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Universit` a del Salento FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Magistrale in Fisica Tesi di Laurea Vincoli alle Teorie Metriche della Gravit` a Imposti dalle Osservazioni di Onde Gravitazionali Candidato: Michele Maiorano Relatore: Prof. Francesco De Paolis Anno Accademico 2018 – 2019

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Universita del Salento

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Magistrale in Fisica

Tesi di Laurea

Vincoli alle Teorie Metriche della Gravita Imposti dalleOsservazioni di Onde Gravitazionali

Candidato:

Michele MaioranoRelatore:

Prof. Francesco De Paolis

Anno Accademico 2018 – 2019

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Indice

Introduzione viii

1 Elementi di Relatività Generale 11.1 Derivazione delle equazioni di Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Derivazione dell’equazione della deviazione geodetica . . . . . . . . . 31.3 Derivazione dell’equazione delle onde gravitazionali nel vuoto . . . . . 41.4 Stati di polarizzazione delle onde gravitazionali . . . . . . . . . . . . . 61.5 Effetti perturbativi delle onde gravitazionali . . . . . . . . . . . . . . . 81.6 Energia emessa da una sorgente di onde gravitazionali . . . . . . . . . . 91.7 Onde gravitazionali emesse da un sistema binario . . . . . . . . . . . . 11

2 Teorie metriche alternative alla Relatività 152.1 Classificazione delle teorie metriche della gravità . . . . . . . . . . . . 162.2 Il formalismo post-Newtoniano parametrizzato . . . . . . . . . . . . . 172.3 Teorie Scalari-Tensoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.4 Teorie Vettoriali-Tensoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.5 Teorie TeVeS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

3 Vincoli alla velocità di propagazione delle GWs 273.1 Effetto Cherenkov gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273.2 Pulsar timing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283.3 Rivelazione multipla del medesimo evento di GWs . . . . . . . . . . . 323.4 Rivelazione della controparte EM di un evento di GWs . . . . . . . . . 343.5 Limiti alla massa del gravitone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

4 Vincoli alle teorie metriche della gravità 404.1 Shapiro Time Delay . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 434.2 Dark Matter Emulators . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 444.3 Vincoli al WEP dallo Shapiro Time Delay . . . . . . . . . . . . . . . . 504.4 Propagazione delle GWs nelle Teorie Einstein-Æther . . . . . . . . . . 52

Conclusioni 57

Ringraziamenti 60

Appendici 61

A Masse dei BHs sorgenti di GWs 61

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INDICE ii

B Accelerazioni delle galassie nane sferoidali 63

C Massa vs redshift 66

D Profili di densità 71

E Test MOND 73

Riferimenti bibliografici 77

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Elenco delle figure

1.1 Evoluzione temporale del BS responsabile dell’evento di onde gravi-tazionali GW150914. Nella parte superiore del primo pannello sonoraffigurate le diverse fasi dell’evoluzione di un sistema binario di BHs.Nella parte inferiore del primo pannello l’asse delle y indica l’ampiez-za del segnale gravitazionale, mentre l’asse delle x indica il tempo. Lacurva rossa indica l’andamento dello strain previsto sulla base della Re-latività Numerica, mentre la curva grigia quello rivelato dall’apparatostrumentale. Nel pannello inferiore l’asse delle y indica, a sinistra, lavelocità orbitale relativa del sistema binario, espressa in unità di c, il cuiandamento è indicato dalla curva verde, a destra, la distanza tra i due

BHs, espressa in unità di rs =2GM

c2, il cui andamento è indicato dalla

curva nera (Abbott et al., 2016b). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.2 Andamento temporale della frequenza delle GWs rivelate dai due inter-

ferometri H1 e L1 di LIGO durante l’evento GW150914. L’asse delle yindica la frequenza del segnale gravitazionale, il cui andamento è indi-cato dalla curva in risalto sullo sfondo blu, mentre l’asse delle x indica iltempo. Il colore è un indicatore dell’ampiezza del segnale (Abbott et al.,2016b). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.1 Misure del parametro PPN γ. Nella parte superiore sono illustrati i ri-sultati degli esperimenti relativi alla deflessione della luce, in quella in-feriore quelli degli esperimenti relativi allo Shapiro Time Delay. L’asse

delle y indica i valori di(1 + γ)

2, mentre l’asse delle x indica le date

d’esecuzione dei diversi esperimenti. Le due linee orizzontali indicano

il valore(1 + γ)

2= 1, previsto dalla Relatività Generale (Will, 2014). . 19

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ELENCO DELLE FIGURE iv

2.2 Raffigurazione artistica della galassia M33 corredata dal grafico dellasua curva di rotazione. L’asse delle y indica i valori delle velocità or-bitali, espressa in km s−1, mentre l’asse delle x indica la distanza dalcentro galattico, espressa in anni luce. I punti in giallo indicano lemisure relative alle stelle in orbita nel disco galattico, i punti in blusono invece relativi alle osservazioni della transizione a 21 cm dell’i-drogeno atomico effettuate nelle regioni periferiche. La linea continuarappresenta il fit ai dati sperimentali, mentre la linea tratteggiata mo-stra la curva di rotazione attesa, nell’ambito della Dinamica Newtonia-na, considerando soltanto la materia barionica. URL dell’immagine:https://commons.wikimedia.org/wiki. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.3 Accelerazioni delle galassie nane sferoidali. Nel pannello superiore l’as-se y indica il logaritmo in base 10 dell’accelerazione barionica, descrittadall’equazione (2.34), mentre l’asse x indica il logaritmo in base 10 del-l’accelerazione dinamica, descritta dall’equazione (2.33). I punti blucorrispondono ai dati sperimentali, la linea rossa, che corrisponde alla

funzione y = log102x

a0

√1 +

102x

a20

, indica il fit ai dati sperimentali. Nel

pannello inferiore l’asse y indica i residui normalizzati, mentre l’asse xindica il logaritmo in base 10 dell’accelerazione dinamica. I punti blucorrispondono ai residui calcolati per ciascuna misura, la linea rossa in-dica la retta y = 0. Nel pannello in alto a destra è riportato il valore delχ2 ridotto, della probabilità e del parametro libero a0, che compare nellafunzione usata per il fit. Lo script e i dati sono riportati, rispettivamente,nelle appendici E e B. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.1 Rappresentazione schematica della propagazione del segnale EM di unapulsar. Nella figura l’asse x indica la direzione di propagazione delleonde elettromagnetiche provenienti dalla pulsar verso la Terra. Duranteil tragitto queste sono perturbate dalle GWs prodotte da una genericasorgente posta in direzione ortogonale all’asse x. . . . . . . . . . . . . 29

3.2 Rappresentazione schematica della propagazione del segnale di GWs.Nel pannello (a) è raffigurato il fronte d’onda di un’onda gravitazionalela cui direzione di propagazione forma un angolo generico con il seg-mento di lunghezza d che congiunge i detectors H1 e L1 di LIGO. Ilsegmento di lunghezza l⊥ indica la distanza percorsa dall’onda gravita-zionale nell’intervallo di tempo tra le rivelazioni dei due strumenti. Nelpannello (b) è raffigurato il fronte d’onda di un’onda gravitazionale lacui direzione di propagazione è orientata in modo tale da massimizzarel’intervallo di tempo ∆t tra le rivelazioni dei due strumenti (Blas et al.,2016). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

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ELENCO DELLE FIGURE v

3.3 Curve di luce della Crab Pulsar rivelate dal telescopio spaziale FermiLAT (Large Area Telescope). L’asse delle y indica l’intensità del segnaleosservato, espressa in conteggi, l’asse delle x indica la fase. La curva diluce osservata a energie≥ 100 MeV è riportata in nero, quella osservatanella banda radio in rosso. In alto a destra è riportato un ingrandimentodel primo picco, in alto a sinistra quello del secondo (Abdo et al., 2010). 39

4.1 Buchi neri e stelle di neutroni. Nella figura i cerchi blu indicano iBHs osservati dalla collaborazione LIGO/VIRGO attraverso le GWs,i cerchi viola indicano i BHs il cui disco di accrescimento è osserva-to nella banda dei raggi X, i cerchi arancioni indicano le NSs osserva-te dalla collaborazione LIGO/VIRGO attraverso le GWs, mentre i cer-chi gialli indicano le NSs note. Le dimensioni di ciascun cerchio so-no proporzionali alla massa dell’oggetto indicato. URL dell’immagine:https://lisa.nasa.gov. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

4.2 Masse dei BHs sorgenti di GWs. Nel pannello superiore l’asse y indicale masse dei BHs dei BSs esaminati, espresse in unità di masse solari,mentre l’asse x indica la distanza dei BSs rispetto alla Terra, espressain termini di redshift. I punti blu corrispondono ai dati sperimentali, lalinea rossa, che corrisponde alla funzione y = b log(x) + a, indica ilfit ai dati sperimentali. Nel pannello inferiore l’asse y indica i residuinormalizzati, mentre l’asse x indica la distanza dei BSs rispetto alla Ter-ra, espressa in termini di redshift. I punti blu corrispondono ai residuicalcolati per ciascuna misura, la linea rossa indica la retta y = 0. Nelpannello in alto a destra è riportato il valore del χ2 ridotto, della pro-babilità e dei due parametri liberi, a e b, che compaiono nella funzioneusata per il fit. Lo script e i dati sono riportati, rispettivamente, nelleappendici C e A. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

4.3 Rappresentazione schematica della geometria dello Shapiro Time Delay.Scelto un opportuno sistema di riferimento Oxy, re indica la posizionedella sorgente del campo elettromagnetico, ro la posizione dell’osserva-tore, d la distanza tra il sistema binario e la Terra, mentre b il parametrod’impatto rispetto alla MW. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

4.4 Profili di densità della DM contenuta nella MW. Le funzioni graficate infigura rappresentano l’andamento della densità previsto dai profili Iso-termo, di NFW e di Moore descritti, rispettivamente, dalla curva verde,da quella blu e da quella rossa. Lo script è riportato nell’appendice D.L’asse delle y indica la densità ρ(r) espressa in GeV cm−3, mentre l’assedelle x indica la distanza galattocentrica r, espressa in kpc. Su entrambigli assi è stata utilizzata la scala logaritmica. . . . . . . . . . . . . . . . 47

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ELENCO DELLE FIGURE vi

4.5 Posizione delle galassie lungo la linea di vista dell’evento GW170817.I punti in nero indicano le galassie presenti tra l’osservatore e la sor-gente dell’evento GW170817, ovvero il sistema binario di stelle di neu-troni nella galassia NGC 4993, che rientrano in una linea di vista diforma cilindrica con raggio 400 kpc. Sotto ciascun punto, tra paren-tesi, sono indicate le corrispondenti coordinate celesti, espresse comeascensione retta e declinazione. L’asse delle y indica i valori dell’ascen-sione retta, espressa in gradi, mentre l’asse delle x indica la distanzadall’osservatore, espressa in kpc (Boran et al., 2018). . . . . . . . . . . 50

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"Then I would feel sorry for the dear Lord. The theory is correct anyway."Albert Einstein.

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Introduzione

La Relatività Generale (GR), formulata nel 1916 da Albert Einstein, ha cambiato radi-calmente il modo di intendere la gravità. Se prima era infatti assodato che una particellatest in prossimità di un corpo massivo ne fosse attratta per via del suo campo gravitazio-nale, ora ciò è attribuibile al fatto che la geodetica su cui essa si muove viene modificatadalla curvatura dello spazio-tempo indotta dal corpo considerato.

L’introduzione della GR ha permesso non solo di spiegare dettagliatamente alcunifenomeni di difficile comprensione nel contesto della Dinamica Newtoniana (ND), maanche di prevedere effetti completamente nuovi che sono stati poi osservati e confer-mati sperimentalmente. Nonostante la GR continui a riscuotere innumerevoli successisperimentali, ultimi quelli dovuti alla rivelazione delle onde gravitazionali (GWs) e dal-l’osservazione diretta dell’ombra del buco nero (BH) al centro della galassia M87, non èesente da alcune criticità che hanno spinto molti fisici teorici a chiedersi se essa sia nellasua forma definitiva oppure se debba essere rivista.

La GR prevede che per spiegare i diagrammi m− z (magnitudine-redshift) di Hub-ble, ottenuti supponendo che le Supernovae (SN) di tipo Ia possano essere assimilate adelle candele standard, non basti considerare il contributo della materia barionica, la cuidensità deve soddisfare il limite imposto dalla Nucleosintesi Primordiale e dunque nonpuò superare il 5% di quella necessaria per descrivere l’Universo attraverso la metrica diRobertson-Walker a curvatura nulla, ma si debba ipotizzare l’esistenza di materia oscura(DM) ed energia oscura (DE). La presenza della DM sembrerebbe confermata da nume-rose prove indirette collegate a fenomeni gravitazionali come il lensing gravitazionale,l’andamento radiale delle curve di rotazione delle galassie a spirale e la discrepanza trala massa visibile e quella necessaria a spiegare la dinamica di gas e stelle nelle galassieellittiche e delle galassie negli ammassi di galassie. La DE, d’altro canto, è necessariaper spiegare l’espansione accelerata dell’Universo che avrebbe avuto inizio a z ' 0.5,vale a dire circa 5 miliardi di anni fa e ha trovato una forte conferma anche nei datidella CMB (Cosmic Microwave Background) ottenuti dal satellite Planck. Purtroppofinora nessun tentativo di rivelazione diretta della DM e della DE ha dato i suoi frutti,per cui accettare la GR significa dover ammettere di non conoscere quasi il 95% dellamassa-energia esistente nell’Universo.

Un altro grosso problema è che la GR non si presta ad essere descritta con il for-malismo della Meccanica Quantistica e quindi allo stato attuale non sembra possibilecostruire una teoria che unifichi la gravità con le altre interazioni fondamentali. Da-to che il tensore metrico gµν descrive sia il campo gravitazionale che lo spazio-tempo,una descrizione quantistica dell’uno si riflette inevitabilmente sull’altro che, nelle altreteorie, è trattato invece come un continuo classico, non influenzato dalla distribuzionedelle cariche (Capozziello e Funaro, 2005). Tuttavia è ben noto che nel caso di corpi

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INTRODUZIONE ix

collassati, il cui raggio è confrontabile con quello di Schwarzschild, la gravità quanti-stica rivesta un ruolo fondamentale. Ad esempio, attraverso esperimenti concettuali, èpossibile dimostrare che la temperatura di un BH di Schwarzschild non sia nulla, come

previsto classicamente, ma data da TBH =~c3

8πGMkB. Essa risulta quindi legata alle co-

stanti fondamentali che caratterizzano la Meccanica Quantistica (la costante di Planck~), la Relatività Speciale (la velocità della luce nel vuoto c), la Relatività Generale (lacostante di gravitazione universale G) e la Termodinamica (la costante di BoltzmannkB). La presenza della costante ~, in particolare, è un indizio che per descrivere detta-gliatamente la fisica dei buchi neri e l’intensa emissione gamma che caratterizza la fasefinale dell’evaporazione, si abbia bisogno di una teoria quantistica della gravità.

In base a queste considerazioni, se da un lato la comunità scientifica indirizza i pro-pri sforzi nel trovare ulteriori conferme alla GR, dall’altro cerca di modificare il suoimpianto teorico in modo da adattarlo alle necessità attuali. Diversi tentativi sono statifatti in questa direzione nel corso degli anni, ed alcuni hanno dato luogo ad interessan-ti formulazioni della gravità in cui viene eliminata la necessità di supporre l’esistenzadella DM o della DE, o viene disaccoppiato il campo gravitazionale dalla metrica dellospazio-tempo.

Una delle più importanti previsioni della GR è che lo spazio-tempo possa essere per-turbato da GWs. Una prova indiretta di ciò fu ottenuta da Will (2014), il quale notòche la precessione del periastro della pulsar binaria PSR 1913+16, scoperta da Hulse eTaylor, risulta in perfetto accordo con la GR. Il 14 Settembre 2015 i due interferometrigravitazionali (situati uno a Livingston e l’altro a Hanford, negli USA) di LIGO (La-ser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) hanno simultaneamente osservatoil segnale delle GWs emesse da un evento (GW150914) generato dal merging di dueBHs (Abbott et al., 2016b). L’andamento dell’ampiezza (strain) in funzione della fre-quenza, calcolato da tale misura diretta, è compatibile con quello deducibile dalla GR.Dopo diverse altre misure di GWs derivanti dalla coalescenza di BHs, il 17 Agosto 2017i rivelatori di LIGO e quello di VIRGO (situato a Cascina, in Italia) hanno osservato unevento (GW170817) diverso, riconducibile alla fusione di due stelle di neutroni (NSs)(Abbott et al., 2017b). Appena 1.74± 0.05 s dopo, il Fermi Gamma-Ray Burst Monitorha registrato uno short Gamma-Ray Burst (sGRB) prodotto dal medesimo sistema bina-rio (BS). Dai dati osservati si ricava dunque che la velocità di propagazione delle GWs èpraticamente uguale a quella predetta da Einstein, ossia pari alla velocità della luce nelvuoto.

Lo scopo principale di questa Tesi è di mettere alla prova alcune delle più accredita-te teorie alternative della gravitazione, principalmente sulla base dei risultati ottenuti inquesti anni nel campo delle GWs. L’interesse per tale studio è motivato non solo dai da-ti osservativi attualmente disponibili, ma anche dalle prospettive sperimentali future. Ilprogetto LISA (Laser Interferometer Space Antenna) ad esempio, il cui lancio è previstoper il 2034 (ma potrebbe anche essere anticipato), si pone come scopo quello di aumen-tare sensibilmente il numero e la qualità delle osservazioni di GWs. LISA sarà costituitoda tre satelliti, distanti circa ' 2.5 milioni di chilometri l’uno dall’altro, posizionati neipunti Lagrangiani del sistema Terra-Sole. Un sistema di laser permetterà di valutare,attraverso la tecnica interferometrica, la variazione della distanza tra un satellite e l’altrocausata dalle onde gravitazionali. LISA potrà rivelare GWs in un intervallo di frequenzetra 0.1 mHz e 100 mHz, ben al di sotto rispetto agli interferometri attualmente in fun-

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INTRODUZIONE x

zione che invece lavorano tra 10 Hz e 10 kHz, permettendo, per esempio, di osservarele onde gravitazionali emesse nel merging di BHs supermassivi, quelle generate nel col-lasso a simmetria non sferica di corpi massivi e quelle prodotte nei primi istanti di vitadell’Universo. Esperimenti come questo sono molto utili anche per cercare constraintspiù stringenti del Principio di Equivalenza di Einstein (EEP), necessari per valutare ilgrado di affidabilità di quelle formulazioni della gravità che ne prevedono la violazionee per comprendere meglio i limiti della GR.

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Capitolo 1

Elementi di Relatività Generale

La prima teoria metrica in grado di fornire una descrizione accurata della gravità è sta-ta la Relatività Generale (GR). Le assunzioni su cui essa è costruita, raggruppate nelcosiddetto Principio di Equivalenza di Einstein (EEP), sono:

Weak Equivalence Principle o WEP: corpi di prova cadono con la medesima accele-razione indipendentemente dalla loro struttura interna o dalla composizione;

Local Lorentz Invariance o LLI: il risultato di qualsiasi esperimento locale non gra-vitazionale è indipendente dalla velocità del sistema di riferimento in caduta liberanel quale è effettuato;

Local Position Invariance o LPI: il risultato di qualsiasi esperimento locale non gra-vitazionale è indipendente dalla posizione spazio-temporale dell’Universo nellaquale è effettuato.

La validità dell’EEP implica il fatto che la gravità debba essere descritta da teoriemetriche ossia accomunate dalle seguenti proprietà:

1. lo spazio-tempo è descritto da una metrica simmetrica;

2. le traiettorie di un corpo in caduta libera sono geodetiche della metrica;

3. in un sistema di riferimento locale in caduta libera le leggi della fisica non gravi-tazionali sono quelle scritte nel linguaggio della Relatività Speciale.

In realtà l’impianto teorico della GR si basa su un’ipotesi più stringente dell’EEP, vale adire il Principio di Equivalenza Forte (SEP), che estende LLI e LPI anche ad esperimentilocali gravitazionali. In generale, una violazione dello SEP non implica necessariamenteuna violazione dell’EEP. Potrebbero quindi esistere determinati regimi in cui la GR nonè applicabile ma non è possibile escludere, a priori, che lo siano altre teorie metriche.

1.1 Derivazione delle equazioni di EinsteinÈ possibile ricavare formalmente le equazioni di Einstein mediante un approccio varia-zionale. Si consideri dunque un’azione S = Sg + Sm, dove il primo addendo descrive

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 2

soltanto il campo gravitazionale e il secondo la materia che genera il campo e interagi-sce con esso. S dev’essere uno scalare affinché risulti invariante. Si indichino con q lecoordinate generalizzate della materia e si assuma fissato il moto di quest’ultima, ossiaδq = 0. Esplicitando le dipendenze delle due componenti dell’azione si ha:

Sg ≡ Sg

(gµν ,

∂gµν∂xλ

)(1.1)

Sm ≡ Sm

(gµν ,

∂gµν∂xλ

, q,∂q

∂xλ

)(1.2)

dove gµν è il tensore metrico, che in Relatività Generale definisce l’intervallo di tempoproprio dτ 2 = −gµνdxµdxν . Le espressioni delle due componenti dell’azione in GRsono date da:

Sg = − c3

16πG

∫Ω

d4x√gR (1.3)

Sm =1

c

∫Ω

d4x√gLm (1.4)

dove G ' 6.67 × 10−11 N m2 kg−2 è la costante di gravitazione universale, d4x√g

è l’elemento di volume invariante, con g ≡ −det(gµν), R è la curvatura scalare checontiene informazioni sul campo eLm è la densità lagrangiana che contiene l’interazionetra campo e materia. Ω è l’ipervolume tra due istanti di tempo. Sul suo bordo, la metricaè costante:

δgµν = 0 (1.5)δS = δ (Sg + Sm) = 0 (1.6)

Si omettano per il momento i fattori costanti. Dall’equazione (1.3) si ha:

δSg =

∫Ω

d4x√gGµνδg

µν +

∫Ω

d4x√ggµνδRµν (1.7)

Nella relazione (1.7) è stato definito il tensore di Einstein a quadridivergenza nulla:

Gµν ≡ Rµν −1

2gµνR (1.8)

dove Rµν è il tensore di Ricci:

Rµν =∂Γκµκ∂xν

− ∂Γκµν∂xκ

+ ΓηµκΓκην + ΓηµνΓ

κηκ (1.9)

e Γσµν è la connessione affine, legata al tensore metrico da:

Γσµν =1

2gλσ (∂νgλµ + ∂µgλν − ∂λgµν) (1.10)

L’identità di Palatini mostra che il differenziale del tensore di Ricci è dato dal suo rotore:

δRµν =(δΓλµν

);λ−(δΓλµλ

);ν

(1.11)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 3

Ricordando il teorema di Gauss e la condizione (1.5), mediante la relazione (1.11) sipuò dimostrare che il secondo addendo dell’equazione (1.7) si annulla. Risulta dunque:

δSg =

∫Ω

d4x√gGµνδg

µν (1.12)

Dall’equazione (1.4) si ha:

δSm =

∫Ω

d4x

[∂(Lm√g)

∂gµν

]− ∂

∂xλ

[∂(Lm√g)

∂gµν ,λ

]δgµν (1.13)

Al fine di ottenere il risultato in una forma simile a quella dell’equazione (1.12), è pos-sibile definire il tensore energia-impulso Tµν ponendo il contenuto della parentesi graffa

pari a −√g

2Tµν :

Tµν ≡ −2√g

[∂(Lm√g)

∂gµν

]− ∂

∂xλ

[∂(Lm√g)

∂gµν ,λ

](1.14)

ottenendo:δSm = −1

2

∫Ω

d4x√gTµνδg

µν (1.15)

Ripristinando le costanti prima degli integrali, dall’equazione (1.6), considerando l’ar-bitrarietà di Ω, si ottengono le equazioni di Einstein:

Gµν = −8πG

c4Tµν (1.16)

1.2 Derivazione dell’equazione della deviazione geodeti-ca

L’equazione della deviazione geodetica esprime l’accelerazione relativa di due particel-le in caduta libera all’interno di un campo gravitazionale. Si consideri una particellain caduta libera in un campo gravitazionale. Secondo il Principio di Equivalenza Forte,per ogni evento dello spazio-tempo è sempre possibile trovare un sistema di riferimen-to localmente inerziale tale da annullare localmente gli effetti della gravità. Pertanto,indicandolo con ξα, si ha:

d2ξα

dτ 2= 0 (1.17)

dτ 2 è l’intervallo di tempo proprio definito dalla metrica di Minkowski:

dτ 2 = dt2 − d~ξ2 = −ηαβdξαdξβ (1.18)

dove per la metrica di Minkowski è stata adottata la convenzione dei segni (− + ++).Considerando che sono permesse trasformazioni di coordinate in un sistema di riferi-mento arbitrario e quindi ξα ≡ ξα (xµ), con pochi passaggi dalla relazione (1.17) siottiene l’equazione della geodetica:

duλ

dτ+ Γλµνu

µuν = 0 (1.19)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 4

Si consideri la geodetica di una particella di prova A:

xµA = xµ(τ) (1.20)

e quella di una particella B:xµB = xµ(τ) + sµ(τ) (1.21)

sµ(τ) è detto vettore di connessione tra le due geodetiche. Dall’equazione (1.19) si haper A:

d2xµ

dτ 2+ Γµαβ (x)

dxα

dxβ

dτ= 0 (1.22)

per B:

d2 (xµ + sµ)

dτ 2+ Γµαβ (x+ s)

(dxα

dτ+dsα

)(dxβ

dτ+dsα

)= 0 (1.23)

L’accelerazione relativa delle due particelle è data dalla differenza tra le due equazioni.Se si considera lo sviluppo al primo ordine della connessione affine:

Γµαβ (x+ s) = Γµαβ (x) + Γµαβ,σ (x) sσ (1.24)

si ha, trascurando i termini al secondo ordine in sµ in quanto si assume s→ 0:

d2sµ

dτ 2= −Γµαβ,σs

σ dxα

dxβ

dτ− 2Γµαβ,σ

dsα

dxβ

dτ(1.25)

La derivata di sµ lungo la geodetica xµ viene dalla definizione del differenziale cova-riante:

Dsµ

Dτ= sµ;β

dxβ

dτ(1.26)

Ottenendo da questa la derivata seconda lungo la geodetica e usando la relazione (1.25)si trova l’equazione della deviazione geodetica:

D2sµ

Dτ 2= Rµ

ασβsσ dx

α

dxβ

dτ(1.27)

dove Rµασβ è il tensore di Riemann, definito da:

Rµασβ =

∂Γµασ∂xβ

− ∂Γµαβ∂xσ

+ ΓρασΓµρβ − ΓραβΓµρσ (1.28)

1.3 Derivazione dell’equazione delle onde gravitazionalinel vuoto

È possibile trovare delle soluzioni alle equazioni di Einstein nell’approssimazione dicampo debole scrivendo la metrica come somma di quella di Minkowski e della pertur-bazione dovuta alla presenza del campo gravitazionale:

gµν (t, ~x) = ηµν + hµν (t, ~x) + o(h2)

(1.29)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 5

dove ηµν = 0 per µ 6= ν, η00 = −1 e ηij = 1 per i = j. Tenendo conto di ciò, i simbolidi Christoffell (1.10) sono dati da:

Γσµν '1

2ηλσ (∂νhλµ + ∂µhλν − ∂λhµν) (1.30)

Se si ipotizza che il campo gravitazionale sia non stazionario, si troveranno delle equa-zioni d’onda che descrivono la propagazione della perturbazione gravitazionale nellospazio-tempo. Si scriva il tensore di Ricci come somma di una componente lineare R(1)

µν

ed una quadratica R(2)µν :

Rµν = R(1)µν +R(2)

µν + o(h3)

(1.31)

Sostituendo nell’equazione (1.16), tenendo conto delle relazioni (1.29) e (1.8), si ha:(R(1)µν −

1

2ηµνR

(1)

)= −8πG (Tµν + tµν) (1.32)

tµν contiene i termini del secondo ordine diRµν , per cui si definisce il termine di sorgenteτµν = Tµν + tµν , interpretabile come somma di un contributo dovuto alla materia e unodovuto al campo. Trascurando il termine tµν , che corrisponde a considerare un campoche si propaga senza auto-influenzarsi, le equazioni di Einstein che si ottengono sonolinearizzate. Il tensore di Ricci approssimato al primo ordine è dato da:

R(1)µν ' ∂νΓ

λµλ − ∂λΓλµν (1.33)

da cui, usando la relazione (1.30) e considerando soltanto i termini del primo ordine inh, si ottiene:

R(1)µν '

1

2

(2hµν + ∂µ∂νh− ∂λ∂νhµλ − ∂µ∂λhνλ

)(1.34)

dove h è la traccia della perturbazione. Si può dimostrare che è sempre possibilescegliere un sistema di coordinate per il quale valga la gauge armonica definita da:

∂µhµν ≡

1

2∂νh

µµ (1.35)

mediante la quale dall’equazione (1.34) si ha che:

R(1)µν '

1

22hµν (1.36)

Sostituendo la relazione (1.36) nella (1.32) e ponendo tµν ≡ 0 si ricava l’equazione delleonde in presenza di materia:

2

(hµν −

1

2ηµνh

)= −16πTµν (1.37)

L’equazione delle onde nel vuoto si ottiene dall’equazione (1.34) mediante la gaugearmonica (1.35). Ricordando che in questo caso Tµν = 0⇒ Rµν = 0, si ottiene dunque:

2hµν = 0 (1.38)

Ponendo nell’equazione (1.37) Tµν = 0 e confrontandola con l’equazione (1.38) risultah = 0.

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 6

1.4 Stati di polarizzazione delle onde gravitazionaliL’equazione delle onde (1.38) ha come soluzione la sovrapposizione di onde monocro-matiche:

hµν (t, ~x) = Reeµνe

ikλxλ

(1.39)

Qui kλ ≡(ω,~k

)è il quadrivettore numero d’onda e le costanti c ≡ G ≡ ~ ≡ 1

sono espresse in unità naturali. Nel sostituire la relazione (1.39) nell’equazione (1.38) èpossibile evitare di specificare che si considera la parte reale Re ai fini del calcolo. Siottiene dunque:

kλkλ = 0⇒ ω2 − k2 = 0⇒ λν = 1 (1.40)

dove λν = 1 rappresenta la velocità con cui le onde gravitazionali (GWs) si propaganoin assenza di materia ed è pari alla velocità della luce nel vuoto. La validità della gaugearmonica implica che:

kλeλν =

1

2kνe

λλ (1.41)

ossia, come sarà mostrato a breve, che le GWs sono trasversali e cioè hanno componentenulla nella direzione di propagazione. Esse sono dotate di due stati di polarizzazione dif-ferenti ai quali è stato dato il nome di campo gravitoelettrico e campo gravitomagnetico.eµν , che compare nell’equazione (1.39), è il tensore di polarizzazione che, come gµν , èsimmetrico nello scambio degli indici e pertanto è formato, in teoria, da dieci compo-nenti indipendenti. In realtà bisogna considerare che le condizioni di gauge introduconoquattro vincoli, per cui tale numero scende a sei. Scegliendo in maniera opportuna lecoordinate, il numero di gradi di libertà indipendenti si riduce ulteriormente fino a due ealtrettanti saranno gli stati di polarizzazione permessi.

Per meglio comprendere questo concetto, si supponga che un’onda gravitazionaleviaggi lungo l’asse z di un dato sistema di riferimento. Nell’approssimazione di campodebole:

kν ' ηµνkµ = (−k, 0, 0, k) (1.42)

Dall’equazione (1.41) si ha:

ν = 1⇒ e01 = −e31 (1.43)ν = 2⇒ e02 = −e32 (1.44)

ν = 3⇒ e03 =1

2(e11 + e22 + e33 − e00)− e33 (1.45)

ν = 0⇒ e00 = −1

2(e11 + e22 + e33 − e00)− e30 (1.46)

eµν è simmetrico dunque dalle equazioni (1.45) e (1.46) si ha:

e22 = −e11 (1.47)

Effettuando una trasformazione di coordinate infinitesima in modo tale che continui avalere la gauge armonica e scelto opportunamente il generatore, si può far vedere che leuniche componenti non nulle del tensore di polarizzazione sono:

e22 = −e11

e12 = −e21

(1.48)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 7

il quale ha quindi traccia pari a zero. Tale operazione determina la gauge trasversa atraccia nulla hTTµν , la quale rappresenta la soluzione dell’equazione delle onde ed è datada:

hµν = Re

0 0 0 00 e11 e12 00 e12 −e11 00 0 0 0

eikλxλ

(1.49)

Utilizzando le seguenti definizioni (Gasperini, 2018):

e(1)µν ≡

0 0 0 00 1 0 00 0 −1 00 0 0 0

(1.50)

e(2)µν ≡

0 0 0 00 0 1 00 1 0 00 0 0 0

(1.51)

h+ ≡ h11

h× ≡ h12

(1.52)

la soluzione generale dell’equazione (1.38) può essere espressa come:

hµν = h+e(1)µν + h×e

(2)µν (1.53)

dove i tensori h+ e h× soddisfano la seguente condizione di ortonormalità:1

2e(i)µνe

(j)µν = δij (1.54)

per cui descrivono i due stati di polarizzazione indipendenti. Combinando gli stati dipolarizzazione lineare espressi dalle equazioni (1.50) e (1.51):

e±µν =1

2

[e(1)µν ± ie(2)

µν

](1.55)

si ottengono quelli di polarizzazione circolare, anch’essi ortonormali. Supposto chel’onda ψ in esame sia polarizzata circolarmente, questa si trasformerà, per rotazione diun angolo θ, come:

ψ → ψ′ = ψeiεθ (1.56)

dove ε =~s · ~p|~p|

è l’elicità dell’onda gravitazionale. Applicando la matrice delle rotazioni:

Tµα =

0 0 0 00 cos θ sin θ 00 − sin θ cos θ 00 0 0 0

(1.57)

all’equazione (1.55), si ha;

e′±µν = TµαTν

βe±αβ = e±µνei2θ (1.58)

per cui dal confronto con l’equazione (1.56) risulta ε = ±2. Dalla definizione di ε segueche lo spin del gravitone è pari a 2.

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 8

1.5 Effetti perturbativi delle onde gravitazionaliSi considerino due particelle A e B in caduta libera in un campo gravitazionale, moltovicine tra loro. L’espressione dell’accelerazione relativa è data dall’equazione (1.27),posto sµ ≡ δxµ. Centrando un sistema di riferimento localmente inerziale sulla geode-tica di A, nelle immediate vicinanze la metrica sarà quella di Minkowski corretta contermini di secondo ordine. In tale sistema si ha x′iA = 0 ⇒ x′µB = δxµ e tA = τ . Laquadrivelocità della particella A sarà dunque data da:

dxµ

∣∣∣A

=

(dt

dτ,dx′i

)A

= (1,~0) (1.59)

Essendo g′µν |A = η′µν la relativa connessione affine è nulla. Si assuma che in questosistema di riferimento sia valida la gauge TT. Si ometterà l’apice per non appesantireulteriormente la notazione. In base all’equazione (1.59), l’equazione della deviazionegeodetica è:

d2

dt2δxj = Rj

0k0δxk (1.60)

Al primo ordine, considerando che nella gauge TT hTT0µ = hTTµ0 = 0, il tensore diRiemann si esprime come:

Rj0k0 =

1

2hTTjk ,00 (1.61)

per cui la relazione (1.60) diventa:

d2

dt2δxj =

1

2

∂2

∂t2hjkδx

k (1.62)

Si supponga ora che le due particelle siano a riposo e la distanza tra esse sia δxj0. Se en-trambe fossero investite da un’onda gravitazionale, la posizione relativa cambierebbe diuna quantità infinitesima δxj1 (t), dunque si avrebbe δxj (t) = δxj0 +δxj1 (t). Sostituendoall’interno dell’equazione (1.62), si ha:

d2

dt2δxj1 =

1

2

∂2

∂t2hjkδx

k0 (1.63)

La soluzione dell’equazione (1.63), δxj (t) ' 1

2hjkδx

k0, permette di scrivere la distanza

tra le due particelle al passaggio dell’onda gravitazionale come:

δxj (t) ' δxk (0)

(δjk +

1

2hjk

)(1.64)

Si consideri un’onda gravitazionale che si propaga lungo la direzione z di un dato si-stema di riferimento. In questo caso le uniche componenti non nulle della gauge TTsono quelle corrispondenti agli indici 11, 22, 12, 21. Se le particelle A e B sono allineatelungo z, ossia δxj0 = (0, 0, L0), dopo il passaggio dell’onda si avrà:

δxj (t) ' δx30

(δj3 +

1

2hj3

)⇒ δxj (t) ' L0

(δj3

)⇒ δxj (t) ' δxj0 (1.65)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 9

Dalla relazione (1.65) si evince dunque che un’onda longitudinale non influenza il siste-ma.

Se le particelle A e B sono allineate lungo uno degli assi ortogonali a z, ad esempioδxj0 = (0, L0, 0), dopo il passaggio dell’onda si avrà:

δxj (t) ' δx20

(δj2 +

1

2hj2

)⇒ δxj (t) ' L0

(δj2 +

1

2hj2

)(1.66)

per cui:δx1 (t) 6= L0

δx2 (t) 6= L0

δx3 (t) = 0

(1.67)

Per cui le equazioni (1.67) mostrano che un’onda trasversale perturba il sistema nelledirezioni perpendicolari a quella di propagazione. È facile ricavare che la variazionerelativa della distanza è:

∆L

L0

' 1

2h0 (1.68)

dove h0 definisce l’ampiezza (strain) dell’onda gravitazionale. È possibile stimare lostrain associato ad una sorgente di GWs e generalmente si tratta di un valore moltopiccolo, dell’ordine di 10−20. Per tale ragione, al fine di ottenere un ∆L che possaessere rivelato sperimentalmente, l’apparato deve essere caratterizzato da un L0 moltogrande.

1.6 Energia emessa da una sorgente di onde gravitazio-nali

È ben noto che il campo elettromagnetico è descritto dalle equazioni di Maxwell, chenel sistema CGS assumono la forma:

~∇ · ~E = 4πρ (1.69)~∇ · ~B = 0 (1.70)

~∇× ~E = −1

c

∂ ~B

∂t(1.71)

~∇× ~B =4π ~J

c+

1

c

∂ ~E

∂t(1.72)

dove ~E è il campo elettrico, ~B il campo magnetico, ρ è una densità di carica e ~J è ilvettore densità di corrente. È possibile ottenere equazioni analoghe anche per il campogravitazionale:

~∇ ·~g = −4πGρ (1.73)~∇ ·~b = 0 (1.74)

~∇× ~g = − 1

2c

∂~b

∂t(1.75)

~∇×~b =2

c

(∂~g

∂t− 4πG~S

)(1.76)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 10

dove ~g è il campo gravitoelettrico, ~b è il campo gravitomagnetico, ρ in questo caso èla densità di massa e ~S = ρ~v corrisponde al vettore di Poynting. Indicando con ϕ ilpotenziale Newtoniano, si dimostra che ~g = −~∇φ ovvero che ~g è proprio il campo gra-vitazionale Newtoniano, mentre il campo gravitomagnetico ~b è definito da ~b = ~∇ × ~h,dove ~h = (h01, h02, h03) è la perturbazione che compare nell’equazione (1.29). Sul-la base della similitudine tra le equazioni che descrivono il campo elettromagnetico equello gravitazionale, è possibile stabilire un’analogia tra la carica elettrica e la mas-sa di un corpo. Un sistema di cariche accelerate emette energia sotto forma di ondeelettromagnetiche (EM) con intensità data da:

Iem =2

3c3

(~dem

)2

+2

3c3

(~mem

)2

+1

180c5

...Qij,em

...Qij

em + ... (1.77)

dove ~dem è il dipolo elettrico, ~mem è il dipolo magnetico e Qij,em è il quadrupolo elettri-co. Per ottenere l’intensità con cui viene emessa energia sotto forma di GWs da un siste-ma di masse accelerate basta sostituire formalmente la massa alla carica nell’equazione(1.77). Indicando con ~dg il dipolo gravitoelettrico, con ~mg il dipolo gravitomagnetico econ Qij,g il quadrupolo gravitoelettrico, si ha dunque:

~dg =∑k

mk~rk = M ~Rcm (1.78)

~mg =∑k

~rk × (mk~vk) = ~L (1.79)

Qij,g =∑k

mk

(3xixj − δijr2

k

)(1.80)

Essendo ~dg = ~P e ~mg = ~L, dalle leggi di conservazione della quantità di moto ~P emomento angolare ~L, valide per un sistema isolato, risulta:

Ig =G

45c5

...Qij,g

...Qij

g + ... (1.81)

per cui l’energia emessa da un sistema accelerato di cariche dipende solo dal termine diquadrupolo, il cui fattore moltiplicativo è il quadruplo del corrispettivo elettromagneticoperché lo spin del gravitone è il doppio dello spin del fotone. La relazione (1.81) èricavabile in modo più formale risolvendo l’equazione (1.37).

Si consideri un sistema di massa M , costituito da N oggetti uguali e si indichi cona la sua dimensione. Se si approssima con Qij,g ' Ma2 il quadrupolo di massa, risulta...Qij,g '

Mv3

a. Sostituendo nell’equazione (1.81) si trova:

Ig 'G

45c5

M2v6

a2⇒ Ig '

c5

180G

4G2M2

a2

v6

c10⇒ Ig '

I0

180

(rsa

)2 (vc

)6

(1.82)

dove I0 ≡c5

G' 3.6× 1059 erg s−1 è la luminosità di Einstein, il cui valore rappresenta

il limite superiore alla luminosità che può essere emessa da un corpo e rs è il raggio diSchwarzschild, definito da:

rs =2GM

c2(1.83)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 11

Dal teorema del viriale:K = −1

2U (1.84)

risulta chev2

c2' rs

aper cui:

Ig ' I0r5s

a5(1.85)

Si noti che la relazione (1.85) implica che se le dimensioni tipiche del sistema sono taliche a rs, il valore Ig è molto piccolo. Solo per corpi collassati è dunque possibileun’emissione non trascurabile di GWs.

1.7 Onde gravitazionali emesse da un sistema binarioSi consideri un sistema binario (BS) formato da due corpi collassati in moto circolareattorno al proprio centro di massa (CM). L’energia emessa è data dalla formula (1.81),la quale dev’essere intesa come una media su tutte le lunghezze d’onda. Affinché questasia ben definita è quindi opportuno considerare un regime in cui i parametri orbitalirimangono all’incirca costanti. Tale assunzione è detta approssimazione adiabatica edè sicuramente applicabile a quei BSs come PSR 1913+16 o PSR J0737-3039, moltolontani dalla coalescenza. In questi casi gli oggetti dispongono del tempo necessario permodificare la propria traiettoria in modo da compensare la perdita di energia sotto formadi GWs, perciò Ig è:

Ig = −dEdt

(1.86)

L’energia posseduta dal BS è data da:

E = U +K (1.87)

dove K è l’energia cinetica mentre U l’energia potenziale. Definendo la massa ridottadel sistema µ ≡ m1m2

m1 +m2

e quella totale M ≡ m1 +m2 si ottiene, mediante il teorema

del viriale (1.84):

E =1

2U = −GµM

2r(1.88)

Sostituendo la relazione (1.88) nell’equazione (1.86) si trova:

dr

dt= − 2r2

GµMIg (1.89)

Dalle equazioni (1.86) e (1.89) risulta quindi dr ∝ dE, quindi via via che il BS perdeenergia, i due corpi si avvicinano sempre di più, come si vede nel pannello inferiore dellafigura 1.1. Il massimo dell’emissione viene raggiunto nella fase di merging e si attenuafino ad arrestarsi in quella di ringing down. È possibile stimare l’intensità dell’emissioneconsiderando:

Qij ' µr2 (1.90)...Qij '

µr2

T 3(1.91)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 12

Figura 1.1: Evoluzione temporale del BS responsabile dell’evento di onde gravitazionaliGW150914. Nella parte superiore del primo pannello sono raffigurate le diverse fasidell’evoluzione di un sistema binario di BHs. Nella parte inferiore del primo pannellol’asse delle y indica l’ampiezza del segnale gravitazionale, mentre l’asse delle x indica iltempo. La curva rossa indica l’andamento dello strain previsto sulla base della RelativitàNumerica, mentre la curva grigia quello rivelato dall’apparato strumentale. Nel pannelloinferiore l’asse delle y indica, a sinistra, la velocità orbitale relativa del sistema binario,espressa in unità di c, il cui andamento è indicato dalla curva verde, a destra, la distanza

tra i due BHs, espressa in unità di rs =2GM

c2, il cui andamento è indicato dalla curva

nera (Abbott et al., 2016b).

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 13

e trovando Ig ∝ µ2ω6r4. Tale risultato è in accordo con quello ottenibile formalmentedalla definizione del quadrupolo di massa (1.80) e dalla relazione (1.81):

Ig =32

5

G

c5µ2ω6r4 (1.92)

dove ω è la pulsazione, la cui espressione è ottenibile dall’equazione (1.84):

1

2µv2 =

1

2GµM

r⇒ ω2r2 = G

M

r⇒ ω =

√GM

r3(1.93)

Inserendo la relazione (1.93) nell’equazione (1.92):

Ig =32

5

G4

c5

µ2M3

r5(1.94)

perciò l’equazione (1.89) diviene:

dr

dt= −64

5

G3

c5

µM2

r3(1.95)

Si assuma che al tempo t ≡ 0 i due corpi siano a distanza r0 l’uno dall’altro. L’integraledella relazione (1.95) è:

r4(t) = r40 −

256

5

G3

c5µM2t (1.96)

Fissando per t = tc, r(tc) ≡ 0, si ottiene:

tc =5

256

c5

G3

r40

µM2(1.97)

L’utilizzo della relazione (1.97) consente di semplificare l’equazione (1.96):

r(t) = r0

(1− t

tc

)1/4

(1.98)

dalla quale si nota subito che la distanza r decresce al crescere di t e che r = 0 per t = tc.Dato che le ultime fasi della coalescenza, in cui viene meno l’ipotesi di campo debole,sono molto rapide, tc rappresenta una stima ragionevole del tempo totale necessario allafusione.

Per ricavare l’andamento temporale della pulsazione si combinino le relazioni (1.93)e (1.98):

ω = ω0

(1− t

tc

)−3/8

(1.99)

dove ω0 si calcola ponendo r ≡ r0 nell’equazione (1.93). Dato che ω = 2πf , dallerelazioni (1.97) e (1.99) si ha:

f =53/8

16π

1

(tc − t)

(c3

Gµ3/5M2/5

)5/8

(1.100)

La relazione appena trovata permette di definire un’osservabile molto importante per iBSs, ovvero la massa chirp:

M≡ µ3/5M2/5 (1.101)

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CAPITOLO 1. ELEMENTI DI RELATIVITÀ GENERALE 14

Figura 1.2: Andamento temporale della frequenza delle GWs rivelate dai due interfero-metri H1 e L1 di LIGO durante l’evento GW150914. L’asse delle y indica la frequenzadel segnale gravitazionale, il cui andamento è indicato dalla curva in risalto sullo sfondoblu, mentre l’asse delle x indica il tempo. Il colore è un indicatore dell’ampiezza delsegnale (Abbott et al., 2016b).

alla quale, come si vede dall’equazione (1.100), è appunto legata f :

f =53/8

16π

1

(tc − t)

(c3

GM

)5/8

(1.102)

L’equazione (1.102) implica che, per t < tc, al crescere di t la frequenza del segnaleaumenta. Tutte le osservazioni di GWs effettuate finora hanno dato un riscontro positivoa questo risultato. Un esempio del grafico che si ottiene abitualmente in questo generedi rivelazioni è riportato nella figura 1.2. Se si raggruppano tutte le costanti ponendo:

A ≡ 53/8

16π

(c3

GM

)5/8

(1.103)

l’equazione (1.102) diviene:

f =A

(tc − t)3/8(1.104)

e la sua derivata temporale è:

f =3

8

A

(tc − t)11/8(1.105)

per cui ricavando (tc − t)11/3 dalle relazioni (1.105) e (1.104), per confronto risulta:

ff−11/3 =3

8A−8/3 (1.106)

dalla quale mediante la definizione (1.103) si ottiene:

M =c3

G

(5

96π−8/3f−11/3f

)3/5

(1.107)

ossia l’equazione che si utilizza abitualmente per determinare le masse dei corpi col-lassati che costituiscono i BSs di cui si osservano le GWs (Abbott et al., 2016b). Lafrequenza che compare nell’equazione (1.107) è quella emessa dalla sorgente di GWs,che differisce da quella rivelata a causa del redshift cosmologico:

fobs =f

1 + z(1.108)

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Capitolo 2

Teorie metriche alternative allaRelatività

La prima soluzione cosmologica delle equazioni di campo (Einstein, 1916) prevedevache l’Universo fosse instabile: una piccola perturbazione sarebbe bastata a causarnel’espansione o il collasso sotto l’effetto della gravità. Al fine di ottenere una soluzionestatica, in accordo con la cosmologia generalmente in voga all’epoca, Einstein pensò diintrodurre nelle sue equazioni un termine che ne ostacolasse la contrazione, permessodalla teoria, che chiamò costante cosmologica Λ.

Le nuove equazioni di campo con il termine Λ, possono essere derivate medianteil principio variazionale, effettuando nell’equazione (1.4) la sostituzione Lm → Lm −

Λ8πG

. Differenziando l’azione corrispondente, si ricavano le equazioni di Einstein concostante cosmologica sulle quali si fonda l’attuale modello standard della cosmologia,detto ΛCDM (Λ Cold Dark Matter):

Gµν − Λgµν = −8πG

c4Tµν (2.1)

A partire dal 1998 il termine Λ nelle equazioni è diventato una necessità dopo che Perl-mutter et al. (1999), basandosi sui dati delle SNIa, hanno scoperto l’espansione acce-lerata dell’Universo. Si è giunti quindi, soprattutto in seguito all’analisi dei dati delsatellite Planck sulla CMB, allo sviluppo del cosiddetto modello cosmologico standard,in cui la costante Λ è responsabile dell’espansione accelerata e per questo motivo vieneinterpretata come un’energia oscura (DE) caratterizzata da una pressione negativa datada pDE = wcρDE . Nell’era della materia, dalle equazioni di Friedmann con costantecosmologica, si ottiene :

H(z) = H0

[ΩΛ + Ωk(1 + z)2 + Ωm(1 + z)3

]1/2 (2.2)

con:

ΩΛ =ρΛ

ρc(0)(2.3)

Ωk = − c2k

R20H

20

(2.4)

Ωm =ρmρc(0)

(2.5)

15

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 16

dove H(z) =R

R, H0 è la costante di Hubble, k è la curvatura dell’Universo, mentre R0

e ρc(0) sono rispettivamente il suo raggio scala e la sua densità critica al tempo attuale.Per un Universo piatto (k = 0), all’istante attuale (z = 0, H(0) = H0) l’equazione (2.2)diventa:

ΩΛ + Ωm = 1 (2.6)

Dai dati relativi alle SNIa risulta ΩΛ ' 0.7 e Ωm ' 0.3. Secondo la teoria della Nu-cleosintesi Primordiale sviluppata da Gamow, la densità di materia barionica è al più il5% della densità critica, per cui il restante 25% è costituito da materia oscura (DM) nonbarionica. Esiste dunque la possibilità che la Lagrangiana richieda una modifica diversada quella proposta da Einstein, per cui sono state elaborate numerose teorie metrichedella gravitazione nel tentativo di fornire un quadro cosmologico che non richieda lapresenza di DM e DE.

2.1 Classificazione delle teorie metriche della gravitàIn ogni teoria metrica della gravità la materia e i campi non gravitazionali rispondonosolo alla metrica dello spazio-tempo g. In principio non è però escluso che esistanoaltri campi gravitazionali, oltre la metrica, di tipo scalare, vettoriale o tensoriale. Inquesto caso essi sono responsabili del modo in cui la materia e i campi non gravitazionaligenerano i campi gravitazionali e producono la metrica (Will, 2014). Questa, una voltadeterminata, è tale da rispettare le prescrizioni dell’EEP enunciato nel capitolo 1. Leteorie metriche della gravità possono essere divise in due classi principali:

"purely dynamical metric theories": per le quali il comportamento di ogni campo èinfluenzato, ad un certo livello, da almeno uno degli altri campi della teoria. Unesempio di teoria "purely dynamical" è la GR di Einstein, la quale contiene soltan-to un campo gravitazionale, ossia la metrica stessa, la cui struttura ed evoluzioneè governata da equazioni differenziali alle derivate parziali, ovvero le equazioni diEinstein. Anche le teorie di tipo Brans Dicke appartengono a questa categoria inquanto l’equazione di campo che descrive la metrica coinvolge un campo scalare;

"prior-geometric metric theories": nelle quali sono presenti alcuni elementi la cuistruttura ed evoluzione è assegnata a priori ed è quindi indipendente dalla strutturae dall’evoluzione degli altri campi della teoria. Tra questi è tipicamente annovera-ta la metrica dello spazio-tempo piatto η o le coordinate temporali cosmologichet. Un esempio di teoria "prior-geometric" è la teoria bimetrica con gravità massi-va di Vesser, infatti le equazioni di campo associate alla metrica g contengono lametrica dello spazio-tempo piatto η.

Una teoria che contiene solo la metrica g comporta una gravità indipendente dallaposizione e dalla velocità del sistema locale (ossia valgono i principi LLI e LPI). Ciò èdovuto al fatto che l’unico campo che lega il sistema locale all’ambiente esterno è g, ilquale può essere sempre ricondotto alla metrica di Minkowski al confine tra il sistemalocale e l’ambiente esterno.

Una teoria che oltre alla metrica g contiene campi scalari ϕA comporta una gra-vità che può dipendere dalla posizione del sistema locale ma è indipendente dalla sua

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 17

velocità (ossia vale il principio LLI ma non LPI). Sia la metrica che i campi sono asin-toticamente Lorentz invarianti, ma questi ultimi possono dipendere dalla posizione delsistema locale.

Una teoria che oltre alla metrica g contiene campi vettoriali, scalari o di tipo "prior-geometric" comporta una gravità che può dipendere sia dalla posizione che dalla velocitàdel sistema locale (ossia non valgono i principi LLI e LPI).

2.2 Il formalismo post-Newtoniano parametrizzatoLa comparazione tra le previsioni di diverse teorie metriche della gravità diviene par-ticolarmente semplice nel limite in cui le sorgenti si muovano con basse velocità e ilcampo gravitazionale sia debole. In questa approssimazione, alla quale è dato il nome dilimite post-Newtoniano, la metrica dello spazio-tempo g prevista da ogni teoria metricadella gravità ha sempre la stessa struttura. Essa può essere scritta attraverso un’espan-sione in serie della metrica di Minkowski η in termini di potenziali gravitazionali co-struiti mediante le variabili relative alla materia in analogia al potenziale gravitazionaleNewtoniano, espresso in unità naturali da:

U(~x, t) ≡∫d3x′ρ(~x′, t)|~x− ~x′|−1 (2.7)

L’unica caratteristica che differenzia una teoria dall’altra è il valore assunto dai coeffi-cienti che moltiplicano i potenziali della metrica nello sviluppo in serie. Nel formalismopost-Newtoniano parametrizzato (PPN) tali coefficienti sono rimpiazzati dai parametridescritti nella tabella 2.1, i cui valori contraddistinguono ciascuna teoria, com’è possi-bile vedere nella tabella 2.2. Le condizioni richieste per poter descrivere una teoriametrica della gravitazione usando il formalismo PPN sono soddisfatte all’interno delSistema Solare, quindi i parametri PPN possono essere vincolati da esperimenti locali.Per esempio, nel famoso esperimento di Eddington del 1919, fu possibile stabilire chela deflessione angolare ∆θ dei raggi di luce passanti in prossimità del Sole, ad una cer-ta distanza d da esso, era esattamente il doppio rispetto a quella attesa dalla DinamicaNewtoniana, ma in perfetto accordo con quella prevista dalla Relatività Generale, ossia:

∆θ =(1 + γ)

2

4GM

dc2(2.8)

Nell’equazione (2.8) compare il parametro γ, il cui valore è pari ad uno in GR. La figu-ra 2.1 mostra le misure di γ ottenute da esperimenti sulla deflessione della luce e sulloShapiro Time Delay. Il parametro γ è legato al Principio di Equivalenza Debole (WEP),conosciuto anche come Universal Free Fall (UFF). Le teorie per le quali γ assume valoridiversi da uno prevedono una violazione del WEP. Questo significherebbe che particelledi natura diversa in caduta libera in un campo gravitazionale non guadagnano la medesi-ma accelerazione. Tuttavia, almeno nell’ambito del Sistema Solare, i limiti imposti a γsono molto stringenti, come mostrato in tabella 2.3. Negli esperimenti non si osservanodunque deviazioni significative dalla GR.

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 18

Parametro Significato GR Teorie semi- Teorieconservative conservative

γ Curvatura dello 1 γ γspazio-tempo prodottada una massa unitaria

β Grado di non linearità 1 β βnel campo gravitazionale

ξ Dipendenza dalla posizione 0 ξ ξ

α1 Dipendenza dal sistema 0 α1 0α2 di riferimento 0 α2 0α3 0 0 0

α3 Grado di violazione della 0 0 0ζ1 legge di conservazione del 0 0 0ζ2 momento angolare totale 0 0 0ζ3 0 0 0ζ4 0 0 0

Tabella 2.1: Formalismo PPN. Nella prima colonna sono riportati i diversi parametri,nella seconda è spiegato il significato di ciascuno, nella terza, nella quarta e nella quinta,rispettivamente, sono riportati i valori dei parametri che caratterizzano la GR, le teoriesemi-conservative e le teorie conservative (Will, 2014).

Teoria Funzioni arbitrarie PPN parameters

o costanti γ β ξ α1 α2

General Relativity nessuna 1 1 0 0 0

Scalari-tensorialiBrans Dicke ωBD

1+ωBD2+ωBD

1 0 0 0Generali, f(R) A(φ),V (φ) 1+ω

2+ω1 + λ

4+2ω0 0 0

Vettoriali-tensorialiNon vincolate ω, c1, c2, c3, c4 γ′ β′ 0 α′1 α′2Einstein-Æther c1, c2, c3, c4 1 1 0 α′1 α′2

TeVeS k, c1, c2, c3, c4 1 1 0 α′1 α′2

Tabella 2.2: Esempi dei parametri PPN relativi ad alcune teorie metriche della gravita-zione. Nella prima colonna sono elencati i nomi delle teorie considerate, nella secondaè specificata la presenza o meno di funzioni arbitrarie, mentre nelle colonne successivesono riportati i valori dei parametri PPN (Will, 2014).

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 19

Figura 2.1: Misure del parametro PPN γ. Nella parte superiore sono illustrati i risul-tati degli esperimenti relativi alla deflessione della luce, in quella inferiore quelli degli

esperimenti relativi allo Shapiro Time Delay. L’asse delle y indica i valori di(1 + γ)

2,

mentre l’asse delle x indica le date d’esecuzione dei diversi esperimenti. Le due li-

nee orizzontali indicano il valore(1 + γ)

2= 1, previsto dalla Relatività Generale (Will,

2014).

Parametro Effetto Limite Note

γ − 1 Ritardo temporale 2.3× 10−5 CassiniDeflessione della luce 2× 10−4 VLBI

β − 1 Precessione del perielio 8× 10−5 J2 = (2.2× 10−7)Effetto Nordtvedt 2.3× 10−4 ηN = 4β − γ − 3

ξ Precessione momento angolare 4× 10−9 Millisecond Pulsarα1 Polarizzazione orbitale 10−4 Lunar Laser Ranging

7× 10−5 PSR J1738+0333α2 Precessione momento angolare 2× 10−9 Millisecond Pulsarα3 Accelerazione delle pulsar 4× 10−20 Pulsar Pζ1 - 2× 10−2 Vincoli PPN combinatiζ2 Accelerazione binaria 4× 10−5 PP per PSR1913 + 16ζ3 Terza legge di Newton 10−8 Accelerazione lunareζ4 - - Non indipendente

Tabella 2.3: Limiti ai parametri PPN. Nella prima colonna sono elencati i diversi pa-rametri, nella seconda l’effetto considerato nel calcolo dei vincoli, nella terza i vincoliottenuti, mentre nella quarta colonna sono indicate alcune note (Will, 2014).

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 20

2.3 Teorie Scalari-TensorialiLe teorie Scalari-Tensoriali contengono, oltre la metrica g, un campo scalare ϕ, un po-tenziale V (ϕ) ed una funzione di accoppiamento A(ϕ). Esse, come la GR, sono descrit-te da una Lagrangiana data dalla somma di una componente relativa al campo e di unarelativa alla materia. L’azione SST di queste teorie si presenta quindi nella forma:

SST =1

16πG

∫d4x√−g[φR− φ−1ω(φ)gµν∂µφ∂νφ− φ2V (φ)

]+ Sm (2.9)

dove in questo caso il determinante della metrica è indicato con g, Sm è la compo-nente dell’azione relativa alla materia, φ ≡ A(ϕ)−2, 3 + 2ω(φ) ≡ α(ϕ)−2 e α(ϕ) ≡d(lnA(ϕ))

dϕ. I parametri PPN γ e β sono dati da:

γ =1 + ω

2 + ω(2.10)

β = 1 +λ

4 + 2ω(2.11)

come indicato in tabella 2.2, dove:

ω ≡ ω(φ0) (2.12)

λ ≡

φdω

(3 + 2ω)(4 + 2ω)

φ0

(2.13)

Il campo φ0 è dato dal valore assunto nell’epoca attuale dalla funzione φ. La costantegravitazionale Newtoniana GN è legata alle costanti di accoppiamento G, φ0 e ω tramitela relazione:

GN =G

φ0

(4 + 2ω

3 + 2ω

)(2.14)

Nelle teorie di Brans Dicke, la funzione ω è una costante, per cui è possibile definireωBD ≡ ω(φ). In questo caso dalla definizione (2.13) risulta λ = 1, dunque si ha β = 1.Gli effetti del campo scalare sono tanto più piccoli quanto più grande è il valore di ωBD,per cui al limite ωBD →∞ vengono ripristinate tutte le previsioni della GR.

In teorie più generali ω è funzione di φ quindi nell’era odierna e in presenza di campigravitazionali deboli, la teoria diviene pressoché indistinguibile dalla Relatività Gene-rale, mentre nel passato, nel futuro o in presenza di campi gravitazionali forti la teoriadiviene significativamente diversa da essa. In tutte le teorie di tipo Scalare-Tensoriale siha γ ≤ 1.

Le teorie f(R) rappresentano un’interessante tipologia di teorie Scalari-Tensoriali.Esse sono contraddistinte da un’azione data da:

Sf(R) =c3

16πG

∫d4x√−gf(R) + Sm (2.15)

dove f(R) è una funzione arbitraria dipendente dallo scalare di curvatura R. Scelta op-portunamente f(R), l’azione (2.15) descrive un Universo in espansione accelerata senza

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 21

la necessità di introdurre un termine di energia oscura. Attraverso alcune sostituzioniè possibile dimostrare che le teorie f(R) appartengono alla classe delle teorie Scalari-Tensoriali. Infatti ponendo f(R) ≡ f(χ)−f,χ(χ)(χ−R), dove χ è un campo dinamico,e definendo il campo scalare come φ ≡ f,χ(χ), l’azione (2.15) è quella data dall’equa-zione (2.9), con ω(φ) = 0 e φ2V (φ) = φχ(φ)− f(χ(φ)). Il valore di ω(φ) relativo alleteorie f(R) vìola fortemente il limite ω(φ) > 500 imposto dagli esperimenti nel SistemaSolare (Capozziello e Funaro, 2005). Per risolvere questo problema alcuni modelli pre-vedono che il potenziale V (φ) conferisca al campo scalare un’elevata massa efficace inpresenza di materia. Questo effetto, al quale è stato dato il nome di meccanismo cama-leonte, è quindi tale da sopprimere il campo scalare in prossimità di corpi come la Terrae il Sole, permettendo alle teorie f(R) di obbedire ai vincoli derivanti dagli esperimentilocali (Will, 2014).

2.4 Teorie Vettoriali-TensorialiLe teorie teorie Vettoriali-Tensoriali contengono, oltre la metrica g un quadrivettore uµ.Nelle teorie Vettoriali-Tensoriali non vincolate il quadrivettore è arbitrario, nelle teorieEinstein-Æther esso è invece un quadrivettore di tipo tempo, ossia (u0)2 > (~u)2, conmodulo unitario. L’azione più generale è quadratica nelle derivate di uµ ed è data da:

SV T =1

16πG

∫d4x√−g[(1 + ωuµu

µ)R−Kµναβ∇µu

α∇νuβ + λ(uµu

µ + 1)]

+ Sm

(2.16)dove:

Kµναβ = c1g

µνgαβ + c2δµαδ

νβ + c3δ

µβδ

να − c4u

µuνgαβ (2.17)

I coefficienti c1, c2, c3, c4 sono arbitrari. Nelle teorie Vettoriali-Tensoriali non vincolateλ = 0 e ω è arbitraria. Nelle teorie Einstein-Æther λ è un moltiplicatore di Lagrange,mentre, senza perdita di generalità, viene posto ω ≡ 0. Dato che esse prevedono ingenerale α1, α2, α3 6= 0 sono utili per studiare possibili violazioni del principio di inva-rianza locale di Lorentz (LLI). I parametri PPN mediante i quali è possibile studiare illimite post-Newtoniano delle teorie Einstein-Æther sono:

γ = 1 (2.18)β = 1 (2.19)ξ = α3 = ζ1 = ζ2 = ζ3 = ζ4 = 0 (2.20)

α1 = − 8(c23 + c1c4)

2c1 − c21 + c2

3

(2.21)

α2 = − 4(c23 + c1c4)

2c1 − c21 + c2

3

− (2c13 − c14)(c13 + c14 + 3c2)

c123(2− c14)(2.22)

dove c123 = c1 + c2 + c3, c13 = c1 + c3, c14 = c1 + c4. In base alle equazioni (2.21)e (2.22) i valori dei coefficienti c1, c2, c3, c4 devono essere tali che c123 6= 0, c14 6= 2 e2c1 − c2

1 + c23 6= 0. Richiedendo che la frequenza delle GWs sia espressa da un numero

reale è possibile imporre i vincolic1

c14

≥ 0 ec123

c14

≥ 0, mentre considerando che l’energia

dev’essere positiva si ha c1 > 0, c14 > 0 e c123 > 0 (Foster e Jacobson, 2006).

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 22

2.5 Teorie TeVeSLe teorie TeVeS (Tensoriali-Vettoriali-Scalari) sono state ideate in modo da ottenere unaformulazione relativistica in grado di riprodurre le caratteristiche di MOND (MOdifiedNewtonian Dynamics). Le teorie MoND si basano sull’idea proposta da Milgrom (1983)secondo la quale in presenza di campi debolissimi la gravità ha una formulazione diversada quella Newtoniana. La modifica da apportare alla seconda legge di Newton espressada:

~F = m~a (2.23)

dove ~F indica la risultante delle forze agenti su un oggetto di massa m dotato di acce-lerazione ~a, consiste nel moltiplicare il secondo membro dell’equazione (2.23) per unafunzione arbitraria dell’accelerazione, µ:

~F = mµ(ξ)~a (2.24)

dove µ ≡ µ(ξ), ξ =a

a0

e a0 ' 2 × 10−10. Il parametro a0 definisce un’accelerazione

scala che determina il passaggio dal regime Newtoniano a quello di MOND. La funzioneµ(ξ) deve soddisfare le seguenti condizioni:

µ(ξ) ' 1 per ξ >> 1 (2.25)µ(ξ) ' y per ξ << 1 (2.26)

La relazione (2.25) garantisce la validità della seconda legge di Newton nei sistemi ca-ratterizzati da valori dell’accelerazione molto maggiori dell’accelerazione scala. Per taleragione non si osservano deviazioni significative dalla Dinamica Newtoniana negli espe-rimenti effettuati all’interno del Sistema Solare. Dalla relazione (2.26) si ha invece che isistemi caratterizzati da valori dell’accelerazione molto minori dell’accelerazione scalasono descritti da:

~F ' ma2

a0

a (2.27)

L’equazione (2.27) permette di descrivere il moto delle stelle presenti nel disco delle ga-lassie a spirale senza supporre l’esistenza dell’alone di materia oscura (DM). Scrivendocome:

F = −GmM(r)

r2(2.28)

l’espressione della forza gravitazionale esercitata su una stella di massa m posta a di-stanza r dal centro di una galassia la cui massa barionica è descritta dalla funzioneM(r)e ponendo:

a = −v(r)2

r(2.29)

si ottiene 4√v(r) ' a0GM(r). Poiché nelle regioni molto lontane dal Bulge

dM(r)

dr'

0, la velocità diviene praticamente costante, come osservato sperimentalmente. La cur-va di rotazione della Galassia M33, mostrata in figura 2.2, è un esempio di questofenomeno.

Oltre che per i fit delle curve di rotazione delle galassie a spirale, MOND può essereutilizzata per descrivere la dinamica delle galassie nane sferoidali, oggetti notoriamente

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 23

Figura 2.2: Raffigurazione artistica della galassia M33 corredata dal grafico della suacurva di rotazione. L’asse delle y indica i valori delle velocità orbitali, espressa in kms−1, mentre l’asse delle x indica la distanza dal centro galattico, espressa in anni lu-ce. I punti in giallo indicano le misure relative alle stelle in orbita nel disco galattico,i punti in blu sono invece relativi alle osservazioni della transizione a 21 cm dell’idro-geno atomico effettuate nelle regioni periferiche. La linea continua rappresenta il fit aidati sperimentali, mentre la linea tratteggiata mostra la curva di rotazione attesa, nel-l’ambito della Dinamica Newtoniana, considerando soltanto la materia barionica. URLdell’immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki.

dominati dalla materia oscura. Considerando il moto dei corpi in orbita, è possibile de-finire due distinte accelerazioni: l’accelerazione dinamica, deducibile dalle osservazionisperimentali e l’accelerazione barionica, legata alla massa visibile. La dinamica New-toniana prevede che tali accelerazioni siano uguali, tuttavia ciò è smentito dai risultatiempirici per cui, classicamente, si suppone l’esistenza della materia oscura. Secondoil paradigma di MOND, è possibile spiegare l’accelerazione dinamica attraverso la solamateria barionica. Indicando con a l’accelerazione dinamica e con ag l’accelerazionebarionica, dall’equazione (2.24) si ha:

ag = µ(ξ)a (2.30)

Assumendo:µ(ξ) =

ξ√1 + ξ2

(2.31)

l’equazione (2.30) può essere riscritta come:

log ag = log102 log a

a0

√1 +

102 log a

a20

(2.32)

La relazione (2.32) è stata utilizzata per effettuare il fit dei dati relativi a un campionedi 62 galassie nane sferoidali, satelliti alla Via Lattea e alla galassia Andromeda. Leaccelerazioni dinamica e barionica, i cui logaritmi in base 10 sono riportati nelle tabelle

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 24

B.1 e B.2 dell’appendice B, sono state calcolate, rispettivamente, attraverso le equazioni(2.33) e (2.34), ad una distanza galattocentrica pari a r1/2:

a = 3σ2?

r1/2

(2.33)

ag = GΥL

2r21/2

(2.34)

dove σ2? indica la velocità di dispersione osservata, r1/2 indica il raggio entro cui è con-

tenuta la metà della luminosità galattica, Υ indica il doppio del rapporto tra la massa delsole e la sua luminosità nella banda visibile, mentre L indica la luminosità galattica nellabanda visibile (Lelli et al., 2017). Dal pannello superiore del grafico ottenuto, riportatoin figura 2.3, è possibile notare che i dati sperimentali si distribuiscono intorno alla curvapredetta da MOND. Il valore di a0 calcolato dal fit è del medesimo ordine di grandezzadi quello stabilito teoricamente.

Il modo più semplice di ottenere un’azione che descriva le teorie TeVeS è quello diestendere le teorie Einstein-Æther introducendo un campo scalare φ. Una volta definitala metrica gµν attraverso la relazione:

gµν ≡ e−2φgµν − 2uµuν sinh(2φ) (2.35)

l’azione relativa alla materia risulta analoga a quella valida per la GR introdotta nel-l’equazione (1.4) dove compare gµν al posto di gµν , mentre il campo gravitazionale èdescritto dall’azione (1.3) mediante la metrica gµν (Bekenstein, 2006, 2010).

L’azione del campo vettoriale è analoga a quella delle teorie Einstein-Æther, indicatanel primo addendo della relazione (2.16). Vi è inoltre un ulteriore contributo all’azionedovuto alla presenza del campo scalare, espresso da:

Ss = − c3

2k2`2G

∫d4x√−gF(ξ)(k`2hµνφ,µφ,ν) (2.36)

dove k è un parametro adimensionale, ` è una costante con le dimensioni di una lun-

ghezza, G ≡ 1

2

[2− c14

1 + κ(2− c14)

], κ ≡ k

8π, F è una funzione arbitraria di ξ e hµν ≡

gµν−uµuν . In questo contesto le operazioni di innalzamento e abbassamento degli indicidevono essere eseguite utilizzando la metrica gµν . La funzioneF(ξ) è scelta in modo che

la funzione µ(ξ) ≡ dFdξ

si comporti nel modo prescritto dalle relazioni (2.25) e (2.25)

rispettivamente nel regime Newtoniano e in quello di MOND. È possibile dimostrareche i parametri PPN delle teorie TeVeS hanno i seguenti valori (Sagi, 2009):

γ = β = 1 (2.37)ξ = α3 = ζ1 = ζ2 = ζ3 = ζ4 = 0 (2.38)

α1 = (α1)Æ − 16Gκc1(2− c14)− c3 sinh 4φ0 + 2(1− c1) sinh2 2φ0

2c1− c12 + c33

(2.39)

α2 = (α2)Æ − 2G(A1κ− 2A2 sinh 4φ0 − A3 sinh2 2φ0) (2.40)

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 25

log a-12.5 -12 -11.5 -11 -10.5 -10 -9.5 -9

log

ag

-14

-13

-12

-11

-10

/ ndf 2χ 242 / 61

Prob 2.127e-023

a0 5.11e-011± 4.792e-010

/ ndf 2χ 242 / 61

Prob 2.127e-023

a0 5.11e-011± 4.792e-010

log a-12.5 -12 -11.5 -11 -10.5 -10 -9.5 -9

resi

dual

s

-6

-4

-2

0

2

4

6

Figura 2.3: Accelerazioni delle galassie nane sferoidali. Nel pannello superiore l’assey indica il logaritmo in base 10 dell’accelerazione barionica, descritta dall’equazione(2.34), mentre l’asse x indica il logaritmo in base 10 dell’accelerazione dinamica, de-scritta dall’equazione (2.33). I punti blu corrispondono ai dati sperimentali, la linea

rossa, che corrisponde alla funzione y = log102x

a0

√1 +

102x

a20

, indica il fit ai dati speri-

mentali. Nel pannello inferiore l’asse y indica i residui normalizzati, mentre l’asse xindica il logaritmo in base 10 dell’accelerazione dinamica. I punti blu corrispondono airesidui calcolati per ciascuna misura, la linea rossa indica la retta y = 0. Nel pannel-lo in alto a destra è riportato il valore del χ2 ridotto, della probabilità e del parametrolibero a0, che compare nella funzione usata per il fit. Lo script e i dati sono riportati,rispettivamente, nelle appendici E e B.

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CAPITOLO 2. TEORIE METRICHE ALTERNATIVE ALLA RELATIVITÀ 26

dove φ0 è il valore asintotico del campo scalare, (α1)Æ e (α2)Æ indicano i parametri PPNdelle teorie Einstein-Æther (2.21) e (2.22), mentre i valori A1, A2 e A3 sono dati da:

A1 ≡(2c13 − c14)2

c123(2− c14)+

4c1(2− c14)

2c1 − c21 + c2

3

− 6(1 + c13 − c14)

2− c14

(2.41)

A2 ≡(2c13 − c14)2

c123(2− c14)− 4(1− c1)

2c1 − c21 + c2

3

+2(1− c13)

2− c14

(2

c123

+3

2− c14

)(2.42)

A3 ≡(2c13 − c14)2

c123(2− c14)+

4c3

2c1 − c21 + c2

3

+2

2− c14

(3(1− c13

c123

− 2c13 − c14

2− c14

)(2.43)

Al limite κ → 0 e φ0 → 0 i parametri α1 e α2 sono ricondotti alle espressioni (2.21) e(2.22).

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Capitolo 3

Vincoli alla velocità di propagazionedelle GWs

Secondo la GR, come mostrato nel paragrafo 1.4, la velocità di propagazione delle GWs,cgw, è pari a quella della luce nel vuoto, c. Tale previsione è stata recentemente con-fermata dalla rivelazione delle GWs prodotte nella fase finale merging di BSs di BHse dall’osservazione quasi simultanea del segnale gravitazionale e di quello elettroma-gnetico emessi nella coalescenza di un BS di NSs collocato nella galassia NGC 4993,distante circa 40 Mpc dalla Terra. Ciò ha consentito di fissare dei limiti alla velocità dipropagazione delle GWs. D’altra parte, il limite relativo al pulsar timing e quello pre-visto dall’effetto Cherenkov gravitazionale implicano che le GWs non possano esseresubluminali. Trovare dei constraints a cgw sempre più stringenti è dunque indispensabilenon solo per confermare le previsioni della GR, ma anche per escludere quelle teoriealternative che prevedono ∆c = cgw − c 6= 0.

3.1 Effetto Cherenkov gravitazionaleUna particella carica che si propaghi con velocità cp superiore a quella della luce cl inun determinato mezzo, emette energia sotto forma di radiazione Cherenkov. Infatti, sein condizioni normali gli atomi che costituiscono il mezzo hanno complessivamente unmomento di dipolo nullo, il passaggio della particella, a velocità cp > cl, causa unarottura della simmetria nella loro disposizione, generando un momento di dipolo nettodiverso da zero. L’energia spesa in tale processo viene poi rilasciata nella fase di di-seccitazione sotto forma di radiazione EM. Analogamente se le GWs si propagassero avelocità subluminale, una particella con velocità superiore a quella delle GWs emette-rebbe energia sotto forma di radiazione Cherenkov gravitazionale. L’esistenza di raggicosmici (CRs) ad alta energia che hanno percorso distanze elevate senza subire perditesignificative a causa di questo fenomeno, impone forti limiti inferiori alla velocità delleGWs.

Si consideri una particella che viaggi ad una velocità cp e si supponga cgw < c.Integrando l’equazione che descrive la potenza emessa per via dell’effetto Cherenkovgravitazionale, si ottiene la relazione che lega il suo tempo di volo ttravel all’impulso

27

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 28

iniziale pinit e finale p (Moore e Nelson, 2001). Lavorando in unità naturali si ottiene:

ttravel =m2pl

(n− 1)2

(1

p3− 1

p3init

)(3.1)

dove n =c

cgw> 1 e mpl =

√~cGN

è la massa di Planck. Dall’equazione (3.1) risulta

quindi impossibile che una particella con impulso p abbia viaggiato più a lungo deltempo tmax dato da:

tmax =m2pl

(n− 1)2 p3(3.2)

Lo spettro dei CRs, che mostra il flusso di tali particelle al variare dell’energia, si estendefino ad energie molto alte, dell’ordine di 1011 GeV. Il CR più energetico che è statopossibile osservare è presumibilmente un protone di ' 3× 1011 GeV.

Il protone non è una particella elementare. Alle energie considerate esso può es-sere trattato come una "loose bag" contenente principalmente quarks e gluoni, ognunodei quali porta con sé una piccola frazione dell’energia totale, indicata con x. Nel la-voro di Moore e Nelson (2001) viene utilizzato il valore x = 10%. Assumendo con-servativamente che il protone abbia un’origine galattica, si pone r ≡ 10 kpc, per cuit ' 1.57× 1036 GeV−1. Dall’equazione (3.2), essendo t ≤ tmax, risulta:

n− 1 ≤

√m2pl

(0.1E)3 t' 2× 10−15 (3.3)

Per cui si ha:∆c

c≥ −2× 10−15 (3.4)

In realtà è abbastanza improbabile che CRs di energie così elevate abbiano origine ga-lattica, mentre, secondo alcuni modelli, gli AGN (Active Galactic Nuclei) potrebberoaccelerare i protoni fino ad energie dell’ordine di 1011 GeV. Nel caso di un’origine ex-tragalattica il vincolo imposto alla velocità cgw dall’effetto Cherenkov gravitazionale ènotevolmente più stringente:

∆c

c≥ −2× 10−19 (3.5)

3.2 Pulsar timingLe pulsar sono delle particolari NSs dotate di un forte campo magnetico dipolare, del-l’ordine dei 1013 G, il cui asse è inclinato rispetto a quello di rotazione. Per questomotivo si verifica il cosiddetto "effetto faro", a causa del quale si osserva una tipica cur-va di luce caratterizzata da picchi periodici in corrispondenza dell’allineamento tra ladirezione di emissione del segnale EM e il rivelatore. Si supponga di monitorare dallaTerra una pulsar e si identifichi la direzione di propagazione dei fotoni con l’asse x diun dato sistema di riferimento (RF) Oxyz. Supposto che in questo caso lo spazio-temposia piatto, esso è descritto dalla metrica di Minkowski ηµν :

ds2 = ηµνdxµdxν ⇒ ds2 = −c2dt2 + dx2 + dy2 + dz2 (3.6)

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 29

Figura 3.1: Rappresentazione schematica della propagazione del segnale EM di una pul-sar. Nella figura l’asse x indica la direzione di propagazione delle onde elettromagne-tiche provenienti dalla pulsar verso la Terra. Durante il tragitto queste sono perturbatedalle GWs prodotte da una generica sorgente posta in direzione ortogonale all’asse x.

Nel caso considerato si può porre dy2 = dz2 = 0 e considerando che la luce in GRviaggia su una geodetica nulla, si ha ds2 = 0. Pertanto:

c2dt2 = dx2 (3.7)

Se una sorgente emette GWs in direzione ortogonale all’asse x del RF considerato, comeschematizzato nella figura 3.1, la metrica viene modificata a causa della perturbazionegravitazionale h (t, x) e può essere espressa da gµν = ηµν+hµν (Sazhin, 1978). Facendoriferimento alla relazione (1.66), dall’equazione (3.7) si ha:

cdt =

[1 +

1

2h (t, x)

]dx (3.8)

Scrivendo l’equazione (3.8) per (t1, x1) e (t0, x0) e calcolando la differenza si ottiene:

dδt =1

2c[h (t1, x1)− h (t0, x0)] dx =

1

2chdx (3.9)

dove δt = t1− t0 e h (t0, x0) = 0 nello spazio-tempo piatto. Indicando con τ0 il periododella pulsar rivelata da un osservatore nelle sue immediate vicinanze, ossia in x → 0 econ τ(t) il periodo della pulsar rivelato da un osservatore sulla Terra, a distanza x = Dda essa, in assenza della perturbazione gravitazionale si avrebbe τ(t) = τ0, mentre nelcaso in esame si ha τ(t) = τ0 + δt. Essendo la frequenza della pulsar ν definita comel’inverso del periodo, la variazione ∆ν dovuta alla presenza delle GWs è data da:

∆ν(t)

ν0

=ν0 − ν(t)

ν0

= 1− ν(t)

ν0

= 1− τ0

τ(t)= 1− τ0

τ0 + δt=

δt

τ0 + δt' δt

τ0

(3.10)

Dall’equazione (3.10), utilizzando l’equazione (3.9) e integrando tra 0 e D, si ottiene:

∆ν(t)

ν0

' 1

2c

∫ D

0

dx

(∂h

∂t

)(3.11)

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 30

Seguendo una dimostrazione più formale si ottiene la relazione (3.12) riportata nell’ar-ticolo di Baskaran et al. (2008):

∆ν(t)

ν0

=1

2c

∫ D

0

d`

(eiej

∂hij∂t

)path

(3.12)

che è sostanzialmente equivalente alla relazione (3.11). Qui ` è la variabile d’integrazio-ne, ei è il versore orientato nella direzione individuata dalla pulsar e l’osservatore e conpath è indicato il cammino che percorrerebbe la luce in assenza di perturbazione, espres-

so dalle condizioni t(`) = t− `

ce xi(`) = xi − ei`. Nel caso di GWs monocromatiche,

hij può essere espresso come:hij = hpije

ikµxµ (3.13)

dove h è l’ampiezza, kµ = (k0, ki) è il vettore d’onda e pij è il tensore di polarizzazionedelle GWs. Dopo aver sostituito nell’equazione (3.12) la relazione (3.13), integrando siottiene:

∆ν(t)

ν0

=1

2(1− ε)heiejpije−ik(1−ε)ct

1− ei(1−ε−kiei)kD(1− ε− kiei

) (3.14)

dove k =2π

λgwè il numero d’onda, ki =

ki

kè il versore nella direzione di propagazione

e ε ≡ c− cgwc

è il parametro che descrive la deviazione della velocità delle GWs daquella della luce nel vuoto. La variazione della frequenza misurata causa un’anomalia,indicata con R(t), nel tempo di arrivo dell’impulso emesso dalla pulsar considerata.Usando l’equazione (3.10) si definisce:

R(t) ≡∫ t

t−Tobsdt

∆ν(t)

ν0

(3.15)

dove Tobs indica per quanto tempo è stata monitorata la pulsar e R(t) è espresso insecondi (Baskaran et al., 2008). Sostituendo la relazione (3.14) nella (3.15) e integrandosi ha:

R(t) =i

2kcheiejpije

−ik(1−ε)ct (1− eik(1−ε)cTobs)1− ei(1−ε−kiei)kD(

1− ε− kiei) (3.16)

Analizzando l’equazione (3.16) è facile vedere che si verifica una risonanza se 1 − ε −kie

i → 0. Infatti, usando il teorema di de l’Hôpital, si dimostra che, in questo limite, lafrazione contenuta nelle parentesi quadre diviene proporzionale a kD.

Nel caso ε = 0 risulta kiei → 1 per cui, indicando con θ l’angolo tra i due versori,cos θ → 1⇒ θ → 0. Ciò non comporta una crescita di R(t) perché le GWs agiscono indirezione ortogonale a quella di propagazione e quindi eiejpij = 0.

Per ε > 0 il ritardo R(t) aumenta in maniera significativa quando 1− ε− kiei → 0.Se il valore di ε è piccolo, la condizione di risonanza impone che lo sia anche l’angolotra i versori ki e ei. Al fenomeno di crescita risonante di R(t) è dato il nome di effettosurf in quanto è come se le onde EM emesse dalla pulsar "surfassero" lungo le GWs.

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 31

Nel caso generale, la perturbazione gravitazionale hij(t, xi) può essere decompostamediante uno sviluppo in serie di Fourier integrando la combinazione lineare tra il ten-sore hij , espresso per GWs monocromatiche dalla relazione (3.13) e il suo complessoconiugato, su ogni possibile vettore d’onda e sommando su entrambi gli stati di polariz-zazione previsti dalla GR. Il contributo R(t, ki, σ) dato da ciascuna componente dellosviluppo in serie di Fourier è espresso dall’equazione (3.16) divisa per h. Sostituendotale espressione all’interno della funzione di trasferimento, definita da:

R2(k) ≡ 1

∫Ω

dΩ∑σ

∣∣∣R(t, ki, σ)∣∣∣2 (3.17)

dove l’indice σ = 1, 2 indica gli stati di polarizzazione, risulta:

R2(k) =1

2k2c2sin2

[kcTobs

2(1− ε)

] ∫ 1

−1

dµ(1− µ2

)2

sin2

[kD2

(1− ε− µ)]

(1− ε− µ)2

(3.18)

Qui µ = cos θ = eiki e dΩ = dµdφ. L’integrale può essere calcolato esplicitamente nei

limiti di interesse ε→ 0 e kD →∞ fornendo il risultato:

R2(k) ' 2

3k2c2sin2

[kcTobs

2(1− ε)

](1 +

3

2πε2kD

)(3.19)

La relazione (3.19) permette di calcolare un limite inferiore alla velocità di propagazionedelle GWs. È possibile definire la grandezza ε∗ come:

ε∗ =

(3Dπ2

cTobs

)−1/2

= 3.2× 10−3

[(10 kpcD

)(Tobs

10 years

)]1/2

(3.20)

riscrivendo l’equazione (3.19) come:

R2(k) ' 2

3k2c2

1− cos[kcTobs(1− ε)]

2

(1 +

3

2πε2kD

)(3.21)

assumendo ε ε∗ nell’equazione (3.21), è possibile ignorare sia il primo terminenell’ultima parentesi tonda che il fattore rapidamente oscillante, ottenendo:

R2(k) ' πε2D

2kc2(3.22)

Utilizzando la relazione:

〈R(t)2〉 =

∫ ∞k

dk

kPh(k)R(k) (3.23)

dove Ph(k) è la legge di potenza che descrive la perturbazione gravitazionale, si ha:

〈R(t)2〉 ' T 2obsh

2c

12π2 (1− 2α)

ε∗

)2

(3.24)

con hc =√Ph(k), hc ∝ kα e α è l’indice della legge di potenza che descrive lo strain

hc. Misurare dunque un valore di R(t) prossimo a zero consente, laddove si riesca a

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 32

ottenere una misura indipendente di hc, di fissare un limite inferiore alla velocità dipropagazione delle GWs. In particolare riarrangiando l’equazione (3.24) e definendoRrms ≡

√〈R(t)2〉, si ottiene:

ε ≤ 1.1× 10−2

[√

1− 2α

(10−17

hc

)(10 kpcD

)1/2(Rrms

0.1µs

)(10 yrsTobs

)3/2]

(3.25)

Si consideri il background stocastico di GWs emesse nella coalescenza di sistemi binaridi BHs supermassivi extragalattici. Per osservare l’effetto surf bisogna richiedere che ilperiodo delle GWs Tgw sia almeno uguale al tempo Tobs, per cui l’ordine di grandezzadelle frequenze fgw rivelabili è dato da fgw ' T−1

obs ' 0.1 yrs−1 ' 1µHz. Secondo unostudio di Enoki et al. (2004), l’ampiezza hc che caratterizza queste GWs è espressa da:

hc(fgw) ' 10−16

(fgw

1µHz

)−2/3

(3.26)

Dall’equazione (3.26) risulta inoltre α = −2

3. Posto hc ' 2.2 × 10−16, dalla relazione

(3.25) risulta dunque:

ε ≤ 3.7× 10−3

[(10 kpcD

)1/2(Rrms

0.1µs

)(10 yrsTobs

)3/2]

(3.27)

Mediante l’equazione (3.27) è possibile imporre dei vincoli potenzialmente più strin-

genti di ε ≤ 0.4% (Baskaran et al., 2008). Ricordando che ε ≡ c− cgwc

= −∆c

crisulta

quindi:∆c

c≥ −4× 10−3 (3.28)

che fornisce il limite cercato. Tale risultato costituisce un’ulteriore prova del fatto chele GWs non si propagano a velocità inferiori a quella della luce nel vuoto. Il vincoloriportato nell’equazione (3.28) è frutto di una stima teorica. Ci si aspetta dunque cheesso venga migliorato durante la fase sperimentale.

3.3 Rivelazione multipla del medesimo evento di GWsGli interferometri della collaborazione LIGO/VIRGO sono posizionati in tre differentilocalità del globo terrestre. I due rivelatori di LIGO si trovano negli Stati Uniti d’Ame-rica, mentre quello di VIRGO è situato in Italia. A causa di tale dislocazione spazialeè possibile che il medesimo segnale di GWs venga osservato da ciascuno strumento intempi diversi. Questa proprietà viene utilizzata per ottenere una stima della direzione diarrivo delle onde gravitazionali.

I rivelatori LIGO Hanford (H1) e LIGO Livingston (L1) sono separati da una distan-za d ' 10 ms×c = 3000 km. Si indichi con θ l’angolo tra la direzione di provenienzadelle GWs e quella individuata da H1 e L1. Come è intuibile dalla figura 3.2, il fronted’onda viene osservato dapprima da uno dei due apparati ed è rivelato dall’altro solodopo aver percorso un segmento di lunghezza l⊥:

l⊥ = d cos θ (3.29)

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 33

Figura 3.2: Rappresentazione schematica della propagazione del segnale di GWs. Nelpannello (a) è raffigurato il fronte d’onda di un’onda gravitazionale la cui direzione dipropagazione forma un angolo generico con il segmento di lunghezza d che congiungei detectors H1 e L1 di LIGO. Il segmento di lunghezza l⊥ indica la distanza percorsadall’onda gravitazionale nell’intervallo di tempo tra le rivelazioni dei due strumenti. Nelpannello (b) è raffigurato il fronte d’onda di un’onda gravitazionale la cui direzione dipropagazione è orientata in modo tale da massimizzare l’intervallo di tempo ∆t tra lerivelazioni dei due strumenti (Blas et al., 2016).

Assunto cgw = c, come previsto dalla GR, il ritardo temporale ∆t tra le due misureconsente di calcolare il valore di l⊥:

l⊥ = c∆t (3.30)

Di conseguenza, dalle equazioni (3.29) e (3.30) è semplice ricavare θ.Cambiando prospettiva, ossia supponendo che cgw 6= c, è possibile ottenere un limite

superiore a cgw (Blas et al., 2016). La lunghezza l⊥ in questo caso è data da:

l⊥ = cgw∆t (3.31)

Dalla relazione (3.29) risulta che la distanza l⊥ è certamente minore rispetto a d, per cuil’equazione (3.31) implica che:

cgw ≤d

∆t(3.32)

Nella tabella 3.1 sono riportati alcuni degli eventi di coalescenza di buchi neri binari os-servati dalla collaborazione LIGO/VIRGO ed i corrispondenti constraints su cgw, deter-minati usando la relazione (3.32). Dei limiti riportati nella tabella 3.1, il più stringenteè:

∆c

c≤ 0.25 (3.33)

Sebbene i vincoli imposti alla velocità cgw mediante questo metodo siano molto debolirispetto a quelli calcolabili nei casi in cui insieme alle GWs viene rivelata la controparteEM, esso gode dell’importante proprietà di essere indipendente dai modelli teorici diproduzione e di propagazione delle GWs, per cui rimane applicabile qualsiasi sia lateoria della gravitazione considerata.

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 34

Evento ∆t(ms) ∆cc

GW150914 6.9+0.5−0.4 ≤ 0.64

GW151012 ' 0.6 ≤ 15GW151226 1.1+0.3

−0.3 ≤ 19GW170104 ' 3 ≤ 2.3GW170608 ' 7 ≤ 0.43GW170814 ' 8 ≤ 0.25

Tabella 3.1: Ritardo tra la risposta degli interferometri di Hanford e Livingston. Nellaprima colonna sono riportati gli identificativi degli eventi di GWs prodotti dal mergingdi BHs in BSs, nella seconda gli intervalli di tempo tra la rivelazione di ciascuno deidue interferometri di LIGO, nella terza i vincoli calcolati sulla base delle considerazionifatte nel paragrafo 3.3. I dati sono stati estrapolati da: Abbott et al. (2016a), Abbottet al. (2016b), Abbott et al. (2017a), Abbott et al. (2017b), Abbott et al. (2017c), Abbottet al. (2017d) e https://gcn.gsfc.nasa.gov/other/G197392.gcn3. Nel caso degli eventiGW150914 e GW151226 il calcolo è stato effettuato in modo conservativo entro duesigma dal valore atteso.

3.4 Rivelazione della controparte EM di un evento diGWs

Il 17 Agosto 2017 gli interferometri della collaborazione LIGO/VIRGO hanno rive-lato l’evento di GWs GW170817 generato dalla coalescenza di un sistema binario diNSs. Dopo un brevissimo intervallo di tempo sia il Gamma-Ray Burst Monitor a bordodel satellite Fermi che l’Anti-Coincidence Shield di INTEGRAL (International Gamma-Ray Astrophysics Laboratory) hanno osservato indipendentemente il Gamma-Ray Burst(GRB) GRB170817A. È stato calcolato che la probabilità che una misura di questo tipo,quasi simultanea nel tempo e nello spazio, si registri per caso è ' 5.0× 10−8. Ciò con-ferma quindi che il GRB ha avuto origine in seguito alla coalescenza della coppia di NSsche ha prodotto le GWs. Se si suppone che il GRB sia stato emesso in corrispondenzadel picco in frequenza del segnale di GWs, dal ritardo ∆t tra le due misure è possibilericavare un limite superiore alla velocità di propagazione delle GWs, cgw. Indicando cont il tempo di volo di un fotone del GRB e con tgw quello delle GWs provenienti dal BSe definendo ∆t = t− tgw si ha:

∆t =D

c− D

cgw⇒ ∆t

D=

1

c− 1

cgw⇒ c

cgw= 1− c∆t

D(3.34)

dove D è la distanza tra il BS e la Terra. Dall’equazione (3.34) risulta quindi:

∆c

c=cgwc− 1⇒ ∆c

c=

1

1− c∆t

D

− 1⇒ ∆c

c' c∆t

D(3.35)

nell’ultima implicazione, la frazione è stata sostituita dal suo sviluppo in serie al primo

ordine intorno ac∆t

D→ 0. Nel caso del merging di NSs rivelato il 17 Agosto 2017

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 35

è stato misurato un intervallo di tempo tra il segnale EM e quello gravitazionale pari a

∆t = 1.74±0.05 s. Il valore della distanza di luminosità del BS,DL =

√L

4πFricavato

da Abbott et al. (2017a) è pari a 40+8−14 Mpc. La galassia nella quale hanno avuto luogo

gli eventi GW170817 e GRB170817, NGC 4993, è stata identificata nella campagna diosservazione del follow-up EM. Per questo motivo è stato possibile ottenere una misuramolto precisa del redshift, il cui valore è z = 0.00978 ± 0.00002 (Hjorth et al., 2017).In prima approssimazione la velocità del flusso di Hubble è data da vH = cz, ma inquesto caso dev’essere corretta considerando il parametro di decelerazione cosmologicoq0. Nell’articolo di Abbott et al. (2017a) è stato calcolato vH = 3017 ± 166 km s−1.Dividendo questo valore per la costante di Hubble H0 si stima che la distanza dellagalassia NGC 4993 sia di 42.9± 3.2 Mpc. Tale valore è stato ricavato tenendo conto dientrambe le stime della costante di Hubble, H0 = 67.8± 0.9 determinata in base ai datidi Planck (Ade et al., 2016) e H0 = 73.24± 1.74 determinata in base ai dati relativi alleSNIa (Riess et al., 2016) ed è compatibile con il valore DL ottenuto precedentemente.

Da questi dati si ottiene un limite superiore per∆c

cpari a:

∆c

c≤ 7× 10−16 (3.36)

Per trovare un limite inferiore, si deve supporre che l’emissione del GRB sia avvenutapiù di 1.74 ± 0.05 s dopo quella delle GWs. Se definiamo questo intervallo come ∆te,prima di utilizzare l’equazione (3.35) questo deve essere sottratto al lasso di tempo inter-corso tra le due misure. Assumendo conservativamente ∆te ' 10 s, risulta ∆t ' −8.86s da cui:

∆c

c≥ −3× 10−15 (3.37)

3.5 Limiti alla massa del gravitoneAttraverso il formalismo della Meccanica Quantistica (QM) è possibile descrivere l’in-terazione elettromagnetica, l’interazione nucleare debole e quella forte come aspetti di-versi di una stessa simmetria (Capozziello e Funaro, 2005). L’interazione gravitazionaleè ben descritta dalla GR che però non si presta ad essere quantizzata. Dunque, allo statoattuale delle conoscenze, appare impossibile ottenere una teoria che unifichi tutte e quat-tro le interazioni fondamentali. Per questo motivo sono nate diverse teorie alternativealla GR strutturate in modo tale da permettere il processo di quantizzazione secondo ilformalismo della QM. Alcune di esse prevedono che l’interazione gravitazionale sia me-diata dal gravitone, un bosone di spin 2 privo di massa e di carica elettrica. Il gravitoneè una particella a massa nulla perché, com’è possibile constatare dall’equazione (1.40),secondo la GR le GWs si propagano esattamente alla velocità della luce. Infatti, essendol’energia di una particella espressa dall’equazione E2 = p2c2 +m2c4, risulta:

E2 = p2c2 +m2c4 ⇒ 1 =v2

c2+m2c4

E2⇒ v

c=

√1− m2c4

E2(3.38)

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 36

Dalla relazione (3.38) è quindi facile intuire che solo particelle con massa a riposo nullapossono viaggiare ad una velocità pari a quella dalla luce nel vuoto. Si supponga che ilgravitone abbia una massa a riposo mg 6= 0 e si scriva l’equazione (3.38) come:

cgwc

=

√1−

m2gc

4

E2(3.39)

Supposto che il gravitone sia dotato di un’energia E =hc

λmolto maggiore della sua

massa a riposo, dallo sviluppo in serie al primo ordine della radice intorno am2gc

4

E2→ 0,

si ha:cgwc' 1−

m2gc

4

2

(hc

λ

)2 (3.40)

dove λ è la lunghezza d’onda associata alle GWs. Definendo la lunghezza d’onda

Compton del gravitone come λg =h

mgc, si ottiene:

cgwc' 1− λ2

2λ2g

(3.41)

Dunque dalla relazione (3.41) ne consegue che se il gravitone avesse una massa a riposonon nulla, la velocità cgw non sarebbe costante ma varierebbe al variare della lunghezzad’onda λ delle GWs (Will, 2014). L’equazione (3.41) consente di ottenere limiti moltostringenti a mg, necessari per testare le teorie che prevedono l’esistenza di gravitonimassivi.

Negli eventi di merging tra due NSs, la rivelazione di GWs accompagnate dallacontroparte EM permette, come mostrato nel paragrafo 3.4, la determinazione diretta del

rapporto∆c

cda cui estrarre il valore di cgw(λ) mediante il quale vincolare mg. Il limite

imposto dagli eventi GW170817 e GRB170817A alla massa del gravitone èmg ≤ 10−22

eV/c2 (Baker et al., 2017).Per quanto riguarda gli eventi di merging di BHs la tecnica appena illustrata non è

applicabile. Tuttavia, a causa della dipendenza di cgw dalla lunghezza d’onda, dall’e-quazione (3.41) risulta che le GWs generate nella fase finale della coalescenza, dove lalunghezza d’onda decresce fino a raggiungere il minimo, viaggerebbero ad una velocitàsuperiore rispetto a quelle emesse precedentemente. Questo causerebbe una differenzadi fase tra la forma dell’onda attesa e quella effettivamente osservata dalla cui analisi èpossibile ricavare un limite superiore a mg (Will, 2018). Dallo studio dei dati relativiall’evento GW150914 è stato possibile ottenere mg ≤ 1.2× 10−22 eV/c2 (Abbott et al.,2016b).

Questi limiti alla massa del gravitone, seppur molto stringenti, sono più deboli diquelli ricavabili nell’ambito del Sistema Solare. Qui è possibile pensare che la dinamicadei corpi in orbita attorno al Sole sia ben descritta da un potenziale Newtoniano correttomediante un potenziale di Yukawa:

V (r) = −GMre−r/λg (3.42)

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 37

La validità dell’equazione (3.42) implica il verificarsi della precessione del perieliodei pianeti del Sistema Solare, la cui entità è espressa dalla relazione:

∆φ = π

(a

λg

)2 (1− e2

)−1/2 (3.43)

dove φ indica la longitudine del perielio misurata in un fissato sistema di riferimento, aindica il semiasse maggiore dell’orbita mentre e indica l’eccentricità dell’orbita (Will,2018).

Considerando un sistema formato da due corpi caratterizzato da una massa totaleM e da una massa ridotta µ, dall’equazione (3.42) è possibile calcolare che il periodoorbitale è dato da:

P ' PK

(1 +

a2

4λ2g

)(3.44)

dove a è il semiasse maggiore dell’orbita, assunta quasi circolare, e PK = 2π

(a3

GM

) 12

è il periodo Kepleriano. Nella relazione (3.44) PK è moltiplicato per un fattore chedipende dalla lunghezza d’onda Compton del gravitone. Semg → 0 vengono ripristinatele previsioni della dinamica Newtoniana in quanto λg → ∞, mentre se mg 6= 0 allorarisulta P > PK .

I limiti alla massa del gravitone imposti dalla validità dell’equazione (3.43) sono piùstringenti sia rispetto a quelli che si possono inferire dalla violazione della terza legge diKeplero, espressa dall’equazione (3.44), che rispetto a quelli imposti dalla rivelazionedelle GWs. Dai dati sul perielio di Marte, ottenuti dalla sonda Mars ReconnaissanceOrbiter, si trova λg ≥ 1.2 × 1014 km, ossia mg ≤ 1.7 × 10−24 eV/c2 (Will, 2018), cheattualmente è uno dei vincoli migliori sulla massa del gravitone.

È interessante confrontare i limiti sulla massa del gravitone con quelli sulla massa delfotone, essendo entrambe particelle di massa nulla sul piano teorico. È possibile imporreun vincolo alla massa del fotone analizzando il segnale elettromagnetico emesso dallaCrab Pulsar. Riscrivendo l’equazione (3.41) per il fotone:

cemc' 1− λ2

2λ2γ

(3.45)

dove cem indica la velocità di propagazione del fotone di massa mγ e λγ =~mγc

indica

la sua lunghezza d’onda Compton, risulta che il segnale elettromagnetico si propagatanto più rapidamente quanto più piccola è la sua lunghezza d’onda λ e viceversa.

Si consideri la curva di luce della Crab Pulsar. La differenza tra la fase ϕ1, relativa aun picco della curva di luce osservata nella lunghezza d’onda λ1 e la fase ϕ2, relativa alcorrispondente picco della curva di luce osservata nella lunghezza d’onda λ2, consentedi determinare l’intervallo di tempo che intercorre tra essi, dato da:

δt = τδϕ (3.46)

dove δϕ = ϕ1 − ϕ2 e τ = 33 ms è il periodo della Crab Pulsar. Assumendo che inprossimità di tali picchi i fotoni siano stati emessi contemporaneamente in entrambe lelunghezze d’onda λ1 e λ2 e che gli effetti di dispersione del segnale elettromagnetico

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 38

dovuti alla presenza del mezzo interstellare siano trascurabili, δt sarà diverso da zerosolo per via della dipendenza della velocità di propagazione del segnale elettromagneticodalla lunghezza d’onda, espressa dall’equazione (3.45). Dunque, scelto λ1 > λ2, si haδt ≥ (t1 − t2), dove con t1 e t2 si indica, rispettivamente, il tempo di volo dei fotoni dilunghezza d’onda λ1 e λ2. Il tempo impiegato dai fotoni provenienti dalla Crab Pulsarper raggiungere la Terra è dato da:

cem =d`

dt⇒ tγ =

∫ L

0

d`1

cem(3.47)

dove L = 2.2 kpc indica la distanza della Crab Pulsar. Quindi dalla relazione (3.47) siottiene:

δt ≥∫ L

0

d`

(1

cem,1− 1

cem,2

)'(L

c

)cem,2 − cem,1

c(3.48)

Ricordando l’equazione (3.45), dalla relazione (3.48) risulta dunque:

mγ ≤

√(~c

)δt

λ21 − λ2

2

(3.49)

Nella figura 3.3 sono riportate, a titolo di esempio, le curve di luce della Crab Pulsarosservate a ≥ 100 MeV e nella banda radio. La relazione (3.49) permette di calcolaremγ ≤ 10−44 g. Nell’articolo di Wei e Wu (2018), usando un campione di 22 radio pulsarsituate nella Grande Nube di Magellano, è stato trovatomγ ≤ 1.5×10−45 g. Esprimendoin grammi i limiti sulla massa del gravitone imposti dalla rivelazione delle GWs e daitest del Sistema Solare considerati precedentemente si ottiene, rispettivamente, mg ≤2.1× 10−45 g e mg ≤ 3.0× 10−47 g.

Seppur stimati con tecniche differenti, i vincoli sulla massa del gravitone e del foto-ne sono pressoché del medesimo ordine di grandezza e sono entrambi compatibili conmg = mγ = 0.

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CAPITOLO 3. VINCOLI ALLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE GWS 39

Figura 3.3: Curve di luce della Crab Pulsar rivelate dal telescopio spaziale Fermi LAT(Large Area Telescope). L’asse delle y indica l’intensità del segnale osservato, espressain conteggi, l’asse delle x indica la fase. La curva di luce osservata a energie ≥ 100MeV è riportata in nero, quella osservata nella banda radio in rosso. In alto a destra èriportato un ingrandimento del primo picco, in alto a sinistra quello del secondo (Abdoet al., 2010).

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Capitolo 4

Vincoli alle teorie metriche dellagravità

Nonostante la grande complessità intrinseca nella rivelazione delle onde gravitaziona-li, mediante la tecnica interferometrica è stato possibile ottenere ottimi risultati, i qualihanno aperto una nuova finestra di osservazione segnando così l’inizio dell’astronomiamultimessaggero. Gli eventi esaminati in prima battuta dalla collaborazione LIGO/VIR-GO sono principalmente dovuti alla fusione di coppie di buchi neri, ma è stato osservatoanche il merging di due stelle di neutroni, di rilevante importanza per via dell’emis-sione elettromagnetica, in forma di un Gamma-Ray Burst, rivelata a ridosso di quellagravitazionale.

Analizzando i dati sulle stime delle masse dei BHs nelle fasi antecedenti la coale-scenza, riportati nella tabella A.1 in appendice A, è possibile constatare che le masse diquesti oggetti sono distribuite nell’intervallo [' 10 M,' 50 M]. Come si può vederedalla figura 4.1, questi BHs sembrano dunque appartenere ad una classe diversa rispettoa quelli il cui disco di accrescimento è osservato nella banda dei Raggi X, aventi masse≤ 10 M. Nel grafico 4.2 è stato eseguito un fit ai dati che ne riproduce la distribuzionecon una probabilità del' 28%. È immediato notare che la massa dei BHs rivelati grazieal segnale gravitazionale cresce all’aumentare della distanza dalla Terra. Sebbene non sipossa escludere la possibilità che questo fenomeno sia dovuto a qualche principio fisico,è più probabile che si tratti di un effetto di selezione. Infatti dalle equazioni di Einsteinin presenza di materia (1.37) è possibile dimostrare, nella gauge TT, che la perturbazionegravitazionale può essere espressa come:

hij '2G

3c4RQij (4.1)

dove R indica la distanza della sorgente di GWs dall’osservatore e Qij il relativo mo-mento di quadrupolo. Nel caso di un Sistema Binario, dall’equazione (1.90) si ottieneche hij ∝

µ

R. Questa relazione permette di spiegare l’andamento delle misure riportate

nel grafico 4.2. Per R grande dunque, i BSs costituiti da BHs di massa piccola emettonodelle GWs che non vengono osservate in quanto l’ampiezza dell’onda non è sufficiente-

mente elevato da causare un∆L

L0

rivelabile dagli interferometri attualmente in funzione.

Osservare eventi di GWs non è solo importante dal punto di vista astronomico, maanche da quello teorico. Dalle misure relative al merging di BHs e NSs è possibile

40

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 41

Figura 4.1: Buchi neri e stelle di neutroni. Nella figura i cerchi blu indicano i BHsosservati dalla collaborazione LIGO/VIRGO attraverso le GWs, i cerchi viola indicano iBHs il cui disco di accrescimento è osservato nella banda dei raggi X, i cerchi arancioniindicano le NSs osservate dalla collaborazione LIGO/VIRGO attraverso le GWs, mentrei cerchi gialli indicano le NSs note. Le dimensioni di ciascun cerchio sono proporzionalialla massa dell’oggetto indicato. URL dell’immagine: https://lisa.nasa.gov.

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 42

redshift0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

mas

s (s

olar

mas

s un

its)

0

10

20

30

40

50

60

/ ndf 2χ 20.96 / 18Prob 0.2812a 9.658± 68.82 b 4.881± 23.15

/ ndf 2χ 20.96 / 18Prob 0.2812a 9.658± 68.82 b 4.881± 23.15

redshift0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

resi

dual

s

-6

-4

-2

0

2

4

6

Figura 4.2: Masse dei BHs sorgenti di GWs. Nel pannello superiore l’asse y indicale masse dei BHs dei BSs esaminati, espresse in unità di masse solari, mentre l’assex indica la distanza dei BSs rispetto alla Terra, espressa in termini di redshift. I puntiblu corrispondono ai dati sperimentali, la linea rossa, che corrisponde alla funzione y =b log(x) + a, indica il fit ai dati sperimentali. Nel pannello inferiore l’asse y indicai residui normalizzati, mentre l’asse x indica la distanza dei BSs rispetto alla Terra,espressa in termini di redshift. I punti blu corrispondono ai residui calcolati per ciascunamisura, la linea rossa indica la retta y = 0. Nel pannello in alto a destra è riportato ilvalore del χ2 ridotto, della probabilità e dei due parametri liberi, a e b, che compaiononella funzione usata per il fit. Lo script e i dati sono riportati, rispettivamente, nelleappendici C e A.

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 43

ottenere solidi vincoli alla velocità di propagazione delle GWs e alla massa del gravito-ne, in grado di mettere a dura prova le teorie che prevedono la possibilità che le GWsviaggino ad una velocità diversa da quella della luce nel vuoto oppure che l’interazionegravitazionale sia mediata da gravitoni massivi. Il ritardo tra la rivelazione del segnalegravitazionale ed elettromagnetico, osservabile negli eventi di coalescenza di stelle dineutroni, consente di falsificare un’ampia classe di teorie metriche alternative alla GR,denominate "Dark Matter Emulators" (DME) per via della presenza di un’ulteriore me-trica il cui compito è quello di riprodurre gli effetti normalmente imputabili alla presenzadella materia oscura.

4.1 Shapiro Time DelayIl tempo impiegato da un’onda elettromagnetica per propagarsi nel vuoto da una posi-

zione dello spazio-tempo piatto ad un altra, posta a distanza dr, è dato da dt =dr

c. Se

tra le due posizioni è presente un potenziale gravitazionale, questo causerà un ritardodtShapiro, noto come Shapiro Time Delay, rispetto al tempo dt. Il primo a suggerire l’e-sistenza di quest’effetto fu Irwin Shapiro il quale, nel 1964, ne colse le potenzialità pertestare la Relatività Generale.

Si supponga che una particella proveniente dall’infinito viaggi alla velocità c versouna sorgente di campo gravitazionale, come illustrato nella figura 4.3. La metrica dellospazio-tempo in questo caso è quella formulata da Schwarzschild:

ds2 =(

1− rsr

)c2dt2 −

(1− rs

r

)−1

dr2 − r2(dθ2 + sin θdϕ2

)(4.2)

Ponendo nell’equazione (4.2) dθ ≡ dϕ ≡ 0 e ricordando che per eventi di tipo luce ladistanza propria è nulla, per cui ds = 0, si ottiene:

c2dt2 =(

1− rsr

)−2

dr2 ⇒ cdt '(

1 +rsr

)dr ⇒ dt ' dr

c− 2Φ(r)

c3dr (4.3)

dove:Φ(r) = −GM

r(4.4)

esprime il potenziale Newtoniano prodotto dalla massa M . È immediato verificare che

in assenza della sorgente di campo gravitazionale, vale a dire per Φ(r) = 0, dt =dr

c.

Dalla relazione (4.3) è quindi possibile definire il cosiddetto Shapiro Time Delay:

dtShapiro ≡ −2Φ(r)

c3dr (4.5)

Integrando la definizione (4.5) da re, che indica la posizione della sorgente del campoelettromagnetico, a ro, che indica la posizione dell’osservatore, si ha:

∆tShapiro = − 2

c3

∫ ro

re

drΦ(r) (4.6)

Nel formalismo PPN si ottiene (De Laurentis et al., 2016):

∆tShapiro = −1 + γ

c3

∫ ro

re

drΦ(r) (4.7)

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 44

Figura 4.3: Rappresentazione schematica della geometria dello Shapiro Time Delay.Scelto un opportuno sistema di riferimento Oxy, re indica la posizione della sorgentedel campo elettromagnetico, ro la posizione dell’osservatore, d la distanza tra il sistemabinario e la Terra, mentre b il parametro d’impatto rispetto alla MW.

dove in GR γ = 1 e l’equazione (4.7) è ricondotta all’equazione (4.6). In generale ilparametro γ, come è possibile constatare dalla tabella 2.2, dipende dalla teoria metricadella gravitazione considerata.

4.2 Dark Matter EmulatorsSecondo Boran et al. (2018) sono definite "Dark Matter Emulators" tutte quelle teorie digravità modificata per le quali:

1. la materia ordinaria è accoppiata alla metrica gµν che, nel contesto della GR,sarebbe prodotta col contributo della materia oscura;

2. le onde gravitazionali sono accoppiate alla metrica gµν che, nel contesto della GR,sarebbe prodotta senza il contributo della materia oscura.

Nella fase finale del merging di un sistema binario di stelle di neutroni, l’emissione diGWs è accompagnata dall’emissione di un GRB. La propagazione dei gravitoni e deifotoni prodotti in questi eventi è influenzata dalla distribuzione della massa lungo ilcammino percorso, perché ad essa è associato un potenziale gravitazionale che modificala geodetica su cui tali particelle si muovono. In GR il tragitto dei gravitoni e dei fo-toni viene perturbato nel medesimo modo, in quanto sia il campo gravitazionale che lamateria sono accoppiati alla metrica gµν . Al contrario, le teorie DME prevedono che ilcampo gravitazionale sia accoppiato alla metrica gµν e che la materia sia accoppiata allametrica gµν , definita in modo tale da eliminare la necessità di supporre l’esistenza di DMe DE. Traducendo nel formalismo della GR, le onde gravitazionali si propagherebbero

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 45

su una geodetica generata dal potenziale gravitazionale ΦB(r) prodotto dalla sola mate-ria barionica, mentre le onde elettromagnetiche su una geodetica generata dal potenzialegravitazionale ΦB(r) + ΦDM(r) prodotto sia dalla materia barionica che dalla materiaoscura. In base a queste considerazione, dall’equazione (4.5) risulta che lo Shapiro TimeDelay del gravitone e quello del fotone saranno, rispettivamente, dtShapiro,g ∝ ΦB(r) edtShapiro,γ ∝ ΦB(r) + ΦDM(r). Per cui, se la gravità fosse quella descritta dalle teorieDME, nel caso di un’emissione contemporanea di onde gravitazionali ed elettromagne-tiche si misurerebbe un ritardo tra la rivelazione dei due segnali, dovuto allo ShapiroTime Delay relativo alla sola DM.

Lo Shapiro Time Delay sperimentato da una particella che si propaga nello spazio-tempo verso un osservatore sulla Terra è dato dall’equazione (4.7). In generale il po-tenziale gravitazionale Φ(r) può essere scritto come somma di un contributo ΦN(r)relativo alla MW, un contributo ΦIG(r) intergalattico, e un contributo ΦHost(r) relativoalla galassia nella quale dalla quale proviene la particella (Wei et al., 2015):

Φ(r) = ΦN(r) + ΦIG(r) + ΦHost(r) (4.8)

Come già accennato nel paragrafo 3.4, il 17 Agosto 2017 gli interferometri della colla-borazione LIGO/VIRGO hanno rivelato un evento di onde gravitazionali prodotto nellacoalescenza di un sistema binario di NSs. Circa 1.7 s dopo, il satellite Fermi ha indi-viduato un Gamma-Ray Burst proveniente dalla medesima regione di cielo (Goldsteinet al., 2017). Nella campagna di ricerca del follow-up EM, il team 1M2H (One-Meter,Two Hemisphere) ha scoperto un transiente nel centro della galassia NGC 4993, distante' 40 Mpc dalla Terra.

È possibile calcolare un limite inferiore allo Shapiro Time Delay incontrato dalle on-de gravitazionali ed elettromagnetiche emesse dal BS in questione, trascurando il con-tributo del potenziale gravitazionale intergalattico e di quello relativo alla galassia NGC4993. Quest’assunzione permette di porre nell’equazione (4.8) Φ(r)IG ≡ Φ(r)Host ≡ 0.Il potenziale gravitazionale da utilizzare nell’equazione (4.7) è dunque quello relativoalla MW, espresso dall’equazione (4.4). Risulta quindi:

∆tShapiro = (1 + γ)GM

c3ln

(d

b

)(4.9)

dove d indica la distanza della sorgente dall’osservatore e b il parametro d’impatto dellaradiazione rispetto al centro della MW. M indica, nel caso del gravitone, la massa ba-rionica della MW, mentre, nel caso del fotone, la sua massa viriale, data dalla sommadi quella barionica e di quella oscura. Affinché l’equazione (4.9) sia valida, il parame-tro d’impatto b deve essere sufficientemente grande, almeno maggiore del raggio delcosiddetto anello di Einstein, la cui dimensione angolare è data da:

θE ∝√M (4.10)

In caso contrario, il membro di destra dell’equazione (4.9) tende a divergere (Wei et al.,2015). In base a ciò è ragionevole considerare b = 8 kpc.

Per stimare un limite inferiore al ritardo temporale ∆tDM = ∆tShapiro,γ−∆tShapiro,gche si avrebbe tra la rivelazione del gravitone e quella del fotone nel caso in cui leteorie DME fossero corrette, basta calcolare lo Shapiro Time Delay dovuto unicamente

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 46

Profilo α β γ r0 (kpc) rc (kpc) ρ0(Gev cm−3)

Isotermo 2 2 0 4 219 1.655NFW 1 3 1 16.7 - 0.347Moore 3

23 3

229.5 - 0.0536

Tabella 4.1: Parametri dei profili di densità della DM nella MW. Nella prima colonnasono riportati i nomi dei profili di densità considerati, nella seconda, nella terza e nellaquarta colonna rispettivamente i parametri α, β e γ contenuti nell’equazione (4.12).Nella quinta colonna è indicato il raggio caratteristico dell’alone r0, nella sesta il raggiodi cutoff rc e nella settima la densità caratteristica dell’alone ρ0 (Ascasibar et al., 2006).

al potenziale gravitazionale generato dalla materia oscura presente nella MW, mediantela relazione (4.9), con γ = 1, d = 40 Mpc e b = 8 kpc. Fissato il profilo di densità ρ(r)della DM, è possibile definire la funzione di massa M(r) come:

M(r) = 4π

∫ r

0

drρ(r)r2 (4.11)

M(r) indica quindi la quantità di materia oscura contenuta in una sfera di raggio re dipende dal profilo di densità ρ(r) con cui si intende modellizzare l’alone di DM.Nonostante la grande incertezza sulla forma del profilo di densità in prossimità del centrogalattico, c’è generalmente accordo sul fatto che la materia oscura si distribuisca in unalone sferico che può essere descritto mediante un’unica funzione dipendente da pochiparametri liberi. La maggior parte dei profili di densità proposti in letteratura possonoessere parametrizzati mediante la relazione:

ρ(r) =ρ0(

r

r0

)γ [1 +

(r

r0

)α](β−γ)/α(4.12)

dove i parametri liberi ρ0 e r0 indicano la densità e il raggio caratteristici dell’alone, γ èla pendenza al centro, β è la pendenza per r →∞ e α controlla l’esatta forma del profilonelle regioni intermedie intorno ad r0. Nella tabella 4.1 sono riportati i parametri relativiai profili di densità usati più comunemente, quello Isotermo, di NFW e di Moore, il cuiandamento è illustrato nella figura 4.4.

Profilo Isotermo

Il profilo di densità Isotermo è descritto dalla funzione:

ρ(r) =

ρ0

1 +

(r

r0

)2 −ρ0

1 +

(rcr0

)2

θ(rc − r) (4.13)

dove rc è il raggio di cutoff tale che ρ(r > rc) = 0, mentre la funzione θ(rc−r) è definitain modo tale che il profilo di densità si annulli per distanze galattocentriche maggiori del

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 47

r (kpc)-310 -210 -110 1 10 210

)-3

(r)

(Gev

cm

ρ

-410

-310

-210

-110

1

10

210

310

410

510

Figura 4.4: Profili di densità della DM contenuta nella MW. Le funzioni graficate infigura rappresentano l’andamento della densità previsto dai profili Isotermo, di NFW edi Moore descritti, rispettivamente, dalla curva verde, da quella blu e da quella rossa.Lo script è riportato nell’appendice D. L’asse delle y indica la densità ρ(r) espressa inGeV cm−3, mentre l’asse delle x indica la distanza galattocentrica r, espressa in kpc. Suentrambi gli assi è stata utilizzata la scala logaritmica.

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 48

raggio di cutoff (Desai et al., 2008; Kahya, 2011):

θ(rc − r) ≡ 1 per r ≤ rc (4.14)θ(rc − r) ≡ 0 per r > rc (4.15)

Nella relazione (4.13) è stato introdotto un cutoff, ma essa rimane pressoché analogaa quella ottenibile dall’equazione (4.12) mediante i parametri espressi dalla tabella 4.1(α = 2, β = 2, γ = 0). La funzione di massa che si ottiene sostituendo la relazione(4.13) nell’equazione (4.11) è, per r ≤ rc:

M(r) = 4πρ0r30

[r

r0

− tan−1

(r

r0

)− r3

3r0 (r20 + r2

0)

](4.16)

mentre, per r > rc, M(r) è costante:

M(r) = 4πρ0r30

[rcr0

− tan−1

(rcr0

)− r3

c

3r0 (r20 + r2

0)

](4.17)

Profilo di NFW

Il profilo di densità di Navarro-Frenk-White (NFW) è descritto dalla funzione:

ρ(r) =ρ0

r

r0

(1 +

r

r0

)2 (4.18)

La funzione di massa associata è:

M(r) = 4πρ0r30

[ln

(1 +

r

r0

)− r

r0 + r

](4.19)

Profilo di Moore

Il profilo di densità di Moore è descritto dalla funzione:

ρ(r) =ρ0(

r

r0

)3/2[

1 +

(r

r0

)3/2] (4.20)

La funzione di massa associata è:

M(r) = 4πρ0r30

2

3ln

[1 +

(r

r0

)3/2]

(4.21)

Mediante le equazioni (4.16), (4.17), (4.19) e (4.21) sono stati calcolati i valori re-lativi alla massa della DM contenuta entro 200 kpc e 400 kpc dal centro galattico dellaMW, riportati nella tabella 4.2. Supposto che la Via Lattea presenti un cutoff a r = 200

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 49

Profilo M200DM (M) M400

DM (M) ∆t200DM (days) ∆t400

DM (days)

Isotermo 1.203× 1012 1.217× 1012 1172 1185NFW 8.716× 1011 1.199× 1012 849 1168Moore 8.826× 1011 1.186× 1012 859 1154

Tabella 4.2: Shapiro Time Delay. Nella prima colonna sono riportati i nomi dei profilidi densità considerati, nella seconda e nella terza colonna i valori della massa della DMcontenuta, rispettivamente, entro 200 kpc e 400 kpc dal centro galattico, ottenuti dallafunzione di massa espressa dall’equazione (4.11) per ciascuno dei profili considerati.Nella quarta e nella quinta colonna sono indicati i corrispondenti valori dello ShapiroTime Delay, calcolati usando la relazione (4.9), con γ = 1, d = 40 Mpc e b = 8 kpc.

Galassia Distanza (Mpc)

NGC 5068 6.60± 1.45NGC 5042 12.65± 2.53ESO 508-011 26.79± 5.36NGC 4993 33.81± 5.07ESO 508-024 33.42± 5.01

Tabella 4.3: Galassie sulla linea di vista dell’evento GW170817. Nella prima colonnasono riportati i nomi delle galassie presenti tra l’osservatore e la sorgente dell’eventoGW170817, ovvero il sistema binario di stelle di neutroni nella galassia NGC 4993,che rientrano in una linea di vista di forma cilindrica con raggio 400 kpc, nella secondacolonna sono indicate le distanze dall’osservatore insieme ai relativi errori (Boran et al.,2018).

kpc, lo Shapiro Time Delay previsto dal profilo Isotermo è maggiore rispetto a quelloprevisto dai profili di NFW e di Moore, mentre nel caso di un cutoff a r = 400 kpc, siha una convergenza su ∆t400

DM ' 3 yrs. Confrontando i valori di ∆t400DM riportati nella

tabella 4.2, calcolati considerando solo il contributo della DM contenuta nella MW, ilritardo tra la rivelazione delle onde gravitazionali e quelle elettromagnetiche previstodalle teorie DME risulta quindi:

∆tDM ≥ 1154 days (4.22)

Per ottenere una stima più precisa di ∆tDM bisogna includere anche il contributo dellegalassie presenti tra l’osservatore e la sorgente, ossia il sistema binario di stelle di neu-troni nella galassia NGC 4993. Considerando una linea di vista cilindrica di raggio 400kpc in direzione di quest’ultima, le galassie che si trovano al suo interno sono riporta-te nella tabella 4.3. Ai fini del calcolo dello Shapiro Time Delay relativo alla DM, glieffetti delle galassie NGC 5068, NGC 5042, ESO 508-011 e ESO 508-024 sono trascu-rabili in quanto, com’è possibile constatare dalla grafico 4.5, queste si collocano tuttea distanze maggiori di 300 kpc dalla linea di vista. Nell’articolo di Boran et al. (2018)alla galassia NGC 4993 viene associato un ritardo aggiuntivo, dovuto alla DM in essacontenuta, di circa' 100 days. Combinando quest’informazione con il vincolo espresso

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 50

Figura 4.5: Posizione delle galassie lungo la linea di vista dell’evento GW170817. Ipunti in nero indicano le galassie presenti tra l’osservatore e la sorgente dell’eventoGW170817, ovvero il sistema binario di stelle di neutroni nella galassia NGC 4993,che rientrano in una linea di vista di forma cilindrica con raggio 400 kpc. Sotto cia-scun punto, tra parentesi, sono indicate le corrispondenti coordinate celesti, espressecome ascensione retta e declinazione. L’asse delle y indica i valori dell’ascensione retta,espressa in gradi, mentre l’asse delle x indica la distanza dall’osservatore, espressa inkpc (Boran et al., 2018).

dalla relazione (4.22) si ottiene:

∆tDM ≥ 1254 days (4.23)

Tale previsione è fortemente contraddetta dal ritardo ∆t ' 1.7 s tra la rivelazionedel segnale gravitazionale e quella del segnale elettromagnetico misurato negli eventiGW170817 e GRB170817A. Per questo motivo, dunque, qualunque teoria metrica del-la gravitazione che rientri nella categoria "Dark Matter Emulators" risulta confutata. Leteorie TeVeS presentate nel paragrafo 2.4 non soddisfano il vincolo imposto da ∆t ' 1.7s, in quanto prevedono che nell’azione relativa al campo gravitazionale compaia la me-trica gµν , mentre in quella relativa alla materia la metrica gµν . Si noti infine che leteorie BI-MOND (BImetric-MOdified Newtonian Dynamics), sebbene contengano duemetriche non sono smentite dall’evento perché il campo gravitazionale è accoppiato allamedesima metrica alla quale è accoppiata la materia.

4.3 Vincoli al WEP dallo Shapiro Time DelayIn GR il parametro PPN γ è costante, per cui una qualsiasi particella che si propaghinello spazio-tempo incontra il medesimo Shapiro Time Delay dato dalla formula (4.6).Ciò non è valido per quelle teorie metriche della gravitazione che prevedono, a un qual-che livello, una violazione del Principio di Equivalenza Debole. La rivelazione quasisimultanea di onde gravitazionali ed elettromagnetiche emesse in seguito al mergingdel sistema binario di NSs osservato il 17 Agosto 2017 permette di testare il WEP e diimporre un limite alla sua violazione.

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 51

Si supponga che lo Shapiro Time Delay incontrato dai gravitoni sia dato dalla rela-zione:

∆tGW = (1 + γGW ) k (4.24)

mentre quello incontrato dai fotoni sia dato da:

∆tEM = (1 + γEM) k (4.25)

dove k = GMc3

ln(db

). Il ritardo ∆t ' 1.7 s misurato tra la rivelazione delle GWs e del

GRB è limitato inferiormente dalla differenza tra le relazioni (4.25) e (4.24):

∆t ≥ (γEM − γGW ) k (4.26)

Dato che in GR risulta:∆tShapiro = 2k (4.27)

ricavando k dalla relazione (4.27) e sostituendo nell’equazione (4.26) si ottiene:

∆γ ≤ 2∆t

∆tShapiro(4.28)

dove ∆γ ≡ γEM − γGW . In un recente articolo di (Watkins et al., 2019) è stata stimatala massa viriale della MW, la quale risulta essere pari a MMW = 1.54+0.75

−0.44 × 1012 Mentro ' 400 kpc dal centro galattico. Questo valore è stato ottenuto utilizzando i datisulla dinamica di 34 globular clusters osservati dal satellite Gaia, collocato nel puntolagrangiano L2 del sistema Terra-Sole, e di 12 globular clusters osservati dal telescopiospaziale Hubble (HST). Secondo quanto previsto dalla GR, lo Shapiro Time Delay èespresso dall’equazione (4.27). Se si considera solo il potenziale dovuto alla Via Lattea,ai fini di ottenere un limite inferiore a ∆tShapiro, ponendo MMW = 1.54 × 1012 M,d ≡ 40 Mpc e b ≡ 8 kpc si ha:

∆tShapiro ≥ 1500 days (4.29)

Utilizzando la relazione (4.29), dall’equazione (4.28) risulta:

∆γ ≤ 2.62× 10−8 (4.30)

Ripetendo i ragionamenti fatti nel paragrafo 4.2, si può ottenere una stima più precisadello Shapiro Time Delay considerando un ritardo ulteriore di almeno ' 100 days do-vuto alla galassia NGC 4993 (Boran et al., 2018), mentre è lecito trascurare il contributodel potenziale gravitazionale intergalattico. Ricalcolando il vincolo sul WEP, si ottienedunque:

∆γ ≤ 2.46× 10−8 (4.31)

Il vincolo (4.31) è di poco più stringente rispetto a (4.30), per cui è sufficiente focalizzarel’attenzione sull’ordine di grandezza. Per confrontare questo risultato con quelli riportatinel grafico in figura 2.1, è sufficiente porre γGW ≡ 1 e γEM ≡ γ. Dall’equazione (4.31)risulta in questo caso:

γ ≤ 1 + 2.46× 10−8 ⇒ 1 + γ

2≤ 1 + 1.23× 10−8 (4.32)

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 52

4.4 Propagazione delle GWs nelle Teorie Einstein-ÆtherL’azione relativa al campo gravitazionale delle teorie Einstein-Æther, espressa in unitànaturali, si ottiene ponendo ω ≡ 0 nella relazione (2.16) e trascurando Sm (Gong et al.,2018):

SÆ =1

16πG

∫d4x√−g[R− c1(∇µuν)∇µuν − c2(∇µu

µ)2 − c3(∇µuν)∇νuµ

+ c4(uρ∇ρuµ)uσ∇σuµ + λ(uµuµ + 1)]

(4.33)

dove c1, c2, c3, c4 sono le costanti riportate nella tabella 2.2, mentre uµ è il campodell’æther. Il moltiplicatore di Lagrange λ rende uµ un vettore normalizzato di tipotempo, il quale definisce un sistema di riferimento preferenziale in ogni punto dellospazio-tempo, comportando una violazione del principio LLI. È possibile ottenere lesoluzioni di GWs esprimendo le equazioni del moto linearizzate in termini di variabiligauge-invarianti. Per ottenere le equazioni del moto si usa l’approccio variazionale.Posto δS = 0 si ha:

Rµν −1

2gµνR = TÆ

µν (4.34)

c1∇µ∇µuν + c2∇ν∇µuµ + c3∇µ∇νu

µ

− c4∇µ(uµaν) + c4aµ∇νuµ + λuν = 0

(4.35)

uµuµ + 1 = 0 (4.36)

dove TÆ è il tensore energia impulso dell’æther, mentre aµ = uν∇νuµ è un’accelera-

zione che deriva dal differenziale covariante (1.26) del campo dell’æther (Gong et al.,2018). Per trovare le soluzioni di GWs intorno alla metrica dello spazio-tempo piatta,conviene partire da quelle di ordine zero:

gµν = ηµν (4.37)uµ = (1, 0, 0, 0) ≡ uµ (4.38)

e perturbare la metrica e il campo dell’æther:

gµν = ηµν + hµν (4.39)uµ = uµ + vµ (4.40)

dove le perturbazioni hµν e vµ possono essere scritte mediante un opportuno set diparametri (da non confondere con i parametri PPN riportati nella tabella 2.1):

htt = 2φ (4.41)htj = βj + ∂jγ (4.42)

hjk = hTTjk +1

3Hδjk + ∂jεk +

(∂j∂k −

1

3δjk∇2

)ρ (4.43)

v0 =1

2h00 = φ (4.44)

vj = µj + ∂jω (4.45)

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 53

Il tensore hTTjk è la parte trasversa a traccia nulla della matrice hjk e soddisfa le condizioni∂khTTjk = 0 e ηjkhTTjk = 0. βj , εj e µj sono vettori trasversi. φ è il potenziale gravita-zionale. La relazione (4.44) si ottiene dall’equazione (4.36) utilizzando le definizioni(4.39) e (4.40):

uµuµ + 1 = 0⇒ gµνuµuν = −1⇒ (ηµν + hµν)u

µuν = −1 (4.46)

usando η00 = −1 e ηjk = δjk nella relazione (4.46) si ha:

(−1 + h00)(1 + v0

)2= −1⇒ v0 ' h00

2(4.47)

dove sono stati trascurati i termini del secondo ordine in v0 e h00. Si consideri una tra-sformazione di coordinate infinitesima x′µ = xµ+ξµ, generata da (ξt, ξj) ≡ (A,Bj + ∂jC),tale che ∂jBj = 0. Ricordando la legge di trasformazione di un tensore di rango duecompletamente covariante:

h′µν =∂xα

∂x′µ∂xβ

∂x′νhαβ (4.48)

e quella di un quadrivettore controvariante:

u′µ =∂x′µ

∂xνuν (4.49)

dove con l’apice viene indicata la grandezza trasformata, si ha:

u′µ =∂x′µ

∂xνuν ⇒ u′µ = (δµν + ∂νξ

µ)uν ⇒

u′µ = uµ + uν∂νξµ ⇒ u′µ ' uµ + uν∂νξ

µ(4.50)

dove è stata trascurata vν rispetto uν e:

hµν =∂x′α

∂xµ∂x′β

∂xνh′αβ ⇒ hµν = (δαµ + ∂µξ

α)(δβν + ∂νξ

β)h′αβ ⇒

hµν ' h′µν + δαµ∂νξβhαβ + δβν∂µξ

αhβα ⇒ h′µν = hµν − ∂νξµ − ∂µξν(4.51)

Dalla relazione (4.51) si ottiene:

h′tt = htt − 2∂tξt ⇒ 2φ′ = 2φ− 2A⇒ φ′ = φ− A (4.52)

In maniera analoga si può far vedere che valgono le seguenti leggi di trasformazione:

β′j = βj − Bj (4.53)

γ′ = γ − A− C (4.54)H ′ = H − 2∇2C (4.55)ρ′ = ρ− 2C (4.56)ε′j = εj − 2Bj (4.57)

h′TTjk = hTTjk (4.58)

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 54

Le trasformazioni di gauge del campo dell’æther sono date da:

µ′j = µj + Bj (4.59)

ω′ = ω + Cj (4.60)

Effettuando la somma membro a membro tra l’equazione (4.53) e l’equazione (4.59) siottiene:

β′j + µ′j = βj + µj (4.61)

L’equazione (4.61) permette di definire una grandezza gauge-invariante:

Σj ≡ βj + µj (4.62)

In maniera analoga si possono definire le seguenti grandezze, anch’esse gauge-invarianti:

Φ ≡ −φ+ γ − 1

2ρ (4.63)

Θ ≡ 1

3(H −∇2ρ) (4.64)

Ξj ≡ βj −1

2εj (4.65)

Ω ≡ ω +1

2ρ (4.66)

Vi sono quindi, in totale, nove variabili gauge-invarianti. Se inizialmente si avevanoquattordici variabili, di cui dieci associate al tensore di Riemann Rµν e quattro asso-ciate al vettore uµ, l’azione (4.33) rimuove quattro gradi di libertà e l’equazione (4.36)ne rimuove uno. Mediante le equazioni (4.35) e (4.36) è possibile rimuovere tre ulte-riori gradi di libertà. Attraverso le grandezze gauge-invarianti è possibile esprimere leequazioni del moto come segue:

c14

2− c14

[c123 (1 + c2 + c123)− 2 (1 + c2)2] Ω + c123∇2Ω = 0 (4.67)

c14Σj −c1 − c2

1/2 + c23/2

1− c13

∇2Σj = 0 (4.68)

1

2(c13 − 1) hTTjk +

1

2∇2hTTjk = 0 (4.69)

dove c13 = c1 + c3, c14 = c1 + c4, c123 = c1 + c2 + c3. Nel complesso le variabili fisichesono cinque. Due di queste sono dovute al tensore hTTjk , altre due al vettore Σj e una alloscalare Ω. La velocità con cui queste grandezze fisiche si propagano nello spazio-tempodiscende direttamente dalle equazioni (4.67), (4.68) e (4.69):

s2g =

1

1− c13

(4.70)

s2v =

c1 − c21/2 + c2

3/2

c14(1− c13)(4.71)

s2s =

c123(2− c14)

c14(1− c13)(2 + 2c2 + c123)(4.72)

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 55

dove sg, sv e ss indicano, rispettivamente, la velocità di propagazione delle variabilitensoriali, vettoriali e di quella scalare. Le altre variabili gauge-invarianti non sonoindipendenti. Si può dimostrare infatti che:

Φ =c14 − 2c13

2− c14

Ω (4.73)

Θ =2c14(1− c13)

2− c14

Ω (4.74)

Ξj = − c13

1− c13

Σj (4.75)

Affinché queste relazioni siano ben definite, si deve avere c13 6= 1, c14 6= 0, c14 6= 2 e3c2 6= −2 − c13. Affinché l’energia delle GWs sia positiva devono essere soddisfatte leseguenti diseguaglianze (Jacobson, 2008)

2c1 − c21 + c2

3

1− c13

> 0 (4.76)

c14(2− c14) > 0 (4.77)

È possibile imporre dei vincoli ai parametri c1, c2, c3, c4 utilizzando i risultati trovati nelcapitolo 3. In generale nelle teorie Einstein-Æther è prevista la violazione del principioLLI, per cui i parametri PPN α1 e α2 risultano diversi da zero. Tuttavia, considerandoi limiti su α1 e α2 riportati nella tabella 2.3, in prima approssimazione si può porreα1 ≡ α2 ≡ 0. Dalle equazioni (2.21) e (2.22) si ottiene:

c2 =c13(c3 − 2c1)

3c1

(4.78)

c4 = −c23

c1

(4.79)

Ciò ha l’effetto di ridurre a due il numero parametri indipendenti.Nel paragrafo 3.4 è stato discusso come sia possibile trovare dei limiti alla velocità

di propagazione delle onde gravitazionali dal ritardo temporale tra la rivelazione delsegnale gravitazionale e di quello elettromagnetico emessi durante la coalescenza di unsistema binario di stelle di neutroni. L’evento di merging osservato il 17 Agosto 2017ha permesso di ottenere il vincolo nella relazione (3.36). Effettuando le sostituzionicgw → sg e c → 1 dall’equazione (4.70) si ottiene un limite superiore per il parametroc13:

sg − 1 ≤ 7× 10−16 ⇒ s2g ≤ 1 + 14× 10−16 ⇒

1− c13 ≥1

1 + 14× 10−16⇒ c13 ≤ 1.4× 10−15

(4.80)

L’effetto Cherenkov gravitazionale descritto nel paragrafo 3.1 consente di fissare unlimite inferiore a c13. Dalla relazione (3.5), con passaggi analoghi a quelli usati perricavare la relazione (4.80), si ottiene:

c13 ≥ −4× 10−19 (4.81)

per cui combinando il vincolo (4.80) con (4.81), il parametro c13 risulta limitato infe-riormente e superiormente dalla relazione:

−4× 10−19 ≤ c13 ≤ 1.4× 10−15 (4.82)

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 56

r− sg sv ss

0.1 1 + 7× 10−16 1.74 1.830.2 1 + 7× 10−16 1.34 1.290.3 1 + 7× 10−16 1.19 1.05

Tabella 4.4: Velocità di propagazione delle grandezze gauge-invarianti previste dalleteorie Einstein-Æther. Nella prima colonna sono indicati tre diversi valori del parametror−, nella seconda nella terza e nella quarta colonna, rispettivamente, la velocità dellevariabili tensoriali, vettoriali e di quella scalare, espresse in unità naturali (Gong et al.,2018).

Definendo c+ ≡ c1 + c3 e c− ≡ c1 − c3, dai grafici riportati nell’articolo di Yagi et al.(2014) è possibile notare che c− ≤ 0.32c+. Dunque, intorno a c+ ' 1.4 × 10−15 e perr− ≤ 0.32, è conveniente usare la parametrizzazione c− = r−c+, mediante la quale lavelocità delle GWs vettoriali e scalari assume la forma:

sv =

√(1 + r−)(1 + r− − r−c+)

r−sg (4.83)

ss =sg√3r−

(4.84)

Supponendo che la velocità sg saturi il limite imposto dalla relazione (3.36), usando leequazioni (4.83) e (4.84) si ottengono i valori di sv e ss riportati nella tabella 4.4. Leteorie Einstein-Æther prevedono dunque che le grandezze gauge-invarianti vettoriali equella scalare si propaghino ad una velocità superiore a quella della luce nel vuoto. Siindichino con `low e `up, rispettivamente, i limiti inferiore e superiore al parametro c+,per cui `low ≤ c+ ≤ `up. Ricordando che c− = r−c+ si ha r−`low ≤ c− ≤ r−`up.Mediante alcuni passaggi algebrici è possibile dimostrare che:

`low(1 + r−)

2≤ c1 ≤

`up(1 + r−)

2(4.85)

`low(1− r−)

2≤ c3 ≤

`up(1− r−)

2(4.86)

Inoltre dalle equazioni (4.78) e (4.79) anche i parametri c2 e c4 risultano limitati in-feriormente e superiormente da valori dell’ordine di grandezza di `low e `up. Ponendo`low = −4×10−19 e `up = 1.4×10−15, le costanti c1, c2, c3 e c4 sono praticamente nulle.Facendole tendere a zero, l’azione (4.33) diviene analoga a quella prevista dalla GR, leequazioni (4.34) assumono la forma delle equazioni di Einstein nel vuoto e l’equazione(4.35) implica λ = 0. Future osservazioni congiunte di onde gravitazionali ed elettro-magnetiche emesse dal merging di NSs potrebbero fornire vincoli persino più stringentiche comprometterebbero ancor più severamente la validità delle teorie Einstein-Æther.

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Conclusioni

La rivelazione delle GWs è stata un enorme successo sia sul fronte teorico che su quellosperimentale. Le previsioni della Relatività Generale sono state per l’ennesima voltaconfermate dalle evidenze osservative. Nonostante ciò, il fatto che non sia stato possibileformulare a partire da essa una teoria quantistica della gravità e che non sia stata ancoracompresa la natura della DM e della DE, potrebbe indicare che la GR non sia la teoriadefinitiva della gravitazione. Per questo motivo sono state proposte numerose teoriealternative alla GR, le quali, sebbene risolvano in parte i problemi sopracitati, spessovengono messe a dura prova dai dati sperimentali. I dati relativi agli eventi di GWsconsentono di imporre nuovi vincoli ad alcune classi di teorie della gravitazione, nonchéalla GR stessa. In generale il confronto tra le diverse teorie metriche non è banale,ma, nel cosiddetto limite post-Newtoniano, l’utilizzo del formalismo PPN consente disemplificare il problema (paragrafo 2.2). I principali risultati ottenuti in questa tesi sono:

• un limite superiore al parametro PPN γ, dato da γ ≤ 1 + 2.46 × 10−8. In GRsi ha γ = 1, di conseguenza non sono permesse violazioni significative del WEP(paragrafo 4.3);

• un limite superiore alla massa del gravitone, dato damg ≤ 2.1×10−45 g (paragrafo3.5);

• un limite inferiore alla velocità di propagazione delle GWs, dato da∆c

c≥ −2 ×

10−19 (paragrafi 3.1 e 3.2);

• un limite superiore alla velocità di propagazione delle GWs, dato da∆c

c≤ 7 ×

10−16 (paragrafi 3.3 e 3.4);

• un limite inferiore al parametro c13 delle teorie Einstein-Æther, dato da c13 ≥−4×10−19 (paragrafo 4.4). Di conseguenza è possibile porre un vincolo inferioreai parametri c1, c2, c3 e c4 dell’ordine di grandezza di 10−19;

• un limite superiore al parametro c13 delle teorie Einstein-Æther, dato da c13 ≤1.4×10−15 (paragrafo 4.4). Di conseguenza è possibile porre un vincolo superioreai parametri c1, c2, c3 e c4 dell’ordine di grandezza di 10−15;

• un limite inferiore al ritardo, previsto dalle teorie "Dark Matter Emulators", tra larivelazione del segnale gravitazionale ed elettromagnetico emessi nell’evento dimerging di NSs osservato il 17 Agosto 2017, dato da ∆tDM ≥ 1254 days. Questovincolo non è compatibile con il ritardo ∆t ' 1.7 s misurato sperimentalmente,

57

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 58

per cui le teorie TeVeS ed in generale tutte le teorie "Dark Matter Emulators",sono messe a dura prova dall’evidenza osservativa (paragrafo 4.2).

La Relatività Generale resta al momento la migliore teoria della gravitazione. I numerosifenomeni da essa predetti sono tutti stati confermati dalle evidenze empiriche, ma sebbe-ne la GR valga rigorosamente sulla scala del Sistema Solare, non è ben chiaro se ciò siavero su scala galattica o cosmologica. Ad esempio, per avere una descrizione adeguatadella dinamica delle galassie bisogna supporre l’esistenza della DM, per spiegare l’e-spansione accelerata dell’Universo si deve ricorrere alla DE e per giustificarne il rapidoaumento delle dimensioni nelle fasi immediatamente successive al Big Bang, previstodal modello standard della cosmologia, è richiesta l’azione dell’inflazione. Dunque ècome se, all’aumentare della distanza, la Relatività Generale incontri difficoltà sempremaggiori che, per poter essere superate, richiedono l’introduzione di nuovi elementi.Per giunta, su scale molto piccole, essa è completamente ininfluente, sebbene si ritengache a densità molto elevate emergano effetti di gravità quantistica non trascurabili. Seda una lato è importante cercare negli acceleratori prove dirette dell’esistenza della DM,della DE e dell’inflatone, dall’altro non si può escludere che la GR sia il limite locale diuna teoria ancora più completa. È necessario, dunque, verificare la validità dell’EEP suscale diverse perché eventuali violazioni aprirebbero la strada a teorie non metriche, piùfacilmente quantizzabili.

Da questo punto di vista una missione molto interessante è STE-QUEST (Space-Time Explorer and QUantum Equivalence Space Test), che nel 2011 è stata selezionataper la fase M3 del programma Cosmic Vision dell’ESA (European Space Agency). Seb-bene abbia risvolti rilevanti, la selezione non è stata confermata nel 2014 per motivieconomici e tecnologici, ma potrebbe essere riproposta nel prossimo futuro. Lo scopoprincipale di STE-QUEST è quello di testare differenti aspetti del Principio di Equiva-lenza di Einstein usando sensori quantici. La missione prevede l’impiego di interferome-tri atomici con cui comparare la propagazione delle funzioni d’onda relative a particelledi differente composizione sotto l’effetto della gravità e l’utilizzo di orologi atomici pereffettuare un confronto del tempo misurato nello spazio e sulla Terra. Con tali strumentiè possibile testare direttamente sia il Principio di Equivalenza Debole, comparando lacaduta libera di oggetti quantici diversi, che il principio di Invarianza Locale di Lorentz,attraverso misure di redshift gravitazionale nel campo della Terra, della Luna e del Sole.Eventuali rivelazioni di una qualche violazione dell’EEP costituirebbero una prova dellapresenza di nuovi costituenti o interazioni nell’Universo.

Se l’EEP dovesse superare anche i test sperimentali che verranno effettuati nell’im-minente futuro, ciò costituirebbe una prova del fatto che una descrizione corretta dellagravità possa essere fornita soltanto da teorie metriche. Una teoria della gravitazio-ne ben costruita, oltre a superare i test nel Sistema Solare, dovrà soddisfare i vincoliimposti dalla rivelazione di GWs.

L’aggiornamento degli interferometri H1, L1 e V1 della collaborazione LIGO/VIR-GO, effettuato durante il periodo tra la seconda campagna osservativa e la terza, ne hamigliorato sensibilmente le prestazioni. Il 14 Agosto 2019 è stato rivelato un eventoche, stando ai dati di LIGO/VIRGO, ha una probabilità superiore al 99% di essere statoprodotto da un sistema binario formato da un buco nero e una stella di neutroni. Latriangolazione tra le misure di H1, L1 e V1 ha consentito la stima della sua posizionenel cielo, ma non è stato possibile effettuare una misura precisa della distanza per via

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CAPITOLO 4. VINCOLI ALLE TEORIE METRICHE DELLA GRAVITÀ 59

della mancata osservazione della controparte elettromagnetica. L’evento, a cui è statoassegnato l’identificativo S190814bv, conferma che nel merging tra un BH e una NSpossono essere emesse GWs prima che avvenga la distruzione mareale della NS. Perquanto riguarda invece il segnale elettromagnetico, esso potrebbe non raggiungere mail’osservatore. Infatti, se la distruzione mareale della NS avviene entro l’orizzonte deglieventi del BH, la gravità riesce a intrappolare il GRB emesso. Fissata la densità ρNS diuna stella di neutroni di massa MNS , è possibile calcolare la massa minima MBH cheil buco nero deve possedere affinché si verifichi questo fenomeno. Richiedendo che ladistanza alla quale avviene la distruzione mareale:

rtid = RNS

(2MBH

MNS

)1/3

(4.87)

sia inferiore al raggio di Schwarzschild, espresso dall’equazione (1.83), si ottiene lacondizione:

MBH ≥

√3

16π

(c2

G

)31

ρNS(4.88)

Posto ρNS = 2.7 × 1017 kg m−3 si ottiene MBH ≥ 1.17 × 101 M, mentre per ρNS =5.4 × 1017 kg m−3 risulta MBH ≥ 8.24 M (Gordon et al., 2019). Secondo i datidella collaborazione LIGO/VIRGO, le masse del BH e della NS che hanno dato luogoall’evento S190814bv sono, rispettivamente, MBH ≥ 5 M e MNS ≤ 3 M (Gomezet al., 2019). È dunque probabile che non si sia avuta una rottura per effetto marealedella NS all’esterno dell’orizzonte degli eventi del buco nero. Questo giustificherebbela mancata osservazione della controparte elettromagnetica.

Entro l’anno 2026, ai tre interferometri attualmente operativi si aggiungeranno gliinterferometri KAGRA (Kamioka Gravitational Wave Detector) e LIGO-India. Conl’avvento degli interferometri gravitazionali di terza generazione ET (Einstein Telesco-pe) e LISA sarà possibile parlare rigorosamente di astronomia gravitazionale, ma questinon saranno accessibili almeno fino alla prossima decade. Intanto l’aggiornamento degliinterferometri della collaborazione LIGO/VIRGO ha permesso un notevole aumento delnumero di eventi rivelati. Basti pensare che durante il mese di Settembre 2019, sonostati osservati ben otto eventi di GWs, dei quali uno, indicato come S190910d, ha unaprobabilità del 98% di essere stato generato nella fusione di un BH e di una NS.

Si noti infine che nelle fasi finali del merging di NSs, secondo i modelli teorici, do-vrebbe essere emesso anche un flusso di neutrini. Queste particelle sono caratterizzateda una bassa probabilità d’interazione ed essendo privi di carica elettrica non subisconoalcuna deviazione da parte dei campi magnetici galattici ed extragalattici. Ci si aspettaquindi che viaggino imperturbati fino all’osservatore. La rivelazione dei segnali gra-vitazionale, elettromagnetico e neutrinico generati dal medesimo BS permetterebbe diindividuarne la posizione e la distanza con notevole precisione. Ciò consentirebbe inol-tre di determinare nuovi vincoli alla massa del neutrino e alle teorie della gravitazione.Per il momento i rivelatori Pierre Auger Observatory, ANTARES (Astronomy with aNeutrino Telescope and Abyss environmental RESearch project) e IceCube non hannoeffettuato osservazioni rilevanti in corrispondenza delle rivelazioni di onde gravitazio-nali, tuttavia con l’aumento del numero di eventi di merging di NSs osservati, previstonei prossimi anni, sarà verosimilmente più probabile rivelare la controparte neutrinicaper alcuni di essi.

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Ringraziamenti

Giunto alla fine di questo percorso, voglio ringraziare le persone che durante questi annimi sono state accanto e che hanno contribuito alla mia crescita. Innanzitutto ringrazio ilProf. Francesco De Paolis, per avermi guidato nella stesura della tesi di laurea triennalee magistrale, per i suoi insegnamenti e per i suoi preziosi consigli. Ringrazio il Dott.Achille Nucita, le cui lezioni di astronomia hanno fatto nascere in me l’interesse perla materia oscura. Ringrazio di cuore tutti i professori, compreso il Prof. Sergio Fontiche purtroppo ora non c’è più, per essersi rivelati sempre gentili e disponibili nei mieiconfronti. Ringrazio i miei colleghi, coi quali c’è stato un arricchimento reciproco.Ringrazio la mia amica Elena per aver condiviso con me i suoi appunti impeccabili levolte in cui i miei non lo erano affatto. Ringrazio la mia famiglia per avermi permessodi intraprendere gli studi universitari, fornendomi tutto quello di cui ho avuto bisogno.Ringrazio i miei amici, i quali hanno contribuito a rendere più leggere le mie giornate.Infine ringrazio la mia fidanzata Marika, che per me è ormai un punto di riferimentoimprescindibile, per essere stata sempre dalla mia parte e per aver creduto in me più diquanto non lo facessi io stesso.

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Appendice A

Masse dei BHs sorgenti di GWs

In questa appendice sono stati raccolti i dati relativi alla distanza e alla massa dei buchineri il cui merging è stato osservato dagli interferometri gravitazionali della collabo-razione LIGO/VIRGO durante la campagna osservativa denominata O2. Mediante lemisure indicate nella tabella A.1 è stato prodotto il grafico 4.2 riportato nel capitolo 4.Com’è possibile notare, gli errori sul redshift sono piuttosto grandi. Ciò è dovuto prin-cipalmente all’esiguo numero di interferometri gravitazionali attualmente in funzione.Una maggiore precisione è al momento raggiungibile solamente nel caso di rivelazioniin coincidenza del segnale gravitazionale ed elettromagnetico emessi nella coalescenzadi sistemi binari di stelle di neutroni. Nelle prossime campagne osservative, l’impie-go di KAGRA e LIGO-India consentirà una migliore triangolazione permettendo unalocalizzazione più accurata degli eventi di GWs.

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APPENDICE A. MASSE DEI BHS SORGENTI DI GWS 62

Evento Redshift Massa(M)

GW150914 0.09+0.03−0.03 35.6+4.8

−3.0

0.09+0.03−0.03 30.6+3.0

−4.4

GW151012 0.21+0.09−0.09 23.3+14.0

−5.5

0.21+0.09−0.09 13.6+4.1

−4.8

GW151226 0.09+0.04−0.04 13.7+8.8

−3.2

0.09+0.04−0.04 7.7+2.2

−2.6

GW170104 0.19+0.07−0.08 31.0+7.2

−5.6

0.19+0.07−0.08 20.1+4.9

−4.5

GW170608 0.07+0.02−0.02 10.9+5.3

−1.7

0.07+0.02−0.02 7.6+1.3

−2.1

GW170729 0.48+0.19−0.20 50.6+16.6

−10.2

0.48+0.19−0.20 34.3+9.1

−10.1

GW170809 0.20+0.05−0.07 35.2+8.3

−6.0

0.20+0.05−0.07 23.8+5.2

−5.1

GW170814 0.12+0.03−0.04 20.7+5.7

−3.0

0.12+0.03−0.04 25.3+2.9

−4.1

GW170818 0.20+0.07−0.07 35.5+7.5

−4.7

0.20+0.07−0.07 26.8+4.3

−5.2

GW170823 0.34+0.13−0.14 39.6+10.0

−6.6

0.34+0.13−0.14 29.4+6.3

−7.1

Tabella A.1: Dati utilizzati per produrre il grafico 4.2 riportato nel capitolo 4. Nellaprima colonna sono riportati i nomi degli eventi di GWs rivelati dalla collaborazioneLIGO/VIRGO, nella seconda colonna sono indicate le distanze dalla Terra dei SistemiBinari di BHs che hanno emesso le GWs osservate, espresse in termini di redshift, insie-me ai rispettivi errori, nella terza colonna sono indicate le masse di ciascun buco nero,espresse in unità di masse solari, insieme ai rispettivi errori (Abbott et al., 2018).

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Appendice B

Accelerazioni delle galassie nanesferoidali

In questa appendice sono stati raccolti i dati relativi all’accelerazione barionica e dina-mica che caratterizzano le galassie nane sferoidali. Mediante le misure indicate nelletabelle B.1 e B.2 è stato prodotto il grafico 2.3 riportato nel paragrafo 2.5. La dinamicaNewtoniana, in assenza di DM, prevede che i valori dell’accelerazione barionica e diquella dinamica siano uguali. In realtà, dalle tabelle B.1 e B.2 appare evidente che l’ac-celerazione dinamica è sistematicamente maggiore rispetto a quella barionica. Ciò puòessere spiegato supponendo che gran parte della massa delle galassie nane sferoidali siadovuta alla materia oscura. Per questo motivo si ritiene questi oggetti siano dominatidalla DM.

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APPENDICE B. ACCELERAZIONI DELLE GALASSIE NANE SFEROIDALI 64

Nome log ag log a

Carina -12.15 ± 0.27 -10.81 ± 0.18Draco -12.18 ± 0.14 -10.48 ± 0.12Fornax -11.35 ± 0.17 -10.77 ± 0.08Leo I -11.06 ± 0.18 -10.56 ± 0.06Leo II -11.67 ± 0.26 -10.71 ± 0.14Sculptor -11.48 ± 0.26 -10.58 ± 0.13Sextans -12.96 ± 0.24 -11.09 ± 0.15Ursa Minor -12.60 ± 0.25 -10.66 ± 0.12Bootes I -13.47 ± 0.14 -11.14 ± 0.15Bootes II -13.40 ± 0.50 -9.75 ± 0.63Canes Venatici I -13.40 ± 0.14 -11.06 ± 0.05Canes Venatici II -12.76 ± 0.14 -10.69 ± 0.19Coma Berenices -13.19 ± 0.27 -10.59 ± 0.16Hercules -12.92 ± 0.22 -11.11 ± 0.22Horologium I -12.78 ± 0.17 -10.24 ± 0.50Hydra II -12.88 ± 0.28 -10.65 ± 0.12Leo IV -13.30 ± 0.30 -11.15 ± 0.47Leo V -13.03 ± 0.38 -11.35 ± 0.88Leo T -11.70 ± 0.14 -10.47 ± 0.19Pisces II -12.91 ± 0.29 -10.39 ± 0.59Reticulum II -13.10 ± 0.13 -10.62 ± 0.49Segue I -13.22 ± 0.45 -10.33 ± 0.36Segue II -13.19 ± 0.20 -10.81 ± 0.06Tucana -11.98 ± 0.21 -10.05 ± 0.24Ursa Major I -13.27 ± 0.27 -10.53 ± 0.16Ursa Major II -13.49 ± 0.23 -10.45 ± 0.19Willman I -12.63 ± 0.33 -10.20 ± 0.20

Tabella B.1: Accelerazioni di 27 galassie nane sferoidali, satelliti alla Via Lattea. Nellaprima colonna sono indicati i nomi di ciascuna galassia, nella seconda colonna i valoridel logaritmo in base 10 dell’accelerazione barionica e nella terza colonna i valori dellogaritmo in base 10 dell’accelerazione dinamica. Le accelerazioni barionica e dinami-ca, espresse in m s−2, sono state calcolate attraverso le equazioni (2.34) e (2.33) (Lelliet al., 2017).

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APPENDICE B. ACCELERAZIONI DELLE GALASSIE NANE SFEROIDALI 65

Nome log ag log a

NGC 147 -10.67 ± 0.12 -10.43 ± 0.06NGC 185 -10.52 ± 0.12 -10.00 ± 0.04NGC 205 -9.88 ± 0.19 -9.70 ± 0.15And I -12.06 ± 0.15 -10.88 ± 0.17And II -12.27 ± 0.16 -11.21 ± 0.11And III -12.23 ± 0.18 -11.30 ± 0.34And V -12.43 ± 0.19 -10.53 ± 0.11And VI -11.88 ± 0.16 -10.55 ± 0.11And VII -11.85 ± 0.17 -10.77 ± 0.07And IX -13.42 ± 0.45 -10.70 ± 0.17And X -12.72 ± 0.43 -11.32 ± 0.27And XI -12.80 ± 0.49 -10.57 ± 0.46And XII -13.58 ± 0.51 -11.44 ± 0.07And XIII -13.12 ± 0.50 -10.85 ± 0.31And XIV -12.76 ± 0.48 -11.20 ± 0.27And XV -12.11 ± 0.17 -11.28 ± 0.31And XVI -11.76 ± 0.17 -10.70 ± 0.17And XVII -12.47 ± 0.21 -10.86 ± 0.44And XIX -13.84 ± 0.26 -11.92 ± 0.30And XX -12.67 ± 0.45 -10.42 ± 0.50And XXI -13.01 ± 0.28 -11.71 ± 0.24And XXII -12.89 ± 0.41 -11.47 ± 0.60And XXIII -12.88 ± 0.24 -11.32 ± 0.13And XXIV -13.14 ± 0.24 -11.09 ± 0.04And XXV -12.85 ± 0.24 -11.93 ± 0.35And XXVI -12.90 ± 0.25 -10.55 ± 0.31And XXVII -13.07 ± 0.40 -10.50 ± 0.30And XXVIII -12.37 ± 0.20 -11.09 ± 0.29And XXIX -12.68 ± 0.18 -11.08 ± 0.19And XXX -12.63 ± 0.17 -10.35 ± 0.57And XXXI -12.43 ± 0.31 -11.08 ± 0.09And XXXII -12.31 ± 0.37 -11.30 ± 0.13Cetus -12.22 ± 0.16 -11.07 ± 0.11Perseus I -12.00 ± 0.43 -11.36 ± 0.76Pisces I -12.37 ± 0.14 -10.97 ± 0.58

Tabella B.2: Accelerazioni di 35 galassie nane sferoidali, satelliti alla galassia Androme-da. Nella prima colonna sono indicati i nomi di ciascuna galassia, nella seconda colonnai valori del logaritmo in base 10 dell’accelerazione barionica e nella terza colonna i va-lori del logaritmo in base 10 dell’accelerazione dinamica. Le accelerazioni barionica edinamica, espresse in m s−2, sono state calcolate attraverso le equazioni (2.34) e (2.33)riportate nel paragrafo 2.5 (Lelli et al., 2017).

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Appendice C

Massa vs redshift

Di seguito è riportato lo script con cui è stato realizzato il grafico 4.2 mediante il softwaredi analisi dati ROOT.

/ / t i t l e : Massa vs r e d s h i f t/ / a u t h o r : Miche l e Maiorano

gROOT−>R e s e t ( ) ;

/ / Apro i l f i l e d i d a t ii f s t r e a m i n ;i n . open ( " d a t a . d a t " ) ;

/ / Creo i l f i l e d i r o o tT F i l e * fMyOutpu tF i l e = new T F i l e ( " Da taTree . r o o t " , " r e c r e a t e

" ) ;TTree * d a t a = new TTree ( " d a t a " , " Da taTree " ) ;

/ / D e f i n i s c o l e v a r i a b i l idouble r e d s h i f t = 0 . ;double mass = 0 . ;double e r r o r _ r e d s h i f t _ p = 0 . ;double e r r o r _ r e d s h i f t _ m = 0 . ;double e r r o r _ m a s s _ p = 0 . ;double er ror_mass_m = 0 . ;

/ / I n i z i a l i z z o d e i v e t t o r idouble X[ 2 0 ] = 0 . ;double Y[ 2 0 ] = 0 . ;double er rXp [ 2 0 ] = 0 . ;double errXm [ 2 0 ] = 0 . ;double er rYp [ 2 0 ] = 0 . ;double errYm [ 2 0 ] = 0 . ;

/ / Do un nome a l l e v a r i a b i l i

66

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APPENDICE C. MASSA VS REDSHIFT 67

da ta−>Branch ( " r e d s h i f t " ,& r e d s h i f t , " r e d s h i f t /D" ) ;da t a−>Branch ( " mass " ,&mass , " mass /D" ) ;da t a−>Branch ( " e r r o r _ r e d s h i f t _ p " ,& e r r o r _ r e d s h i f t _ p , "

e r r o r _ r e d s h i f t _ p /D" ) ;da t a−>Branch ( " e r r o r _ r e d s h i f t _ m " ,& e r r o r _ r e d s h i f t _ m , "

e r r o r _ r e d s h i f t _ m /D" ) ;da t a−>Branch ( " e r r o r _ m a s s _ p " ,& e r r o r _m as s_ p , " e r r o r _ m a s s _ p /D"

) ;da t a−>Branch ( " e r ror_mass_m " ,& error_mass_m , " er ror_mass_m /D"

) ;

/ / I n i z i a l i z z o un c o n t a t o r e per un w h i l e d e f i n e n d o i lc o n t e g g i o massimo

i n t c o u n t e r =0;i n t countmax =20;

/ / Loop per l e g g e r e i l f i l ewhi le ( 1 )

in >> r e d s h i f t ;X[ c o u n t e r ] = ( r e d s h i f t ) ;cou t <<" r e d s h i f t "<<" \ t "<<X[ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >>mass ;Y[ c o u n t e r ] = ( mass ) ;cou t <<" mass "<<" \ t "<<Y[ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> e r r o r _ r e d s h i f t _ p ;e r rXp [ c o u n t e r ] = ( e r r o r _ r e d s h i f t _ p ) ;cou t <<" e r r o r _ r e d f h i f t _ p "<<" \ t "<< er rXp [ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> e r r o r _ r e d s h i f t _ m ;errXm [ c o u n t e r ] = ( e r r o r _ r e d s h i f t _ m ) ;cout <<" e r r o r _ r e d f h i f t _ m "<<" \ t "<<errXm [ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> e r r o r _ m a s s _ p ;er rYp [ c o u n t e r ] = ( e r r o r _ m a s s _ p ) ;cou t <<" e r r o r _ m a s s _ p "<<" \ t "<< er rYp [ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> er ror_mass_m ;errYm [ c o u n t e r ] = ( e r ror_mass_m ) ;cout <<" er ror_mass_m "<<" \ t "<<errYm [ c o u n t e r ]<< e n d l ;

i f ( ! i n . good ( ) ) break ;

c o u n t e r ++;

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APPENDICE C. MASSA VS REDSHIFT 68

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<< r e d s h i f t << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<<mass << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<< e r r o r _ r e d s h i f t _ p << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<< e r r o r _ r e d s h i f t _ m << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<< e r ro r_ ma ss _p << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<<error_mass_m << e n d l ;

/ / Riempio i l t r e eda ta−> F i l l ( ) ;

/ / Trovo i l v a l o r e massimo d e l l e a s c i s s edouble zmax=X [ 0 ] ;f o r ( i n t i =0 ; i <countmax ; i ++) i f (X[ i ] >zmax ) zmax=X[ i ] ;cou t <<" zmax "<<" \ t "<<zmax<< e n d l ;

i n t l i n e s = c o u n t e r +1;cout <<" Numero d i r i g h e l e t t e "<<" \ t "<< l i n e s << e n d l ;

/ / S c r i v o i n f i l e r o o tda ta−>Wri t e ( ) ;fMyOutpu tF i l e−>Close ( ) ;

/ / Disegno i l g r a f i c oTCanvas * c1 = new TCanvas ( " masse_de i_BHs_sorgen t i_d i_GWs " ,

" " , 1 0 0 , 1 0 0 , 8 0 0 , 8 0 0 ) ;TGraphAsymmErrors * g r a = new TGraphAsymmErrors ( 2 0 ,X, Y,

errXp , errXm , errYp , errYm ) ;gra−>GetXaxis ( )−>S e t L i m i t s ( 0 . 0 , 0 . 7 ) ;

gra−> S e t T i t l e ( " " ) ;gra−>GetXaxis ( )−> S e t T i t l e ( " r e d s h i f t " ) ;gra−>GetYaxis ( )−> S e t T i t l e ( " mass ( s o l a r mass u n i t s ) " ) ;gra−>S e t M a r k e r C o l o r ( 4 ) ;gra−>S e t M a r k e r S t y l e ( 2 0 ) ;

/ / D i v id o i n due l a canvasc1−>Di v i de ( 1 , 2 ) ;

/ / Mi p o s i z i o n o n e l l a prima TPad

Page 80: Vincoli alle Teorie Metriche della Gravita Imposti dalle ... sono invece relativi alle osservazioni della transizione a 21 cm dell’i-drogeno atomico effettuate nelle regioni periferiche.

APPENDICE C. MASSA VS REDSHIFT 69

c1−>cd ( 1 ) ;

/ / E v i d i s e g n o i l g r a f i c ogra−>Draw ( "AP" ) ;

double xmin = 0 . 0 5 ;double xmax = 0 . 7 ;

/ / I n t r o d u c o l a f u n z i o n e con c u i f i t t a r e i d a t iTF1 * F u n c t i o n = new TF1 ( " F u n c t i o n " , " [ 1 ] * l o g ( x ) + [ 0 ] " , xmin ,

xmax ) ;Func t i on−>S e t P a r a m e t e r ( 0 , 6 0 ) ;Func t i on−>S e t P a r a m e t e r ( 1 , 1 5 ) ;

Func t i on−>S e t L i n e C o l o r ( 2 ) ;Func t i on−>Se tL ineWid th ( 2 ) ;Func t i on−>SetParName ( 0 , " a " ) ;Func t i on−>SetParName ( 1 , " b " ) ;

gra−> F i t ( " F u n c t i o n " , " " , " " , xmin , xmax ) ;

double c h i = Func t ion−>G e t C h i s q u a r e ( ) ;cou t <<" c h i s q u a r e "<<" \ t "<< ch i << e n d l ;double prob = Func t ion−>GetProb ( ) ;cou t <<" prob "<<" \ t "<<prob << e n d l ;double dof = Func t ion−>GetNDF ( ) ;cou t <<" dof "<<" \ t "<<dof << e n d l ;

g S t y l e−>SetS ta tW ( 0 . 1 5 ) ;g S t y l e−>S e t O p t F i t ( 1 1 1 1 ) ;

/ / Aggiorno l a canvasc1−>Update ( ) ;

/ / Mi p o s i z i o n o n e l l a seconda TPadc1−>cd ( 2 ) ;

double r e s i d u a l s [ 2 0 ] = 0 . ;

/ / C a l c o l o i r e s i d u i usando l a f u n z i o n e con c u i ho f i t t a t oi d a t i

f o r ( i =0 ; i < l i n e s ; i ++)r e s i d u a l s [ i ] = (Y[ i ]−Func t ion−>Eval (X[ i ] ) ) / e r rYp [ i ] ;

TGraph * r e s = new TGraph ( 2 0 ,X, r e s i d u a l s ) ;

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APPENDICE C. MASSA VS REDSHIFT 70

r e s−> S e t T i t l e ( ) ;r e s−>GetXaxis ( )−> S e t T i t l e ( " r e d s h i f t " ) ;r e s−>GetYaxis ( )−> S e t T i t l e ( " r e s i d u a l s " ) ;r e s−>S e t M a r k e r S t y l e ( 2 0 ) ;r e s−>S e t M a r k e r C o l o r ( 4 ) ;r e s−>GetXaxis ( )−>S e t L i m i t s ( 0 . 0 , 0 . 7 ) ;r e s−>SetMaximum ( 6 ) ;r e s−>SetMinimum (−6) ;

/ / Stampo una l i n e a o r i z z o n t a l e s u l l o 0TLine * t l = new TLine ( 0 , 0 , 0 . 7 , 0 ) ;

t l −>Se tL ineWid th ( 2 ) ;t l −>S e t L i n e C o l o r ( 2 ) ;

r e s−>Draw ( "AP" ) ;t l −>Draw ( "AP" ) ;

/ / Aggiorno l a canvasc1−>Update ( ) ;

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Appendice D

Profili di densità

Di seguito è riportato lo script con cui è stato realizzato il grafico 4.4 mediante il softwaredi analisi dati ROOT.

/ / t i t l e : D e n s i t y p r o f i l e s/ / a u t h o r : Miche l e Maiorano

gROOT−>R e s e t ( ) ;

TCanvas * c1 = new TCanvas ( " c1 " , " " , 8 0 0 , 6 0 0 ) ;

/ / MooreTF1 * f a 1 = new TF1 ( " f a 1 " , " 0 . 0 5 3 6 / ( ( ( x / 2 9 . 5 ) ^ ( 3 / 2 ) ) * ( 1 + ( x

/ 2 9 . 5 ) ^ ( 3 / 2 ) ) ) " , 0 . 0 0 1 , 4 0 0 ) ;

fa1−>GetYaxis ( )−> S e t T i t l e ( " # rho ( r ) ( Gev cm^−3) " ) ;fa1−>GetXaxis ( )−> S e t T i t l e ( " r ( kpc ) " ) ;fa1−> S e t T i t l e ( " " ) ;

/ / NFWTF1 * f a 2 = new TF1 ( " f a 2 " , " 0 . 3 4 7 / ( ( x / 1 6 . 7 ) * ( 1 + ( x / 1 6 . 7 ) ) ^2 ) "

, 0 . 0 0 1 , 4 0 0 ) ;fa2−> S e t L i n e C o l o r ( 4 ) ;

/ / I s o t h e r m a lTF1 * f a 3 = new TF1 ( " f a 3 " , " 1 . 6 5 5 / ( 1 + ( x / 4 ) ^2 )−1 . 6 5 5 / ( 1 + ( 2 1 9 / 4 ) ^2 ) " , 0 . 0 0 1 , 4 0 0 ) ;

fa3−> S e t L i n e C o l o r ( 3 ) ;

c1−>SetLogy ( ) ;c1−>SetLogx ( ) ;

fa1−>Draw ( "C" ) ;fa2−>Draw ( "CSAME" ) ;fa3−>Draw ( "CSAME" ) ;

71

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APPENDICE D. PROFILI DI DENSITÀ 72

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Appendice E

Test MOND

Di seguito è riportato lo script con cui è stato realizzato il grafico 2.3 mediante il softwaredi analisi dati ROOT.

/ / t i t l e : T e s t MOND/ / a u t h o r : Miche l e Maiorano

gROOT−>R e s e t ( ) ;

/ / Apro i l f i l e d i d a t ii f s t r e a m i n ;i n . open ( " d a t a . d a t " ) ;

/ / Creo i l f i l e d i r o o tT F i l e * fMyOutpu tF i l e = new T F i l e ( " Da taTree . r o o t " , " r e c r e a t e

" ) ;TTree * d a t a = new TTree ( " d a t a " , " Da taTree " ) ;

/ / D e f i n i s c o l e v a r i a b i l idouble acc = 0 . ;double acc_b = 0 . ;double e r r o r _ a c c = 0 . ;double e r r o r _ a c c _ b = 0 . ;

/ / I n i z i a l i z z o d e i v e t t o r idouble X[ 6 2 ] = 0 . ;double Y[ 6 2 ] = 0 . ;double er rX [ 6 2 ] = 0 . ;double er rY [ 6 2 ] = 0 . ;

/ / Do un nome a l l e v a r i a b i l ida ta−>Branch ( " acc " ,& acc , " acc /D" ) ;da t a−>Branch ( " acc_b " ,& acc , " acc_b /D" ) ;da t a−>Branch ( " e r r o r _ a c c " ,& e r r o r _ a c c , " e r r o r _ a c c /D" ) ;da t a−>Branch ( " e r r o r _ a c c _ b " ,& e r r o r _ a c c _ b , " e r r o r _ a c c _ b /D" ) ;

73

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APPENDICE E. TEST MOND 74

/ / I n i z i a l i z z o un c o n t a t o r e per un w h i l e d e f i n e n d o i lc o n t e g g i o massimo

i n t c o u n t e r =0;i n t countmax =62;

/ / Loop per l e g g e r e i l f i l ewhi le ( 1 )

in >> acc ;X[ c o u n t e r ] = ( acc ) ;cou t <<" acc "<<" \ t "<<X[ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> acc_b ;Y[ c o u n t e r ] = ( acc_b ) ;cou t <<" acc_b "<<" \ t "<<Y[ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> e r r o r _ a c c ;e r rX [ c o u n t e r ] = ( e r r o r _ a c c ) ;cou t <<" e r r o r _ a c c "<<" \ t "<< er rX [ c o u n t e r ]<< e n d l ;

in >> e r r o r _ a c c _ b ;e r rY [ c o u n t e r ] = ( e r r o r _ a c c _ b ) ;cou t <<" e r r o r _ a c c _ b "<<" \ t "<< er rY [ c o u n t e r ]<< e n d l ;

i f ( ! i n . good ( ) ) break ;

c o u n t e r ++;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<<acc << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<<acc_b << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<< e r r o r _ a c c << e n d l ;

i f ( c o u n t e r%countmax == 0) cout <<" c o u n t e r "<<" \ t "<< c o u n t e r <<" \ t "<< " d a t a ="<<" \ t "<< e r r o r _ a c c _ b << e n d l ;

/ / Riempio i l t r e eda ta−> F i l l ( ) ;

/ / Trovo i l v a l o r e massimo d e l l e a s c i s s edouble zmax=X [ 0 ] ;f o r ( i n t i =0 ; i <countmax ; i ++) i f (X[ i ] >zmax ) zmax=X[ i ] ;cou t <<" zmax "<<" \ t "<<zmax<< e n d l ;

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APPENDICE E. TEST MOND 75

i n t l i n e s = c o u n t e r +1;cout <<" Numero d i r i g h e l e t t e "<<" \ t "<< l i n e s << e n d l ;

/ / S c r i v o i n f i l e r o o tda ta−>Wri t e ( ) ;fMyOutpu tF i l e−>Close ( ) ;

/ / Disegno i l g r a f i c oTCanvas * c1 = new TCanvas ( "

a c c e l e r a z i o n i _ d e l l e _ g a l a s s i e _ n a n e _ s f e r o i d a l i " , " ", 1 0 0 , 1 0 0 , 8 0 0 , 8 0 0 ) ;

TGraphEr ro r s * g r a = new TGraphEr ro r s ( 6 2 ,X, Y, errX , e r rY ) ;gra−>GetXaxis ( )−>S e t L i m i t s (−12.5 ,−9) ;

gra−> S e t T i t l e ( " " ) ;gra−>GetXaxis ( )−> S e t T i t l e ( " l o g a " ) ;gra−>GetYaxis ( )−> S e t T i t l e ( " l o g ag " ) ;gra−>S e t M a r k e r C o l o r ( 4 ) ;gra−>S e t M a r k e r S t y l e ( 2 0 ) ;

/ / D i v id o i n due l a canvasc1−>Di v i de ( 1 , 2 ) ;

/ / Mi p o s i z i o n o n e l l a prima TPadc1−>cd ( 1 ) ;

/ / E v i d i s e g n o i l g r a f i c ogra−>Draw ( "AP" ) ;

double xmin =−12.5;double xmax=−9;

/ / I n t r o d u c o l a f u n z i o n e con c u i f i t t a r e i d a t iTF1 * F u n c t i o n = new TF1 ( " F u n c t i o n " , " log10 ( ( ( 1 0 ^ ( 2 * x ) ) / [ 0 ] )

* ( 1 + ( ( 1 0 ^ x ) / [ 0 ] ) ^2 ) ^(−1/2) ) " , xmin , xmax ) ;Func t i on−>S e t P a r a m e t e r ( 0 , 0 . 0 0 0 0 0 0 0 0 0 4 8 ) ;

Func t i on−>S e t L i n e C o l o r ( 2 ) ;Func t i on−>Se tL ineWid th ( 2 ) ;Func t i on−>SetParName ( 0 , " a0 " ) ;

gra−> F i t ( " F u n c t i o n " , " " , " " , xmin , xmax ) ;

double c h i = Func t ion−>G e t C h i s q u a r e ( ) ;cou t <<" c h i s q u a r e "<<" \ t "<< ch i << e n d l ;double prob = Func t ion−>GetProb ( ) ;

Page 87: Vincoli alle Teorie Metriche della Gravita Imposti dalle ... sono invece relativi alle osservazioni della transizione a 21 cm dell’i-drogeno atomico effettuate nelle regioni periferiche.

APPENDICE E. TEST MOND 76

cout <<" prob "<<" \ t "<<prob << e n d l ;double dof = Func t ion−>GetNDF ( ) ;cou t <<" dof "<<" \ t "<<dof << e n d l ;

g S t y l e−>SetS ta tW ( 0 . 1 5 ) ;g S t y l e−>S e t O p t F i t ( 1 1 1 1 ) ;

/ / Aggiorno l a canvasc1−>Update ( ) ;

/ / Mi p o s i z i o n o n e l l a seconda TPadc1−>cd ( 2 ) ;

double r e s i d u a l s [ 6 2 ] = 0 . ;

/ / C a l c o l o i r e s i d u i usando l a f u n z i o n e con c u i ho f i t t a t oi d a t i

f o r ( i =0 ; i < l i n e s ; i ++)r e s i d u a l s [ i ] = (Y[ i ]−Func t ion−>Eval (X[ i ] ) ) / e r rY [ i ] ;

TGraph * r e s = new TGraph ( 6 2 ,X, r e s i d u a l s ) ;

r e s−> S e t T i t l e ( ) ;r e s−>GetXaxis ( )−> S e t T i t l e ( " l o g a " ) ;r e s−>GetYaxis ( )−> S e t T i t l e ( " r e s i d u a l s " ) ;r e s−>S e t M a r k e r S t y l e ( 2 0 ) ;r e s−>S e t M a r k e r C o l o r ( 4 ) ;r e s−>GetXaxis ( )−>S e t L i m i t s (−12.5 ,−9) ;r e s−>SetMaximum ( 6 ) ;r e s−>SetMinimum (−6) ;

/ / Stampo una l i n e a o r i z z o n t a l e s u l l o 0TLine * t l = new TLine (−12.5 ,0 ,−9 ,0) ;

t l −>Se tL ineWid th ( 2 ) ;t l −>S e t L i n e C o l o r ( 2 ) ;

r e s−>Draw ( "AP" ) ;t l −>Draw ( "AP" ) ;

/ / Aggiorno l a canvasc1−>Update ( ) ;

Page 88: Vincoli alle Teorie Metriche della Gravita Imposti dalle ... sono invece relativi alle osservazioni della transizione a 21 cm dell’i-drogeno atomico effettuate nelle regioni periferiche.

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