Vittorio Benussi, un genio incompreso
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LA DIFESA DEL POPOLO CULTURA 2 MARZO 2008 35UNIVERSITÀ DI PADOVA
Èil 27 novembre 1927; una strana figurasi aggira per la nebbia delle piazze. Daqualche anno la gente si è abituata a ri-conoscervi Vittorio Benussi: in città
colpiscono i suoi silenzi, il fatto che vesta spes-so di nero, l’aria perennemente assorta; si diceche nel suo studio in corte Capitaniato, all’isti-tuto di psicologia, si facciano degli esperimentistrani, il popolo lo teme, pensa a lui quasi comea uno stregone. A prima vista Benussi sembre-rebbe uno scienziato affermato nel suo campo:ha introdotto in Italia i moderni metodi dellapsicologia sperimentale, secondo gli insegna-menti della più avanzata scuola austriaca; hagià pubblicato decine di lavori innovativi e plu-ricitati. Eppure Vittorio Benussi è un uomo in-felice: il mondo accademico padovano, che su-bito dopo la prima guerra mondiale lo ha accol-to a braccia aperte – lui, nato a Trieste quandoc’era ancora l’impero austro-ungarico – d’untratto sembra non capirlo più. Fanno parlare isuoi strani studi sull’ipnosi e la suggestione; allesue lezioni, che a Graz riempivano le aule, glistudenti si contano sulle dita di una mano. Quella fosca mattina di novembre Benussi en-tra nel suo ufficio, mette l’acqua sulla stufa peril tè; intanto tira fuori dalla tasca una fiala. Cia-nuro. La vita di quello che forse è stato il piùgrande genio della psicologia italiana sta perconcludersi tragicamente.Oggi, a ottant’anni dalla morte, la figura di Be-nussi sta progressivamente emergendo comequella del vero fondatore della scuola padovanadi psicologia; a essa è stato dedicato il convegno“Vittorio Benussi. Creatività e metodo: gli albo-ri della nuova psicologia”, tenutosi di recente aPadova, e non solo per onorare uno dei tantianniversari.Dopo l’infanzia trascorsa a Trieste, Be-nussi andò a studiare all’università diGraz, alla scuola del professor AlexiusMeinong. Il campo in cui si forma è es-senzialmente quello della psicologiasperimentale, ovvero lo studio dellamente e dei suoi meccanismi attraver-so il metodo scientifico, tramite osser-vazioni effettuate per lo più in laborato-rio. I suoi primi studi sulle illusioni otti-che si rivelarono fondamentali: duranteil periodo austriaco Benussi pubblicònumerosi lavori in tedesco, e arrivò adirigere il laboratorio di Meinong; lacarriera accademica gli venne però difatto preclusa a causa della sua origineitaliana. Dopo la prima guerra mondia-le, lo scienziato triestino decise quindidi emigrare in Italia: nel 1918 vennechiamato a Padova, alll’istituto di psico-logia. Lo studioso allestì in fretta un la-boratorio all’avanguardia – tanto chedovette costruire da sé molti degli stru-menti – e si gettò nuovamente nelle suericerche; da un punto di vista scientifi-co gli anni padovani si rivelarono fervi-di: celebri le ricerche sulla psicologiadella testimonianza, nonché i suoi ultimi studi,riassunti nel libro La suggestione e l’ipnosi co-me mezzi di analisi psichica reale del 1925.In quest’opera per la prima volta a livello mon-diale si teorizza l’impiego dell’ipnosi per finalitàterapeutiche, come nella psicanalisi, ma comemetodo per scomporre, “rallentare” e quindistudiare i processi mentali fondamentali. Unapercorso intellettuale che impegnò gli ultimianni di vita dello scienziato, e che ancora oggiviene considerata un unicum della ricercamondiale.Negli anni però una grave forma di depressione,che già una volta lo aveva portato a tentare ditogliersi la vita, si riaffacciò in maniera semprepiù insistente nella mente dello scienziato. Nel1927 il suicidio: il corpo esanime dello studiosoviene trovato nello studio, vicino a una tazza ditè al cianuro; a scoprirlo sono il conte NovelloPapafava e la moglie, tra i pochi amici personalidi Benussi. Subito vengono avvertiti CesareMusatti e Silvia De Marchi, entrambi assistentidi Benussi; dopo un rapido consulto si decise ditenere nascoste le modalità del decesso. Unmedico compiacente firmerà un referto di mor-te per “paralisi cardiaca improvvisa”; si temevache la notizia desse il colpo di grazia alla repu-tazione della psicologia, che si sta faticosamen-te affermando in Italia come disciplina con unasua specifica dignità scientifica e accademica.Una sorta di “congiura del silenzio” che dura fi-no agli anni Ottanta, quando proprio Musattidecise di rivelare la verità.
pagina a cura di Daniele Mont d’Arpizio
Sadi Marhaba, di origini libanesi,nato a Roma, insegna fondamentidella psicologia e storia della psico-logia all’università di Padova. Stu-
dioso appassionato dell’opera di VittorioBenussi e in generale della scuola padova-na di psicologia, si deve anche al suo impe-gno l’attuale revival della figura dello scien-ziato triestino: «Benussi – confermaMarhaba – era soprattutto il prodotto dellagrande cultura mitteleuropea: fu discrimi-nato in Austria e in Germania perché ita-liano e, una volta in Italia, non fu mai com-pletamente accettato. In fondo non fu maicompletamente italiano, né veneto, né au-striaco, ma semplicemente un uomo, unuomo solo».
Quali sono le particolarità di VittorioBenussi nel panorama della psicologiaitaliana ed internazionale?
«I suoi studi nel campo delle percezioni,della psicologia e dell’ipnosi erano in molticasi all’avanguardia, e hanno lasciato unsegno profondo nella scuola padovana. Lesue osservazioni sulla psicologia della testi-monianza, in particolare sulla respirazionedel soggetto quando viene interrogato, so-no da considerare alla base della modernamacchina della verità. Purtroppo anche isuoi studi hanno sofferto della sua condi-zione di emarginato dal mondo scientifico
e accademico, ma oggi sempre più si rico-nosce la sua statura di scienziato geniale».
In particolare, sono importanti i suoistudi sulle illusioni ottiche. Perché?
«La caratteristica delle illusioni consistenel rivelarci che c’è un mondo fenomenico– il mondo come ci appare – che è diversoda quello oggettivo, studiato ad esempiodalla fisica e dalle altre scienze sperimenta-li. Eppure questo mondo esiste, ha delle re-gole precise, e quindi ha piena legittimitàdi essere studiato. Nessuno ancora sa concertezza perché vediamo un triangolo dovenon c’è, come ad esempio in una delle fa-mose figure di Kanizsa; sta di fatto, che tut-ti noi, a prescindere dalla cultura, dallapreparazione e dallo stato d’animo, cadia-mo nella stessa illusione, e che questaquindi non è la conseguenza di un sempli-ce errore di giudizio o di percezione. Il per-ché questo accada è ancora oggi oggetto distudio delle scienze hard più avanzate, in-nanzitutto le neuroscienze. Gli studi sulleillusioni ottiche sono stati inoltre alla basedello sviluppo di correnti fondamentali del-la scienza e del pensiero moderno, come la“psicologia della Gestalt” e la fenomenolo-gia di Husserl».
Da dove derivano il fascino e l’attualitàdella figura di Benussi?
«Benussi era una persona complessa e affa-
scinante, che univa a quelle dello scienzia-to le qualità di un umanista, di un artistacon una sensibilità e un’umanità estreme;era quanto di più lontano da un naturali-smo rozzo e privo di ogni afflato culturale espirituale: dipingeva, suonava, disegnava...Cesare Musatti diceva che aveva un tratto“leonardesco”: pensi che corredò la sua te-si di laurea con oltre 14 mila disegni».
In che cosa sopravvive l’eredità cultura-le e intellettuale di Vittorio Benussiall’università di Padova? I suoi studi so-no ancora attuali?
«L’eredità più importante è in questo pri-mato della sperimentazione, del laborato-rio, nell’ambito del più ampio studio dellapsicologia; altri approcci, come quello tera-peutico oppure psichiatrico, necessitanopiuttosto di altri strumenti, come l’incon-tro con l’altro, l’ascolto, il dialogo. La stessapsicanalisi, allora agli albori e di gran modain tutta l’Europa, non convinse mai piena-mente Benussi: pensava che fosse unospunto interessante, ma che avrebbe dovu-to essere corroborato da verifiche scientifi-che; verifiche che del resto ancora ogginon ci sono state. In parte al suo approccioè dovuto il primato di Padova in certi cam-pi della scienza psicologica, come lo studiodelle percezioni, della memoria, della psi-cologia animale e tanto altro».
Le origini del-la scuola dip s i c o l o g i apadovana ri-
salgono al 1882,quando Roberto Ar-digò, il massimo espo-nente del positivismoitaliano, venne chia-mato a insegnare sto-
ria della filosofia nell’ateneo pata-vino e subito propose l’istituzionedi cattedre di psicologia sperimen-tale. L’impronta di Ardigò rimarràa lungo nella scuola padovana, chesarà da allora orientata soprattut-to alla ricerca sperimentale, all’in-segna di una conce-zione rigorosamentenaturalistica dellascienza.Nel 1919 venne fon-dato l’istituto di psico-logia, contemporanea-mente all’arrivo diVittorio Benussi.Quando viene a Pado-va, il triestino è giànoto a livello interna-zionale per i suoi stu-di; a lui fu assegnatadirettamente, per me-riti eccezionali e senza concorso,la cattedra di psicologia. Gli anni di Benussi sono intensi efecondi dal punto di vista scientifi-co, anche se pieni di amarezzapersonale. Nel 1927 nella direzio-ne dell’istituto gli succedette l’al-lievo Cesare Musatti, nato a Dolonel 1897 e scomparso a Milanonel 1989 che assieme alla moglieSilvia De Marchi, anch’essa allievadello scienziato triestino, sviluppòin maniera originale le linee diret-trici della ricerche benussiana, ecioè la psicologia della percezione,la psicologia della testimonianza,lo studio della suggestione edell’ipnosi; rispetto al maestroperò il percorso di Musatti coltempo si avvicinerà sempre più al-
la psicanalisi, della quale progres-sivamente assumerà in Italia ilruolo di fondatore e di grande “pa-triarca”. Costretto dalle leggi raz-ziali a lasciare la cattedra, alla finedella seconda guerra mondialeMusatti tornò all’insegnamentouniversitario, ma stavolta all’uni-versità di Milano; con sé portò an-che molti disegni originali di Be-nussi, sui quale negli anni si èaperta una piccola polemica tra gliatenei milanese e padovano.Intanto alla direzione dell’istitutodi psicologia patavino nel 1940 ègiunto Fabio Metelli, che continuòla grande tradizione padovana
nello studio della per-cezione, in particolaresulla percezione visivadel movimento, sul-l’organizzazione figu-ra-sfondo, sull’identitàfenomenica, sulla per-cezione della causalitàe soprattutto sulla per-cezione della traspa-renza, con uno studioche nel 1974 verràpubblicato – caso qua-si unico all’epoca peruno studioso italiano –
sul prestigioso Scientific ameri-can. È proprio con Metelli che nel1971 l’università di Padova, primain Italia assieme a Roma, inauguròil primo corso di laurea in psicolo-gia in Italia.Oggi la facoltà di psicologia di Pa-dova conta dieci corsi di laurea,tra triennali e specialistici, eun’ampia offerta di master e corsipost-lauream; quella padovana èriconosciuta come una delle mi-gliori scuole di psicologia in Italia,con circa la metà degli oltre 7.500iscritti provienti da fuori regione.Intanto dal 1984 lo storico istitutodi psicologia si è trasformato indipartimento di psicologia genera-le, intitolato proprio alla memoriadi Vittorio Benussi.
VITTORIO BENUSSI A OTTANT’ANNI DALLA MORTE SI STA RISCOPRENDO LA FIGURA DI QUESTO SCIENZIATO
Padre della psicologia padovanaLo studio delle illusioni spalancò le porte all’attuale sviluppo delle neuroscienze
La prima facoltàinsieme a Roma
L’ E N I G M A D E L S U I C I D I O
Ucciso dall’isolamento causatodalle sue ricerche sull’ipnosi
S olo negli anni Ottanta Musatti rivelerà la verità sulla fine delmaestro. Perché Vittorio Benussi si uccise? È tardi ormai perdare una risposta definitiva; negli anni si parlò anche di
questioni sentimentali, ma forse si tratta di una banalizzazione.È più probabile che Benussi si sentisse isolato nel panoramaaccademico italiano: in particolare le sua ultime ricerchesull’ipnosi destavano sospetto e diffidenza persino nei suoiallievi. Lo stesso Musatti, anche dopo il suo annuncio, non parlòmai volentieri della morte del maestro; parve più volterimproverarsi di averlo lasciato solo. Nel generale silenzio dellostudioso dolese emerge un’intervista uscita sul quotidianospagnolo El Pais il 21 ottobre 1985, quattro anni prima dellamorte. Il testo non è mai stato tradotto o citato in italiano, eperciò costituisce una piccola curiosità. Nell’articolo Musatticonfessa di sognare a volte di essere portato in una caserma e diessere interrogato da un maresciallo dei carabinieri, sulla mortedi tre delle sue quattro mogli, decedute in circostanze tragiche,oltre che sulla fine di Vittorio Benussi. Alla fine colloquio ilmilitare intima a Musatti di confessare di essere stato lui auccidere il maestro, per succedergli nella cattedra. «Io gli rispondo– prosegue Musatti, da buon psicanalista – che sicuramente nelmio subconscio mi sono sentito responsabile per questa e peraltre morti. Il commissario, che non capiva di subconscio, decide:“Mi spiace professore, ma devo arrestarla”. Io allora gli rispondo:”Non è possibile commissario, perché si tratta di delitti commessipiù di cinquant’anni fa, e quindi sono prescritti!”».
In alto, una delle figure diKanizsa. A sinistra, VittorioBenussi. A destra, una delleprime “macchine delleverità”, di cui il docentepadovano fu precursore con isuoi studi sulla respirazione.