Vittorio Emanuele II (1820-1878) - lafilatelia.it · Nell'ottobre 1855 iniziarono a circolare voci...

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Vittorio Emanuele era il primogenito di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e di Maria Teresa d'Asburgo Lorena. Nacque a Torino nel palazzo della famiglia paterna, ove oggi, a ricordo dell'evento, è presente una targa commemorativa. Nei primi anni di vita seguì il padre a Firenze, dopo i gravi disordini politici del marzo 1821. Nel capoluogo toscano ebbe come precettore Giuseppe Dabormida, che educò i figli di Carlo Alberto ad una disciplina militaresca. Quando, nel 1831, il padre Carlo Alberto fu chiamato a succedere a Carlo Felice di Savoia, Vittorio Emanuele lo seguì a Torino, ove ottenne il grado di generale e sposò la cugina Maria Adelaide d'Asburgo (1842). Carlo Alberto, acclamato come sovrano riformatore, concesso lo statuto nel 1848 e dichiarata guerra all'Austria, apriva intanto il lungo periodo noto come Risorgimento Italiano sconfinando in Lombardia con truppe piemontesi e italiane accorse in suo aiuto. Gli esiti della prima guerra d'indipendenza andarono però assai male per il Piemonte, abbandonato dai sostenitori: il 23 marzo, dopo una violenta battaglia nella zona presso la Bicocca, Carlo Alberto inviò il generale Luigi Fecia di Cossato per trattare la resa con l'Austria. Le condizioni, durissime, tra cui la cessione di Alessandria e di Novara. Il Re, al cospetto di Wojciech Chrzanowski, Carlo Emanuele La Marmora, Alessandro La Marmora, Luigi Cadorna, di Vittorio Emanuele e del figlio Ferdinando Alberto Amedeo di Savoia, firmò la sua abdicazione secondo un progetto meditato da tempo: con un falso passaporto riparò a Nizza, da dove partì per l'esilio in Portogallo. La notte stessa, poco prima della mezzanotte, Vittorio Emanuele II trattò nuovamente la resa con gli Austriaci. Gli incontri ufficiali tra il giovane Re e il Radetsky si tennero dalla mattina del 24 maggio al pomeriggio del 24 maggio a Vignale: Vittorio Emanuele II prometteva di sciogliere i corpi volontari dell'esercito e cedeva metà della fortezza di Alessandria, oltre che il territorio tra il Po, il Sesia e il Ticino, agli Austriaci. Questi gli accordi dell'armistizio. Rimaneva soltanto, per stipulare la pace vera e propria, l'approvazione della Camera. Vittorio Emanuele II (1820-1878)

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Vittorio Emanuele era il primogenito di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e di Maria Teresad'Asburgo Lorena. Nacque a Torino nel palazzo della famiglia paterna, ove oggi, a ricordo dell'evento,è presente una targa commemorativa. Nei primi anni di vita seguì il padre a Firenze, dopo i gravidisordini politici del marzo 1821. Nel capoluogo toscano ebbe come precettore Giuseppe Dabormida,che educò i figli di Carlo Alberto ad una disciplina militaresca.

Quando, nel 1831, il padre Carlo Alberto fu chiamato a succedere a Carlo Felice di Savoia, VittorioEmanuele lo seguì a Torino, ove ottenne il grado di generale e sposò la cugina Maria Adelaided'Asburgo (1842).

Carlo Alberto, acclamato come sovrano riformatore, concesso lo statuto nel 1848 e dichiarata guerraall'Austria, apriva intanto il lungo periodo noto come Risorgimento Italiano sconfinando in Lombardiacon truppe piemontesi e italiane accorse in suo aiuto. Gli esiti della prima guerra d'indipendenzaandarono però assai male per il Piemonte, abbandonato dai sostenitori: il 23 marzo, dopo una violentabattaglia nella zona presso la Bicocca, Carlo Alberto inviò il generale Luigi Fecia di Cossato per trattarela resa con l'Austria. Le condizioni, durissime, tra cui la cessione di Alessandria e di Novara. Il Re, alcospetto di Wojciech Chrzanowski, Carlo Emanuele La Marmora, Alessandro La Marmora, LuigiCadorna, di Vittorio Emanuele e del figlio Ferdinando Alberto Amedeo di Savoia, firmò la suaabdicazione secondo un progetto meditato da tempo: con un falso passaporto riparò a Nizza, da dovepartì per l'esilio in Portogallo. La notte stessa, poco prima della mezzanotte, Vittorio Emanuele II trattònuovamente la resa con gli Austriaci.

Gli incontri ufficiali tra il giovane Re e il Radetsky si tennero dalla mattina del 24 maggio al pomeriggiodel 24 maggio a Vignale: Vittorio Emanuele II prometteva di sciogliere i corpi volontari dell'esercito ecedeva metà della fortezza di Alessandria, oltre che il territorio tra il Po, il Sesia e il Ticino, agliAustriaci. Questi gli accordi dell'armistizio. Rimaneva soltanto, per stipulare la pace vera e propria,l'approvazione della Camera.

Vittorio Emanuele II (1820-1878)

Il 15 luglio 30.000 elettori votarono alle urne i deputati del Governo de Launay. Vittorio Emanuele II,per forzare l'approvazione del trattato di pace, sciolse le camere il 20 novembre e ripropose le elezionicon il famoso proclama di Moncalieri: questa volta 80.000 elettori si presentarono per votare, e il nuovoParlamento risultò composto per due terzi da moderati favorevoli al governo Massimo d'Azeglio. Il 9gennaio 1850 il trattato di pace venne infine ratificato.

Già candidatosi al parlamento nell'aprile 1848, Cavour vi entrò in giugno dello stesso anno,mantenendo una linea politica indipendente, cosa che non lo escluse da critiche ma che lo mantenne inuna situazione di anonimato fino alla proclamazione delle leggi Siccardi, che prevedevano l'abolizionedi alcuni privilegi relativi alla Chiesa, già abrogati in molti stati europei. L'attiva partecipazione delCavour alla discussione sulle leggi ne valse l'interesse pubblico, e alla morte di Santorre di Santarosa,egli divenne nuovo ministro dell'agricoltura, cui si aggiunse la carica, dal 1851, di ministro delle finanzedel governo d'Azeglio.

Promotore del cosiddetto connubio, Cavour divenne il 4 novembre 1852 primo ministro del Regno,nonostante l'avversione che Vittorio Emanuele II nutriva nei suoi confronti.Deciso a manifestare il problema dell'Italia agli occhi dell'Europa, Cavour vide nella guerra russo-turcascoppiata nel giugno 1853 un'irrepetibile opportunità: contro Nicola I di Russia, che aveva occupato laValacchia e la Moldavia, allora terre turche, si mossero l'Inghilterra e la Francia, cui Cavour sperava ditrovare alleati.

Vittorio Emanuele II sembrava favorevole ad un conflitto, se così s'espresse all'ambasciatore francese:«Se noi fossimo battuti in Crimea, non avremmo altro da fare che ritirarci, ma se saremo vincitori,benissimo! questo varrà per i Lombardi assai meglio di tutti gli articoli che i ministri vogliono

aggiungere al trattato [...] se essi nonvorranno marciare, io sceglierò altri chemarceranno...»

Se il Re pareva concorde con le idee delministro, infatti, le trattative con i paesibelligeranti andarono per le lunghe per icontrasti tra i ministri. Infine, il 7gennaio 1855, i governi francesi edinglesi imposero un ultimatum alPiemonte: entro due giorni approvare ono l'entrata in guerra. VittorioEmanuele, letto il messaggio, meditò diapprovare il piano che aveva da tempo:sciogliere nuovamente le camere eimporre un governo favorevole allaguerra. Non ne ebbe il tempo: Cavourconvocò la notte stessa il Consiglio deiministri e, alle nove di mattina delgiorno dopo, dopo una nottata checomportò la dimissione del Dabormida,con soddisfazione poté affermare lapartecipazione della Sardegna allaGuerra di Crimea.

Fu Alfonso La Marmora a capitanare laspedizione che, da Genova, salpò versol'Oriente: i Piemontesi inviavano uncontingente di 15.000 uomini. Costretto

a rimanere relegato nelle retrovie sotto il comando inglese, La Marmora riuscì a far valere le sue ragionicapitanando egli stesso le truppe nella battaglia della Cernaia, che risultò un trionfo. L'eco della vittoriariabilitò l'esercito sardo, fornendo a Vittorio Emanuele II l'opportunità di un viaggio a Londra e a Parigiper sensibilizzare i regnanti locali alla questione piemontese. In particolare, premeva al Re di parlarecon Napoleone III, che sembrava avere maggiori interessi rispetto agli Inglesi sulla Penisola.

Nell'ottobre 1855 iniziarono a circolare voci di pace, che la Russia sottoscrisse a Parigi (Congresso diParigi). Il Piemonte, che aveva posto come condizione della sua partecipazione alla guerra una sedutastraordinaria per trattare i temi dell'Italia, per voce di Cavour condannò il governo assolutistico diFerdinando II di Napoli prevedendo gravi disordini se nessuno avesse risolto un problema ormai diffusoin quasi tutta la Penisola: l'oppressione sotto un governo straniero.Ciò non piacque al governo austriaco, che si sentiva chiamato in causa, e Karl Buol, ministro degli esteriper Francesco Giuseppe d'Austria, s'espresse in questi termini:«L'Austria non può ammettere il diritto che il Conte di Cavour ha attribuito alla corte di Sardegna dialzare la voce a nome dell'Italia.»

In ogni caso, la partecipazionedella Sardegna ai trattati di Parigisuscitò ovunque grande gioia.Screzi avvennero tra Torino eVienna in seguito ad articolipropagandistici anti-sabaudi eanti-asburgici, mentre tra Buol eCavour si chiedevano scuseufficiali: alla fine, il 16 marzo,Buol ordinò ai suoi diplomatici dilasciare la capitale sarda, cosa cheanche Cavour replicò il 23 marzo stesso. I rapporti diplomatici erano ormai rotti.

In un clima internazionale così teso, l'italiano Felice Orsini attentò alla vita di Napoleone III facendoesplodere tre bombe contro la carrozza imperiale, che rimase illesa, provocando otto morti e centinaiadi feriti. Nonostante le aspettative dell'Austria, che sperava nell'avvicinamento di Napoleone III alla suapolitica reazionaria, l'Imperatore francese venne convinto abilmente da Cavour che la situazioneitaliana era giunta ad un punto critico e necessitava di un intervento sabaudo.

Fu così che si gettarono le basi per il trattato di Plombières, nonostante le avversità di alcuni ministrifrancesi, specialmente di Alessandro Walewski. Grazie anche all'intercessione di Virginia Oldoini e diCostantino Nigra, entrambi istruiti adeguatamente da Cavour, i rapporti tra Napoleone e VittorioEmanuele divennero sempre più prossimi.

Col pretesto di una vacanza in Svizzera, Cavour si diresse invece a Plombiéres, ove incontròsegretamente Napoleone III. Gli accordi stretti, prevedevano la cessione alla Francia della Savoia e diNizza in cambio dell'aiuto militare francese, cosa che sarebbe avvenuta solo in caso di attacco austriaco.Napoleone concedeva la creazione di un Regno dell'Alta Italia, mentre voleva sotto la sua influenzal'Italia centrale e meridionale. Nello stesso incontro, Cavour e Napoleone stipulavano il matrimonio traGirolamo Bonaparte e Maria Clotilde di Savoia.La notizia dell'incontro di Plombières trapelò nonostante tutte le precauzioni. Napoleone III noncontribuì a mantenere il segreto delle sue intenzioni, se esordì con questa frase all'ambasciatoreaustriaco:«Sono spiacente che i nostri rapporti non siano buoni come desidererei, ma vi prego di scrivere aVienna che i miei sentimenti personali verso l'Imperatore sono gli stessi.»

Dieci giorni dopo, il 10 gennaio 1859, Vittorio Emanuele II si rivolse al parlamento piemontese con lacelebre frase del «grido di dolore», il cui testo originale è conservato nel castello di Sommariva Perno.

In Piemonte, immediatamente, accorsero i volontari, convinti che la guerra fosse imminente, e il Reiniziò ad ammassare le truppe sul confine lombardo, presso il Ticino. Ai primi di maggio 1859, Torinopoteva disporre sotto le armi di 63.000 uomini. Vittorio Emanuele prese il comando dell'esercito elasciò il controllo della cittadella di Torino al cugino Eugenio di Savoia-Carignano. Preoccupata dalriarmo sabaudo, l'Austria pose un ultimatum a Vittorio Emanuele II, su richiesta anche dei governi diLondra e Pietroburgo, che venne immediatamente respinto. Così giudicò, sembra, Massimo d'Azeglio,la notizia dell'ultimatum asburgico:«l'Ultimatum è uno di quei terni al lotto che accadono una volta in un secolo»Era la guerra. Francesco Giuseppe ordinò di varcare il Ticino e di puntare sulla capitale piemontese,prima che i Francesi potessero accorrere in soccorso.

Ritiratisi gli Austriaci da Chivasso,i Franco-piemontesisbaragliarono il corpo d'armatanemico presso Magenta,arrivando a Milano l'8 giugno1859. I Cacciatori delle Alpi,capitanati da Giuseppe Garibaldi,rapidamente occuparono Como,Bergamo, Varese e Brescia:soltanto 3.500 uomini, malearmati, che ormai stavanomarciando verso il Trentino.Ormai le forze asburgiche siritiravano da tutta la Lombardia.

Decisive le battaglie tra Solferino e San Martino: sembra che, poco prima dello scontro presso SanMartino, Vittorio Emanuele II così parlò alle truppe, in lingua piemontese:«Fioeui, o i piuma San Martin o i auti an fa fé San Martin a nui!»«Ragazzi, o prendiamo San Martino o gli altri fanno fare San Martino a noi!»

Moti insurrezionalisti scoppiarono allora un po' ovunque in Italia: Massa, Carrara, Modena, Reggio,Parma, Piacenza. Leopoldo II di Toscana, impaurito dalla piega che avevano preso gli avvenimenti,decise di fuggire verso Gaeta. Napoleone III, osservando una situazione che non seguiva i piani diPlombières e iniziando a dubitare che il suo alleato volesse fermarsi alla conquista dell'Alta Italia, dal 5luglio iniziò a stipulare la pace con l'Austria, che Vittorio Emanuele II dovette sottoscrivere, mentre iplebisciti in Emilia, Romagna e Toscana confermavano l'annessione al Piemonte: il 1° ottobre papa PioIX ruppe i rapporti diplomatici con Vittorio Emanuele.

Intanto si venivano a creare le opportunità per l'unificazione intera della Penisola. Alla volontà diGaribaldi di partire con dei volontari alla volta della Sicilia, il governo pareva molto scettico, per nondire ostico. C'erano, è vero, segni di amicizia tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che si stimavano avicenda, ma Cavour in primo luogo considerava la spedizione siciliana come un'azione avventata edannosa per la sopravvivenza stessa dello stato sardo.Sembra che Garibaldi abbia più volte ribadito, per far acconsentire alla spedizione, che:«In caso si faccia l'azione, sovvenitevi che il programma è: Italia e Vittorio Emanuele»

Nonostante l'appoggio del Re, ebbe la meglio Cavour, che privò in questo modo la campagnagaribaldina dei mezzi necessari. Che il Re abbia, infine, approvato la spedizione, non si può sapere.Certo è che Garibaldi trovò a Talamone, quindi ancora nel Regno di Sardegna, i rifornimenti dicartucce. Dura fu la protesta diplomatica: Cavour e il Re dovettero assicurare all'Ambasciatoreprussiano di non essere al corrente delle idee di Garibaldi.

Giunto in Sicilia, Garibaldi assicurava l'isola, dopo aver sconfitto il malridotto esercito borbonico, a«Vittorio Emanuele Re d'Italia». Già in quelle parole si prefigurava il disegno del Nizzardo, che non si

sarebbe certo fermato al solo Regno delle Due Sicilie, ma avrebbe marciato su Roma. Tale prospettivacozzava contro i progetti piemontesi, che adesso vedevano incombere il pericolo repubblicano erivoluzionario e, soprattutto, temevano l'intervento di Napoleone III nel Lazio. Vittorio Emanuele, allatesta delle truppe piemontesi, sconfinò nelle terre del Papa e sconfisse l'esercito pontificio aCastelfidardo. Napoleone III non poteva tollerare l'invasione delle terre papali, e più volte aveva cercatodi dissuadere Vittorio Emanuele II dall'invasione delle Marche. Il 9 settembre così aveva avvertito il Re:«Se davvero le truppe di V.M. entrano negli stati del Santo Padre, sarò costretto ad oppormi ... Farini miaveva spiegato ben diversamente la politica di V.M.»L'incontro con Garibaldi avvenne presso Teano, il 26 ottobre 1860: veniva riconosciuta la sovranità diVittorio Emanuele II su tutti i territori dell'ex Regno delle Due Sicilie.

Con l'entrata di Vittorio Emanuele a Napoli, sembrava ormai che la proclamazione del Regno fosseimminente, appena Francesco II avesse capitolato con la fortezza di Gaeta.Fatto rinnovare il parlamento da Cavour, la prima seduta che comprendeva deputati di tutte le regioniannesse (tramite plebiscito), avvenne il 18 febbraio. Il 17 marzo il parlamento proclamò la nascita delRegno d'Italia, stipulata dall'articolo:«Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di re d'Italia»

La formula venne però aspramente contestata dalla sinistra, che avrebbe preferito vincolare tale il titoloregio al popolo. Così, infatti, il deputato Brofferio propose di cambiare l'articolo:«Vittorio Emanuele è proclamato dal popolo re d'Italia»

eliminando, quindi, il numerale II efacendo assumere al Re il nome diVittorio Emanuele I d'Italia. Laproposta non venne approvata, asottolineare il carattere di estensionedel dominio del Regno di Sardegna sulresto della Penisola, piuttosto che lanascita di un nuovo Stato. Quando, nel1874, Vittorio Emanuele decise dicelebrare il proprio giubileo (25esimodall'incoronazione), egli si attirò lecritiche di chi non mancò di osservarecome Giacomo VI di Scozia avessedeciso di intitolarsi Giacomo Id'Inghilterra divenendone il sovrano elo stesso avesse fatto Enrico III diNavarra divenuto Enrico IV di Francia.

All'unità d'Italia mancavano ancoraimportanti tasselli, tra cui il Veneto, ilTrentino, il Friuli e il Lazio. Il progettoera quello di porre la sede reale aRoma, ma questo avrebbe significato,per Torino, la perdita di un primato inauge da quattrocento anni. Tra il 21 e il22 settembre 1864 scoppiaronosanguinosi tumulti per le vie della città,che ebbero come risultato una trentinadi morti e oltre duecento feriti, appenasi seppe della decisione di trasferire lacapitale a Firenze. Vittorio Emanueleavrebbe voluto preparare lacittadinanza alla notizia, al fine di

evitare scontri, ma la notizia in qualche modo era trapelata. Il malcontento era generale, e così descrissela situazione Olindo Guerrini:«Oh, i presagi tristi per l'avvenire di Torino che si facevano al tempo del trasporto della capitale! E lifacevano i Torinesi stessi, che per un momento perdettero la fiducia in sé medesimi.»

In seguito a nuovi fatti di cronaca, che comportarono il ferimento di alcuni delegati stranieri e violentesassaiuole, Vittorio Emanuele II mise la città davanti al fatto compiuto facendo pubblicare sullaGazzetta questo annuncio:«Questa mattina, alle ore 8.00, S.M. il Re è partito da Torino per Firenze, accompaganto da S.E. ilpresidente del Consiglio dei Ministri»

Vittorio Emanuele riceveva così gli onori dei Fiorentini, mentre oltre 30.000 funzionari di corte sitrasferirono in città. La popolazione, abituata al modesto numero dei ministri granducali, si trovòspiazzata di fronte all'amministrazione del nuovo regno, che intanto aveva siglato l'alleanza con laPrussia contro l'Austria.Il 21 giugno 1866 Vittorio Emanuele lasciava Palazzo Pitti diretto al fronte, per conquistare il Veneto.Sconfitto a Lissa e a Custoza, il Regno d'Italia ottenne comunque Venezia in seguito ai trattati di pacesucceduti alla vittoria prussiana.Roma rimaneva l'ultimo territorio ancora non inglobato dal nuovo Regno: Napoleone III difendeva ilPapa, e le sue truppe erano stanziate nei territori pontifici. Vittorio Emanuele stesso non volevaprendere una decisione ufficiale: attaccare o no. Urbano Rattazzi, che era divenuto primo ministro,sperava in una sollevazione degli stessi Romani, cosa che non avvenne. La sconfitta di Mentana avevagettato poi numerosi dubbi sull'effettiva riuscita dell'impresa, che poté avvenire solo con la caduta, nel1870, di Napoleone III. L'8 settembre fallì l'ultimo tentativo di ottenere Roma con mezzi pacifici, e il 20settembre il generale Cadorna aprì una breccia nelle mura romane. Vittorio Emanuele ebbe a dire:«Con Roma capitale ho sciolto la mia promessa e coronato l'impresa che ventitré anni or sono venivainiziata dal mio magnanimo genitore.»

Con Roma capitale si chiudeva la pagina del Risorgimento italiano, anche se mancavano ancora lecosiddette "terre irredente". Tra i vari problemi che bisognò affrontare, dall'analfabetismo albrigantaggio, dall'industrializzazione al diritto di voto, uno toccò direttamente la persona del Re, ovverola Questione Romana.Nonostante fossero riconosciuti al Pontefice speciali immunità, gli onori di Capo di Stato, una renditaannua e il controllo sul Vaticano e su Castel Gandolfo, Pio IX ancora rifiutava di riconoscere lo statoitaliano e impediva ai cattolici di partecipare alla vita civile del Regno. Non solo: il Papa inflisse lascomunica a Casa Savoia, vale a dire sia a Vittorio Emanuele II sia ai suoi successori, e insieme con loroa chiunque partecipasse alla politica italiana. La scomunica venne ritirata solo in punto di morte delSovrano.

La sera del 5 gennaio 1878, dopo aver inviato un telegramma alla famiglia di Alfonso La Marmora, dapoco scomparso, Vittorio Emanuele II si sentì male. Nel corso dei giorni apparvero evidenti i segni difebbri malariche, e il 7 febbraio venne divulgata la notizia che il Re aveva i giorni contati.Pio IX, quando seppe della ormai imminente scompasa del Sovrano, volle inviare al Quirinale unecclesiastico affiché, messi da parte i veti pontifici, accordasse al re morente i sacramenti; fu invece ilcappellano di corte che somministrò il viatico a Vittorio Emanuele, poiché si temeva che dietro lagenerosità di Pio IX si nascondessero degli scopi segreti.Vittorio Emanuele II aveva espresso il desiderio che il suo feretro fosse tumulato in Piemonte, nellaBasilica di Superga, ma Umberto I, accondiscendendo alle richieste del Comune di Roma, approvò chela salma rimanesse in città, nel Pantheon. Stendendo il proclama alla Nazione, Umberto I (che adottò ilnumerale I in vece del IV, che avrebbe dovuto mantenere secondo la numerazione sabauda), così siespresse:«Il vostro primo Re è morto; il suo successore vi proverà che le Istituzioni non muoiono!»

1862 (1° marzo-ottobre) Effige di Vittorio Emanuele II in rilievo.Riquadro tipografico. Dent. 11½ x 12.

1 10 c.bistro giallastro

2 20 c.indaco

3 40 c.rosso carminio

4 80 c.giallo arancio

1862 (1° maggio) Cifra in rilievo, in riquadro tipografico. Non dentellato.

10 2 c.bistro

1863 (1° gennaio) Effige di Vittorio Emanuele II in rilievo. Riquadroa stampa litografica. Non dentellato.

11 15 c.azzurro

1863 (10 febbraio-aprile) Effige di Vittorio Emanuele II. Stampa litografica.Non dentellato.

12 15 c.azzurro

13 15 c.azzurro

1863-1865 Cifra o effige di Vittorio Emanuele II. Stampa tipografica.Fil. Corona. Dent. 14.

14 1 c.verde oliva

15 2 c.rosso mattone

17 10 c.giallo ocra

19 30 c.bruno castano

20 40 c.rosso carminio

21 60 c.lilla

22 2 l.scarlatto vivo

18 15 c.celeste chiaro

16 5 c.verde grigio scuro

26 20 c.azzurro

23 20 c. su 15 c.celeste chiaro

(I tipo)

24 20 c. su 15 c.azzurro(II tipo)

25 20 c. su 15 c.celeste

(III tipo)

1865 (1° gennaio) Tipo del francobollo da 15c. dell’emissione precedentecon soprastampa in bruno scuro. Fil. Corona. Dent. 14

1867 (aprile) Effige di Vittorio Emanuele II. Stampa litografica.Fil. Corona. Dent. 14.

1877 (1° agosto) Cambiamento di colore dei nn.17 e 26. Stampatipografica. Fil. Corona. Dent. 14.

27 10 c.azzurro

28 20 c.ocra arancio

1878 (1° gennaio) Francobolli di servizio del 1875 con soprastampain azzurro. Fil. Corona coricata. Dent.14

29 2 c. su 0,02lacca

33 2 c. su 1,00lacca

30 2 c. su 0,05lacca

34 2 c. su 2,00lacca scuro

31 2 c. su 0,20lacca

35 2 c. su 5,00lacca scuro

32 2 c. su 0,30lacca scuro

36 2 c. su 10,00lacca

1875 (1° gennaio) Cifre del valore in un ovale. Stampa tipografica.Fil. Corona coricata. Dent. 14.

SERVIZIO

1 0,02lacca

5 1,00lacca

2 0,05lacca

6 2,00lacca

3 0,20lacca

7 5,00lacca

4 0,30lacca

8 10,00lacca

1863 (1° gennaio) Ovale con valore al centro. Stampa litografica.Non dentellato.

1869 (1° marzo) Ovale con dicitura e valore al centro. Stampa tipografica.Fil. Corona coricata. Dent. 14.

1870-1874 Cifra del valore in un ovale e diciture orizzontali. Stampatipografica. Fil. Corona coricata. Dent. 14.

SEGNATASSE

1 10 c.giallo

2 10 c.bruno arancio

3 1 c.ocra e carminio

7 30 c.ocra e carminio

4 2 c.ocra e carminio

8 40 c.ocra e carminio

5 5 c.ocra e carminio

9 50 c.ocra e carminio

6 10 c.ocra e carminio

10 60 c.ocra e carminio

11 1 l.azzurro chiaro e bruno

12 2 l.azzurro chiaro e bruno

13 5 l.azzurro e bruno

14 10 l.azzurro e bruno

RICOGNIZIONE POSTALE

1874 (1° gennaio) Effigie di Vittorio Emanuele II. Stampa tipografica.Fil. scudo di Savoia. Dent. 15½ x 15.

1 10 c.ocra arancio

Umberto I di Savoia (Torino, 14 marzo 1844 - Monza, 29 luglio 1900) era figlio di VittorioEmanuele II di Savoia e di Maria Adelaide di Ranieri, fu re d'Italia dal 1878 al 1900. Il suo nomecompleto era Umberto Rainerio Carlo Emanuele Giovanni Maria Ferdinando Eugenio, principedi Piemonte.

Prese parte alla terza guerra di indipendenza italiana a capo della XVI Divisione; in tale vestepartecipò con valore allo scontro di Villafranca (24 giugno 1886) nell'ambito della sconfittasubita dalle forze italiane a Custoza. La sua figura si caratterizza per la dura repressione degliscontri sociali in politica interna e per le sfortunate iniziative militari legate alla politica esteraadottata dai suoi governi. Tentando di competere con le altre potenze europee, perseguì unapolitica di espansione coloniale in Africa, con l'occupazione dell'Eritrea (1885-1896) e dellaSomalia (1889-1905).

Con il trattato di Uccialli del 1889 vennero riconosciuti all'Italia i territori occupati in Eritrea edil protettorato sull'Etiopia, protettorato andato perduto dopo la sconfitta nella campagnad'Africa Orientale e nella successiva pace di Addis Abeba il 26 ottobre 1896. Sempre nel 1889venne riconosciuto il protettorato italiano sulla costa della Somalia.

Per quanto riguarda la politica interna, Umberto I assunse un atteggiamento sempre piùautoritario e repressivo, arrivando a decorare - e congratularsi personalmente con lui (con untelegramma) - il generale Fiorenzo Bava-Beccaris che utilizzò i cannoni contro la folla a Milano

Umberto sposò a Torino, il 22 aprile 1868, la cugina Margherita di Savoia dalla quale ebbe unfiglio, Vittorio Emanuele.

Umberto I (1844-1900)

durante manifestazioni di protesta scatenate dalla tassa sul macinato il 7 maggio 1898, lasciandosul terreno almeno un centinaio di morti (la cifra, approssimativa, è stata redatta dalla poliziadell'epoca) oltre a centinaia di feriti.

Dopo due attentati falliti, il primo dei quali tentato da Giovanni Passannante a Napoli già nel1878, Umberto I venne ucciso a Monza il 29 luglio 1900 dall'anarchico Gaetano Bresci, proprioper vendicare la repressione seguita ai moti popolari del 1898.

Gli successe il figlio Vittorio Emanuele III di Savoia.

1879 (15 agosto) Effigie di Umberto I. Stampa tipografica.Fil. Corona. Dent. 14.

1889 (1° agosto) Stemma o effigie di Umberto I. Stampa tipografica.Fil. Corona. Dent. 14.

37 5 c.verde

44 5 c.verde scuro

39 20 c.arancio

46 45 c.verde oliva

40 25 c.azzurro

47 60 c.violetto

38 10 c.carminio

45 40 c.bruno

41 30 c.bruno

48 1 l.bruno e giallo

43 2 l.vermiglio

49 5 l.verde e carminio

42 50 c.violetto

1890 (1° dicembre) Francobolli per pacchi postali del 1884soprastampati. Fil. Corona coricata. Dent. 14.

50 2 c. su 10 c.oliva

51 2 c. su 20 c.azzurro

52 2 c. su 50 c.carminio

53 2 c. su 75 c.verde

54 2 c. su 1 l. 25 c.arancio

54 2 c. su 1 l. 75 c.bruno

1890-1891 Francobolli del 1879 (nn. 37, 41 e 42) soprastampati.

56 2 c. su 5 c.verde

58 20 c. su 50 c.violetto

57 20 c. su 30 c.bruno

1891-1896 Stemma o effigie di Umberto I. Stampa tipografica.Fil. Corona. Dent. 14.

59 5 c.verde

61 20 c.arancio

62 25 c.azzurro

60 10 c.carminio

63 45 c.verde oliva

64 5 l.carminio e azzurro

1896-1897 Stemma di Savoia. Stampa tipografica. Fil. Corona. Dent. 14.

65 1 c.bruno

67 5 c.verde

66 2 c.rosso bruno

PACCHI POSTALI

SEGNATASSE

1884-1886 Effigie di Umberto I. Stampa tipografica. Filig. Coronacoricata. Dent. 14.

1884 (1° gennaio) Cifre in bianco e diciture su fondo decorato. Stampatipografica. Filig. Corona coricata. Dent. 14.

1 10 c.oliva

2 20 c.azzurro

3 50 c.carminio

4 75 c.verde

5 1 l. 25 c.arancio

6 1 l. 75 c.bruno

15 50 l.verde

16 100 l.rosa carminio

17 10 c. su 2 c.ocra e carminio

20 5 c.arancio e carminio

23 30 c.arancio e carminio

26 60 c.arancio e carminio

18 20 c. su 1 c.ocra e carminio

21 10 c.arancio e carminio

24 40 c.arancio e carminio

27 1 l.azzurro e carminio

19 30 c. su 2 c.ocra e carminio

22 20 c.arancio e carminio

25 50 c.arancio e carminio

28 10 l.azzurro e carminio

1890-1891 Segnatasse del 1870 (nn.3 e 4) soprastampati.

1890-1894 Cambiamento di colore dell’emisione 1870. Stampatipografica. Fil. Corona coricata. Dent. 14.