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..:l'altraitalia numero 6 novembre 08 Fr. 2.80 Euro 1.80 visto da www.laltraitalia.eu la voce e l'immagine degli italiani nel mondo . . : l'altraitalia visto da POLITICA Vigilanza RAI e democrazia TURISMO Torino tra passato, presente e futuro PSICOLOGIA Il bullismo INCONTRI Gianluca Grignani

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la voce e l'immagine degli italiani nel mondo..:l'altraitaliavisto da

POLITICAVigilanza RAI e democrazia

TURISMOTorino tra passato,presente e futuro

PSICOLOGIAIl bullismo

INCONTRIGianluca Grignani

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SOMMARIO

CINEMAMiracolo a Sant'Anna 6

INCONTRIGianluca Grignani 8

PSICOLOGIAIl Bullismo 10

FRECCIATINESilvio..."il Moro" 12Obamabarackizzati 13

ARTEAnnie Leibovitz 14

SOCIETÀL'amicizia ai tempidei social network 16

Il mobbing 26

SPORTSnow by night 18

TURISMOTorino: città tra passato,presente e futuro 20

ITALIANI NEL MONDOAnche i ricchi piangono e risparmiano 24

POLITICA 28 Vigilanza RAI e democrazia

MOTORI30 Fiat Grande Punto

ENOGASTRONOMIA32 Uova e gallina

EVENTI34 I "Tagli" non li vogliamo 35 Convegno Ital-Uil

37 CHIARAMENTE...NO

NARRATIVA39 A.A.A. Italiano all'estero cerca amore vero

BENESSERE & SALUTE40 Il Pungitopo

CULTURA42 Le origini del tatuaggio

45 OROSCOPO

46 ASTROLOGIA

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La frenesia del Natale. Verrebbe voglia, in considerazione del delicato mo-mento che stiamo vivendo noi italiani nel mondo, di scrivere a tal proposito (e ce ne sarebbe da dire!), ma siccome lo fanno già tutti, troppi, e anch'io mi sono "sfogata" in altre sedi, vorrei tentare di distrarvi e di distrami affrontando un argomento un po' meno (forse!) angosciante.

Manca poco più di un mese a Natale ma già da tempo sono comparse nelle città le prime luci ansiose e ansiogene, i primi timidi babbo natale, gli addobbi rossi, gli alberi di natale vestiti a festa, cianfrusaglie e ninnoli più o meno kitsch. Ma è dall'inizio del mese di dicembre che avrà luogo l'organizzazione delle fa-mose cene pre-natalizie "ammazza fegato" e la frenetica corsa ai regali.

E così passiamo da una casa all'altra, da un ristorante all'altro, apparentemente tranquilli, abbuffandoci, con l'intima convinzione che dopo le feste ci mettere-mo a dieta per smaltire l'enorme quantità di tossine accumulate nell'organismo e per eliminare quegli antiestetici rotoli attorno alla vita che ci costringono ad allentare la cintura cena dopo cena. In effetti, mentre consumiamo le nostre succulente cene, tra una finta risatina ed un sorso di vino, il pensiero degli acquisti natalizi non ci abbandona un solo istante. Per porre fine a questo tormento decidiamo che l'indomani, assolutamente, dobbiamo dedicarlo ai doni.

Stati di agitazione misti ad angoscia ci assalgono e, in queste condizioni, passia-mo da un negozio all'altro nel disperato tentativo di trovare l'oggetto giusto ed apprezzato da questa o da quella persona che tanto ci sta a cuore.

Ma durante la nostra convulsa corsa agli acquisti ci sorprendiamo a pensare a quanto è stato commercializzato il Natale, al fatto che questa ricorrenza è stata aggiunta all'elenco delle feste comandate dal consumismo. Pensiamo sia un'as-surdità inaccettabile questa nostra "scelleratezza consumistica" arrabbiandoci con noi stessi per non essere capaci di mettere fine a qesta storia infinita. E i te-legiornali ci fanno anche i titoli, come fosse normale! Forse abbiamo acccettato tutto questo abbassando la testa, ma è illogico correre e correre, acquistare ed acquistare all'infinito.

Mentre aspettiamo per ore il nostro turno alla cassa, spossati e privi ormai di ogni energia e senza più un briciolo di fantasia per scegliere gli ultimi regali, ci ripromettiamo che l'anno prossimo non ci faremo più contagiare da questa brutta abitudine. Giuriamo solennemente a noi stessi che l'anno prossimo cambieremo registro: basta affannarci in questo modo, basta impoverirci per arricchire i commercianti! Basta! Il prossimo Natale non ci vedrà più vittima di questo ingranaggio!

I nostri buoni propositi continuano quando, dopo il nostro peregrinare di nego-zio in negozio, rientriamo a casa sfiniti. Il prossimo Natale non vedrà più quel mucchione di carta colorata sotto l'abete. L'anno prossimo compreremo solo qualche piccolo pensiero per le persone care...

...e la storia continua...!

Maria C. Bernasconi

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Care lettrici, cari lettori

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AAA A come apatici, A come abitudinari, A come assuefatti. Sembra la descrizione più ricorrente di noi “giovani” d’oggi. Siamo fannulloni, superficiali, disinteressati a tutto, incapaci di sacrificarci, impreparati al mondo del lavoro e bambocci, dicono. Dicono, appunto, perché, a fianco di questo poco edificante quadretto, gli “adulti” si dimenticano di aggiungere che nove volte su dieci non ci viene data l’opportunità di imparare, crescere e (oh mio Dio non sia mai!), diventare anche più bravi di loro.

Ma vi pare possibile credere ed investire così poco sulle nuove generazioni? Noi saremmo una massa informe senza pensiero proprio?

Fare di tutta l’erba un fascio ora sarebbe troppo facile e anche scontato. Gli adulti “cattivi” che non mollano la loro seggiolina, che non sono disposti ad insegnare nulla alle nuove generazioni, che non ascoltano, che non capiscono.. e i “poveri” ragazzi vittime delle circostanze, fagocitati da questo mondo che corre e non ha pietà per nessuno.

Non è così, noi giovincelli a volte ci disinteressiamo veramente della realtà in cui siamo inseriti.

Allo stesso modo e per fortuna ci sono adulti aperti, disposti ad insegnare, a far fare esperienza e, allo stesso tempo, ci sono ragazzi che cercano la loro strada, anche fuori da un’Italia al momento povera di prospettive, ragazzi che si confrontano ogni giorno con una lingua diversa dalla loro, con un mercato del lavoro instabile, con le mille difficoltà del vivere lontano da mamma e papà.

Quando hai la fortuna, che ho avuto io (devo ammetterlo), di conoscere professionisti umani, che credono nelle tue capacità e ti sostengono e aiutano anche in ambiti che esulano prettamente da quello lavorativo, allora tu, giovane non ancora trentenne, cominci a vedere un po’ meno buio, a pensare che non sarà sempre la solita storia a cui sei abituato, che vedi perpetuarsi da decenni in maniera sempre più dilagante: non incontrerai l’ennesimo sopruso, il raccomandato di turno, non vedrai la meritocrazia presa a calci e la furbizia premiata.

Io appartengo alla categoria dei giovani che hanno deciso di fare un’esperienza all’estero, di mettersi in gioco e sono riconoscente a tutte le persone che mi hanno aiutato e continuano a farlo in questo percorso spesso difficile, persone che credono in te più di quanto tu stessa sia in grado di fare, persone che vanno oltre l’apparenza della tua scorza dura.

Quindi grazie. Grazie anche a chi vede in me e nei giovani in generale, l’acronimo di cui sopra. Li ringrazio perchè è anche grazie all’opinione pessima che hanno della categoria “giovani”, che mi sento spronata ogni giorno a dare di più, a fare meglio e guardando l’operato di persone con così poca considerazione delle nuove leve, capisco il tipo di persona, di donna e di professionista che non voglio essere: arrivista, accanita, arrogante.. AAA, appunto.

Rossana Paola Seghezzi

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Spike Lee, con il suo ultimo film, ha scatenato in Italia un mare di polemiche. Si è trovato ad affrontare un argomento scomodo, difficile, scottante, come lo sono poi quelli di tutti gli altri suoi film, ma soprattutto fuori dalle sue corde. Con Miracolo a Sant'Anna il grande regista afroamericano narra della strage consumata in Versilia il 12 agosto del 1944 dalle Ss di Walter Reder con 560 morti tra cui donne e un centinaio di bambini. Lo fa raccontando le vicende di quattro soldati americani facenti parte della 92° divisione “Buffalo” composta solo da afroamericani, mandata in quelle zone per sfondare la Linea Gotica. I quattro restano isolati in territorio nemico e trovano riparo in un paesino di poche case. Insieme a loro è anche il bambino Angelo, che non parla e ha turbe nervose, a causa di un segreto che lo opprime.

Da dove nasce lo scandalo per questo film? Dal fatto che Spike Lee, basandosi sul libro di James McBride e scritto il film con la consulenza dell'Università di Pisa, sembra dare una lettura diversa dell'episodio storico, spingendo molti ad accusarlo di revisionismo. I tedeschi hanno compiuto la strage, secondo la pellicola, non per un atto di pura crudeltà e malvagità, un atto criminale premeditato, ma per semplice rappresaglia nei confronti dei partigiani a cui i soldati di Reder stavano dando la caccia. Una licenza poetica o una lettura diversa della

storia, distante comunque da quanto deciso in materia dal tribunale militare de La Spezia, che ha fatto infuriare molti, dalle associazioni partigiane alle amministrazioni locali, e che ha spinto il regista a dichiarare pubblicamente che con la sua pellicola non aveva intenzione di offendere nessuno.

Concentrato non sulla strage, ma sulla 92° divisione “Buffalo” ecco un altro film, molto più piccolo e di meno pretese “ufficiali”: Inside Buffalo, documentario prodotto e diretto dall'italiano di origini ghanesi Fred Kuwornu e dalla KFF FILMZ, appena nata. Si tratta di un'opera, a suo modo, importante poiché il primo documentario storico al mondo a narrare le vicende della 92° Divisione. Un film che non sarebbe nato senza la contestata pellicola di Spike Lee. Kuwornu ha dato inizio alle ricerche storiche alla base della sua pellicola, proprio dopo essere stato sul set del film di Lee, intervistando successivamente i partigiani che combatterono al fianco degli uomini della 92° divisione, i cui veterani sono stati puntualmente rintracciati dal giovane regista negli Stati Uniti.

Un lavoro senza dubbio interessante che ci auguriamo abbia una qualche distribuzione e che sia così visibile al pubblico.

Spicke Lee e un piccolo documentario italiano per ricordare Sant'Anna e gli afroamericani che combatterono in Italia

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Napoli è probabilmente una delle locations più sfruttate dal cinema nostrano. Fare anche sommariamente un elenco dei film italiani girati o ambientati nel capoluogo campano sarebbe un impresa veramente ardua. Basti pensare ai film di Vittorio De Sica, di Totò o anche, scendendo un po' di livello artistico, alle miriade di sceneggiate degli anni '70. Napoli in effetti è sempre stato luogo di cinema, con i fratelli Lumière che sin dal 1898 avevano mostrato i loro brevi filmati sulla Riviera di Chiaia e le prime grandi case di produzione e distribuzione che qui si svilupparono, al pari di Torino.

Napoli non è mai stata, tuttavia, luogo prediletto di cinematografie straniere, a differenza di altri luoghi della stessa Campania. Si ambienta qui La baia di Napoli (1960) di Melville Shavelson con Clark Gable e Sophia Loren: lavvocato americano Hamilton arriva a Napoli per sistemare alcune pendenze legali dopo la morte del fratello, morto in un incidente automobilistico, in cui rimase coinvolta anche una donna. Scopre che i due avevano avuto un figlio, Nando, che si è stabilito dalla zia Lucia. Il ragazzo non va a scuola e traffica tutto il giorno nei vicoli. Hamilton tenta in vari modi di educarlo con maggiore saggezza, ma alla fine decide di stabilirsi a Napoli, vicino a lui e a Lucia. Un film non eccelso, ma che è un esempio perfetto per comprendere la percezione folklorica che l'America aveva di Napoli e più in genere del Sud Italia.

Di maggiore spessore è Nel regno di Napoli (1979) del tedesco Werner Schroeter, bellissima saga familiare che copre l'arco di più generazioni con una grande Ida di Benedetto. In tempi più recenti a Napoli abbiamo The Bourne Supremacy (2004) di Paul Greengrass con Matt Damon, seconda pellicola dedicata al personaggio creato da R. Ludlum e che in questa avventura per breve tempo fa tappa al porto di Napoli. Girato, ma non ambientato nella città campana e a Pozzuoli è Le avventura acquatiche di Steve Zissou (2004) di Wes Aderson con Bill Muray nei panni di un oceanografo e documentarista ispirato a Jacques Cousteau. All'occhio di uno spettatore attento è possibile riconoscere alcune zone marittime di Napoli, come lo sfondo di Piazza Municipio con il Maschio Angioino visto dalla Capitaneria di Porto

Festival del Film Mediterraneo28 Novembre – 5 dicembre 2008.Bruxelles. Belgio.www.cinemamed.be Durante dieci giorni, questo festival è l'appuntamento di tutti quelli che vogliono scoprire, riscoprire od incontrare i popoli mediterranei.

RomaEuropa Festival27 settembre – 10 dicembre 2008.Roma.www.romaeuropa.net È iniziata la ventitreesima edizione del Roma Europa Festival: una tra le principali rassegne mondiali di arti contemporanee e spettacolo dal vi-vo.

Noir in Festival4 – 10 dicembre 2008.Courmayeur.www.noirfest.com La 18.a edizione del Courmayeur Noir in Festival - Festival Internazionale di Cinema e Letteratura - si terrà dal 4 al 10 Dicembre 2008 a Courmayeur, in Valle d’Aosta. Filo conduttore: la “Passione del Complotto”.

Capri, Hollywood 200827 dicembre 2008 – 2 gennaio 2009.Capri (NA).www.caprihollywood.com Australia, l'atteso kolossal di Baz Luhrmann con Nicole Kidman e Hugh Jackman aprirà la XIII edizione i Capri, Hollywood - Honda International Film Festival (27 dicembre-2 gennaio) per la sezione "Premierè kimbo" ospitata dalla Certosa di San Giacomo.

Il vento del cinemaDate non comunicate.Procida (NA).www.ilventodelcinema.it Dal 2001, gli incontri de il vento del cinema, diretti da Enrico Ghezzi, raccolgono cineasti, filosofi, studenti (e artisti critici scrittori musicisti, oltre naturalmente al pubblico), in una serie di free jam session non-stop.

Premio Internazionale “La Colombaia di Luchino Visconti”Data non comunicata.Forio D'Ischia (NA).www.fondazionelacolombaia.it Il Premio Visconti raccoglie l'eredità del Premio "Persona" e del Premio "Angelo Rizzoli per autori cinematografici".

CINEMA di Armando Rotondi

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Il cantautore si racconta ai microfoni di L’Altraitalia, mostrandoci un Gianluca Grignani inedito, libero, rilassato, che si lascia andare a riflessioni sul suo presente, il suo passato ed il suo futuro.

Gianluca, come è nata l’idea di questo tour in Svizzera? Tra l’altro un tour acustico, quindi atmosfera intima, raccolta..

L’idea è nata in luglio, durante una pausa del mio tour estivo io ed alcuni collaboratori abbiamo pensato di tornare un po’ alle radici, di preparare questo tour acustico. È stato divertente ma allo stesso tempo impegnativo lavorare su questo progetto, è un’idea che coinvolge una trentina di persone tra musicisti e tecnici.

Sappiamo che in ognuna delle serate

in Svizzera ci saranno delle sorprese, vuoi dirci qualcosa di più?

Beh, le sorprese, in quanto tali non andrebbero svelate ma posso dirti che ogni serata sarà diversa dall’altra: abbiamo preparato un repertorio di 60 pezzi tra i quali sceglieremo di concerto in concerto quali eseguire, diciamo una sorta di scaletta “flessibile”

Una scaletta flessibile che, se non sbaglio, prevede anche l’intervento del pubblico..Accidenti ma siete proprio informati! Sì, abbiamo deciso di lasciar scegliere al pubblico ogni sera due o tre brani da eseguire, a seconda proprio dei gusti della gente presente in sala, dell’atmosfera che si crea.

In Svizzera sei molto amato, tant’è che è previsto il tutto esaurito per

ogni serata. Come ti senti a suonare fuori dall’Italia? C’è qualche differenza rispetto ai concerti in Patria?

A dire il vero sì, ritengo ci sia differenza: mi sento molto più libero quando suono all’estero.

Nella mia carriera, per amore della mia arte, ho fatto scelte non sempre popolari, sono stato frainteso, non capito, il mercato non ha premiato le mie scelte, ritenute troppo discordi dall’immagine di marketing che si era creata di me.

Per questo vedo l’Italia come ghettizzante nei miei confronti, diciamo che “a casa” la mia musica è per una nicchia di ascoltatori, all’estero invece sono popolare.

Il ritorno alle radici

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È la tua arte, la tua voglia di libertà, di non conformarti agli schemi del music business che ti ha portato a lavorare in India?

A dire il vero è stata mia moglie! (ride). A parte gli scherzi, l’idea è stata sua, ma per un progetto a cui tenevo moltissimo, un film impegnato ed impegnativo tratto da un romanzo di Amanniti. Anche in questo caso una scelta che si discosta dall’immagine da quella di bello e ribelle che gli addetti ai lavori han sempre cercato di cucirmi addosso. Che dire, non sono bravo nel marketing, non sono bravo a vendermi (ride).

Ti troviamo però molto rilassato, più consapevole rispetto agli inizi della tua carriera, direi quasi più felice...

Mi fa piacere che tu l’abbia notato.. In effetti mi sento più sicuro di me, delle mie scelte e della mia vita, mi

curo molto meno del giudizio degli altri e punto a fare musica che soddisfi me in primis.

A questa tua serenità avrà sicuramente contribuito la tua famiglia, ci vuoi raccontare qualcosa sulle tue bambine? Che cosa ti auguri per il loro futuro?

Ginevra e Giselle sono ancora molto piccole e spero che possano vivere in un mondo un po’ migliore rispetto a quello attuale, meno violento, un mondo un po’ più rosa.

La nostra intervista finisce qui, ma se volete sentire Gianluca Grignani dal vivo mentre si racconta alla nostra inviata, non dovete far altro che visitare il nostro sito web www.laltraitalia.eu , dove troverete la versione integrale dell’intervista insieme a molte altre interessanti notizie e filmati.

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INCONTRI di Rossana Seghezzi

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PSICOLOGIA

Il bullismo è un malessere sociale fortemente diffuso, sinonimo di un disagio relazionale che si manifesta soprattutto tra adolescenti e giovani, ma sicuramente non circoscritto a nessuna categoria né sociale né tanto meno anagrafica. Il bullismo si evolve con l'età, cambia forma, ed in età adulta lo ritroveremo in tante, troppe prevaricazioni sociali, lavora-tive e familiari.

Provando a dare una sintetica defini-zione, in genere, "Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni" (Olweus 1996).

Una recente indagine in Italia sul ''bullismo'' nelle scuole superiori ha evidenziato che un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica e il 33% è una vittima ricorrente di abusi. Dai risultati dell’indagine emerge che le prepotenze di natura verbale e

psicologica prevalgano rispetto a quelle di tipo fisico: il 42% dei ragazzi afferma di essere stato preso in giro; il 30% ha subito delle offese e il 23,4% ha segnalato di aver subito calunnie; nelle violenze di tipo psicologico, il 3,4% denuncia l'isolamento di cui è stato oggetto, mentre l’11% dichiara di essere stato minacciato.

Come fa una società civile a tollerare tutto questo e allo stesso tempo sperare che la società stessa cresca e progredisca?

Il cupo fenomeno del Bullismo è incomprensibilmente sottovaluto anche quando esso è una manife-stazione di un vero è proprio malessere sociale sia per coloro che commettono il danno che per coloro che lo subiscono, i primi in quanto a rischio di problematiche antisociali e devianti, i secondi in quanto rischiano una eccessiva insicurezza caratteriale che può sfociare in sintomatologie anche di tipo depressivo. Di questi tempi si

parla spesso della depressione come nuova grande malattia sociale, ma cosa si fa per combatterla?

Le conseguenze del bullismo sono notevoli, a volte purtroppo irrepa-rabili: il danno per l'autostima della vittima si mantiene nel tempo e induce la persona a perdere fiducia nelle istituzioni sociali come la scuola ma anche come la famiglia, oppure alcune vittime diventano a loro volta aggressori sui più deboli.

Il bullismo, come detto, non è un problema solo per la vittima, ma va oltre l’individuo oppressore ed op-presso, in quanto il clima di tensione che si instaura va a influenzare la famiglia, la scuola e le altre istitu-zioni sociali, nonché il futuro stesso della persona e della società nel suo complesso.

Cerchiamo di fermare tutto questo, per un futuro dei giovani e dei meno giovani più armonioso e pieno di so-gni.

di Silvana Lenzo

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Sappiamo che il termine Bullismo ha molte differenti varianti ma tutte si condensano in uno stato d’animo di profonda sofferenza.

Bambini, adolescenti ed adulti sintetizzano il bullismo in azioni quali: venire chiamati in modo ripetitivo e canzonatorio, ricevere insulti o minacce, prendere calci e pugni, ricevere soprannomi antipatici ed essere presi in giro, subire la diffusione di voci maligne sul proprio conto, ricevere spintoni, venire fisicamente molestati, essere forzati a donare soldi o proprietà personali, venire derisi per la propria religione, colore della propria pelle, sessualità o status sociale, oppure il venire semplicemente ignorati e emarginati. Nuova forma è poi il cyber bullismo o bullismo elettronico.

Giuridicamente il bullismo rappresenta un compor-tamento illecito (o illegittimo) verso un altro soggetto. Il bullismo viene tradizionalmente considerato un fenomeno orizzontale, perchè si concreta nell’ambito di rapporti tra soggetti formalmente appartenenti al medesimo contesto relazionale e paritario (come nel caso di compagni di scuola).

Inoltre, si suole distinguere il bullismo in diretto ed indiretto, dove il secondo riguarda comportamenti che danneggiano in modo mediato la vittima, come nel caso di soggetti che diffondono voci infondate sulla vittima, ovvero deridono la vittima al suo passaggio nei corridoi.

Cosa si prova ad essere vittima del Bullismo?

Diverse testimonianze ci raccontano cosa si prova a essere vittima del Bullismo: il Bullismo ferisce. Ti fa sentire impaurito e fragile. Ti fa preoccupare a tal punto da non riuscire a fare i tuoi compiti quotidiani siano essi scolastici o lavorativi.

Molti bambini preferiscono non recarsi a scuola così da poter evitare di essere colpiti da azioni di Bullismo. Gli atti di Bullismo ti fanno pensare di non avere nessuna capacità umana, che c’è sempre qualcosa di sbagliato in te, ti fanno sentire sempre in colpa per tutto.

È importante che ascoltiate il ragazzo, sia esso vittima degli atti di Bullismo che colui che perpetua il Bullismo.

Per la vittima è importante capirne gli stati d’animo; è importante farne crescere l’autostima; è importante ascoltarlo, sempre; è importante soprattutto renderlo indipendente.

Per i genitori di coloro che perpetuano il Bullismo continua ad essere importante capire gli stati d’animo del ragazzo, ed è importante fargli capire il valore della compassione, il valore dell’autorità scolastica, il valore delle regole, e soprattutto il valore del rispetto della vita altrui. Non assecondate vostro figlio solo per il timore di non ammettere che esiste un problema, parlatene in privato con vostro figlio, ascoltate i suoi malesseri per renderlo felice. La scuola deve chiaramente gridare NO AL BULLISMO. La scuola si deve impegnare in prima persona a sconfiggere il bullismo.

La scuola deve riprendere l’autorità investitagli dalla società all’educazione non solo scolastica ma anche caratteriale e sociale del ragazzo che vi partecipa.

La scuola deve poter creare le aspirazioni del ragazzo senza false stanchezze, deve saper educare alla voglia dell’apprendimento. Certo non è facile ma il bullismo e la violenza in genere si combattono rimanendo uniti in tutti i fronti e soprattutto senza sottovalutare il problema, perchè il problema è di livello sociale e non solo generazionale.

Tutti nella scuola devono essere uniti nella lotta al bullismo, dagli insegnanti ai bidelli, dal preside agli stessi alunni.

D’altronde gli stessi insegnanti, come si è visto, possono essere a loro volta vittime del bullismo e allora voi insegnanti, iniziate a parlarne nelle classi, fatte capire agli studenti quanto gravi gli episodi di bullismo siano, potete organizzare persino delle rappresentazioni teatrali sulla lotta al Bullismo e in ogni modo PARLATENE, PARLATENE, PARLATENE!

Organizzate questionari, incontri, riunioni, parlate del problema, non tenetelo nascosto, fate in modo che la scuola diventi nuovamente la culla della cultura!

I ragazzi vivono di miti e simboli, e qui bastano poche importanti parole. Riteniamo che la nostra società e con loro i suoi media sia abbastanza intelligente da capire quali possano essere i miti da proporre ai ragazzi. Inoltre è importante che l’argomento vada trattato, in tutte le trasmissioni televisive, nei giornali.

Con la forza che solo i media conoscono è importante entrare nelle case delle famiglie per essere ascoltati in modo intelligente, è importante che se ne parli, sempre.

PARLIAMONE, PARLIAMONE, PARLIAMONE.

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FRECCIATINE di Giovanni il Battista e M. Bernasconi

Caro Silvio,

La considerazione, il giudizio, la credibilità stessa di un Popolo si basa anche sul comportamento globale dei suoi rappresentanti

ancora una volta non hai resistito alla tentazione! Giovane, Bello ed Abbronzato! Frittata fatta!Grande imbarazzo in tutti i tuoi amici non tanto per la battuta, quanto per lo sforzo di reagire subito, al tuo cospetto, con una loro grande risata, per ossequiarti, per rispetto del Capo. "Yes -men": tu desideri che io rida ad una battuta che tu ritieni carina; io devo inesorabilmente ridere, farti vedere che ti sono devoto, che sei il migliore...!.Nel recente passato non hai potuto fare a meno di usare goliardica galanteria con la Primo Ministro di uno dei Paesi del Nord, ancor prima hai proposto una parte-cipazione cinematografica ad un deputato tedesco raccomandandolo per il bel ruolo di "Kapò"!Sei una storia infinita di creazione di situazioni imbarazzanti: per tutti ed in particolare per la Tua Nazio-ne! Al di là delle strumentalizzazioni che se ne possono fare da parte dei tuoi avversari politici e non, questo tuo modo di manifestarti, in aggiunta ad altri effetti collaterali, ritengo che faccia emergere il tuo lato provin-cialotto, sottoculturale, burinesco, boriosesco, crasso e goliardico (quanti neologismi creo per te!) del porsi rispetto agli altri.Ti sei rivisto nella tua reazione alla domanda del giornalista (guarda un po' anglosassone) a Mosca? Hai perso completamente il controllo, hai farfugliato parole incomprensibili (fortunatamente!), lo hai tratatto male, hai tentato di farlo passare per un balordo (come fai sempre quando hai oggettivamente torto e nel frattempo te ne sei reso conto), ti sei alzato tremando, hai urtato in malo modo la sedia e te ne sei andato borbottando frasi

incomprensbili lasciando tutta la platea degli addetti stampa a bocca aperta...Non si fa Silvio, ti voglio bene, ma non si fa: se fai una marachella e te ne rendi conto (o i tuoi fedeli ti confermano che è così), chiedi scusa e tira dritto, non attorcigliarti su te stesso perchè, soprattutto in queste circostanze, è l'esercizio che peggio ti riesce con un risultato tragico!Questo lato oscuro del tuo humor è deprimente! E questo ti porta anche a non venire accettato, da un punto di vista personale, dal Gruppo dei cosidetti "Grandi", malgrado le assicurazioni che dai ai tuoi connazionali! Mi fai tenerezza, per usare un eufemismo, quando le televisioni riprendono le vostre "Grandi Riunioni" dove tu immancabilmente stai rincorrendo uno dei tuoi colleghi, nel tentativo di fare un battuta, ma il tuo prescelto sistematicamente ti ignora! Sembri un cagnolino che scodinzola per compiacere al "padroncino", con la lingua di fuori e la battuta in bocca...Fare battute lunghe ed articolate, raccontare barzellette, fare dello spirito a tutti i costi va probabilmente bene nelle tue riunioni condominiali e nelle feste del tuo "Movimento" ma negli altri consessi o in tutte le altre occasioni, assolutamente non funziona, è contro-pro-ducente, è imbarazzante, fa risaltare in modo clamoroso il tuo quoziente (bassissimo) di "vero signore", di "non portatore sano" di cultura, educazione, sensibilità carat-teriale ed intellettuale!Sinceramente non capisco come mai l'ottimo tuo fedele Bonaiuti, che ha grandi qualità intellettuali, non te lo dica papale papale a quattr'occhi! Te lo dico perchè da Quassù

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"Un afro-americano alla guida della prima potenza mondiale è un fatto storico". "È un evento storico che il popolo americano sia riuscito a portare alla carica più alta dello Stato una persona di colore". "Obama cambierà la politica degli Stati Uniti e del Mondo". "Il cambiamento è davvero arrivato". "Marthin Luther King sarebbe contento di vedere questa grande vittoria di un uomo di colore". Ecco alcuni dei commenti, tra gli innumerevoli altri similari, sulla vittoria di Barack Obama alle elezioni americane. Tali affermazioni mi hanno fanno riflettere a lungo fino a che alcune domande si sono insinuate, forse "malignamente", fra i miei pensieri. Mi sono innanzitutto chiesta se davvero è cambiato qualcosa riguardo al razzismo.Perchè si considera determinante, per la vittoria, il colore della pelle del neo-presidente? Il presidente degli Stati Uniti, bianco, nero o pellerossa non è forse, prima di tutto, un uomo ed un cittadino americano?Perchè attribuire a quest’uomo il ruolo di “Salvatore” identicandolo come il "Messia" sceso dal cielo per redimere tutti quei "cattivi" ame-ricani?La vittoria di Obama ha dimostrato che è possibile ottenere il consenso dei cittadini proponendo e promettendo un mondo diverso,

migliore. L’allora candidato alla Casa Bianca, durante la sua lunga campagna elettorale, ha promesso di riformare l’assistenza sanitaria, di assicurare più servizi nelle scuole, di aumentare le tasse ai ricchi. Si è impegnato ad eliminare le tasse per gli anziani con un redditto inferiore ai 50.000 dollari, ad aiutare i genitori, a sviluppare l’energia solare e a ritirare le truppe dall’Iraq. Insomma, ha detto di voler cambiare pagina. Cosa c’entra tutto questo con il colore della pelle?Ma quelle di Obama sono solo promesse, senza dubbio fatte in buona fede, ma solo promesse.Perchè farsi eccessive illusioni su Obama? Non è corretto pronunciarsi ora dicendo che sarà un grande presidente o che non lo sarà. Non siamo veggenti e non conosciamo ancora le sue reali capacità. Credo non sia possibile, al momento, né glorificarlo né condannarlo. Di Barak Obama non ne sappiamo niente se non che è un uomo molto intelligente, colto, bello e, indubbiamente, carismatico.Ho però la sensazione di essere una delle poche persone a pensare che prima di dare giudizi sull’operato del presidente degli Stati Uniti bisogna aspettare di vederlo “al lavoro“. Infatti sono in molti ad essere già saliti sul carro del vincitore (mi riferisco anche a tutte le forze

politiche che, all’improvviso, si sono "obamabarackizzate").Ascoltando gli interventi di alcuni leader politici italiani, presenti nei vari salotti televisivi per commentare la vittoria di Obama, mi è parso che, alcuni di loro, fossero davvero convinti d’essere uno dei tre re magi arrivati a Bethlemme seguendo la luminosa scia della stella cometa. Chissà se costoro, sfiorati dai raggi della potente e miricolosa luce, riusciranno, invece, a trarre insegnamento dal magnifico ed esemplare intervento post-elezioni del senatore McCain!

Spero che il neo-presidente possa davvero concretizzare, nell’interesse del popolo americano, quei sogni che ha progettato in campagna elettorale, che si dimostri all’altezza del suo ruolo scegliendo un’ottima squadra di governo. Mi auguro che egli possa ridare dignità e risollevare gli USA, la loro economia e, di conseguenza, quella mondiale. Spero infine che il mondo riesca a giudicarlo con serenità quando sarà impegnato a far fronte alle difficoltà che incontrerà non appena gli verrà consegnata la sua gravosa eredità . Barack Obama non è un Messia ma un presidente come un altro; non creiamo i presupposti per la sua crocifissione!

La vittoria di Obama ha dimostrato che è possibile ottenere il consenso dei cittadini proponendo e promettendo un mondodiverso, migliore.

io vedo e sento tutto, anche quanto di te pensa il dotto Paolo...! Altri politici, soprattutto quelli anglosassoni, hanno costellato il loro percorso di sprazzi di umorismo, ma a parte eccezioni, si appoggiano sempre su una affermazione del loro interlocutore per proporre una piccolissima, quasi impercettibile battuta umoristico-interpretativa di rimando e poi, subito dopo, ritornano alle cose serie, non chiedono ne s'aspettano l'applauso o il consenso clamoroso per "l'attimo ironico": non è nella loro cultura, nella loro educazione, non è nel loro spazio e dimensione della vita che li circonda...Ripensa, per esempio, alla reazione di Obama (l'Abbronzato) che alla domanda sulle priorità ha risposto con la storia del "cagnolino della Casa Bianca": tenue battuta (con grande auto-ironia, quello che a te manca!) fatta in sei secondi (..." sarà un bastardino come me"...), piccolo sorriso, finito! Si riprende a discutere seriamente...La considerazione, il giudizio, la credibilità stessa di un Popolo si basa anche sul comportamento globale dei suoi rappresentanti: il tuo stare sulla scena ufficiale in questo modo perpetua, purtroppo, la considerazione che hanno gli stranieri di voi italiani: mandolino, pizza,

spaghetti e via dicendo.È veramente triste, pensando sopratutto che, invece di modificare il tuo comportamento, perseveri nell'errata direzione: questo è auto-lesionismo cosciente e quindi ancora più grave ed ancor più imbarazzante. È l'effetto specchio che così facendo fai proiettare sull'Italia come Popolo e Nazione!Conta fino a dieci (...magari ore...) prima di proferire parola, soprattutto quando sei fuori dai Confini, del tuo Mondo, dalla tua Parrocchia, dall'incolpevole Comune e comprensorio di Arcore...Scusami ma questa volta voglio, a tutti i costi, essere cattivo con te perchè ti voglio bene. Me lo permetto perchè potresti essere mio figlio!Matura Silvio, matura, non ti farà che bene: lascia perdere di pensare, con l'illusione di essere il migliore, che tu sei per forza bello, simpatico, brillante, fascinoso, virile, "er meio del reame"... Non è cosi che veramente lo diventi! ...anzi!Medita Silvio, non sentire solo ma ascolta anche, qualche volta, per caso, qualche consiglio di chi ti vuole bene...Con affetto.

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La caratteristica inconfondibile del calendario artistico Lavazza è la sua esclusività. Solo ai massimi esponenti delle arti figurative è consentito realizzare ogni anno questo prodotto artistico di massima qualità. Per la 17esima edizione dell’“The Italian Espresso Experience“, Lavazza si è affidata all’ispirazione di Annie Leibovitz. La cinquantanovenne americana è la fotografa più nota e richiesta attualmente. Le sue fotografie nella prima pagina delle più importanti riviste di moda e cultura del mondo hanno contribuito a diffondere la sua fama alla stessa stregua degli interessanti reportage sul piano politico e sociale e dell’ambiente rock e pop. Il racconto fotografico in funzione di giornalista o artista è il dominio assoluto nel quale primeggia Annie Leibovitz. Le sette opere nelle quali raffigura situazioni surreali per il calendario Lavazza 2009, come se fossero quadri in pittura ad olio caratterizzati dai particolari effetti luce – ombra, dimostrano quanto profondamente sia immersa in questo mondo. Per Annie Leibovitz, l’”italianità“ non trova tanto espressione nel cliché della luce solare intensa, ma in una misteriosa atmosfera romantica. Ognuna delle sue fotografie, per le quali ha messo in posa esclusivamente top-model italiane in quanto ambasciatrici della bellezza tipica di questo paese, ha un

nome e simboleggia l’”italianità” di arte, moda, cucina, bellezza e sensualità.

“Il cinema” è dedicata al cinema italiano e al suo grande maestro Federico Fellini, con la fontana di Trevi come soggetto. “Genio” ha come padrino femminile della storia e della cultura italiana l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. In “Lupa”, all’interno del Colosseo, la lupa romana protegge Romolo e Remo. Nell’atelier immaginario di “La moda“, si ha l’impressione di tanto indaffarato lavoro ma anche di una creativa pausa per l’espresso. “La seduzione“ esprime una sensuale atmosfera serale sul Ponte di Tiberio. Sullo sfondo delle colline toscane, invece, una modella posa su un piatto di incredibili spaghetti come sensuale ingrediente per il piatto italiano più amato al mondo. La copertina simboleggia infine una maschera veneziana nella piazza del mercato come oggetto di culto per la misteriosa “italianità”, tanto apprezzata al mondo. Con il calendario artistico del 2009, che non si trova in vendita e che rappresenta quindi un oggetto per collezionisti estremamente ricercato, Lavazza intende sottolineare l’unicità dell’”Italian style” e del tipico espresso, che riesce a fare perfettamente anno dopo anno.

Le fotografie della migliore fotografa del mondo, Annie Leibovitz, catturano in un modo inconfondibile momenti di vita italiana, col tipico surrealismo del paese nel quale è nato il vero espresso.

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SOCIETÀ

Sentimento di affetto vivo e reciproco, insieme all’amore, è uno degli stati emozionali fondanti della vita sociale. In quasi tutte le culture, viene intesa e percepita come un rapporto alla pari, basato sul rispetto, la stima, e la disponibilità reciproca, che non pone vincoli specifici sulla libertà di comportamento delle persone coinvolte.

Questa una delle definizioni classiche di amicizia.

Ma come è cambiato il concetto di amicizia nel tempo e soprattutto esiste ancora l’amicizia nel mondo contem-poraneo? Certo che esiste, verrebbe da rispondere. Fatte le dovute eccezioni.

Ai giorni nostri infatti ci si riferisce all’idea di amicizia, ad esempio negli affari e nella politica, anche con un significato negativo che indica quei criteri particolaristici e di privilegio che vanno a disturbare l’equilibrio di un sistema che, se fosse giusto, dovrebbe essere retto invece da criteri universalistici e di merito.

Volendo rimanere nella sfera più intima della vita delle persone dovrebbe rassicurare il fatto che un certo accordo su che cosa significa amicizia persiste dagli antichi albori fino ai giorni nostri. Fu Confucio per esempio, 5 secoli prima di Cristo, a riferirsi all’amicizia come all’unica, fra le relazioni interpersonali, che si basa sul concetto di uguaglianza.

E Artistotele qualche centinaia di anni dopo rilevava che

la parola amicizia non ha un solo significato, ma diversi; il filosofo cercava di distinguere diversi tipi di amicizia, ad esempio quella fondata sull’utile e quella fondata sulla virtù, concludendo che la seconda fosse l’unica che merita il nome di vera amicizia.

Se certo l’idea di amicizia è cambiata con il progresso della società, e quindi in un tempo di guerrieri essa sarà stata essenzialmente una fratellanza d’armi (pensiamo ad Achille e Patroclo), per evolversi poi in forme più legate alla cultura e alla politica (Marx ed Engels), la base, cioè quel sentimento di simpatia e reciproca fiducia e confidenza, che non ha nulla a che fare con l’interesse, il calcolo, il potere è e resta, pur nella sua rarità, uno dei punti fermi dei rapporti sociali.

Più recentemente la vera amicizia è stata anche rapportata a una vera e propria relazione di amore, così Alberoni distingue amicizia e innamoramento: “l’inna-moramento è un fatto, un accadimento, che ha un inizio definito. Alla sua origine c’è lo stato nascente, una folgorazione, una rivelazione. L’amicizia, invece, non diventa se stessa con una rivelazione unica iniziale, ma con una serie di incontri e di approfondimenti successivi, ha tante forme e tanti gradi. Va da un minimo verso un massimo di perfezione.” (Alberoni, Innamoramento e amore)

È la società moderna però che poco aiuta il crearsi di rapporti, come quelli amicali, che necessitano di

di Chiara Morassut

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impegno, costanza, approfondimento da entrambe le parti. Probabilmente, anche se è troppo facile, è tutta colpa della globalizzazione. Questo fenomeno ha prodotto, fra le tante cose, anche una certa liquidità nei rapporti sociali, conseguenza di un mondo che è sempre più piccolo e nel quale lo spostarsi è ormai la norma. Se una volta una comunità rimaneva pressappoco la stessa, generazione dopo generazione, oggi gli amichetti di infanzia non vivono più alla porta accanto perchè le persone si spostano, si perdono, e il confrontarsi con gente nuova, e creare dal nulla altre amicizie basate spesso sulla condivisione anche solo temporanea di uno spazio geografico, è diventata la norma.

Quello che cambia però è anche la dimensione o la forma che dir si voglia che assume l’amicizia ai giorni nostri, perchè se da un certo punto di vista la società dell’informazione ci pone il problema, da un altro ci dà anche la soluzione. Oggi infatti rimanere in contatto con persone dall’altra parte del mondo, o comunque non abbastanza vicine da andare a berci l’aperitivo, è anche questo la norma.

Il rovescio della medaglia in una società nella quale, per forza di cose, ci si perde sempre di più è un nuovo modo di ritrovarsi grazie a questa interconnessione nella quale tutti, chi più chi meno, siamo immersi.

E allora internet, i social network, le chat, i blog. Un surrogato dei nostri rapporti sociali spesso più importanti, chiusi nello schermo di un pc, e in costante evoluzione. Prima (anche se il confine fra il prima e il dopo in questo caso è piuttosto labile) gli amici delle elementari, tranne qualche eccezione, rimanevano i bambini della foto di classe e dei nostri ricordi, oggi ti contattano tramite Facebook. Prima non ci si sentiva troppo spesso nemmeno con i buoni amici lontani o appena fuori dall’Italia, oggi praticamente gratis ci si

parla e ci si vede come se si fosse nella stessa stanza. Prima si mandavano le cartoline dai posti di vacanza, quando andava bene, oggi la maggior parte della gente apre un blog e mantiene aggiornata casa sui propri spostamenti.

Se ognuno di noi si mettesse a pensare ai suoi rapporti attuali, scoprirebbe che tante sono le persone distanti che sente però spesso più vicine di quelle con cui ha a che fare realmente ogni giorno.Una fotografia della nostra società moderna ci vede quindi, viene da chiedersi, tutti chiusi nelle nostre camerette, dipendenti da una connessione internet, incapaci di vivere senza un pc? Non necessariamente. Ma a volte sì.

D’altra parte è insita nel concetto stesso di amicizia una componente fondamentale di immagine; dall’amico infatti mi aspetto, quasi per definizione, che non mi fraintenda, cioè che condivida l’immagine che io ho di un me stesso o, perlomeno, che non se ne allontani troppo. In questo senso il concetto di immagine, così ossessivo e presente ai giorni nostri, si ripercuote anche e fortemente nei rapporti sociali più “intimi”, e le virgolette sono d’obbligo laddove alcuni dei miei rapporti sociali più intimi li intrattengo con persone a centinaia di chilometri di distanza.

È ovvio che manca il contatto personale, la semplice presenza, l’esserci fisicamente e il tutto si riduce ad uno scambio a distanza nel quale io ti mostro solo le foto in cui sono venuto bene e tu non capisci se c’è qualcosa di cui avrei bisogno di parlare.

Ed è ovvio anche che la distanza attenua il giudizio degli altri, se non altro perchè appunto gli altri sanno di noi (e noi degli altri) solo quello che noi siamo disposti a fargli sapere e nella misura in cui vogliamo farglielo sapere, e viceversa. O forse ci sembra che il giudizio sia attenuato perchè tanto gli altri non sono qua e quindi non ce ne frega poi molto.La dimensione virtuale è quindi in un certo senso fredda e poco sincera, ma comunque c’è, e richiede impegno, costanza e dedizione, perchè anche i rapporti virtuali vanno curati.

Così forse è vero che un fermo immagine dei giorni nostri ci vedrebbe troppo spesso davanti a un pc a inserire solo le informazioni che vogliamo dare, e solo ad alcuni altri che probabilmente non hanno il minimo interesse a leggerle, ma è vero anche che dieci anni fa non avremmo potuto farlo e saremmo stati probabil-mente un po’ più soli.

I social network ci salveranno?Forse. Sicuramente ci fanno perdere molto tempo. Ma il più delle volte è tempo ben speso.

Ora aggiorno il mio twitter, cambio il mio status su Facebook, scrivo sul blog, chatto un po’ su Messenger o su Skype.

E anche questa giornata, piano piano, va persa così.

Facebook è stato fondato il 4 febbraio 2004 da Mark Zuckerberg, all'epoca diciannovenne e studente presso l'università di Harvard.Fu poi esteso al MIT, all'Università di Boston, al College di Boston, e a tutte le scuole Ivy League nel giro di due mesi.Molte singole università furono aggiunte in rapida successione nell'anno successivo. Col tempo, persone con un indirizzo di posta elettronica con dominio universitario (per esempio .edu, .ac.uk, etc.) da istituzioni di tutto il mondo acquisirono i requisiti per parteciparvi. Quindi il 27 febbraio 2006 Facebook si estese alle scuole superiori e grandi aziende.Dall'11 settembre 2006, chiunque abbia più di 13 anni può parteciparvi. Gli utenti possono fare parte di una o più reti partecipanti, come la scuola superiore, il luogo di lavoro o la regione geografica.

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A piedi, con le racchette da neve, con le pelli di foca, con gli slittini, in slitta tirata dai cavalli, sembra quasi una migrazione notturna. Da dicembre ad aprile le notti di luna piena da sfruttare per serate in baita sono cinque: 12 dicembre, 11 gennaio, 9 febbraio, 11 marzo e 9 aprile. E le altre notti, cosa si fa in Alto Adige?Il popolo delle mega-discoteche sarà molto deluso, ma il divertimento in montagna è diverso, più genuino. Invece del dj, c’è qualcuno che suona la fisarmonica, invece dei ritmi sfrenati, si balla un walzer o una polka, e l’unica “estasi” vera è la vista delle montagne innevate che luccicano sotto la luna e le stelle. E in montagna si vedono tutte…

Aprés-ski con musicaNon serve rinunciare del tutto alla musica e al dj in Alto Adige. Basti pensare alle mega-feste sulla neve al Club Moritzino in cima al Piz La Ila in Alta Badia (www.moritzino.it), al Murin a Corvara/Alta Badia (www.romantiklaperla.it/murin_i.htm) o al Toccami a Corvara (www.toccami.cc). Mitico anche il Siglu Bar del Cavallino Bianco a Ortisei (www.siglu.it) e il Piz5 a Santa Cristina (www.piz5.info) entrambi in Val Gardena, come anche l’Iglu al Rifugio Madriccio a Solda in Val Venosta (il più alto d’Europa – www.seilbahnensulden.it). Uno dei locali “in” ai piedi del Plan de Corones è la Giggeralm a Brunico (www.giggerbar.com), mentre a Obereggen nell'area vacanze Rosengarten-Latemar la movida del dopo-sci è al Tipi (www.obereggen.com). Oltre a questi luoghi del divertimento, in ogni zona sciistica ci sono locali per l’aprés-ski, che di regola si trovano nelle

immediate vicinanze delle stazioni a valle degli impianti. Per tutti comunque vale una regola ben precisa: NIENTE ECCESSI DI ALCOL, ma tanta buona musica, tanto sano divertimento!

Piste illuminate a giornoChi non fosse ancora stanco delle sciate diurne, può tranquillamente tenere ai piedi gli scarponi e continuare anche alla sera. In molte località vengono organizzate fiaccolate, dove anche gli ospiti possono partecipare, ma in alcune zone si scia su piste illuminate a giorno, un trend che ha preso piede anche nella Coppa del Mondo di sci…Avelengo/Merano 2000: ogni venerdì dalle 19.30 alle 22.30 le piste servite dalla cabinovia Falzeben - Monte Pivigna sono aperte; in funzione anche la pista da slittino di 3,8 km e la pista di bob su rotaia (1,1 km). Per informazioni: www.hafling.comObereggen: martedì, giovedì e venerdì dalle 19 alle 22 la cabinovia Ochsenweide è aperta e si scia sulla pista Obereggen (1,5 km), come anche sulla pista da slittino Laner (2,5 km). Pista illuminata anche a Nova Ponente ogni martedì, mercoledì e giovedì dalle 20 alle 22. Per informazioni: www.obereggen.comPlan de Corones: martedì e giovedì a Terento apre lo skilift Panorama dalle 20 alle 22 (www.kronplatz.comAlpe di Siusi: martedì, giovedì e sabato a Castelrotto la seggiovia Marinzen è aperta dalle 19 alle 22 (www.alpedisiusi.info)Carezza: la pista Christomannos rimane aperta martedì e giovedì dalle 19.30 alle 22 (www.carezza.it)

Sulla neve di notte con gli sci o con la slitta, come il Dottor Zivago…

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Sci di fondo in notturnaScivolare sulla neve di notte a passo pattinato o classico si può. Ogni martedì e giovedì dalle 20 alle 22 sull’anello “Asten” nella Val di Pennes, piccola valletta della Val Sarentino. Info: www.valsarentino.com

Tutto di sera: salita comoda, discesa sportivaGli impianti di risalita in Alto Adige di regola al calar del sole chiudono ed entrano in funzione i gatti per battere le piste. Ma ci sono eccezioni non solo per chi scia, ma anche per chi pratica lo slittino e non ha voglia di “sfacchinare” troppo in salita.Sarentino/Reinswald: cabinovia aperta le sere di luna piena del 9-10 gennaio e 6-7 febbraio dalle 20 alle 22 per servire la pista da slittino lunga 4,5 km. (www.valsarentino.com)Valle Aurina/Klausberg: cabinovia aperta da dicembre a marzo ogni martedì dalle 19.30 alle 22 assieme alla pista da slittino di 5 km di lunghezza. (www.klausberg.com)Sesto/Croda Rossa: cabinovia in funzione ogni giovedì dalle 20 alle 22 a partire da Natale per portare gli appassionati alla partenza della pista da slittino lunga 5 km. (www.sesto.it)

Manifestazioni notturne 20096 e 20 gennaio, 10 febbraio e 3 marzoAlta Badia: gare di cavalli con slitta e skikjöring. (www.altabadia.org)7 febbraioAlpe di Siusi: Moonlight Classic, gara di fondo al chiaro di luna lungo il tracciato di 36 km. (www.moonlightclassic.info)dall’8 gennaio al 12 marzoValli di Tures e Aurina: skishow con dimo-strazioni e salti, tanta musica, fuochi d’artificio. (www.tures-aurina.com)13 febbraioPlan de Corones: Sprint Notturno, gara a sistema k.o. tra 32 atleti di fondo a Monguelfo. (www.valcasies.com)18 febbraioSelva Gardena: Skikjöring notturno in Valle-lunga. (www.valgardena.it)26 febbraioMeraner Land: gara notturna di slitta e skikjöring ad Avelengo. (www.hafling.com)6 marzoVal Gardena/Alta Badia: Sellaronda Ski-marathon in notturna (4 vallate ladine, 4 passi dolomitici, 42 km, oltre 2.700 metri dislivello). (www.sellaronda.it)4 aprileRosengarten-Latemar: Obereggen King of Iron, Snowboard Rail and Jibbing Contest con i migliori atleti italiani e da tutta l’Europa. (www.obereggen.com)

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I XX Giochi Olimpici Invernali di febbraio 2006 hanno lasciato alla città un’eredità straordinaria. Non solo un patrimonio di infrastrutture al servizio dei cittadini, dei turisti, delle aziende, della cultura e dello sport, ma soprattutto un rinnovato modo di vivere da parte dei torinesi: una maggiore apertura al mondo, voglia di stare assieme e divertirsi, la capacità di pensare nuove sfide, progettarle e – come nel caso dei Giochi – vincerle.Venire a Torino significa “toccare con mano” l’entu-siasmo profuso dai ventimila volontari delle Olimpiadi e dai milleduecento volontari della città, che hanno accolto con calore atleti e turisti. Una passione che ha pervaso i torinesi, e non li ha più abbandonati: ve ne accorgerete anche voi.

Chi arriva oggi, riconosce la città che è apparsa sugli schermi di tutto il mondo. La centralissima piazza Castello è la Medals Plaza che tutte le sere si trasformava in una festa di sport, musica e fuochi d’artificio; i palcoscenici in cui oggi si esibiscono le grandi star del rock e della musica classica sono quelli che hanno ospitato i pattinatori; i trecento chilometri di piste su cui i turisti di tutto il mondo trascorrono la propria settimana bianca sono quelli su cui i campioni dello sci alpino hanno dato spettacolo.

È questa la Torino nuova che guarda al futuro. Una città che ha reagito al ridimensionamento dell'industria automobilistica e del suo indotto investendo nella cultura e nell’innovazione, capace di guardare lontano: dal 2006 è tutto un susseguirsi di eventi, da Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma all’Universiade Invernale, dalla Coppa del Mondo di Pattinaggio di Velocità al Congresso Mondiale degli Architetti, da Torino Capitale Mondiale del Design agli Europei di Ginnastica Ritmica e ai Campionati Europei Indoor di Tiro con l'Arco, dagli Europei Indoor di Atletica Leggera fino ad arrivare al 2011, quando Torino sarà il cuore dei festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia, di cui fu prima capitale. E il futuro di Torino è già iniziato: la città, oggi, è attrezzata per fiere, congressi, convegni, ed è capace non solo di garantire infrastrutture e servizi per il business ma un'offerta a 360 gradi. Perché a Torino i grandi eventi trovano ad accoglierli una qualità – della vita fatta di arte, cultura, gastronomia e art de vivre – unica al mondo.

Dopo la Torino in piena trasformazione, prima delle Olimpiadi, e quella ricca d'emozioni, durante i Giochi, oggi è finalmente pronta una città d'arte, moderna e appassionante.

TURISMO di Fiorella Stringhini

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Arte e CulturaTorino è una città abituata al bello: dagli straordinari palazzi barocchi e liberty ai capolavori storici, come l’"Autoritratto a Sanguigna" di Leonardo da Vinci conservato alla Biblioteca Reale; dalle regge dichiarate "Patrimonio dell'Umanità" dall'Unesco – a partire dal centralissimo e rinnovato Palazzo Madamaexternal link fino a Venaria Reale, la "Versailles" italiana – al Museo Egizio, il più importante al mondo dopo quello del Cairo. Ma la ricchezza della tradizione non ha impedito alla città e ai suoi artisti di guardare avanti, cercando conti-nuamente nuove forme espressive.

Oggi Torino è riconosciuta come una delle principali capitali europee dell'Arte Contemporanea, grazie a un tessuto intrecciato di realtà pubbliche e private, di collezioni e fondazioni, musei e gallerie, eventi e manifestazioni e a una storia di sperimentazione e ricerca che va dalle esuberanze dei Futuristi a Felice Casorati, dall'Internazionale Situazionista all'Arte Povera, dalla Food Art alle maggiori avanguardie artistiche contemporanee.

La GAM, il Museo d'Arte Contemporanea del Castello di Rivoli e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo – che insieme organizzano T1 - Torino Triennale Tre Musei e ancora Palazzo Bricherasio, la Pinacoteca Agnelli, la neonata Fondazione Merz e la fiera Artissima - Internazionale d’Arte Contempora-nea - sono tappe imprescindibili del circuito interna-zionale delle nuove forme espressive.

A queste realtà si aggiungono un altissimo numero di gallerie e importanti manifestazioni en plein air: la magia di "Luci d'Artista" che invade annualmente le strade cittadine con installazioni luminose, o le opere d'arte pubblica che stanno cambiando fisionomia alla città, come le prime tre opere sul nuovo viale del Passante Ferroviario (Mario Merz, Per Kirkeby e Giuseppe Penone), o le ultime nate: le colonne di Arnaldo Pomodoro che accolgono chi arriva in città da sud e le sculture di Tony Cragg di fronte allo Stadio Olimpico.

Sotto la Mole sono tornati a girare i grandi registi internazionali – grazie anche all’ospitalità, alla consulenza e ai servizi offerti dalla Film Commission Torino e Piemonte, una delle più attive d'Italia – e dentro la Mole è nato il fantasmagorico Museo Nazionale del Cinema, progettato dall’architetto svizzero François Confino, recentemente arricchito con nuovi allestimenti.

Il Torino Film Festival è tra i più interessanti d'Europa e non è che la più nota delle numerosissime kermesse cinematografiche del capoluogo. Gli appassionati di lettura trovano in città scrittori, editori, scuole di formazione letteraria come la Scuola Holden, la storica casa editrice Einaudi e appuntamenti di fama mondiale come la Fiera Internazionale del Libro che hanno contribuito alla designazione di Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma 2006/2007.

Il Teatro Regio Torino- il tempio della lirica – l’Auditorium Giovanni Agnelli external linkal Lingotto e quello della RAI ospitano rassegne di primo piano nel panorama musicale internazionale. La Città di Torino, insieme al già citato Teatro Regio Torino, all’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, all’Associazione Lingotto Musicaexternal link, all’Unione Musicaleexternal link e al Conservatorio Giuseppe Verdi hanno fondato Sistema Musicaexternal link, con il fine di promuovere la conoscenza e la fruizione dell’arte dei suoni, sostenendo la produzione e la distribuzione di concerti. L’Orchestra Filarmonica di Torino, l’Associazione Stefano Tempia, la rassegna MITO Settembre Musica, soddisfano gli appassionati di musica classica, mentre decine di manifestazioni estive, quelli della musica extra-colta. Ormai da decenni Torino è una delle città italiane più prolifiche sulla scena pop-rock nazionale.Il Teatro Stabile, il Teatro Ragazzi e Giovani e le tante importanti compagnie teatrali rispondono agli amanti della prosa.

E quando la cultura tout court incontra quella del saper fare, nascono i nomi del design che hanno reso Torino famosa nel mondo: Pininfarina, Bertone, Giugiaro, lo "Studio 65". È grazie a queste realtà che Torino si è aggiudicata la prima edizione del premio Capitale Mondiale del Desig promosso dall'International Council of Societies of Industrial Design: nel 2008, per tutto l'anno la città ospiterà un ricco calendario di eventi che coinvolgeranno i maggiori designer internazionali. Infine, nella città della Fiat non poteva mancare il Museo dell'Automobile, oggi in fase di riallestimento – grazie al progetto di François Confino – la cui riapertura è prevista per l'estate del 2008. Ma tutte queste eccellenze non esisterebbero senza il supporto dei privati che in Piemonte, da sempre, credono nel sapere – prime tra tutte le fondazioni Compagnia di San Paolo e CRT – e se per strada, nei circoli, nei locali non si respirasse quell'aria di fermento che è il vero, indispensabile, motore della cultura.

Torino, Lingotto, il soffitto della rampa elicoidale

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Torino grand tourCome arrivare, come muoversi, dove soggiornare: queste le informazioni utili per visitare e vivere Torino.E una passeggiata è certamente il modo migliore per entrare in sintonia con la città seguendo gli itinerari che ci portano dalla Torino dei Parchi a quella dei Caffè Storici, dalla Torino multietnica a quella della moda e dello shopping, fino alla Torino magica. Da percorrere con curiosità, ma sempre, rigorosamente, a piedi.

Torino, inoltre, occupa una collocazione baricentrica che le permette di essere vicina a mete molto attraenti. In un'ora di viaggio si possono raggiungere le montagne delle Olimpiadi Invernali del 2006 e i loro 400 chilometri di piste; Genova con le spiagge della Riviera Ligure e, poco più in là, la Costa Azzurra; il distretto dei laghi come i meravigliosi Lago Maggiore e Lago d'Orta circondati dal massiccio del Monte Rosa; le morbide colline delle Langhe e del Monferrato, terre del savoir vivre piemontese; la splendida Corona di Delizie, il perimetro di residenze sabaude dichiarate dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità. Il tutto in un raggio di un centinaio di chilometri dal centro di una città che è al centro di tutto.

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La villa immersa nel verde di Flossmoor, sobborgo chic alla periferia sud di Chicago, è al sicuro. Pagata fino all’ultimo cent, con un mutuo a 15 anni estinto in poco più di 8. E anche il reddito non è a rischio, perché il datore di lavoro è la Chicago University. Ma

gli effetti della crisi finanziaria che è partita dagli States per arrivare a stritolare il mondo intero, si fanno sentire anche in una famiglia tipo dell’upper class americana. Lui, Stefano Guandalini, 61 anni, è un professore di gastroenterologia pediatrica di fama mondiale.

Lavoro duro, posizione sociale prestigiosa, stipendio molto robusto e una vita in giro per il mondo per partecipare ai migliori convegni di medicina. Lei, la moglie, Greta Furlani Guandalini, 59 anni, è una mantovana che ha lasciato la città trent’anni fa per seguire il marito nelle diverse tappe di una carriera avvincente costruita prima in Italia e poi oltreoceano. Un diploma da maestra messo frettolosamente nel cassetto per dedicarsi esclusivamente alla cura dei figli e della famiglia, e un lavoro da casalinga lontano anni luce da termini come subprime, stagflazione e rischio insolvenza. Eppure... «Eppure - racconta la donna in visita a Mantova per incontrare parenti ed amici - scopriamo tutte le sere, a cena davanti alla tv, di essere diventati più poveri». Le breaking news che diventano un bollettino di guerra, gli indici di borsa che si trasformano in fendenti, le immagini dei risparmiatori in coda per ritirare i soldi davanti agli sportelli bancari chiusi che toccano dritte le corde del cuore. «Un pezzetto del nostro gruzzolo, dei risparmi che dovrebbero servirci quando mio marito andrà in pensione, diminuisce ogni giorno che passa, si sgonfia ad ogni movimento all’ingiù dei mercati internazionali»È il sistema perfetto che rischia di far danni, molto seri, anche dentro le case di chi è ricco. Il villaggio del golf. La continua altalena di Wall Strett, il tempio della finanza mondiale, oggi si è impadronita del futuro di casa Guandalini. La coppia, negli Stati Uniti da oltre dieci anni, ha scelto il villaggio di Flossmoor per mettere radici. È un sobborgo di Chicago, novemila anime che vivono nelle ville in pietra e in legno, sviluppatosi negli anni attorno ai numerosi campi da golf. «Quando abbiamo comprato la nostra casa - racconta Greta Furlani - abbiamo fatto un mutuo della durata di 15 anni ma con un po’ di risparmi che avevamo messo da parte, una piccola eredità e con lo stipendio di mio marito, siamo riusciti ad estinguerlo in soli otto. Ricordo ancora l’interrogatorio rigoroso che ci fecero quando andammo in banca per avere il finanziamento. Ed una delle cose che ci siamo chiesti spesso, negli ultimi mesi, è come abbia fatto il sistema americano a dare credito a tante, troppe persone che forse non avevano

Davanti alla tv scopriamo di essere diventati sempre più poveri

ITALIANI NEL MONDO di Corrado Binacchi

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la capacità di pagare rate così elevate, per di più in un periodo di tassi di interesse crescenti». La risposta, oggi, è sotto gli occhi di tutti, anche nel quartiere chic immerso nel verde. «Anche dove abitiamo noi è pieno di case in vendita - continua la donna - molte belle ville erano di proprietà di giovani manager che, evidentemente, hanno fatto il passo più lungo della gamba». L’erba del vicino. Sarà anche più verde, ma di certo, a casa Guandalini, non invidiano il prato del vicino. Questione di dettagli, si dirà, ma che fanno capire come anche la ricca borghesia americana sia costretta, in questa fase, a tirare la cinghia. «Da un paio di mesi anche la mia vicina di casa, moglie di un neurologo, ha cominciato a tagliare il prato da sola - racconta la donna mantovana emigrata negli Usa - sulle prime non mi spiegavo perché passasse così tanto tempo a passare avanti e indietro il tosaerba, poi ho realizzato che anche il giardiniere può essere un lusso superfluo in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo». Anche la moglie del professore, adesso, sta bene attenta ai conti. «A dir la verità non sono mai stata una spendacciona - sottolinea - certo, in passato ho fatto fare diversi lavoretti domestici ad un contractor (un tecnico che si occupa di tutte le manutenzioni n.d.r.) che adesso pretende 60 dollari all’ora. Sì, è molto preparato, ma per alcuni lavori oggi è meglio aspettare». A rischio anche il contratto della donna delle pulizie. «Quando la benzina è salita oltre i 4 dollari al gallone mi ha chiesto un aumento, dice che non ce la fa più a mantenere l’auto. Vedremo». Occhio alle spese. Il taglio alla spesa online - comoda per la consegna della merce a domicilio ma decisamente troppo cara - è stata la prima strategia difensiva adottata dalla casalinga di Flossmoor. «Da qualche tempo abbiamo organizzato la spesa dividendo gli acquisti in tre diversi mall - continua la Guandalini - da una parte compro solo la carne e il pesce, nell’altro la roba fresca, mentre il terzo, più piccolo, va bene per la merce ingombrante. Certo, fino a qualche mese fa con 80 dollari riuscivo a riempire un carrellone tra rotoli di carta, detersivi e prodotti per la casa, oggi per la stessa spesa devo sborsare tra i 120 e i 130 dollari. Pazzesco». L’ultimo rilevamento prezzi risale a pochi giorni prima della partenza per l’Italia. «Due tranci di tonno, nemmeno mezzo chilo, per 20 dollari. Mio marito, uno che adora il pesce, mi ha detto che avrei dovuto lasciare il pacchetto in pescheria. Forse aveva ragione». Altra novità, per casa Guandalini, è spulciare l’edizione domenicale del quotidiano alla ricerca dei buoni sconto da ritagliare e da spendere nei supermercati. «Prima neanche sapevo esistessero, sfogliavo distratta e

buttavo il giornale, ora li conservo con cura e non mi perdo un’offerta speciale». Anche l’upper class americana taglia poi le spese per i divertimenti. «Qualche sera fuori a cena ce la concediamo ancora - dice - ma anche noi abbiamo cominciato a sostituire la trattoria italiana o il ristorantino etnico con il McDonald’s. In giro vedo invece ancora molti giovani che spendono senza porsi troppi problemi, convinti forse della bontà dei messaggi che arrivano dai commentatori di tv e giornali». Anche nella metropoli, però, si avverte l’aria di crisi. «Le vetrine di alcuni dei migliori negozi di Chicago chiudono - spiega la donna - e il sindaco, che tiene la città come un gioiello, ha già annunciato l’intenzione di aumentare le tariffe dei parcheggi per far quadrare i conti. Ovviamente i commercianti non ci vogliono sentire, convinti che così si spingerà la gente ancora di più nei mall». Il ciclo economico. «Ai giovani dicono di star tranquilli, tanto i mercati torneranno a correre e le quotazioni a salire - racconta la Guandalini - dicono che il ciclo economico sia così. Il verproblema, per noi, è rappresentato dal fondo pensione di mio marito. In novembre andremo a rinegoziare i benefit concessi dall’università ma il gruzzolo che abbiamo accantonato negli anni, e che il fondo ha investito in azioni, continua a diminuire». Un’angoscia quotidiana, che pone interrogativi seri sul futuro. «Mio marito ha 61 anni, potrebbe già andare in pensione anche se gli esperti dicono che in questa fase è meglio restare al lavoro». Greta sa bene cosa voglia dire avere a che fare con il sistema previdenziale e sanitario degli Usa. «Abbiamo una polizza assicurativa che copre tutto e che ci costa una fortuna - dice - eppure quando mi sono ammalata al cuore, rischiando di morire, la compagnia ha subito respinto la pratica. Secondo loro non avevo diritto al rimborso per la terapia sperimentale con le cellule staminali, ed è servito un ricorso per spuntarla». Senza la copertura assicurativa la famiglia avrebbe dovuto spendere 190mila dollari in cure e terapie mediche. «Per questo dico a tutti gli italiani di tenersi ben stretto il sistema di welfare che c’è. Avrà anche tanti buchi ma non lascia nessuno senza assistenza». La speranza. I Guandalini sono cittadini americani, e già nel 2004 votarono per i democratici. «Noi abbiamo tifato per Obama, un uomo retto, pulito, che dà l’impressione di essere in grado di portare una ventata di aria nuova. E tutti noi sappiamo quanto ce ne sia bisogno negli Usa».

Greta Furlani Guandalini nasce a Mantova cinquantanove anni fa, nella casa di famiglia di via Montanara a Curtatone. Il padre è avvocato, la mamma si dedica invece alla famiglia. E nel 1966, durante una vacanza estiva con i cugini in Romagna, a Torre Pedrera, che Greta incontra Stefano Guandalini (la sua famiglia è originaria di Reggio Emilia, da parte di papà, e di Messina da parte di mamma). La classica storiella estiva tra la studentessa delle magistrali e il futuro professore di pediatria inizia quasi per gioco, ma in breve tempo il legame sentimentale diventa saldo. Due anni dopo Greta è pronta infatti a lasciare la città per seguire il fidanzato, che a Messina muove i primi passi verso un'importante carriera nel campo della medicina. Nel 1969 il primo viaggio negli States, dove Guandalini, su invito di unprofessore universitario che ne intuisce il grande talento, svolge un anno di ricerca. Negli Stati Uniti nasce intanto il primo figlio, Marco. Nel 1970 la coppia torna in Italia. Il marito di Greta si laurea in medicina ed inizia la sua specializzazione in pediatria, spostandosi da Messina a Catanzaro, e quindi a Napoli. All'ombra del Vesuvio la famiglia (che nel frattempo si è allargata: è nata la seconda figlia Liliana) mette radici. Nel 1983 un primo contatto con l'Università di Chicago sfuma mentre nel 1994 l'operazione Usa va in porto. E nel 1996 Stefano Guandalini prende servizio come professore di pediatria e capo del dipartimento di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica della Chicago University (oggi il professore dirige anche il Celiac Desease Center dell'Università). Durante la permanenza a Napoli Greta si dedica per diversi anni alla cura della famiglia. Poi, quando i figli iniziano le scuole medie, inizia a lavorare prima come contrattista per il centro di coordinamento della malattia celiaca e poi come segretaria dell'endocrinologia chirurgica dell'Universitàdi Napoli. Negli Stati Uniti d'America la donna deve affrontare anche la prova più dura della sua vita. Combatte infatti contro una rarissima malattia al cuore con un trapianto di cellule staminali. Una terapia sperimentale, che le salva la vita. Oggi sta bene e può fare una vita normale. Da Chicago collabora con l'associazione Mantovani nel Mondo.

Gazzetta di Mantova ( in collaborazione con l’Ass. Mantova-ni nel Mondo Onlus )

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A CHE CATEGORIA APPARTIENI?

Categoria n.1- IL MOBBIZZATORE

I mobbizzattori, ovvero i “Conti Dracula” del lavoro, possono essere veri o presunti; ad ognuno dei due corrispondono degli opposti, ovvero dei mobbizzati veri o presunti.

Se hai risposto correttamente alle domande del test e ti è uscito questo profilo, vuol dire che sei un capo ufficio o un collega di pari livello rispetto al mobbizzato vero o presunto.

Tra voi e l’altro soggetto intercorre quindi una relazione gerarchica in cui voi siete i superiori, ovvero una relazione di uguaglianza.

La categoria dei mobbizzatori si divide a sua volta in tre sottocategorie.

1. IL MOBBIZZATORE FURBO

Il mobbizzatore furbo è colui che, pur mettendo in atto dei comportamenti vessatori o mobbizzanti ( carogneschi ) nei confronti di un dipendente, ha un savoir faire che lo rende impunito: sempre formalmente gentile, perseguita il dipendente avviluppandolo come un insetto in una sottile ragnatela di ricatti psicologici, promesse non mantenute, aspettative frustrate.

Questo tipo di soggetto calcola ogni mossa del malcapitato dipendente con estrema lucidità e razionalità, non lasciando nulla al caso.

Il rapporto che si viene a creare fra il mobbizzatore furbo ed il dipendente mobbizzato si approssima al sadomasochismo: il primo, con la sua atroce cortesia tortura il dipendente con sapienza, rilevando ogni difetto del suo lavoro, mettendogli i bastoni fra le ruote.

Il secondo invece non potrà più fare a meno del mobbizzatore furbo, ed anzi diventerà uno dei suoi sostenitori più convinti: riconoscerà il valore e le capacità del capo, percependo invece se stesso come inadeguato ed incompetente.

Insomma, il mobbizzatore furbo è un incallito “seduttore”.

Ma non intendere, caro neofita del mobbing, questa espressione in senso stretto: egli è in grado di sedurre chiunque, uomo o donna che sia, coinvolgendolo in un’altalena di illusioni (specie riguardo aiuti che poi non darà mai, in cambio di altri tipi di prestazioni “extracontrattuali”) che portano ad un’immancabile tragica delusione.

È un sadico che vede nella vessazione un’espressione di amore verso il prossimo.

Contrario: la vittima di un (vero) mobbing

Racconto a puntate

SOCIETÀ di Isabella Pileri

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2. IL MOBBIZZATORE DI NEANDERTHAL

Ed eccoci al secondo tipo di mobbizzatore, quello di Neanderthal.

Se ti è uscito questo profilo, significa che sei una persona tendenzialmente violenta, quanto meno a livello verbale.

Spesso ti capita di prendertela con le persone più disparate; e non è caso infrequente che, fra i tuoi “mobbizzati”, ci sia anche tuo marito/tua moglie o tuo figlio.

La tua tendenza al mobbing è primitiva e viscerale: a differenza del mobbizzatore furbo, il tuo mobbing è manifesto e lo fai in preda alla passione.

Questa è infatti l’emozione che domina la tua vita: la passione.

Forte, violenta, ancestrale, che ti fa diventare un essere in

fondo abbastanza semplice da capire e lineare nelle intenzioni vessatorie.

Odi la vittima del tuo mobbing o comunque provi un’antipatia profonda.

Il mobbizzatore di Neanderthal vessa la sua vittima anche di fronte a testimoni, non curandosi di “straccionare” una persona davanti ad estranei che un domani potrebbero deporre in Tribunale sulla sua colpevolezza.

La finalità è infatti solo quella di ottenere un momentaneo godimento dall’umiliazione provata dal dipendente che, vergognoso, si fa piccolo piccolo nelle sue vesti di impiegato.

Compie atti di mobbing anche per iscritto, negando permessi per visite mediche o ragioni di famiglia; nega le ferie con una certa prepotenza e spesso grida ed insulta il dipendente.

Non per offendere, ma questo “troglodita” del mobbing è spesso odiato non solo dal mobbizzato, ma anche dal resto dei dipendenti dell’ufficio.

Colleziona quindi una serie di testimonianze contro se stesso e di prove anche scritte, in un cammino di perdizione che lo porta dritto in Tribunale.

E soprattutto ad una condanna in sede giudiziaria: la vittima, infatti, diversamente da quanto accade con il mobbizzatore furbo, proverà un senso di rivalsa ed odio che lo trasporterà nel primo studio di avvocati giuslavoristi che incontrerà alla sera uscendo dall’ufficio. Niente di buono, insomma.

In realtà il capo di un ufficio ha mille modi per “farsi rispettare” che rientrano nei limiti della legalità. E migliori.

Il consiglio, in questo caso, al di là del fatto scontato di dire che è meglio non mobbizzare nessuno, è quello di

bere una tisana calmante ogni sera o assumere qualche goccia di valeriana…in fondo è solo un ufficio, non un’arena di gladiatori!

Contrario: la vittima di un (vero) mobbing.

ALTRE CATEGORIE NEL PROSSIMO NUMERO!

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La parola mobbing deriva dal verbo inglese “To mob” (assalire con violenza) preso in prestito dall’etologia, dove venne introdotto da Konrad Lorenz, che lo utilizza per indicare il comportamento aggressivo di alcune specie di uccelli nei confronti dei loro contendenti che tentano di assalirne il nido.

La prima persona che cominciò a studiare il mobbing come violenza psicologica nel luogo di lavoro ed in quanto tale responsabile di patologie per chi lo subisce, è stata lo psicologo tedesco Heinz Leymann che nel 1986 illustrò in un libro le conseguenze, soprattutto sulla sfera neuro- psichica, di chi è esposto ad un comportamento ostile protratto nel tempo, da parte di superiori o dei colleghi di lavoro.

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Quel che è avvenuto il 13 di no-vembre 2008 alla Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai è emblematico di un modo ano-malo di concepire i rapporti tra maggioranza e opposizione in Italia e persino del modo d’in-tendere la democrazia. I fatti sono noti. Contrariamente a una presunta prassi consolidata che lasciava alla opposizio-ne parlamentare l’indicazione del presidente della commis-sione di garanzia, la maggioranza si è vista costretta, a suo dire, ad eleggere un’altra personalità, diversa da quella indicata dall’opposizione pur appartenendo a quest’area. Occorre anche dire che da mesi la maggioranza rifiutava sistematica-mente di votare il candidato unico indicato dall’opposizione e chiedeva una rosa di nomi.

Per sbloccare la situazione, persino gli stessi leader dell’oppo-sizione Walter Veltroni (PD) e Pier Ferdinando Casini (UDC) avevano invitato timidamente la terza forza d’op-posizione Di Pietro (IdV) a presentare altri possibili candidati. Ma di fronte all’irrigidimento di quest’ul-

timo i primi due si sono ben guardati dall’insistere.Personalmente, da un osservatorio, che non è quello italiano ma quello svizzero, trovo quanto è successo emblematico di un modo di far politica irrispettoso delle regole della democrazia. È vero infatti che in una società ordinata il controllato non può scegliersi il controllore tra i propri ranghi, ma è anche essenziale alla democrazia che un’assemblea sovrana possa effettivamente scegliere tra i ranghi dell’opposizione il proprio presidente. Se questa possibilità non fosse data non ci sarebbe bisogno di alcuna elezione e il potere dell’assemblea sarebbe nullo. Il potere della minoranza di indicare si trasformerebbe in potere di eleggere e di decidere e questo stravolgerebbe qualsiasi regola demo-cratica.

Mi stupiscono pertanto le reazioni della sinistra, non tanto quella di Di Pietro, da tempo ormai partito con la lancia in resta contro il Cavalier Berlusconi, quanto quella di Veltroni, al di là della comprensibile irritazione per un’elezione non voluta. A suo

Può essere ammesso un diritto di veto della minoranza in un’assemblea elettiva?

dire, infatti, "si tratta di una cosa inimmaginabile e mai vista prima nella storia delle istituzioni parla-mentari. È una cosa che avviene nei regimi e non nelle demo-crazie». Veltroni si sbaglia. In nessuna assemblea elettiva è ammesso il diritto di veto della minoranza sulla maggioranza. Ciò che è avvenuto in Italia non avviene nei regimi, ma nelle democrazie.

Mi permetto ricordare ai lettori un esempio clamoroso avvenuto in Svizzera, Paese in cui la de-mocrazia ha radici ben più profonde di quelle italiane.

Da decenni la Svizzera elegge il proprio esecutivo di sette membri (Consiglieri federali) secondo una consuetudine che assegna ai maggiori partiti due membri. In base a questa regola non scritta ma accettata da tutti, il partito di destra Unione democratica di centro (UDC) pretendeva che fosse riconfermato il Consigliere uscente Christoph Blocher, pur non essendo gradito alla maggioranza. L’UDC si rifiutò di presentare come insistentemente richiesto una rosa di candidati per lasciare al Parlamento il diritto di scelta, ma non volle sentir ragioni. Ebbene, l’Assemblea sovrana s’incaricò essa stessa di trovare un’altra personalità, ri-spettandone l’appartenenza al partito di Blocher ma non la pretesa arrogante del candidato unico. Fu eletta la consigliere fe-derale Eveline Widmer-Schlumpf, anche se per ripicca venne subito espulsa dal partito UDC. Quella elezione venne vista dalla stragrande maggioranza dell’opi-nione pubblica come una vitto-ria della democrazia sull’ar-roganza. Si parlò invece di regime per segnalare la ripicca del partito contro l’eletta. Il dispiacere di non veder eletto il proprio candidato è compren-sibile, ma è ingiustificato gridare allo scandalo e soprattutto alla mancanza di democrazia. Mi auguro pertanto che il partito di Veltroni sia così democratico da accettare l’elezione avvenuta e non costringa l’eletto Villari alle dimissioni.

Diversamente, tra il partito di sinistra di Veltroni e il partito na-zionalista di destra di Blocher non vedrei, almeno al riguardo, differenza alcuna.

POLITICA di Giovanni Longu

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Fiat, Europas führender Anbieter von Serienfahrzeugen mit Erdgasantrieb, erweitert seine umweltfreundliche Erdgas Modellpalette mit dem Fiat Grande Punto Natural Power, der ab Ende November bei den Schweizer Fiat Händlern ab 23'350 Franken (3-Türer) und 24’050 Franken (5-Türer) zu Verfügung stehen wird.

Der Fiat Grande Punto Natural Power wird von einem 1.4-Liter-Vierzylinder-Motor angetrieben, der durch seine bivalente Auslegung wahlweise mit Erdgas oder Benzin betrieben werden kann. Er leistet im Gasbetrieb 70 PS (51 kW), mit Benzin betrieben 77 PS (57 kW) und verleiht dem Fiat Grande Punto Natural Power eine Höchstgeschwindigkeit von 156 km/h bzw. 162 km/h. Der Verbrauch beträgt im Erdgasbetrieb auf 100 km 6,4 m3 Erdgas bzw. 6,3 l/100 km im Benzinbetrieb. Beim Ausnutzen beider Tankfüllungen (13 Kilogramm Erdgas, 45 Liter Benzin) beträgt die Reichweite über 1’000 Kilometer - ein in dieser Klasse konkurrenzloser Wert.Der Erdgasantrieb des Fiat Grande Punto Natural

Power erhöht aber nicht nur die Reichweite. Die bivalente Variante senkt nachhaltig die Betriebskosten und schont die Umwelt: Der 1.4-Liter Motor ist Euro 5 „ready“ und bei der CO2-Emission mit 115 g/km vorbildlich. Erdgas ist der umweltfreundlichste Kraftstoff, der zurzeit verfügbar ist. Die Alltagstauglichkeit des kompakten Bestsellers wird durch die Gasflaschen nicht beeinträchtigt, denn der Vorrat an Erdgas verteilt sich auf zwei Gasflaschen. Eine ist zentral unter dem Fahrzeugboden untergebracht, die zweite unter dem ebenen Boden des Kofferraums. Dessen Inhalt verringert sich dadurch zwar auf immerhin noch 200 Liter, der Platz für die Passagiere bleibt dagegen im vollen Umfang erhalten.

Abgesehen von einer Erdgasvorratsanzeige, dem Umschaltknopf von Gas- auf Benzinbetrieb sowie dem Gasfüllstutzen unterscheidet sich der Fiat Grande Punto Natural Power nicht von den anderen Modellen der Bestseller-Baureihe - die reichhaltige Ausstattung eingeschlossen

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Viene prima l’uovo o la gallina? Oppure: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Domande che hanno attraversato i secoli ed appassionato filosofi di prim’ordine e risposte che hanno spesso costituito la ‘morale’ di favole e leggende popolari. Cultura alta, tradizioni folkloristiche e, più grossolanamente, cucina. Buona cucina che regala il sapore della democrazia. Se esiste, infatti, un punto di contatto storico tra le culture alimentari dei diversi ceti sociali, questo è il binomio uova e gallina, radicato sia nel mondo contadino che in quello nobiliare. Per il primo, in particolare, la gallina è sempre stata sinonimo di festa e banchetto. Per gli chef, invece, le uova sono sempre state sinonimo di base delle pietanze più elaborate e gustose ma soprattutto materia con cui esercitare la propria creatività. Motivi per riscoprire questi ingredienti e organizzare un banchetto in loro onore, insomma, non difettano davvero. Non ultimo, quello che le ricette possibili sono in gran parte di facile esecuzione, adatte anche ai neo-fiti dei fornelli. Tra le tecniche appare particolarmente indicata quella del ‘ripieno’, cioè dello svuotamento degli interni dell’ingrediente principale, che assumendo forma concava si accinge ad accogliere i sapori che più riflettono la vostra idea di trasformazione manipolante della natura. Uova ripiene e gallina ripiena, dunque. Eccone i segreti, da intendersi ovviamente per 4 persone.

Gli ingredienti consistono in 6 uova, 30 grammi di burro, 20 di mollica di panne, 1 bicchiere di latte, 2 cucchiai di parmigiano grattugiato, 20 grammi di funghi secchi, prezzemolo e sale. Si inizia manipolando i funghi, ossia ammorbidendoli in un recipiente di acqua tiepida. Nel frattempo, rassodate le uova e tagliatele a metà, per il lungo, estraendo il rosso. Bagnate, per qualche secondo, la mollica di panne nel bicchiere di latte, e poi spremetela. Gli ingredienti vanno quindi macinati finemente, fino a quando l’impasto non risulterà granuloso. Quindi, riempite i 12 fori ricavati nell’albume delle uova e servite tiepide come antipasto, su letto di bietole o spinaci scottati a vapore, o più semplicemente di lattuga fresca. Il ripieno, ovviamente, è elemento variabile e può contenere pressoché qualunque ingrediente. Anche pesce.

Anche il ripieno della gallina è prono a diverse soluzioni, siano ispirate dalla ricerca personale o dalla tradizione. Per chi cerca basi solide su cui costruire il piatto, valga una ricetta in voga nel cremonese. Munitevi di una gallina, 20 grammi di salsiccia, 40 grammi di mortadella, tre uova, 50 grammi di trito di carne, due panini soffiati, 100 grammi di formaggio grana grattugiato, un cucchiaio di prezzemolo trito, noce moscata, pepe e sale. Dopo aver eventualmente svuotato la gallina, non vi rimane che inzuppare il pane nell'acqua e strizzarlo adeguatamente. Poi, in una zuppiera, unite tutti i composti dopo averli finemente tritati. Mescolateli per amalgamarli, quindi riempite la gallina. Cucite la pelle e, ovviamente lessatela, servendola con contorno di mostarda (Cremona è la terra promessa degli amanti della mostarda) e funghi (soprattutto chiodini) sott'olio.

Uova ripiene

Gallina ripiena

ENOGASTRONOMIA di Gianmaria Bavestrello

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Il temporale estivo ha trasformato il giardino in un pantano invivibile. Due gallinelle nere giacciono malconcie sui gradini alti davanti alla casa. Il resto del pollaio è disperso o distrutto. Fanno tenerezza, sempre in coppia, anche nella disgrazia. Le altre galline le avevano rifiutate da tempo, per motivi che resteranno sempre oscuri. Adesso occorre rianimarle. Lentamente riprendono vita, aprono prima un occhio, poi l’altro. Dentro casa! Chi l’avrebbe mai detto! E nella confusione creata dall’alluvione anche libere di scorazzare da una stanza all’altra, di mettere il becco ovunque. Basta poco per imparare a memoria la disposizione interna della casa, le si ritrova appollaiate sulla vasca da bagno, accorrono pre-murose allo squillo del telefono, ma di uscire all’aper-to, ora che l’emergenza è cessata, neppure a parlarne. E così, un triste giorno, un uomo entra in casa e le porta via, verso un altro destino.Perché la gallina è così bistrattata che l’espressione “cervello di gallina” è diventa-ta nel linguaggio comune sinonimo di ignoranza, stol-tezza, in una parola, e a voler essere gentili, scarsa inclina-zione per la vita mentale? Giorgio Vallortigara, psicolo-go comparato e neuroscienzia-to presso il Centro Brain dell’Università di Trieste, auto-re di “Cervello di gallina” (Bollati Boringhieri), un deli-zioso manualetto di introdu-zione alla scienza cognitiva, si chiede con una punta di ironia se la cattiva fama di cui godono le galline sia frutto di maldicenza, di cattiva informazione o di inappropria-ta frequentazione con questi animali (dal macellaio o al supermercato, per intenderci). Forse, se si intrattenessero con le galline relazioni più armoniose e soddisfacenti, come con un qualsivoglia animale domestico o d’affezione, si scoprirebbero delle cose interessanti. E non solo sul comportamento delle galline. In realtà - a parte il fatto che Vallortigara si dedica personalmente e da diversi anni allo studio del pulcino di pollo domestico - la gallina è solo un pretesto. L’obiettivo dichiarato del libro non è tanto quello di indurre il lettore a rivedere i pregiudizi sul cervello di gallina, quanto di condurlo a formulare giudizi sulla mente umana.Il vero problema che assilla una parte degli scienziati che attualmente si trovano alle prese con l’analisi dei rapporti

tra mente e cervello ruota attorno alla domanda: possiamo arrivare a comprendere i principi generali del funzionamento delle menti (di tutte le menti, compresa quella umana) - ammesso che esistano - attraverso lo studio di organismi anche molto diversi dall’uomo? Sanguisughe, lumache, moscerini, piccioni, cornacchie, per nonparlare di ratti, cani, gatti, scimmie e altro ancora, hanno qualcosa da raccontarci su come funziona la mente umana?Il famoso biologo inglese Steven Rose segue l’ipotesi secondo cui per ogni problema biologico Dio avrebbe

creato un organismo ideale (un modello) su cui studiarlo. Ma Vallortigara fa notare che “nelle neuroscienze e nelle scienze cognitive evidente-mente ci sono troppi proble-mi, perché gli animali favoriti da Dio proliferano”. Senza contare gli organismi genetica-mente modificati e i sistemi di intelligenza artificiale. Metten-do dunque prosaicamente da parte l’idea dell’animale prefe-rito da Dio, ogni ricercatore si arrangia come può, secondo le proprie inclinazioni e le risorse di cui dispone il laboratorio.Chi voglia seguire il percorso tracciato dall’autore tra etolo-gia e neuroscienze, si renderà subito conto del modo origi-nale con cui vengono affron-tati gli argomenti tradizionali di un manuale di psicologia cognitiva, quali la percezione, la rappresentazione, la memo-ria, il ragionamento, il lin-guaggio, la coscienza. Ad esem-pio, per studiare il ricono-scimento di oggetti parzial-

mente occlusi nei neonati e negli animali bisogna esco-gitare dei modi indiretti e ingegnosi perchè non è possibile chiedere koro cosa vedono. E dagli esperimenti condotti proprio nel laboratorio di Vallortigara sembra che i pulcini di alcuni giorni di vita siano più abili di un neonato umano nel riconoscere un oggetto familiare anche se nascosto parzialmente.Viaggiando da esploratori attraverso le “altre menti”e tenendo conto che le differenze sono importanti quasi quanto le somiglianze, forse scopriremo che l’espressione “ha un cervello di gallina!” può suonare perfino come un complimento…

Rosalba Miceli

Un viaggio nella mente degli animali

Le razze domestiche di gallina discendono da una specie selvatica che ancora oggi vive in alcune aree forestali dell'Asia.La gallina venne addomesticata gia' nell'antichita'; si sa per certo che era allevata sia in Cina, che in India e persino in Egitto. Dal lontano Oriente e' giunta fino a noi, prima attraverso i Greci, poi gli Etruschi ed infine i Romani.Le galline, inizialmente, venivano allevate esclusivamente per la produzione di uova e di carne. Piu' tardi alcune razze vennero, pero', selezionate e diffuse anche per le qualita' ornamentali del loro piumaggio.La piu' importante razza di gallina ovaiola è la Livornese. Di questa esistono diverse varieta': la bianca, la dorata, la fulva e l'argentata.Queste galline depongono in media 250 uova all'anno. Altre razze sono la New Hampshire e la Rhode Island.

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Nella capitale Svizzera, ha avuto luogo il 31 ottobre 2008, l’incontro fra il senatore Alfredo Mantica, sottosegretario agli Esteri con delega per gli italiani nel mondo ed i connazionali ivi residenti.

Il sottosegretario ha incontrato in mattinata i rappresentanti della collettività italiana quali i parlamentari residenti in Svizzera (Gianni Farina, Claudio Micheloni e Franco Narducci), i Consoli, i membri del C.G.I.E., i Comites, i rappresentanti degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana e, in vista della “Conferenza dei giovani italiani nel mondo”, che avrà luogo a Roma l’11 e il 12 dicembre, una rappresentanza dei giovani italiani in Svizzera.Gli argomenti trattati hanno toccato alcuni punti essenziali e cioè: le indicazioni del governo in merito alla situazione del sistema di rappresentanza degli italiani nel mondo ed i tagli previsti nella Finanziaria 2009.

“In seguito alla mutata situazione, dopo l’elezione dei parlamentari all’estero, Comites e C.G.I.E. vanno rivisti nell’ottica di un passaggio da una struttura di tipo sindacale e quindi di rappresentanza di interessi settoriali particolari dei vari mondi italiani“ - ha spiegato il senatore Mantica - ad una struttura in cui deve prevalere una politica che si avvicini il più possibile a quella dei Consigli comunali italiani e delle Regioni. Credo non sia corretto avere un sistema centrale che decide tagli e aumenti - ha aggiunto il sottosegretario - senza una partecipazione a livello locale o regionale che abbia non solo un potere di audizione ma anche poteri reali sì da acquisire maggiore forza politica rispetto a quella di oggi”.

“I parlamentari eletti all’estero - ha detto il sottosegretario - non possono trasformarsi istituzionalmente in una rappresentanza di minoranza ma devono rappresentare, in seno al Parlamento italiano, quegli italiani che vivono all’estero“.

Per quanto concerne i tagli previsti nella Finanziaria 2009, il senatore Mantica ha ribadito che non si tratta di una scelta politica bensì di una necessità legata alla situazione contabile della casse dello Stato.

Non essendoci nessuna possibilità di modificare lo stato delle cose, il sottosegretario ha preso l’impegno di

chiedere al Ministero delle Finanze di trattare la questione con una certa flessibilità per poter adattare la spesa destinata agli italiani all’estero nel 2009 dedicando particolare attenzione agli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana, maggiormente toccati dai tagli, tenendo in considerazione le diverse realtà locali e dopo aver sentito il giudizio qualitativo richiesto ai Consoli.

“Occorre fare un ripensamento - ha aggiunto Mantica - in funzione dell’evoluzione naturale che è avvenuta nel mondo. Tenendo conto della nuova realtà si possono spendere meglio e con più efficacia i pochi fondi a disposizione“.

Contro i tagli previsti nella finanziaria, il sottosegretario Mantica appoggerà l’emendamento dei parlamentari eletti all’estero, ed approvato dalla Commissione bilancio, finalizzato a creare un fondo di 40 milioni di Euro che verrebbe messo a disposizione, con flessibilità, per potenziare alcuni dei capitoli di spesa, in particolare per i corsi di lingua e cultura italiana, l’assistenza e gli organismi di rappresentanza.

Nel pomeriggio il senatore si è recato alla Casa d’Italia dove è stato accolto da qualche centinaio di persone che, con urli, fischi e slogan, ha manifestato contro i tagli previsti nella spesa destinata agli italiani all’estero.Mantica ha poi ricevuto una delegazione di manifestanti provenienti da ogni parte della Svizzera, tra cui numerosi rappresentanti degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana, i quali hanno espresso la loro seria preoccupazione per le conseguenze devastanti dei tagli. Infatti sono già diversi gli enti che si sono visti costretti a licenziare i docenti per la fine dell’anno corrente e che quindi non sono in condizione di finire l‘anno scolastico.

La manifestazione è stata un chiaro segno di contestazione che, pur essendo uno dei diritti principe della costituzione e della democrazia, non ha sicuramente potuto cambiare una situazione di fatto, purtroppo già formalizzatasi.Ora non resta che sperare nel buon senso di chi dovrà valutare ed approvare l’emendamento presentato dai parlamentari eletti all’estero.

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La sala conferenza del sindacato Unia a Zurigo ha ospitato, sabato,18 ottobre 2008, il convegno orga-nizzato dalla Ital-Uil per ricordare il 60emo anniversario del primo accor-do di emigrazione tra la Svizzera e l’Italia ed il 45emo anno di attività del patronato.

Il convegno è stato aperto dal nuovo presidente della Ital-Uil, Mariano Franzin ed è stato presieduto dal vice presidente, Dario Marioli.L’approfondita relazione del dottor Giovanni Longu, esperto di flussi migratori, avente come tema l’accordo di emigrazione italo-svizzera stipulato nel 1948, ha dato l’avvio al dibattito.

Dino Nardi, coordinatore della Uim in Europa, ha ripercorso con la sua relazione l’attività svolta dalla Ital-Uil ricordando quelle che sono state le date che hanno suggellato importanti accordi bilaterali a favore dell’emigrazione italiana in Svizzera.

“In tutti questi anni”, ha ricordato Nardi “la Ital-Uil si è impegnata a far crescere lo “status” degli italiani in Svizzera da emigranti a cittadini”.

Sono interventi in seguito il presidente nazionale del patronato Ital, Giampiero Bonifazi, Renzo Ambrosetti, presidente del sindacato Unia con il quale la Ital-Uil Svizzera ha un accordo di collaborazione.

Hanno portato il loro saluto gli ono-revoli Gianni Farina, Laura Garavini ed il senatore Claudio Micheloni.

Presente anche l’Ambasciata d’Italia in Svizzera nella persona del Ministro Mario Fridegotto, Hanno pure partecipato all’evento il vice presidente nazionale della Ital, Mario Castellengo, la responsabile dell’area tecnica del patronato, dottoressa Anna Giannecchi ed il vice console del Consolato Generale di Zurigo, Maurizio Busanelli.La manifestazione ha visto la parte-

cipazione di numerosi rappresen-tanti della collettività italiana in Svizzera e di altri rappresentanti di altri patronati presenti in loco.

Ha chiuso il congresso l’atteso intervento di Luigi Angeletti segre-tario generale della UIL.“Non mi sarei mai aspettato di tro-vare un’organizzazione così concre-ta ed in grado di essere la faccia migliore del sindacato all’estero. L'e-migrazione è stata per l'Italia un arricchimento”.

La storia dell’emigrazione è un po’ la storia della Ital-Uil che, nel mondo, si è adoperata per ascoltare e tutelare i diritti dei connazionali e che ha voluto riconfermare, con questa manifestazione, di voler con--tinuare ad essere una solida base di sostegno concreto ed attivo per gli italiani residenti all’estero.

La Redazione

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Dr. OetkerUn nuovo ricettario

62sfiziose ricette

originali di ogni paese

e di ogni regione

ChiaraMorassut

Mi è capitato ultimamente di vedere, a distanza appena di qualche giorno l’uno dall’altro, due film abbastanza diversi, ma in un certo senso affini. Ho rivisto Rambo, per la precisione Rambo 1, 2 e 3, in questa Germania dove sono stati così carini e precisi da avere cura di programmarli di seguito una volta alla settimana lo stesso giorno e alla stessa ora. Qui Rambo lo pronunciano “Rembo”, all’americana o forse alla barese, e c’era il coinquilino che recitava le battute a memoria, in tedesco ovviamente. Ma non era questo che volevo dire. Volevo dire che, fra un Rambo e l’altro, ho visto l’ultimo Barman e mi sono ritrovata a fare paragoni.

Erano gli anni ‘80. Rambo è un reduce del Vietnam che ama molto le canottiere. Nel suo essere naif è comunque l’eroe positivo che vorrebbe seguire le regole, il reduce di guerra incompreso che la società meschina non accoglie, ma anzi ostacola. Qui i cattivi almeno all’inizio sono i poliziotti che non lo vogliono nel loro paesello, e poi nei seguiti i vari combattenti più o meno selvaggi di guerre lontane in posti dimenticati.

E poi c’è Batman, almeno in questa ultima versione, “un vigilante mascherato che vive fuori dalla legge”, un eroe patinato, tipicamente noir, che a tratti sembra cattivo e il cui antagonista è un Joker in fondo simpatico, con il quale non possiamo non empatizzare, che poverino a tratti ha dei flashback della sua infanzia difficile. Qui

l’apparenza ha un’importanza fond-amentale e Batman conta fan e imitatori: “Sei il vero Batman? E allora perché ti vesti come lui?”.

E no, non sto per mettermi a criticare l’attenzione esagerata che si dà ai giorni nostri all’apparenza, ma se Rambo si mettesse una camicia e Batman si togliesse il costume?

Che, a proposito, mi torna anche in mente un bel film dei primi anni ‘90 credo, nel quale Andy Garcia era un eroe per caso che si prendeva i meriti di una buona azione che non aveva fatto e diventava così famoso. E anche lì era tutta immagine, il vero eroe rimaneva nell’ombra inconsape-vole, mentre l’eroe finto, ma molto fotogenico, improvvisava pillole di saggezza in tv.

Ha detto qualcuno: “Ormai siamo tutti eroi, ma ci dissolviamo subito … dietro quelle ceneri o sotto una grande onda …”. E probabilmente è vero, da sempre l’eroe mitico è nient’altro che una metafora, un protagonista che compie, nel racconto, un percorso che lo porta alla fine della storia ad una nuova consapevolezza. Un po’ quello che ognuno di noi fa, se non giornal-mente, almeno una volta alla settimana.

“O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare cattivo”. Questo era Batman.

C’è chi dice che l’eroe sia scomparso, per lo meno nella sua forma tradizionale, cioè come modello costituzionale di una forza esemplare, dall’eroe greco figlio di una divinità e di un uomo, all’eroe cristiano medievale che nei romanzi cavallereschi sacrificava la propria vita in difesa dei suoi ideali, da Ulisse all’eroe manzo-niano che, confidando nella Prov-videnza, coronava i propri sogni.

Gli eroi dei nostri tempi? Difficile definirli. Qui ci accontentiamo delle piccole vittorie e siamo convinti eroi di esserlo un po’ tutti. Soprattutto in tempi come i nostri.

Chiaramente... no

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La fine dell'estate, quell'anno, si annunciò la più lunga della mia vita ... il villaggio dove avevo vissuto negli ultimi sei mesi si stava richiudendo su se stesso, le persone con le quali avevo condiviso quell'esperienza, riprendevano il loro sacco e partivano per mete a me ignote.

Seguivo con attenzione tutto questo movimento, paralizzandomi nel mezzo delle loro vite, diventate, oramai per me, la sola fonte d'interesse... questa terra lontana stava sfuggendo da sotto i miei piedi ... per la prima volta soccombetti inerme al potere del tempo.

Era il 22 settembre ... il sole batteva imperterrito sulla terra arida ... ero abbronzato e parlavo francese.

Verso le 23 di quella sera, alla stazione di Otranto, il treno mi aspettava per ricondurmi ai miei luoghi natali, pieni d'affetto e strabordanti di provincialismo ... la porta si chiuse dietro di me ... in quel preiso istante comprensi la sensazione del prigioniero ... percepii il rumore di una cella che si chiude inesorabile.

Cominciarono dodici ore di un viaggio fisico, morale e mentale ... con la mia testa visualizzai tutte le persone del villaggio ... Melie, la mia amica del bar, che tra un bicchiere di

vino e l'altro mi insegnava il francese ... Ilaria, la fuggitiva di Prada, che s'innervosiva per tutto con tutti ... Charles, il cliente, che si prostrò ai miei piedi chiedendomi di andare a vivere a Parigi da lui ... Ombretta, "l'affitta-camere", che correva tutto il giorno su e giù per il villaggio con la bandana bianca in testa ... e tanti altri ... che pensavo non poter mai dimenticare.

All'altezza di Bologna la rassegna dei ricordi estivi si esaurì, la precarietà dell'avvenire fece il suo ingresso: "cosa avrei fatto adesso? Per quanto tempo sarei stato obbligato a rimanere a casa? Poteva la mia vita dipendere ancora dagli altri?".

Per una settimana le mattine si susseguirono tutte uguali: una colazione di fianco al telefono in attesa di quella chiamata che pensavo non arrivasse mai ... fino a quando, vittima di una serata tumultuosa, mia madre irruppe in camera mia ... svegliandomi mi disse che al telefono c'era il Club Med.

"Pronto" sussurrai con una voce colorata dall'alcool della sera precedente ... un fiume di parole invase il mio orecchio ed il mio cervello ... pronunciai una serie di consensi incoscienti ... la mia occasione si materializzò.

"Quindi Manuel per ricapitolare il

tutto parti il due ottobre per Opio ... firmerai un contratto di un anno ... ok?" disse la voce.

Riattacai il telefono, non feci colazione quella mattina, guardai su Internet dove era Opio ... e in quale villaggio avrei dovuto vivere per un anno.

"Paese dell'entroterra francese a cinque minuti da Cannes, cono-sciuto per i suoi interminabili campi da golf che fanno di Opio una delle mete più ambite dagli amanti di questo sport".

Cinque minuti da Cannes ... La città del Festival del Cinema ... Per un anno ... ero eletrizzato all'idea di questa full-immersion nella quotidianeità dei francesi, pensai alle palme che correvano lungo la Croisette, al profumo di lavanda, a come un paese così piccolo fosse la capitale del mondo ... partii con la certezza che quei luoghi mi avrebbero fatto innamorare ... ma mi sbagliavo ... quei luoghi incorniciavano il mio amore, la mia tortura, la mia delusione, i miei sorrisi e le mie lacrime.

Quei luoghi imparai ad amarli dieci anni dopo ... ma fu troppo tardi ... e comunque non è ancora il momento di raccontarvi questa storia ... non siete ancora pronti ... come non lo ero io.

Terzo episodio

NARRATIVA di Manuel Figliolini

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INGREDIENTI:(dosi per 6 persone)

700 gr. lasagne fresche, 250 gr. di pesto, sale, 1 l. salsa béchamel,noce di burro, formaggio Grana Padano grattugiato, pepe q.b.

Riempite una teglia a 3/4 di acqua leggermente salata, mettetela sul fuoco e quando l' acqua incomincia a bollire,

fate bollire le lasagne per circa 1 minuto per parte.Scolatele, e fatele asciugare su uno strofinaccio da cucina senza pero'

sovrapporle altrimenti si incollano.Preparate ora la salsa" be'chamel", fatela intiepidire

prima di mescolarla al "pesto" ed accendete il forno a 190 gradi.Imburrate una pirofila di circa 25x35 cm. e ricoprite la base con

della be'chamel al pesto e adagiatevi sopra uno strato di lasagne,poi spalmateci ancora un po' di salsa be'chamel e spolverizazte

con abbondante Grana Padano grattugiato.Formate altri strati seguendo quest'ordine e finendo con un

ultimo strato di lasagne ricoperte con la salsa be'chamel,dei fiocchetti di burro qua' e la' e abbondante Grana Padano

grattugiato.Infornate per circa mezzora e, prima di servire,

fate riposare le vostre lasagne per almeno dieci minuti.

È 'in libreria da oggi la sedicesima edizione di “Alberghi e Ristoranti d’Italia”, la bibbia del Touring dedicata alla ristorazione e all’accoglienza curata da Luigi Cremona.“Anche quest’anno una Guida all’insegna dell’attenzione al rapporto qualità-prez-zo, che il Tci sente profondamente pro-prio per il ruolo di certificatore che da sempre riveste nei confronti dei suoi Soci, dei viaggiatori, dei consumatori” afferma il direttore editoriale Touring Michele D’Innella. “Un ruolo che con la crisi economica corrente acquisisce una importanza ancora maggiore”.

L’attenzione al budget, cruciale in tempi di crisi economica, si traduce nell’elevato numero di locali a prezzo contenuto (segnalati dal simbolo dell’euro, sono ben 1119 tra alberghi e ristoranti sui 6853 complessivi) e nella presenza delle sezioni Stanze Italiane e Buona Cucina: 491 alberghi e 534 ristoranti che propongono qualità a prezzi ragionevoli

indicati dalla Corona d'oro.

I migliori tra questi si aggiudicano il Premio Ruota d’Oro, simbolo ispirato allo storico marchio Tou-ring, a testimoniare la consolidata tradizione ed esperienza in tema di viaggio e scopert.

Questi i vincitori per Stanze Italiane: Borgo Casale, Albareto (PR); La Fermata, Alessandria; Al Teatro, Livorno; Grand Hotel Garden, Barile (PZ) e questi per Buona Cucina: Ai Due Platani, Parma; Il Borgo di Valcasotto, Pamparato (CN); Osteria del Giuda Ballerino, Roma; La Cuccagna-Giro di Vite, Crispiano (TA).

Ruota d’Oro anche a 4 chef che per Luigi Cremona rappresentano le promesse della cucina italiana: Damiano Nigro, Nicola Dinato, Carmine Calò, Pasquale Scarallo.

Accanto agli emergenti la Guida non trascura le eccellenze e segnala i migliori ristoranti d’Italia asse-gnando ai primi 4 - Enoteca Pin-chiorri, Gambero Rosso, Vissani e Le Calandre - tre Medaglie Touring: e ai successivi 36 due Medaglie Tou-ring.

In quest’edizione le scelte della giuria - composta da Michele

D’Innella (direttore editoriale Tou-ring), Mario Busso (curatore della guida ViniBuoni d’Italia), Luigi Cremona (gastronomo del Tou-ring), Teresa Cremona (esperta Touring di accoglienza), Fiammetta Fadda (giornalista, enogastronoma, titolare della rubrica “Il ristorante” su Panorama), Marilena Malinverni (caporedattore centrale viaggi food società di D La Repubblica delle Donne) Ovidio Mugnai (presidente della Fondazione Italiana Buon Ricordo), Paolo Petroni (consigliere nazionale dell’Accademia Italiana della Cucina) e presieduta dal Presidente del Tci, Roberto Ruozi - vengono sostenute da partner che condividono i contenuti e gli intenti del premio.

La Guida presenta inoltre ben 700 fra alberghi e ristoranti che non comparivano nell’edizione 2008, a indicare un lavoro capillare, attento ai cambiamenti e a quello che si muove sul territorio, svolto come sempre in modo indipendente e senza cedimenti a pressioni di alcun tipo.

Una novità di quest’anno: la selezione di oltre 500 esercizi (ristoranti, trattorie, enoteche) che vantano una carta dei vini almeno con 500 etichette.di Silvia Ferrari

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Il pungitopo viene coltivato come pianta ornamentale, soprattutto come decorazione durante le feste natalizie. Tra i componenti principali del rusco vanno citati i flavonoidi con il rutoside. È proprio quest'ultimo ad essere indicato e definito come vitamina P (cioè con caratteristiche simili), e quindi indicato per aumentare la resistenza delle pareti dei capillari. Quindi, il suo utilizzo principale è nella terapia delle varici venose, delle emorrioidi, delle flebiti. La pianta viene indicata anche come antinfiammatorio, diuretica e antireumatica. Abitualmente il rusco viene prescritto per via orale, tramite il decotto. Nella medicina popolare, per le doti diuretiche che possiede, è usato nella “composizione delle cinque radici”, insieme al prezzemolo, al sedano, al finocchio e all’asparago.Le proprietà del pungitopo sono racchiuse nel rizoma che risulta essere proteico e diuretico. In erboristeria viene usato come coadiuvante per preparati erboristici per emorroidi, varici e stasi venosa, insufficienza veno-linfatica con senso di pesantezza e crampi alle gambe, geloni e gotta. I germogli di pungitopo, dal gusto amarognolo, ad Aliminusa chiamati sparaci scuparini, raccolti da marzo a maggio, vengono utilizzati in cucina a mo' di asparagi, lessati per insalate, minestre e frittate.

Il Ruscus aculeatus, cioè il comune rusco, è conosciuto come pungitopo per i caratteristici cladodi, rigidi e pungenti, che apparentemente sembrano delle vere foglie, mentre sono rametti profondamente trasformati. È un pianta cespugliosa sempreverde alta dai 30 ai 60 centimetri. Sia i fusti che i cladodi sono verdi e assolvono così la funzione clorofilliana, in sostituzione delle vere foglie, che sono ridotte a brattee di breve durata. Il ungitopo è diffuso in natura prevalentemente nelle regioni costiere del Mediterraneo, ma è presente anche al settentrione, nella fascia pedemontana, lungo le siepi, nelle macchie e nei boschetti, dove risalta soprattutto

d'inverno, in contrasto con le piante spoglianti, per il colore verde scuro della vegetazione e per la presenza delle grosse bacche rosse. Nonostante sia una pianta quasi infestante e fastidiosa per i cladodi pungenti, il Ruscus aculeatus, viene talvolta introdotto anche in giardino, come arbusto da sottobosco. Si moltiplica a settembre o in marzo per divisione dei cespi o trapiantando i giovani germogli che si staccano dalle piante madri. La riproduzione per seme si effettua a settembre ma da risultati in tempi molto più lunghi. Si piantano in gruppi di tre - cinque, utilizzando piante di entrambi i sessi.

Dosi per 4 persone:germoglio di pungitopouovalatte q.b.farinaolioagliopepeun pizzico di sale fino

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Tagliare i germogli di pungitopo in segmenti di pochi centimetri. Cuocerli in padella con poco olio, un po' d'acqua e una punta d'aglio. Versare il tutto sulle uova sbattute con il latte, la farina, sale e pepe. I germogli possono essere lessati legandoli in piccoli mazzi e facendoli cuocere con le cime rivolte verso l'alto; quindi possono essere consumati in insalate o minestre.

Attenzione! Non usare in cucina piante di pungitopo irrorate da erbicidi o fertilizzanti. Raccogliere solo germogli di piante lontane dalle strade. Lavarle molto bene prima dell'uso. Raccogliere solo i germogli più teneri. I germogli devono essere raccolti in primavera, tra marzo e maggio; hanno un gusto un po' amarognolo ma gradevole. Devono essere consumati solo freschi.

Frittata di pungitopo

BENESSERE & SALUTE di Simona Guidicelli

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QUANDO SI RACCOGLIE

I semi, opportunamente tostati, venivano un tempo impiegati come sostituti del caffè. Il nome fa riferimento al fatto che anticamente veniva messo attorno alle provviste, per salvaguardarle dai topi. Con l’espressione “pungitopo maggiore” si intende comunemente l’agrifoglio.

Come si prepara per la conservazioneIl rizoma, le radici e le foglie si fanno essiccare all'aria e all'ombra; si conservano in sacchetti di tela o di carta contro l'umidità.

Nei casi di litiasi renale:versare 4 cucchiai di radici in un litro di acqua fredda e far bollire lentamente per 15 minuti; filtrare e bere

Impacchi contro la gotta:versare 100 gr di foglie in 2 litri di acqua calda e far bollire per 5 minuti. Filtrare e fare impacchi sulla parte dolente.

Contro le emorroidi:versare in un litro di acqua fredda 5 cucchiai di rizomi e fare bollire

l entamente per 15 minuti. Filtrare e berne 2 tazzine da caffè al giorno. Fare impacchi con il restante liquido

sulla parte interessata.

Contro le varici:versare 2 cucchiai di radici in mezzo litro di acqua fredda. Far bollire per 15 minuti. Filtrare e berne con miele una tazza al mattino a digiuno ed una tazza alla sera prima di coricarsi.

Per i disturbi della menoausa:in un quarto di acqua fredda versare un cucchiaio di rizomi e far bollire per 10 minuti. Filtrare quando il liquido si sarà intiepidito. Addolcire con miele e berne 3 tazze al giorno per diverso tempo.

. . . . . . . . . . . . . . . .

I rizomi si scavano all'inizio dell'autunno; dopo averli liberati dalla terra, si privano delle radici e, successivamente, si tagliano a pezzi

COME SI UTILIZZA

Il pungitopo è noto e apprezzato come pianta diuretica, ma ha anche proprietà astringenti, antiemorroidali, antinfiammatorie e sudorifere. Ha largo impiego nella medicina popolare; tra l'altro, in passato si usava il rizoma, assieme alle radici di asparago, finocchio, prezzemolo e sedano, per ottenere uno sciroppo curativo.

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Pungitopo e agrifoglioMolte persone confondono il Pungitopo con l'Agrifoglio, forse a causa delle particolarità che hanno in comune. Entrambi pungono, entrambi hanno le bacche rosse, entrambe simboleggiano il Natale. In antichità queste piante venivano usate come amuleti per tenere lontani gli spiriti maligni. Sono dei portafortuna, la tradizione cristiana identifica nelle sue foglie coriacee e spinose un simbolo di forza e di difesa dai mali, sono sempreverdi, simbolo di allegria e di buon auspicio di fecondità e di abbondanza per il nuovo anno che sta iniziando.In realtà sono piante molto diverse fra loro. Ma la tradizione è la medesima. I Germani appendevano nelle case rametti adorni di bacche rosse per onorare gli spiriti dei boschi; i Romani, durante i celebri Saturnalia a Dicembre, si scambiavano con gli auguri anche questi rametti.

Una cura contro la flebite:versare in un litro di acqua fredda 5 cucchiai di radici e far bollire per 10 minuti. Filtrare e berne, addolcendo con miele 2,3 tazze durante il giorno

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Quando l’incisione sulla pelle è segno magico, sapere e iniziazione.Ancora oggi in alcune isole della Polinesia e in Nuova Zelanda il tatuaggio conserva i significati simbolici d’un tempo.

In Polinesia il tatuaggio era linguaggio primordiale, magico.Rappresentava un segno di distinzione sociale e spirituale decretata dalle divinità. Praticato originariamente nelle Isole della Società, dove raggiunse il suo più alto grado di perfezione, si diffuse in tutti gli arcipelaghi della Polinesia fino alla Nuova Zelanda. Secondo una leggenda tahitiana, la pratica del tatuaggio sarebbe opera di Mata Mata Arahu e di Tu Ra’i Po’, figli del dio Ta’aroa, i quali ricorsero al disegno chiamato Tao Maro per sedurre Hina Ere Ere Manua, figlia del primo uomo e della prima donna.

Secondo la tradizione il tatuaggio, che in Polinesia aveva carattere iniziatico e poteva incominciare intorno ai 12 anni, era prerogativa delle classi sociali più elevate: quella dei sacerdoti; dei capi (uomini e donne); dei capi guerrieri, danzatori e rematori; delle persone senza ascendenza ereditaria notevole.La sua funzione non era soltanto decorativa, ma soprattutto finalizzata all’attrazione sessuale (chi era più tatuato era preferito dalle donne), all’esaltazione della vita, all’aspirazione di diventare dèi.

Le tecniche dell’operazione erano affidate a un sacerdote tatuatore che era considerato il depositario di una tradizione da tramandare ai posteri.Rispetto ad altre popolazioni dell’Oceania che

ricorrevano all’incisione del viso e del corpo con conchiglie o pietre affilate senza far uso di colore, i polinesiani usavano un tatuaggio molto più artistico, incidendo vari disegni sulla cute del viso e del corpo con finissime punto d’osso, sulle cui ferite versavano polvere di carbone di legna sciolta nell’acqua o del pigmento di natura vegetale.In questo modo la traccia dei “ricami” rimaneva colorata a seconda delle sostanze usate, e il disegno inciso diventava indelebile.Una lunga tortura a cui i guerrieri si sottoponevano stoicamente senza lasciar sfuggire neppure un lamento.

La parola polinesiana tatù, che significa foracchiare, dalla quale proviene il nostro vocabolo di tatuaggio, è sconosciuta nella lingua Maori.Questi ultimi davano invece il nome di Moko al tatuaggio che si facevano sul viso, e quello di Whakairo ai segni che si incidevano sul corpo. Gli uomini erano i più tatuati mentre le donne lo erano solo sul mento, attorno alle labbra e talvolta sulle gambe.Tra i Maori la parola “papatea”, ovvero “viso liscio”, era espressione ingiuriosa e di scherno.

Nei tatuaggi del passato c’erano i famosi motivi spiraliformi caratteristici della Polinesia. Una varietà stupefacente di disegni a intrecci e multicolori, realizzati con gusto quanto mai fine e aristocratico. Ancora oggi, cerchi, stelle, losanghe sono i motivi più usati in Polinesia insieme a decorazioni più recenti, mentre in Nuova Zelanda il tatuaggio rappresenta per molti Maori l’affermazione della propria identità culturale e il motivo di più profonde riflessioni tribali e spirituali.

CULTURA di Maurizio Torretti

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Eingebettet in die Hügel von Lugano, erstreckt sich der Hotelkomplex über insgesamt 16'000 m2. Dessen Zentrum bildet eine elegant renovierte Herrschaftsvilla aus dem ausgehenden 19. Jahrhundert. Alle 120 Einheiten von Hotel und Residence bieten eine Panoramasicht auf die Stadt Lugano, den gleichnamigen See und die umliegenden Berge. Eleganz, Diskretion und Freundlichkeit kennzeichnen die Villa Sassa, deren Dienstleistungen bis ins letzte Detail gepflegt sind, um aus jedem Aufenthalt ein besonderes und unvergessliches Erlebnis zu machen.

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Zauber und Ruhe

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Page 45: Visto da Laltraitalia

Bilancia Scorpione SagittarioVi innamorerete. Questo è ciò che promette un novembre davvero gratificante. Le Stelle donano grandi passioni per chi è solo. I rapporti di lunga data sono messi alla prova in questo Cielo così dinamico e attivante. I pianeti in Capricorno vi spronano a chiarimenti e cambiamenti anche radicali. Salute: la vostra salute è abbastanza equilibrata.

Marte passionale porta vivacità nei rapporti di sempre e nel relazionarvi con le persone. Novembre sarà ideale per chi ancora non ha trovato la persona da amare e si ritroverà tutto ad un tratto a progettare cose importanti per il futuro, previo dubbi e sospetti, che sempre vi portate appresso... Ecco, ora è importante lasciarsi andare di più. Salute: la vostra energia è molta.

L'amore pare essere abbastanza gratificante. E’ proprio sereno come piace a voi almeno fino al giorno 12. Probabilmente ci possono essere scontri col partner per motivi esclusivamente pratici. Chi è solo sarà sicuramente ben disposto a conoscere persone e ambienti nuovi. Lì troverà amore e soddisfazioni personali a fine mese. Salute: in Novembre sarete decisamente in piena forma.

Capricorno Acquario PesciLe Stelle favoriranno nuovissimi incontri, che sapranno essere straordinariamente passionali. Le prime tre settimane del mese sono intense. Plutone, in Capricorno a fine mese, potrebbe farvi cambiare qualche situazione. E probabilmente in meglio, se non accetterete le provocazioni dall'ambito familiare in particolare. Salute: non c'è niente da segnalare di così rilevante.

I primissimi giorni del mese sono un momento importante per l'amore di Novembre, perché per tutto il resto del mese sarete impegnati nel vostro campo pratico. Le polemiche e le tensioni, passate con ex coniugi o ex partner, si placano solo a fine mese. Però Marte può rendervi in positivo più passionali. Salute: la salute è in netto miglio-ramento.

Novembre porta emozioni ambigue e non addolcisce l'eventuale rapporto di coppia in piedi, che sarà decisamente litigioso. Venere si congiunge a Giove, rendendovi maggiormente costruttivi anche nel dialogo nella coppia. Comunque sia, potrebbero vedersi delle separazioni liberatorie. Salute: la salute fisica non dà grosse problematiche.

Gli influssi astrali caratterizzano aspetti molto positivi nei primissimi dieci giorni di Novembre, proprio nel vostro settore dei sentimenti. L'amore non sarà proprio un pensiero frequente nella vostra vita, ma ciò è dovuto ai numerosi impegni nel vostro settore lavorativo. Comunque sia resta un buon momento per pensare di avere un figlio.Trovate il tempo! Salute: migliora e vi fa sentire in piena forma.

Marte provocatore vi incita ad essere più passionali nei rapporti a due. Inoltre, sarebbe bene che andaste ad incontri sociali insieme ad amici per abbracciare le buone occasioni di conoscenza e di amore. E’ consigliabile quindi adoperare le vostre armi seduttive. Soluzioni costruttive per le giovani coppie. Salute: la salute migliora solo nell'ultima parte del mese.

Novembre potrebbe farvi prendere una scelta decisiva per la vostra vita sentimentale, oppure maggiori responsa-bilità, che portano ad una crisi nei primissimi giorni. Poi, verso il giorno 20 aumenta il vostro pathos e gli incontri saranno bollenti, festeggiando un periodo davvero speciale... se vi lascere-te andare! Salute: il periodo di Novembre potreste dedicarlo al vostro benessere psicofisico.

VergineLeoneCancro

Siete sostenuti da Venere fino al giorno 12, quindi da Marte dal giorno 16, che vi aiuterà anche nei rapporti di lunga data. Dovrete però stare attenti proprio intorno a quei giorni alle provocazioni, che possono portare litigi e incomprensioni nella coppia. Siate meno impulsivi. Il fine mese sarà davvero magico. Salute: con ogni probabilità risentirete di una certa stanchezza psicofisica. Rilassatevi.

Nella prima parte del mese ci sarà ancora un breve periodo di confusione nei rapporti di lunga data, proba-bilmente perché sarete coinvolti dal lavoro. Poi Venere assume un aspetto favorevole, apportando maggiore equili-brio nel vivere l'amore. Gli alti e bassi sono dunque possibili. A fine mese potreste capire l'importanza dei senti-menti. Salute: ancora un po' di tensione nella primissima parte di Novembre.

L'amore è in fase di verifica, ma è presente nella vostra vita. Una Venere altalenante forse provocherà in voi molte paure o ostacoli pratici nell'af-frontare la vita di coppia. Dunque, i rapporti affettivi potranno subire qualche possibile scontro di intenti. Comunque non c’è niente di eccessi-vamente traumatico. Salute: un momen-to di debolezza si registra a fine mese.

GemelliToroAriete

a cura di Simona Guidicelli

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Page 46: Visto da Laltraitalia

ll segno del Sagittario è allegramente influenzato dal suo pianeta dominante, Giove. È, difatti, brioso come nessun altro segno. È spesso euforico ed è sempre cordiale. Va da se che, nei rapporti con gli altri, può essere definito gioviale! Il Sagittario ama avventurarsi in zone inesplorate, sia letteralmente che metaforicamente. Difatti, adora viaggiare ma, al contempo, è attirato da esperienze intellettive poco comuni. Ama lo studio di qualsiasi tipo di materia, ma non si sottrae all'attività fisica. Può essere considerato, infatti, uno sportivo. Il movimento lo vede assolutamente a proprio agio. Per questa ragione, di solito, il suo aspetto appare molto salutare: è generalmente longilineo e appare sempre gradevolmente in forma.

Talvolta, il suo amore per la scoperta può portarlo molto lontano da casa. Il Sagittario può risultare poco affidabile nelle amicizie perchè, pur sincero e sempre disponibile alla comunicazione, potrebbe sparire da un momento all'altro, immerso in una nuova esperienza dalla quale nulla potrebbe distoglierlo. Come tutte le persone sfuggevoli, ha un fascino al quale è difficile opporre resistenza!

Dal punto di vista del corpo umano, il segno del Sagittario è collegato al bacino e all'osso sacro. Per questo motivo, il Sagittario può soffrire di dolori al nervo sciatico o di cellulite all'altezza delle cosce. Se è meno fortunato, può soffrire di fratture al collo del femore.

Anche in amore, la tendenza alla sperimentazione del Sagittario diventa fondamentale. È difficile che si faccia

scappare un'occasione: la sua curiosità lo porta a cambiare partner un pò più spesso di altri segni. L'atto sessuale, per il Sagittario, non è rivestito di grande passionalità: viene inteso come un momento di confronto, in cui i due partner danno il meglio di se da un punto di vista fisico!

Benchè rifugga qualsiasi tipo di perversione e non gradisca i giochini tipici delle coppie fantasiose, il tradimento non è un dramma per il Sagittario: nè se lo provoca, nè se lo subisce. Con queste premesse, è difficile che il Sagittario abbia un partner per tutta la vita: il più delle volte rimane single oppure si sposa più volte.

Il Sole transita nel segno approssimativamente tra il 23 Novembre e il 21 Dicembre.

* Colore da portare: l'azzurro, colore dell'intelligenza. * Pietra portafuna: il turchese, pietra che tiene lontano i pericoli. * Metallo: lo stagno. * Fiore: il fior di loto. * Giorno favorevole: il giovedì, in onore di Giove.

L’Uomo Sagittario vuole conquistare il mondo, soprattutto quello femminile. Ama fare il galante e sedurre. Le donne vanno pazze di lui proprio per la sua indole spiritosa, divertente e spontanea. Ma le donne dovrebbero anche lasciarlo fare, perchè il Sagittario è amante della libertà. Per lui, lo scambio intellettuale con la propria compagna conta più del sesso. Anche in questo caso ama l’ideale: l’Uomo Sagittario vuole confrontarsi con la sua compagna ed è felice se il rapporto di coppia è equilibrato e i partner si concedono libertà reciproca. Se non vuole correre il rischio di perderlo, la sua compagna dovrebbe evitare di aggrapparsi a lui oppure importunarlo con scenate di gelosia.

Questa donna ottimista e sicura di se bada molto alla sua indipendenza. Pur amando una relazione fissa, vuole comunque il proprio spazio. Vuole una vita movimentata e l’uomo dei suoi sogni non dovrebbe essere noioso, ma offrirle piuttosto tante avventure, una delle quali sarebbe il ruolo di madre di cui lei va fiera. Tiene molto alla formazione dei figli e al fatto. Talvolta sono troppo ambiziose ed esigenti sia con se stesse che con i figli. Le esigenze di una Donna Sagittario sono molteplici: vuole fare un lavoro che le garantisca una carriera appassionante e gratificante, vuole avere tanti figli e, ovviamente, un partner entusiasmante che non la annoi. Spesso i suoi sogni si realizzano.

L'UOMO SAGITTARIO LA DONNA SAGITTARIO

ASTROLOGIA di Simona Guidicelli

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Page 47: Visto da Laltraitalia

“Otelllo Nero di Lambrusco” di Cantine Ceci ha ricevuto ufficialmente i 5 grappoli di “Duemilavini” edizione 2009. E’ il primo Lambrusco ad entrare nell’Olimpo dell’enologia italiana con punteggio d’eccellenza assegnato sulla guida più venduta in Italia e curata da Ais.

La cerimonia ufficiale si è tenuta lo scorso giovedì 13 novembre, presso l’Hotel Cavalieri Hilton a Roma, alla presenza di personaggi noti nel mondo dell’enologia, del giornalismo e della gastronomia italiana.

“E’ per noi grande motivo di orgoglio produrre il primo Lambrusco che prende un riconoscimento così alto in una guida – hanno affermato i proprietari di Cantine Ceci spa, presenti alla serata organizzata da Ais – E’ una gioia che vogliamo condividere con tutti i produttori, finalmente questo vino sta ottenendo i risultati che merita. I 5 grappoli di Duemilavini sono testimonianza del grande livello qualitativo che sta raggiungendo il lambrusco degli ultimi anni. Oggi possiamo dire che è uno dei migliori vini italiani”.

Dopo la medaglia d’argento all’International Wine and Spirit Competition, continuano i riconoscimenti

per il miglior Lambrusco italiano prodotto con successo dall’azienda di Torrile guidata da Alessandro, Maria Teresa, Maria Paola Ceci e Chiara Maghenzani.

“Duemilavini”, giunta alla decima edizione, è ormai diventata un punto di riferimento per produttori e ristoratori, nonchè per semplici appassionati. Per l’edizione 2009 sono state recensite 1592 aziende per un totale di oltre 16mila vini descritti. Un grande onore quindi per Otello essere annoverato fra i top.

Prodotto dai migliori grappoli di Lambrusco a bacca rossa, Otello Nero di Lambrusco, denominazione Emilia Igt, viene vendemmiato ai primi di ottobre e subisce una macerazione sulle bucce a bassa temperatura di 5-7 giorni. Straordinario colore rosso violaceo e profumo pieno ed avvolgente di fragole, more e lamponi con accentuati sentori di bosco va a nozze con tutte le

eccellenze della cucina parmigiana, dalla pasta fatta in casa, il prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano, e non solo. La gradazione alcolica è di 11.5% Vol.

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