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Vito Gamberale Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 1 Lectio Magistralis Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?Vito Gamberale 1. PREMESSA................................................................................................................................. 2 2. LE TLC IN ITALIA ALL’INIZIO DEGLI ANNI ‘90 ............................................................ 3 3. DAL 1990 AL 1998: L’ITALIA ALL’AVANGUARDIA DELLE TLC IN EUROPA ........ 6 3.1 FUSIONE DEI VARI OPERATORI ................................................................................................ 7 3.2 L’AMMODERNAMENTO DELLA RETE FISSA E IL PROGETTO SOCRATE. .................................... 8 3.3 LO SVILUPPO ESTERO DI TELECOM ITALIA NELLA RETE FISSA. ............................................. 10 4. LO SVILUPPO DELLA TELEFONIA MOBILE IN ITALIA ............................................ 12 5. IL RUOLO DELL’ANTITRUST PER LA LIBERALIZZAZIONE DEL SETTORE ..... 21 6. LE TLC ITALIANE ALLA FINE DEL 1997 ........................................................................ 23 7. DAL 1997 AL 2000: LIBERALIZZAZIONE DELLA TELEFONIA. SCENARI COMPETITIVI ................................................................................................................................ 23 8. GLOBALIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE ................................................................ 25 9. LA PRIVATIZZAZIONE DELLE TLC ITALIANE ........................................................... 26 10. LE SOLUZIONI POSSIBILI .................................................................................................. 35 11. CONCLUSIONI........................................................................................................................ 40 Sala degli Svizzeri di Villa Mondragone Monte Porzio Catone, 16 maggio 2007

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Lectio Magistralis dell’Ing. Vito Gamberale, presentata in occasione del conferimento a Vito Gamberale della Laurea honoris causa in Ingegneria delle telecomunicazioni da parte dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Il documento, dal titolo “Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro?”, ripercorre la storia delle TLC in Italia, dagli anni ’90 al 2000. Si tratta di una storia che l’Ing. Vito Gamberale, attuale Amministratore Delegato di F2i, ha vissuto da protagonista, alla guida di primarie società dell’attuale Gruppo Telecom Italia, tra cui SIP e TIM, che egli stesso ha contribuito a costituire e a far affermare quale benchmark mondiale di settore. La presente versione è stata rivista ed aggiornata dall’Ing. Vito Gamberale nel 2010.

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Vito Gamberale – Lectio Magistralis

Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 1

Lectio Magistralis

“Le Telecomunicazioni in Italia:

da un passato autorevole ad un presente incerto.

Quale futuro?”

Vito Gamberale

1. PREMESSA................................................................................................................................. 2

2. LE TLC IN ITALIA ALL’INIZIO DEGLI ANNI ‘90 ............................................................ 3

3. DAL 1990 AL 1998: L’ITALIA ALL’AVANGUARDIA DELLE TLC IN EUROPA ........ 6

3.1 FUSIONE DEI VARI OPERATORI ................................................................................................ 7 3.2 L’AMMODERNAMENTO DELLA RETE FISSA E IL PROGETTO SOCRATE. .................................... 8 3.3 LO SVILUPPO ESTERO DI TELECOM ITALIA NELLA RETE FISSA. ............................................. 10

4. LO SVILUPPO DELLA TELEFONIA MOBILE IN ITALIA ............................................ 12

5. IL RUOLO DELL’ANTITRUST PER LA LIBERALIZZAZIONE DEL SETTORE ..... 21

6. LE TLC ITALIANE ALLA FINE DEL 1997 ........................................................................ 23

7. DAL 1997 AL 2000: LIBERALIZZAZIONE DELLA TELEFONIA. SCENARI

COMPETITIVI ................................................................................................................................ 23

8. GLOBALIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE ................................................................ 25

9. LA PRIVATIZZAZIONE DELLE TLC ITALIANE ........................................................... 26

10. LE SOLUZIONI POSSIBILI .................................................................................................. 35

11. CONCLUSIONI ........................................................................................................................ 40

Sala degli Svizzeri

di Villa Mondragone

Monte Porzio Catone, 16 maggio 2007

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1. Premessa

Le più importanti potenze economiche mondiali fondano le proprie strategie di sviluppo e di difesa

su tre sistemi industriali: le TLC, l’energia e le infrastrutture per il trasporto.

E infatti, a partire dal dopoguerra, tutti i Paesi, che sono divenuti i principali protagonisti dello

sviluppo economico mondiale, hanno avviato precise politiche di investimento nei tre settori, come

fondamenta su cui poggiare quelle che sono state (e saranno) le specifiche direttrici di crescita.

L’Italia e la Germania, i Paesi più toccati dalla seconda guerra mondiale, basarono le rispettive

politiche di ricostruzione e di sviluppo economico partendo proprio da TLC, energia e

infrastrutture.

La Spagna, finito l’oscurantismo Franchista appena 30 anni addietro (quando per Italia e Germania

erano passati già 30 anni dalla fine della guerra), ha concentrato i propri sforzi nel darsi un assetto

moderno nei tre settori.

I Paesi dell’ex Europa dell’Est, caduto “il muro” – ossia il simbolo della divisione dall’Occidente –

hanno anch’essi seguíto la stessa rotta, specie nelle due realtà più grandi e più ambiziose, la Russia

e la Germania dell’Est (grazie anche alla fusione con l’ex Germania Occidentale).

Lo stesso sta accadendo, con ritmi incredibili, per India e Cina, i due più popolati Paesi del mondo,

da poco approdati al capitalismo.

Caratteristica comune (o quasi) di tutti questi grandi Paesi presi a riferimento è stata quella di

sviluppare i predetti tre pilastri economici ( TLC/ energia/ infrastrutture ) sulla base di precise

direttrici di politica industriale, fortemente guidate dai rispettivi Governi, a prescindere dalle

continue alternanze di indirizzo politico, come pure a prescindere dalla forma proprietaria dei vari

operatori economici proprietari dei suddetti tre sistemi.

In tutto il mondo poi, mentre queste realtà geo-economiche progredivano rapidamente, si sono

affacciate ed evolute anche altre realtà - diciamo di secondo livello – che, con l’avvento della

liberalizzazione e della globalizzazione, hanno demandato ad altri Paesi (tramite i rispettivi

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operatori) lo sviluppo dei tre sistemi economici di base: è accaduto per i Paesi del Sud America

(dal Cile, all’Argentina, al Brasile), per i Paesi minori dell’Europa dell’Est, per le altre realtà del

Medio Oriente e dell’Asia; sta accadendo lo stesso per il più critico continente Africano.

Quindi: da una parte Paesi Guida, tramite imprese forti e Governi attenti; dall’altra parte Paesi che

si fanno guidare, tramite imprese espressioni dei Paesi Guida.

Una tale premessa è importante per inquadrare lo specifico tema della “Lectio”, che punta a dare,

per le Telecomunicazioni in Italia, una lettura dinamica tra il “passato autorevole” ed il “presente

incerto”, e vuole offrire spunti per una esplorazione del futuro.

2. Le TLC in Italia all’inizio degli anni ‘90

Le TLC italiane, all’inizio degli anni ’90, apparivano solo discretamente avanzate come livello

tecnologico e di servizio, con competenze di traffico telefonico pubblico ripartite tra quattro

operatori:

SIP

ITALCABLE

(resto del

mondo)

AS

ST

ASST

ASST

AS

ST

Europa &

Mediterraneo

ITALCABLE

(resto del

mondo)

TELESPAZIO

(satellite)

Figura 1 – Le società di telecomunicazioni italiane all’inizio degli anni ’90 (per competenza)

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SIP – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva, sulla rete fissa, il traffico urbano e

interurbano nell’ambito dei 231 distretti; inoltre aveva appena avviato a gestire, con ritardo,

il servizio radiomobile;

ASST – di proprietà del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni – gestiva il traffico

interurbano tra i distretti e quello internazionale da e verso i Paesi europei e del bacino del

Mediterraneo;

ITALCABLE – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva il traffico internazionale

verso tutti gli altri Paesi;

TELESPAZIO – di proprietà dell’IRI, quotata in Borsa – gestiva i collegamenti via satellite.

Per quanto riguarda gli altri servizi:

il Telex, a quei tempi ancora molto diffuso, era di competenza del Ministero PT in ambito

nazionale e internazionale, e di ITALCABLE da e verso gli stessi Paesi con cui scambiava il

traffico telefonico.

la trasmissione dati: “in banda fonica” e il servizio ISDN (Integrated Services Digital

Network) venivano erogati con le stesse competenze della telefonia.

Una tale pluralità di operatori rappresentava un’ indubbia anomalia nei confronti degli assetti

operativi e proprietari degli altri operatori nazionali dei singoli Paesi guida.

Di sicuro la frammentazione favoriva inefficienza gestionale, contraddizioni tecnologiche, non

univocità d’indirizzo, anche se la prevalente proprietà dell’IRI aveva sempre assicurato disciplina

manageriale, apertura agli investimenti e presenza nei mercati borsistici.

A prescindere dalla particolarità italiana, il sistema delle TLC europee aveva mantenuto un

sostanziale allineamento, nelle tecnologie e nei servizi, come evidenziato dalla seguente tabella

sinottica (dati riferiti al 1990), che si riferisce ai principali Paesi europei:

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Tabella 1 – Il sistema delle TLC europee nel 1990

A quell’ epoca – inizi anni ’90 – gli operatori nazionali dominanti delle TLC, i cosiddetti

“incumbent”, cominciavano a cimentarsi con il concetto di concorrenza, nato a seguito della famosa

“divestiture della AT&T” realizzata negli USA, nel 1984 (e che poi ha subíto diverse fasi di radicali

ripensamenti! ) .

In effetti il sistema delle TLC italiane aveva già avviato un’esperienza di mercato, portando con

Italcable la concorrenza negli altri Paesi. Erano stati attivati, in tutto il mondo, diversi centri per la

rivendita di traffico internazionale e questo sarà il germe che consentirà poi un concreto sviluppo

estero del Gruppo.

Il sistema delle TLC italiane venne a trovarsi, pertanto, all’inizio dell’ultima decade del secolo, con

i seguenti problemi operativi:

una pluralità di operatori per la gestione dei servizi di telefonia fissa;

un livello qualitativo di reti e servizi medio-alto come risultato dell’ evoluzione tecnologica

(l’Italia era stato il primo Paese, in Europa, a introdurre la teleselezione a livello nazionale);

un’ esigenza di dare efficienza complessiva alla gestione;

un basso livello di sviluppo del radiomobile;

la necessità di aprire alla concorrenza nel Paese;

una nascente opportunità di avviare un significativo sviluppo all’estero.

F D I S UK

linee fisse (mil) 28,1 31,9 22,4 12,6 25,4

linee fisse/ab 0,50 0,39 0,40 0,33 0,46

grado di digitalizzazione (%) 75 12 33 28 47

traffico internazionale/ab(min) 37,6 39,5 18,5 15,6 45,6

telefonia mobile (migl) 283 273 266 55 1.114

penetrazione (%) 0,50 0,34 0,47 0,14 1,92

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3. Dal 1990 al 1998: l’Italia all’avanguardia delle TLC in Europa

Il 1990 è l’anno in cui si pianifica un deciso sviluppo delle TLC Nazionali.

L’intero sistema delle TLC italiane comprende, infatti, che è alle porte una rivoluzione di

tecnologia (basata sul digitale), di servizi, di mercato.

Decide quindi di affrontare le varie sfide, consapevole che, nel contempo, deve eliminare

l’anomalia delle frammentazioni tra i vari operatori.

Si comincia con un radicale rinnovo dei vertici societari, che coinvolge prima di tutto la SIP.

Questa società diventa il naturale punto di riferimento per strategia, sviluppi tecnologici, coraggiose

aperture al mercato, grande attenzione alla qualità dei servizi.

Il pivot di tutta questa progettualità evolutiva è Ernesto Pascale, nominato nell’aprile ’91 Presidente

della SIP. Accetta di essere affiancato da esperienze diverse. Lo affiancano due Amministratori

Delegati: Zappi (con la delega alla telefonia fissa) ed il sottoscritto (con la delega alla telefonia

mobile). Vengono rinnovati completamente i responsabili manageriali dell’Azienda. Si ha il

coraggio di puntare su figure giovani e lungimiranti – De Julio, Di Genova, Sarmi, Tommasi,

Rovera, Bergamini, Pileri, per citare soltanto quanti avrebbero occupato responsabilità di massimo

rilievo.

Si apre un confronto ampio per discutere e decidere di tecnologie, di investimenti, di nuovi servizi.

Un riferimento costante e prezioso sarà il Prof. Décina, tuttora principale stratega tecnologico del

settore.

E’ questa la squadra che, tutta unita, condivide una visione, definisce un progetto pluriennale

(durerà otto anni), ne cura l’attuazione, l’adattamento e l’evoluzione. In particolare:

si procede ad una radicale riorganizzazione, basata su un ampio e reale sistema di deleghe,

finalizzato ad assicurare standard di servizi allineati alle best practices mondiali;

si avvia, con decisione, il perseguimento della fusione dei vari operatori, per allinearsi,

anche organizzativamente, agli altri “incumbent” europei;

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si accelera il processo di digitalizzazione delle reti, puntando a raggiungere il 90% entro il

’97;

si ha il coraggio di impostare ed avviare la prima Pay TV nell’Italia delle due sole TV

commerciali e broadcasting;

si punta su una forte accelerazione nella telefonia mobile;

si apre, con fiducia e lealtà, alla concorrenza;

si avvia un deciso sviluppo verso l’estero.

Ognuno di questi capitoli meriterebbe una specifica trattazione, per la rilevanza avuta nel favorire

una coraggiosa emancipazione complessiva delle TLC italiane.

Per evidenti limiti di tempo ci si limiterà a ricordare solo gli aspetti salienti di taluni di questi

passaggi.

Ci si soffermerà poi a sviluppare, un po’ più in dettaglio, ciò che si fece nella telefonia mobile,

come esempio emblematico, ma non esauriente, dell’impegno profuso e dei risultati raggiunti in

quegli anni.

3.1 Fusione dei vari operatori

Il processo di riassetto del settore delle telecomunicazioni in Italia ha preso avvio con la Legge n°

58, del gennaio 1992, che ha fissato i criteri generali per la realizzazione della riforma, stimolata

dagli sviluppi della politica comunitaria in materia di telecomunicazioni.

Nel giugno del 1994 il Consiglio di Amministrazione dell’IRI approva il “Piano di riassetto delle

telecomunicazioni” che porta, in qualche mese, alla fusione, per incorporazione nella SIP, delle

società IRITEL (nella quale era confluita precedentemente ASST), ITALCABLE, TELESPAZIO e

SIRM (Società Italiana Radio Marittima).

Successivamente, la SIP muta denominazione assumendo quella attuale di "TELECOM ITALIA",

diventando il Gestore Unico dei servizi di telecomunicazione, il cui capitale sociale sarà detenuto

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dalla STET (55%); il flottante di borsa sarà ripartito essenzialmente tra investitori esteri (25,05%),

investitori italiani (16,65%), IRI (2,8%) e RAI (0,5%).

3.2 L’ammodernamento della rete fissa e il progetto Socrate.

La prima metà degli anni ’90 si contraddistingue per la massiccia attività di digitalizzazione delle

centrali telefoniche (che si concluderà nel 1999) e la realizzazione di infrastrutture per la fornitura

di nuovi servizi telefonici a valore aggiunto.

Nel 1991 la SIP attiva la rete ISDN. Nel 1994 viene completata la realizzazione della Rete

Intelligente, una nuova infrastruttura caratterizzata da “nodi intelligenti” tramite i quali è possibile

fornire, in maniera centralizzata, servizi avanzati di fonia (come il Numero Verde).

Contestualmente nascono i primi servizi informativi a pagamento, basati su prefissi 144 e 166,

mentre già dal 1994 diviene operativa, in alcune delle maggiori città italiane, la rete a larga banda

ATM (Asynchronous Transfer Mode), che consente di offrire servizi multimediali in maniera

completa e flessibile, con capacità trasmissiva fino a 34 Mbit/sec su fibra ottica, per la grande

utenza/business.

Gli anni 1995-97 sono caratterizzati dalla prima ondata di crescita di Internet: la rete Interbusiness

di Telecom Italia (T.I.) nasce nel 1995. Nel 1996 nasce TIN (TELECOM ITALIA NET) per fusione

di Telecom on line e Video on line, fornitori di accesso a Internet mediante la rete ISDN e la rete

telefonica commutata.

Nel 1996 viene avviato il progetto Socrate, nel quadro dell’impegno congiunto di Comuni e STET/

T.I., per la cablatura, in tre anni, del 50% delle abitazioni del Paese, con cavi ibridi a fibre ottiche e

coassiali.

Questo progetto, all’epoca, fu salutato con entusiasmo persino da Nicholas Negroponte. Si voleva

mettere a disposizione delle case italiane una capacità trasmissiva ISDN (144 Kbit/sec) e un canale

video a 34 Mbit/sec.

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Oggi gli stessi servizi previsti nel piano Socrate ( telefonia, Internet, TV diffusiva e su domanda) si

chiamano “triple-pay” e possono viaggiare anche sul semplice doppino telefonico con la tecnologia

ADSL attuale fino a 20 Mbit/s; tale capacità trasmissiva consente infatti di gestire i segnali video

pacchettizzati su protocollo Internet (la TV è diventata IPTV). Nel frattempo la rete di trasporto in

fibra ottica (il backbone di collegamento tra i nodi di rete, ossia le vecchie centrali telefoniche) ha

raggiunto una disponibilità di banda pressoché illimitata: una sola coppia di fibre, che negli anni ’90

trasportava 640 Mbit/s, oggi può trasportare migliaia di Gbit/s (si parla infatti di Tera bit/s).

Il progetto Socrate verrà abbandonato dopo 2 anni, nel 1998, anche perché erano montate critiche

improprie verso un progetto coraggioso e evolutivo del Paese.

Quel progetto avrebbe consentito a TI un’evoluzione verso i servizi a valore aggiunto – verso i

contenuti – con 10÷15 anni di anticipo e, di sicuro, con investimenti inferiori a quelli che ora

occorrerà fare. In più avrebbe dotato il Paese di una pluralità di piattaforme (etere, cavo, Internet)

analoga a quella di altri Paesi ed avrebbe posto le basi per una nuova e forte concorrenza a RAI,

Mediaset e, oggi, a Sky.

A seguito poi del sopraggiungere della tecnologia ADSL (Asymmetric Digital Subsciber Loop) sul

doppino telefonico, nel 1999 T.I. avvia la sperimentazione dei servizi Superlinea, abbinando alla

telefonia l’accesso veloce ad Internet, prima a 128 kbit/s, poi a 256 e 640 Kbit/s, fino ai 20 Mbit/s

attuali, e introducendo via via vari servizi multimediali.

Oggi si discute su un ulteriore sviluppo di capacità trasmissiva e servizi sulla rete di accesso – la

NGN (Next Generation Network) – portando la fibra ottica più vicino alla casa dell’utente

(potremmo dire al marciapiede), in modo che il doppino telefonico in rame, su una più breve

distanza (200-300 metri), possa trasportare fino a 50 Mbit/s (ma si parla già di 100 o 200 Mbit/s),

utilizzando la tecnologia VDSL (Very High Speed Digital Subsciber Loop).

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3.3 Lo sviluppo estero di Telecom Italia nella rete fissa.

Gli anni dal ’94 al ’98 vedono TI particolarmente attiva nello sviluppo estero

Era stata creata una società apposita – STET International – con a capo professionalità molto

orientate ai complessi processi di acquisizioni.

Queste, in genere, derivavano o da privatizzazioni degli incumbent promosse nei vari Paesi di 2^

livello (come si diceva all’inizio) o da gare come challenger, a seguito della progressiva apertura dei

mercati.

Stet International era una società snella, che si avvaleva delle competenze tecniche e di business

presenti nelle varie direzioni di T.I..

Furono raggiunti, in pochi anni – dal ’94 al ’98 - , risultati impensabili.

Mai forse un gruppo industriale italiano era stato in grado di proporsi come protagonista di

sviluppo internazionale come lo fu T.I. in quel ristretto periodo. Le tappe più significative

sono riportate nella seguente tab. 2:

Tabella 2 - Sviluppo di Telecom Italia all’estero, su rete fissa

1994

Impsat Corporation, Delaware USA

1995

CITEL Corporacion Interamericana de telecomunicaciones – Mexico

1996

Impsat e Norcable – Argentina

Bearti Televenturas – India

Stet France S.A.

1997

9Telecom S.A. – France

Intelcom San Marino

Euskatel, CYC Telecomunicaciones Company LTD, NETCO Redes,

Retevision S.A e Cable Televisivo de Catalunya – Spagna

Telecom Serbia

Nethetelec – Ecuador

1998

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Multimedia cable S.A. – Spagna

Solpart Partecipacoes S.A. – Brazil (holding di controllo di Brazil Telecom)

Telecom Austria A.G.

1999

Nortel Investora - Argentina

Holding AUNA- Spagna

BB – Ned Olanda

MED 1 Submarine Cable Mediterranean Broadbend Access – Greece

Mediterraneas Natilus Ltd - Ireland

In pochi anni T.I. aveva acquisito un peso ed un prestigio considerevoli in Europa ed in Sud

America. In Spagna, Argentina e Brasile era divenuto il driver delle TLC.

1994 1995 1996 1997 1998 1999

EuropaEuropa America del NordAmerica del Nord

AsiaAsia AmericaAmerica

del Suddel Sud

1994 1995 1996 1997 1998 1999

EuropaEuropa America del NordAmerica del Nord

AsiaAsia AmericaAmerica

del Suddel Sud

Figura 2 – Lo sviluppo internazionale del business fisso di Telecom Italia negli anni ‘90

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4. Lo sviluppo della telefonia mobile in Italia

Nel 1990 il radiomobile in Italia aveva una penetrazione bassissima (inferiore allo 0,5%), se

confrontata a quella dei Paesi anglo/scandinavi, leader in Europa:

- UK con circa il 2,-%, più di 4 volte superiore all’Italia;

- Svezia con il 5,4%, quasi 11 volte superiore all’Italia;

- Finlandia con il 5,2%, oltre 10 volte superiore all’Italia;

- Norvegia con il 4,7%, ossia 10 volte superiore all’Italia;

- Danimarca con il 2,9%, oltre 6 volte superiore all’Italia.

Il significativo gap era connesso al ciclo delle tecnologie che si erano succedute ed alle nuove che si

profilavano come prossime.

L’Italia aveva sviluppato la rete per il servizio a 160 MHz, relativo al così detto “veicolare”, ossia la

prima generazione dei telefoni installati nelle auto. Questa rete aveva una capacità limitata – poche

decine di migliaia di utenze – e una copertura concentrata nelle grandi città.

Era stata poi sviluppata la prima rete per il servizio portatile a 450 MHz, anch’essa veicolare, con

una capacità di poche centinaia di migliaia di utenze, e con una copertura che, oltre che urbana,

cominciava ad essere anche presente su particolari tratte stradali extra urbane.

Nella metà degli anni ’80 si era poi sviluppata la tecnologia TACS, a 900 MHz, che si diffuse nei

Paesi scandinavi ed in Inghilterra e che era stata alla base del particolare sviluppo maturato colà.

Negli stessi anni si andava completando la definizione degli standard e delle interfacce di rete della

tecnologia GSM, sistema molto innovativo, che nasceva completamente digitale(a differenza del

TACS, nel GSM il segnale è in forma numerica già dal telefonino in poi) e con caratteristiche di

interoperabilità tra più Paesi e più Gestori. Tra l’altro la standardizzazione del Gsm – caso quasi

unico- nasceva dalla cooperazione dei Gestori europei piuttosto che dalle industrie manifatturiere.

Ed i Gestori dell’Europa Continentale, molto impegnati nel lavoro di standardizzazione, scelsero

quasi naturalmente di scommettere sul rapido sviluppo industriale del GSM. Ma, come spesso

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capita in questi processi , i tempi erano stati sottostimati e alla fine degli anni ’80 gli standard non

erano ancora maturi per la fase di industrializzazione del sistema e dei terminali.

E’ proprio questa situazione di stallo sul GSM che porta la SIP ad una decisione coraggiosa e

controcorrente rispetto all’Europa Continentale: viene varato, con decisione (ancorché potesse

apparire tardivo), il lancio del TACS, con un piano di investimenti di oltre 3000 Mld di lire (c.a 1,7

Mld di €) da realizzare in 4 anni.

Il piano parte operativamente nel ’90. L’avvio del servizio avviene in concomitanza con i Mondiali

di calcio in Italia. Rappresenterà la base per il decollo del radiomobile nel Paese.

All’interno della SIP viene creata una specifica divisione, la cui delega è affidata al sottoscritto.

Vengono coinvolte esperienze tecniche e di marketing e viene costruita una squadra che avrebbe

rappresentato il nucleo di quel gruppo manageriale che, di lì a qualche anno, avrebbe creato la TIM.

Si decide subito che occorreva supportare, con radicali innovazioni di mercato, la coraggiosa scelta

industriale.

E allora, a fine ’91, viene presa un’altra ardita decisione.

La rete commerciale di SIP, fino ad allora, era basata sugli sportelli delle circa 100 agenzie SIP.

Come dire che 100 uffici dovevano poter alimentare tutto il Paese.

A quel tempo, peraltro, un terminale radiomobile aveva un prezzo di circa 4÷5 Mil., ossia circa

2.000/2.500 € di oggi.

Un prezzo che oggi appare assurdo in quanto di 10/20 volte superiore agli attuali prezzi dei più

sofisticati apparecchi.

Ma allora, oltre 15 anni addietro, la ristretta produzione, l’elitarietà del servizio, facevano del

radiomobile un prodotto/servizio esclusivo e di nicchia.

Con quei prezzi, il margine era del 50%: ossia SIP, alla pari degli altri operatori europei,

guadagnava da 2 a 2,5 Mil. al pezzo.

Ma di sicuro quell’ Eden non poteva consentire un mercato di massa.

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La SIP era interessata al servizio, più che al prodotto; voleva fare del radiomobile un servizio di

massa, quindi basato su grandi volumi. Per attivare grandi volumi occorreva passare dai 100 negozi

diretti, e in monopolio, a migliaia di negozi esterni, non propri.

Significava, nel contempo, rinunciare ai lauti margini sul prodotto.

In pochi mesi viene creata una capillare rete di vendita, costituita da negozi privati che si

organizzano, o con corner interni o con punti vendita dedicati. Si arriva, nel giro di 2 anni, dal ’91 al

’93, ad oltre 2.500 punti vendita, collegati al sistema informatico centralizzato di SIP con un

sistema dedicato – il SID – per l’attivazione del contratto on-line.

E’una rivoluzione a livello europeo. L’Italia liberalizza la vendita dei terminali, che era gestita

in monopolio, da parte di tutti gli operatori al mondo. Viene creata una nuova categoria

economica : il dealer della telefonia mobile.

E’ il primo, vero passo verso la liberalizzazione del settore. Viene fatto dalla SIP, come

decisione propria.

Mentre la SIP esprime questo sforzo evolutivo, il Governo – sempre alle prese con problemi di

bilancio – con la finanziaria del ’91 introduce la tassa sui contratti: 30.000 £/mese tuttora in essere.

Il mercato risponde comunque con straordinario entusiasmo. In meno di due anni i clienti

quadruplicano, tanto che, l’8 ottobre ’93, viene celebrato e premiato il milionesimo cliente

radiomobile, un medico del bellunese.

Così, dal ’91 al ’95 proseguirà questa “invasione” della telefonia mobile in Italia.

Viene coniato il termine “il telefonino” che diviene sinonimo del prodotto, del servizio, dei negozi.

Nel frattempo, nel ’94, si realizza, come detto, la fusione di tutti gli operatori di rete fissa –

SIP/Italcable/ASST/Telespazio – dando vita ad un unico operatore nazionale che viene chiamato

Telecom Italia.

Una tappa storica per il sistema delle TLC italiane, che così viene ad allinearsi, organizzativamente

e strutturalmente, ai vari operatori nazionali (France Telecom, Deutsche Telekom, British Telecom,

Telefonica, etc.).

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Vito Gamberale – Lectio Magistralis

Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 15

All’interno di T.I. continua l’attività, e quindi lo sviluppo, della Divisione Radiomobile.

Vengono assunti giovani per lo sviluppo delle varie funzioni all’interno della Divisione: il

Marketing, la Rete, l’area Commerciale, il Customer Care dedicato.

A fine ’94 i clienti (ossia gli utenti) radiomobili sono diventati 2.240.000, ossia circa 10 volte il

livello del ’90.

Il TACS aveva fatto una corsa incredibile. Si era rivelato il più efficace investimento per l’Azienda

e per il Mercato. L’Italia, in pochi anni, aveva intrapreso un importante sviluppo: si avviava a

diventare il riferimento europeo. Può essere utile confrontare i trend di penetrazione rispetto ai

Paesi Continentali ed a quelli Anglo Scandinavi, da anni guida del settore:

Fig. 3 - Coefficiente di penetrazione della telefonia cellulare in Europa

Come si vede, l’Italia in 3 anni si è avviata ad acquisire una certa leadership rispetto ai grandi Paesi

Continentali (F, D, S) e si avvia a confrontarsi con i Paesi Guida del settore, ossia con l’area

scandinava e inglese.

16.10 (Sv)

3.12 (Ger)

3.97 (Ita)

1.56 (Fra)

9.90 (Dan)

14.00 (Nor) 13.50 (Fin)

7.10 (UK)

1.07 (Spa) 0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

16,00

1990 1994 tempo

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Vito Gamberale – Lectio Magistralis

Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 16

In queste aree, va precisato, era già presente - fin dall’inizio degli anni ’90 - una concorrenza

espressa dalla nascita dei secondi operatori mobili (in UK nacquero anche il terzo e il quarto).

Questo confronto concorrenziale aveva portato però gli operatori a competere tra loro in modo

anomalo: offrivano la sovvenzione del telefonino. Telecom Italia decide di non farlo.

Nel frattempo anche l’Italia aveva aperto alla concorrenza nel mobile. Il secondo operatore era stato

scelto, all’inizio del ’94, in Omnitel, dopo una gara pubblica, basata sul “beauty contest”. Omnitel

rappresentava la convergenza di due dei tre partecipanti alla gara: si erano fusi i progetti ed i soci di

Omnitel (della Olivetti) e di Pronto Italia ( essenzialmente di diversi privati italiani e dell’americana

Pactel).

Ormai standard e protocolli del GSM erano stati definiti e, quindi, l’arena concorrenziale sarebbe

stata rappresentata dalla nuova tecnologia digitale, che avrebbe consentito un servizio non più

nazionale, ma europeo.

La Divisione Radiomobile di T.I. porta avanti lo sviluppo del TACS e, in parallelo,

l’implementazione della rete GSM. Il business radiomobile sta acquisendo, all’interno di T.I., un

peso importante, con una organizzazione tecnico/commerciale del tutto distinta dai servizi basici di

telefonia fissa. Vengono perciò assunte professionalità dal mercato per supportare una moderna

impostazione commerciale.

Inoltre, l’avvento della concorrenza suggerisce di dare al business un’ organizzazione ed un profilo

trasparente rispetto a T.I., per i servizi che la sua rete fissa avrebbe dovuto offrire, in modo neutrale,

anche ai diversi operatori mobili. E’ così che T.I. decide, prima fra tutti gli incumbent europei, di

scindere, societariamente, la propria divisione Radiomobile.

Nasce, il 14 luglio del 1995, TIM, acronimo di Telecom Italia Mobile. Ne vengo nominato A.D..

TIM opera come gestore dedicato alla sola telefonia mobile, al pari dei concorrenti agli stessi

incumbent, nel frattempo nati in UK (Vodafone e Orange prima di tutti) e nei vari Paesi scandinavi.

TIM si organizza subito intorno ad una squadra di manager giovani, focalizzati, entusiasti e coesi:

Sarmi, Sentinelli, Sabelli, Pallottini, Neri, Pellegrini, Sammartino, ed altri.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 17

Questi manager organizzano le rispettive Direzioni sulla base di professionalità giovani, che

saranno tutte coinvolte in quella che sarebbe stata e rimasta una pagina storica ed esemplare della

telefonia mobile mondiale e dell’economia italiana.

TIM appare un’azienda fresca, aggressiva, che si sente portatrice di una missione d’avanguardia

per lo sviluppo di servizi innovativi e di qualità, da affermare in Italia e da sviluppare nel Mondo.

La scissione di TIM da Telecom Italia comporta la quotazione della Società. Il titolo è proposto al

mercato a 1,1 €/azione. In soli 4 mesi si rivaluterà del 40%!.

Intanto Omnitel, il secondo operatore mobile italiano, il primo operatore privato del Paese e il

primo vero competitore per un monopolista in Italia, quale era TIM, procede a rapidi passi per

entrare nel mercato. Ha degli obblighi da rispettare, come copertura del territorio, prima di poter

entrare in attività.

Per facilitarne l’approdo al mercato, le Istituzioni di riferimento – in particolare il Ministero delle

Poste e Telecomunicazioni – chiedono a TIM di offrire ad Omnitel l’uso della propria rete – ossia il

roaming. TIM lo concede.

Si prepara un confronto concorrenziale che sarà vissuto da entrambe le parti con forte ed orgoglioso

spirito di squadra.

Da una parte gli eredi del monopolista, forti dell’esperienza tecnica, di una squadra composita e

completa e delle coraggiose aperture già fatte al mercato. Dall’altro il challenger, con alle spalle

l’aggressività dell’Olivetti, l’esperienza del socio yankee Pactel, il favore dei media.

La competizione inizia nel secondo semestre ’95, verso settembre, anche perché TIM non pretende

(anche se difende) la fiscalità sul controllo rispettoso delle condizioni di copertura, prima che

Omnitel potesse operare.

Omnitel è forte di una cultura manageriale mista, basata su solide esperienze di mercato e di

marketing, proprie della Olivetti, e su culture tecnologiche attinte anche dalle risorse di TIM. Punta

a darsi un’immagine di modernità, di agilità, di tecnologia innovativa, di futuro. Sceglie il colore

verde. Il suo slogan d’esordio è “Vi diamo ascolto”. Omnitel entra sul mercato riproponendo, nei

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 18

fatti, la stessa offerta commerciale di TIM. E’ subito molto aggressiva e ottiene importanti

affermazioni, contando anche su una domanda avviata in modo irrefrenabile.

In TIM si decide di rispondere, colpo su colpo, a quelle che appaiono “provocazioni” di marketing.

Il confronto procede più sugli slogan che con concrete differenziazioni tra la fine del ’95 e la prima

metà del ’96. Nell’estate del ’96 Omnitel esce con “Libero”, una proposta innovativa, basata sul

taglio del costo di ingresso per l’utente. E’ una mossa efficace, sia come immagine che come

risultati. Da parte di TIM viene scelta la strada di preparare, in silenzio e sotto traccia, una svolta

radicale nell’offerta della telefonia mobile mondiale: un’offerta “killer”, talmente innovativa da

spiazzare concorrente e mercato, da creare un vuoto tra di loro.

E’ così che TIM, per il Natale ’96, esce con la “carta prepagata”, che rappresenterà un’autentica

rivoluzione: la telefonia mobile passa da servizio di élite, a servizio di massa; dal contratto (con

l’impropria onerosità fiscale), al consumo auto-controllato tramite una scheda prepagata.

E’ per TIM, infatti, un boom nettamente superiore alle attese. Si acquisiscono oltre 10.000 nuovi

clienti al giorno. Nel solo week end prima di Natale vengono acquisiti oltre 200.000 clienti! Nel

mese di dicembre il mercato aumenta di oltre 450.000 utenti, ossia l’ 1% circa della popolazione

italiana!

Omnitel è spiazzata: non riesce a raccogliere che qualche centinaio di utenze al giorno, su una

proposta commerciale che appare ormai superata.

E così si avvia un ’97 strepitoso che consente a TIM di acquisire altri 5 milioni di nuovi clienti, più

del doppio dell’anno precedente. La partita concorrenziale viene giocata lealmente e con creatività,

basata su un’organizzazione aziendale orgogliosa e coinvolta, a beneficio del mercato e dei

consumatori.

Quel periodo, quelle pagine restano esemplari per come ci si può e ci si deve confrontare in un

mercato libero e aperto.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 19

L’Italia diventa il Campione Mondiale della Telefonia Mobile. Infatti, nel febbraio ’97, in occasione

del GSM World Congress, TIM viene premiata come “operatore più innovativo al Mondo”.

TIM evangelizza il Mondo col “servizio prepagato”.

A fine ’98 il nostro Paese si è portato nel gruppo di testa , come penetrazione del servizio, a livello

europeo, superando decisamente il Regno Unito ed allineandosi ai Paesi Scandinavi:

Fig. 4 - Coefficiente di penetrazione della telefonia cellulare in Europa.

Intanto TIM, quotata come detto nel luglio ’95, riscuoteva crescenti consensi in borsa: in soli due

anni e mezzo il suo valore era cresciuto del 279%, contro l’87% di Vodafone, che un tempo

appariva come un “mostro sacro”.

E proprio a quell’epoca, stiamo parlando del settembre 1997, (due mesi prima dell’offerta pubblica

di vendita della partecipazione del Tesoro in Telecom), in TIM si studia, con il supporto di una

Banca (l’UBS, allora guidata dal dott. Ottolenghi), l’OPA parziale (per il solo 14,9%) su Vodafone:

sarebbe costata meno di 3 Mld di €. Oggi Vodafone, nella sua interezza, vale 145 Mld di €.

47.6 (Sv)

17.0 (Ger)

36.3 (Ita)

19.8 (Fra)

37.8 (Dan)

56.1 (Nor)

56.9 (Fin)

25.6 (UK)

16.3 (Spa)

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

1990 1994 1997 1998

tempo

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 20

La manovra è impedita, “sconsigliata”, attraverso il vertice operativo dell’Azionista, perché è

primaria l’esigenza di privatizzare il Gruppo! E così l’operazione non viene portata

all’approvazione degli organi societari.

Nel frattempo TIM ha avviato un impegnativo sviluppo estero:

- nel ’94 aveva vinto una gara come 1° operatore radiomobile in Grecia(Stet

Hellas);

- nel ’95 • aveva privatizzato l’operatore di telefonia mobile in Bolivia;

- nel ’96 • aveva vinto, insieme a Bouygues, la 3^ licenza radiomobile in Francia;

aveva acquisito la licenza GSM in Serbia;

- nel ’97 • aveva vinto, insieme a DT, la gara per la privatizzazione di

Radiomobil, l’operatore radiomobile della Repubblica Ceca;

• aveva vinto la gara in due Stati del Brasile, seguita dall’acquisto di

altre due società di Telefonia Mobile dalla privatizzazione di

TeleBras. Oggi il tutto costituisce TIM BRASILE;

• aveva avviato il 2° operatore mobile in Cile (che fu il 1° GSM in Sud

America);

• aveva vinto la gara per avviare l’operatore mobile in due Stati Indiani;

aveva acquistato il 25% di Mobilkom Austria;

- nel ’98 • aveva acquistato la licenza GSM in Spagna , avviando il 3^ operatore;

• aveva acquistato la licenza GSM in Ucraina.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 21

1994 1995 1996 1997 1998 1999

EuropaEuropa America del NordAmerica del Nord

AsiaAsia AmericaAmerica

del Suddel Sud

Figura 5 - Lo sviluppo internazionale del business mobile di TIM negli anni ’90.

TIM, a fine ’98, è dunque il leader della telefonia mobile a livello mondiale: lo è per avanguardia

nei servizi, per numero di clienti gestiti nel proprio Paese, per diffusione e clienti nel mondo, per

efficienza, per capitalizzazione di borsa, per basso livello di indebitamento (meno di 8 Mld di €,

verso una capitalizzazione di 37 Mld di €, e dopo tutto il predetto sviluppo estero).

Tutte le ricerche del periodo parlano di “growth stronger than expected” per clienti, efficienza,

crescita profitti, etc. Insomma un campione di cui lo stesso Paese forse non avverte e non vive

l’immagine radicata a livello mondiale.

Il nostro Paese non è uso a gloriarsi dei propri campioni mondiali in economia. Anzi!

5. Il ruolo dell’Antitrust per la liberalizzazione del settore.

L’Antitrust, ossia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – AGCM -, viene istituita in

Italia, nel 1990: è una coincidenza, casuale ma importante, con l’avvio del grande piano evolutivo

per le TLC italiane.

Il primo Presidente sarà un puro giurista, il prof. Saia.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 22

Vengono subito affrontati angoli marginali per la liberalizzazione di taluni servizi: si parte con la

Telefonia Pubblica e con Videotel.

Velocemente matura la spinta a favorire la concorrenza nella Telefonia Mobile. Le prime

riflessioni partono nel 1992. Nell’anno successivo viene indetta la gara per scegliere il secondo

operatore radiomobile, sulla base di un beauty-contest, processo di per se non sempre totalmente

trasparente.

La licenza verrà assegnata nell’aprile ’94, da un Governo dimissionario, il lunedì pomeriggio

successivo alle elezioni politiche.

Dopo pochi mesi, al vertice dell’Antitrust arriva il prof. Giuliano Amato, già Ministro del Tesoro e

Presidente del Consiglio. La presidenza Amato sarà illuminata nella conduzione e decisa negli

obiettivi.

Nella telefonia, specie nella mobile, comprende che occorre conciliare l’apertura alla concorrenza

con la salvaguardia del patrimonio di know how e di gestione costruito dall’incumbent.

Resterà esemplare la conclusione di un procedimento avviato contro TIM su denuncia di Omnitel

che contestava i rapporti di esclusiva tra TIM ed i propri dealers.

Il procedimento si concluse con la condanna di TIM, senza rendere esecutiva la sentenza. Cioè

l’Antitrust dava un preciso ammonimento a TIM: lasciate che la concorrenza prenda corpo. Ma

anche a Omnitel: non potete condividere il patrimonio altrui, impegnatevi a sviluppare il vostro!

La concorrenza partì con decisione. Si può dire che la telefonia resta l’unico settore, un tempo in

monopolio, in cui la concorrenza abbia realmente giovato al consumatore.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 23

6. Le TLC Italiane alla fine del 1997

A fine ’97 il Gruppo Telecom Italia ha pressoché completato il progetto pluriennale di radicale

ammodernamento, impostato all’inizio del ’91. La sintesi del percorso compiuto è riportata nella

tabella 3, che aggiorna e compara i dati relativi al ’90, già visti in precedenza:

Tabella 3 – Il sistema delle TLC europee nel 1997.

In particolare emergono: l’allineamento ai Paesi più avanzati nella digitalizzazione della rete; la

riduzione del gap relativo al traffico internazionale per abitante; l’assoluta leadership conquistata

nella telefonia mobile; e, per quanto detto in precedenza, una prepotente espansione estera, nel fisso

e nel mobile, con posizioni di leadership create in Paesi forti (o che lo sarebbero diventati) come la

Francia e la Spagna.

7. Dal 1997 al 2000: liberalizzazione della telefonia. Scenari competitivi

Nel 1997 il Decreto del Presidente della Repubblica n. 318 liberalizza il settore delle

telecomunicazioni fisse e ciò comporta la nascita di nuovi gestori di reti di telecomunicazioni. Nel

1995 società come Infostrada ed Albacom erano state fondate in previsione della liberalizzazione

del mercato; nell’anno 1998 questi operatori hanno finalmente la possibilità di ottenere la licenza

per la fornitura di servizi di telecomunicazioni fisse.

Nel settembre 1999 nasce a Milano e.Biscom/Fastweb, con il progetto imprenditoriale di sviluppare

e diffondere una nuova generazione di reti di trasmissione, alternative a quelle telefoniche

tradizionali. Durante i primi mesi di vita la società si focalizza sulla realizzazione di una rete

F D I S UK

linee fisse (mil) 33,7 48,7 25,7 15,9 31,9

linee fisse/ab 0,60 0,60 0,45 0,40 0,55

grado di digitalizzazione (%) 96 100 94 81 100

traffico internazionale/ab (min) 54,8 58,9 39,1 39,7 94,1

telefonia mobile (migl) 5.817 8.276 11.738 4.338 8.841

penetrazione (%) 10,3 10,1 20,8 11,- 15,2

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 24

capillare, in fibra ottica, nell’area metropolitana di Milano. Fastweb lancerà, sin dal 2001, servizi

“bundled” voce, dati e video, introducendo un nuovo modello di business che verrà additato per

molti anni ad essere seguito come esempio di innovazione a livello mondiale( con capacità da 20

Mb/sec su fibra e da 640 Kb/sec su doppino).

Il 1999 vede le prime sperimentazioni ADSL e UMTS da parte di T.I.: viene infatti avviata la

sperimentazione dei Servizi Superlinea 2000 e 1500 per navigare in Internet ad alta velocità grazie

alla tecnologia ADSL, una tecnologia abilitante in grado di ampliare la capacità di trasporto del

doppino di rame.

Nel corso del 2000 vengono lanciati i primi servizi commerciali ADSL; appaiono per la prima volta

offerte voce con cosiddetta tariffa “flat” (una piccola rivoluzione dal punto di vista tariffario).

Sempre nel 2000 viene lanciata la gara per l’assegnazione della licenza UMTS, della quale

risulteranno assegnatari cinque operatori mobili (TIM, Omnitel/Vodafone, WIND, H3G, Ipse).

Quell’anno vengono stabilite: a) le regole di fornitura di servizi ADSL in wholesale da parte di TI

agli operatori licenziatari, e b) le condizioni per la fornitura di servizi detti di “unbundling del local

loop” (ossia di accesso disaggregato alla rete locale).

L’accesso disaggregato alla rete locale svolgerà un ruolo decisivo nell’aprire gradualmente al

mercato il cosiddetto “ultimo miglio”, consentendo agli operatori nuovi entranti la possibilità di

offrire una varietà di servizi in concorrenza con TI.

L’apertura del mercato alla concorrenza ha portato infatti ad un ampliamento dell’offerta degli

operatori alternativi che era concentrata quasi esclusivamente sul mercato dei servizi telefonici

interurbani e internazionali.

L’introduzione di regole che disciplinano le modalità di utilizzo della rete di accesso di TI da parte

degli operatori concorrenti ha permesso di estendere ai consumatori e alle imprese i benefici

derivanti dalla competizione nei servizi di accesso locale, non soltanto di telefonia, ma soprattutto

di tipo innovativo, come il collegamento Internet ad alta velocità.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 25

Si può dire che la telefonia è stato l’unico settore che, aperto alla concorrenza, ha portato effettivi

benefici ai consumatori, con un drastico calo dell’indice del prezzo al consumo (-11% al 2006, -

18% al 2010).

8. Globalizzazione e diversificazione

Per valutare il grado di partecipazione dell’Italia al mercato globale delle telecomunicazioni vale la

pena comparare la ripartizione, tra fatturato domestico ed internazionale, per i principali incumbent

europei (con riferimento ai primi nove mesi del 2006).

Tabella 4 – Globalizzazione e diversificazione del business: i principali incumbent europei

(rif. primi nove mesi del 2006, fonti: relazioni trimestrali) 1

Fatturato (b€) Domestico Internazionale Fisso Mobile IT Media Altro

Telefonica 38,7 38,00% 62,00% 38,0% 55,6% 2,5% 2,7% 1,2%

Deutsche Telekom 45,5 54,42% 45,58% 39,4% 43,6% 11,9% 0,0% 5,0%

France Telecom 38,4 60,41% 39,59% 58,4% 38,8% 1,3%

Telecom Italia 23,1 74,94% 25,06% 50,9% 41,0% 1,7% 0,5% 5,8%

British Telecom 21,6 87,00% 13,00% 74,6% 1,4% 20,8% 0,0% 3,2%

1,4%

Diversificazione mercati Diversificazione linee di business

Si può constatare come, a parte l’eccezione di British Telecom e di TELECOM ITALIA, gli

incumbent europei producono un’ampia quota del proprio fatturato al di fuori dei propri mercati

domestici.

Questa strategia di globalizzazione consente agli operatori di concentrarsi sui mercati a maggiore

crescita (per es. quello sudamericano per Telefonica), compensando quindi la scarsa crescita o la

contrazione del mercato domestico.

1 La quota del 25% di ricavi esteri di Telecom Italia indicata in tabella si riferisce alla Relazione di Deposito del terzo

trimestre 2006; Telecom Italia ha riclassificato i ricavi e dichiarato una quota di ricavi esteri a fine 2006 pari al 16% dei

circa 31b€ di ricavi totali (ricavi TIM Brasil: ≈3,9b€; ricavi mercato europeo: ≈ 0,9b€).

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 26

La tabella dà una misura della scarsa partecipazione di Telecom Italia alla globalizzazione del

mercato delle telecomunicazioni.

Allo stesso modo gli operatori dominanti europei hanno cercato di differenziare il fatturato

distribuendolo su diverse linee di business (fisso, mobile, IT, media).

Questa strategia ha permesso per esempio a British Telecom ed a Deutsche Telekom di entrare

aggressivamente nel promettente mercato dei servizi ICT ed a Telefonica di concentrarsi

maggiormente sul mercato mobile, diminuendo il peso del business della telefonia fissa.

T.I., un po’ a rappresentanza del mercato italiano, manifesta una larga dipendenza dal business

delle telecomunicazioni fisse (nel quale il fenomeno della larga banda consente di compensare a

malapena l’erosione del fatturato della fonia) ed una scarsa penetrazione nel business dei servizi

ICT.

9. La privatizzazione delle TLC italiane

All’inizio del ’97 il Gruppo nazionale delle TLC italiane è rappresentato dalla finanziaria Stet,

posseduta al 61% circa dal Tesoro. A sua volta la Stet possiede il 62% di Telecom Italia ed il

60%circa di azioni ordinarie TIM (di cui possiede anche il 19,5% di azioni di risparmio, per un

totale del 52,6% di interesse azionario).

In aggiunta va ricordato che Stet possiede importanti partecipazioni industriali e nell’I.T. In

particolare:

- il 49% di Sirti, azienda leader europeo nella progettazione e realizzazioni di reti di

TLC;

- il 50% di Italtel, ultimo baluardo nazionale nella progettazione e produzione di

apparati (centrali) per TLC fisse e mobili;

- il 77% di Finsiel, azienda leader nella gestione del sistema fiscale italiano.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 27

Queste partecipazioni rappresentano l’evoluzione – pressoché esclusiva al Mondo- del servizio

monopolista verso l’industria e la ricerca. Una filiera fonte di sviluppi tecnologici e di affermazione

sui mercati, se ben gestita (come è accaduto con Marelli per FIAT e con Snamprogetti e Saipem per

ENI).

La Stet rappresenta quindi l’azionista di riferimento di un articolato gruppo italiano che copre

l’intera gamma industriale delle TLC, dalla produzione di apparati, alla realizzazione di reti, alla

gestione di servizi fissi e mobili, alle più avanzate applicazioni informatiche.

E’ un gruppo di rilevanza mondiale, con punte di eccellenza proprio nei servizi di TLC.

Nel 2^ semestre ’96 si era appena insediato il nuovo Governo in Italia. L’obiettivo guida del

programma governativo era quello di “portare l’Italia in Europa”, ossia di far rientrare l’Italia tra i

Paesi che avrebbero condiviso la Moneta Unica Europea – l’Euro. E infatti il Governo, nel giugno

’97, firma il “ patto di Stabilità” con l’UE. Nel maggio ’98 l’Italia è ammessa all’Euro.

Questo traguardo avrebbe rappresentato il definitivo allineamento dell’Italia alla disciplina

economico/finanziaria dei principali e più solidi Paesi europei che già nel ’91 si erano dati obiettivi

e parametri di bilancio comuni, i cosiddetti “parametri di Maastricht”.

A guardia del raggiungimento di tali obiettivi vigila, per l’Unione Europea, il Commissario belga

Van Miert.

Per l’Italia significa portare il deficit di bilancio annuale entro il 3%; avviare il rientro dall’enorme

debito che era circa il 120% del PIL, mentre il livello normale era stato fissato al 60%; allineare la

propria inflazione alla media europea.

Nel nuovo Governo, a tutela del rientro nelle regole europee, vengono impegnati il Ministro del

Bilancio e del Tesoro, Ciampi e il Direttore Generale del Tesoro, Draghi.

Per poter ottemperare agli impegni comunitari, l’Italia imbocca la strada delle privatizzazioni.

L’Italia aveva già fatto diverse privatizzazioni, più che altro come rifocalizzazione delle Holding

Pubbliche IRI ed ENI, dopo i forzati sconfinamenti in taluni settori tipicamente privati, per salvare

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 28

Gruppi nei quali i privati avevano fallito (Motta, Alemagna per IRI; il tessile/abbigliamento per

ENI).

E’ così che nel ’97 si apre la stagione delle “grandi privatizzazioni”.

TI assurge a simbolo, e perciò a madre, delle privatizzazioni da fare.

E’ opportuno ripercorrere, a grandissime linee, la storia della privatizzazione di TI, dal 1997 ad

oggi. Sarà fatta in modo molto veloce, rinviando, per una profonda e rigorosa analisi, ai testi scritti

da pochi, documentati e coraggiosi giornalisti.

Per agevolare la privatizzazione, appena dopo il trasferimento delle azioni Stet dall’IRI al Ministero

del Tesoro, vengono mandati via, all’improvviso e dopo aver acquisito solo importanti meriti, due

grandi capi: Biagio Agnes, il presidente della Stet e Ernesto Pascale, il carismatico Amministratore

Delegato della Stet, che era stato l’artefice del miracolo Telecom Italia dal ’91 al ’97. Vengono

sostituiti, rispettivamente, da una grande figura istituzionale, il prof. Guido Rossi e da un importante

manager interno, il dott. Tomaso Tommasi.

Lo Stato, nel ’97, decide di fondere TI in Stet, per poi cambiare il nome di Stet in Telecom Italia,

che così viene ad essere la holding operativa. Tra le sue partecipazioni c’ è quindi anche il 53%

circa di TIM.

La quota del Ministero del Tesoro nella TI holding viene ad essere del 45% circa. Viene decisa la

privatizzazione completa, puntando ad un “nocciolo duro”, in cui coinvolgere gli epigoni del

capitalismo familiare italiano e allargando, per il resto, il flottante di borsa.

Nonostante gli inviti e gli auspici del Governo (che puntava ad organizzare un gruppo di riferimento

– “un nocciolo” – del 15÷20%), si riesce a comporre un “nocciolino” (così fu detto) per un misero

6.6%, dopo che si era “liquefatta” la disponibilità di AT&T per un 1,2% (a volte, pensando ai giorni

nostri, il lupo può perdere il pelo…) e di Unisorce ( una sorta di multi-proprietà internazionale che,

di lì a poco, scomparirà nel nulla) per un altro 1,2%.

Di questo 6,6% la FIAT (o meglio l’IFIL) prende 1/11, ossia lo 0,6% di TI, assumendo, nei fatti,

tutto il potere gestionale dopo aver sborsato solo 186 M €!!

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Vito Gamberale – Lectio Magistralis

Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 29

La vendita al mercato avviene a 5,6 €/azione. Il “nocciolino” paga 5,9 €/az, riconoscendo un premio

di controllo del 5%!

Così, a fine ’97, lo Stato esce dalle TLC, incassando circa 12 MLD di € e conservando una “golden

share” del 5,2% circa, mentre il 2,3% è posseduto da Banca d’Italia.

Il Governo era stato obbligato a puntare sulle poche oligarchie familiari italiane, perché l’opinione

pubblica reclamava “il socio industriale”, e non gradiva la presenza di sole banche-istituzioni

finanziarie, peraltro a quel tempo ancora impreparate per un ruolo da “Soci Istituzionali”. Quindi, di

tutto ciò che accadrà dopo - come vedremo -, al Governo non può essere attribuita una

responsabilità primaria.

L’ingresso dell’ IFIL nel comando di Telecom Italia è molto critico: emergono improvvisazioni,

superficialità e, anche, approcci da “ aristocratica” sufficienza verso le competenze.

Il prof. Rossi – forse intuendo prima di tutti il vuoto verso cui si andava – si dimette a Novembre

‘97, per problemi di governance, dopo meno di un anno dall’insediamento, e dopo aver condotto –

con maestria – la fusione Stet/TI e la stessa privatizzazione.

La IFIL fa subentrare Rossignolo, accompagnato da qualche giovane esordiente, “indicato” sempre

da IFIL.

Tra il Febbraio e l’Ottobre del ’98 TI è teatro di numerosi episodi irrituali, come gestione e rapporti

con gli stake-holders. Nel frattempo qualcuno, dopo aver espresso inutilmente – alla nuova

proprietà - crescenti riserve ed allarmi, se ne va (giugno/luglio ’98).

La situazione non regge. Si arriva, ben presto, alle dimissioni dell’intero vertice (Presidente e due

Direttore Generali). Subentrano il prof. Libonati come Presidente ed il dott. Bernabè come AD.

Sembra che, finalmente, autorevolezza e profili manageriali tornino al vertice di Telecom Italia.

Improvvisamente, nel Novembre ’98, quindi nemmeno due mesi dopo questo traumatico cambio,

un manipolo di cosiddetti “capitani coraggiosi”, guidati dal rag. Colaninno, - attraverso un ‘aricolata

catena di scatole (Hopa, Bell, Olivetti, Tecnost)- lancia un’OPA su TI.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 30

Bernabè cerca di criticare industrialmente l’OPA e cerca sostegno dei soci istituzionali e alleanze

internazionali. Di fatto resta solo e perde. L’ OPA ha successo ma, successivamente, ne deriverà per

Telecom Italia l’accollo di una montagna di debiti, di origine non industriale.

Nel Maggio ’99 inizia la gestione post-OPA di Colaninno, che si caratterizza per contraddittorie

operazioni all’estero e per una crescente empasse creata dal debito anomalo che grava sul veicolo

dell’OPA.

Verso Colaninno si crea un clima di crescente diffidenza nella prima parte del 2001. Come

conseguenza, e pressoché all’improvviso, alla fine del Luglio 2001, un veicolo societario (Olimpia)

– con la presenza al 60% di Pirelli, al 20% di E.H. ed al 10% ciascuna di due primarie banche –

compra la quota del “gruppo Colaninno” in Olivetti (che, in precedenza, si era fusa con Tecnost),

pagando le azioni a 4,2 € contro un valore di mercato di 2,2 €. Ancorché venissero concessi poteri

gestionali, non si è mai capito quale implicito potenziale, grosso aumento di valore potesse

giustificare una tale forchetta (ossia un premio di maggioranza del 90%)!

Tutti i poteri vengono accentrati in Pirelli, nella figura del dott. Tronchetti, che diviene l’unico e

incontrastato riferimento strategico e gestionale di questo grande gruppo. Nonostante attraverso la

lunga catena delle scatole, in cascata, possieda meno del 2% di Telecom Italia, il Paese, le

Istituzioni, il Mondo industriale, l’Azienda, tutti daranno grande fiducia a questo nuovo assetto e a

questa guida che appare autorevole e carismatica.

L’acquisto – fatto per il grosso a debito – scaricherà poi su Telecom Italia il pesante fardello dei

debiti dell’OPA lanciata appena 2 anni prima, a seguito della fusione di Olivetti in Telecom Italia.

A partire dal nuovo subentro, vengono compiute operazioni straordinarie, non tutte comprensibili,

ma che hanno impatto diretto sul debito.

In particolare vengono vendute, in rapida successione, la gran parte delle partecipazioni estere e la

Seat, ricavando circa 10 Mld di €.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 31

Dell’Impero estero, creato nel triennio ‘94/’97, oggi - ossia nel 2007 - Telecom Italia conserva

sostanzialmente solo il Brasile e l’Argentina, nonchè, in parte, la Francia, la Germania e l’Olanda

(le 3 partecipazioni europee saranno state vendute entro il 2009). .

Il progressivo ridimensionamento dell’estero espone il Gruppo TI all’erosione interna di quote di

mercato, di prezzi, quindi di ricavi e profitti, sorte questa che tocca agli incumbent con poca o nulla

presenza all’estero, dove invece dovrebbero recitare il ruolo di challenger.

Nel 2002 Telecom si apre al “business immobiliare”. Viene avviato e poi proseguito lo spin-off

degli immobili di TI localizzati nelle aree urbane ad altà densità (compresi quelli adibiti a funzioni

tecnologiche) che vengono acquistati da Fondi collegati a Pirelli R.E. e da questi riaffittati a

Telecom Italia. Si ricava qualche miliardo di € (a fronte di valori impliciti di libro di poco inferiori),

ma si passa da un ammortamento economico pari al 3% dei valori di libro, ad un onere finanziario

per locazione tra il 5 e l’8% del valore di mercato, con evidente effetto sul cash flow gestionale.

Viene fatta da Telecom Italia un’OPA sui 2/3 delle quote ordinarie di TIM sul mercato (oltre al

100% delle azioni di risparmio). Il costo globale è di 15 Mld di €, che viene pagato, al 91%, con

debito che va ad aggiungersi ai debiti di TI.

Tra alienazioni estere, spin-off immobiliari, OPA su TIM, gestione, il saldo è di un sostanziale

incremento del debito.

Tutto ciò viene fatto in poco più di 5 anni, da metà 2001 all’autunno 2006.

Oggi il debito di Telecom Italia è intorno ai 38 Mld €, rispetto ai 22 Mld circa nel momento del

subentro di Olimpia.

Si è soliti paragonare il debito di Telecom con quello della Olivetti del 2001 che consolidava

Telecom. E’ corretto, perché la Telecom di oggi è il frutto della fusione per incorporazione di

Telecom in Olivetti e dal cambiamento della ragione sociale dell’incorporante. E però va

riconosciuto che il debito dell’OPA, per quanto condizionante, Colaninno non l’aveva scaricato

sulla Telecom. Fu quella una scelta successiva, decisa ed attuata da Olimpia e che, assieme ad altre

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 32

operazioni quali l’OPA di Telecom su TIM, hanno reso anomalo l’indebitamento di Telecom Italia,

come riportato nella figura seguente:

Indebitamento finanziario netto/EBITDA

2,9

3,2

2,0

2,32,4

1,61,5

0,7

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Figura 6 – Andamento del rapporto tra indebitamento finanziario netto ed EBITDA

(fonte: bilanci Telecom Italia)

A questa gestione finanziaria e strategica contraddittoria, ha fatto senz’altro riscontro una gestione

aziendale più efficace. La rete commerciale di Telecom Italia è stata evoluta adattandola alle

esigenze del mercato, specie per la categoria business. Importanti investimenti sono stati fatti, anche

nella rete, specie per mantenerne l’efficacia funzionale più che per evolvere la generazione della

stessa rete.

Resta un dubbio se la “one office solution”, ossia la fusione di TI/TIM/TIN.it sia stata efficace per

il mercato e sia stata metabolizzata in azienda.

A fine 2006 la quota di mercato di Telecom Italia (insieme agli altri operatori Tiscali , Eutelia,

Infracom) sulla telefonia fissa e mobile, è stimata intorno al 60 %. Il che significa che la quota di

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 33

mercato dei concorrenti, tutti ormai stranieri, è del 40% e vale circa 18 Mld di €( pari al fatturato di

Alitalia e della FIAT in Italia, messi insieme).

A Settembre ’06 uno “tsunami” colpisce Telecom Italia.

Da una parte avanza un’inchiesta giudiziaria su dilaganti intercettazioni che vedono coinvolta la

“sicurezza TI”, episodio questo che porrebbe - di per sé - il sistema al di fuori del rapporto

concessorio e che non ha eguali nel mondo delle TLC dei paesi democratici!

Sempre a Settembre nasce una poco chiara “zuffa” tra vertice di TI e Governo.

La prassi vuole che tra Grandi Imprese e Governo ci sia un confronto continuo su strategie,

investimenti, sviluppi anche regolatori. E questi incontri non possono essere visti anomali, né

costituire scandalo.

Si diceva, nelle premesse, che le più importanti potenze economiche mondiali fondano le proprie

strategie di sviluppo e di difesa su tre sistemi industriali: TLC, Energia e Infrastrutture di trasporto.

E questo accadeva ed accade dovunque, dalla Spagna, alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra,

per parlare di Paesi più grandi, nostri naturali “benchmark”, ossia punti di riferimento.

Pertanto non si capisce perché una normalità di rapporti – di sicuro scandita anche da documenti e

appunti – abbia creato il polverone del settembre scorso.

Ai problemi giudiziari e “politici”, va aggiunta una percepita crescente difficoltà di rapporti con

l’Authority di riferimento, contraddistintasi, specie negli ultimi tempi, per equilibrio, responsabilità

e competenza, doti riconosciute anche a livello Comunitario.

Fatto sta che questa congestione di criticità porta, il 15 Settembre, il dott. Tronchetti a clamorose

dimissioni dalla Presidenza di Telecom Italia, come conseguenza del “casus belli” sorto, anche a

livello Istituzionale, da un inaspettato progetto di radicale break-up del sistema TI (l’opposto di

quanto fatto l’anno prima).

Lui stesso invita il prof. Guido Rossi a subentrargli e, quindi, a tornare alla Presidenza del Gruppo.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 34

Immediatamente le tre criticità rientrano nella norma: il fronte giudiziario prosegue esterno a

Telecom Italia; con il Governo ritorna un rapporto normale, ma autonomo; con l’Authority viene

riallacciato un confronto sereno e concreto.

Nei primi mesi del 2007 emerge la ferma volontà della Pirelli di uscire da Olimpia, ossia dalle TLC,

quindi da TI.

E per fare uscire Olimpia – che detiene sempre e solo il 18% di Telecom Italia - vengono avviati

“erratici ” contatti e/o tentativi di coinvolgimento di operatori incumbent stranieri: dagli spagnoli,

agli americani, ai messicani!

Emerge la preminente – anzi unica – volontà di privilegiare i soli interessi di Olimpia, a scapito

dell’intero mercato e a prescindere da evidenti, concrete basi industriali.

E poi un controllo straniero farebbe dell’Incumbent italiano un feudo, cosa che non è mai accaduta

in nessuna delle prime 10 economie al Mondo!

Il vigile prof. Rossi non ci sta. Quindi non viene riconfermato al vertice di TI. Ancora una volta

viene trattato come il Presidente “scomodo”, da chiamare e “sopportare” al solo scopo di “domare

la tempesta”.

Nel Paese sorge una contrapposizione, tra coloro che giustificano l’attenzione discreta, ma

responsabile, del Governo e coloro che rivendicano un liberismo puro e teorico, senza riscontri al

Mondo.

L’Italia - come abbiamo visto - ha già 3 operatori mobili su 4 stranieri. Si accinge ad avere il 2°

operatore fisso (Fastweb) anch’esso estero. Gli altri 2 operatori fissi (Infostrada e Albacom) sono

già stranieri. Situazione che, nei fatti, è la più avanzata in Europa come liberalizzazione.

Che anche l’Incumbent italiano vada in mani estere, potrebbe essere proprio troppo!

Le oligarchie private coinvolte nelle privatizzazioni hanno evidenziato risultati dicotomici: successi

o delusioni. Hanno conseguito pregevoli risultati allorché sono state coinvolte nel proprio “ core

business”. Hanno fallito (pressoché sempre) o hanno fortemente deluso allorché sono state

coinvolte in settori al di fuori dal proprio core business, nel senso che spesso hanno privilegiato o

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 35

inseguito opportunismi finanziari a breve termine, piuttosto che impegni e strategie industriali di

lungo periodo.

Hanno interpretato le “concessioni” come pura proprietà propria, dimenticando che la radice del

nome della tipologia aziendale “concessi..” impone un leale, corretto, trasparente rapporto con le

Istituzioni di riferimento.

E se poi si tratta degli Incumbent, come concessionari, ciò è massimamente dovuto per

l’indiscutibile ruolo e responsabilità che l’Incumbent ha – per il Paese- nella politica di sviluppo

industriale del settore d’appartenenza.

10. Le soluzioni possibili

Prima di ipotizzare qualche soluzione possibile, visto che siamo in UE, è bene riassumere quali

sono gli assetti proprietari degli Operatori Incumbent negli altri quattro principali Paesi Europei,

che devono essere il nostro benchmark come Paese, come Economia, come regole, anche per poter

preservare l’orgoglio di competere con loro.

Abbiamo delle situazioni diverse nella forma, ma abbastanza simili nella sostanza:

da una parte France Telecom e Deutsche Telekom, che sono tuttora aziende Pubbliche, con lo

Stato, rispettivamente al 32,4% ed al 31,7%.

○ Sono entrambe quotate. Hanno un assetto manageriale stabile. Si sono adeguatamente

sviluppate all’estero: pari al 40% sul globale i ricavi esteri di FT e al 46% per DT.

○ Sono sottoposte, nel proprio Paese, ad una concorrenza sufficientemente controllata;

dall’altra parte British Telecom e Telefonica, formalmente del tutto privatizzate, ma in effetti

con azionisti istituzionali stabili rispettivamente all’11% ed al 20% (per Telefonica, in

particolare, BBVA ha il 7% e la Caixa il 5,1% aproposito di banche socie), e per il resto

entrambe sono quotate. Hanno anch’esse un assetto manageriale stabile.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 36

○ Telefonica oggi è la più globalizzata. Fattura circa il 62% dei ricavi all’estero e ha

concentrato il proprio sviluppo nei Paesi Sud Americani, realizzando una forte presenza in

Argentina e in Brasile, Paesi nei quali ha come competitore proprio Telecom Italia.

○ BT, dopo errori ed incertezze strategiche agli inizi della recente decade, si è focalizzata sulle

telecomunicazioni fisse, riducendosi a poco sull’estero, ma diversificandosi progressivamente sui

ricavi non telefonici (oggi circa i due terzi dei ricavi di BT sono non telefonici e provengono da

soluzioni informatiche e collegamenti Internet).

Insomma, in tutti e quattro questi Paesi le TLC degli incumbent sono viste come asset strategici, al

servizio del Paese, a tutela delle evoluzioni di tecnologia e di servizi che questo delicato e unico

sistema a rete offre come supporto dello sviluppo economico e delle evoluzioni di civiltà.

Il mercato è rispettato come partecipe alla proprietà (tramite il reale flottante di Borsa) e come

disponibilità di alternative concorrenziali, così come visto.

In nessuno di questi Paesi sono coinvolti, nell’azionariato stabile, rappresentanti delle oligarchie

familiari. Ciò, in effetti, avviene solo in taluni particolari Paesi, come il Messico, stucchevolmente

di attualità nelle scorse settimane in Italia.

Quindi questi quattro grandi Paesi europei hanno coniugato o Stato forte e mercato (F e D) o

Azionisti Istituzionali forti e mercato (UK e SP).

Si può dire che ognuno di questi Paesi abbia impegnato, al meglio, il proprio potenziale, per

assicurare un azionariato stabile e di riferimento al proprio incumbent.

In Francia e Germania lo Stato è forte, presente, attivo direttamente nella Politica Industriale

interna, maggiormente nei campi strategici.

In UK e Spagna lo Stato ha favorito lo sviluppo di Istituzioni Finanziarie grandi, autorevoli,

radicate nel proprio Paese. Rappresentano loro, nei fatti, l’espressione della tutela governativa nei

settori strategici, e quindi anche nelle TLC.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 37

In Spagna poi, in talune di queste istituzioni, sono pur presenti oligarchie familiari, ma sempre

raccordate rigorosamente col proprio Governo. Nessuna grande impresa osa fare nulla senza averlo

concordato col proprio Governo. E quando tenta di farlo (caso Endesa/ E.On)è obbligata a fare

marcia indietro. Nessuna di queste famiglie oserebbe vendere gli asset gestiti, facendolo sapere al

proprio Governo a mezzo stampa.

Allora quale assetto si sarebbe potuto auspicare in Italia, come azionariato stabile per Telecom

Italia?

Anche nel nostro Paese si sarebbe potuto coinvolgere il meglio che c’è, sulla scorta delle esperienze

fatte.

Intanto, nel frattempo, dal ’97, anche l’Italia ha visto maturare importanti realtà bancarie, autorevoli

quanto le Spagnoli e le Inglesi.

In più si è affermato il Sistema delle Fondazioni, come soggetti in grado di esercitare un forte ruolo

di azionariato istituzionale, in grado di tutelare i vari stackholders.

Poi è recuperabile ciò che di positivo hanno insegnato le grandi privatizzazioni.

Si diceva che se fatte nel “core business” sono tutte riuscite. Se fatte fuori dal “core business”, in

genere, non sono andate bene, o hanno deluso. Si tratta perciò di individuare quei pochi, grandi

soggetti industriali il cui “core business” sia abbastanza sovrapposto al business delle TLC,

considerate le evoluzioni verso i servizi ed i contenuti.

Non c’è dubbio che il gruppo più affine, oggi, sia Mediaset, a prescindere ovviamente da

considerazioni politiche.

Inoltre, se non fossimo un Paese manicheo, che considera gli asset a proprietà pubblica nazionale

(perché a livello locale l’approccio è più flessibile) come soggetti solo passibili di essere venduti a

privati, e mai di poter acquistare da privati, allora si potrebbe pensare anche alla RAI.

In tal modo, le due emittenti nazionali potrebbero sviluppare un ruolo di affinità da core business su

TI, seppure con quote limitate, e rigorosamente regolamentate sulla base di una reale e non formale

governance.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 38

In ultimo perché non pensare a coinvolgere i dipendenti di Telecom Italia, invitandoli ad investire

parte del loro TFR (che vale 1,3 Mld €)? Sarebbe una grande iniziativa di stabilità.

Insomma: banche, fondazioni, emittenti, dipendenti TI sarebbero il meglio che il Paese può offrire

per costituire un azionariato stabile per Telecom Italia.

Di sicuro un tale assetto recupererebbe una gestione prettamente manageriale che finora, nella storia

delle TLC italiane, è stata l’unica a far bene.

Inoltre è da valutare con grande attenzione il rigoroso lavoro svolto dall’AgCom col documento di

consultazione destinato agli operatori.

Il documento fornisce una fotografia complessiva del mercato e della regolamentazione. In

particolare, il progetto dell’Autorità è arrivare a una “divisione separata per la gestione, lo sviluppo

e la fornitura dei servizi basati sulla rete di accesso” in modo da assicurare piena parità di

trattamento tra la divisione commerciale di Telecom Italia e gli operatori alternativi.

Il documento fa riferimento per ampie linee al modello inglese di Openreach, divisione di British

Telecom, ma con significative varianti:

Innanzitutto Telecom Italia dovrebbe aprire ai concorrenti sia l’” ultimo miglio” in rame che

il next generation network;

Inoltre, Telecom Italia potrebbe optare per la societarizzazione. Soluzione gradita

all’Authority per due motivi: (i) faciliterebbe la trasparenza e la separazione; e (ii)

renderebbe la società separata “autonoma e capace di attrarre capitali e investimenti nella

rete d’accesso”.

Insomma è necessario che Telecom Italia valuti bene cosa fare e come farlo, dando completa

trasparenza ai costi, accompagnata magari da un grande impegno nelle Reti di Nuova Generazione.

Da considerare che una netta separazione funzionale, o forse anche societaria, potrebbe avvenire

anche solo con una parziale vendita (anche non superiore al 50%), magari in parte anche a soci

istituzionali, con i quali concordare appunto un forte piano di evoluzione.

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Le Telecomunicazioni in Italia: da un passato autorevole ad un presente incerto. Quale futuro? 39

L’ AgCom, l’Istituzione di Riferimento, andrebbe aiutata a dare coraggio e spinta ad una tale

operazione, in grado magari di consentire accelerati ritorni dei nuovi investimenti.

Tutto ciò si potrebbe fare in nome di una trasparenza avanzata che non avrebbe pari in Europa.

Ma poiché l’Italia è il Paese più liberalizzato nelle TLC, sarebbe un passo opportuno questo della

rete (un po’ come accadde con la separazione di TIM nel ’95).

Come soci istituzionali per la rete, oltre a banche e fondazioni, andrebbe considerata anche

l’opportunità offerta dai fondi chiusi a lungo termine (di cui il nascente Fondo Italiano per le

Infrastrutture è un forte esempio).

Infine si potrebbe separare TIM, riportandone sul mercato borsistico fino al 49%, ma

conservandone il controllo a TI. Il settore mobile continua ad avere tecnologie e servizi

caratteristici; continua a richiedere valorizzazioni specifiche, specie dopo i deludenti risultati post-

fusione.

Le due operazioni potrebbero avere un benefico effetto sull’indebitamento fino a circa 20 Mld di €,

dimezzando, in tal modo, l’indebitamento complessivo di TI.

Con ciò si riporterebbe il debito (indice < 2) entro le best practices dei Paesi europei, che

presentano un indice di indebitamento (debito/Ebitda) tra 1,8 ( BT) e 2,6 ( Telefonica), escludendo

il più elevato 2,9 di TI.

TI sarebbe finalmente normalizzata, potendo venire a disporre del proprio cash flow (oltre 12 Mld

di €/a) per lo sviluppo.

Sviluppo che dovrebbe riguardare la rete, per avviare subito un forte progetto evolutivo verso la

NGN2.

Inoltre si dovrebbe, con impegno, riavviare un importante sviluppo estero, come challenger dei

locali incumbent, cercando, in questo caso sì, anche alleanze industriali con altri incumbent, per

perseguire e magari condividere, sull’estero recuperi di ricavi e di redditività che un incumbent è

destinato progressivamente a veder calare, nel proprio Paese.

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Vito Gamberale – Lectio Magistralis

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In particolare , all’estero c’è da rimeditare sulla splendida avventura sud-americana vissuta dal

Gruppo tra il ’94 ed il ’98. C’è da valutare cosa poter fare nell’Est Europeo. C’è da progettare ed

esprimere un impegno verso le nuove, grandi economie asiatiche.

11. Conclusioni

Il gruppo Stet/SIP, poi Telecom Italia, all’inizio degli anni ’90 decise di giocare, con impegno e

professionalità, una partita importante di ammodernamento e di sviluppo. La giocò con coerenza,

convinzione, orgoglio.

In 7 anni divenne il migliore operatore al Mondo. L’apice coincise con la privatizzazione.

Oggi, dopo 10 anni da quella privatizzazione, si potrebbero creare le condizioni per onorare i sani

obiettivi della privatizzazione e per recuperare prestigio internazionale, anche per il Paese.