VIETNAM · 2020-03-06 · 94 REPORTAGE Caro lettore, pensavo che un viaggio in Vietnam fosse un...

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94 REPORTAGE Caro lettore, pensavo che un viaggio in Vietnam fosse un po’ un’avventu- ra, ma non è stato così o, meglio, l’avventura c’è stata, ma ha ri- guardato solo la prima tappa del viaggio, che con il Vietnam non c’entrava per nulla. L’aeroporto di Linate è stato infatti chiuso per un paio di giorni a causa della nebbia. Saranno le nuove misure di sicu- rezza. Sarà forse un periodo ecce- zionale per l’alternarsi delle piog- ge e del sole. Sta di fatto che cen- tinaia di voli sono stati cancellati. Ho quindi temuto di non farcela ve- nerdì mattina a raggiungere Roma per poi prendere il volo per Bangkok e ho deciso di fare Mila- no-Roma in automobile. Ho mobi- litato il buon Antonio, maremmano solido, ex carabiniere, autista scru- poloso, desideroso di accompa- gnarmi e di fare un salto in To- scana. Era ormai sera e abbiamo pernottato a Figline Valdarno, do- ve abbiamo fatto una bella cenet- ta, a base di una gustosa ribollita che da tanto tempo non mangiavo e, udite udite, di una colossale bi- stecca alla fiorentina. Si diceva che fosse vietata, la fiorentina. Il mio ex carabiniere non ha indaga- to e vi assicuro che, vietata o no, valeva la pena. Il Chianti è servito da buon sonnifero e così, dopo una buona dormita, ho ripreso la strada per Roma e tutto è andato bene. Devo confessare che non mi sono pentito della scelta neppure dopo aver saputo che l’aereo che avevo prenotato per Roma è arri- vato addirittura in anticipo sull’ora- rio previsto. L’unico pensiero che l’avventura ha sollevato in me è stato di carattere generale. Siamo un grande Paese, ai primi posti delle classifiche mondiali in mate- ria di sviluppo economico. Eppure, bastano pochi metri di nebbia o pochi centimetri di neve per para- lizzare i nostri aeroporti. Mi sono chiesto che cosa faranno altrove, dove le chiusure aeroportuali sono rarissime nonostante l’inclemenza del tempo. Pare che non abbiamo investito a sufficienza in tecnologie specifiche. Sarebbe ora di provve- dere non solo per non costringer- ci ad avventurarci alla ricerca di veicoli alternativi, ma anche a ver- gognarci verso noi stessi e nei confronti degli stranieri che difficil- mente riescono a capire questi no- stri problemi. ROBERTO RUOZI * Interno del tempio della Letteratura ad Hanoi. Interior of the Temple of Literature in Hanoi. Alla fine comunque sono feli- cemente arrivato ad Hanoi, nel nuovissimo aeroporto, che ha rim- piazzato quello vecchio ed obsole- to dove ero sceso l’anno scorso. Capirai che è la seconda volta che vengo in Vietnam e sento il biso- gno di dirti che ho riprovato alcu- ne emozioni che riproverei anche se tornassi ancora. Il Vietnam era (ed è) una ter- ra mitica, che ha colpito la mia fantasia giovanile all’epoca in cui le truppe del generale Giap, sotto la guida politica del padre della pa- tria, il grande Ho Chi Minh, scon- fissero i francesi dopo un lungo e drammatico assedio a Dien Bien Phu. Allora la televisione non fun- zionava come oggi e le notizie pro- venivano soprattutto dalla radio e dai giornali. Ricordo la voce conci- tata dello speaker della radio nei giorni della capitolazione, giorni pieni di ansia, nonostante si trat- tasse di una guerra lontana. Capi- vo che era una battaglia storica e infatti segnò la fine del coloniali- smo in Indocina. Ed ero ancora giovane, seb- bene molto più maturo, quando il Vietnam tornò alla ribalta per il conflitto che vide schierate ancora le truppe del generale Giap contro quelle del Vietnam del Sud ap- poggiate dagli americani. La tra- gedia di quell’epoca ha lasciato tracce profonde sulla mia genera- zione. Ci hanno fatto ripensare ai problemi dell’uomo e dei suoi rap- porti con la politica, con la mac- china militare e con la coscienza. Le grandi manifestazioni pacifiste (realmente pacifiste e pacifiche) accompagnate dagli indimentica- bili e dolci canti di Bob Dylan e di Joan Baez non passarono invano e le innumerevoli schiere di morti che il conflitto fece dall’una e dall’altra parte fortunatamente re- sero giustizia e la guerra cessò. Fu una catastrofe per l’America, che sta rivivendo oggi sensazioni già provate in quegli anni sperando in un futuro migliore. Fu una cata- strofe per il Vietnam del Sud, che fu spazzato dalla scena politica. Fu una tragedia anche per i vinci- tori del Nord, che si trovarono sul- le spalle la responsabilità del go- Vietnam, its land and its people have been raised to the honours of history due to the war against the USA; and that was a drama that has left deep wounds and heavy contradictions. The political regime is communism, but the market logic is of a lib- eral sort and greatly depends on foreign investments. Tra- dition, however, must not be forgotten. The Temple of Lit- erature, the Water Puppet Theatre and the French Quar- ter are the things of note in Hanoi. Agriculture is the ba- sic production sector, mili- tary cemeteries, brickworks and pagodas dominate the landscape. There is a strong Chinese influence and not only in architecture; though ideograms are not used for writing but rather Roman characters. Ho Chi Minh City recalls a western metropolis. The inhabitants bring back a sense of the East as they have a facial peculiarity: they are all the same. LETTER FROM VIETNAM

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Caro lettore,pensavo che un viaggio in

Vietnam fosse un po’ un’avventu-ra, ma non è stato così o, meglio,l’avventura c’è stata, ma ha ri-guardato solo la prima tappa delviaggio, che con il Vietnam nonc’entrava per nulla. L’aeroporto diLinate è stato infatti chiuso per unpaio di giorni a causa della nebbia.Saranno le nuove misure di sicu-rezza. Sarà forse un periodo ecce-zionale per l’alternarsi delle piog-ge e del sole. Sta di fatto che cen-tinaia di voli sono stati cancellati.Ho quindi temuto di non farcela ve-nerdì mattina a raggiungere Romaper poi prendere il volo perBangkok e ho deciso di fare Mila-no-Roma in automobile. Ho mobi-litato il buon Antonio, maremmanosolido, ex carabiniere, autista scru-poloso, desideroso di accompa-gnarmi e di fare un salto in To-scana. Era ormai sera e abbiamopernottato a Figline Valdarno, do-ve abbiamo fatto una bella cenet-ta, a base di una gustosa ribollitache da tanto tempo non mangiavoe, udite udite, di una colossale bi-stecca alla fiorentina. Si diceva

che fosse vietata, la fiorentina. Ilmio ex carabiniere non ha indaga-to e vi assicuro che, vietata o no,valeva la pena. Il Chianti è servitoda buon sonnifero e così, dopouna buona dormita, ho ripreso lastrada per Roma e tutto è andatobene.

Devo confessare che non misono pentito della scelta neppuredopo aver saputo che l’aereo cheavevo prenotato per Roma è arri-vato addirittura in anticipo sull’ora-rio previsto. L’unico pensiero chel’avventura ha sollevato in me èstato di carattere generale. Siamoun grande Paese, ai primi postidelle classifiche mondiali in mate-ria di sviluppo economico. Eppure,bastano pochi metri di nebbia opochi centimetri di neve per para-lizzare i nostri aeroporti. Mi sonochiesto che cosa faranno altrove,dove le chiusure aeroportuali sonorarissime nonostante l’inclemenzadel tempo. Pare che non abbiamoinvestito a sufficienza in tecnologiespecifiche. Sarebbe ora di provve-dere non solo per non costringer-ci ad avventurarci alla ricerca diveicoli alternativi, ma anche a ver-gognarci verso noi stessi e neiconfronti degli stranieri che difficil-mente riescono a capire questi no-stri problemi.

ROBERTO RUOZI *

Interno deltempio della

Letteratura adHanoi.

Interior of theTemple of

Literature inHanoi.

Alla fine comunque sono feli-cemente arrivato ad Hanoi, nelnuovissimo aeroporto, che ha rim-piazzato quello vecchio ed obsole-to dove ero sceso l’anno scorso.Capirai che è la seconda volta chevengo in Vietnam e sento il biso-gno di dirti che ho riprovato alcu-ne emozioni che riproverei anchese tornassi ancora.

Il Vietnam era (ed è) una ter-ra mitica, che ha colpito la miafantasia giovanile all’epoca in cuile truppe del generale Giap, sottola guida politica del padre della pa-tria, il grande Ho Chi Minh, scon-fissero i francesi dopo un lungo edrammatico assedio a Dien BienPhu. Allora la televisione non fun-zionava come oggi e le notizie pro-venivano soprattutto dalla radio edai giornali. Ricordo la voce conci-tata dello speaker della radio neigiorni della capitolazione, giornipieni di ansia, nonostante si trat-tasse di una guerra lontana. Capi-vo che era una battaglia storica einfatti segnò la fine del coloniali-smo in Indocina.

Ed ero ancora giovane, seb-bene molto più maturo, quando ilVietnam tornò alla ribalta per ilconflitto che vide schierate ancorale truppe del generale Giap controquelle del Vietnam del Sud ap-poggiate dagli americani. La tra-gedia di quell’epoca ha lasciatotracce profonde sulla mia genera-zione. Ci hanno fatto ripensare aiproblemi dell’uomo e dei suoi rap-porti con la politica, con la mac-china militare e con la coscienza.Le grandi manifestazioni pacifiste(realmente pacifiste e pacifiche)accompagnate dagli indimentica-bili e dolci canti di Bob Dylan e diJoan Baez non passarono invanoe le innumerevoli schiere di mortiche il conflitto fece dall’una edall’altra parte fortunatamente re-sero giustizia e la guerra cessò. Fuuna catastrofe per l’America, chesta rivivendo oggi sensazioni giàprovate in quegli anni sperando inun futuro migliore. Fu una cata-strofe per il Vietnam del Sud, chefu spazzato dalla scena politica.Fu una tragedia anche per i vinci-tori del Nord, che si trovarono sul-le spalle la responsabilità del go-

Vietnam, its land and itspeople have been raised tothe honours of history due tothe war against the USA; andthat was a drama that hasleft deep wounds and heavycontradictions. The politicalregime is communism, butthe market logic is of a lib-eral sort and greatly dependson foreign investments. Tra-dition, however, must not beforgotten. The Temple of Lit-erature, the Water PuppetTheatre and the French Quar-ter are the things of note inHanoi. Agriculture is the ba-sic production sector, mili-tary cemeteries, brickworksand pagodas dominate thelandscape. There is a strongChinese influence and notonly in architecture; thoughideograms are not used forwriting but rather Romancharacters. Ho Chi Minh Cityrecalls a western metropolis.The inhabitants bring back asense of the East as theyhave a facial peculiarity:they are all the same.

LETTERFROMVIETNAM

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verno di un Paese distrutto, manon domato, e che, con la tenaciae la determinazione di chi avevacombattuto per oltre cinquant’an-ni di fila nemici sempre nuovi, af-frontò la più importante battagliaper la ricostruzione e lo sviluppodel Paese.

Le emozioni suscitate da tut-ti questi avvenimenti sono statesuccessivamente riproposte daidrammatici esodi dei disperati chepresero il nome di boat people erischiarono la vita, perdendola inmolti, nella speranza di un futuropiù umano, ma sono state ancherisuscitate dal cinema, che hascritto sulla guerra del Vietnam pa-gine bellissime e commoventi, dalmusical che con Miss Saigon hariproposto in chiave contempora-nea la tragedia di una nuova But-terfly, dai memoriali scavati a Wa-shington nella terra del cimiterodegli eroi, da ciò che sta acca-dendo in Afghanistan.

Tutto questo mi ha tormen-tato nella preparazione del viaggioin Vietnam e ancora oggi mi tor-menta. Prima di partire ho lettomolto, come faccio ogni volta chemi accingo a visitare luoghi nuovi,e devo dire che ciò che ho letto miha almeno in parte rasserenato. Ilricordo delle guerre, e specie diquella contro gli americani, è or-mai lontano. Almeno nelle cittànon esistono più segni particolar-mente visibili dell’avvenimento. Lagente è ormai concentrata sul pre-sente e sul futuro ed è meglio la-

sciar perdere la nostalgia e bada-re al reale. Devo dire che è tuttovero e, a testimonianza di ciò, tifaccio notare che persino la famo-sa ambasciata americana di Sai-gon, teatro di indimenticabili sce-ne al momento della partenza del-le truppe USA al termine dellaguerra, è stata abbattuta per la-sciare spazio a nuovi edifici chenon suscitano più alcun tipo di ri-cordo e di reazione.

Ti parlerò quindi del Vietnamdi oggi per dirti che questo Paesesi snoda come una sottile fetta diterra a forma di drago affacciatasul mare per oltre 1.600 chilome-tri. In esso vivono, concentrati inuna superficie più o meno ugualea quella dell’Italia, poco meno di80 milioni di persone, che cresco-no ad un ritmo superiore al 2% an-

nuo e che sono oggetti e soggettidi tremendi contrasti, il più palesedei quali è a monte di tutte le co-se ed è rappresentato da un regi-me politico comunista duro e daun regime di mercato di stampofortemente liberale. Gli altri con-trasti girano attorno a questo, co-me quello fra la città e la campa-gna, quello fra il Sud e il Nord,quello tra i ricchi e i poveri, quellofra le persone per bene e i corrot-ti e così via.

I dati economici dimostranoche il tasso di sviluppo è moltobuono e che l’inflazione è sottocontrollo, ma anche che i conti conl’estero rimangono drammatici co-sì come la disoccupazione. Vi è unenorme bisogno di investimentiproduttivi e di infrastrutture. L’arri-vo dei capitali, della tecnologia e

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Villaggiodella comunitàMuong.

A villageof the Muongcommunity.

Una grandefabbrica dimattonialla periferiadi Hanoi.

Large brickfactory in the suburbsof Hanoi.

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del management stranieri è un fat-to nuovo ed importante, ma un oc-chio attento e approfondito a ciòche accade nelle strade delle cittàe delle campagne non ti permettedi capire come la gente riesca acampare. Forse occorre ancorauna volta fare appello alla tenacia,alla determinazione e alla capacitàdi sopportazione dei vietnamiti,che tuttavia sono orgogliosi di aversuperato nelle classifiche del red-dito sia i vicini laotiani sia quellicambogiani. I più ottimisti sogna-no già i tempi in cui anche il Viet-nam potrà entrare nel novero del-le “tigri” asiatiche, ma un po’ direalismo fa ritenere l’evento piut-tosto lontano.

In questa attesa vive Hanoi,che in verità è principalmente unacittà amministrativa, assai ricca diverde, ma non molto ricca di mo-numenti di particolare splendore,brulicante di gente e soprattutto diciclomotori che rendono il trafficosupercaotico e la vita impossibilesia ai pedoni sia agli automobilisti,pochi in verità, i quali sono vera-mente bravi e dribblano motorini ebiciclette con una facilità impres-sionante. Li invidio molto, ma nonvorrei essere al loro posto. Per di-fendersi essi suonano il clacsonad ogni piè sospinto, così comedel resto fanno anche i motorini.L’illusione è che, suonando, gli al-tri stiano più attenti. Penso inveceche, dato che tutti suonano, è co-me se non suonasse nessuno esarebbe quindi meglio che si cir-colasse con meno rumore.

La città è un colossale mer-cato, di stampo prettamente tra-dizionale, in cui dominano i pro-

dotti alimentari, quelli dell’abbi-gliamento, quelli dell’arredamen-to, degli elettrodomestici e del tra-sporto, cioè sostanzialmente iprodotti che soddisfano i bisogniprimari. D’altronde è assoluta-mente necessario badare al sodoe lasciar perdere il resto. Nono-stante questa sacrosanta verità,Hanoi vede la presenza di nume-rosissimi artisti, che con il loro fer-vore intellettuale stanno dandouna mano importante alla rico-struzione dell’identità di un popo-lo la cui storia è così ricca e cosìsolida da meritare un ruolo diver-so da quello che ha potuto averedal secolo scorso in poi. Le galle-rie dove molti giovani pittori viet-namiti espongono le loro operesono da vedere.

Nella speranza di vivere me-glio, prosperano in tutto il Paesele lotterie, ufficialmente favoritedallo Stato e spesso gestite sottola sua egida. Pare che abbiano unenorme successo e che vi sianomolti fortunati vincitori, cui la sor-te può in effetti cambiare la vita,ma pare anche che siano fonte diproblemi assai seri (corruzione,malavita e criminalità organizzata,ragazzi che lasciano la scuola perandare a vendere i biglietti e cosìvia).

Ma ritorniamo ad Hanoi e ve-diamo le particolarità che la cittàpuò offrire al visitatore. Sceglieròtre cose: il tempio della letteratu-ra, il teatro delle marionette nel-l’acqua e il quartiere francese.

Il primo è la sede della piùantica università vietnamita e risa-le all’undicesimo secolo. Origina-riamente riservata ai membri della

famiglia imperiale, l’università fuaperta nel Quattrocento a chiun-que avesse le capacità per diven-tare un buon mandarino. Fu quin-di un’istituzione democratica, ciòche se da un lato contrasta con leregole della vita di quel tempo,dall’altro lato dimostra anche lagrande visione dei problemi e lalungimiranza dei regnanti locali.

Il tempio fu distrutto durantela guerra con i francesi nel 1946ed è stato ristrutturato di recente.Non offre quindi cose sensaziona-li, ma possiede una buona strut-tura e qualche reperto antico, co-me le stele su cui sono incisi i no-mi dei dottori in letteratura nell’uni-versità. Le stele sono poste suldorso di grandi tartarughe. Devi sa-pere che nella filosofia orientale laletteratura è considerata la madredi tutte le scienze e, quindi, dellastessa conoscenza. E devi sapereanche che la tartaruga è l’animalesimbolo della longevità, il più im-portante fra i quattro animali miti-ci del credo di Confucio, qui defi-nito “maestro di 10.000 genera-zioni”. Per completezza ti dico chegli altri animali mitici sono il dra-gone (simbolo di potenza), l’uni-corno (simbolo di intelligenza e diprosperità) e la fenice (simbolodella bellezza).

Case sull’acquanella Baiadi Halong.

Houseboats inHalong Bay.

Attracco nellaBaia di Halong.

Moorings inHalong Bay.

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Nel tempio ci sono delle bel-le vasche, in cui abbondano le nin-fee e vivono le carpe, simbolo de-gli studenti, che si nutrono dellascienza per accedere alle catte-dre.

Non stupirti del massiccio ri-corso al simbolismo. L’Oriente, equindi anche il Vietnam, ne è im-pregnato, ciò che ti complica unpo’ le cose perché qui non è tan-to importante ciò che una cosa è,ma ciò che essa rappresenta.

Con questo non voglio affat-to dire che i vietnamiti siano com-plicati.

Per certi versi, anzi, essi so-no assai semplici, come le lorostorie, le loro poesie, i loro dipintied anche gli spettacoli delle ma-rionette nell’acqua, assolutamen-te caratteristici – anzi forse esclu-sivi – di questo Paese. Nei teatridove si svolgono le rappresenta-zioni di questa singolare formad’arte, che esige abilità tecnichedel tutto particolari – si tratta in-fatti di animare marionette chesporgono dall’acqua e che sonocollegate all’animatore da ele-menti di legno e da fili subacquei– e che si basa sulla tradizione po-polare soprattutto d’origine rurale,che è semplice per definizione. Sitratta di storie di guerra, di vita

campestre, di pesca, d’amore e(ancora una volta) di simbolismi,questa volta di natura celeste.Non penso che andrei a vedere lemarionette tutte le sere, ma sonolieto di averle viste un paio di vol-te in posti diversi. Temo del restoche fra qualche anno, come moltialtri spettacoli di tradizione e nonsolo in Vietnam, non li vedremopiù. Scompariranno con le tradi-zioni che rappresentano e diven-teranno tutt’al più “pezzi da mu-seo”, ciò che li renderà profonda-mente diversi.

L’acqua delle marionette èanch’essa un po’ un simbolo, piùprecisamente simbolo di quell’ac-qua che è così abbondante in que-sto Paese da condizionarne asso-lutamente la vita. Mai come qui hopotuto capire il senso dell’iscrizio-ne che mi aveva incuriosito quan-do la vidi scolpita sulla base di unafontana di Biella, mia città natale,anch’essa ricca d’acqua. “Fons vi-tae” c’era scritto. Grande verità.

Lo sapevano del resto già gliantichi. Lo sanno tutti ai giorni no-stri. Lo sapevano anche i francesiai tempi del colonialismo, nel cor-so del quale fecero importanti ope-re idrauliche, di cui il Paese si ser-ve ancora adesso. Furono gli stes-si francesi che resero graziosaHanoi, arricchendola di bellissimeville, concentrate in un quartieredove attualmente vi sono numero-se sedi diplomatiche. Si tratta diedifici dei primi decenni di questosecolo, sopravvissuti a tutti glieventi bellici e restituiti recente-mente al loro antico splendore.Chi ama l’art-déco qui troverà sod-disfazione.

Ad Hanoi c’è molto altro, manon vorrei dilungarmi troppo ancheperché dovrei citarti l’orribile edifi-cio di chiara matrice sovietica do-ve riposa la salma di Ho Chi Minh.Dovrei portarti a vedere la statuadi Lenin che ancora si erge in unabella piazza verde dove vidi frottedi “pionieri” festanti con musica ebandiere rosse nel celebrare il990° compleanno della capitale.Dovrei anche raccontarti del FiumeRosso, dei suoi argini e di una par-te di questo dove sono molti i ri-storanti specializzati in cibi a basedi carne di cane. Pare che sia mol-to buona e che porti fortuna ed an-che soldi. Bisogna però stare at-tenti e mangiarla solo in determi-nati giorni dei mesi del calendariolunare. In caso contrario gli effettinon sono garantiti.

Il richiamo ai cani mi porta aparlare anche dei gatti, che sonouno dei problemi del giorno. Que-sti animali, come noto, sono og-getto di grande attenzione da par-te dei cinesi, che sanno trasfor-marli in piatti prelibati, offerti in ri-storanti specializzati spesso chia-mati “piccola tigre”. I cinesi sonoquindi costantemente alla ricercadi gatti e i vietnamiti li raccolgonodovunque per venderli ai loro vici-ni. I gatti stanno perciò scompa-rendo dal Vietnam dove, conse-guentemente, stanno dilagando itopi, i quali prosperano soprattut-to nelle zone rurali, dove distrug-gono o danneggiano seriamente iraccolti. È in atto una forte cam-pagna per far sì che ogni famigliarurale abbia almeno un gatto e loStato ne sta sovvenzionando l’ac-quisto. Una volta comperati i gatti

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In navigazionenella Baia diHalong.

Boating inHalong Bay.

La torredel tempiodella Damaceleste a Hué.

The towerof the Templeof the CelestialLady in Hué.

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bisogna tuttavia proteggerli dai la-dri e quindi è normale che essi sia-no tenuti in gabbie o portati alguinzaglio. Il tutto con qualche ri-flesso tragi-comico. La campagnacontro i topi prevede anche l’usointensivo di veleni, che appuntouccidono i topi, ma che uccidonoanche i gatti che mangiano i topiavvelenati. Dato poi che alcuni diquesti topicidi, di origine cinese,sembrano caramelle colorate, ognitanto essi sono mangiati anchedai bambini, che fanno la stessafine dei topi.

Come vedi, un problema im-portante, che influisce anche sulpaesaggio rurale. Per proteggere iraccolti i contadini circondano gliappezzamenti dove ci sono le col-ture più pregiate con rivestimentidi plastica, che non sono proprioil massimo per il paesaggio, che èinvece bellissimo e che varia mol-to di stagione in stagione. Il Viet-nam è un colossale orto, ancoracoltivato con tecniche pressochéesclusivamente manuali e perciò iterreni pullulano di contadini e di

contadine immersi nell’acqua eprotetti dai tradizionali cappelli co-nici fatti di foglie.

Le strade sono buone espesso sono costeggiate da di-stese di riso e di radici di manio-ca messe ad asciugare dai conta-

dini che non possiedono aie. Icampi che le accompagnanodall’una e dall’altra parte sono dis-seminati da tre elementi che mihanno particolarmente colpito: i ci-miteri militari, le fornaci e le pago-de. I primi caratterizzano quasiogni villaggio. Sono tutti uguali, re-cintati da muri bianchi, densi ditombe essenzialmente di soldatiignoti e arricchiti da un monumen-to centrale sul quale troneggiano iclassici simboli del comunismo(stella rossa, falce e martello). Laloro densità fa venire ancora unavolta in mente la guerra che que-sto popolo ha vissuto praticamen-te dagli anni Trenta alla fine deglianni Ottanta. Devo anche dirti cheai cimiteri militari si alternano quel-li civili, più belli – si fa così per di-re – e disordinati, sparsi qua e lànelle risaie, secondo una logicache francamente mi sfugge.

Le fornaci sono invece unatestimonianza problematica dellostato della tecnologia vietnamitatradizionale. In verità, esse sonodelle vere e proprie fabbriche di

Stele sutartarughe nel

tempio dellaDama celeste

a Huè.

Steles onturtles in the

Temple of theCelestial Lady

in Hué.

L’imbarcaderosul fiume dei

profumi a Huè.

The wharf onthe PerfumeRiver in Hué.

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mattoni, sparse ovunque sui ter-reni argillosi che qui sono moltofrequenti. Centinaia di uomini, conl’uso di quasi nessuno strumentomeccanico, scavano la terra, la se-lezionano, la impastano, la forma-no per preparare i mattoni, li es-siccano e li mettono in questi ar-caici forni a carbone, i cui fuochi ei cui forni danno al panorama unanota di sapore infernale.

Le fornaci sono dovunque.Ne ho viste in pianura e sulle mon-tagne, laddove vivono numeroseminoranze etniche di fatto ancorain un clima di economia e di so-cietà autarchiche miranti alla so-pravvivenza. Ho visitato una diqueste comunità, quella Muong,che abita case di bambù costruitecome palafitte su terra e coperteda tetti di foglie. Lì vivono uomini,donne e bambini secondo regole eritmi tipici di tempi per noi lontani,ma che qui dureranno ancora alungo. Tutte le case hanno l’elet-tricità. Molte hanno anche la tele-visione, che è strumento benedet-to per motivi che puoi facilmenteimmaginare. Si coltivano il riso, iltè, gli ortaggi. I frutti cresconospontanei. Si allevano maiali, bu-fali e vacche. Si fa un po’ di com-mercio che fornisce la moneta ne-cessaria per qualche scambio. For-se si è anche felici.

I vietnamiti, nonostante tut-to, sono molto religiosi. Il buddi-smo è assolutamente dominantee le pagode dove i fedeli vanno apregare e a celebrare i loro riti e leloro feste si ergono ovunque. Visono in larga maggioranza pagodeadibite al culto pubblico, ma ve nesono altre private, erette soprat-tutto di recente dai nuovi ricchi,che cominciano a caratterizzare ilVietnam né più né meno come ac-cade per gli altri Paesi cosiddetti“in transizione”. Piccoli altari si tro-vano peraltro all’esterno di molteabitazioni e stanno a testimoniareil culto dovuto agli antenati.

Ciò accade anche se per lun-go tempo il regime comunista hatentato di distruggere la religione.Con il nuovo corso i vecchi buddi-sti hanno ripreso le loro pratiche ei giovani hanno formalizzato ciòche facevano quotidianamente

senza sapere l’origine dei canonie delle regole di vita che stavanoseguendo.

Specie al centro e al sud delPaese vi sono importanti missionicattoliche, molto attive, molto benintegrate nel tessuto sociale loca-le e fonte di vocazioni preziose perla nostra Chiesa. È da presumereche i preti e le suore vietnamitesiano felici, ma, per riprendere ildiscorso interrotto in precedenza,voglio ricordare che, a propositodella felicità, i dubbi non possonoessere eliminati.

Questi dubbi, caro lettore, so-no esistenziali e non potranno es-sere risolti con la sola ragione. Es-si ti fanno capire che il mondo èveramente vario e complesso. Quiesso sembra più complesso cheda altre parti, ma anche questa èsolo un’opinione. Ciò che per noiè complesso, per i vietnamiti èsemplice. Sembrano veramenteun popolo semplice e felice. Spe-riamo, per loro, che sia veramen-te così e che non vengano a tur-barli tutti quei fattori del nuovo cor-so politico come, ad esempio, lacampagna per la limitazione dellenascite, iniziata qualche anno fasull’esempio cinese, anche se inmodo più morbido. Essa sta bom-bardando specie le giovani coppie,affinché modifichino le loro abitu-dini familiari. Sembra paradossa-le, ma campagne come questa ri-

guardano società che sull’ampiez-za della famiglia hanno basato laloro storia e a cui si chiede di rin-negare il passato per passare adun futuro chiaro solo in alcuni pun-ti, ma confuso sulla più gran par-te degli effetti dei cambiamentiche tali campagne produrranno.Penso peraltro che ci sia poco dafare e che, bon gré mal gré, i viet-namiti dovranno seguire, nell’inte-resse delle generazioni che ver-ranno, le indicazioni dei loro go-vernanti.

E torniamo a ciò che di bellooffre il Paese ai suoi visitatori, perdire che la meraviglia in assolutodel Vietnam è la Baia di Halong,nel cuore del mar del Tonchino.

Si tratta di uno straordinariocomplesso di oltre tremila isole eisolotti calcarei, ricoperti di verdee dispersi in acque trasparenti nel-le quali barche di ogni genere na-vigano dando ai loro passeggerisensazioni di stupore, di ammira-zione, di pace, di desiderio di ri-manere a lungo fuori dal mondo,come in effetti ci si trova qui. In al-cune isole della Baia vivono, inbarche galleggianti nelle rade, per-sone che non accetterebbero maidi diventare sedentari di terra nep-pure di fronte alla prospettiva diuscire dalla loro dignitosa miseria.C’è ormai una simbiosi troppo for-te fra di esse e il mare, che nonconsente più il distacco. In altreisole ci sono invece delle fantasti-che grotte con immense stalattitie stalagmiti multicolori e nelle qua-li si passeggia per ore nella tipicaatmosfera surreale delle grotte.

La mia navigazione nella Baiadi Halong è avvenuta in un giornodi pioggia. I colori che ho potutoammirare sono quindi stati malin-conici e non molto intensi. Pioggiae nubi ingrigiscono un po’ tutto eappiattiscono le differenze croma-tiche dei vari elementi del pae-saggio. Ciò nonostante la Baia miè apparsa ugualmente magica eforse, dopo tutto, anche quel tipodi colori ha un fascino che può av-vincere. Certo, con il sole sarebbestato diverso, ciò che mi dà unbuon motivo per sperare di tornar-ci auspicando che Giove Pluvio siaallora meno inclemente.

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Scorcio dellatomba di TuDuc a Huè.

A glimpseof the tombof Tu Duc inHué.

Page 7: VIETNAM · 2020-03-06 · 94 REPORTAGE Caro lettore, pensavo che un viaggio in Vietnam fosse un po’ un’avventu-ra, ma non è stato così o, meglio, l’avventura c’è stata,

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Con il suo splendore la Baiasta attirando un numero crescen-te di turisti e la città di Halong sista attrezzando affinché spiagge,ristoranti, alberghi e servizi vari sia-no adeguati. Sembra ci sia un net-to orientamento per un tipo di tu-rismo dai gusti particolari, comequello che preferisce alcune notelocalità thailandesi cui Halong vor-rebbe far concorrenza. Questascelta, secondo alcuni, fa intrave-dere un futuro denso di nubi, chegià sarebbero anticipate dal ce-mento che sta distruggendo lacittà e dall’atmosfera un po’ equi-voca che vi regna. C’è chi dice chesi tratta solo di malignità e che perattirare cinesi, russi, americani edeuropei ci vuole altro. Certo la vi-sita della Baia, da sola, alimentaunicamente un turismo di passag-gio che anche se fosse di massasarebbe globalmente piuttosto po-vero. Per quello ricco e stanziale civuole altro.

Dicevo che Giove Pluvio nonmi è stato favorevole ad Halong.Ebbene, successivamente si è ad-dirittura scatenato. Dovevo andarea Hué, ma l’aeroporto della cittàimperiale è stato chiuso due gior-ni a causa di un tifone e delle in-tense piogge che l’hanno accom-pagnato. Poi anche il tifone e lepiogge si sono calmati e sono ef-fettivamente arrivato a Hué, dove

ho soggiornato all’Hotel Morin,che con il Metropole di Hanoi ri-corda i pionieri francesi dell’iniziodel secolo scorso. I due storici al-berghi sono stati perfettamente ri-strutturati e mantengono un gran-de fascino. Che dire di Hué? Do-veva essere una gran bella città,anche se relativamente recente.La cittadella imperiale e gli altrisuoi monumenti più significativi ri-salgono infatti solo all’Ottocento.La città vanta anche qualche mo-numento più antico ed è situata inuna bella posizione distesa sullerive di un fiume detto “dei profu-mi”, il quale scorre così lento chetalvolta è difficile capire quale è ilsenso della sua corrente. Sullosfondo si vedono belle colline ver-di. In questi giorni di grandi piog-ge, molte zone della città prospi-cienti il fiume e quasi tutti i campidella periferia sono allagati.

La famosa cittadella, dove ri-siedettero gli imperatori del Viet-nam per circa un secolo e mezzo,cioè fino alla fine della SecondaGuerra mondiale, vale una visita,ma solo veloce. Di originale non èinfatti rimasto sostanzialmentenulla. Fanno impressione alcuniedifici completamente anneritidall’umidità, fenomeno che colpi-sce quasi tutti gli edifici antichi emoderni del Vietnam e che ren-derà arduo il compito dei restau-

ratori allorché sarà possibile pro-cedere in qualche modo a siste-mare, a meglio conservare e a va-lorizzare l’imponente patrimoniomonumentale vietnamita.

Fanno parte di questo patri-monio le tombe reali sparse nelverde che circonda Hué. Esse so-no veri e propri palazzi circondatida piccole città realizzate su mo-delli di chiara ispirazione cinese.L’influsso cinese è forte in Viet-nam e va ben al di là dell’architet-tura. Si salva per originalità la scrit-tura, che è in caratteri latini, as-soluta eccezione in un Oriente do-minato dagli ideogrammi. Ci vole-va un gesuita francese del XVII se-colo, Padre Alexandre de Rhodes,per riuscire a tradurre nel nostroalfabeto i suoni dell’antico idiomalocale!

Fra le tombe reali più belle viè certamente quella di Tu Duc che,insieme con la torre ottagonaledella pagoda della Dama celeste,costituisce l’attrazione maggioredella città.

A Hué è bello passeggiarenelle strade del centro, animate echiassose. Con un po’ di attenzio-ne e molta pazienza puoi trovaredi tutto, comprese belle cose dibuon gusto risalenti a qualche de-cennio fa. Un interesse particola-re ha poi una gita in barca sul fiu-

Fregio nelteatro della

città imperialedi Huè.

A friezein the theatre

of the ImperialCity of Hué.

Scorcio di untempio a Huè.

A glimpse of atemple in Hué.

Page 8: VIETNAM · 2020-03-06 · 94 REPORTAGE Caro lettore, pensavo che un viaggio in Vietnam fosse un po’ un’avventu-ra, ma non è stato così o, meglio, l’avventura c’è stata,

me, che ti permette di vedere co-me esso, così come del resto tut-ti i più o meno grandi fiumi asiati-ci, sia vissuto e vive. Le case supalafitte che si affacciano sullesue rive, le barche dove la gentedell’acqua ha la sua abitazione efa i suoi commerci, le piroghe deipescatori, le imbarcazioni che tra-sportano ogni genere di mercanziane sono la testimonianza più evi-dente.

Se hai tempo, da Hué puoifarti anche una bella gita di qual-che ora in automobile sull’anticastrada dei mandarini che ha il suoculmine al colle delle nuvole ocea-niche, situato a circa 400 metrisul mare e protetto dai resti di unvecchio forte francese. La stradaè a tratti una vera e propria “cor-niche” a picco sul mare e ti offreviste bellissime su baie e spiaggeverdi, tranquille, battute dalle fortionde che si infrangono a riva e sul-le quali dondolano piccole barchenere di pescatori, assolutamenteidentiche a quelle che vedi dipinteo ricamate o scolpite negli oggettivenduti ai turisti di cui è pieno ogniangolo del Vietnam dove possa af-facciarsi anche un solo straniero.

La tua gita può terminare aDa Nang, l’importantissima basenavale e ricreativa americana, og-gi diventata grande centro com-merciale e industriale, che cerca dimantenere inalterata l’attrattivadelle sue spiagge.

Il tempo stringe. Da un lato,i giorni in Vietnam sono passati ve-loci ed esigono che il viaggio ter-mini. Dall’altro lato, lo spazio perquesta lettera è quasi esaurito e

non posso abusare della tua pa-zienza.

Per terminare ti racconteròquindi qualcosa dell’ultima tappadel viaggio, cioè di Ho Chi MinhCity, vale a dire la vecchia Saigon,

che rispetto al resto del Vietnamrappresenta un altro mondo. Quiha governato per decenni un regi-me che, con tutti i suoi difetti, èstato liberale dal punto di vistaeconomico e poi soprattutto ci so-no stati a lungo gli americani, iquali non hanno fatto solo la guer-ra, ma hanno anche formato o fa-vorito la formazione di una classeimprenditoriale e di lavoratori mol-to più avanzata di quella delle re-gioni settentrionali del Paese, dacinquant’anni sottoposte alla do-minazione comunista.

Saigon è una vera metropoliche conta, pare, quasi sei milionidi abitanti e che da sola producecirca il 40% del pil nazionale. È do-tata di un porto fluviale di primis-sima classe aperto al mare ed hacertamente un reddito pro capite

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Tempio di unasetta buddistaalla periferiadi Saigon.

The templeof a Buddhistsect in thesuburbsof Saigon.

Colori delmercato cinesedi Saigon.

The coloursof the Chinesemarket inSaigon.

Page 9: VIETNAM · 2020-03-06 · 94 REPORTAGE Caro lettore, pensavo che un viaggio in Vietnam fosse un po’ un’avventu-ra, ma non è stato così o, meglio, l’avventura c’è stata,

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molto elevato rispetto al resto delPaese. Ci sono bellissimi alberghi,negozi che non hanno nulla da in-vidiare a quelli delle migliori cittàeuropee, c’è una grande tolleran-za religiosa, un apparato indu-striale in piena crescita anche insettori avanzati. La città, la sera,sfavilla di luci e vive fino ad ora tar-da. È sicuramente destinata ad es-sere – ammesso che non lo siagià – una protagonista di primopiano dello sviluppo dell’Asia sudorientale. Qui trovi tutto a prezziassolutamente competitivi almenoper il livello medio europeo.

Pensare che gli abitanti diSaigon siano comunisti – comevorrebbe la regola – fa un po’ ri-dere. Forse fanno finta di esserlo,ma quando il governo centrale cer-ca di sfruttarli con l’unica arma dicui realmente dispone, cioè le tas-se e le imposte, essi reagisconofermamente e spesso riescono adavere la meglio. Il governo, pare,ha infatti spesso dovuto ridimen-sionare le sue pretese nel timoreche un’eventuale crisi di Saigonpotesse trasformarsi in una crisiper l’intero Paese e soprattuttoper il bilancio dello Stato.

A Saigon non ci sono parti-colari monumenti e opere d’arte. Ilvisitatore deve cercare di capire lacittà, girovagando a suo piacimen-to per le affollate strade del cen-tro. Se vuole fare una gita abba-stanza originale fuori porta deveandare sul fiume. La città è infattivicinissima al delta di uno dei piùgrandi fiumi del mondo, il miticoMekong, che sfocia nell’oceanocon i suoi nove colossali bracci,detti i nove “draghi”. Una gita inbarca sul Mekong ti dà le stessesensazioni provate nell’esplorazio-ne del fiume dei profumi a Hué,solo che qui esse sono potenzia-te al massimo. Il fiume è ancorapiù vivo, pieno di gente, di barche,di pescatori, di villaggi, di isole fer-tilissime, che sono coltivate a risoe che possono produrre qualsiasicosa. La frutta e gli ortaggi ab-bondano per la gioia e per la for-tuna degli abitanti del luogo.

Le genti del Vietnam, eccol’ultimo capitolo della lettera. Ègente bella, ma tutta uguale. An-che le ragazze, così carine, cosìminute e così sorridenti, sembra-no tutte fatte con lo stampino.Stessi capelli, stessi visi, stessastatura, stessi occhi, stesse ma-ni. Tutte uguali e tutto uguale. L’in-dustria delle confezioni deve ave-re qui il suo mercato ideale. Pen-so che ci sia una taglia unica. Nonvedi una persona grassa, non nevedi una alta. Tutti uguali questiquasi ottanta milioni di esseriumani, che devono avere capacitàed elasticità straordinarie.

Sono stato colpito dalla loroabilità nel suonare numerosi stru-menti tradizionali, di cui il più tipi-co è quello che va sotto il nome didan bau, una specie di liuto mo-nocorda, che si suona toccandouna lamina flessibile sporgente laquale, secondo le intenzioni delmusicista, produce una gamma disuoni vasta e complessa. Leggereed esperte mani femminili otten-gono da questo strumento effettistraordinari. Un poema musicaletradizionale, tipico delle zone rura-li come sono quelle dove sono na-ti e dove si suonano ancora stru-menti del genere, è qui molto no-to ed è particolarmente bello. So

La cattedralecattolica

di Saigon.

Saigon RomanCatholic

Cathedral.

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che a te non dice nulla (come nondice nulla neppure a me), ma quelpoema si chiama Hong Thu.

Le stesse leggiadre ed abilimani delle donne vietnamite cuci-nano in modo vario e leggero. An-che nella cucina il Vietnam hasubìto un forte influsso cinese, maè riuscito a conservare una suaidentità, che poi ritrovi nei risto-ranti che in tutto il mondo i viet-namiti hanno aperto con grandesuccesso. Mi è difficile descriverela cucina vietnamita. Diciamo cheun pranzo tipico comincia quasisempre con una zuppa (di verdu-re, di carne e anche di pesce) eprosegue con una serie di piattifra i quali puoi scegliere quelli chevuoi. C’è carne di maiale, di bovi-no, di montone, di pollo, di coni-glio, di bufalo, oltre a carne di ca-ne e di altri animali con i quali nonho proprio dimestichezza. C’èdell’ottimo pesce sia di acqua sa-lata sia di acqua dolce. C’è poiun’ampia gamma di scampi egamberi, che vengono cucinati inmodi diversissimi. Alla base di tut-to sta il riso, anch’esso presenta-to in tutti i modi possibili sia comepiatto a sé stante sia come con-torno. Le salse, molte delle qualispeziate – il coriandolo è la speziapiù frequente – condiscono qual-siasi tipo di cibo. Sta a te sceglie-

re. Frutti classici e altri veramenteesotici, delle qualità più varie, dicui alcune esclusive del Vietnam,usano accompagnare la fine delpranzo. I dolci non sono molto dif-fusi, ma ne puoi trovare senza dif-ficoltà. Non rappresentano tuttavianulla di eccezionale.

A tavola si beve acqua, maanche tè verde. Nei ristoranti di uncerto livello puoi trovare anche delbuon vino (soprattutto francese,ma anche australiano e america-no, nonché vietnamita, il quale tut-tavia non è molto raccomandabi-le). Il vino è mediamente molto ca-ro, ma è naturale che sia così.

Insomma, non patirai certo lafame da queste parti e non avraineppure cattive sorprese. Bastastare un po’ attenti. L’attenzionein queste zone è peraltro sempred’obbligo.

E a proposito di attenzione,chiudo questa lettera, caro lettore,cercando di attirare la tua atten-zione su questo Paese. Uno slo-gan turistico che trovi ovunque quiè: «Vietnam, una felice destinazio-ne per il nuovo millennio». Si trat-ta di un buono slogan, che riassu-me molto bene le aspirazioni turi-stiche del Paese, il quale sta at-trezzandosi per essere quanto pri-ma all’altezza della situazione. Tiinvito a venire al più presto possi-bile. Oggi puoi ancora godere ilviaggio in modo tranquillo, senzaessere travolto dalle folle oceani-che, salvo in alcuni punti di pas-saggio obbligato, sui quali le au-torità locali dovranno riflettere se-riamente se non vogliono perdereun’attrattiva che oggi è veramenteforte.

A presto in Vietnam, dunque,e cordialissimi saluti. �

Il tuo Roberto Ruozi(presidente del Touring Club Italiano)

* Università Commerciale“L. Bocconi” di Milano

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Imbarcaderosul fiumeMekong vicinoa Saigon.

A wharf on theMekong Rivernear Saigon.

In barcasul deltadel Mekong.

On a boatin the MekongDelta.