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Platone, Alcibiade 129-130 129.a […] So. Dunque è facile conoscere se stessi ed era uno stupido chi ha consacrato questo motto nel tempio di Delfi o risulta difficile e non è cosa da tutti? Al. A me, o Socrate, spesso è sembrata cosa da tutti, spesso invece difficilissima impresa. So. Ma, o Alcibiade, sia facile o non lo sia, tuttavia la cosa per noi sta in questi termini: conoscendo questo, forse potremmo conoscere la cura di noi stessi, non conoscendolo, non potremo conoscerla. Al. È in questi termini. 129.b So. Forza, allora. In che maniera si potrebbe trovare questo essere ‘se stessi’? Così, infatti, troveremmo probabilmente che cosa siamo noi; rimanendo nell’ignoranza di questo, ne saremmo ancora incapaci. Al. Dici bene. So. Fermo un attimo allora, per Zeus. Ora con chi stai parlando? non forse con me? Al. Sì. So. Dunque anche io con te? Al. Sì. So. Socrate è allora colui che parla? Al. Sì. So. E Alcibiade colui che ascolta? Al. Sì. So. Dunque Socrate parla servendosi di parole? 129.c Al. E allora? So. Ma tu dici che il parlare e l’impiegare parole sono, in qualche modo, la stessa cosa? Al. Certamente sì. So. Ma chi si serve di qualcosa non è diverso da ciò del quale si serve? Al. Come dici? So. Per esempio, il calzolaio taglia con il coltello, il trincetto ad altri strumenti. Al. Sì. So. Dunque una cosa è colui che taglia e si serve di strumenti, altra sono gli strumenti di cui si serve per tagliare. Al. Come no? So. Analogamente gli strumenti con cui il suonatore di cetra suona e lo stesso suonatore di cetra sarebbero realtà

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Page 1: Web viewOra con chi stai. parlando? non forse con me? Al. Sì. So. Dunque anche io con te? Al. Sì. So. Socrate. è allora colui che parla? Al. Sì. So. E Alcibiade colui che

Platone, Alcibiade 129-130

129.a […] So. Dunque è facile conoscere se stessi ed era uno stupido chi ha consacrato questo motto nel tempio di Delfi o risulta difficile e non è cosa da tutti? Al. A me, o Socrate, spesso è sembrata cosa da tutti, spesso invece difficilissima impresa. So. Ma, o Alcibiade, sia facile o non lo sia, tuttavia la cosa per noi sta in questi termini: conoscendo questo, forse potremmo conoscere la cura di noi stessi, non conoscendolo, non potremo conoscerla. Al. È in questi termini. 129.b So. Forza, allora. In che maniera sipotrebbe trovare questo essere ‘se stessi’? Così, infatti, troveremmo probabilmenteche cosa siamo noi; rimanendo nell’ignoranza di questo, ne saremmo ancoraincapaci. Al. Dici bene. So. Fermo un attimo allora, per Zeus. Ora con chi staiparlando? non forse con me? Al. Sì. So. Dunque anche io con te? Al. Sì. So. Socrateè allora colui che parla? Al. Sì. So. E Alcibiade colui che ascolta? Al. Sì. So.Dunque Socrate parla servendosi di parole? 129.c Al. E allora? So. Ma tu dici che ilparlare e l’impiegare parole sono, in qualche modo, la stessa cosa? Al. Certamentesì. So. Ma chi si serve di qualcosa non è diverso da ciò del quale si serve? Al. Comedici? So. Per esempio, il calzolaio taglia con il coltello, il trincetto ad altri strumenti.Al. Sì. So. Dunque una cosa è colui che taglia e si serve di strumenti, altra sono glistrumenti di cui si serve per tagliare. Al. Come no? So. Analogamente gli strumenticon cui il suonatore di cetra suona e lo stesso suonatore di cetra sarebbero realtàdistinte? Al. Sì. 129.d So. Ti chiedevo questo dunque poco fa, se ti sembra che coluiche si serve e ciò di cui si serve siano sempre cose diverse. Al. Mi pare così. So. Checosa allora dovremmo dire del calzolaio? Che taglia solo con gli arnesi o anche conle mani? Al. Anche con le mani. So. Si serve dunque anche di queste? Al. Sì. So. Enon si serve anche degli occhi quando lavora il cuoio? Al. Sì. So. Ma siamod’accordo sul fatto che chi si serve e gli strumenti di cui si serve sono cose diverse?Al. Sì. So. Dunque il calzolaio ed il suonatore di cetra sono un’altra cosa rispettoalle mani ed 129.e agli occhi con cui lavorano? Al. Chiaro. So. E l’uomo non siserve di tutto il corpo? Al. Certo. So. Ma avevamo evidenziato che altro è ciò che siserve, altro ciò di cui si serve. Al. Sì. So. Altro dunque è l’uomo rispetto al suocorpo. Al. Evidentemente. So. Che cos’è dunque l’uomo? Al. Non te lo so dire. So.Sai dire però che è ciò che si serve del corpo. Al. Sì. 130.a So. Forse, dunque,qualcosa d’altro che non sia l’anima si serve di questo? Al. Non altro. So. È dunquelei che comanda? Al. Sì. So. Certamente su questo penso che nessuno la potrebbepensare in modo diverso. Al. Su che cosa? So. Che l’uomo non sia almeno una diqueste tre cose. Al. Quali? So. Anima o corpo o tutte e due le cose insieme, in untutto. Al. E allora? So. Ma non abbiamo convenuto che ciò che comanda sul corpo èl’uomo? 130.b Al. Sì, abbiamo riconosciuto questo. So. Dunque il corpo esercita uncomando su se stesso? Al. Assolutamente no. So. Abbiamo detto che è il corpo adessere comandato. Al. Sì. So. Non potrebbe essere certamente questo ciò checerchiamo. Al. Chiaramente no. So. Ma allora l’unione fra anima e corpo comandasul corpo ed è questo l' uomo? Al. Probabilmente. So. Neppure per sogno; infatti, seuno dei due non esercita il comando non c'è possibilità alcuna che l' insieme

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comandi. Al. Giusto. 130.c So. Poiché allora né il corpo, né l’insieme di anima ecorpo è l’uomo, rimane, credo, o che non sia niente, o che, se è qualcosa, non sianiente altro che l’anima. Al. Perfettamente. So. E bisogna dunque ancora piùchiaramente mostrarti che l’uomo è la sua anima? Al. Per Zeus, mi pare siasufficiente. So. Se non fosse stato dimostrato in modo rigoroso, bensì soltanto inmisura modesta, tuttavia ci accontentiamo; conosceremo precisamente, quandotroveremo ciò che adesso 130.d abbiamo tralasciato per la complessità dell’esame.Al. Vale a dire? So. Ciò che è stato detto poco fa, che prima bisogna considerare il“se stesso”; ora, invece, al posto del “se stesso” abbiamo considerato che cos’èciascun singolo essere. E forse basterà. Non c’è, infatti, niente di noi stessi piùimportante dell’anima. Al. Certo che no. So. Sta bene dunque pensare in questitermini, che io e te parliamo l’un con l’altro servendoci di parole e con l’animarivolta all’anima? 130.e Al. Assolutamente sì. So. Questo era dunque ciò cheabbiamo detto in breve poco fa, che Socrate dialoga con Alcibiade servendosi dellaparola, rivolgendo parole, non al tuo volto, come sembra, ma ad Alcibiade; questoallora è l’anima. Al. A me pare. So. Dunque colui che ci ordina il “conosci testesso”, ci ordina di conoscere la nostra anima.