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IL VALORE ED IL PESO DI UN VERO SPORTIVO: GIOACCHINO ROSA ROSA di Peppino Papararo Correva l’anno 1994 e in quel tempo io abitavo a Napoli in via A. Manzoni, poco distante dalla casa dove viveva il mio Grande Vecchio Saggio Gioacchino Rosa Rosa, che non vedevo da qualche anno. Avevo abbandonato completamente il tiro a volo dal 1988, a causa di incomprensioni con la Fitav e di qualche attrito con il C.T. della squadra nazionale. Il tiro era lontanissimo dai miei pensieri. Era il mese di marzo del 1994 e sento suonare il citofono della mia abitazione. Dico a mia moglie: *non rispondere e dalla finestra guarda un po’ chi è che bussa*. E lei: *è un signore molto distinto*. Ed io: *lo conosci?*. E lei: *non lo conosco*. Le dico: *Lascia perdere e non rispondere*. Passa qualche giorno e la stessa scena si ripete. Mia moglie mi fa: *Guarda che è lo stesso signore distinto dell’altra volta*. Incuriosito mi affaccio anch’io per guardare: era Gioacchino Rosa Rosa. Scendo e apro il cancello della mia abitazione. Dopo un saluto e un abbraccio affettuoso Gioacchino mi dice: *sono passato a prenderti. Prendi il fucile, sali in macchina e andiamo a sparare qualche serie*. Ed io: *no Gioacchino, non intendo riprendere il tiro a volo*. Lui insiste, ma di fronte alla mia posizione irremovibile desiste e se ne va. Ma non potevo immaginare la sua incredibile perseveranza. Infatti in seguito il suo bussare al mio citofono e il suo invito a riprendere a sparare si è ripetuto non so quante volte, finchè un giorno mi convinse. Partiamo e cominciamo a tirare qualche serie di prova. Gioacchino non aveva perso lo smalto e la classe dei tempi migliori e sparava ancora divinamente. Io al contrario avevo dimenticato i meccanismi di tiro e facevo un po’ fatica a ricordarli, a tal punto che volevo di nuovo smettere. Ma lui con insistenza mi dava coraggio e mi ripeteva in

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IL VALORE ED IL PESO DI UN VERO SPORTIVO: GIOACCHINO ROSA ROSAdi Peppino Papararo

Correva l’anno 1994 e in quel tempo io abitavo a Napoli in via A. Manzoni, poco distante dalla casa dove viveva il mio Grande Vecchio Saggio Gioacchino Rosa Rosa, che non vedevo da qualche anno.Avevo abbandonato completamente il tiro a volo dal 1988, a causa di incomprensioni con la Fitav e di qualche attrito con il C.T. della squadra nazionale. Il tiro era lontanissimo dai miei pensieri.Era il mese di marzo del 1994 e sento suonare il citofono della mia abitazione. Dico a mia moglie: *non rispondere e dalla finestra guarda un po’ chi è che bussa*. E lei: *è un signore molto distinto*. Ed io: *lo conosci?*. E lei: *non lo conosco*. Le dico: *Lascia perdere e non rispondere*.Passa qualche giorno e la stessa scena si ripete. Mia moglie mi fa: *Guarda che è lo stesso signore distinto dell’altra volta*. Incuriosito mi affaccio anch’io per guardare: era Gioacchino Rosa Rosa. Scendo e apro il cancello della mia abitazione. Dopo un saluto e un abbraccio affettuoso Gioacchino mi dice: *sono passato a prenderti. Prendi il fucile, sali in macchina e andiamo a sparare qualche serie*. Ed io: *no Gioacchino, non intendo riprendere il tiro a volo*. Lui insiste, ma di fronte alla mia posizione irremovibile desiste e se ne va. Ma non potevo immaginare la sua incredibile perseveranza. Infatti in seguito il suo bussare al mio citofono e il suo invito a riprendere a sparare si è ripetuto non so quante volte, finchè un giorno mi convinse. Partiamo e cominciamo a tirare qualche serie di prova. Gioacchino non aveva perso lo smalto e la classe dei tempi migliori e sparava ancora divinamente. Io al contrario avevo dimenticato i meccanismi di tiro e facevo un po’ fatica a ricordarli, a tal punto che volevo di nuovo smettere. Ma lui con insistenza mi dava coraggio e mi ripeteva in gergo napoletano: *o zappatore nun sa scord a mamm*, dimostrandomi ancora una volta con tenacia, ma con immutato affetto e stima, tutta la sua convinzione nelle mie potenzialità. Ad un certo punto mi fa: * abbiamo due Gran Premi Fitav che ci attendono*. Ed io replico: *ma io non sono pronto per affrontare competizioni così impegnative*. E lui di rimando: *tu sarai pronto al momento giusto*. Continuiamo i nostri allenamenti, finchè non arriva il primo fatidico appuntamento importante nel mese di maggio 1994. La settimana precedente avevamo deciso di simulare la gara che ci attendeva sul campo di tiro di Pastorano, sparando 200 piattelli divisi in due giorni. Il mio risultato fu di 197/200 piattelli colpiti. Ero pronto! Gioacchino sorrideva in cuor suo, soddisfatto del lavoro svolto su di me.Partiamo insieme in auto alla volta di S.Severo (FG) per partecipare al 2° Gran Premio Fitav di 1^ Categoria. Gioacchino è stato sempre un compagno di viaggio ideale ed era un piacere percorrere con lui anche diverse centinaia di chilometri.

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Affrontiamo la gara ed io vinco con il punteggio di 194/200. Alla fine lui mi fa:*bravo. Hai visto? Avevo ragione, ma tu puoi fare di più*. Incredulo, ancora frastornato, in quel momento ho recepito questo messaggio: a lui, come sempre altruista e generoso, non interessava la sua prestazione agonistica, ma il risultato del suo lavoro. Era quindi soddisfatto, ma non del tutto appagato.Giugno 1994. Avevamo continuato i nostri allenamenti e ci accingevamo a partecipare al 3° ed ultimo Gran Premio Fitav della stagione. Partiamo alla volta di S.Calogero (VV) e affrontiamo anche quest’ultimo impegno. Vinco anche questa gara con il punteggio di 196/200. Gioacchino, visibilmente raggiante nel suo volto e nel suo cuore, mi fa:*bravo ancora una volta, ma sei uno sciagurato. Oggi hai dimostrato il tuo valore e che le mie valutazioni non erano sbagliate. Perché sei anni fa hai gettato subito la spugna, senza reagire ad una pur ingiusta decisione? Sono convinto che potevi dare ancora molto al tiro a volo*. Non replico, ma sapevo benissimo che lui conosceva perfettamente le motivazioni di quella mia drastica decisione. Conservo ancora gelosamente, con cura maniacale, la cronaca di quelle due gare riportata sul vecchio Notiziario di tiro a volo, in cui è citato anche Gioacchino come artefice del mio ritorno sulle pedane. Ogni tanto rileggo quelle pagine, ma troppa nostalgia e troppe emozioni mi assalgono, adesso in particolare che il mio Grande Vecchio Saggio ci ha lasciato. Dopo quell’ultima gara del giugno 1994, ho abbandonato di nuovo il tiro a volo, tra l’incredulità di tanti amici tiratori, per poi riprendere di nuovo in mano il mio vecchio fucile dopo circa venti anni. Io devo molto al mio Grande Vecchio Saggio Gioacchino Rosa Rosa, alla sua stima, alla sua fiducia, al suo affetto, alle sue conoscenze tecniche, alla sua signorilità e al suo altruismo. La mia gratitudine durerà intatta e immutata per tutto il resto della mia vita. Tuttavia, dopo aver ricevuto da lui tanti affettuosi rimproveri, gli voglio fare anch’io un ultimo rimprovero: CARO GIOACCHINO, CI HAI LASCIATO TROPPO PRESTO, NOI AVEVAMO ANCORA BISOGNO DELLA TUA LUNGIMIRANTE SAGGEZZA.