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VIRGO GLORIOSA: PERCORSI DI CONOSCENZA, RESTAURO E TUTELA DELLE MADONNE VESTITE Atti del Convegno organizzato in occasione di Restauro 2005 - Salone dell’arte del Restauro e della Conservazione dei beni culturali e Ambientali, Ferrara 9 aprile 2005 Alcuni esempi di Madonne vestite in Puglia ( sec. XVIII –XIX). Dal manichino fisso dell’Addolorata di Ruvo al Manichino snodabile del Santuario di Santa Maria Greca a Corato Cinzia Petrarota* I “manichini vestiti” appartenengono come genere alla vasta produzione della statuaria processionale pugliese. Un esempio di “manichino vestito” per antonomasia, per noi baresi, è S. Nicola di Bari 1 datato 1794 (sulla pettorina nascosta dall’abito), realizzato dal napoletano Giovanni Corsi. Tali statue a manichino (in genere tutte a dimensione reale, pari all’altezza di m. 1.55-1.65 circa) sono utilizzate ancora oggi per la teatralizzazione e spettacolarizzazione dei riti sacri, soprattutto del Venerdì Santo. Attraverso le processioni le cosidette “madonne vestite” si mostrano nel loro splendore spirituale e nella loro sontuosità d’abiti e, con il loro incedere lento, procedono come personaggi reali tra l’orazione dei fedeli ammirati (fig.1). Tale genere di statuaria è conosciuta sia sotto il nome di “manichino vestito”, sia di “simulacro da vestire”, sia di “Madonna vestita” 2 . Userò il termine “manichino vestito” in quanto rende immediata l’idea di una statua leggera e maneggevole, perché destinata ad uso processionale 3 . Inoltre, pur se invalsa l’abitudine di chiamare “vestite” le madonne a manichino di epoca moderna (sec. XVII, XVIII e XIX) 4 , ciò crea una certa ambiguità in quanto si potrebbe interpretare per “Madonne vestite” anche quelle medievali tutte lignee (scolpite interamente nel legno) e che in epoca barocca venivano ammantate con stoffe preziose. Infatti le statue medievali, poiché superate nel gusto, vengono ammodernate,a partire dal XVII sec., con l’aggiunta di abiti sontuosi che le ricoprono interamente, lasciando scoperto il volto e le mani. Ne è un esempio la Madonna dell’Incoronata a Foggia (sec.XII) le cui vesti importanti con ricami a filo di oro e argento ”sottraggono alla vista la statua lignea celandone le forme” arcaiche 5 , o Santa Maria di Valleverde a Bovino (sec. XIII), dove addirittura viene ridipinto il volto, trasformando occhi e bocca per dare un’espressione moderna 6 . I maggiori committenti in epoca barocca di “manichini vestiti” sono le Confraternite che fanno realizzare i simulacri soprattutto per fini processionali: poichè tutte, o quasi, le statue venivano e vengono ancora portate in processione almeno una volta l’anno 7 . Molto presente è l’immagine dell’Addolorata, che sfila come protagonista assoluta nella processione del Venerdì Santo. Questo è il momento più importante per le confraternite che sottopongono alla visione, al culto e alla devozione la Madonna o i santi da venerare . Il più diffuso modello del genere è la statua della Madonna realizzata in legno o cartapesta per quanto riguarda testa, braccia e mani, mentre il corpo è un semplice “manichino vestito”. Laddove c’è bisogno di avere un corpo sagomato, si creano allora manichini più elaborati composti da due parti: il busto (completo di braccia

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VIRGO GLORIOSA: PERCORSI DI CONOSCENZA, RESTAURO E TUTELA DELLE MADONNE VESTITE Atti del Convegno organizzato in occasione di Restauro 2005 - Salone dell’arte del Restauro e della Conservazione dei beni culturali e Ambientali, Ferrara 9 aprile 2005 Alcuni esempi di Madonne vestite in Puglia ( sec. XVIII –XIX). Dal manichino fisso dell’Addolorata di Ruvo al Manichino snodabile del Santuario di Santa Maria Greca a Corato Cinzia Petrarota* I “manichini vestiti” appartenengono come genere alla vasta produzione della statuaria processionale pugliese. Un esempio di “manichino vestito” per antonomasia, per noi baresi, è S. Nicola di Bari1 datato 1794 (sulla pettorina nascosta dall’abito), realizzato dal napoletano Giovanni Corsi. Tali statue a manichino (in genere tutte a dimensione reale, pari all’altezza di m. 1.55-1.65 circa) sono utilizzate ancora oggi per la teatralizzazione e spettacolarizzazione dei riti sacri, soprattutto del Venerdì Santo. Attraverso le processioni le cosidette “madonne vestite” si mostrano nel loro splendore spirituale e nella loro sontuosità d’abiti e, con il loro incedere lento, procedono come personaggi reali tra l’orazione dei fedeli ammirati (fig.1). Tale genere di statuaria è conosciuta sia sotto il nome di “manichino vestito”, sia di “simulacro da vestire”, sia di “Madonna vestita”2. Userò il termine “manichino vestito” in quanto rende immediata l’idea di una statua leggera e maneggevole, perché destinata ad uso processionale3. Inoltre, pur se invalsa l’abitudine di chiamare “vestite” le madonne a manichino di epoca moderna (sec. XVII, XVIII e XIX)4 , ciò crea una certa ambiguità in quanto si potrebbe interpretare per “Madonne vestite” anche quelle medievali tutte lignee (scolpite interamente nel legno) e che in epoca barocca venivano ammantate con stoffe preziose. Infatti le statue medievali, poiché superate nel gusto, vengono ammodernate,a partire dal XVII sec., con l’aggiunta di abiti sontuosi che le ricoprono interamente, lasciando scoperto il volto e le mani. Ne è un esempio la Madonna dell’Incoronata a Foggia (sec.XII) le cui vesti importanti con ricami a filo di oro e argento ”sottraggono alla vista la statua lignea celandone le forme” arcaiche5, o Santa Maria di Valleverde a Bovino (sec. XIII), dove addirittura viene ridipinto il volto, trasformando occhi e bocca per dare un’espressione moderna6. I maggiori committenti in epoca barocca di “manichini vestiti” sono le Confraternite che fanno realizzare i simulacri soprattutto per fini processionali: poichè tutte, o quasi, le statue venivano e vengono ancora portate in processione almeno una volta l’anno7. Molto presente è l’immagine dell’Addolorata, che sfila come protagonista assoluta nella processione del Venerdì Santo. Questo è il momento più importante per le confraternite che sottopongono alla visione, al culto e alla devozione la Madonna o i santi da venerare . Il più diffuso modello del genere è la statua della Madonna realizzata in legno o cartapesta per quanto riguarda testa, braccia e mani, mentre il corpo è un semplice “manichino vestito”. Laddove c’è bisogno di avere un corpo sagomato, si creano allora manichini più elaborati composti da due parti: il busto (completo di braccia

mani e testa) in legno o cartapesta, collegato alla seconda parte costituita da una macchina lignea a forma di “gabbia” o “girello”. Entrambe le due parti vengono ricoperte da un unico abito prezioso, modellato sul busto, e ampio invece nella parte inferiore tanto da ricoprire la gabbia suddetta (che serve a dare volume all’abito stesso). Di solito le Madonne hanno lineamenti popolari di una bellezza tutta terrena, non idealizzata. Anzi l’accentuato realismo è dato non solo dall’uso degli abiti sgargianti realizzati con ricami e tessuti preziosi, a carattere profano, ma anche dal viso espressivo, per via del colorito dell’incarnato, e dagli occhi in pasta vitrea, dall’utilizzo di fluenti parrucche realizzate con capelli veri8 . In occasione della processione, la Madonna viene sottoposta al rito della vestizione 9. L’evento commovente è un rituale privato e quasi segreto, privilegio di poche consorelle (e in alcuni casi di una sola); le donne si riuniscono intorno alla statua spogliandola, togliendole l’abito giornaliero, facendole indossare (a partire dalla biancheria intima) gli abiti solenni e sontuosi della cerimonia. Infine l’adornano con gli ori donati dai fedeli, con un’attenzione commossa come se fosse una figlia o una sposa. Di solito la Madonna viene “vestita” in chiesa o in sacrestia e a volte in stanze deputate all’occasione (analoghi sono i riti che avvengono negli appositi “camarines” dei retabli spagnoli)10. Purtroppo non sempre il simulacro conserva il primitivo abito originale11. Numerosi potrebbero essere gli esempi della statuaria mariana a “manichino vestito” non ancora definitivamente e completamente censita in Terra di Bari, così come del resto in Puglia. Inoltre esiste nel nostro territorio una “diffusione e capillare distribuzione” del culto dell’Addolorata e quindi della conseguente rappresentazione in statuaria dell’Addolorata12. Ciò è spiegabile quasi sicuramente - come dice La Bertoldi Lenoci per “ una profonda e forte componente tragica della concezione della vita e del mondo“13. Qui di seguito riporterò alcuni esempi più rappresentativi quali i “manichini vestiti” di Ruvo ,di Andria e di Corato per rimanere nella Terra di Bari che comunque è indicativa di tutta la Puglia ( secoli XVII- XVIII –XIX). A Ruvo nella chiesa di SS.Rosario (S. Domenico) vi sono la Madonna Desolata (“Colei che cerca il figlio”, fig.2) e l’Addolorata (“Colei che piange il figlio morto”, fig.9) entrambe della Confraternita dell’Addolorata. Interessante questa duplice presenza, abbastanza rara nella nostra tradizione pugliese. E’ da aggiungere inoltre che entrambe sono vestite di nero, mentre l’abito della Desolata è colorato. La Desolata apre il rito della Settimana Santa, esce il Venerdì di Passione, prima della domenica delle Palme, mentre l’Addolorata viene portata in processione dalla stessa confraternita in settembre14. Seppure gli inventari della Confraternita riportino che erano due nel ‘700 le “Madonne vestite” custodite, attualmente esse appartengono a due periodi differenti 15 come vedremo (‘800 e ‘900). Prima di analizzare la statua della Desolata nei suoi particolari, devo sottolineare il privilegio che mi è stato concesso, non solo di assistere, ma anche e soprattutto di poter fotografare il rito della vestizione della Madonna (tale privilegio è dato solo alle consorelle anziane capeggiate dalla moglie del priore).

La Desolata (fig.2) di Ruvo, firmata e datata (sulla spalla) dal molfettese Corrado Binetti nel 1907 (fig.7), è realizzata in cartapesta per quanto riguarda il busto e le braccia snodabili (che servono a regolare l’apertura per l’ adattamento alla croce che la Madonna abbraccia) mentre è a gabbia lignea per quanto riguarda la parte inferiore. Il busto è tinteggiato di nero (fig.5), a simulare una sottoveste, mentre sono assenti i piedi sostituiti dalla circonferenza-base della gabbia. Particolare interesse ha il volto della Madonna il cui incarnato è d’un pallido rosa (fig.6) a sottolineare l’ ansia per la ricerca e il dolore per la fine presagita del figlio. Il viso è scarno (l’intensità dello sguardo è aumentata dell’uso di occhi in pasta vitrea) ed è incorniciato dalla classica pettinatura di capelli a chignon, anche questi realizzati in cartapesta. Visibile il gancio che le permette l’attaccatura del velo. La Desolata è corredata inoltre da un doppio abito, quello più modesto dei giorni “feriali” di semplice pannetto con velo in leggero pizzo di fattura moderna, e l’abito della cerimonia di cannellato (cioè tessuto a costine nero).La sottoveste dell’abito è nera di saglietta (semplice fodera, fig.4). L’abito è completato da un fazzoletto in lino con pizzo (fig.8) a chiacchierino e spadino in argento che viene conficcato nell’abito. Ad un esame ravvicinato dello spadino, ho potuto constatare l’assenza di punzone che ci avrebbe potuto rivelare la paternità della fattura dell’argento (argentiere, consoli dell’arte). La croce in legno, che completa il gruppo processionale, presenta intorno al braccio corto una “piega”16 in cotone bianca (fig.2). Tutta in ‘pizzo rinascimento’ quella da esibire per la processione, l’altra di uso feriale è a punto inglese, punto a giorno doppio e smerlo. L’ “Addolorata” (fig.9), restaurata di recente da Giovanni Boraccesi, è ascrivibile a fine XVIII inizi XIX secolo ad ignoto artista napoletano. Realizzata in legno policromo, ha la medesima struttura: cioè ben delineato il busto (con le solite braccia snodate e unite alle mani da un gancio, fig.13) poggiante su un supporto ligneo anche questo a gabbia lignea (fig.11-12). Il busto è stuccato nella parte superiore e nelle mani, il resto è verniciato semplicemente, lasciando così il legno al naturale. Analoga l’intensità espressiva del volto con incarnato roseo (legno lucidato a cera) e occhi in pasta vitrea, analoghe le mani e il mento. Il corredo è costituito da un bustino nero imbottito e sottogonna, su cui viene indossato il vestito. Vestito e velo sono in pizzo di macramè nero bordati da una puntina (bordino) dorata; nella mano destra ha i simboli mariani (anch’essi in pizzo nero con le iniziali MM in oro) e nella sinistra il fazzoletto in cotone con pizzo cantù, sulla testa corona in argento all’ imperiale e nel petto uno spadino conficcato. Anche questi due oggetti argentei, come quelli della Desolata, non hanno impresso il punzone che ci avrebbe rivelato la paternità dell’artista. Se a Ruvo abbiamo due statue processionali differenti, Desolata ed Addolorata, ad Andria invece si usa una sola statua che interpreta sia l’una che l’altra Madonna. Il manichino vestito della Madonna Addolorata (fig.16),simbolo della Confraternita omonima17 della chiesa di San Francesco d’Assisi in Andria18,fu fatto realizzare a Napoli nel 1840 dalla famiglia Jannuzzi che la corredò anche di tre vesti: una ricamata in argento (fig.23), che si adoperava il Venerdì Santo (per l’Addolorata),

l’altra ricamata in oro (fig.21) nel Venerdì di passione (per la Desolata)19 e l’altra da adoperarsi giornalmente, purtroppo smarrita. Nel tempo la statua nella sua parte lignea fu invasa da tarli, tanto da ritenersi necessaria la sua sostituzione e il relativo abbandono20. Soltanto nel 2000 l’Addolorata cosiddetta “Jannuzzi” (dal nome del benefattore ottocentesco) grazie al paziente restauro di Valerio Jaccarino, è ritornata al suo antico splendore. Ignoto rimane l’artista che l’ha realizzata, ma evidente è la buona fattura curata sin nei minimi dettagli. Il suddetto manichino vestito dell’ Addolorata di Andria (fig.16) ha molte affinità con la statua dell’Addolorata di Ruvo (fig.9), tanto da poter ipotizzare che essa sia opera della stessa mano; esso ha busto, braccia, mani e piedi in legno su struttura inferiore a gabbia. Svestendo la Madonna (che ha come sottoveste una camicia da notte in percalle bianco piccoli pizzi, (fig.17) si è rivelato il busto ligneo stuccato e colorato di rosa per la pettorina, mentre il resto è verniciato al naturale. Inoltre il tutto (parte superiore e parte inferiore) è oggi protetto da una continua fascia in spugnetta, per aumentare il volume degli abiti e per proteggerli. Dal di sotto dell’abito emergono i “piedi mobili”. Il volto sofferente ed intenso ha un roseo incarnato ( il legno è sicuramente lucidato a cera, fig.18) e la sua triste bellezza è segnata da lacrime sapientemente realizzate in resina tanto da far brillare i suoi occhi in pasta vitrea. Togliendole il velo, poggiato sulla testa, si è rivelata una capigliatura scolpita vezzosa: i capelli sono sciolti sulle spalle, con le due ciocche laterali mantenute da un fiocco azzurro (fig.19). Così l’Addolorata veniva utilizzata più volte, per ogni occasione aveva un vestito diverso come già detto. L’abito che indossa attualmente è di fattura moderna, mentre quelli fatti realizzare dalla famiglia Jannuzzi sono preziosamente antichi e amorevolmente custoditi nella Sacrestia della Confraternita. Essi rispettano la tradizione e i motivi dell’arte ricamatoria del XIX secolo21: il “vestito del Venerdì di Passione” (fig.21- il venerdì che precede la domenica delle palme, protagonista la Desolata) è realizzato su raso nero ricamato a fitto motivo floreale e racemi a volute ed al centro del corpino vi è un vaso da cui si dipartono delle spighe. Il ricamo è realizzato con filo d’oro a canutiglia lamellare, punto pieno e punto lanciato e si distribuisce su tutto il vestito, fino ad occuparne anche il retro. Sono curati tutti i particolari: il polsino è realizzato separatamente con ricamo floreale a fili d’oro e pizzo rebrodè sulla manica. Il fazzoletto che la Madonna ha nella mano è in pizzo chantilly; il manto realizzato con lo stesso tipo di raso dell’abito ha stelle realizzate con filo d’oro. Il “vestito del Venerdì Santo” (protagonista è l’Addolorata) è decisamente più semplice. Su raso nero ricamato con fili d’argento, ha come motivo decorativo sempre un vaso di fiori che si offre sul davanti del vestito, mentre il bordo è realizzato da punto rete e si distribuisce lungo tutto il vestito. Il manto poi è stellato e realizzato a canutiglia a filo argento. Tutti e due gli abiti finora descritti della Madonna sono completati però da un unico fazzoletto antico portato in mano: quello ottocentesco è in pizzo chantilly (fig.22).

Per quanto riguarda l’abito giornaliero della Vergine, smarrito quello ottocentesco, è stato realizzato uno nuovo che l’Addolorata veste attualmente, realizzato ricalcando il vecchio modello ottocentesco (fig.16); si tratta di un abito in sciantung in seta con ricami di foglie dorate realizzate con fili dorati e argentati, canutiglia, cordoncino lamellare e pailletes eseguiti a punt’erba, punto steso e punto stuoia. La manica è caratterizzata da polsino staccato ( che si mette prima dell’abito, fig.24) con disegno cachemire e abbellimenti di jais e perline. La cintura (sicuramente coeva del velo ottocentesco riusato) è realizzata su raso nero con fitto ricamo dorato e perline. Sulla testa vi è una corona in argento (fig.25)22: da un’attenta analisi reca punzoni con testina, una N ed un 8 a testimoniare che è stata realizzata nell’’800 e un altro con le iniziali GP corrispondenti a Gennaro Pane23.Inoltre possiede due pugnali o “stocchi”: uno guarnito di pietre preziose e con il punzone GS (fig.26) di un non meglio identificato argentiere e una N/8 a conferma che anche questo è stato realizzato nell’800. Anche l’altro stocco assai più semplice reca un punzone di un argentiere non identificato da Catello con le iniziali GC e N/8 (fig.27)24 . Un altro esempio differente dalle Madonne Addolorate sin qui analizzate è il manichino vestito della Madonna con Bambino di Santa Maria (Santa Maria Greca) di Corato (fig.28), perché dotato di un elemento nuovo, la snodatura degli arti. L’opera realizzata ad Andria, nel 174125, è stata attribuita allo scultore Nicola Antonio Brudaglio26, andriese di nascita, ma formatosi a Napoli presso la bottega di Giacomo Colombo27. Si tratta di un “simulacro da vestire” “parzialmente” snodabile, di cui solo la testa, le mani e le gambe sono finemente scolpite, mentre busto addome e braccia sono fatte da un’intelaiatura imbottita. Inoltre in corrispondenza delle ginocchia sono state realizzate delle “articolazioni mobili ad incastro”(fig.29)28.Le gambe sono realizzate in un unico blocco insieme ai piedi. Il volto è caratterizzato da occhi in pasta vitrea ed è incorniciato da parrucca realizzata con capelli veri; il bimbo Gesù, scolpito nella sua interezza, ha un visino paffuto, anch’esso con occhi in pasta vitrea e parrucca bionda boccoluta. Il trono su cui siede la Madonna è un tipico esempio di scultura a rocaille, ornato da angioletti a mezzo busto e a figura intera: i primi costituiscono i braccioli; i secondi sorreggono, in corrispondenza della sommità dello schienale, uno stemma su cui è inciso il monogramma mariano.Purtroppo l’abbigliamento originario della Vergine e del Bambino sono andati persi; attualmente indossano abiti risalenti alla prima metà del XX sec.29 (fig.28).L’abito della Vergine, in raso di seta rossa, è costituito da un’ampia gonna e da un corpino e da un “davantino”; su di esso si sviluppa un ricamo in oro eseguito con punto steso e punto lamellare con disegni floreali a racemi e volute di chiaro rimando a fattura settecentesca30. L’abito è completato da un manto in seta azzurra, realizzato nello stesso periodo, con puntina a piccola frangia in oro e bordo con decorazione a racemi della gonna; è completato da una fusciacca azzurra che riprende gli stessi motivi. Sull’ampiezza del mantello si distribuiscono una pioggia di stelle ricamate in filo oro a punto lanciato. Dal di sotto dell’abito fanno capolino le scarpe in seta beige finemente ricamate in oro a punto pieno. Il Bambino indossa un abitino del medesimo tessuto, colore (rosso) e tipologia di ricamo dell’abito materno con scarpine in semplice seta rossa. Come accessori madre e figlio hanno il capo

adornato da una corona in argento e pietre preziose, il pastorale greco in argento è tenuto nella mano destra dalla madre, mentre il bambino nella sua mano sinistra ha un globo anch’esso in argento. Nell’ambito delle Addolorate vestite devono essere studiate anche le “madonne vestite sotto campana”, perché rivelano la stessa tecnica esecutiva. Hanno dimensioni che variano tra i 40 e i 60 cm., pur essendo la riproduzione fedele del grande manichino31. Possono essere realizzate nella loro totalità, come fossero bambole, utilizzando materiali come la cera,il legno e talvolta anche il gesso. Oppure proprio come il grande manichino, hanno testa e arti in terracotta , legno o cartapesta e il busto impagliato o stuccato (se di legno) e per base la solita gabbia. Nessun particolare è trascurato: si va dalle sottovesti in lino o cotone con piccoli merletti per ornare i bordi, agli abiti finemente e pregevolmente ricamati a fili oro e argento, agli accessori, corone, collane ecc., fedeli riproduzioni in scala ridotta degli elementi decorativi delle grandi statue. Ora proponiamo degli interessanti confronti fra le Madonne sotto campana e quelle a dimensione naturale. Un confronto immediato è da farsi con l’Addolorata con corona (fig. 30)32, Addolorata e croce (fig.31)33 e soprattutto col Manichino di Addolorata sotto campana (fig.33)34 della collezione Cestari di Andria con le analoghe statue processionali di Ruvo e di Andria. L’esemplare più importante per noi è il manichino di Addolorata sotto campana, perché ripropone uguale – ma di dimensioni ridotte (la campana che lo contiene è alta cm.53)- “i manichini ” della Addolorata di Andria e della Desolata e Addolorata di Ruvo (figg. 5- 11-12). Si potrebbe parlare allora, per quanto riguarda le statue sotto campana, di bozzetti preparatori per le statue a dimensione naturale, oppure al contrario di riproduzioni dalla grande statuaria, per uso domestico. E’ interessante evidenziare come la cosidetta Addolorata di Binetti sotto campana, della collezione Cestari (fig.21)35, risulta essere firmata dal molfettese Corrado Binetti, lo stesso artista che ha firmato la Desolata di Ruvo, di cui si è precedentemente parlato. Abbiamo così la riprova che uno stesso artista lavorava anche questo tipo di manufatto “minore” a seconda delle esigenze della committenza ecclesiastica o laica, pubblica o privata. Dunque abbiamo la riprova che uno stesso artista lavorava a questo tipo di statuaria indifferentemente, a seconda le esigenze della committenza ecclesiastica o privata. Note *Università degli studi di Bari. Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia.

1. M. Pasculli Ferrara, Due patroni per la città di Bari. Il “San Sabino di Andrea Finelli (1674)e il “S.Nicola” di Giovanni Corsi (1794),in “ Storia dell’Arte”, 1991, pp.109-116. Vorrei ringraziare la prof.ssa Mimma Pasculli Ferrara per l’attenzione con cui ha seguito gli sviluppi del mio studio in questo settore.

2. M.Pasculli Ferrara,Contributo per la scultura lignea in Capitanata e in area meridionale nei secoli XVII-XVIII. Fumo, Colombo, Marocco, Di Zinno, Brudaglio, Buonfiglio, Trillocco, Sanmartino,in M. S. Calò Mariani (a cura di), Contributi per la storia dell’arte in capitanata tra Medioevo ed Età Moderna,Galatina 1989, p.66; M.P. Pettinau Vescina, in Doni di Seta. Note a margine di un

percorso fra testimonianze di arte tessile in Puglia, in G. Gelao (a cura di), Confraternite arte devozione in Puglia da Quattrocento al Settecento, Napoli 1994, p. 99; R. Pagnozzato (a cura di), Madonne della Laguna. Simulacri ‘da vestire’dei secoli XIV- XIX, Venezia 1993; L. Bertoldi Lenoci, Gli ambienti e le cose, in C. Gelao (a cura di) 1994, p.489; A. Niero, Madonne ‘vestite’ nella storia della pietà popolare, in R. Pagnozzato (a cura di) 1993, p.29; B. Andriano Cestari, Madonne vestite,catalogo della mostra,Giovinazzo 1995; R. Poso, Sulle Madonne vestite,in F. Abbate (a cura di), Interventi sulla questione meridionale.Saggi di Storia dell’Arte, Roma 2005, pp.347-353.

3. M.Pasculli Ferrara 1989, p.56 ; A. Niero, Le Madonne ‘vestite’ nella storia della pietà popolare, in R. Pagnozzato (a cura di)1993, p.61.Cfr. C.Galassi, Sculture da “vestire”. Nero Alberti da Sansepolcro e la produzione di manichini lignei in una bottega del ‘500, Perugia 2005. Un interessante confronto può essere proposto con le “sculture da vestire “ umbre, studiate da Galassi nel catalogo relativo alla interessante mostra realizzata ad Umbertide (11giugno-6 novembre2005). Pur appartenendo ad un periodo storico antecedente a quello da me trattato ( sono sculture di Nero Alberti appartenenti al XVI sec.), “le sculture da vestire” umbre si differenziano dalle quelle pugliesi per alcune peculiarità. I nostri manichini sono per lo più realizzati in legno o cartapesta, mentre le opere umbre sono, come dice Galassi, “ solo in minima parte costituite da legno, sono piuttosto polimateriche, risultando dall’assambleggio di diversi materiali abilmente modellati e naturalisticamente presentati” ( C. Galassi, 2005, p.15). Una minuziosa descrizione di tale tecnica è offerta a proposito di due “busti muliebri” femminili:”le figure sono modellate su un’impalcatura lignea attorno alla quale è stata avvolta stoppa di canapa… entrambe poi sono rivestite di un guscio gessoso” (C. Galassi, 2005, p.62).

4. C. Petrarota, La statua confraternale dell’Addolorata in S. Francesco ad Andria, Atti del Convegno, La “Memoria Passionis” in un itinerario teologico, artistico e devozionale nell’Anno del Perdono di Andria (Andria 30 aprile 2005), in corso di stampa .

5. M.T. Fuiano, Santuario dell’Incoronata in territorio di Foggia in M. Pasculli (a cura di), Itinerari in Puglia tra Arte e Spiritualità, Roma 2000, p.81; Cfr. M.S.Calò Mariani, Le statue lignee, in S. Calò Mariani (a cura di),Capitanata medievale, Foggia, 1998, p.175. La Calò Mariani scrive: “Salvo casi drastici di scorticamenti (vedi la Madonna della Libera di San Severo), operante sulla linea di un gusto classicheggiante di moda nell’ ‘800, le statue lignee ci sono giunte con una vivace veste cromatica, risultato delle ridipinture, rese necessarie dai danni subiti attraverso i secoli per naturale degrado o cause traumatiche. Soprattutto a partire dal Settecento le sobrie forme risalenti al Medievo furono soffocate dall’involucro ridondante di vesti seriche ricamate: nel corso di solenni cerimonie durante l’ottocento furono cinte di corone”.

6. E. Troccoli, Bovino e il Santuario di Santa Maria di Valleverde, in M. Pasculli Ferrara (a cura di) 2000, p.87.

7. L. Bertoldi Lenoci, Gli ambienti e le cose, in C. Gelao (a cura di ) 1994, p.488. Inoltre per un approfondito studio sulle confraternite cfr. L. Bertoldi Lenoci (a cura di), Le Confraternite pugliesi in età moderna/1, Fasano 1988; L. Bertoldi Lenoci (a cura di), Le Confraternite pugliesi in età moderna/2, Fasano 1990; L. Bertoldi Lenoci (a cura di), Confraternite chiese e società. Aspetti e problemi dell’associazionismo laicale in età moderna e contemporanea, Fasano 1994; M. Pasculli Ferrara,Le Confraternite della Santa Croce e del Crocifisso in Puglia,in Las cofradías de La Santa Vera Cruz, Acta del I Congreso International de Hermandades de la Vera Cruz (marzo 1992), Siviglia 1995.

8. F. De Palo, Cielo e Terra, Fasano 1999, p.121. Oltre alle parrucche realizzate con capelli veri,ci sono capigliature abilmente scolpite come quella della Madonna Addolorata di Andria, simbolo di reale femminilità. Tale gusto per una femminilità ricreata è ampiamente documentato dalla Galassi, che osserva come i “simulacri del Maestro di Magione avessero necessità per esprimere la propria femmnilità di Madonne –donne , di visi acconciatamente truccati, di abiti sontuosi…Ogni dettaglio è minuziosamente curato…” ,in C. Galassi 2005, pp. 57, 59.

9. Ampie informazioni sul rito della vestizione ci sono date da R. Pagnozzato, Le donne delle vestizioni e i simulacri mariani, in R. Pagnozzato (a cura di), Donne Madonne Dee, Padova 2003.

10. M. Pasculli Ferrara, Il Cappellone sopraelevato,in V.Cazzato, M. Fagiolo, M. Pasculli Ferrara, Atlante del Barocco in Italia. Terra di Bari e Capitanata, Roma 1996, sec. ed. 2002, p.230.

11. In alcuni casi pur non esistendo più gli abiti originali, perché andati distrutti o semplicemente consumati dall’usura del tempo, gli abiti moderni ricalcano sicuramente quelli più antichi, mantenendo intatto almeno la scelta del tessuto quasi sempre in gros di seta. Il ricamo invece si fa più semplice, ma altrettanto prezioso come vedremo più avanti. La Pettinau Vescina ,nel 1993, traccia una rapida storia sulla donazione dei tessuti e degli abiti preziosi da parte dei nobili alla chiesa. I tessuti provengono dalla Francia e dalla Spagna, ma i ricami -come ampiamente documentato- sono realizzati a Napoli dove esistono ricamatrici esperte. Inoltre istituti religiosi hanno formato ricamatrici per “diletto” o per “ mestiere”: come avviene negli istituti delle benedettine di Andria, e delle clarisse di Grottaglie. Cfr. M. P.Pettinau Vescina, in G. Gelao (a cura di) 1994, pp.95-102. –E. Silvestrini, Il Dono, R. Pagnozzato (a cura di ) 2003, pp.55-58.

12. L. Bertoldi Lenoci, Le confraternite pugliesi in età moderna,in L. Bertoldi Lenoci ( a cura di) 1988, p.126.

13. L.Bertoldi Lenoci,in L. Bertoldi Lenoci (a cura di) 1988, p.126; L. Bertoldi Lenoci,in L. Bertoldi Lenoci (a cura di) 1994, pp.38, 484, 489.

14. Il Venerdì santo un’altra Addolororata sfila in processione con gli altri misteri: è quella della Confraternita del Purgatorio ed esce dalla chiesa del Carmine. Per quanto riguarda le Desolate, citiamo anche l’esempio di Canosa e di Foggia.

15. F. Di Palo, La Chiesa e il convento del Santissimo Rosario ( S. Domenico a Ruvo), Fasano 1998, p.152. In realtà ho appreso dell’esistenza di una terza statua confraternale conservata presso la Cappella della Confraternita nel cimitero di Ruvo. Purtroppo non ho ancora avuto il permesso per poterla analizzare.

16. La “piega” è un elemento che arricchiva il corredo delle spose e serviva a lasciare il letto in ordine simulando la piega del lenzuolo che fuoriusciva dal copriletto.

17. D. Jannuzzi, Arciconfraternita Maria SS. Addolorata, Andria 1989, p.17.La Confraternita fu fondata per Reale Decreto il 15 maggio 1832, come si legge nel libro della confraternita, pubblicato nel 1989, e come è riportato nel manoscritto “Maria Santissima dè sette dolori” conservato presso l’archivio diocesano di Andria. La prima sede dell’Arciconfraternita fu la chiesa di Mater Gratiae in via Corrado di Svevia. Nel 1834 la confraternita, su decreto del vescovo Monsignor Cosenza (futuro cardinale di Capua), si trasferì nella chiesa di San Francesco, non ancora eretta a Parrocchia.

18. Notizie sulla chiesa e il Convento in M. Pasculli Ferrara, Schedatura dei Centri storici. Andria,in V. Cazzato, M. Fagiolo,M. Pasculli Ferrara 1996,p.515.

19. Lo stesso abito è utilizzato il 15 settembre per la festività del nome della Madonna). 20. La statua dell’Addolorata fu rimpiazzata da un’opera realizzata in legno di Ortisei nel 1961 (fig.5)

come ricorda una pergamena conservata nella Sacrestia. 21. M.P. Pettinau Vescina,in C. Gelao (a cura di) 1994, pp.95-100 e schede pp.350-355;363-365. Per i

ricami cfr. R. Pagnozzato (a cura di) 1993; M. Pasculli Ferrara,Ricami in Mostra. Un intreccio tra arte e Tradizione, in corso di stampa,2005; M. Carmignani, Tessuti ricami e merletti in Italia dal Rinascimento al Liberty, Milano 2005. Per poter studiare la statua ho ricevuto il privilegiatissimo onore di spogliarla e di poterla così analizzare interamente. In questo sono stata aiutata dalle dottoresse Brigida Matera e Silvana Campanile.

22. D. Jannuzzi 1989, p.20. La corona fu donata dal confratello Ottavio Spagnoletti. 23. Gennaro Pane era attivo nella seconda metà del XIX secolo;cfr. E. e C.Catello, Argenti Napoletani

dal XVI al XIX secolo,Napoli 1973, p.145. 24. La statua è attualmente conservata nella nicchia che fu fatta realizzare nel 1895 dal padre Scolopio

La Martora per contenere la statua di S. Giuseppe Colasenzio. 25. C. Gelao, Nicola Antonio Brudaglio(?) Madonna con Bambino (Santa Maria La Greca), in C.Gelao

(a cura di) 1994, pp.314-315.Il rettore della chiesa di Santa Maria la Greca Giuseppe Domenico La

Monaca nel 1734 come si legge in un manoscritto datato 1764 :”fece lavorare una statua portatile colla sua sede indorata , quale si conducesse in detta processione. Ma non essendo riuscita questa, a livello, e maestosa (come si desiderava), ne fece lavorare in Andria un’altra più migliore, più riccamente ornata e scolpita , colla Croce di argento indorato, Corona di argento massiccio, ben travagliata, alla Vergine, e Bambino Gesù nell’anno 1741; C.Petrarota, Terlizzi Ruvo, Corato: i santuari,in M. Pasculli Ferrara (a cura di), Itinerari in Puglia tra arte e spiritualità, Roma 2000, p.119. La scultura è collocata sull’altare maggiore del Santuario di Santa Maria Greca a Corato.

26. C.Gelao, in C.Gelao (a cura di) 1994, p.315; Cfr. C. Galassi 2005, pp.49 figg.30-32. Si confronti la statua di Santa Maria Greca con le “Madonne Umbre”: ad un manichino completamente snodabile possono contrapporsi – a mio parere- questi simulacri umbri realizzati a figura intera, rigida e con articolazione mobile-snodabile solo nelle braccia.

27. C.Gelao, in C.Gelao (a cura di) 1994, pp.314-315. 28. C.Gelao, in C.Gelao (a cura di) 1994, p.315: “ …Il volto pieno e lievemente imbambolato della

Vergine richiama infatti da vicino quello dell’Immacolata nella chiesa di San Francesco a Monopoli (Pasculli –Ferrara 19892, fig.35), considerata una delle opere più riuscite di questo prolifico artista”. Cfr. M. Pasculli Ferrara,in M.S. Calò Mariani (a cura di) 1989, p.74.

29. C.Gelao, in C.Gelao (a cura di) 1994, pp.-315. 30. C.Gelao, in C.Gelao (a cura di) 1994, pp.-315. 31. L. De Venuto-B. Andriano Cestari, Madonne sotto campana, Fasano1995, p.24. 32. L. De Venuto-B. Andriano Cestari 1995, p.24, 25. 33. L. De Venuto –B. Andriano Cestari 1995, p.57. 34. L. De Venuto – B. Andriano Cestari 1995, pp.64. 35. L. De Venuto- B. Andriano Cestari 1995, pp.65-66.

Seguono le fotografie di Giuseppe Ciliberti

1. Ruvo.Processione della Desolata. 2. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chie-sa di S. Domenico).

3. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chiesa di S. Domenico). Particolare.

4. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chie-sa di S. Domenico).Particolare momento della vestizione.

5. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chie-sa di S. Domenico). Manichino.

6. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chiesa di S. Domenico).Particolare.

7. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chiesa di S. Domenico).Particolare, firma dell’artista.

8. Corrado Binetti. Desolata (1907; Ruvo, Chiesa di S. Domenico).Particolare.

9. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico).

10. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico).Particolare.

11. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico). Manichino.

12. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico). Manichino.

15. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico). Manichino..

13. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico). Manichino.Particolare.

14. Addolorata (sec. XVIII-XIX; Ruvo, Chiesa di S. Domenico). Manichino.Particolare.

16. Addolorata (1840; Andria, Chiesa di S. Fran-cesco d’Assisi).

18. Addolorata (.1840; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).Particolare.

17. Addolorata con sottoveste (1840; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).

19. Addolorata (1840; Andria, Chiesa di S. France-sco d’Assisi).Particolare.

20. Addolorata (1840; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).Particolare.

21. Addolorata, vestito in oro (1840; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).

22. Addolorata, fazzoletto (1840; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).

24. Addolorata, (1840; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).Particolare

23. Addolorata, vestito in argento (1840; An-dria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi).

26. Addolorata, pugnale in argento e pietre pre-ziose (sec.XIX; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi). Sono state rilevate le iniziali GS, firma dell’argentiere che l’ha realizzate.

25. Addolorata, corona in argento (sec.XIX; Andria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi). Sono state rilevate le iniziali GP, ascrivibili probabil-mente a Gennaro Pane, l’argentiere che l’ha realizzata.

27. Addolorata, pugnale in argento (sec.XIX; An-dria, Chiesa di S. Francesco d’Assisi). Sono state rilevate le iniziali GC, firma dell’argentiere che l’ha realizzata.

28. Nicola Antonio Brudaglio (?),Santa Maria la Greca (1741; Corato, Chiesa di Santa Maria la Greca).

29. Nicola Antonio Brudaglio (?),Santa Ma-ria la Greca (1741; Corato, Chiesa di Santa Maria la Greca).Manichino.

30. Addolorata con corona (da L. De Venuto, D. Andriano Cestari, Santi sotto campana, Fasano 1995).

31. Addolorata con croce (da L. De Venuto, D. Andriano Cestari, Santi sotto campana, Fasano 1995).

32. L’Addolorata manichi-no) (da L. De Venuto, D. Andriano Cestari, Santi sot-to campana, Fasano 1995).

34. Corrado Binetti. Addolorata di ‘Binetti’ (da L. De Venuto, D. An-driano Cestari, Santi sotto campa-na, Fasano 1995).

33. L’Addolorata (manichino) sotto campana (da L. De Venuto, D. An-driano Cestari, Santi sotto campa-na, Fasano 1995).