Vittorio Benussi, un genio incompreso

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LA DIFESA DEL POPOLO CULTURA 2 MARZO 2008 35 UNIVERSITÀ DI PADOVA È il 27 novembre 1927; una strana figura si aggira per la nebbia delle piazze. Da qualche anno la gente si è abituata a ri- conoscervi Vittorio Benussi: in città colpiscono i suoi silenzi, il fatto che vesta spes- so di nero, l’aria perennemente assorta; si dice che nel suo studio in corte Capitaniato, all’isti- tuto di psicologia, si facciano degli esperimenti strani, il popolo lo teme, pensa a lui quasi come a uno stregone. A prima vista Benussi sembre- rebbe uno scienziato affermato nel suo campo: ha introdotto in Italia i moderni metodi della psicologia sperimentale, secondo gli insegna- menti della più avanzata scuola austriaca; ha già pubblicato decine di lavori innovativi e plu- ricitati. Eppure Vittorio Benussi è un uomo in- felice: il mondo accademico padovano, che su- bito dopo la prima guerra mondiale lo ha accol- to a braccia aperte – lui, nato a Trieste quando c’era ancora l’impero austro-ungarico – d’un tratto sembra non capirlo più. Fanno parlare i suoi strani studi sull’ipnosi e la suggestione; alle sue lezioni, che a Graz riempivano le aule, gli studenti si contano sulle dita di una mano. Quella fosca mattina di novembre Benussi en- tra nel suo ufficio, mette l’acqua sulla stufa per il tè; intanto tira fuori dalla tasca una fiala. Cia- nuro. La vita di quello che forse è stato il più grande genio della psicologia italiana sta per concludersi tragicamente. Oggi, a ottant’anni dalla morte, la figura di Be- nussi sta progressivamente emergendo come quella del vero fondatore della scuola padovana di psicologia; a essa è stato dedicato il convegno “Vittorio Benussi. Creatività e metodo: gli albo- ri della nuova psicologia”, tenutosi di recente a Padova, e non solo per onorare uno dei tanti anniversari. Dopo l’infanzia trascorsa a Trieste, Be- nussi andò a studiare all’università di Graz, alla scuola del professor Alexius Meinong. Il campo in cui si forma è es- senzialmente quello della psicologia sperimentale, ovvero lo studio della mente e dei suoi meccanismi attraver- so il metodo scientifico, tramite osser- vazioni effettuate per lo più in laborato- rio. I suoi primi studi sulle illusioni otti- che si rivelarono fondamentali: durante il periodo austriaco Benussi pubblicò numerosi lavori in tedesco, e arrivò a dirigere il laboratorio di Meinong; la carriera accademica gli venne però di fatto preclusa a causa della sua origine italiana. Dopo la prima guerra mondia- le, lo scienziato triestino decise quindi di emigrare in Italia: nel 1918 venne chiamato a Padova, alll’istituto di psico- logia. Lo studioso allestì in fretta un la- boratorio all’avanguardia – tanto che dovette costruire da sé molti degli stru- menti – e si gettò nuovamente nelle sue ricerche; da un punto di vista scientifi- co gli anni padovani si rivelarono fervi- di: celebri le ricerche sulla psicologia della testimonianza, nonché i suoi ultimi studi, riassunti nel libro La suggestione e l’ipnosi co- me mezzi di analisi psichica reale del 1925. In quest’opera per la prima volta a livello mon- diale si teorizza l’impiego dell’ipnosi per finalità terapeutiche, come nella psicanalisi, ma come metodo per scomporre, “rallentare” e quindi studiare i processi mentali fondamentali. Una percorso intellettuale che impegnò gli ultimi anni di vita dello scienziato, e che ancora oggi viene considerata un unicum della ricerca mondiale. Negli anni però una grave forma di depressione, che già una volta lo aveva portato a tentare di togliersi la vita, si riaffacciò in maniera sempre più insistente nella mente dello scienziato. Nel 1927 il suicidio: il corpo esanime dello studioso viene trovato nello studio, vicino a una tazza di tè al cianuro; a scoprirlo sono il conte Novello Papafava e la moglie, tra i pochi amici personali di Benussi. Subito vengono avvertiti Cesare Musatti e Silvia De Marchi, entrambi assistenti di Benussi; dopo un rapido consulto si decise di tenere nascoste le modalità del decesso. Un medico compiacente firmerà un referto di mor- te per “paralisi cardiaca improvvisa”; si temeva che la notizia desse il colpo di grazia alla repu- tazione della psicologia, che si sta faticosamen- te affermando in Italia come disciplina con una sua specifica dignità scientifica e accademica. Una sorta di “congiura del silenzio” che dura fi- no agli anni Ottanta, quando proprio Musatti decise di rivelare la verità. pagina a cura di Daniele Mont d’Arpizio S adi Marhaba, di origini libanesi, nato a Roma, insegna fondamenti della psicologia e storia della psico- logia all’università di Padova. Stu- dioso appassionato dell’opera di Vittorio Benussi e in generale della scuola padova- na di psicologia, si deve anche al suo impe- gno l’attuale revival della figura dello scien- ziato triestino: «Benussi – conferma Marhaba – era soprattutto il prodotto della grande cultura mitteleuropea: fu discrimi- nato in Austria e in Germania perché ita- liano e, una volta in Italia, non fu mai com- pletamente accettato. In fondo non fu mai completamente italiano, né veneto, né au- striaco, ma semplicemente un uomo, un uomo solo». Quali sono le particolarità di Vittorio Benussi nel panorama della psicologia italiana ed internazionale? «I suoi studi nel campo delle percezioni, della psicologia e dell’ipnosi erano in molti casi all’avanguardia, e hanno lasciato un segno profondo nella scuola padovana. Le sue osservazioni sulla psicologia della testi- monianza, in particolare sulla respirazione del soggetto quando viene interrogato, so- no da considerare alla base della moderna macchina della verità. Purtroppo anche i suoi studi hanno sofferto della sua condi- zione di emarginato dal mondo scientifico e accademico, ma oggi sempre più si rico- nosce la sua statura di scienziato geniale». In particolare, sono importanti i suoi studi sulle illusioni ottiche. Perché? «La caratteristica delle illusioni consiste nel rivelarci che c’è un mondo fenomenico – il mondo come ci appare – che è diverso da quello oggettivo, studiato ad esempio dalla fisica e dalle altre scienze sperimenta- li. Eppure questo mondo esiste, ha delle re- gole precise, e quindi ha piena legittimità di essere studiato. Nessuno ancora sa con certezza perché vediamo un triangolo dove non c’è, come ad esempio in una delle fa- mose figure di Kanizsa; sta di fatto, che tut- ti noi, a prescindere dalla cultura, dalla preparazione e dallo stato d’animo, cadia- mo nella stessa illusione, e che questa quindi non è la conseguenza di un sempli- ce errore di giudizio o di percezione. Il per- ché questo accada è ancora oggi oggetto di studio delle scienze hard più avanzate, in- nanzitutto le neuroscienze. Gli studi sulle illusioni ottiche sono stati inoltre alla base dello sviluppo di correnti fondamentali del- la scienza e del pensiero moderno, come la “psicologia della Gestalt” e la fenomenolo- gia di Husserl». Da dove derivano il fascino e l’attualità della figura di Benussi? «Benussi era una persona complessa e affa- scinante, che univa a quelle dello scienzia- to le qualità di un umanista, di un artista con una sensibilità e un’umanità estreme; era quanto di più lontano da un naturali- smo rozzo e privo di ogni afflato culturale e spirituale: dipingeva, suonava, disegnava... Cesare Musatti diceva che aveva un tratto “leonardesco”: pensi che corredò la sua te- si di laurea con oltre 14 mila disegni». In che cosa sopravvive l’eredità cultura- le e intellettuale di Vittorio Benussi all’università di Padova? I suoi studi so- no ancora attuali? «L’eredità più importante è in questo pri- mato della sperimentazione, del laborato- rio, nell’ambito del più ampio studio della psicologia; altri approcci, come quello tera- peutico oppure psichiatrico, necessitano piuttosto di altri strumenti, come l’incon- tro con l’altro, l’ascolto, il dialogo. La stessa psicanalisi, allora agli albori e di gran moda in tutta l’Europa, non convinse mai piena- mente Benussi: pensava che fosse uno spunto interessante, ma che avrebbe dovu- to essere corroborato da verifiche scientifi- che; verifiche che del resto ancora oggi non ci sono state. In parte al suo approccio è dovuto il primato di Padova in certi cam- pi della scienza psicologica, come lo studio delle percezioni, della memoria, della psi- cologia animale e tanto altro». L e origini del- la scuola di psicologia padovana ri- salgono al 1882, quando Roberto Ar- digò, il massimo espo- nente del positivismo italiano, venne chia- mato a insegnare sto- ria della filosofia nell’ateneo pata- vino e subito propose l’istituzione di cattedre di psicologia sperimen- tale. L’impronta di Ardigò rimarrà a lungo nella scuola padovana, che sarà da allora orientata soprattut- to alla ricerca sperimentale, all’in- segna di una conce- zione rigorosamente naturalistica della scienza. Nel 1919 venne fon- dato l’istituto di psico- logia, contemporanea- mente all’arrivo di Vittorio Benussi. Quando viene a Pado- va, il triestino è già noto a livello interna- zionale per i suoi stu- di; a lui fu assegnata direttamente, per me- riti eccezionali e senza concorso, la cattedra di psicologia. Gli anni di Benussi sono intensi e fecondi dal punto di vista scientifi- co, anche se pieni di amarezza personale. Nel 1927 nella direzio- ne dell’istituto gli succedette l’al- lievo Cesare Musatti, nato a Dolo nel 1897 e scomparso a Milano nel 1989 che assieme alla moglie Silvia De Marchi, anch’essa allieva dello scienziato triestino, sviluppò in maniera originale le linee diret- trici della ricerche benussiana, e cioè la psicologia della percezione, la psicologia della testimonianza, lo studio della suggestione e dell’ipnosi; rispetto al maestro però il percorso di Musatti col tempo si avvicinerà sempre più al- la psicanalisi, della quale progres- sivamente assumerà in Italia il ruolo di fondatore e di grande “pa- triarca”. Costretto dalle leggi raz- ziali a lasciare la cattedra, alla fine della seconda guerra mondiale Musatti tornò all’insegnamento universitario, ma stavolta all’uni- versità di Milano; con sé portò an- che molti disegni originali di Be- nussi, sui quale negli anni si è aperta una piccola polemica tra gli atenei milanese e padovano. Intanto alla direzione dell’istituto di psicologia patavino nel 1940 è giunto Fabio Metelli, che continuò la grande tradizione padovana nello studio della per- cezione, in particolare sulla percezione visiva del movimento, sul- l’organizzazione figu- ra-sfondo, sull’identità fenomenica, sulla per- cezione della causalità e soprattutto sulla per- cezione della traspa- renza, con uno studio che nel 1974 verrà pubblicato – caso qua- si unico all’epoca per uno studioso italiano – sul prestigioso Scientific ameri- can. È proprio con Metelli che nel 1971 l’università di Padova, prima in Italia assieme a Roma, inaugurò il primo corso di laurea in psicolo- gia in Italia. Oggi la facoltà di psicologia di Pa- dova conta dieci corsi di laurea, tra triennali e specialistici, e un’ampia offerta di master e corsi post-lauream; quella padovana è riconosciuta come una delle mi- gliori scuole di psicologia in Italia, con circa la metà degli oltre 7.500 iscritti provienti da fuori regione. Intanto dal 1984 lo storico istituto di psicologia si è trasformato in dipartimento di psicologia genera- le, intitolato proprio alla memoria di Vittorio Benussi. VITTORIO BENUSSI A OTTANT’ANNI DALLA MORTE SI STA RISCOPRENDO LA FIGURA DI QUESTO SCIENZIATO Padre della psicologia padovana Lo studio delle illusioni spalancò le porte all’attuale sviluppo delle neuroscienze La prima facoltà insieme a Roma L’ENIGMA DEL SUICIDIO Ucciso dall’isolamento causato dalle sue ricerche sull’ipnosi S olo negli anni Ottanta Musatti rivelerà la verità sulla fine del maestro. Perché Vittorio Benussi si uccise? È tardi ormai per dare una risposta definitiva; negli anni si parlò anche di questioni sentimentali, ma forse si tratta di una banalizzazione. È più probabile che Benussi si sentisse isolato nel panorama accademico italiano: in particolare le sua ultime ricerche sull’ipnosi destavano sospetto e diffidenza persino nei suoi allievi. Lo stesso Musatti, anche dopo il suo annuncio, non parlò mai volentieri della morte del maestro; parve più volte rimproverarsi di averlo lasciato solo. Nel generale silenzio dello studioso dolese emerge un’intervista uscita sul quotidiano spagnolo El Pais il 21 ottobre 1985, quattro anni prima della morte. Il testo non è mai stato tradotto o citato in italiano, e perciò costituisce una piccola curiosità. Nell’articolo Musatti confessa di sognare a volte di essere portato in una caserma e di essere interrogato da un maresciallo dei carabinieri, sulla morte di tre delle sue quattro mogli, decedute in circostanze tragiche, oltre che sulla fine di Vittorio Benussi. Alla fine colloquio il militare intima a Musatti di confessare di essere stato lui a uccidere il maestro, per succedergli nella cattedra. «Io gli rispondo – prosegue Musatti, da buon psicanalista – che sicuramente nel mio subconscio mi sono sentito responsabile per questa e per altre morti. Il commissario, che non capiva di subconscio, decide: “Mi spiace professore, ma devo arrestarla”. Io allora gli rispondo: ”Non è possibile commissario, perché si tratta di delitti commessi più di cinquant’anni fa, e quindi sono prescritti!”». In alto, una delle figure di Kanizsa. A sinistra, Vittorio Benussi. A destra, una delle prime “macchine delle verità”, di cui il docente padovano fu precursore con i suoi studi sulla respirazione.

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Il fascino della figura di uno dei fondatori della psicologia italiana

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LA DIFESA DEL POPOLO CULTURA 2 MARZO 2008 35UNIVERSITÀ DI PADOVA

Èil 27 novembre 1927; una strana figurasi aggira per la nebbia delle piazze. Daqualche anno la gente si è abituata a ri-conoscervi Vittorio Benussi: in città

colpiscono i suoi silenzi, il fatto che vesta spes-so di nero, l’aria perennemente assorta; si diceche nel suo studio in corte Capitaniato, all’isti-tuto di psicologia, si facciano degli esperimentistrani, il popolo lo teme, pensa a lui quasi comea uno stregone. A prima vista Benussi sembre-rebbe uno scienziato affermato nel suo campo:ha introdotto in Italia i moderni metodi dellapsicologia sperimentale, secondo gli insegna-menti della più avanzata scuola austriaca; hagià pubblicato decine di lavori innovativi e plu-ricitati. Eppure Vittorio Benussi è un uomo in-felice: il mondo accademico padovano, che su-bito dopo la prima guerra mondiale lo ha accol-to a braccia aperte – lui, nato a Trieste quandoc’era ancora l’impero austro-ungarico – d’untratto sembra non capirlo più. Fanno parlare isuoi strani studi sull’ipnosi e la suggestione; allesue lezioni, che a Graz riempivano le aule, glistudenti si contano sulle dita di una mano. Quella fosca mattina di novembre Benussi en-tra nel suo ufficio, mette l’acqua sulla stufa peril tè; intanto tira fuori dalla tasca una fiala. Cia-nuro. La vita di quello che forse è stato il piùgrande genio della psicologia italiana sta perconcludersi tragicamente.Oggi, a ottant’anni dalla morte, la figura di Be-nussi sta progressivamente emergendo comequella del vero fondatore della scuola padovanadi psicologia; a essa è stato dedicato il convegno“Vittorio Benussi. Creatività e metodo: gli albo-ri della nuova psicologia”, tenutosi di recente aPadova, e non solo per onorare uno dei tantianniversari.Dopo l’infanzia trascorsa a Trieste, Be-nussi andò a studiare all’università diGraz, alla scuola del professor AlexiusMeinong. Il campo in cui si forma è es-senzialmente quello della psicologiasperimentale, ovvero lo studio dellamente e dei suoi meccanismi attraver-so il metodo scientifico, tramite osser-vazioni effettuate per lo più in laborato-rio. I suoi primi studi sulle illusioni otti-che si rivelarono fondamentali: duranteil periodo austriaco Benussi pubblicònumerosi lavori in tedesco, e arrivò adirigere il laboratorio di Meinong; lacarriera accademica gli venne però difatto preclusa a causa della sua origineitaliana. Dopo la prima guerra mondia-le, lo scienziato triestino decise quindidi emigrare in Italia: nel 1918 vennechiamato a Padova, alll’istituto di psico-logia. Lo studioso allestì in fretta un la-boratorio all’avanguardia – tanto chedovette costruire da sé molti degli stru-menti – e si gettò nuovamente nelle suericerche; da un punto di vista scientifi-co gli anni padovani si rivelarono fervi-di: celebri le ricerche sulla psicologiadella testimonianza, nonché i suoi ultimi studi,riassunti nel libro La suggestione e l’ipnosi co-me mezzi di analisi psichica reale del 1925.In quest’opera per la prima volta a livello mon-diale si teorizza l’impiego dell’ipnosi per finalitàterapeutiche, come nella psicanalisi, ma comemetodo per scomporre, “rallentare” e quindistudiare i processi mentali fondamentali. Unapercorso intellettuale che impegnò gli ultimianni di vita dello scienziato, e che ancora oggiviene considerata un unicum della ricercamondiale.Negli anni però una grave forma di depressione,che già una volta lo aveva portato a tentare ditogliersi la vita, si riaffacciò in maniera semprepiù insistente nella mente dello scienziato. Nel1927 il suicidio: il corpo esanime dello studiosoviene trovato nello studio, vicino a una tazza ditè al cianuro; a scoprirlo sono il conte NovelloPapafava e la moglie, tra i pochi amici personalidi Benussi. Subito vengono avvertiti CesareMusatti e Silvia De Marchi, entrambi assistentidi Benussi; dopo un rapido consulto si decise ditenere nascoste le modalità del decesso. Unmedico compiacente firmerà un referto di mor-te per “paralisi cardiaca improvvisa”; si temevache la notizia desse il colpo di grazia alla repu-tazione della psicologia, che si sta faticosamen-te affermando in Italia come disciplina con unasua specifica dignità scientifica e accademica.Una sorta di “congiura del silenzio” che dura fi-no agli anni Ottanta, quando proprio Musattidecise di rivelare la verità.

pagina a cura di Daniele Mont d’Arpizio

Sadi Marhaba, di origini libanesi,nato a Roma, insegna fondamentidella psicologia e storia della psico-logia all’università di Padova. Stu-

dioso appassionato dell’opera di VittorioBenussi e in generale della scuola padova-na di psicologia, si deve anche al suo impe-gno l’attuale revival della figura dello scien-ziato triestino: «Benussi – confermaMarhaba – era soprattutto il prodotto dellagrande cultura mitteleuropea: fu discrimi-nato in Austria e in Germania perché ita-liano e, una volta in Italia, non fu mai com-pletamente accettato. In fondo non fu maicompletamente italiano, né veneto, né au-striaco, ma semplicemente un uomo, unuomo solo».

Quali sono le particolarità di VittorioBenussi nel panorama della psicologiaitaliana ed internazionale?

«I suoi studi nel campo delle percezioni,della psicologia e dell’ipnosi erano in molticasi all’avanguardia, e hanno lasciato unsegno profondo nella scuola padovana. Lesue osservazioni sulla psicologia della testi-monianza, in particolare sulla respirazionedel soggetto quando viene interrogato, so-no da considerare alla base della modernamacchina della verità. Purtroppo anche isuoi studi hanno sofferto della sua condi-zione di emarginato dal mondo scientifico

e accademico, ma oggi sempre più si rico-nosce la sua statura di scienziato geniale».

In particolare, sono importanti i suoistudi sulle illusioni ottiche. Perché?

«La caratteristica delle illusioni consistenel rivelarci che c’è un mondo fenomenico– il mondo come ci appare – che è diversoda quello oggettivo, studiato ad esempiodalla fisica e dalle altre scienze sperimenta-li. Eppure questo mondo esiste, ha delle re-gole precise, e quindi ha piena legittimitàdi essere studiato. Nessuno ancora sa concertezza perché vediamo un triangolo dovenon c’è, come ad esempio in una delle fa-mose figure di Kanizsa; sta di fatto, che tut-ti noi, a prescindere dalla cultura, dallapreparazione e dallo stato d’animo, cadia-mo nella stessa illusione, e che questaquindi non è la conseguenza di un sempli-ce errore di giudizio o di percezione. Il per-ché questo accada è ancora oggi oggetto distudio delle scienze hard più avanzate, in-nanzitutto le neuroscienze. Gli studi sulleillusioni ottiche sono stati inoltre alla basedello sviluppo di correnti fondamentali del-la scienza e del pensiero moderno, come la“psicologia della Gestalt” e la fenomenolo-gia di Husserl».

Da dove derivano il fascino e l’attualitàdella figura di Benussi?

«Benussi era una persona complessa e affa-

scinante, che univa a quelle dello scienzia-to le qualità di un umanista, di un artistacon una sensibilità e un’umanità estreme;era quanto di più lontano da un naturali-smo rozzo e privo di ogni afflato culturale espirituale: dipingeva, suonava, disegnava...Cesare Musatti diceva che aveva un tratto“leonardesco”: pensi che corredò la sua te-si di laurea con oltre 14 mila disegni».

In che cosa sopravvive l’eredità cultura-le e intellettuale di Vittorio Benussiall’università di Padova? I suoi studi so-no ancora attuali?

«L’eredità più importante è in questo pri-mato della sperimentazione, del laborato-rio, nell’ambito del più ampio studio dellapsicologia; altri approcci, come quello tera-peutico oppure psichiatrico, necessitanopiuttosto di altri strumenti, come l’incon-tro con l’altro, l’ascolto, il dialogo. La stessapsicanalisi, allora agli albori e di gran modain tutta l’Europa, non convinse mai piena-mente Benussi: pensava che fosse unospunto interessante, ma che avrebbe dovu-to essere corroborato da verifiche scientifi-che; verifiche che del resto ancora ogginon ci sono state. In parte al suo approccioè dovuto il primato di Padova in certi cam-pi della scienza psicologica, come lo studiodelle percezioni, della memoria, della psi-cologia animale e tanto altro».

Le origini del-la scuola dip s i c o l o g i apadovana ri-

salgono al 1882,quando Roberto Ar-digò, il massimo espo-nente del positivismoitaliano, venne chia-mato a insegnare sto-

ria della filosofia nell’ateneo pata-vino e subito propose l’istituzionedi cattedre di psicologia sperimen-tale. L’impronta di Ardigò rimarràa lungo nella scuola padovana, chesarà da allora orientata soprattut-to alla ricerca sperimentale, all’in-segna di una conce-zione rigorosamentenaturalistica dellascienza.Nel 1919 venne fon-dato l’istituto di psico-logia, contemporanea-mente all’arrivo diVittorio Benussi.Quando viene a Pado-va, il triestino è giànoto a livello interna-zionale per i suoi stu-di; a lui fu assegnatadirettamente, per me-riti eccezionali e senza concorso,la cattedra di psicologia. Gli anni di Benussi sono intensi efecondi dal punto di vista scientifi-co, anche se pieni di amarezzapersonale. Nel 1927 nella direzio-ne dell’istituto gli succedette l’al-lievo Cesare Musatti, nato a Dolonel 1897 e scomparso a Milanonel 1989 che assieme alla moglieSilvia De Marchi, anch’essa allievadello scienziato triestino, sviluppòin maniera originale le linee diret-trici della ricerche benussiana, ecioè la psicologia della percezione,la psicologia della testimonianza,lo studio della suggestione edell’ipnosi; rispetto al maestroperò il percorso di Musatti coltempo si avvicinerà sempre più al-

la psicanalisi, della quale progres-sivamente assumerà in Italia ilruolo di fondatore e di grande “pa-triarca”. Costretto dalle leggi raz-ziali a lasciare la cattedra, alla finedella seconda guerra mondialeMusatti tornò all’insegnamentouniversitario, ma stavolta all’uni-versità di Milano; con sé portò an-che molti disegni originali di Be-nussi, sui quale negli anni si èaperta una piccola polemica tra gliatenei milanese e padovano.Intanto alla direzione dell’istitutodi psicologia patavino nel 1940 ègiunto Fabio Metelli, che continuòla grande tradizione padovana

nello studio della per-cezione, in particolaresulla percezione visivadel movimento, sul-l’organizzazione figu-ra-sfondo, sull’identitàfenomenica, sulla per-cezione della causalitàe soprattutto sulla per-cezione della traspa-renza, con uno studioche nel 1974 verràpubblicato – caso qua-si unico all’epoca peruno studioso italiano –

sul prestigioso Scientific ameri-can. È proprio con Metelli che nel1971 l’università di Padova, primain Italia assieme a Roma, inauguròil primo corso di laurea in psicolo-gia in Italia.Oggi la facoltà di psicologia di Pa-dova conta dieci corsi di laurea,tra triennali e specialistici, eun’ampia offerta di master e corsipost-lauream; quella padovana èriconosciuta come una delle mi-gliori scuole di psicologia in Italia,con circa la metà degli oltre 7.500iscritti provienti da fuori regione.Intanto dal 1984 lo storico istitutodi psicologia si è trasformato indipartimento di psicologia genera-le, intitolato proprio alla memoriadi Vittorio Benussi.

VITTORIO BENUSSI A OTTANT’ANNI DALLA MORTE SI STA RISCOPRENDO LA FIGURA DI QUESTO SCIENZIATO

Padre della psicologia padovanaLo studio delle illusioni spalancò le porte all’attuale sviluppo delle neuroscienze

La prima facoltàinsieme a Roma

L’ E N I G M A D E L S U I C I D I O

Ucciso dall’isolamento causatodalle sue ricerche sull’ipnosi

S olo negli anni Ottanta Musatti rivelerà la verità sulla fine delmaestro. Perché Vittorio Benussi si uccise? È tardi ormai perdare una risposta definitiva; negli anni si parlò anche di

questioni sentimentali, ma forse si tratta di una banalizzazione.È più probabile che Benussi si sentisse isolato nel panoramaaccademico italiano: in particolare le sua ultime ricerchesull’ipnosi destavano sospetto e diffidenza persino nei suoiallievi. Lo stesso Musatti, anche dopo il suo annuncio, non parlòmai volentieri della morte del maestro; parve più volterimproverarsi di averlo lasciato solo. Nel generale silenzio dellostudioso dolese emerge un’intervista uscita sul quotidianospagnolo El Pais il 21 ottobre 1985, quattro anni prima dellamorte. Il testo non è mai stato tradotto o citato in italiano, eperciò costituisce una piccola curiosità. Nell’articolo Musatticonfessa di sognare a volte di essere portato in una caserma e diessere interrogato da un maresciallo dei carabinieri, sulla mortedi tre delle sue quattro mogli, decedute in circostanze tragiche,oltre che sulla fine di Vittorio Benussi. Alla fine colloquio ilmilitare intima a Musatti di confessare di essere stato lui auccidere il maestro, per succedergli nella cattedra. «Io gli rispondo– prosegue Musatti, da buon psicanalista – che sicuramente nelmio subconscio mi sono sentito responsabile per questa e peraltre morti. Il commissario, che non capiva di subconscio, decide:“Mi spiace professore, ma devo arrestarla”. Io allora gli rispondo:”Non è possibile commissario, perché si tratta di delitti commessipiù di cinquant’anni fa, e quindi sono prescritti!”».

In alto, una delle figure diKanizsa. A sinistra, VittorioBenussi. A destra, una delleprime “macchine delleverità”, di cui il docentepadovano fu precursore con isuoi studi sulla respirazione.