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Ilaria Celani (matricola 1212940)
Cdl in Letteratura e Lingua, Studi Italiani ed Europei
Corso di Letteratura Inglese a.a. 2013\2014.
HORACE WALPOLE E IL ROMANZO GOTICO
Scrittore politico e mondano, Horace Walpole visse nel cuore della società
inglese aristocratica e colta del Settecento.
Nonostante lo spirito pettegolo e “casanoviano” tipicamente gentilizio, la
sua fantasia fu piena di sogni gotici ed oscuri.
A lui si attribuì, inizialmente, la rinascita del gusto per il gotico, per la
decorazione della sua villa a Strawberry Hill che, arricchita di torri merlate,
padiglioni, soffitti a ventaglio e chiavi pendule, appariva come una bizzarra
variazione di gusto rococò. Nella sua “Description of Strawberry Hill” egli
definisce l’edificio « abitazione quanto mai adatta all’autore del “Castello
di Otranto”, che se ne ispirò pel suo romanzo»1. Ecco, dunque, un primo
punto di partenza per l’avvio di quello che viene considerato il capostipite
del Romanzo Gotico. E se dall’arte architettonica si prendono le mosse per
l’analisi dell’opera walpoliana, non può essere certo dimenticato un
contributo fondamentale. Il nostro scrittore, infatti, testimonia più di una
volta il suo entusiasmo per l’incisore e architetto italiano Giambattista
Piranesi e per la sproporzione tra le sue possenti moli dedalee e le piccole
figure umane ai loro piedi.
1 G.Franci, Horace Walpole, Strawberry Hill, Palermo, Sellerio, 1990.
Nello specifico è stato individuato un particolare che ci fa penetrare nel
centro dell’ispirazione del Walpole: Sia in una scena delle “Opere varie”
che in un’altra delle “Carceri”, appare un trofeo sormontato da un elmo
piumato sospeso minacciosamente sui piccoli uomini sottostanti.2 Come
non riconoscere in quell’elmo lo stesso che compare nel “Castello di
Otranto”. Ma il passaggio non è diretto, poiché a fare da mediatore, a
detta dello studioso Mario Praz, sarebbe un sogno che l’autore ebbe sotto
l’impressione delle acqueforti piranesiane e che lo indusse a scrivere il
romanzo.3
Muovendo i passi dal sogno verso il “sogno”, Walpole giunge nel 1764 alla
prima edizione dell’opera che si apre con una prefazione in cui, sotto le
spoglie del fantomatico traduttore William Marshall, utilizzando la tecnica
del “manoscritto ritrovato”, presenta il racconto come la traduzione di
uno scritto medioevale del XVI secolo su una storia asserita come vera,
accaduta all'epoca della prima Crociata. Mantenendo il distacco dal
contenuto dell'opera, delegando ogni responsabilità ad una figura fittizia
che gli garantisce l'immunità da coinvolgimenti diretti, egli decanta lo stile
e le abilità di scrittura del presunto autore, il canonico italiano Onophrio
Muralto. Ognuno di questi dettagli spazio-temporali è volto ad aumentare
la veridicità del manoscritto, rendendo più facile al lettore la sua
accettazione.
2 J.Andersen, Giant Dreams, Piranesi’s influence in England, in «English Miscellany»,3, Roma, 1952.3 M.Praz, Introductory Essay, in Three Gothic Novels, Harmondsworth, 1968.
Dopo aver constatato l’enorme successo riscosso, nel 1765 pubblica una
seconda edizione nella cui prefazione esce allo scoperto, rivendicando la
paternità del romanzo, ma soprattutto si inserisce nel dibattito
contemporaneo che vede contrapporsi il “romance” ed il “novel”, la
fantasia ed il realismo. Se nel primo dominano l’immaginazione e
l’improbabilità, nel secondo hanno la meglio le leggi della natura.
In tale contesto, il contributo di Walpole consiste nel tentativo di fondere
le due tendenze, quella antica e quella moderna, in un unico nuovo genere
romanzesco, nel quale i personaggi pensano, agiscono e parlano come
farebbe un uomo moderno in circostanze straordinarie.
La consapevolezza di aver dato origine ad una nuova tipologia spinge lo
scrittore a giustificare le sue scelte chiamando in causa «il grande maestro
della natura, Shakespeare», modello da cui trae la fusione dei diversi stili e
dei diversi livelli di scrittura, e che difende dagli attacchi di Voltaire, il
quale lo ritiene un genio barbaro indifferente alle leggi tradizionali. Una
dichiarazione, questa, che fa risalire la sovranità delle passioni e del caos,
tipica del Romanzo Gotico, già all’opera shakespeariana.
Dall’autore elisabettiano il nostro Walpole recupera anche alcuni moduli
del dramma: Come in una tragedia classica, il racconto si svolge in cinque
atti - cinque capitoli - in un crescendo di suspence fino alla catarsi
conclusiva. Il lettore è sempre guidato nel coinvolgimento attraverso lo
sguardo di alcuni protagonisti, gli attori di questo dramma che rispetta le
regole dell'unità, nel tempo (tre giorni e due notti), nello spazio (il castello-
luogo chiuso) e nell'azione.
La teatralità e la spettacolarità sono rese dalle descrizioni dettagliate,
quasi visive, degli eventi e, in tale predominio dell’immagine, i personaggi,
fissi e stereotipati, sono disposti come figurine immobili sul “palcoscenico”
della storia.
La scelta della forma del dramma e l’ostentazione dei propri modelli
letterari sono compiuti anche per reazione ai metodi dei romanzieri
realisti coevi, che osservavano ad occhio nudo e descrivevano la realtà
quotidiana.
Al contrario Walpole, in bilico tra realtà e fantasia, tende più alla seconda
istanza e fa padroneggiare nel racconto il terrore, in quanto unico
elemento capace di risvegliare e mantenere l’interesse del lettore.
Per comprendere simili intenti è necessario legare il romanzo gotico alla
categoria del Sublime, e ricollegare le scelte del nostro autore a quel
“Philosophical Enquiry into the origin of our ideas of the sublime and
beautiful” scritto da Edmund Burke, in cui il teorico sostiene che l’estetica
del Sublime nasce da sensazioni che sono suscitate dal tenebroso e dal
terrifico; si raggiunge il senso del Sublime quando il terrore provocato dal
dolore e dal pericolo è rivissuto e rielaborato nella mente dell’uomo come
forma di diletto colmo di orrore. La linea che divide il piacere dalla paura è
nel Sublime molto sottile, perché esso è un’emozione talmente forte da
lasciare l’animo umano profondamente scosso. Questo tipo di tensione
psicologica si verifica soprattutto in presenza di spettacoli naturali (monti,
tempeste, spazi enormi) che fanno sentire l’uomo una piccola creatura
sgomenta davanti alla smisurata ed iperbolica grandezza della natura.4
4 E.Burke, A philosophical Enquiry into the origin of our ideas of the sublime and beautiful, 1757.
Anche nel gotico l’attrazione per il piacere misto ad orrore, provocato
dall’inquietudine del buio e della notte, è accompagnata al senso di paura
di fronte alla maestosità delle rovine, che da classiche diventano medievali
perché più buie, oscure e misteriose. Nel “Castello di Otranto” la rovina
simboleggia un passato autentico, una sintesi tra arte e natura, ma
soprattutto la decadenza: Nell’atto finale del dramma, con la morte di
Matilda, il castello crolla tra tuoni e fulmini, e la sua trasformazione
testimonia la vendetta degli spiriti attraverso la natura.5
In sintonia con il tema della rovina, all’interno della dimensione del
Sublime, sono certamente gli spazi del Castello e dell’Abazia, edifici
feudali, imponenti ed isolati, in conflitto non solo con la natura
circostante, ma anche con la società, della quale non condividono le
regole. Luoghi sinistri e portatori di inquietudine, quanto più promettono
di salvaguardare l’intimità, tanto più si rivelano una trappola soffocante,
divenendo in tal modo espressioni del Labirinto, della frustrazione
nell’impossibilità di scegliere, del disordine del mondo da cui non si può
fuggire ma, al contempo, del tentativo dell’uomo di creare un ordine. È ciò
che accade nel romanzo, all’interno del quale il lettore si smarrisce ma
che, al tempo stesso, cerca di interpretare.
Il terrore non risparmia neanche gli spazi esterni, cosicché, nel racconto
walpoliano, la foresta fitta simboleggia, come in Dante la selva oscura, il
peccato in cui l’eroe si perde, ma da cui poi riesce a salvarsi grazie alle sue
virtù.
5 H.Walpole, The castle of Otranto. A gothic novel, from a 1901 edition, The floating press, 2009, p.183.
È un luogo fagocitante nel quale il cavaliere coraggioso erra senza una
meta, e questo suo errare rimanda sia alle imprese dei cavalieri medievali,
sulla scorta del Poema Cavalleresco, sia ai viaggi compiuti dai giovani
nobili nel Grand Tour, riletti in chiave fantastica. Ritroviamo questa
tematica in un passo del terzo capitolo: «Until Jerome should return at
night, Theodore at length determined to repair to the forest that Matilda
had pointed out to him. Arriving there, he sought the gloomiest shades, as
best suited to the pleasing melancholy that reigned in his mind. In this
mood he roved insensibly to the caves which had formerly served as a
retreat to hermits, and were now reported round the country to be
haunted by evil spirits. He recollected to have heard this tradition; and
being of a brave and adventurous disposition, he willingly indulged his
curiosity in exploring the secret recesses of this labyrinth.».6
A completare il quadro del Sublime nell’opera è la dimensione onirica,
dove si muovono fantasmi e spiriti, dove il tempo cessa di essere
misurabile e regna l’angoscia. E’ qui che il soprannaturale si manifesta in
modo più accentuato. Sebbene alcuni degli elementi fantastici abbiano il
compito immediato di salvare l’eroina, in realtà tendono tutti ad unico
scopo finale: rimettere la signoria di Otranto nelle mani del legittimo
proprietario. Questo elemento tipico del “romance” si presenta sotto una
molteplicità di forme: fantasmi, oggetti magici, profezie e visioni che
contribuiscono a rendere terrificante la trama del romanzo.
Un forte accento è dato, inoltre, dai rumori improvvisi e dalle particolari
condizioni atmosferiche: Le porte che si chiudono bruscamente, lo stridio
metallico delle armature, il vento che sibila, gli strani gemiti.
6 Ibidem, p.115.
I suoni sinistri sono fondamentali per creare tensione nel lettore e gettare
nel panico i personaggi. L’origine di questi rumori è sconosciuta e, per
quanto i protagonisti provino a darne una, non hanno una spiegazione
logica, bensì servono semplicemente ad insidiare ancora di più nell’animo
umano paure irrazionali.
La natura stessa, attraverso la tempesta di vento, si manifesta nella sua
forma implacabile e selvaggia, lasciando l’uomo inerme ed impaurito:
«Manfred's eyes were fixed on the gigantic sword, and he scarce seemed
to attend to the cartel: but his attention was soon diverted by a tempest
of wind that rose behind him. He turned and beheld the Plumes of the
enchanted helmet agitated in the same extraordinary manner as
before.».7 È qui evidente la sua complicità con agenti superiori, I quali
vogliono ammonire Manfredi.
Di particolare interesse è la scena in cui compare l’elmo magico: «The first
thing that struck Manfred's eyes was a group of his servants
endeavouring to raise something that appeared to him a mountain of
sable plumes. He gazed without believing his sight … Shocked with these
lamentable sounds, and dreading he knew not what, he advanced hastily,
—but what a sight for a father's eyes!— he beheld his child dashed to
pieces, and almost buried under an enormous helmet, an hundred times
more large than any casque ever made for human being, and shaded with
a proportionable quantity of black feathers…».8 L’aggettivo “enorme”
compare due volte. Un segnale, questo, dell’ossessione gotica per gli
oggetti di grandezza spropositata.
7 Ibidem, p. 98.8 Ibidem, pp.12,13.
La scelta è dovuta al fatto che, secondo la teoria del Sublime, più ciò che
osserviamo è maestoso, più susciterà in noi forti emozioni.
Da un’analisi complessiva sugli spazi del racconto emerge con chiarezza un
certo risvolto simbolico e psicologico: I luoghi non sono descritti
minuziosamente poiché hanno un significato “altro”, sono proiezioni delle
tensioni sentimentali dell’io e, nel caso specifico, della figura preminente
del romanzo, ossia il tiranno Manfredi. Sublime nel suscitare sentimenti di
rispetto, timore e reverenza, questa figura vive lo stesso isolamento, la
stessa impenetrabilità del castello in cui governa, rivelando la propria
lacerazione interiore. Le uniche forme di comunicazione sono la
persecuzione, l’usurpazione e la violenza compiute dai piani alti della sua
proprietà nei confronti delle sue vittime che, in contrapposizione,
pullulano nei “bassi fondi” e all’esterno. Un movimento dall’alto in basso,
dal dentro al fuori, manifestato dalle opposizioni spaziali e sintomatico di
una perdita di coscienza, di un affondamento nei recessi più intimi
dell’irrazionale, fino a giungere al crollo fisico-psicologico finale. Ed anche
se Walpole, con il conclusivo pentimento ed il ritiro in convento di
Manfredi, non rinuncia a quell’esito positivo e moraleggiante proprio dei
moduli tradizionali, esprimendo attraverso il gotico le strutture psichiche, i
conflitti profondi e le paure dell’uomo, sembra anticipare quelle istanze
tipicamente novecentesche che trovano fondamento nelle teorie
psicoanalitiche di Freud; come non pensare, in tal caso, ai concetti espressi
nel saggio sul Perturbante.9
9 S.Freud, Das Unheimliche, 1919.
Tra passato, presente e futuro, in un coacervo di materiali eterogenei e di
posizioni contrastanti, lo scrittore dimostra, sia nella vita che nell’opera, la
Sublimità, intesa come un continuo vivere al limite, come uno stare in
bilico tra diversi domini: Da un lato il malessere sociale e la paura di fronte
ai fermenti dell’epoca che sarebbero culminati nella Rivoluzione Francese,
pongono l’autore contro le regole illuministiche del tempo, per cui a livello
letterario egli sostituisce il presente con il passato, il quotidiano con il
meraviglioso; dall’altro lato Walpole rimane sostanzialmente figlio del suo
tempo, assecondando i gusti nonché la finalità didascalica tipici del
periodo.
In accordo con gran parte della critica dell’Ottocento e del Novecento, “Il
Castello di Otranto” non è certo un’opera eccelsa; il racconto è contorto e
tedioso, i personaggi non sono interessanti e la costruzione pecca
d’ingenuità. Eppure, per dirla con le parole di Dobré, «… fu senz’altro un
romanzo destinato a produrre i suoi frutti… che spalancò le cataratte dei
romanzi “gotici” e dell’ “orrore”. Questi a loro volta spianarono la strada a
romanzi fantastici più genuini… Ciò rivela la personalità più vera di
Walpole, che era quella di un sognatore…».10
D'altronde se oggi la Tv, il Cinema ed i Libri sono “invasi” da vampiri,
zombie ed altre figure fantastiche e sovrannaturali, lo dobbiamo
soprattutto a questo precursore del Romanzo Gotico.
10 B.Dobré, Horace Walpole, in Restoration and Eighteenth-Century Literature, Chicago, 1963.
BIBLIOGRAFIA
Andersen J., Giant Dreams, Piranesi’s influence in England, in «English
Miscellany»,3, Roma, 1952.
Burke E., A philosophical Enquiry into the origin of our ideas of the sublime
and beautiful, 1757.
Dobré B., Horace Walpole, in Restoration and Eighteenth-Century
Literature, Chicago, 1963.
Franci G., Horace Walpole, Strawberry Hill, Palermo, Sellerio, 1990.
Freud S., Das Unheimliche, 1919.
Praz M., Introductory Essay, in Three Gothic Novels, Harmondsworth, 1968
Walpole H., The castle of Otranto. A gothic novel, from a 1901 edition, The
floating press, 2009.