che vede al di là e molto in alto.Mi è sembrato di sentire, saldo nelle proprie idee, la convinzione, la necessità di una fortevirata di una certa politica di ieri, anche grazie agli insegnamenti dei due Maestri ai qualidedica il suo lavoro.Egli ha messo onestamente e criticamente in luce la profonda voragine sulla funzione dellereligioni nella società, ritenute oppio della persona da un’ideologia vetero-progressista equella espressa dall’oratore.Nella sostanza ci dice:

11. Lettera a un amico

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● Per una società più giusta è essenziale conferire alle religioni un ruolo sociale.● L’inculturazione delle religioni è necessaria al progresso della persona.

Vorremmo aggiungere che se si tratta della religione cristiana l’obiettivo da conseguire èpiù vicino.Il politico progressista, crediamo abbia preso in mano la chiave giusta per instaurare unapolitica volta a favore della persona e della società, proponendo di servirsi delle religioni,conferendo loro una chiara ed insostituibile funzione sociale.La possibilità, anzi la certezza con ciò di far si che attraverso le religioni si possa approdareall’acquisizione per la persona dei valori religiosi, antropologici, politici, atti a scongiurarela consunzione della nostra società che si pasce di un pericoloso e imperante relativismo.

Religioni e politica, ragioni di un dialogo ci fanno vivere i temi: Chiesa e Stato, Fedee Ragione, Scienza e Fede, Credenti e non.E vengo a qualcosa altro che in verità fa parte di quanto sopra espresso.

LA LAICITÀRitorno su questo argomento, già oggetto di una mia riflessione nel tuo periodico.Il senso di questa parola, oggi mitigato, è stato contrapposto a religione e chiesa.Se si fosse creduto al significato che al termine ha conferito la chiesa cattolica e soprattuttoalle parole dell’evangelista: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è diDio”, incomprensioni tra istituzioni diverse, ma complementari per la promozione dellapersona, si sarebbero evitate.Il tema laicità fa parte del dialogo, auspicato da Chiti, tra religioni e politica.Quale laicità?Di quella targata “positiva” della quale ci piace ricordare ancora una volta hanno ampia-mente trattato Benedetto XVI e il Presidente della Repubblica di Francia, Nicolas Sarkozy,il 12 settembre del 2008.“Laicità nuova dialogo sereno e positivo comprensione più aperta tra religione e politica”tra Chiesa e Stato, laicità sfida!

Questi i termini espressi.Benedetto XVI: “Una nuova riflessione sul vero significato e sull’importanza della laicità èdivenuta necessaria.È fondamentale, infatti, da una parte insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quelloreligioso, alfine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità delloStato verso di essi e dall’altra parte, prendere una chiara coscienza della funzioneinsostituibile della religione per la formazione della coscienza e del contributo che essa

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può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondodella società”.E il Presidente Sarkozy tra l’altro: “ È legittimo per la democrazia e rispettosa della laicitàdialogare con le religioni… e in particolare la religione cristiana… faccio appello ancorauna volta a una laicità positiva, una laicità che rispetta, una laicità che riunisce, una laicitàche dialoga e non una laicità che escluda e che denunci”.Fondamentale questo dialogo, tra ambito religioso e quello politico, a così alto livello cheanticipa e conferma il pensiero chitiano evocante a gran voce nella politica, finalmenteprincipi e strategie volte al progresso dell’umanità, al di sopra delle ideologie di parte.C’era bisogno e da tempo che un autorevole uomo politico progressista si ergesse a pala-dino di un dialogo, di una collaborazione ritenuti improponibili nel passato a causa di unapolitica miope e faziosa.Stimiamo il Chiti.Un politico che sa unire, permeato, dall’illuminante pensiero ecumenico, religioso e politi-co di un Vescovo, Pastore di tutti, credenti e non, quale è stato a Livorno e nella Chiesatutta, Alberto Ablondi, al quale dedica il suo lavoro.

Agosto 2011

Per il dott. Enrico Dello Sbarba Presidente Associazione Culturale “il CENTRO”.Pubblicato nel “Il Centro” periodico politico culturale n. 114 anno XI.

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Livorno: Sede vescovile e seminario Gavi

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12. Benedetto XVI lascia la cattedra di Pietro“In piena coscienza e libertà”

“Dio mi chiama a salire sul monte”

Vicario di Cristo dalle ore 17,50 del 19 aprile 2005 alle ore 20 del 28 febbraio 2013.Il mondo si interroga.Quali i motivi?Molte illazioni.I “media” si smarriscono: età, salute, scandali, intrighi.Satana ha invasa la chiesa?Non tutto è dato sapere ora e nel futuro.Mi sento “un nano” per tracciare un sia pur pallido quadro sulla vita, le opere e il servizioprestati alla Chiesa di J. Ratzinger.Non credo di esimermi a tracciare una breve nota mentre sono in procinto di consegnarealla stampa la mia “poca cosa”: Vivere del Serra.Le parole pronunciate al Concistoro dell’11 febbraio: “Dopo avere ripetutamente esa-minato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le forzeper l’età avanzata non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministe-ro petrino”.Come tutti i Grandi della chiesa con tenacia si distingue per la ricerca della Verità. IL suomotto episcopale: Cooperatores Veritatis.Teologo insigne, si è speso per la cultura e lo sviluppo della Fede.Fede e Ragione personificate in Gerusalemme e Atene, ha continuato l’opera intrapresadal suo indimenticabile predecessore, Giovanni Paolo II

autore della famosa enciclica

Fides et Ratio.Forte il suo impegno per l’ecumenismo, il recupero della tradizione liturgica, sostenitoredell’ermeneutica della continuità nell’interpretazione del Vaticano 2°.Cultore ed educatore dell’antropologia cristiana, strenuo difensore dei valori non negozia-bili della persona.

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Contrastò la dittatura del Relativismo, male della società moderna, nemico della Verità allaquale tende in libertà l’uomo con la Ragione sostenuta dalla Fede. Amò e coltivò la musicache “serve ad elevare la mente verso Dio” che ringrazia per “avermi posto accanto lamusica quasi come compagna di viaggio che sempre mi ha offerto conforto e gioia”.Ci lascia preziose encicliche: Deus caritas est, Spe salvi, Caritas in Veritate.Sue le Esortazioni apostoliche: Sacramentum caritatis, Verbum Domini, Africae mu-nus, Ecclesia in Medio Oriente.Studiò Gesù storico con vari libri di successo: Gesù di Nazareth, Luce del mondo,L’infanzia di Gesù.Tra le altre sue pubblicazioni citiamo: Svolta per l’Europa, Il sale della terra, La miavita, Rapporto sulla Fede, Introduzione allo spirito della liturgia, Dio e il mondo,La comunione nella chiesa, Il Dio vicino, Europa, La rivoluzione di Dio, Testimonidel messaggio cristiano.Quest’ultimo è la raccolta di studi sui Padri della chiesa e i primi scrittori cristiani.Profondo ed illuminante lo studio e la cultura della Patristica dalla quale ha estratto moltiinsegnamenti espressi nella catechesi, volti al suo fermo intento di educare alla formazionecristiana necessaria per una nuova evangelizzazione.

Rimarrà in noi impressa la figura di un Papa, dal grande profilo intellettuale, dall’intensafede in Cristo e nella sua chiesa, umile e coraggioso.Si nasconderà al mondo, noi lo vedremo con l’occhio della mente, in preghiera, sulla cimadel monte, più vicino a Dio, alla sua chiesa, a noi, nella preghiera.La musica lo accompagnerà, noi potremo sentirne l’eco, quale invito alla preghiera in unacomunione di spiriti in elevazione verso Dio.

28 Febbraio 2013, ore 20 fine del Pontificato.

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I N D I C E

Pag.Dedica 5

Presentazione 7

Due parole al lettore 9

Brevi di storia del serra internazionale 11

Il Serra club a Livorno 12

Trentesimo del club a Livorno 13

Duc in altum 15

Il programma 2006-2007; 2007-2008 20

Servi del club 23

1. Il Teologo che dava del tu al creatore: J. H. Newman

J. H. Newman: il tormento di un’anima in viaggio verso la luce 29

Confessore e penitente convertito 44

Newman a Livorno 47

J. H. Newman lume sulla città 50

Il laico in J.H. Newman 57

Il primato di Dio nella vita e negli scritti del Beato J. H. Newman 60

2. Due PapiPaolo VI e Humanae Vitae 63

Giovanni Paolo I: una meteora nel firmamento della chiesa. 67

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3. Il parroco del mondo

Giovanni. Marie Vianney: Curato d’Ars 71

Ricchezza e Povertà del sacerdote. Un’icona G. M. Vianney 77

4. Un frate tutto obbedienza

Icilio Felici e bisaccia eroica 83

5. Maestro di due Papi

Jean Marie Guitton - Un laico al servizio della Chiesa 89

La Vergine di Guitton 97

Due Papi alla scuola di Guitton 100

6. Chiesa e Società in cammino

Assisi 2004 IX Congresso nazionale del Serra 103

Serrani in convegno 107

Il Vangelo scuola di umanità 110

Cristo il pedagogo 112

Il pericolo degli ...ismi 122

Per una nuova democrazia: la sfida dei cattolici. 124

Laicità positiva 128

Bioetica e Eutanasia 131

Giustizia e Carità: binomio impossibile? 133

Famiglia e Società 136

La parrocchia tra cristianesimo e cristianità 139

La parabola della mercede: laici e serrani prendere il largo. 141

Il Relativismo 143

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7. Scienza e Fede

Le stimmate tra scienza e fede 145

Creazionismo e Evoluzionismo - Dio e Darwin è tempo di dialogo. 160

Lo stato vegetativo è vita - Il caso di Eluana Englaro 163

Il modernismo cattolico - Acento anni dall’enciclica Pascendi Dominici Gregis 167

La Sindone e S. Pio da Pietrelcina 181

8. Serra day

Sul sacro colle anno sociale 2006-2007 183

Sul sacro colle anno sociale 2007-2008. 185

9. Natale 2007

Il primo con il Vescovo Simone Giusti 187

Incontro con Mons. Simone Giusti 190

10. Due lutti

A Giovanni Novelli 193

A Alfredo Brauzzi 195

11. Lettera a un amico 197

12. Benedetto XVI lascia la cattedra di Pietro 201

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Aprile 2013

Impaginazione e stampa:Ed. Il Quadrifoglio, Via C. Pisacane 7, tel. 0586/814033 - L I V O R N O

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Mi è stato chiesto di sintetizza-re alcune informazioni sulla miavita. In breve posso dire di averavuto la fortuna di fare tanteesperienze formative, in luoghidiversi.A Catania la laurea in medicinae chirurgia; a Livorno la mia vitafamiliare e le prime esperienzeprofessionali; a Vienna e Barcel-lona il perfezionamento nella gio-vane branca specialistica di an-giologia; a Genova il diploma di

specializzazione in angiologia e a Pisa quello in cardiologia.I miei studi si sono indirizzati a tanti interessanti rami dellamedicina, prevalenti la semiologia, la fisiopatologia, e tera-pia angiologica.Conseguita la libera docenza in semeiotica medica, ho inse-gnato questa disciplina presso l’Istituto di Patologia medicae di Clinica medica dell’Università di Pisa.Mi sono occupato di politica sanitaria per gli anziani, per ilmondo del lavoro, per la devianza giovanile, per la preven-zione dell’aterosclerosi.Socio onorario della società italiana di flebologia e già mem-bro della direzione della società italiana di patologia vasco-lare.Ho avuto l’opportunità di poter concretizzare conoscenze ecompetenze in incarichi istituzionali quali la vicepresidenzadel Consiglio di amministrazione degli Spedali Riuniti di Li-vorno; sono stato eletto al Consiglio del Comune di Livornoper tre legislature.Suggestiva l’esperienza quale membro del Consiglio Supe-riore della Sanità.Nel cuore ho sempre avuto il desiderio di capire e appro-fondire alcune problematiche della dottrina religiosa e dellanostra fede, in tal senso si realizzano alcune riflessioni, matu-rate anche da Serrano, che propongo alla lettura dei soci deiClub Serra chiedendo comprensione per le carenze e so-prattutto condivisione per le motivazioni espresse con le dueparole loro rivolte.

Paolo Mirenda

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