Vicentini insieme per Sarajevo

2
«Q ui da noi - ha risposto Maria Tunyic, 35 anni, cattolica e madre di tre figli occupata col marito nella loro piccola azienda agri- cola - la crisi economica se c’è non la sen- tiamo. Giusto perché la Bosnia è un Paese perennemente in crisi…». Il cambio d’inter- vento dell’Associazione vicentina è passata dalla solidarietà diretta con l’accoglienza in dieci anni di attività di centinaia di orfani di guerra ospitati per un mese l’anno nelle famiglie vicentine (Vicenza, Arsiero, Mon- tegaldella, Veggiano, Valdastico), a progetti di sviluppo e sostegno economico. Passata la grande emergenza - ha precisato il pre- sidente dell’Associazione Sante Bressan -, proprio quando sulla Bosnia si sono spenti i riflettori della cronaca, qui restano persone disorientate e in gravi difficoltà economiche. In particolare quella minoranza cattolica che vive una lenta agonia a causa della inarresta- bile fuga verso l’estero». I L MOMENTO DI INTERVENIRE «E’ giunto il momento d’intervenire - ha spiegato Bressan che, a metà marzo, con al- cuni volontari ha visitato Sarajevo e i paesi di Kakany (Bosnia centrale) a maggioranza musulmana con una piccola comunità di cattolici, e Istoni Stari Grad nella Repubbli- ca Srpsk (serba) dove presto partiranno altri progetti di sostegno agrario - per sostenere realtà locali in via di sviluppo con finanzia- menti messi a disposizione dalla Regione Vicentini ancora in prima fila nel portare solidarietà alla gente di Bosnia. I volontari dell’Associazione “Insieme per Sarajevo”, che ha iscritti in tutto il Basso Vicentino, hanno compiuto l’ennesima missione umanitaria 28 Reportage testo e foto di Antonio Gregolin Bosnia Vicentini insieme per Sarajevo Veneto (60 mila euro)». Si tratta di azioni di microcredito ma con tassi d’interessi mi- nimi pari all’0,01 che i piccoli imprenditori agricoli dovranno ritornare all’Associazione che li reinvestirà in altrettanti progetti futuri. «In pratica - dice Bressan - abbiamo indivi- duato grazie al dinamico parroco di Kakanj, don Marjan Marijanovic che ha a cuore la minoranza cattolica che vive nei villaggi tra le montagne, quelle famiglie che vorrebbero avviare o ampliare le loro attività agricole: allevamento di mucche, maiali e trasforma- zione dei prodotti. Cosa impossibile oggi in Bosnia, visto che lo stipendio medio pro- capite è di 200 euro mensili. La volontà è quella di offrire a loro un aiuto economico e tecnico, grazie al supporto dell’Istituto zooprofilattico del Veneto». L’avvio uffi- ciale del progetto sperimentale che coin- volge da subito quattro famiglie, è stato dato il 15 marzo scorso con una cerimonia ufficiale nella canonica di Ka- kanj alla presenza del vicesindaco del Comune di Valdastico, Roberta Serafini, che fa da tutor per conto della Regione Veneto, del direttore del- la Caritas di Sarajevo, il presidente del Consiglio comunale di Kakanj e alcuni responsabili dell’Associazione vicentina. «Prevediamo che ora, con il prestito massimo di 10 mila euro, queste famiglie potranno implementa- re quell’economia povera che rischia di sof- focare ogni speranza» ha poi aggiunto Sante Bressan, fiducioso che questa goccia nel mare del bisogno porterà presto frutti, gra- zie soprattutto alla volontà di questi bosniaci che stanno lottando per la loro sopravviven- za individuale, sociale e culturale. Nella foto: la delegazione italiana con il parroco di Kakanj don Marjan Marijanovic. Sotto: uno scorcio di Sarajevo

description

Vicentini ancora in prima fila nel portare solidarietà alla gente di Bosnia. I volontari dell’Associazione “Insieme per Sarajevo”, che ha iscritti in tutto il Basso Vicentino, hanno compiuto l’ennesima missione umanitaria.

Transcript of Vicentini insieme per Sarajevo

Page 1: Vicentini insieme per Sarajevo

«Qui da noi - ha risposto Maria Tunyic, 35 anni, cattolica e madre di tre figli occupata

col marito nella loro piccola azienda agri-cola - la crisi economica se c’è non la sen-tiamo. Giusto perché la Bosnia è un Paese perennemente in crisi…». Il cambio d’inter-vento dell’Associazione vicentina è passata dalla solidarietà diretta con l’accoglienza in dieci anni di attività di centinaia di orfani di guerra ospitati per un mese l’anno nelle famiglie vicentine (Vicenza, Arsiero, Mon-tegaldella, Veggiano, Valdastico), a progetti di sviluppo e sostegno economico. Passata la grande emergenza - ha precisato il pre-sidente dell’Associazione Sante Bressan -, proprio quando sulla Bosnia si sono spenti i riflettori della cronaca, qui restano persone disorientate e in gravi difficoltà economiche. In particolare quella minoranza cattolica che vive una lenta agonia a causa della inarresta-bile fuga verso l’estero».

Il momento dI IntervenIre «E’ giunto il momento d’intervenire - ha spiegato Bressan che, a metà marzo, con al-cuni volontari ha visitato Sarajevo e i paesi di Kakany (Bosnia centrale) a maggioranza musulmana con una piccola comunità di cattolici, e Istoni Stari Grad nella Repubbli-ca Srpsk (serba) dove presto partiranno altri progetti di sostegno agrario - per sostenere realtà locali in via di sviluppo con finanzia-menti messi a disposizione dalla Regione

Vicentini ancora in prima fila nel portare solidarietà alla gente di Bosnia. I volontari dell’Associazione “Insieme per Sarajevo”, che ha iscritti in tutto il Basso Vicentino, hanno compiuto l’ennesima missione umanitaria

28 Reportage

testo e foto di Antonio Gregolin

Bosnia

Vicentini insieme per Sarajevo

Veneto (60 mila euro)». Si tratta di azioni di microcredito ma con tassi d’interessi mi-nimi pari all’0,01 che i piccoli imprenditori agricoli dovranno ritornare all’Associazione che li reinvestirà in altrettanti progetti futuri. «In pratica - dice Bressan - abbiamo indivi-duato grazie al dinamico parroco di Kakanj, don Marjan Marijanovic che ha a cuore la minoranza cattolica che vive nei villaggi tra le montagne, quelle famiglie che vorrebbero avviare o ampliare le loro attività agricole: allevamento di mucche, maiali e trasforma-zione dei prodotti. Cosa impossibile oggi in Bosnia, visto che lo stipendio medio pro-capite è di 200 euro mensili. La volontà è quella di offrire a loro un aiuto economico e tecnico, grazie al supporto dell’Istituto zooprofilattico del Veneto». L’avvio uffi-ciale del progetto sperimentale che coin-

volge da subito quattro famiglie, è stato dato il 15 marzo scorso con una cerimonia ufficiale nella canonica di Ka-kanj alla presenza del vicesindaco del Comune di Valdastico, Roberta Serafini, che fa da tutor per conto della Regione Veneto, del direttore del-la Caritas di Sarajevo, il presidente del Consiglio

comunale di Kakanj e alcuni responsabili dell’Associazione vicentina. «Prevediamo che ora, con il prestito massimo di 10 mila euro, queste famiglie potranno implementa-re quell’economia povera che rischia di sof-focare ogni speranza» ha poi aggiunto Sante Bressan, fiducioso che questa goccia nel mare del bisogno porterà presto frutti, gra-zie soprattutto alla volontà di questi bosniaci che stanno lottando per la loro sopravviven-za individuale, sociale e culturale.

Nella foto: la delegazione italiana con il parroco di Kakanj don Marjan Marijanovic. Sotto: uno scorcio di Sarajevo

Page 2: Vicentini insieme per Sarajevo

Nascere in guerra significa convi-vere con l’esperienza che erediti, anche se si è neonati. E’ accadu-

to anche a Darko Polunic, 17 anni, di Sarajevo (Bosnia I Erzegovina) che porta lo stesso nome del padre trucidato dai serbi pochi mesi prima della sua nasci-ta. Nel 1992 nascere nella Sarajevo sotto assedio, significava affacciarsi all’infer-no. Crescere poi in una città impegnata a cancellare le dolorose tracce del suo pas-sato, ma con ferite aperte nelle coscien-ze dei suoi abitanti, spinge ad annullare ogni ricordo. Quando la storia però pre-senta il conto, coinvolge a distanza anche chi, come me, ha visto crescere negli anni quel giovane bambino nato sotto le bombe. L’esperienza è di poche settima-ne fa, quando mi sono recato a Sarajevo per incontrare la famiglia Polunic, con cui ho stretto un forte legame dal 1997. Anno in cui il piccolo Darko iniziò a fre-quentare la mia casa grazie all’iniziativa di solidarietà intrapresa dall’Associazio-

ne “Insieme per Sarajevo” che ha portato in dieci anni centinaia di orfani di guerra nelle famiglie vicentine per trascorrere un periodo di serenità. Nei diversi anni d’accoglienza i ricordi della guerra, per Darko, così come per tutti i bambini bo-sniaci ospitati, sono stati flash che rac-contavano con cautela. Per loro la guerra restava un capitolo “sospeso”, superato dal rapporto sincero e affettuoso con le famiglie vicentine (Vicenza, Montegal-della, Veggiano-Pd, Valdastico). Oggi Darko è cresciuto, e anche la storia sem-bra averlo capito: otto mesi fa in Bosnia uscì un film-documentario dall’emble-matico titolo di “Planet Sarajevo”, pro-dotto allora da una giovane regista mu-sulmana, Sahin Sicic. Filmato che ha ricevuto recentemente un premio cine-matografico a Il Cairo. Racconta una sto-ria diversa in presa diretta, a tratti “naif”, del lungo assedio di Sarajevo. Qualche mese fa, visionando il film, Darko ha fatto una sconcertante scoperta. In quei

fotogrammi erano racchiusi i momenti più drammatici della sua vita: i funerali del padre (ucciso con altre sei persone), la disperazione dei nonni e della madre, e la ritrovata speranza con la sua nascita. Immagini in cui il ragazzo ha rivisto tutto ciò che gli è stato negato. La fossa con la terra che ricade sulla bara del padre, fino a vedere il suo volto di neonato col rumo-re delle granate come sottofondo. Vita e morte, tragedia e speranze, sono la guerra di ieri e i ricordi che possono riaffiorare inaspettatamente ancor oggi. Darko, mi chiese di vedere il film con lui. Accan-to avevo il nonno Wonk (che è andò dai serbi per barattare il corpo del figlio), la nonna Rada e la mamma Nada. Le imma-gini nel televisore scorrevano come un fiume in piena, con il dramma della guer-ra rivissuto proprio dove la tragedia si era compiuta. Difficile per me comprendere l’intero dramma. Impossibile trovare per un ragazzo (allora bambino) una giusti-ficazione a tanto dolore. Al termine, una breve e interminabile pausa di silenzio. Gli occhi lucidi del nonno e della non-na che ripetevano come una giaculatoria: «Disastro...». La madre che si alza e va in cucina mentre Darko aggiunge: «Ho pianto tanto dopo aver visto questo…». Non ho faticato a credergli, pensando a quel suo giovane coraggio che sapeva di sfogo umano. Uno stordimento emotivo che quattordici anni dopo i tragici fatti si respira ancora in quel “santuario vivente” che rimane la nuova Sarajevo. A.G.

Il nostro giornalista, nelle scorse settimane, a Sarajevo ha avuto un singolare incontro con Darko Polumic, oggi di 17 anni, che nel 1997 è stato ospite nella sua casa di Montegaldella. Darko, in un film documentario girato durante i drammatici giorni dell’assedio di Sarajevo e messo in circolazione otto mesi fa, ha potuto vedere il funerale del padre ucciso dai Serbi, lo strazio dei nonni e della mamma e il suo volto di neonato

In alto: Darko ospite a Montegaldella in una foto di metà anni ‘90. Sotto: Darko con la famiglia (il secondo da destra)

Sarajevo Reportage

In un film il funerale del padreIl volto della guerra e della tragedIa dI darko PolunIc