Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

8
Viaggio (semiserio) tra gli eredi delle celebri professoresse Boeche - Silvia, Giuseppina e Maria Teresa - diventate un mito per aver terrorizzato in quaran- t’anni di insegnamento migliaia di stu- denti. Anche oggi c’è chi non scherza: i ragaz- zi raccontano gli insegnanti più temuti di questi anni, dal professore che ipno- tizza con i suoi occhi di ghiaccio al pro- fessore che tortura con impossibili ver- sioni di latino, dal docente che odia le giustificazioni all’insegnante che preve- de gli errori inesistenti. Alle pagg. 4-5 questa settimana 2 3 6 politica La Lega senza Bossi ricomincia da Isola Vicentina giornate memorabili Dal 25 aprile al 1 maggio ecco perché è meglio ricordare 8 cultura Un’ora con Arafat: in Palestina con la cronista-pacifista Enotica... ematica Il Comune versa da bere e poi se la prende con gli ubriachi Ma l’istruzione pubblica resta la più amata vicenza abc la città a chiare lettere SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO Euro 0,80 venerdì 30 aprile 2004, numero 7 , anno III Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DCVicenza Redazione: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] www.vicenzaabc.it Gli insegnanti di cui sopra non c’en- trano un bel nulla. Forse perchè loro, i “cattivissimi” sono concentra- ti nelle varie scuole pubbliche; i “buoni“, evidentemente, stanno altrove. Ma è un fatto che sono sem- pre di più gli studenti che affrontano l’esame di maturità in una scuola privata (paritaria) piuttosto che in quelle statali (ahimè, un puro retag- gio comunista, ma si chiamano anco- ra così...). Numeri alla mano, la moltiplicazione di questo tipo di stu- denti è tale da far gridare al miraco- lo: erano solo l’1,7 percento dei can- didati totali nel 2000-01, sono stati il 15,8 percento l’anno scorso (per Vicenza non sono ancora disponibili cifre precise, ma il fenomeno – spie- gano in Provveditorato - pare legger- mente più contenuto). Un vero exploit che però riguarda gli istituti privati solo nell’ultimo anno: gli 11.476 iscritti delle classi quarte lie- vitano a ben 25.022 nelle quinte. Il motivo? Forse certi privati concen- trano gli sforzi educativi sull’ultimo anno per preparare lo studente ad una maturità memorabile? Forse. La domanda se l’è fatta anche Letizia Moratti che proprio a partire dal- l’anno scolastico 2001-02 aveva riformato l’esame eliminando (per tagliare le spese) i docenti esterni dalle varie commissioni, oggi forma- te esclusivamente da professori che i ragazzi hanno avuto durante tutto l’anno scolastico (solo sopravvissuto non “di casa”, un presidente per ogni istituto). Visti i risultati nel pri- vato (promozioni a go go), un bel pastrocchio. Tale da far rizzare le antenne allo stesso Ministro che, nella recente “Relazione sullo stato di attuazione della Legge di parità scolastica”, cerca di tirare un po’ i freni al “libero mercato”: «il rico- noscimento del carattere pubblico del servizio reso dalla scuola parita- ria richiede l’attivazione di forme di vigilanza e di controllo». Bontà sua il Ministro, ormai accantonato Darwin, torna parzialmente sui suoi passi riscoprendo quantomeno l’ac- qua calda: meglio dare una control- lata a quegli istituti dove vige una sorta di “diploma-libera-tutti”. Bene così: giusto intervenire prontamente su questo incidente di percorso verso una scuola riformata e sempre più in sintonia con le esigenze e le difficoltà della società contemporanea. Per intanto, in attesa di quel fausto gior- no, diplomarsi (privatamente) non è mai stato così facile. 2004, boom di privatisti A migliaia scelgono l’”esame facile”: ma Vicenza tiene duro Andretta, Rossi, Cerbaro, Cannavò, Marcellino, De Mori... Gli studenti raccon- tano gli incubi in cattedra Dal Pigafetta al Quadri, dal Fusinieri al Boscardin, ecco chi sono le Boeche del 2000 Da oggi non compratela. Classe E con Light Drive. Cambiano le regole di vivere l’auto. www.trivellato.it Concessionaria Ufficiale Mercedes-Benz TORRI DI QUARTESOLO 0444/250710 BASSANO DEL GRAPPA 0424/886000 BOLZANO VICENTINO 0444/351290 THIENE 0445/380020 ARZIGNANO 0444/450011 LONIGO 0444/436271 Le famiglie si ricordano degli insegnanti per lo più quando i figli incappano in qualche pro- blema scolastico (leggi: insuffi- cienza), quando entrano in un ruolo istituzionale (leggi: rap- presentanti di classe o membri dei Consigli d’Istituto), quan- do vanno frettolosamente a ritirare i bambini al rientro dalla gita, acciuffandoli al volo e facendoli sparire in macchina in un battibaleno, spesso senza un cenno per gli insegnanti accompagnatori e magari mugugnando per il ritardo. Cioè: se ne accorgono in nega- tivo, e quando si proiettano nel ‘pianeta scuola’ lo fanno spesso con poco tatto e molta arroganza. Anche se qualche ragione spesso ce l’hanno, per essere scontenti. Negli ultimi anni la cosiddetta ‘trasparenza’ ha comportato una valanga di oneri burocra- tici per mettere al sicuro docenti (e dirigenti) dai sempre più frequenti e minacciati ricorsi delle famiglie, e la con- correnza fra istituti ha suscita- to pesanti interferenze in ambiti finora appannaggio dei docenti (la didattica, le strate- gie di trasmissione del sapere), che hanno inevitabilmente prodotto due reazioni. Da una parte la tranquilla indifferenza di un ampio numero di inse- gnanti che, (per quieto vivere, per carattere, per scelta medi- tata) rifiutano il coinvolgimen- to e vanno per la loro strada; dall’altra l’ansia un po’ sessan- tottina e un po’ cattolica di assumere su di sé tutti i pecca- ta mundi (dei colleghi, magari) per farsi carico di funzioni strumentali all’insegnamento, questionari, monitoraggi delle attività, gite, viaggi, giornate della creatività e quant’altro. Non solo e non sempre – si badi - per pochi euro in più, ma per lo più in buona fede, diciamo per ‘spirito di servi- zio’. Mi stupiscono dunque i risul- tati dell’indagine recentemente condotta da Demos ed Eurisko che sanciscono una sostanziale fiducia delle fami- glie nella scuola pubblica (e questo è comprensibile, consi- derate le disastrate condizioni di quella privata) e – udite, udite – negli insegnanti, cate- goria la cui considerazione sociale risulta, invece, diretta- mente proporzionale al potere d’acquisto degli stipendi. Ma se anche le loro percezioni contano qualcosa, vale la pena di ascoltarle. Perché dicono di classi sempre più numerose e difficili da gestire, di genitori combattivi (eufemismo) che appena possono prendono la penna in mano intraprendono crociate, suggeriscono metodi, strategie didattiche, libri di testo, scavalcano i docenti appellandosi ai dirigenti, inter- pellano gli organi superiori, incitano i figli a non fidarsi. I professori più temuti delle scuole vicentine Insomma, remano contro e predicano l’indocilità. Come spiegare allora i risultati dell’indagine? Azzardo un’ipo- tesi interpretativa. Di materne, elementari e medie inferiori sono in genere tutti con- tenti. I gradi inferiori fun- zionano bene da molti anni, il coinvolgimento triangolare genitori figli insegnanti si gioca tutto su un piano emotivo e su relazio- ni a forte componente psicolo- gica (la maestra-mamma, la maestra severa, il ragazzino ipercinetico, quello timido e introverso…). La scuola media superiore, invece, presenta ancora nette differenziazioni. Prevalgono numericamente gli utenti – studenti e famiglie – dei professionali e dei tecnici su quelli dei licei (si vedano i dati delle iscrizioni vicentine per il 2004/2005); e, a mano a mano che si sale di livello, peg- giora il rapporto scuola/fami- glia, perché si diversifica il contesto socioculturale di pro- venienza degli alunni. Mentre, salvo eccezioni, i genitori di professionali e tecnici esprimo- no in genere apprezzamento per le proposte della scuola e la professionalità docente media, la maggioranza di pro- fessionisti, imprenditori, inse- gnanti genitori di figli al liceo tende pericolosamente, anche per formazione culturale, ad interferire in continuazione, a non accettare le sconfitte sco- lastiche dei figli (che vivono come loro proprie), a produrre pressioni continue che minano seriamente e spesso irreversi- bilmente il processo educativo degli adolescenti e, soprattut- to, trasformano in sterile e infruttuoso quello che potreb- be essere un triangolo virtuo- so. Contrastano, insomma, invece di assecondare. In sintesi, e con beneficio di semplificazione, come titolava Repubblica, la scuola è pro- mossa e forse solo una mino- ranza è davvero scontenta. Ma è una minoranza potente, che esercita un’influenza negativa sulla maggioranza. E sulla scuola, che si affanna a rincor- rerla. Nell’ottica cattodemagogica della Riforma Moratti – a parte tutto il resto – le famiglie possono tenere in ostaggio la scuola pubblica e farne lette- ralmente saltare le risorse – grandissime - di professionali- tà. Esattamente come gli ultrà per il calcio. Mara Seveglievich I docenti spaccati in due: indifferenti e ostinati a sognare Sorpresa: le critiche più feroci arrivano dai genitori “evoluti” Con la Riforma Moratti le famiglie terranno in ostaggio la scuola

description

La serie completa del settimanale vicentino diretto da Matteo Rinaldi dal marzo 2004 al gennaio 2006.

Transcript of Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

Page 1: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

Viaggio (semiserio) tra gli eredi dellecelebri professoresse Boeche - Silvia,Giuseppina e Maria Teresa - diventateun mito per aver terrorizzato in quaran-t’anni di insegnamento migliaia di stu-denti. Anche oggi c’è chi non scherza: i ragaz-

zi raccontano gli insegnanti più temutidi questi anni, dal professore che ipno-tizza con i suoi occhi di ghiaccio al pro-fessore che tortura con impossibili ver-sioni di latino, dal docente che odia legiustificazioni all’insegnante che preve-de gli errori inesistenti. Alle pagg. 4-5

questa settimana

2 3 6

politicaLa Lega senza Bossiricominciada Isola Vicentina

giornate memorabiliDal 25 aprile al 1 maggioecco perchéè meglio ricordare

8

culturaUn’ora con Arafat:in Palestinacon la cronista-pacifista

Enotica... ematicaIl Comune versa da beree poi se la prendecon gli ubriachi

Ma l’istruzionepubblica restala più amata

vicenzaabcla città a chiare lettere

SETTIMANALE DI INFORMAZIONE, CULTURA, POLITICA, ASSOCIAZIONISMO, SPETTACOLO

Euro 0,80

venerdì 30 aprile 2004, numero 7 , anno III

Editore: VicenzaAbc scarl, Corte dei Molini 7, 36100 Vicenza. Partita Iva 03017440243. Telefono 0444.305523. Fax 0444.314669. E mail: [email protected]. Spedizione in abbonamento postale 45% Comma 20/B, legge 662/96 - DC VicenzaRReeddaazziioonnee:: Corte dei Molini 7, Vicenza. Telefono 0444.504012. Fax 0444.314669. E mail: [email protected] wwwwww..vviicceennzzaaaabbcc..iitt

Gli insegnanti di cui sopra non c’en-trano un bel nulla. Forse perchèloro, i “cattivissimi” sono concentra-ti nelle varie scuole pubbliche; i“buoni“, evidentemente, stannoaltrove. Ma è un fatto che sono sem-pre di più gli studenti che affrontanol’esame di maturità in una scuolaprivata (paritaria) piuttosto che inquelle statali (ahimè, un puro retag-gio comunista, ma si chiamano anco-ra così...). Numeri alla mano, lamoltiplicazione di questo tipo di stu-denti è tale da far gridare al miraco-lo: erano solo l’1,7 percento dei can-

didati totali nel 2000-01, sono statiil 15,8 percento l’anno scorso (perVicenza non sono ancora disponibilicifre precise, ma il fenomeno – spie-gano in Provveditorato - pare legger-mente più contenuto). Un veroexploit che però riguarda gli istitutiprivati solo nell’ultimo anno: gli11.476 iscritti delle classi quarte lie-vitano a ben 25.022 nelle quinte. Ilmotivo? Forse certi privati concen-trano gli sforzi educativi sull’ultimoanno per preparare lo studente aduna maturità memorabile? Forse. Ladomanda se l’è fatta anche Letizia

Moratti che proprio a partire dal-l’anno scolastico 2001-02 avevariformato l’esame eliminando (pertagliare le spese) i docenti esternidalle varie commissioni, oggi forma-te esclusivamente da professori che iragazzi hanno avuto durante tuttol’anno scolastico (solo sopravvissutonon “di casa”, un presidente perogni istituto). Visti i risultati nel pri-vato (promozioni a go go), un belpastrocchio. Tale da far rizzare leantenne allo stesso Ministro che,nella recente “Relazione sullo statodi attuazione della Legge di paritàscolastica”, cerca di tirare un po’ ifreni al “libero mercato”: «il rico-noscimento del carattere pubblicodel servizio reso dalla scuola parita-ria richiede l’attivazione di forme divigilanza e di controllo». Bontà suail Ministro, ormai accantonatoDarwin, torna parzialmente sui suoipassi riscoprendo quantomeno l’ac-qua calda: meglio dare una control-lata a quegli istituti dove vige unasorta di “diploma-libera-tutti”. Benecosì: giusto intervenire prontamentesu questo incidente di percorso versouna scuola riformata e sempre più insintonia con le esigenze e le difficoltàdella società contemporanea. Perintanto, in attesa di quel fausto gior-no, diplomarsi (privatamente) non èmai stato così facile.

2004, boom di privatistiA migliaia scelgono l’”esame facile”: ma Vicenza tiene duro

Andretta, Rossi, Cerbaro,Cannavò, Marcellino, DeMori... Gli studenti raccon-tano gli incubi in cattedra

Dal Pigafetta al Quadri, dal Fusinieri al Boscardin, ecco chi sono le Boeche del 2000

Da oggi non compratela.

Classe E con LightDrive.Cambiano le regole di vivere l’auto.

www.trivellato.it

Concessionaria Ufficiale Mercedes-BenzTORRI DI QUARTESOLO

0444/250710BASSANO DEL GRAPPA

0424/886000

BOLZANO VICENTINO0444/351290

THIENE0445/380020

ARZIGNANO0444/450011

LONIGO0444/436271

Le famiglie si ricordano degliinsegnanti per lo più quando ifigli incappano in qualche pro-blema scolastico (leggi: insuffi-cienza), quando entrano in unruolo istituzionale (leggi: rap-presentanti di classe o membridei Consigli d’Istituto), quan-do vanno frettolosamente aritirare i bambini al rientrodalla gita, acciuffandoli al voloe facendoli sparire in macchinain un battibaleno, spesso senzaun cenno per gli insegnantiaccompagnatori e magarimugugnando per il ritardo.Cioè: se ne accorgono in nega-tivo, e quando si proiettanonel ‘pianeta scuola’ lo fannospesso con poco tatto e moltaarroganza. Anche se qualcheragione spesso ce l’hanno, peressere scontenti.

Negli ultimi anni la cosiddetta‘trasparenza’ ha comportatouna valanga di oneri burocra-tici per mettere al sicurodocenti (e dirigenti) dai semprepiù frequenti e minacciatiricorsi delle famiglie, e la con-correnza fra istituti ha suscita-to pesanti interferenze inambiti finora appannaggio deidocenti (la didattica, le strate-gie di trasmissione del sapere),che hanno inevitabilmenteprodotto due reazioni. Da unaparte la tranquilla indifferenzadi un ampio numero di inse-gnanti che, (per quieto vivere,per carattere, per scelta medi-tata) rifiutano il coinvolgimen-to e vanno per la loro strada;dall’altra l’ansia un po’ sessan-tottina e un po’ cattolica diassumere su di sé tutti i pecca-ta mundi (dei colleghi, magari)per farsi carico di funzionistrumentali all’insegnamento,questionari, monitoraggi delleattività, gite, viaggi, giornatedella creatività e quant’altro.Non solo e non sempre – sibadi - per pochi euro in più,ma per lo più in buona fede,diciamo per ‘spirito di servi-zio’.Mi stupiscono dunque i risul-tati dell’indagine recentementecondotta da Demos edEurisko che sanciscono unasostanziale fiducia delle fami-glie nella scuola pubblica (equesto è comprensibile, consi-derate le disastrate condizionidi quella privata) e – udite,udite – negli insegnanti, cate-

goria la cui considerazionesociale risulta, invece, diretta-mente proporzionale al potered’acquisto degli stipendi. Ma se anche le loro percezionicontano qualcosa, vale la penadi ascoltarle. Perché dicono diclassi sempre più numerose edifficili da gestire, di genitoricombattivi (eufemismo) cheappena possono prendono lapenna in mano intraprendonocrociate, suggeriscono metodi,strategie didattiche, libri ditesto, scavalcano i docentiappellandosi ai dirigenti, inter-pellano gli organi superiori,incitano i figli a non fidarsi.

I professori più temutidelle scuole vicentine

Insomma, remano contro epredicano l’indocilità. Come spiegare allora i risultatidell’indagine? Azzardo un’ipo-tesi interpretativa. Di materne,elementari e medie inferiorisono in genere tutti con-tenti. I gradi inferiori fun-zionano bene da moltianni, il coinvolgimentotriangolare genitori figliinsegnanti si gioca tutto suun piano emotivo e su relazio-ni a forte componente psicolo-gica (la maestra-mamma, lamaestra severa, il ragazzinoipercinetico, quello timido eintroverso…). La scuola mediasuperiore, invece, presentaancora nette differenziazioni. Prevalgono numericamente gliutenti – studenti e famiglie –dei professionali e dei tecnicisu quelli dei licei (si vedano idati delle iscrizioni vicentineper il 2004/2005); e, a mano amano che si sale di livello, peg-

giora il rapporto scuola/fami-glia, perché si diversifica ilcontesto socioculturale di pro-venienza degli alunni. Mentre,salvo eccezioni, i genitori diprofessionali e tecnici esprimo-

no in genere apprezzamentoper le proposte della scuola ela professionalità docentemedia, la maggioranza di pro-fessionisti, imprenditori, inse-gnanti genitori di figli al liceotende pericolosamente, ancheper formazione culturale, adinterferire in continuazione, anon accettare le sconfitte sco-lastiche dei figli (che vivonocome loro proprie), a produrrepressioni continue che minanoseriamente e spesso irreversi-bilmente il processo educativo

degli adolescenti e, soprattut-to, trasformano in sterile einfruttuoso quello che potreb-be essere un triangolo virtuo-so. Contrastano, insomma,invece di assecondare.In sintesi, e con beneficio di

semplificazione, come titolavaRepubblica, la scuola è pro-mossa e forse solo una mino-ranza è davvero scontenta. Maè una minoranza potente, cheesercita un’influenza negativasulla maggioranza. E sullascuola, che si affanna a rincor-rerla.Nell’ottica cattodemagogicadella Riforma Moratti – aparte tutto il resto – le famigliepossono tenere in ostaggio lascuola pubblica e farne lette-ralmente saltare le risorse –grandissime - di professionali-tà. Esattamente come gli ultràper il calcio.

Mara Seveglievich

I docenti spaccatiin due: indifferentie ostinati a sognare

Sorpresa: le critichepiù feroci arrivanodai genitori “evoluti” Con la Riforma Moratti

le famiglie terrannoin ostaggio la scuola

Page 2: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

Come sta veramente UmbertoBossi? È la grande domandache si pongono i leghisti - e nonsolo - da due mesi a questaparte. Da quando cioè UmbertoBossi è stato ricoverato all'ospe-dale di Varese per una graveinsufficienza cardiaca; tant'è chele condizioni di salute del mini-stro per le riforme sono diventa-te una sorta di caso caduto insordina.

Il rebus. I media, quasi si fosse-ro autoquietati, ne parlano pocoe spesso di rimbalzo. I colonnel-li del Carroccio usano parolerassicuranti. Dicono che il capoindiscusso si candiderà alleeuropee di giugno.«L'intenzione da parte nostrac'è - sottolinea il ministro dellagiustizia Roberto Castelli, biso-gna vedere se accetterà. È luiche deve firmare». Il ministrodel welfare Bobo Maroni siaspetta a brevissimo «una bellasorpresa» ovvero il ritorno diBossi prima delle europee.Ma intanto gli alleati glissano; imedia parlano sotto voce e,soprattutto, i medici tacciono.Tacciono nel senso che diagnosichiare, aggiornamenti frequentie ben dettagliati sullo stato disalute dell'Umberto non neescono.Bossi però è un ministro dellarepubblica. E un parlamentare.Tuttora stipendiato dai cittadiniitaliani che lo hanno votatoaffinché svolga incarichi di

governo importanti. Per questomotivo le condizioni di salutedel capo leghista sono interesseprimario del Paese. Invece daVarese arrivano solo frasi più omeno fatte, i medici non hannomai spiegato da che cosa siastata causata l'insufficienza car-diaca che provocò il suo malo-re, non danno cenni precisi sulladegenza. Il ministro è ormaifermo da due mesi, quandospesso e volentieri chi ha ricevu-to un trapianto cardiaco dopoun mese è già in marcia.Di Bossi invece si sa quel pocoche serve a non insospettire l'o-pinione pubblica, pochino se sirapporta il tutto al can canmediatico che hanno suscitato lecondizioni, per esempio, diDiego Maradona, che pure vivein Argentina e non ha incarichidi governo.Un ministro britannico nellestesse condizioni del senaturgodrebbe della stessa riservatez-za o nel mondo anglosassone la

salute di chi governa è inveceuna questione di massimo rilie-vo e quindi di dominio pubbli-co?

Il partito. Rimane però da capi-re quali sono i destini dellaLega. Se Bossi nel volgere dipochissimo tempo ritorna quel-lo di un tempo è chiaro che ledinamiche interne al movimentosi risistemeranno rispettando gliassetti consueti. Ma i segnaliche arrivano da Varese nonsono questi. Così, leggere nelfuturo del Carroccio rimanecomplicato. Ma da via Bellerioa Milano, sede nazionale delpartito arriva qualche indiscre-zione.Attualmente non esiste una

vera e propria leadership chesostituisca il senatur. Le redinidel moviemnto sarebbero affi-date ad una sorta di direttorioinformale costituito dallo stessoMaroni, dal vice presidente delsenato Roberto Calderoli, dal

suo collega alla CameraAlessandro Cè, dall'eurodepu-dato Francesco Speroni e dalguardasigilli Roberto Castelli.La Lega però ha due anime:una più filogovernativa, cheattualmente farebbe proprioriferimento a Maroni, l'altra piùbarricadera, che vede inCalderoli l'uomo forte, colquale oltretutto starebbe buonaparte della vecchia guardia delpartito. Peraltro di Bossi si è detto escritto di tutto, si è fatta notareun modo alle volte strambo diagire ma tutti i politici gli rico-noscono quel fiuto unico percapire quando essere di governoe quando menare fendenti con-tro Roma ladrona. Fiuto chesembra mancare ad ogni preten-dente alla successione. Il delfinoattualmente viene indicato inCalderoli, ma Maroni e l'alafilogovernativa al profilarsi diuna successione rimarranno zittie buoni o si faranno avanti

senza risparmiare colpi? E ilpartito reggerebbe lo scontro ola Lega senza Bossi è destinataad inaridirsi come mille rivolisenza alveo?

La partita a Vicenza. Così lasemplice ipotesi di una Lega invia di ridimensionamento hacontribuito a dipingere unnuovo scenario. In questo con-testo rientrano le mosse dellapresidente della provinciaManuela Dal Lago, esponentedi spicco dell'ala filogovernativadel partito. La leghista vantaamicizie di spicco nel centrosini-stra come nel centrodestra,dove, si dice, potrebbe cercarrifugio qualora il Carroccio sidisfi. E la sua riserva di cariche(presidente della fiera, vicepresi-dente della Brescia PadovaAutostrade, consigliere comuna-le) potrebbe darle una manoquando il suo mandato in pro-vincia scadrà.

L'altro plenipotenziario delCarroccio a Vicenza, il senatoreStefano Stefani, non è più insimbiosi come una volta con lapresidente, tanto che da tempolo si dice in marcia lenta versola base. Ma gli eventi che diran-no se la Lega ha ancora i nume-ri per essere un partito sarannole elezioni di giugno e soprattut-to le regionali del 2005, sempreche dopo le europee non sicominci a profilare un votoanticipato anche per il rinnovodelle camere.

Il caso Isola. Ma un primo sin-tomo di tale irrequitezza delpartito arriva nel momento incui il Carroccio è sul punto diredigere le liste per le ammini-strative del 13 giugno, quandosu 120 comuni (capoluogoescluso) si rinnoveranno 96amministrazioni. Tra queste,quella di Isola Vicentina, al cen-tro di una espansione urbanisti-ca senza precedenti, costituisceuno dei punti caldi dello scon-tro, un caso emblematico.Attualmente ad Isola la Lega,col consigliere uscente e candi-dato sindaco Paola De Bei,sembra puntare ad una alleanzacon la civica Alba diGiobattista Gasparella (azzurrodissidente e in rotta da semprecol sindaco forzista ValterBaruchello). Ma la decisionedella Lega locale pare abbiafatto infuriare la Dal Lago cheinvece preferirebbe un candida-to gradito a Baruchello.Gasparella e De Bei infattihanno imbastito uno scontrodurissimo con la giunta localesulla gestione del territorio, inun comune strategico per tuttal'economia berica in quanto epi-centro del più importantedistretto delle cave, uno deipochi settori che tirano ancorabene nel Vicentino. Sapere comecorrerà la Lega ad Isola, daràl'idea dei rapporti di forza inseno al Carroccio berico, unCarroccio, che in barba al fede-ralismo, rimane legato a doppiofilo alle vicende romane dellastessa Lega Nord.

Marco Milioni

Beati i tempi in cui si discuteva sulsedere di Nadia Cassini (“È morale?È immorale?”) che dai manifestistradali pubblicizzava le mutandeRoberta. Un automobilista ebbeperfino risonanza nazionale quan-do, dopo un incidente, tentò di sca-ricare la responsabilità civile sulpovero manifesto che – citiamodalla lettera all’assicurazione, “miaveva subdolamente e improvvisa-mente causato distrazione dallaguida”.In quella che domina oggi le nostrestrade e che Antonio Trentin sulGiornale di Vicenza ha chiamato“la pre campagna elettorale piùcostosa che si sia maivista in un quarto disecolo” c’è poco da dis-cutere: manifesti brutti,criptici e inutili, conSilvio B. che straccia tuttiinvestendo migliaia emigliaia di euro (non acaso la pre-campagnanasce proprio per aggira-re la par condicio) perconquistare voti vicenti-ni.

La differenza congli anni passati èche stavolta ilmessaggio nonattacca. O alme-no così pare dauna nostra picco-la, ma crediamo

significativa, inchiesta sulcampo.Sebbene Silvio Berlusconi“vale da solo più metriquadrati di tutti i concor-renti messi assieme”, comeevidenzia Trentin, il suomessaggio non arriva drittoal cuore.Abbiamo chiesto a cin-quanta vicentini, fermatiper le strade, di ricordare imessaggi più significativiletti sui manifesti. Solo unosu cinque ricorda almenoun messaggio di Silvio B.

(il più memo-rizzato: quellosui pensionati;il meno ricor-dato: quello suipresunti miliar-di investiti perla scuola).Tre su cinquericordano che il messag-gio indica “delle cifre”ma non a cosa si riferi-scono. E non si tratta diindifferenti: è curioso

scoprire che gli stessi ricordanoinvece i manifesti delle scorse elezio-ni politiche nazionali (quattro annifa!), con il “Meno tasse per tutti” inprimis.

A colpire l’immaginario dei vicenti-ni, incredibile ma vero, più del sor-riso di Sivio B. è il prorompentepetto di Silvana M. Scopriamo che due vicentini su cin-

que sonorimasti colpitidal sorriso –diciamo così –di SilvanaMura, anchese ovviamentenon hannocapito chi è, senon che ha a che fare conun frizzante Di Pietro.Pressoché ignorati tutti glialtri, vuoi per la pochezzadell’investimento pubbli-citario (trovare un mani-festo dell’Ulivo al primocolpo è come trovare unafarmacia aperta la dome-nica) vuoi per la pochezzadel messaggio.Significativo quellodell’Udc: “Con la difesadelle istituzioni io cen-tro”. Di sicuro non hancentrato l’elettore: il 95per cento del nostro cam-pione non l’ha capita.Male anche Brunetta diForza Italia, che imita ilcapo proponendo l’enor-me testone pensieroso.Più che Grande Fratello,Grande Fardello: si vede

la barba (il capo si rade meglio),l’occhio spento (il capo ce l’ha vigi-le), l’espressione dubbiosa (il capoha solo certezze). E poi lo slogan,maledizione: “I tuoi interessi”, che

appeal può avere una frase scelta daGianfranco “Tristezza” Fini pochimanifesti più in là?Fuori dal coro solo il grande SergioBerlato, già distintosi in anni dionorata carriera politica in difesadei cacciatori, che si dimentica (?)addirittura di indicare il suo partito.“Grazie all’on Berlato – recita ilmanifesto - l’Italia è protagonista inEuropa”. Niente altro. Roba da farimpallidire Silvio B. Peccato che il95% degli intervistati ignori il parti-to di Berlato. E noi ci siamo benguardati dallo svelare il segreto.

Matteo Rinaldi

sette giorni di politica

Manifestaincapacità

Vicenza invasa da centinaia di poster elettoraliBerlusconi vince sempre in quantitàma stavolta il messaggio non attacca

La Lega senza Umberto ricomincia da Isola VicentinaDove vanno i partiti. Nonostante la (ingiustificata) mancanza di notizie su Bossi, i leghisti guardano avanti. Cominciando da Vicenza

2 vicenzaabc

“Wanted dead or alive”. Nel Far West era losceriffo che inchiodava davanti al saloon, allabottega del maniscalco e al negozio del barbie-re l’annuncio della taglia. E subito partiva lacaccia al bandito da consegnare, meglio semorto e legato alla sella del cavallo, per inta-scare i quattrini. Oggi nel “vicino East”, inteso come Venetoorientale, provincia di Venezia, la taglia a met-terla sono due politici della Lega. Il deputato diPordenone Edouard Ballaman e il consigliereregionale Daniele Stival.L’uomo da ricercare è quello che i giornalihanno battezzato Unabomber. Il misteriosoindividuo che ormai da parecchi anni nellazona a cavallo tra Veneto e Friuli semina peri-colosi oggetti esplodenti con scelta criminal-mente beffarde e geniali perché imprevedibili.Li ha piazzati proprio dappertutto: nella basedi un ombrellone in spiaggia, in un lumino alcimitero, in una tubetto di conserva di pomo-

doro al supermercato, in un pennarello sull’ar-gine del fiume (l’esplosione è costata due ditaad una bambina). Ultimamente sembra preferi-re le chiese: ordigni sono stati trovati all’inter-no di un confessionale e sotto l’inginocchiatoiodi un banco. L’idea della taglia non ha però raccolto moltientusiasmi. Anche perché un anno fa ci avevaprovato, senza risultati, l’industriale GiorgioPanto. Solo che la sua cifra aveva uno zero inpiù visto che gli euro in palio erano 50 mila.Francamente i 5 mila promessi dal deputatoBallaman e dal consigliere regionale Stivalfanno un po’ sorridere. Roba da farsi sparareaddosso dai veri cacciatori di taglie del FarWest. A meno che non c’entri il fatto che ilprossimo 11 giugno Stival punta a diventaresindaco di Portogruaro.

(abc)nella foto, la grinta del consigliere leghistaDaniele Stival

Unabomber, una taglia da poaretiDalla Regione. Solo 5 mila euro per catturare il terrorista: con una cifra così non si scomoderà nessuno

ACQUE MOSSE IN LAGUNA

Solo il seno della Mura fa breccia sulla città

Page 3: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

Campo Marzo: gelatai contro commercianti.Desta scalpore la proposta del presidente di Circoscrizione che insi-ste per spostare il mercato del giovedì nel parco. I commercianti sioppongono. La maggior parte dei consiglieri chiede invece che l’areasia rivitalizzata con piccoli chioschi del gelato in modo da creare unpunto d’incontro, sia per i vicentini che per quei turisti per cui il parcoé il primo impatto con Vicenza. “Il parco dovrebbe essere fatto persostarvi – insiste Cucchiara - inoltre sarebbe il caso di migliorarnealcuni aspetti come l’illuminazione e la trascuratezza.”

S.Felice: piano ir-regolatore. Avranno presto fine ilavori, non le pene. Il traffico aumenterà a causa del nuovo pianourbanistico (Piruea). L’area su cui si interviene é di proprietàdell’Amministrazione provinciale, ma la Circoscrizione Sei si opponealla realizzazione del progetto. “Si tratta di un piano di espansioneche non prevede spazi verdi – commenta il consigliere diessinoAndrea Tapparo – né una limitazione del traffico”.

Pomari: proteste vere e... virtuali. Nasce il sitointernet del Comitato Pomari (digilander.libero.it/comitatopomari/).per denunciare i problemi urbanistici che affliggono la zona.All’interno si trova la storia, le iniziative, le ultime notizie. Iniziativainteressante e intelligente che si spera possa essere seguita ancheda altri quartieri: informare è sempre il modo migliore per farsi capi-re.

Gogna: il verde in rosso? Cittadini preoccupati per larealizzazione da parte del Comune di una nuova strada a due corsieche, si teme, possa essere solo il primo passo per nuovo cemento.“Dobbiamo difendere una delle ultime oasi verdi della città” dicono iresidenti. Nelle prossime settimane, incontri e gruppi di studio percapirne di più.

Ferrovieri: inversione di marcia. I residenti sioppongono alla realizzazione del nuovo parcheggio previsto in ViaRossi. Porterebbe - spiegano - a gravi problemi di viabilità perchél’entrata e uscita sfrutterebbero un vicolo privato. Innanzitutto si

dovrebbe provvedere all’esproprio; in secondo luogo la via non regge-rebbe un traffico a doppio senso di marcia.

Villaggio del Sole: la pazienza ha un limite.Non si placa la protesta dei cittadini nei confronti della rotatoriadell’Albera. I residenti sono riusciti ad ottenere un incontro con ilSindaco Hüllweck ma non è servito a molto: soluzioni imminenti ilComune non ne vede. E’ necessario trovare un accordo tra gli entiprovinciali e alcune categorie di autotranvieri per deviare il traffico deimezzi pesanti. Come dire: portare pazienza. Che invece pare finita: leproteste non finiscono, si prevedono altri sit-in.

Piazzale Bologna: vietato l’ingresso da est.Ancora nulla di fatto sul problema del nuovo “ritrovo delle badanti”(un luogo dove le lavortrici dell’est possano incontrarsi e socializzaredopo che sono state costrette ad andarsene da Piazzale Bologna acausa delle proteste di alcune residenti). Maurizio Cucchiara, consi-gliere diessino di circoscrizione, accusa il presidente di continuare atergiversare per non affrontare la questione.

Settecà’: binario morto. La strada di Setteca’ chiude altraffico, in orario diurno, fino al 13 ottobre per lavori Aim sulle fogna-ture. Tutto questo mentre resta irrisolto il problema della passerellache dovrebbe permettere, ai tanti residenti in strada Paradiso, l’attra-versamento dei binari. Sarà convocata un’assemblea per capire comesi muoverà l’amministrazione, che non ha ancora dato una risposta.

Sara Sandorfi

cronaca

Giornate memorabiliLa strana logica del centrodestra sulle due festività: difende gli Usa

ma ignora la Liberazione, si dice pro lavoro e boicotta la sua celebrazioneFesta della Liberazione e Festa del Lavoro. Se, comeaveva ipotizzato non più di un mese fa, Berlusconiriuscisse davvero a eliminare qualche festa dal calen-dario per far lavorare di più gli italiani, prime vittimedesignate sarebbero queste due. Vuoi mettere lafesta del papà, della mamma o San Valentino?Quelle sì che sono vere feste “berlusconiane”: silavora come qualsiasi altro giorno e si spende parec-chio di più. Niente manifestazioni inopportune.Niente da commemorare in piazza con bandiere ediscorsi. Niente che sia legato ad una memoria col-lettiva. Tutta roba privata, di famiglia. Il premier lo safin troppo bene: se la Liberazione è (o dovrebbe

essere) di tutti, la mamma, disolito, è una sola. E volendoproprio festeggiare qualcosamettendo tanta gente insieme,meglio aspettare il prossimoscudetto del Milan.Ma se parte del centro-destravede come il fumo negli occhi laFesta della Liberazione, anchepeggio va per la fastidiossimacelebrazione – comunista senzanemmeno l’ombra del dubbio –che è la Festa del Lavoro.

Ancora conserva in sé – ormaiun lumicino a dire il vero – l’in-soppor tabile parola d’ordine(“Otto ore di lavoro, otto disvago, otto per dormire") per cuiè nata. Inoltre, è sinceramentevecchia: ha più di cento anni, la“prima volta” è del 1890.Retaggio anacronistico di un’eraoscura quando ancora gli operainon guardavano Canale 5 e nonvotavano Forza Italia o Lega. Insomma, a ben guardare, non è

poi così difficile capire perché questa nuova destraitaliana non fa nemmeno più finta di commemorarefeste che per cultura e storia non le appartengono inalcun modo. Motivi che sono gli stessi per cui, dallaparte opposta, vale ancora la pena celebrarle.Perché sono ricche di storia e di pathos. Perché muo-vono sentimenti veri. Perché fanno sentire ancora(almeno un po’) unito un popolo ormai disperso introppi rivoli. Perché non celebrano un neo-nazionali-smo posticcio e strumentale, ma raccontano diun’Italia a volte ruspante a volte feroce dove per leproprie idee si moriva. Un’Italia forse non migliore diquella attuale, ma certo molto più vera. (d.l.)

3vicenzaabc

La festa della liberazione e la festa dei lavoratori: ecco perché non vanno perdute

Venticinque Aprilemeno storie, più storia

“Sapere chi siamo e da dove veniamo è un nostro diritto”

Pomari in reteper dire noalla speculazioneE ai Ferrovieri secco noal parcheggio extra small

“La festa del 25 Aprile è piùattuale che mai. Il modo in cui èstata celebrata negli scorsi giorni èuna cartina di tornasole dei tempiche corrono. Strumentalizzazionepolitica, autocelebrazione del-l’amministrazione di turno, imba-razzo generale per chi la liberazio-ne l’ha sognata e l’ha vista realiz-zarsi: così è stato in molte cittàitaliane. Dobbiamo in parte tor-nare alle origini, recuperare il verosignificato della festa, e in parteguardare al futuro, ai nuovi valoriche deve assumere.”Parola di Gildo Vescovi, presiden-te dell’associazione Volontaridella Libertà di Vicenza. Un uomoche ha combattuto, come moltialtri, sperando in un Paese nuovo,non neccessariamente migliore,ma libero di scegliere da sè il pro-prio destino.Molti anni sono passati da quel25 Aprile. Che eco rimane di que-gli avvenimenti nella festa checelebriamo oggi?“I valori che la resistenza ha postonon sono più proclamati comedovrebbero, soprattutto da partedi alcune amministrazioni comu-nali e realtà politiche.”Anche se mantenuta sul piano for-male, la libertà è compressa e smi-nuita dai mass media, soprattuttonella tv: i programmi sulla nostraStoria sono trasmessi in orariimpossibili: di notte fonda o alla

mattina.Possonoattirare almassimo

qualche casalinga distratta o unsonnambulo, mentre giovani estudenti, a cui sono rivolti, lavora-no o sono a scuola. È un precon-cetto, una linea di programmazio-ne perché sono argomenti ritenutipoco interessanti oppure unamanovra per sviare le coscienze?Io so solo che per le nuovi genera-zioni sapere da dove veniamo, percapire perché siamo qui e doveandremo, è un diritto. Ed è unnostro dovere, e un dovere dellaamministrazione politica, rispon-dere a questa richiesta di cono-scenza. Per evitare che quello cheè successo succeda di nuovo. Èessenziale far capire questo ai gio-vani, non è colpa loro se ignoranoqueste cose. È responsabilitànostra informare ciò che è stato.Se il modo in cui festeggiamo èinsufficiente o adirittura sbaglia-to, come dovrebbe essere ricorda-ta la Liberazione?Secondo me il 25 Aprile dovrebbeavere due aspetti: quello festivoche ha ora e uno più dedicato allamemoria, simile alla giornata sullaShoah in gennaio. Bisogna attiva-re le scuole in modo da renderepartecipi gli studenti, non lasciareil tutto nelle mani di qualche ini-ziativa dei pochi professori o pre-sidi illuminati. Abbiamo ancoramolti testimoni degli avvenimentie molti storici in grado di parlar-ne.Come è stato vissuto questo 25Aprile dalla realtà politica?Nella manifestazione della scorsasettimana ho visto una buona par-

tecipazione sia di persone che diautorità. Anche se dagli umori dipiazza ho percepito un certoimbarazzo per un intervento quasiformale delle autorità all’evento,quasi come se la festa avesse unvalore puramente simbolico.Durante questa manifestazionedovrebbero essere ricordati anchealtri valori? Sì. Spesso si pensa solo al momen-to della Liberazione. Dobbiamo,invece, ricordare gli enormi sacri-fici della popolazione che non si èsolo limitata alla resistenza mache ha facilitato lo sbarco deglialleati.Spesso dimentichiamo anche ladifficile opera di ricostruzione delPaese. Furono anni terribili. Ilbenessere della nostra società sibasa su molti sacrifici. Molti loignorano, essendo cresciuti nellabambagia, ma devono saperlo.La resistenza, inoltre, è stata ilgerme delle successive aspirazioniall’unione europea. Anche questaè una realtà taciuta.

Primo Maggioin ricordo del coraggio

“Perchè c’era un tempo in cui per una protesta si moriva”

Le inchieste dei media sono chia-re: se fermate cento ragazzi perstrada e chiedete loro cos’è ilPrimo Maggio, novanta vi dirannoche è una festa importante per-ché “si sta a casa da scuola”,meno di cinquanta vi spiegheran-no che è “la festa del lavoro”,una decina forse tenteranno diaddentrarsi in un discorso storicopolitico “nella misura in cui i dirit-ti dei lavoratori, essendo e aven-do...” e crolleranno al terzogerundio. Quello che le inchiestenon dicono è che le stesse rispo-ste ve le darebbe la generazionedei trentenni, dei quarantenni,dei cinquantenni e di buona partedei sessantenni. La memoria, senon stimolata, non fa miracoli.

“Eppure la festa del PrimoMaggio è più che mai attuale –spiega Oscar Mancini, segretariodella Cgil vicentina - A maggiorragione in questi tempi in cui ildiritto del lavoro s’intreccia col

diritto alla pace. Con Cisl e Uilfesteggeremo a Gorizia, doveabbatteremo il muro che separala città italiana dalla parte slove-na. Sarà come abbattere tutti imuri dell’odio e della divisione.Purtroppo viviamo in tempi diffici-li, in cui la festa del 25 Aprile èstata ribattezzata “festa dellariconciliazione” dal governo. Unvergognoso tentativo di revisioni-smo storico. Anche per questo ilPrimo Maggio deve riuscire acomunicare ai giovani, i più espo-sti perché privi della memoria deiloro padri e nonni.”

“È una festa che assume, ognianno che passa, un caratteresempre più internazionale - diceRiccardo Dal Lago, segretario Uil– ed è giusto che sia così sepensiamo ai tanti Paesi in cui ladignità umana è calpestata.Fateci caso: in tutto il mondo, laqualità della vita delle personemigliora a partire dalla qualità dellavoro. Il lavoro libera dalla schia-vitù della povertà. Per questo lasua festa è importante e meravi-gliosa”.

“La festa del Primo Maggio nascenegli Stati Uniti – spiegaGiuseppe Benetti, segretario Cisl– per ricordare uno sciopero conla morte di molti lavoratori chechiedevano condizioni di lavoropiù umane. Moltissima strada èstata fatta da allora, ma se guar-

diamo la situazione mondialesiamo solo agli inizi: 500 milionidi lavoratori prendono un dollaroal giorno, 250 milioni sono bam-bini. E anche in casa nostra i pro-blemi non mancano: basta pen-sare a quanti clandestini lavora-no senza nessun riconoscimen-to”.

Trasformare il Primo Maggio inuna festa un po’ meno frivola epiù intelligente si può? “Da noi sifa soprattutto tempo libero –ammette Benetti – per questo lascelta di andare a Gorizia mi pareun ottimo segnale”. “Vorrei chequesta festa fosse un modo perricordare il valore dei sindacati –dice Mancini - che esistono pertutelare i lavoratori, che restanola parte più debole nel confrontocon le aziende. Ma anche perricordare il significato del primoarticolo della nostra costituzione:credere in un’Italia unica, indivi-sibile e fondata sul lavoro. Nonfacile, data la propaganda ideolo-gica del governo diffusa dai settecanali televisivi unificati.”

“Sarà un Primo Maggio speciale –conclude Dal Lago - perché si apri-ranno le porte europee ad altridieci paesi. La speranza è chenon sia una adesione solo econo-mica ma anche sociale, per garan-tire nuove possibilità anche ainostri vicini a lungo dimenticati”.

i.t. e m.r.

Dobbiamospiegare ai giovanii terribili annidella guerrae dell’immediatoDopoguerra

“ C’è ancoramolto da fare

per i diritti dei lavoratori.

Nel mondocerto, ma anche

in Italia

Il 25 Aprile si ricorda la liberazionedell’Italia dall’occupazione nazi-fascista.Il Primo Maggio è la giornata in cui si

difende il diritto al lavoro come mezzo dilibertà e d’espressione dell’uomo

LOTTA SENZA QUARTIERE

Page 4: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

la nostra inchiesta4 vicenzaabc

Quando estrae la matita rossa eblu dall’astuccio vuol dire che inclasse si comincia a fare sul serio.Non è più tempo per le spiegazio-ni, né per gli aneddoti personali ele divagazioni sulla mitologia o lastoria greca e romana. Ti chiamaalla cattedra, a rispondere sull’a-mato (da lei) Cicerone o suglieterni dilemmi della sintassi.Oppure convocati sulla predelli-na, dal voto più basso a quellopiù alto, a chiederci conto dellaversione mensile. E qui non valel’evangelico “gli ultimi saranno iprimi”, ma l’austero motto latino

“dura lex sed lex”. Il suo incedere per i corridoi,passo svelto e tacchi fragorosi,annuncia che la pausa fra unalezione e l’altra è finita. Tutti aibanchi. La domanda che ogni suobuon allievo si pone è: come saràvestita oggi? Quale il completoche sfoggerà per farci fare le solitebattute su di lei? Blu cobalto conrisvolti neri, modello acquario? Ogiallo canarino, modelloMaggiolino Volkswagen ? Oppure(il mio preferito per la sobrietà ela varietà cromatica) un monoco-lore rosso vermiglio in tono coi

capelli fiammeggianti?La sua fama di docente inflessibi-le, dalla lingua tagliente e dal giu-dizio sprezzante, è per lei un bla-sone di cui andar fieri e di cui isuoi allievi apprezzeranno il valo-re solo dopo.Erede spirituale e di cattedra dellamitica professoressa Nicolli, vacelebre per alcune frasi. Sul ’68:“A un picchetto davanti all’entra-ta della scuola ho risposto con uncalcio ben tirato nella parti bassedel malcapitato contestatore”. Suimiti giovanili: “Kurt Cobain?Non capisco come si possa adora-

re uno che si è sparato un colpoin testa perché era strafatto”. Sulgarantismo: “Si dovrebbe cambia-re la sentenza latina in dubio proreo (in caso di dubbio, la ragionea favore dell’accusato): altro chepro, nel dubbio, contra!”. Su KarlPopper: “A casa mia non c’è latelevisione, e sopravviviamo lostesso”. Terrore delle matricole, annodopo anno la sua figura di incor-ruttibile vestale del Classico (cele-bri le sue interrogazioni quattroalunni alla volta e la sua spietataprecisione nei voti) si fa via via

più familiare e s’impara ad ammi-rare il suo carattere al peperonci-no oltre che la sua cultura enci-clopedica. Ah, la prof Beatrice Andretta(posso dirlo? Bea per noi): così sichiama la nostra “Boeche a colo-ri”. L’esegesi del cognome, com-piuta da lei stessa non senzaautoironia, suona così: dal grecoantico anér e ètta, “sconfitta del-l’uomo”. Un’insospettabile damafemminista, la nostra professores-sa rossocrinita.

Alessio Mannino

Boeche 2000: i mDal Pigafetta al Quadri, dal Fusinieri al Fogazzaro, gli studenti p

greco e latino, Liceo Pigafetta

La matita rossa e blu della “Boeche a colori”

La parodia. Lettera aperta alla signorina Boeche da un’ammiratrice d’eccezione: il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti

Cara signorina Boeche, ho una grande notizia da darle. Lei deve sapere che dadiversi mesi al Ministero lavoriamo ad un progetto imponente, destinato a cam-biare in profondità la scuola; si tratta di un progetto di cui finora non è trapela-to quasi nulla (un buon lavoro di intelligence, come dice il mio collega degliInterni). Abbiamo stipato in un gigantesco computer tutti i dati relativi alla scuo-la italiana degli ultimi cinquant'anni; abbiamo poi inserito alcuni criteri per indi-viduare l'istituto ed il periodo in cui sono state meglio realizzate le nostre ideeper la scuola di domani. Non ci crederà: Ginnasio Liceo A. Pigafetta, biennio1965/1966, quarta e quinta ginnasio, sezione C. La sua. Lei si chiederà: per-ché proprio quella classe? Per spiegarglielo, elenco alcuni elementi, presenti inquella classe, che ci sembrano irrinunciabili per tutta la scuola del futuro.1. Numero di alunni per classe. Quel noioso del mio collega delle Finanze miassilla di continuo perché riduca le spese per gli insegnanti: se ogni classe oggiavesse 37 alunni, come la sua quarta ginnasio di quell'anno, avremmo risoltoil problema (il mio collega ha fatto due conti, poi è diventato tutto rosso e si èmesso a battere le mani). 2. Selezione, avviamento al lavoro e quant'altro. Dopo un discreto numero diconvegni sul tema, con l'apporto delle migliori teste in circolazione, si è giuntia una conclusione definitiva: è auspicabile che i figli dei contadini facciano i con-tadini. Solo i figli dei professionisti, delle migliori famiglie della città, vanno spro-nati a continuare gli studi. Dei 37 ragazzi partiti in quarta ginnasio, se non erro,11 arrivarono alla fine della terza liceo. Una frase ricorrente tra i professori diquegli anni era: "Qui si prepara la classe dirigente di domani". Ora quel doma-

ni è diventato oggi, cara signorina, e tutti abbiamo sotto gli occhi gli splendidiesiti di quel sistema.3. Didattica e programmi delle varie materie. (Non è il mio forte, ma mi sonofatta aiutare da alcuni autorevoli intellettuali, per così dire, di partiti presentinella coalizione di governo.). Il principio informatore deve essere: "Sanno? settee mezzo. Non sanno? Due. A lavorare.". Non è il caso di perdere tempo con psi-cologismi, analisi del contesto sociale e simili. I contenuti su cui selezionaredevono essere ovviamente mnemonici, possibilmente avulsi dalla realtà, sicuridal punto di vista ideologico (beninteso, mantenendo la politica fuori dalla scuo-la). E' appurato, per esempio, che lo studio della teoria dell'evoluzione rende gliallievi indocili e, alla lunga, comunisti: meglio quindi insegnare il creazionismo,seguendo l'esempio degli States, o, meglio ancora, non prevedere l'insegna-mento delle scienze. Esattamente come allora. Per quanto riguarda l'inglese,solo due anni su cinque, poche ore settimanali e possibilmente impartito dainsegnanti afflitte da seri problemi di fonazione e di pronuncia. Oggi, come inquegli anni, le famiglie per bene mandano i figli a fare le vacanze in Inghilterra.Ah, dimenticavo: per le ragazze, grembiuli neri accollati e gonne sotto il ginoc-chio.Sono lieta di averle potuto comunicare l'esito di questo lavoro, pregno di pro-messe per gli anni a venire. Mi piacerebbe che lei potesse collaborare con noi:ci risulta, del resto, che alcune sue ex alunne stiano tuttora trionfalmente por-tando avanti i suoi illuminati principi didattici.

(Silvano Biondi)

“Toh: la scuola che ho in mente è identica alla sua”

Beatrice Andretta

Viaggio semiserio tra gli eredi delle celebri professoresse (Silvia, Giuseppina, Mche negli anni Settanta sono diventate un mito terrorizzando migliaia di studenDalla Andretta a Marcellino, da Cerbaro alla De Mori, anche oggi non si scher

Antonino Marcellino: a dispettodel nome, un professore che nonha niente a che spartire con il tene-ro fanciullo del pane e vino.Sempre in giacca e cravatta, cartel-lina sottobraccio, fisico magro easciutto dell’ex campione di atleti-ca, Antonino Marcellino è inse-gnante di scienze e addetto allasicurezza della scuola. Con lui sichiacchiera volentieri dei piani dievacuazione antincendio o antisi-smici, ma quando è ora di interro-

gare l’angoscia prende il soprav-vento. La paura galoppa. Colpa soprattutto dei suoi occhiblu che, come racconta tra unaregola di Mendel e l’altra, hannospezzato tanti cuori femminili ingioventù. Oggi sono un’arma permietere vittime tra i poveri studen-ti indifesi.Le classiche scuse (“Devo andarein bagno”) per stare fuori a ori-gliare dalla porta, fino a che inomi dei malcapitati sono stati

nominati, oppure rompere la car-tuccia rossa della penna a stilo sulfazzoletto di carta e simulare unaperdita di sangue dal naso per pas-sare tutta l’ora in infermeria, sonopericolosissime: ti portano drittodritto alla cattedra.Quando Marcellino decide diinterrogare in classe cala un silen-zio maledetto e l’aula sembraavvolta da una luce sinistra. Pochevolte Marcellino è ricorso all’elen-co del registro: lui si affida ai suoi

occhi-laser. Ti guarda e segue ilsuo istinto. Il suo motto è ”Se nonsai, te lo leggo negli occhi”. Conlui gli occhi bassi e sfuggenti sonola fine. Quando ti scruta, guai aevitare il suo sguardo. Se scopreche hai paura, che non hai studia-to, sei fritto.Il trucco è non pensare alle formu-le delle molecole o alle reazionidell’ossido-riduzione ma cantic-chiare mentalmente la sigla diqualche vecchio cartone animato.

Il ricordo dell’infanzia farà purassumere uno sguardo sicuro eintelligente, no?Se funziona, “Marcellino’s eyes”non ti trapassano; ti sfiorano sola-mente. Puoi così adorare quegliocchi, scoprendo che l’aula riac-quista luce, la giornata non è maistata così radiosa, fuori è tiepido ele vacanze sono alle porte.

Irene Rigon

C'è un momento sacro per gli irriducibili taba-gisti nelle lunghe mattinate scolastiche delFusinieri: la cicca dietro la porta del bagno alcambio dell'ora. Le facce sono sempre le stessee si guardano intorno come per fare l'appello,intenti in ampie boccate. Quando manca qual-cuno c'è solo un motivo: è l'ora della De Mori.Se entri in classe dopo di lei sentirai tuonare iltuo cognome e resterai alla lavagna, davanti auno studio di funzione o un logaritmo irrisolvi-bile, rimpiangendo il tuo banco vuoto.La matematica non ammette ritardi, la De Mori

li odia. Soprattutto la prima ora: giustificazionitipo "la sveglia non è suonata" o "il motorinomi ha lasciato a piedi" non possono esistere.Ma, a suo modo, si dimostra premurosa. Sedimentichi il libro degli esercizi, lei ti lancia ilsuo dalla cattedra (anche se sei in ultimo banco)con la precisione di un cecchino. Il suo lookautunno-inverno-primavera è alquanto perso-nale: pantaloni neri stretti in fondo, scarpa altacon tacco basso e pelliccia di ermellino (c'è chi,alla sesta ora, lo vede muovere gli occhi con ariainquisitoria). Ha braccia muscolose e dita d'ac-

ciaio con cui picchia il gesso sulla lavagna. Neconsuma uno a esercizio.Passo deciso, sguardo imperturbabile, avanzatra gli studenti senza rispondere al loro saluto.E questo aumenta la sua presenza scenica. Il suoprofumo, così forte da essere quasi fragoroso,resta sospeso per i corridoi dopo il suo passag-gio e lascia una sensazione di apprensione esmarrimento. Ma niente in confronto al momento dell'inter-rogazione. Con la De Mori possono bastarepochi secondi per ritrovarti un 4. A volte non

serve nemmeno arrivare alla lavagna: il 4 è giàsul registro, in rosso, insieme agli altri.Bisogna però riconoscere che non fa preferenze.Certi compiti scritti sono tragedie greche dallequali si salvano al massimo in due. C'è chi si faprendere dallo sconforto, chi è rassegnato, chiesulta per un 5 tirato.A gennaio di quest'anno si è sposata. Da allorapare irriconoscibile: sempre di buon umore,addirittura comprensiva. I vecchi alunni nonriescono a crederci.

Stefano Comparin

scienze, Istituto Fogazzaro

Quegli occhi blu che si fanno amare e odiareAntonino Marcellino

La maggior parte delle volte inclasse non c'è, è in ritardo.Probabilmente starà litigando conqualche bidella o discutendo con ilpreside. Allora capisci che quell'o-ra sarà lunga, lunghissima.Lui è Franco (Maria) Rossi, inse-gna storia dell'arte al Quadri e lasua fama precede quella dell'istitu-to tra i giovani e impauriti fanciul-li già dalla terza media.Le leggende su di lui fioccano,quasi fosse un essere mitologico

con più arti, denti affilati e fiammedalla bocca. Ma la realtà è diversa:fa molta più paura.Veste un abbigliamento trasandatomolto ricercato (o almeno cosìtiene a far sapere), i capelli cresco-no lunghi e ispidi e il viso è corru-gato da migliaia di ore di lezione.Il rombo del suo motorino si ode achilometri di distanza e per alcuni èsegnale di morte. Negli indimenti-cati tempi della sua Vespa Piaggio,corrosa da ingrata ruggine, i fiori

appassivano e l'erba seccava.Le bidelle rifiutano di avvicinarsialla sua aula con le circolari delgiorno, temendo di essere cacciatein malo modo (un annuncio uffi-ciale del preside è ben poca cosaper lui rispetto alle campiture dicolore del Tintoretto). Nessunainterruzione sarà consentita, nul-l'altro conta.Il suo odio per la scuola come siste-ma malato è ripartito tra i suoialunni, i genitori degli stessi, il pre-

side o i colleghi insegnanti (spessoesagera, anche se non posso chetrovarmi d'accordo su alcuneinvettive rivolte alle sue impettitecolleghe insegnanti che accompa-gnano i figli a scuola con jeepenormi, compiendo pochi chilome-tri e intasando il traffico cittadino).Durante la lezione, lo studente èattaccato su più fronti: dalla stor-piatura del cognome all'implacabi-le severità dei suoi compiti scrittiche non prevedono umano errore.

Arrivano sino al prevederlo, cor-reggendo errori inesistenti. La suapenna rossa è infallibile come Dio,non tornerà sui suoi passi.Non fatevi ingannare dalle suedichiarazioni riguardo l'abbando-no dell'insegnamento, poiché ripe-te la stessa litania da molti anni,senza mai compiere, ahinoi, ilpasso finale.

Alberto Rigno

storia dell’Arte, Liceo Quadri

La sottile Arte di farci morire di pauraFranco Maria Rossi

matematica, IstitutoTecnico FusinieriQuel profumosospeso nei corridoi

Guglielmina De Mori

Anni ‘50Laboratoriodi Fisica

Page 5: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

5vicenzaabc

Cerbero, mostro mitico munito di tre teste,era il terrificante guardiano degli inferi.Ma davanti al professor Cerbaro, custodedella fisica al Liceo Pigafetta, sarebbe fuggi-to come un cagnolino impaurito.Anche i Gian Burrasca più fastidiosi, quelliche durante le altre ore sono soliti romperedi tutto, ammutoliscono quando questi cin-quanta chili d’uomo ricoperti di jeans a siga-retta e camicie anonime varcano la soglia.Becco d’aquila e sguardo siberiano, ha ilviso smunto, ricoperto da una barbetta ispi-da. Sensibilissimo al rumore (tanto da avercostretto uno studente particolarmente cial-trone a mangiare il cardine di una porta checigolava), su di lui fioriscono leggende d’o-gni sorta.Si dice che il lavoro di insegnante sia solo

una copertura permascherare traffici illeci-ti, che abbia minacciatopiù d’uno studente conarmi improprie, che fac-cia uso di droghe pro-dotte in proprio, chelavori per i ServiziSegreti. Ma le leggende, si sa, sono menzo-gnere e stolti gli uomini che in esse ripongo-no fede. Cerbaro ha con gli studenti un rapporto chedefinire distaccato sarebbe un eufemismo.Niente gli importa di questi omuncoli bru-folosi né delle loro turbe adolescenziali. Lovedrei sicuramente meglio come professoreuniversitario, essendo egli dotato d’unaimmensa cultura in campo fisico ma scarsa-

mente propenso a socializzare con gli allievi.Oppure potrebbe essere un ottimo inventoreo scienziato pazzo, come quelli dei cartonianimati. Quando entra in classe non vola una mosca.Lui scrive alla lavagna e noi tutto il tempo acopiare. Non parla mai di nulla se non difisica, ma nei pochi sprazzi di luce nelle suebuie lezioni rivela un insospettato senso del-l’umorismo. Accade però raramente. Di soli-to le battute sono sprezzanti e accompagna-

te da votacci. Le interrogazioni consistonoin uscite alla lavagna cui confidi la tua one-sta ignoranza, e sulle quali cade poi l’altret-tanto leale scure di Cerbaro. Ma preferisce certamente i compiti, sessantaminuti durante i quali vani sono i nostri ten-tativi di copiare o utilizzare altri stratagem-mi, ché nulla sfugge al suo occhio, vigile edotato di infrarossi.

Nicola Colpo

aestri del terrorepresentano gli insegnanti più temuti, i loro tic, le loro cattiverie

Maria Teresa)nti. rza

Kawasaki 1100, casco con visieraoscurata, giubbotto da Touristtrophy del '74, borsa in pelle - pre-sumibilmente umana - agganciataal serbatoio.Scende, alza la visiera, entra: ilcasco lo toglierà solo in classe permotivi di sicurezza.Liceo Scientifico Quadri, otto inpunto. Il centauro appena arrivatoè, per dirla fantozzianamente, quelgran. lup. mann. del prof di letteree latino, al secolo Giuseppe

Cannavò. Con lui non manca mainessuno perché, a meno di un rico-vero ospedaliero, nessuna giustifi-cazione è valida. Perché il profes-sore, oltre a non ammettere ritar-di, è sempre ben informato sullostato di salute dei suoi alunni. Eanche dei loro cari. Proprio perquesto è impossibile che si bevagiustificazioni del tipo “lutto infamiglia” o peggio ancora “indi-sposizione”.Ore otto e dieci. Il mal di stomaco

contagia tutta la classe. Da anniper i corridoi del liceo si traman-dano le sue gesta. Pare che vogliaentrare nel guinness dei primatiper il maggior numero di studenti"segati". Solo a sentire il suo nomec’è chi rabbrividisce, anche adistanza di anni. E' uno di queiprofessori per i quali viene vogliadi cambiare classe, istituto, piane-ta.Con Cannavò non si sgarra. Sementre spiega guardi l'orologio,

s'infuria. Se vai in bagno, s'infuria.Se pensi a qualcos'altro, se neaccorge e s'infuria. Un giorno glipuoi andare a genio. Il giornodopo non ricorda più il tuo nome.Ore otto e venti. Ha gli occhi asse-tati di insufficienze. Ci guarda conevidente disprezzo. La disposizio-ne dei banchi chiaramente non gligarba. Di fronte a lui facce pallide,cianotiche. Qualcuno gronda disudore. Altri fanno gli gnorri pernon destare sospetti. Apre il registro. Il mal di stomacodegenera in gastrite acuta. Ci odiaperchè secondo lui siamo ignoran-ti.Lo ripete spesso. Probabilmente,

tenuto in considerazione ciò, deci-de di graziarci e andare avanti conla spiegazione. Venticinque animericominciano a respirare dopoun'apnea di tre minuti. Se neaccorge, legge la gioia nei nostriocchi e per non smentire la suafama, cambia idea. Test di latinosui vocaboli. Ne detta cinquanta. Tornerà a casa con il suo pacco diimprobabili traduzioni e l'indoma-ni si divertirà a prendersi giocodella nostra non padronanza diquella lingua che, sebbene morta,in questo liceo continua a mieterevittime.

Alessandra Guarino

lettere, liceo scientifico Quadri

La matita rossa e blu della “Boeche a colori”Giuseppe Cannavò

All’Istituto Santa Bertilla Boscardin ha ter-rorizzato generazioni di studenti. È lafamosa coppia di professori di Italiano:Marilisa Dalla Pozza e Natale Moletta, ilgiorno e la notte. Lei solare ed esuberante,posa da Lilli Gruber, maniche corte e fine-stra spalancata anche nel rigore invernale.Lui schivo e lunatico, pullover a girocollo eimposte serrate pure sotto la canicola esti-va. Io ho la (s)fortuna di averli avutientrambi. Non è uno scherzo delle continue riformescolastiche ma il frutto di un’ecatombe: hocominciato nella mitica sezione B del biolo-gico, destinata alla Dalla Pozza ma solomeno della metà della classe è riuscita a pas-sare in quarta. Così la terza B si è trovataquasi raddoppiata, con oltre trenta ragazziin aula. Per noi poveri promossi nulla dafare: troppo pochi per creare una classe.Sono finito in A con Moletta. I due sono particolarmente amici pur essen-do diametralmente opposti.Dalla Pozza è un vero mostro. Di bravura.Un’ottima insegnante. Apre il libro, annun-cia il tema della lezione, lo richiude ecomincia a spiegare l’argomento con entu-siasmo e una capacità di approfondimentosconvolgente. Ma quello che vuole è in pro-porzione a quello che dà: gli 0 e gli 1 fioc-cano come non mai.Moletta invece legge i testi con tono assen-te, ogni lezione è mortalmente soporifera.Così come il suo modo di fare è piatto,anche i voti non sono mai eccessivamentealti e bassi ma se si comincia l’anno scola-stico con un quattro non si può sperare inun miglioramento.Naturalmente sono nate molte leggendescolastiche. La Dalla Pozza assegna, ognisettembre, il ruolo di “paggetto”, a unostudente. Per tutta la durata dell’anno ilpovero malcapitato deve far trovare sulla

cattedra una penna rossa, una nera,gomma, matita e libro di testo. Prima delsuo arrivo la classe deve essere seduta com-posta nei banchi in assoluto silenzio. Al suoingresso tutti in piedi. Lei lancia la frase dirito “Comodi, prego...” e noi dobbiamosederci. Poi il “paggetto” deve prelevare ilsoprabito e porlo sull’apposito attaccapan-ni.Quando suona la campanella, mentre tuttigli studenti sfociano nei corridoi, la suaclasse deve aspettare che lei finisca la lezio-ne (con buona pace per il prof dell’ora suc-cessiva). Memorabili anche le interroga-zioni: sono chiamati a caso due studenti emessi uno di fronte all’altro ai fianchi dellacattedra. Sembrano condannati davanti alplotone di esecuzione. In realtà non è cosìmalvagia. Se uno si sente impreparato edecide di non uscire prende uno zero secco.Ma se esce e non risponde alle tre doman-de di rito gli viene assegnato un uno per “labuona volontà”.

Eleonora Scalco

italiano, Boscardin

Siamo la coppia più tosta del mondoDalla Pozza - Moletta

Non è vero che tutto è rela-tivo, ma certo lo è stato ilmio rapporto con la Boeche(Silvia, per l’esattezza).Provenivo dallo Stalag 17della vicina via Riale, notoper la solida preparazioneculturale e, meno, per leispezioni dei diari, il control-lo a sorpresa delle orec-chie, le note assegnateogni giorno a chi entravaper ultimo in palestra…Rispetto a questo trienniodi contenzione l’aria della IVginnasio del Pigafetta, misembrò respirabile. Non perle 16 ore di Boeche, né perla selezione giapponese (da32 a 16 in V ginnasio), néper l’esclusione classista dichi aveva origini “ignobili”,ma per il clima di rispetto,per l’essere trattati se noncome persone, almenocome cittadini, con moltidoveri ma anche alcuni dirit-ti. Mi sembrava già un pas-saggio alla Repubblica, unaLiberazione all’arbitro delregime. Ed è stato un durolavoro di Ricostruzione,dalle dinastie dei faraoniagli irregolari greci, dal liqui-do rapporto con il dualealle mortali letture manzo-niane (per il tono, non per iltema). Ma ci teneva uniti l’i-dea che i fondamentali delsapere richiedessero questiinterventi, queste doloroseinfrastrutture. Non ho capi-to, né allora su di me, né

insegnando la storia italia-na agli altri, se poi davveroquesto sforzo era necessa-rio, se era davvero l’unicastrada per cambiare e cre-scere. Ho comunque l’im-pressione che sia servitocome una dura palestra diformazione della personali-tà, di vissuta accettazionedei propri limiti, di gioiaimmotivata davanti a unsette, di sostanziale rarefa-zione della realtà per faremergere un io ancora titu-bante. E sono sopravvissu-to. Cosa resta di questavita consumata tra versioniin latino e traduzioni dalgreco senza vocabolario?Dalla Boeche ho imparato ilrispetto per lo studente,non l’interesse per il suopensiero o la sua cultura.Ho imparato la serietà dellapreparazione professionale,non il gusto per la ricerca el’innovazione. Ho imparatola correttezza nei rapporticon gli allievi, non la pas-sione per la loro crescita.Faccio il professore anch’io,e in qualche modo alcunidei miei “fondamentali”dipendono da quella scuola.Non basterebbero, oggi, perfare di un insegnante unbuon professore. Bastavanoallora, quando ciò che siinsegnava non aveva biso-gno di essere motivato, tal-volta nemmeno spiegato,perché spesso era sempli-

cemente assegnato.Bastavano allora, quando leregole era imposte e i valorida cui esse dipendevanonon andavano nemmenoindicati. Bastavano allora,per credere che la scuola èapprendimento il cui suc-cesso (o insuccesso) dipen-de in toto dallo studente.Solo su questo, credo, oggiabbiamo ancora qualcosada imparare. Siamo passatidal totale disinteresse perle modalità di insegnamen-to ad una sorta di accani-mento didattico. Crediamodi far bene e invece forsesbagliamo, quando cerchia-mo di traghettare anche ilpiù demotivato dei nostristudenti ad un livello mediodi preparazione. Al di fuoridella scuola dell’obbligoquesto è un errore. Salvareil salvabile non può essereun progetto educativo. Inquesto, e forse solo in que-sto, l’olimpica sufficienzacon cui la Boeche assegna-va i suoi 2 è ancora lì adinterrogarmi. Non riesco afarla mia, non ne sono uma-namente e professional-mente capace, non ho lesicurezze inossidabili chesolo la grammatica di unalingua morta riesce a forni-re. Ma mi chiedo ancoraadesso se, paradossalmen-te, proprio quell’atteggia-mento non mi abbia aiutatoa farmi crescere.

fisica, Liceo Pigafetta

I cinquanta chili più massicci della scuolaLeopoldo Cerbaro

Gli olimpici 2 di Silvia miaPaolo Lanaro racconta la sua (vera) Boeche

Page 6: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

Alta Velocità ko:tutte le ragioniper una bocciatura

città e persone

Il Comune appoggia l’iniziativa, ma poi la lascia affogare. Nell’alcol

E mentre l’”Ombralonga” tre-vigiana si avvicina alla suaundicesima edizione, la vicenti-na “Enotica” è già moribondaalla seconda. O quantomenosono in molti che vorrebberofarla fuori. Se Treviso può van-tare una tradizione ormaidecennale e l’Ombralonga con-tribuisce a rendere la città notain Italia e turisticamente appe-tibile, a Vicenza è vietatogodersi una giornata di festaall’aperto e in compagnia. Ilday-after (domenica 25 aprile)ha visto fioccare le accuse:“Macché beoni, sono imbecil-li”. Francamente non credo diessere l’unica ad essermi senti-ta offesa. Com’è possibile chenon sia stata minimamentecitata l’atmosfera di festa? Eperché ad avere importanzasono soltanto i soliti cretini checolgono un’occasione comeun’altra per dare spettacolodella propria lungimiranza? Alle ore 16 in centro si respira-va aria di festa. La città era infibrillazione, le risate risuona-vano e per una volta non c’erail solito mortorio a cui siamo,ahimè, abituati. Non sia mai.Dato che a raffreddare glianimi non é bastato l’acquaz-zone, ci si é messa d’impegnola “meglio cittadinanza” vicen-tina. Ma quali siano questi attivandalici non é dato sapere. Omeglio, si sa solo che un paiodi scostumati partecipanti hamostrato le propie nudità scan-dalizzando qualche abitantedel centro storico e che altriagitati beoni hanno scossol’auto di un residente strappan-done la targa. Ma le notizieufficiose arrivano a posteriori.Qualche danno é stato fatto equalche esagitato avrebbepotuto anche essere pericolosoper chi, come la maggior partedei partecipanti, stava passan-do un pomeriggio di festa.Qualcuno infatti, da sopra laBasilica, ha lanciato bottiglie inpiazza. Per fortuna nessuno éstato colpito. Il problema però é un altro.Enotica é una manifestazioneorganizzata dall’Associazionevicentina Magnagotti in colla-borazione con il Comune diVicenza. Comune che era dun-que a conoscenza dell’eventoindubbiamente prima della dis-

tribuzione dei volantini e del-l’adesione dei dieci bar parteci-panti. O il Comune si aspetta-va un flop (ignorando il fattoche l’anno scorso a partecipareerano in molti, pur non essen-do l’evento così pubblicizzato)oppure ha pensato bene chenon ci fosse bisogno di alcunaccorgimento. Allora di chi é lacolpa se una decina di scalma-nati possono agire indisturba-ti? E se la città viene ricopertadi bottiglie? Naturalmente dinoi “imbecilli” e non del fattoche i bidoni atti alla raccoltadel vetro non fossero nemmenostati svuotati dalla sera prece-dente. Sarebbe stato poi troppoingegnoso distribuire per ilcentro altri contenitori dellaspazzatura in modo da evitareche le bottiglie venissero getta-te a terra. E’ giusto che i residenti del cen-tro si lamentino dei gentiliricordini lasciati vicino alleloro abitazioni. Tuttavia sisarebbe potuto anche arrivareal fatto che bere provoca nor-

malmente lan e c e s s i t àimpellente direcarsi ai ser-

vizi, ma posizionare qualchebagno ecologico sarebbe stataun’idea inconcepile. Il problema più grave é peròquello dei danni fatti.Impossibile evitarli, natural-mente. Da come se ne é parlatopare quasi che una folla inde-moniata e irrefrenabile si siarecata in centro esclusivamenteper mettere a ferro e fuoco lacittà. La realtà non é questa eforse non sarebbe stato cosìdifficile limitare il raggio d’a-zione dei pochi esagitati.Dov’era la polizia? Certo, alle20,30 é arrivata per chiudere ibar, ma prima? Sarebbe basta-to l’impiego dei famosi “poli-ziotti di quartiere” per evitaretutto ciò che è accaduto. Seuna piccola quantità di personeé riuscita a salire sulla Basilicaé perché non c’era nessuno acontrollare ed eventualmentefrenare. L’organizzazione ha fattoacqua da tutte le parti e alComune é andata davveromolto bene. Nessuno si é fattomale. Per fortuna, dato chenon c’erano ambulanze neiparaggi. L’utilità di accusare tutti i par-

tecipanti dando loro degli“imbecilli” qual é? Sarebbestato forse più intelligente chie-dersi come si sarebbe potutoevitare quel poco che é succes-so. Pare che Enotica non siripeterà (ci sarebbe poi da chie-dersi se sono d’accordo i barche hanno guadagnato in ungiorno quello che in qualsiasisabato sera si sognano soltan-to). Sforzarsi di migliorarne losvolgimento sarebbe troppoimpegnativo da un anno all’al-tro. Paesi coma la Spagna o ilPortogallo organizzano festecome questa della durata diintere settimane, a Vicenza nonsi é riusciti a gestire un solopomeriggio. La cosa più triste é che la quasitotalità dei partecipanti ha vis-suto una giornata in allegria,senza istinti violenti e, cosarara per Vicenza, a contattocon gli altri. Ma per colpa diuna pessima organizzazione,che non é riuscita a tenerebada i soliti esagitati, Enoticamorirà probabilmente a solidue anni.

Sara Sandorfi

Enotica è già cianoticaAlla seconda edizione, il tour eno-musicale rischia già lo stop

6

Anche dall’analisi costi-benefici è evidenteche il supertreno non serve a nessuno

1000! Il traffico passeggeri guada-glierebbe due punti percentuali.

Il quadrofinanziario

Tutto questo dal punto di vista tra-sportistico appare irragionevoleancora più se rapportato ai costid’investimento che sono pari acirca 14,5 mld di euro per la trattaTo-Pd (da aggiungere il traforo delFrejus e il costo della Ve-Ts) e alnetto degli interessi, dell’infrastrut-turazione aerea e del materialerotabile.Dalla relazione della Corte deiConti sul bilancio FS risulta chemancano 21,7 mld d’euro per ilcompletamento dell’asse To-Mi-Nae 7,04 mld d’euro per la linea Mi-Pd. Ad est di Venezia esiste solo ilprogetto preliminare per 30 km dilinea tra Ronchi dei Legionari eTrieste e nessuna stima dei costi.Da Trieste a Lubiana non esistenessun progetto e per la Venezia-Ronchi dei Legionari è stato redat-to solo uno studio di prefattibilità. Relativamente al finanziamentoeuropeo la cosiddetta quick startlist (opere da completare nel prossi-mo decennio)rende disponibili solo38 mld d’euro da ripartire tra 31progetti.

Le nostreconclusioni

Si osserva che tra Barcellona eKiev ( sulle linee ordinarie) ci sonotre scartamenti (distanza tra i bina-ri) diversi e i traffici tra la penisolaiberica e l’est non passeranno maiper l’Italia perché il perno naturaleè la Germania dove i traffici sonoriorganizzati verso Scandinavia,Paesi Baltici, Polonia, Rep. Ceca,Ungheria.Traffici degni di questo nome versoBulgaria, Romania e Ucraina nonesistono e se esistessero sarebberoappannaggio di servizi marittimitra porti iberici e Costanza eOdessa.Si consideri altresì che il 54 % delnostro interscambio avviene con iPaesi del centro-europa e appareirragionevole non concentrare lerisorse sul “tappo” del Brennero esulle opere di collegamento/poten-ziamento verso i due importantitunnel ferroviari ,che saranno com-pletati dagli svizzeri nel 2008, ilGottardo e il Loechberg.

Erasmo VenosiComitato Scientifico Conferenza

Permanente Sindaci

*Facciamo riferimento alla “Relazionedel gruppo di lavoro economia e finan-za” redatto dalla CommissioneIntergovernativa Italia – Francia CIG, alDocumento della CommissioneInterministeriale di Verifica dellaTorino-Venezia istituita ai sensi del-l’art.2 L 662/1996 e del DM 583/1999 einfine agli Studi d’Impatto Ambientaleredatti dai General Contractor (CAV-To-MI, CEPAV II) e da Italferr.

vicenzaabc

PARACADUTEil localemai banale tele

visioni Quando il cult movie va su 4 ruotetutti i film della settimana da non perdere e quelli da... lasciar perdere

In tivù Taxi Driver e Duel, due capolavori con l’auto protagonistasabato 1 14.30, St. UniversalI tre moschettieri. Brutto, ma non per colpa sua.Brutto come il novantanove percento dei film tratti da Dumas, forseperché è già talmente 'cinematogra-fico' lui nella sua narrazione e neisuoi plot che è impossibile superar-lo. Lasciate perdere e ri-leggetevi illibro.

Italia1, 03.45Il mucchio selvaggio.Western ambientato durante la rivo-luzione americana di Pancho Villa, è,secondo me, ampiamente sopravva-lutato, e, in fondo, banale e noioso.Leziosa, molto più che violenta, laceleberrima scena della sparatoriafinale.

Sky, 21.00, OvosodoSemplice e delicata storia sugliamori e le illusioni giovanili di unostudente livornese degli anni '80.Non sarà da urlo, ma non è da but-tare.

domenica 2Sky, 21.00, Debito di sangue.Decisamente, al grande Eastwood ifilm 'civili' riescono male, come que-sta storia banale e goffa, tropposimile ad un altro suo flop, Fino aprova contraria. Ma ha fatto tanti etali capolavori - fino all'ultimo, mera-viglioso Mystic River - che gli possia-mo perdonare anche questo.

Canale5, 10.05, Jumpin' jack flash.Segnalazione una tantum, per riflet-tere sul mistero della presenza nelcinema di un'attrice assolutamentemonoespressiva come WhoopyGoldberg. Mah.

St.Universal, 21.00, Taxi driver.Capolavoro, incubo allucinato sullafollia e la solitudine della metropoli.Il grande De Niro forse mai cosìgrande. Assolutissimamente imper-dibile.

Rete4, 23.30, American beauty.Una delle più intense meditazionisul significato dell'esistenza che ilcinema abbia prodotto. Più cheimperdibile: fondamentale. KevinSpacey è armonioso e dolce, comesempre. La fotografia è di una bel-lezza da ammutolire.Incomprensibile come Mendes siapassato, da questo capolavoro, aquella sciocchezza leccata di Eramio padre.

lunedì 3Cinema3, 00.40, La chiave.Segnalazione una tantum per invitar-vi a (non) vedere questo ennesimopornosoft ... pardon, capolavoro diTinto Brass (il cui titolo è stato subi-to storpiato: indovinate come) e a(non) ammirare le capacità recitato-rie di Stefania Sandrelli, consistentiessenzialmente - quando aveva lephisique du role.Adesso non ha più nemmeno quello

- nell'esibire generosamente le suerotonde terga. Ma il cinema è un'al-tra cosa.

martedì 4Cinema3, 22.55, Platoon.Da non perdere, tra i vari film pro-dotti dal cinema americano sulVietnam: Oliver Stone avrà anchefatto di meglio, ma questo non èaffatto male.

Rete4, 23.35La sottile linea rossa.Una delle più immani rotture dellastoria del cinema (è la storia di ungruppo di soldati americani durantela battaglia di Guadalcanal), al cuiconfronto Anghelopulos ha la vivaci-tà di un cartoon con Gatto Silvestro,con l'aggravante di una fotografiainsopportabilmente retorica.Basti - un'immagine per tutte - lanoce di cocco che germoglia sullaspiaggia alla fine. Ma per arrivarcidovete soffrire per tre ore, conti-nuando a mormorare: 'Adesso saràfinito, adesso sarà finito ... '

Rai1, 02.30 Ad ovest di Paperino.Delicato, poetico, lievementedemenziale: da vedere, davvero.

mercoledì 5St.Universal, 21.05, Il dottorZivago.Ora che non serve più come propa-ganda antisovietica, si può dire cheè una palla micidiale?

giovedì 6Cinema1, 18.20Harry Potter e la camera dei segreti.Dignitosa versione cinematograficadel romanzo, ben raccontata, benrecitata, ben illustrata: nulla di più enulla di meno. Davvero bravo e raffi-nato Jason Isaacs nella parte del-l'infido Lucius Malfoy: superiore allamedia.

St. Universal, 23.20, Duel.Che si può dire, di un capolavorocome questo? Di rivederlo per lacentesima volta?

venerdì 7Rai3, 21.00, Air Force One.Ottimo thrilling su un ipotetico rapi-mento del Presidente degli USA,eccezionale soprattutto, secondome, per la verosimiglianza dellospunto iniziale.

Sky, 21.00, Natale sul Nilo.Segnalazione una tantum, per met-tere Boldi e De Sica tra le cose checi fanno vergognare di essere italia-ni, come Alvaro Vitali e simili.

Rete4, 21.00I ponti di Madison County.Sciocchezzuola sentimentale e pallo-setta: non si capisce perché il gran-de Eastwood l'abbia diretta, e pureinterpretata: c'erano le tasse dapagare?

Giuliano Corà

La Cucina tra svincoli e tirNei Musei Vaticani, in una cartatardo Rinascimentale di Vicenza eprovincia, sulla via per Verona, èscritto “Olmo – stazione di posta”.Luigino De Gobbi non ha dubbi: èla sua trattoria.D’altra parte è dal 1850 che la fami-glia De Gobbi gestisce questo locale,lambito dai camion e da un trafficosempre più convulso, non avendomai modificato la propria cucina,casalinga, della mamma, delle sta-gioni e della tradizione.E a proposito di camion uno di loroha definitivamente distrutto, nonmolto tempo fa, una statua a sog-getto femminile posta su una men-sola nella facciata del locale. Venivada Via Torretti, quando l’Italia tolle-rava, comperata alla chiusura emessa lì…Superate l’angusto portoncino conla macchina: dentro c’è un comodoparcheggio. Il ristorante è gradevole,familiare, con cortiletto interno ched’estate permette di mangiare all’a-ria aperta. Fiori sui tavoli, paretiricoperte di quadri d’ogni tipo, cuci-na a vista come il doppio focolareche anni or sono Virgilio Scapindefinì “cuore e fulcro della cucina”sempre acceso e funzionante.Iniziate con salumi e non ve ne pen-tirete: pancetta, ossocollo, lardo, maanche Pata Negra o Parma sono digran validità. E, sempre, avrete

cipolline e pevaròni sottaceto. Fra iprimi la pasta e fagioli, la delicatazuppa d’asparagi e crostini e quelladi orzo in crosta di pane sono sem-pre valide. Ma anche bigoli, taglia-telle, maccheroncini con sughi distagione (bisi, funghi) per piatti digrande semplicità e bontà. Unamenzione speciale agli agnolottiburro e salvia, squisiti.Brace per secondo: vitello, agnello,filetto di manzo, costata, paillard inquantità corpose. La Riccarda dice:“In ristorante non si seguono lediete!” Troverete anche pesce ma èdifficile resistere al capretto al fornocon patate o al bacalà. Terminatecon un dolce all’amaretto o con lacrostata al cioccolato. I vini dellanostra terra ci sono tutti, con ricari-chi equi. Spenderete attorno ai 35euro e nascerà, subito, la voglia ditornare.

Mastro Ghiottone

De GobbiVia Olmo 5236051 Creazzo (Vi)Tel 0444.520509Chiuso: venerdì e sabatoa mezzogiornoCarte di credito: tutteVoto: 13/20

Le argomentazioni a supporto dellaLione/Kiev, il celebre corridoio 5che dovrebbe passare attraversol’Italia e il Vicentino, sono: 1. lacaptazione di traffico tra Francia edEuropa Orientale; 2. Il trasferimen-to di traffico dalla gomma allarotaia. Mai i 10 paesi dell’Europa Centralee Orientale - Polonia, Ungheria,Repubblica Ceca, Slovacchia,Slovenia, Romania, Bulgaria,Lettonia, Estonia e Lituania pesanoinsieme per circa il 4,2% sul PILdell’UE a 15: il loro interscambiocommerciale oggi, su base annuacon i paesi dell’U.E., è pari a menodi due milioni di tonnellate ossia acirca 350 Tir il giorno.Ipotizzando come affidabili leproiezioni fatte dal Royal Instituteof International Affairs di Londra,questi paesi impiegherebbero circa40 anni per colmare il loro diffe-renziale rispetto all’UE con conte-stuale triplicazione dell’interscam-bio commerciale.Insomma passeremmo da un traffi-co giornaliero di Tir di circa 350 a1000 unità.Si pensi, per fare un raffronto, chenel 2002 sull’autostrada serenissi-ma A-4 sono transitati 260.000 vei-coli al giorno di cui un terzo eranoveicoli pesanti!

Benefici sìma a che prezzo?

Analizziamo i costi e i beneficidella Torino-Trieste*Nella relazione della CIG si affer-ma che i benefici complessivi alnetto di quelli ambientali sononegativi per 2.378 milioni di euro.Se consideriamo anche i beneficiambientali (minore inquinamentoacustico, atmosferico e CO2 equi-valente), il beneficio attualizzatoammonterebbe a 2.878 milioni dieuro.L’opera quindi di là dall’esaltazionemediatica sarebbe importante sottol’aspetto ambientale. L’argomentazione appare peròmolto debole perché il risultatopotrebbe essere raggiunto più effi-cacemente e a costi sicuramenteminori perché il costo medio di unchilometro della Torino-Milanoammonta a circa 39 milioni dieuro.

Come cambierebbe il traffico pas-seggeri e merci?Dal Documento del Gruppo diVerifica Parlamentare risulta che iltraffico passeggeri interessato all’al-ta velocità è pari a circa il 12 % deltraffico complessivo delle ferrovie. Pertanto, a linea costruita, i trenialta velocità tra Torino e Milanosaranno pari a 18 e sulla Milano-Venezia ad 8: i treni con fermateintermedie saranno 16 per laTorino-Milano e 38 per la Milano-Venezia.Per quanto riguarda il trafficomerci l’incremento stimato pren-dendo come base l’anno 1995, oriz-zonte il 2015 e ad infrastruttureultimate (… cioè anche con i nodirealizzati!), ammonta al 3 per

Page 7: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

economia e società

vicenzaabcla città a chiare lettere

Direttore responsabileMatteo Rinaldi Redazione ([email protected])Davide Lombardi, Ilario TonielloComitato editorialeFranco Candiollo, Paolo Gurisatti, Gianni ZulianConsiglio di amministrazionepresidente Lorenzo Bernardivicepresidente Matteo Salinconsiglieri Marina Cenzon, Giorgio Sala, Stefano Soprana, Giorgio Stefani, PaoloTodescanCollegio sindacalepresidente Margherita Montisindaci Giampaolo Chiodi, Luigi ScarsoProgetto graficoMichele VezzaroAmministrazione ([email protected])Gabriele De Rugna, Carla Toffolon

StampaArtigrafiche UrbaniVia Galvani, 30 Sandrigo (VI) - 0444 659384Registrazione Tribunale di Vicenza n. 1024 del 7/11/2002Abbonamento AnnualeSostenitore 50 €C.C. Postale: 37233509Intestato a: Vicenza Abc S.c.a.r.l.Corte dei Molini, 7 - VicenzaBonifico:Unicredit C.so Padovac.c. 19719000 ABI 02008 CAB 11802Intestato a: Vicenza Abc S.c.a.r.l.Corte dei Molini, 7 - VicenzaContanti:Presso la sede di Vicenza ([email protected])Corte dei Molini, 7 - il lunedì e il martedì

7vicenzaabc

Dalla produzione e posa degliasfalti al monopolio dell’ indu-stria del trasporto energetico intutto il Sud America.E’ una lunga, lunga storia quel-la della Socotherm di Vicenza,una gestione familiare arrivataalla quarta generazione che haesteso il suo business a tutti ecinque i continenti e che dàlavoro ad oltre un migliaio dipersone in tutto il mondo.145 anni di vita, l’ azienda hasaputo mantenersi sulla brecciaperché ha fatto dell’ innovazio-ne e del cambiamento la suamissione.Dalla provincia di Vicenza allaconquista dei due mondi, que-sta è la storia di bisnonnoZenone Soave, dei suoi nipoti epronipoti e di una azienda chedalla produzione e posa degliasfalti è arrivata a controllare l’industria del trasporto energeti-co in tutto il Sud America.

Di stradane hanno fatta(in tutti i sensi)Già, di strada ne ha fatta pro-prio tanta il bisnonno ZenoneSoave, che a metà del secoloscorso iniziò a produrre asfaltoper pavimentare città e provin-cia. Correva l’ anno 1859 e da allo-ra i pionieri del manto stradaleZenone Soave & Figli hannofatto dell’ industria civile il lorocavallo di battaglia, tanto che,nel 1881, durante l’Esposizione Nazionale diMilano venne consegnata adEugenio Soave, figlio del fonda-tore, la Menzione Onorevoleper i meriti dell’attività svoltadirettamente dalle mani dell’al-lora Ministro Quintino Sella.E fu così che, alle porte del ven-tesimo secolo (quando, come siscopre dalle pubblicità d’epocadell’azienda bastava comporreun numero a sole due cifre percomunicare con gli uffici delladirezione) bisnonno Zenoneingranò con un’ attività desti-nata a sopravvivere nei secoli.

La rivoluzionedegli anniSettantaGli anni, i decenni passano e l’attività di famiglia proseguetranquilla ed anche piuttostoflorida, ma giunge, inevitabile,

il momento del cambiamento:in azienda si sente il bisogno dirinnovarsi, innovarsi, allargare ipropri orizzonti e magari varca-re i confini del Paese e di con-frontarsi con i mercati esteri.L’ occasione da non perdere sipresenta nel 1973 a ZenoneEugenio Soave, bisnipote edomonimo del fondatore, chefiuta l’ affare e non si tira indie-tro: si passa dall’ asfaltaturadelle strade al business dellariabilitazione delle pipe-lines.In parole povere un brevetto dirivestimento per acquedotti,oleodotti, gasdotti; nasce così laSocotherm, che anno dopoanno, conquistando mercatodopo mercato, diviene leaderinternazionale nel settore.

Rivestimentoche investimentoNessuno lo penserebbe, ma ilrivestimento di queste tubature,rappresenta di per sé il realevalore della struttura: una voltaottenuto il materiale adeguato,infatti, il rivestimento acquistaun valore pari a cinque voltequello del tubo.E sì, perché condotti di questotipo generalmente vengono

adagiati sul fondale di mari edoceani a due, tre mila metri siprofondità. Devono quindi resi-stere alla pressione dell’ acqua,oltre che, nel caso del petrolio,alla sua elevata temperatura almomento dell’ estrazione.E da prodotto di nicchia, ora ilbusiness del rivestimento rap-presenta il 95% dell’intero fat-turato aziendale.

Ricerca, ricercae ancora ricerca“Il segreto del nostro successo –sostiene Nicola Calvo, attualeBusiness Deveopment &External relations Manager – èil costante lavoro di sviluppodi nuove tecnologie: l’imperati-vo è innovare e rinnovare con-tinuamente il business.La Socotherm, infatti, reinvesteannualmente quasi il 3% delfatturato nel settore di ricerca,un dato questo estremamentesignificativo, dal momento chenessuna azienda concorrente hamai dimostrato di fare altret-tanto.”Dagli anni settanta ad oggi, èentrata di prepotenza nel mer-cato dell’industria petrolifera,concordando e sviluppando

joint ventures in tutti e cinque icontinenti. Oggi è affermatacome leader mondiale nelcampo dei servizi per l’ indu-stria del trasporto di energia,che applica le più avanzate esofisticate tecnologie. In Italia è presente con unimpianto ad Adria, unità diproduzione che lavora in colla-borazione con la strutturaargentina, e con una “basemarina” all’ interno dello stabi-limento portuale di Ravenna alservizio dei produttori locali ditubi.Ma in totale gli stabilimenti ita-liani rappresentano appena il

15-20% del fatturato totale, inumeri che contano si fannoinvece all’estero: in sudAmerica, Brasile, Argentina eVenezuela, dove la Socothermdetiene il monopolio del merca-to, poi in Africa, e ancora inAsia ed infine in Australia.

Medio Orientemon amourOleodotti, petrolio, Arabia: l’e-quazione è quasi spontanea e laSocotherm non può certo nonsentire il richiamo del MedioOriente.E’ nata così una nuova societàa Jebel Ali, negli Emirati Arabi,dove per ora è presente solo unufficio commerciale che punta arealizzare progetti per il tra-sporto di petrolio con il Katar egli Emirati Arabi Uniti.“Laggiù stanno lavorando ita-liani, americani e arabi assieme,in un buon clima di collabora-zione” racconta Nicola Calvo,ottimi presupposti per lo svi-luppo di un business anche inun’area geografica che propriotranquilla non è. E si pensa anche all’Iraq cometerritorio fertile per un prossi-mo sviluppo economico, anchese qualsiasi ragionamento per ilmomento è prematuro, primoperché “le persone che ci lavo-reranno saranno esposte inprima persona”, sottolineaCalvo, di conseguenza è un’e-ventualità questa che deveandare ben ponderata, secondopoi perché in un’ottica di rico-struzione del paese verrannoprima le gare di appalti per lacostruzione degli oleodotti epoi quelli per i rivestimentidelle tubature.

Anna Manente

già pubblicati: Taplast (23 aprile)

La Vicenza che innova (2). Da 150 anni l’azienda della famiglia Soave è sulla breccia

All’anima del tubo Rivestendo gli oleodotti, la vicentina Socotherm ha conquistato il mondo

Vicenza abcdimentica il 25 aprile?

I padronidella giunglad’asfaltoCon un modernoprocesso tecnologicola spa vicentinaricicla il vecchioasfalto.Direttamentesulla strada

Lettere

170 milioni di euro difatturato annuo

24 paesidov’è presentenel mondo

In Borsa daldicembre 2002

3% di investimentoin ricercae innovazione

25 i marchi e brevetti

300 dipendentinegli stabili-

menti inMalesia

200 dipendentinegli stabili-menti inNigeria

100 dipendentinegli stabili-

menti in Cina

50 dipendentinegli stabili-menti inAustralia

150 dipendentinello stabili-mento di Adria

Tutti i numeri della Socotherm

È stata stupenda la presenzadella sinistra in piazza deiSignori in occasione della ceri-monia per il 25 aprile.Numerosa, colorata, vocianteed attrezzata di striscioni,bandiere, cartelloni ha saputoridare il giusto tono ad unacommemorazione spessoridotta a mera parata militareed avvilita da un centro destrasempre teso a mistificare lastoria vera del nostro Paese. Di straordinaria levatura èstato il discorso di SoniaResidori che ha saputo esalta-re la Resistenza con motiva-zioni di grande efficacia. Laspecificità e la grande impor-tanza del ruolo delle donnenella Resistenza ha trovatonelle sue parole la miglioreaffermazione. Tutto ciò ha completamentetravolto la negligenzadell‚amministrazione comuna-le giunta alla vergogna di“dimenticare” di far affiggere,per la prima volta dallaLiberazione, i manifesti com-memorativi. Detto questo, consentimi tut-tavia una tirata d’orecchi a

Vicenza abc in edicola il 23aprile senza neppure una rigadedicata alla ricorrenza. È unfatto grave che non ha scusan-ti e che suscita non poche per-plessità. Non è infatti pensa-bile che un giornale che si èaffacciato con tantissima fati-ca nel panorama della comu-nicazione cittadina come vocenuova ed alternativa possaaddirittura dimenticare il 25aprile che è la data fondantedella rinascita italiana dopo ladittatura e la catastrofe. Un fatto del genere non puòche determinare disaffezionerispetto ad una testata chedeve cercare non solo diaffrontare i problemi concretidella città in modo dinamico eserio come pure sta facendo,ma che deve anche avere ilgiusto spazio per le tematichefondamentali che fanno lavera differenza tra i due oppo-sti schieramenti politici italia-ni.

Pio Serafin

Abbiamo deciso di raccontareil “nostro” 25 aprile assiemeal Primo Maggio, in questonumero. Ma accettiamo le cri-tiche. Stiamo organizzandoqualcosa per farci perdonare.

m.r.

Scrivo per lanciare il mio mes-saggio sperando che qualcunolo raccolga: è ora di finirla diinseguire la destra sul suostesso terreno. Finiamola diparlare come loro, comunica-re come loro, ritroviamo ilnostro modo di essere e pen-sare. Parlo in generale, ma inparticolare mi riferisco ad unmanifesto di una candidataalle Europee nella Lista DiPietro Occhetto, quellaSilvana Mura che invece dilanciare al cittadino il suomessaggio politico, mette inbella mostra i suoi seni pro-sperosi in tutte le foto dellacampagna. Fateci caso, è sem-pre ritratta di profilo proprioper evidenziare quelle suebelle forme che tanto attiranoil maschio latino, forse menol’elettore. Ora mi chiedo, per-ché scadere a questo livello dicomunicazione dove la donnaaltro non è che oggetto di unsollazzo (pur virtuale) delmaschio? Che faremo la pros-sima volta, candideremo una

velina a Presidente dellaCommissione Europea?Suvvia…ritroviamo il nostromodo di essere.Un cordiale saluto e buonlavoro

Giovanni Zanin

Caro Zanin, ovviamente lei èlibero di pensarla comemeglio crede ma, per quantoci riguarda, troviamo la cam-pagna del candidato Mura

piacevolmente sorprendente.Dal suo punto di vista è oradi smetterla di seguire ladestra sullo stesso terreno. Esiamo d’accordo. E’ anchevero che, da sempre, la sini-stra è troppo seriosa e spessoincapace di comunicare inmaniera adeguata le sue idee.Spesso la volontà di essere“seri” a tutti i costi scivolanella tristezza. Orribili, adesempio, quei manifesti con lascritta a caratteri cubitali

“Arrivi a fine mese?”. Vogliodire: già è dura, invocareanche la sfiga mi par trop-po… La Mura attira ilmaschio latino? Beh, da que-ste parti ci sono più latini chesvedesi e il seno (di sinistra)del candidato dell’Italia deiValori mi pare comunquemeglio del faccione diBrunetta. Un cordiale saluto alei.

d.l.

Anche se oggi il settore petro-lifero è il core business del-l’azienda, la famiglia Soaveha continuato a portare avan-ti la sua intuizione iniziale.E anche qui, grazie all’innova-zione, ha saputo tenere testaalla concorrenza più agguerri-ta.

Oggi l’azienda è riuscita a svi-luppare dei macchinari ingrado di riqualificare il mantostradale direttamente in loco.Equivale a dire: se una stradaha bisogna di una riassestataoggi non è più necessariotogliere il vecchio asfalto esostituirlo con del materialenuovo come si era costretti afare un tempo.

L’azienda dei Soave conta sumacchinari in grado di risuc-chiare l’ asfalto vecchio,rimetterlo in sesto e rigettarlosulla strada, come nuovo. Unvero e proprio riciclaggio, cheoffre innegabili vantaggi, nonsolo competitivi ma ancheambientali. Bisnonno Zenone,non c’è che dire, ne sarebbestato orgoglioso.

Ma un bel senoè roba di sinistra

Page 8: Vicenzaabc n 7 - 30 aprile 2004

Ramallah. Stringere la mano ad Arafat ècome stringere la mano ad un pezzo distoria. Nel bene e nel male, infatti, ilPresidente dell’Autorità NazionalePalestinese, nonché leader di Al Fatah, èstato tra i protagonisti sulla scena del con-flitto israelo-palestinese nell’ultimo mezzosecolo: dalla lotta di liberazione comincia-ta il 31 dicembre 1964, all’assunzionedella guida dell’OLP nel 1969 passandopoi per gli anni Settanta in cui il baricen-tro dell’esilio palestinese si è spostato inLibano. Dal 1974, anno in cui l’OLP vieneammessa alle Nazioni Unite, Arafat svolgeun’attività politica internazionale senzatregua ed inizia a confrontarsi con l’alloraministro della guerra israeliano ArielSharon: sono gli anni dell’invasione delLibano da parte dell’esercito israeliano,della strage di Sabra e Chatila, del seque-stro dell’Achille Lauro e, nel 1987, delloscoppio della prima Intifada, la guerra dipopolo condotta soprattutto dai giovani acolpi di pietra. L’Intifada diffonde nellasocietà palestinese il senso partecipato del-l’unità nazionale e rilancia nel mondo lacausa dell’indipendenza, ma è soprattuttoall’origine del primo confronto diplomati-co diretto tra israeliani e palestinesi.

I negoziati iniziano ad Oslo e il 13 settem-bre 1993 Rabin e Arafat si scambiano perla prima volta una stretta di mano e firma-no l’accordo di autonomia. Il 28 settembre1995 ne firmano un secondo seguito dalritiro delle truppe israeliane dallaCisgiordania. Lo stesso anno i due prota-gonisti dividono il premio Nobel per lapace. Arafat metteva così termine ad unesilio che durava da ventisette anni e ritro-va la sua terra natale. Ma Rabin vieneassassinato il 4 novembre 1995 da unostudente di estrema destra. Il gesto è uncolpo al processo di pace. La Storia è spes-so retta da avvenimenti fortuiti. Se l’assas-sino avesse mancato il colpo, la freccia deltempo avrebbe probabilmente preso un’al-tra direzione. Oggi Arafat vive assediatonella Mukada, il municipio di Ramallah.In arabo questo nome significa “gli alto-piani della spiritualità”. In realtà la cittànon è poi così alta, soltanto novecentometri sopra il livello del mare ed è situataa sedici chilometri a nord di Gerusalemme.Forma un unico agglomerato con El-Bireh.Questo nome è citato 76 volte nellaBibbia. Si racconta che Maria, la SantaVergine, vi abbia soggiornato più volte. Ivecchi abitanti di Ramallah erano per lamaggior parte cristiani. Dopo la guerra del1948 ha conosciuto un afflusso di rifugiatipalestinesi che vennero ad installarvisi. Nel

1950 la città ritornò alla Giordania, madopo la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967,cadde nelle mani di Israele. Nel 1988 laGiordania ne diede la sovranità ai palesti-nesi della Cisgiordania, ma di fatto la cittàrestò sotto l’amministrazione di Israele.Nel 1966, con il ritiro delle truppe israelia-ne, Ramallah divenne la capitale dellaPalestina sulla riva occidentale.

l Presidente Arafat concede circa mezz’oraai giornalisti. Veniamo condotti in un’anti-camera dove gli uomini del servizio disicurezza ci hanno chiesto di lasciare borsee telecamere, poi passiamo per uno strettocorridoio che dà direttamente nella sala diricevimento. La stanza è piuttosto spoglia,nessun quadro alle pareti e al centro sol-tanto il tavolo per le conferenze. Arafat èentrato subito dopo accompagnato dalsegretario e da una guardia del corpo.Sfoggiava il suo celebre sorrisetto esatta-mente uguale a quello visto in tante foto emanifesti, ma appariva più magro e di sta-tura più piccolo di quanto si potesseimmaginare, un uomo anziano apparente-mente indifeso e remissivo. D’altronde nonè che dalla visita mi aspettassi rivelazioniparticolari, se non i vuoti cliché della pacecoraggiosa e l’appello alla coscienza dellacomunità internazionale.Da molti Arafat è ormai considerato unpezzo da museo, una figura che nulla inci-de realmente nella vita politica palestinesee nel difficile rapporto con Israele, da altri

viene invece visto come un finanziatore deigruppi terroristici, quindi in realtà unoppositore del processo di pace. Eppurequest’uomo quasi ottantenne non è soltan-to un’icona, piuttosto dà l’idea di unavolpe rintanata: dopo i rituali convenevoli,sfodera una grinta che fa svanire qualsiasipreconcetto. I suoi occhi azzurri sono viva-ci e profondi, il tono della voce forte.Alcune volte risponde in inglese, altre voltein arabo con l’ausilio dell’interprete.Parlando muove le sue ceree piccole mani.Si indigna per il modo in cui vengonoridotte in Terra Santa le opere d’arte,patrimonio dell’umanità, non soltantodella parte cristiana, e mostra ai giornalistile foto della Vergine di Betlemme crivellatadi colpi, della chiesa bizantina di Aboud,una delle più antiche della Palestina, ridot-ta in macerie:”Perché l’opinione pubblicamondiale non si solleva mentre il patrimo-nio culturale, artistico, religioso della TerraSanta viene distrutto, questo è un proble-ma di tutti, credenti e non”. “La strada storica tra Betlemme eGerusalemme, tra la chiesa della Natività eil Santo Sepolcro è stata chiusa, l’erezionedel muro ha portato allo sradicamento dimigliaia di alberi di ulivo - prosegue ilPresidente dell’Autorità NazionalePalestinese - una città come Nablus, cheha ospitato il profeta Giuseppe e i suoifratelli subisce quotidianamente l’aggres-sione dei tanks israeliani che la attraversa-no distruggendo strade e abitazioni erispondendo alle sassaiole dei ragazzi concolpi mortali”. A proposito delle armi usate dagli israelia-ni, Arafat parla di sproporzione di forze:“Tutti sanno che gli israeliani sono dotatidi armamenti che includono armi didistruzione di massa e proiettili con uranio

impoverito, mi chiedo perché gli americanisi sono preoccupati di andare in Iraq averificarne la presenza e nessuno parla diquello che accade qui”.La vecchia volpe si è animata, tagliamol’aria: “E’ noto che lei ama molto i bambi-ni, che tipo di storia studieranno sui librinei prossimi anni?”

Arafat sospira: “Quando ero piccolo abi-tavo vicino al Muro del Pianto e giocavotutto il giorno con i bambini israeliani,oggi è diventata una cosa impossibile. Ioguardo ai giovani con speranza e li ringra-zio, come ringrazio anche gli insegnantiperché anche in queste difficili condizionicontinuano ad andare a scuola e a fare illoro dovere. L’odio e i conflitti, comunque,non appariranno sui loro libri di testo,non è questo che vogliamo insegnare”. -Città come Nablus attendono da anninuove elezioni, è verosimile, come affer-mava Abu Mazen prima di dimettersi, chepossano tenersi in primavera?“Tutte le città della Palestina attendono leelezioni, ma non credo che sarà possibileper la popolazione andare alle urne instato d’assedio, l’unica soluzione sarebbeuna forza internazionale di pace che potes-se garantirne lo svolgimento”.Il tono si fa più pacato e il sorriso riapparesulla bocca di Arafat quando il discorsocade sui rapporti con l’Italia: “Per noi que-ste visite sono molto importanti, sappiamoche una buona parte del popolo italiano èdalla nostra parte e lo invitiamo a soste-nerci, così come crediamo nel sostegno delPapa e di molti partiti”. “Ricordo ancoracon enorme piacere -aggiunge- la solidarie-tà dimostrata dal vostro Presidente Pertiniquando a Beirut mi regalò la Coppa delMondo che avevate vinto in Spagna, fu ungesto molto significativo”.La mezz’ora è terminata, le guardie delcorpo vengono a prendere il Presidente,che però si ferma sulla soglia e saluta gliospiti uno ad uno posando anche paziente-mente per qualche foto e autografandoalcuni cataloghi dati in regalo agli ospiti.Usciamo nella luce abbagliante di mezzo-giorno, il cielo è terso e la temperatura sui12 gradi. Facciamo un giro per la Mukadae riprendiamo la strada per Gerusalemme.Ma all’uscita da Ramallah ci attende unafila lunga un paio di chilometri di auto ecamion in attesa al check point: ce lacaviamo in due ore e mezza. Storie di ordi-nario assedio quotidiano.

Milena Nebbia

cultura8 vicenzaabcL’ambiguo leader raccontato da una testimone diretta della tragedia mediorientale

Lo strano incontro tra Milena Nebbia, giornalista-pacifista vicentinae il leader dell’autorità palestinese, tra foto ricordo e guardie del corpo

Dal kosovoa Israeleil “chi è”della cronistacoraggiosa

La guerra per scelta

Milena va alla guerra. In ferie.Non è uno scherzo. In questomondo c’è ancora qualchepazzo, o visionario, che decidedi passare le sue vacanze inKosovo piuttosto che a Sharmel Sheik, in Bosnia invece chesulle spiagge di Sardegna. Lei ècosì: prendere o lasciare. Unache alla pace ci crede davvero,non solo durante qualchemanifestazione di piazza. Unache si impegna - in prima per-sona - per portarla ovunqueuna vittima urli il suo disperatobisogno d’aiuto. Milena dicognome fa Nebbia, ma lascia-te da parte facili allusioni: sullecose che contano, ha le idee fintroppo chiare. E per il resto, èuna persona forte e fragileinsieme. Come chiunque altro.Vicentina d’adozione, è attual-mente addetta in un ufficiostampa e pacifista a tempopieno. Nella quotidianità edurante le poche ferie che lesono concesse.A sue spese, è stata finora inKosovo mentre esplodeva ilconflitto etnico tra albanesi eserbi. In Croazia quando la exJugoslavia si sfasciava. InPalestina durante lo scontroche quasi nessuno si ricordapiù quando è cominciato, tantoè diventato normale che pale-stinesi e israeliani si ammazzi-no tra loro. Sempre aggregata aqualche organizzazione umani-taria e pacifista. Il suo compi-to? “A Nablus, in Palestina, mimettevo tra la popolazione civi-le palestinese e i carri armatiisraeliani. Paura? Certo, porta-re da mangiare alla gente men-tre sai di essere nel mirino diun carro armato non lasciatranquilli. Ma devo dire di nonessermi mai trovata in situazio-ni veramente drammatiche.Non personalmente”. E’ disicuro un paradosso, ma anchein occasioni tanto eccezionali,“le maggiori difficoltà – rac-conta – sono derivate dallaconvivenza quotidiana con lepersone, altri pacifisti, che sitrovavano con me. Passi moltotempo con gente che non cono-sci, con la quale magari nonhai feeling. Di cui a volte nonconosci la lingua. Insomma, lagestione dei volontari è moltopiù difficile di quel che puòsembrare. E poi…” Poi? “Beh,gente che fa cose del generenon è che sia del tutto ‘norma-le’…”. Gente come te, Milena?“Sì, forse. Forse come me” e lescappa un sorriso. “E’ che io lecose le voglio vedere di perso-na. Non basta che me le rac-contino. Ad esempio inPalestina ho imparato a mante-nere sempre la calma. Sempre.A volte i soldati israeliani –quasi tutti ragazzini – ti provo-cano, cercano di metterti in dif-ficoltà. Ma se reagisci, può suc-cedere che ti blocchino ad uncheck point per ore. O si rifan-no sui palestinesi che accompa-gni non facendoli passare. E’ laprima cosa che ti insegnanoquando sei laggiù: mai andaresopra le righe. Mai incazzarsi.In un modo o nell’altro, finisciper avere sempre la peggio”.Milena ha un’altra passione.Quel maledetto, meravigliosovizio, che si chiama scrivere.Fissare sulla carta tutto quelloche gli occhi riescono a rubare.E magari poi, capita anche chequalcuno pubblichi le sue paro-le. Perché sono scritte bene, dauna brava giornalista. O anchesolo per farle capire che siamovicini quando lei, Milena, vaalla guerra.

d.l.

Un’ora con Arafat“Voglio vedere le cosecon i miei occhi”

racconta: “da piccologiocavo con bambiniisraeliani...”“

è più magro e piccolodi quanto non sembri“

Tornare a Nablus è stato più difficiledel previsto. L'estate scorsa avevoincontrato delle difficoltà al checkpoint al primo tentativo di passare,ma dopo tre ore di attesa avevoritentato e i militari mi avevanofatto entrare. Questa volta, però, lacittà era "off limits", completamentechiusa in entrata e in uscita, i con-trolli rigorosissimi, il divieto assolu-to, tranne che per le ambulanze.Insieme a me c'erano un collega delMattino di Padova e un fotografoche avevano chiesto di accompa-gnarmi perché volevano vedere"Thehead of the snake"(la testa del ser-pente), il luogo in cui si dice sinascondano i terroristi più temibili,quelli che rispondono all'occupazio-ne in modo estremo. Si nasconde-rebbero nelle abitazioni della cittàvecchia, un dedalo di case ammon-ticchiate dove risulta impossibile peri tanks israeliani crearsi un varco.Il fatto è che quando i carri armatiarrivano a ridosso del centro storicoper qualche azione intimidatoria,questo vuol dire che la città vieneposta sotto assedio (l'ultimo dura daprima di Natale), vige il coprifuoco,le persone sono costrette in casa, siferma tutto, per le strade non circolanessuno, dietro i palazzi fanno capo-lino soltanto i ragazzini pronti a sca-tenarsi con le sassaiole contro lecamionette. A Nablus si registraanche il numero più alto di vittime,"martiri", tra la popolazione, nellasola giornata in cui ci siamo fermatilì, se ne contavano quattro. I funera-li diventano dimostrazioni di popo-lo, i volti dei ragazzi morti (la prima

e la seconda Intifada sono battagliedi giovani e giovanissimi) vengonoissati su cartelloni, diventano il sim-bolo della resistenza, i parenti e gliamici urlano e intonano cori dispe-rati. In queste condizioni riesce faci-le comprendere perché entrare incittà era praticamente impossibile.Allora ho telefonato ai miei amicidel "Medical Relief", il centro in cuiho svolto durante il mese di agostol'attività di volontariato, chiedendose almeno loro potevano venire alcheck point, ma i medici eranoimpegnati con le ambulanze e iragazzi stavano facendo i turni perportare farmaci e viveri alla popola-zione. L'unica soluzione possibileera tentare la via della montagna,cioè aggirare i posti di blocco pas-sando per i sentieri noti soltanto ailocali nella speranza di non fareincontri indesiderati. A spingermiverso questa impresa da novella par-tigiana, non era, si badi bene, ilgusto dell'avventura o dello scoop:sapevo quanto i miei amici ci tenes-sero a rivedermi, a sapere che qual-cuno si ricorda di loro, poi volevoconsegnare personalmente del dena-ro raccolto tra amici in alcune ceneper un lavoro ortodontico per unodei ragazzi più emarginati, propriouno di quelli che è in prima fila atirare sassi quando arrivano lecamionette. Per questo si è fatto giàsvariati mesi di galera, ma per lui èmotivo d'orgoglio, non di disonore,per lui ogni giornata inizia con que-st'idea, il futuro, ormai da moltianni, è soltanto questo.Dopo un'ora e mezzo di cammino

attraverso i campi (fortunatamente ilterreno era asciutto) guidati dalnostro fido tassista, Abed, un omonedi quasi cinquant'anni, sei figli, ottoanni di carcere dopo la primaIntifada e una forma fisica da boxer,siamo arrivati alla periferia dellacittà. Lì ci attendeva un taxi che ciha caricato portandoci nel luogo cheho sempre saputo essere sicuro,anche nei momenti di maggiore ten-sione in città, il Centro giovanilepresso il "Medical Relief".Taher, il volontario della CroceRossa palestinese con cui sono rima-sta in contatto in questi mesi, erasulla porta ad attenderci: abbiamobevuto un po' d'acqua e poi cisiamo messi a parlare della situazio-ne: le cose non erano molto cambia-te rispetto ad agosto, come sempreloro cercavano di raggiungere lefamiglie che abitavano in centro perportare farmaci, pane e frutta, mal'assedio durava ormai da settimanee resistere era veramente duro.Mentre il collega del Mattino incal-zava con le domande, io guardavo ilmio amico arabo: non ha lavoro, lasua famiglia è modesta, fare ilvolontario per aiutare la sua gente èl'unico scopo della sua vita. Quandoc'è da fare non si risparmia, è sem-pre in prima linea, non per tirarepietre, ma per far rispettare i dirittidelle persone. Passiamo per l'ufficio del MedicalRelief per vedere se ci sono emergen-ze e proprio in quel momento rien-tra un'ambulanza. Scende il dottorSaber, lo rivedo con immenso piace-re: è stato lui, con la sua Subaru ad

accompagnarmi nei villaggi più sper-duti dove settimanalmente tenevauna specie di ambulatorio mobileper gli anziani e le donne gravide o ibambini che non possono spostarsi estare troppe ore sotto il sole in atte-sa ai check point. Da queste partitutti hanno un'enorme stima deldottor Saber: è una persona che neha viste di tutti i colori e non si sco-raggia di fronte a nulla. Faccio per abbracciarlo, ma subitomi allontana: dimentico sempredove siamo, lui, musulmano, io unadonna, per di più straniera, al massi-mo ci possiamo dare una francastretta di mano. Lo chiamano al cicalino, deveriprendere il giro con l'ambulanza,faccio in tempo a dargli un piccoloregalo portato dall'Italia, mi guardacon riconoscenza e gli occhi umidi:quanta umanità, le sofferenze delsuo popolo in questa guerra infinitanon lo hanno reso cinico, ai mieiocchi è una specie di eroe.Decidiamo di avvicinarci alla cittàvecchia guidati da Taher, lungo lastrada semideserta incontriamoanche i volontari internazionali pre-senti a Nablus in questo periodo, cisono alcuni italiani appartenenti adiverse associazioni pacifiste e traloro c'è una volontaria ferita. Sichiama Maria Vanzo, è a Nablus dapochi giorni, accetta di parlare efarsi fotografare:"Ma non fatemipassare per un'eroina -sbotta-sareb-be ridicolo in una terra dove le per-sone davvero rischiano e muoionoogni giorno". Ci racconta dell'acca-duto:stava recandosi insieme ad un

volontario irlandese da una famigliache abita in una casa pericolante delcentro storico per portare viveri, lacasa era occupata dai militari israe-liani, loro si sono avvicinati con lebraccia alzate chiedendo di poterparlare, ma per tutta risposta i sol-dati hanno caricato. "Vedendo chele cose si mettevano male ci siamovoltati per andare via - dice lavolontaria - in quel momento hosentito un frastuono e un'improvvisafitta alla schiena, mi sono appoggia-ta al muro ed è passato qualchesecondo prima che mi rendessiconto di cosa fosse successo. I mili-tari avevano aperto il fuoco in attointimidatorio colpendo il muroaccanto a noi, ma alcune schegge dipietra ci hanno raggiunto e una misi è conficcata nella schiena".Riprendiamo il cammino verso lacittà vecchia, ma veniamo fermati dauna camionetta che ci invita a torna-re indietro lasciando passare soltan-to i volontari del Medical Relief.Sono già le due del pomeriggio, pernoi è meglio prendere la via delritorno perché non si sa mai cosapuò accadere ed è opportuno usciredalla città prima che faccia sera.Rifacciamo la strada delle colline,siamo tutti silenziosi, la realtà diquesta città deve avere colpito i mieicompagni di viaggio. Ci fermiamo aguardare Nablus dall'alto, mi dispia-ce aver lasciato gli amici così in fret-ta, senza riuscire a trovare paroleconsolatorie. D'altronde che auguriopotevo fargli, magari "cerca di nonfarti ammazzare?".

Milena Nebbia

L’abbraccio proibito con SaberSulle strade dell’Intifada con Milena: “Vorrei stringere tra le braccia quel fantastico dottore ma lui mi allontana: dimentico sempre dove siamo, lui musulmano, io donna e pure straniera”

quando Pertinimi regalòla Coppa del MondoCampo profughi a Betlemme

Milena Nebbia e Arafat

foto

A. D

alla

Poz

za

foto

A. D

alla

Poz

za