«Viaggiatori sulla terra di Dio» - secolaricomboniane.it · come luogo di presenza del Signore....

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gennaio-febbraio 2012 anno XLIII 1 animazione missionaria MISSIONARIE SECOLARI COMBONIANE Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamen- to Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza In caso di mancato recapito rinviare al mittente: “Ani- mazione Missionaria”, 36100 Vicenza CPO 4 luglio-settembre 2017 anno XLVIII I l messaggio dei vescovi italiani per la Giornata della custodia del Creato, che si celebra il 1° set- tembre, prende avvio da questo tema. Ne riportiamo alcuni stralci. «Abitiamo la terra come viaggiatori. La mobilità è parte del nostro essere umani e il suo progressivo sviluppo ha permesso all'umanità di crescere nelle relazioni e nei contatti. Essa è poi ulteriormente au- mentata in questi ultimi decenni di globalizzazione, in molte direzioni: mobilità è quella drammatica dei migranti, che si trovano a viverla spesso in condi- zioni inaccettabili, ma è anche quella di chi viaggia per conoscere luoghi e culture. Questo 2017, proposto alla comunità internazionale come anno del turismo sostenibile, invita a riflettere su quest’ultima dimensione, quasi forma contem- poranea del viaggiare. Certo, talvolta il turismo di- segna situazioni drammaticamente contraddittorie nel contrasto tra la povertà di molti e la ricchezza di pochi. In tanti altri casi, però, esso giunge a realiz- zare una positiva crescita in umanità nella conver- genza tra la rigenerante contemplazione del bello (naturale e culturale), l’incontro pacificante delle diversità culturali e lo sviluppo economico. La sfida specifica che ci viene posta da questo 2017 è quella di far crescere un turismo autenticamente sostenibile, capace cioè di contribuire alla cura della casa comune e della sua bellezza. Non dimentichia- mo, infatti, che quel fenomeno così umano che è la mobilità ha anche un forte impatto ambientale. Si pone quindi una sfida che – vista la complessità del fenomeno turistico – esige un impegno puntuale da parte di diversi soggetti, per un'efficace promo- zione della sostenibilità. Sostenibilità del turismo significa, ad esempio, un'at- tenzione da parte degli operatori del settore, per garantire forme di ospitalità che impattino il meno possibile sull'ambiente: occorrerà evitare sprechi di energia e di cibo, ma ancor più quel vorace consumo di suolo che talvolta viene giustificato proprio per il turismo. Significa anche una certa sobrietà da parte di chi viaggia, con la capacità di godere delle bellezze della natura e della cultura, più che di cogliere in esse occasioni per quel consumo di beni che pure il turismo globalizzato incoraggia. Significa, ancora, una sistematica opera di promozione di forme di mobilità sostenibile, privilegiando ovunque possi- bile i mezzi pubblici (in particolare la ferrovia) ri- spetto al trasporto privato. Occorre anche attenzione per le realtà visitate, rispetto per luoghi e culture la cui bellezza non può essere snaturata riducendoli a attrazioni turistiche. Si tratta, insomma, di far sì che l'esperienza del turismo ed il suo impatto effettivo esprimano una concreta attenzione per i luoghi in cui esso si realizza e per la terra tutta. Anche in tale ambito, infatti, occorre affermare che “l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti” (Laudato Si’ n.95). Dovrà crescere una “cultura della cura” (LS, n. 231). Siamo viaggiatori su un terra che è di Dio e che come tale va amata e custodita». dal Messaggio della Conferenza episcopale italiana L'Assemblea Generale dell’ONU ha dichiarato il 2017 “Anno internazionale del turismo sostenibile per lo sviluppo, per favorire l'ambiente e le economie in difficoltà” «Viaggiatori sulla terra di Dio» Un giardino da coltivare e custodire “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo” (Gen. 28, 16) Un’esclamazione, espressiva dello stupore di Giacobbe, che nel corso di un lungo viaggio scopre la terra di Carran come luogo di presenza del Signore. “Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio” (LS n. 84). La misericordia graziosa di Dio ha la sua prima espressione proprio nel gesto creativo che ci colloca sulla terra, donandocela come giardino da coltivare e custodire. Dal Messaggio per la Giornata per la Custodia del Creato 1 SETTEMBRE 2017 GIORNATA NAZIONALE PER LA CUSTODIA DEL CREATO

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gennaio-febbraio 2012anno XLIII1animazionemissionaria

MISSIONARIESECOLARICOMBONIANE

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamen-to Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n. 46) art. 1, comma 2, DCB VicenzaIn caso di mancato recapito rinviare al mittente: “Ani-mazione Missionaria”, 36100 Vicenza CPO

4luglio-settembre 2017 anno XLVIII

Il messaggio dei vescovi italiani per la Giornatadella custodia del Creato, che si celebra il 1° set-

tembre, prende avvio da questo tema. Ne riportiamoalcuni stralci.«Abitiamo la terra come viaggiatori. La mobilità èparte del nostro essere umani e il suo progressivosviluppo ha permesso all'umanità di crescere nellerelazioni e nei contatti. Essa è poi ulteriormente au-mentata in questi ultimi decenni di globalizzazione,in molte direzioni: mobilità è quella drammatica deimigranti, che si trovano a viverla spesso in condi-zioni inaccettabili, ma è anche quella di chi viaggiaper conoscere luoghi e culture.Questo 2017, proposto alla comunità internazionalecome anno del turismo sostenibile, invita a rifletteresu quest’ultima dimensione, quasi forma contem-poranea del viaggiare. Certo, talvolta il turismo di-segna situazioni drammaticamente contraddittorienel contrasto tra la povertà di molti e la ricchezza dipochi. In tanti altri casi, però, esso giunge a realiz-zare una positiva crescita in umanità nella conver-genza tra la rigenerante contemplazione del bello(naturale e culturale), l’incontro pacificante dellediversità culturali e lo sviluppo economico. La sfida specifica che ci viene posta da questo 2017è quella di far crescere un turismo autenticamentesostenibile, capace cioè di contribuire alla cura della

casa comune e della sua bellezza. Non dimentichia-mo, infatti, che quel fenomeno così umano che è lamobilità ha anche un forte impatto ambientale. Sipone quindi una sfida che – vista la complessità delfenomeno turistico – esige un impegno puntualeda parte di diversi soggetti, per un'efficace promo-zione della sostenibilità. Sostenibilità del turismo significa, ad esempio, un'at-tenzione da parte degli operatori del settore, pergarantire forme di ospitalità che impattino il menopossibile sull'ambiente: occorrerà evitare sprechi dienergia e di cibo, ma ancor più quel vorace consumodi suolo che talvolta viene giustificato proprio per ilturismo. Significa anche una certa sobrietà da partedi chi viaggia, con la capacità di godere delle bellezzedella natura e della cultura, più che di cogliere inesse occasioni per quel consumo di beni che pure ilturismo globalizzato incoraggia. Significa, ancora,una sistematica opera di promozione di forme dimobilità sostenibile, privilegiando ovunque possi-bile i mezzi pubblici (in particolare la ferrovia) ri-spetto al trasporto privato. Occorre anche attenzioneper le realtà visitate, rispetto per luoghi e culture lacui bellezza non può essere snaturata riducendoli aattrazioni turistiche. Si tratta, insomma, di far sì chel'esperienza del turismo ed il suo impatto effettivoesprimano una concreta attenzione per i luoghi incui esso si realizza e per la terra tutta. Anche in taleambito, infatti, occorre affermare che “l’ambiente èun bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità eresponsabilità di tutti” (Laudato Si’ n.95). Dovràcrescere una “cultura della cura” (LS, n. 231). Siamoviaggiatori su un terra che è di Dio e che come taleva amata e custodita».

dal Messaggio della Conferenza episcopale italiana

L'Assemblea Generale dell’ONU ha dichiarato il 2017 “Anno internazionale del turismosostenibile per lo sviluppo, per favorire l'ambiente e le economie in difficoltà”

«Viaggiatori sulla terra di Dio»

Un giardino da coltivare e custodire“Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo” (Gen. 28, 16) Un’esclamazione, espressiva dello stupore di Giacobbe, che nel corso di un lungo viaggio scopre la terra di Carrancome luogo di presenza del Signore. “Tutto l’universo materialeè un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi.Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio” (LS n. 84).La misericordia graziosa di Dio ha la sua prima espressione proprio nel gesto creativo che ci colloca sulla terra,donandocela come giardino da coltivare e custodire. Dal Messaggio per la Giornata per la Custodia del Creato

1 SETTEMBRE 2017GIORNATA NAZIONALEPER LA CUSTODIA DEL CREATO

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È stata questa l’intuizione di fondo che ci ha ac-compagnati nei lavori del Simposio. Le migra-zioni sono un fatto strutturale, non un passaggiotemporaneo. Sono una sfida ma anche una ri-sorsa; non sono solo un bisogno e un’urgenza,ma sono anche un invito ad andare oltre i confinie le rappresentazioni umane, sociologiche, “cri-stiane”, ecclesiali e missionarie che hanno finoracaratterizzato l’Europa. Oltre le mura di difesadella “cittadella Europa”.I migranti e le migrazioni rappresentano un tem-po di ‘crisi’ a tutto campo e, come in ogni crisi,pur se travagliata e sofferta, ci aprono ad un nuo-vo modo di sentire e vivere, a fare spazio e con-tribuire ad un volto nuovo di società e di chiesa(un nuovo popolo), ai necessari processi di ri-conciliazione, ad una ridefinizione dei linguaggie contenuti antropologici dell’integrazione.Una crisi che ci obbliga ad ammissioni difficili,a guardare di più all’immigrato come un sog-getto protagonista e come un dono, a maturarespiritualità di frontiera, dei margini, ad intra-prendere cammini di conversione e dialogo.Muoverci da un’ottica di carità a criteri di giusti-zia; da chiese dal volto mono-etnico a chiese ve-ramente cattoliche; dal difendere a denti strettii nostri diritti acquisiti ad una maggiore condi-visione e accoglienza, per scoprire che si puòvivere con meno senza vivere peggio, anzi, arri-vare ad un ben-vivere. Noi, il mondo della missione, ancora una voltaci sentiamo chiamati a fare da ponte, a renderele differenze spazi di incontro e di reciproca tra-sformazione. Limone ci ha incoraggiati su questicammini e consapevolezze.

Lettera dei partecipanti al Simposio di Limone 2017

“Mamma, li barbari sono davanti ca-sa...”. Un grido risuonato più volte at-

traverso i secoli nella nostra Europa. Arrivavanoa ondate da terre lontane e selvagge. Arrivavanosaccheggiando, appropriandosi di beni e diritticonquistati a fatica e sudore in altri tempi e daaltre generazioni. Parlavano lingue sconosciute,dialetti, vestivano in modo diverso, circondatida costumi e odori stranieri. Alcuni se ne torna-vano poi da dove venivano, grazie a Dio, ma altriavevano la sfrontatezza di volersi fermare e viverenelle nostre terre, da noi, con noi, approfittan-dosi di noi. Inconcepibile! Se ne tornassero a ca-sa loro e ci lasciassero in pace, una buona volta!Ci difenderemo da loro con ogni mezzo, non vo-gliamo perdere o rischiare il nostro mondo, inostri beni, la nostra cultura, la nostra chiesa, ilnostro stile di vita.Ci siamo resi conto che molti – anche oggi, anchetra i buoni cristiani che incontriamo nelle nostrechiese, anche all’interno del nostro stesso mondomissionario – si ritrovano con quanto descrittosopra. Simili sentimenti, paure, insofferenze, fa-tiche, rifiuto. Va bene aiutare, condividere, acco-gliere, ma quando è troppo è troppo.Anche personaggi di levatura, come S. Agostino,guardarono alle migrazioni del loro tempo conun senso di grande paura e rifiuto. Agostino, pe-rò, intuirà, ancor prima e più dei suoi contem-poranei, che le migrazioni dei popoli dentro iconfini dell’Impero Romano – migrazioni chesfoceranno nella conquista e nel saccheggio diRoma nel 410 – non erano fatti accidentali bensìun evento epocale, che sconvolgeva il mondoromano dalle fondamenta e inaugurava una nuo-va era di cui non si poteva ancora intravederne icontorni, ma che era pur sempre guidata dallamano provvidente di Dio.

Si è realizzato a Limone sul Garda (18-22 aprile) il Simposio della FamigliaComboniana per rifletteresu “Migrazione e Missione:una nuova Europa: da migranti a cittadini”

Chiamati a fare da ponte

Intenzioni di preghiera

approfondimentianimazionemissionaria

Perché in tutti cresca la consapevolezza che «la cura autenticadella nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (Laudato si’ 70)

Casa di san Daniele Comboni a Limone sul Garda

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animazionemissionaria

Circa metà della popolazione del Sud Su-dan soffre la fame: un milione di bambini

denutriti, circa 100.000 condannati a morire difame. È una conseguenza del conflitto internoche divide il Sud Sudan ormai da più di treanni. Circa cinque milioni di cittadini – quasila metà della popolazione – hanno dovuto ab-bandonare le loro case. Tre milioni sono sfollatiall’interno del paese: cinquecentomila sono neicampi di protezione dei civili gestiti dall’ONU;un milione e mezzo sono rifugiati nei paesi con-finanti, Sudan, Etiopia, Kenya, Uganda, Congoe Centrafrica.Anche in queste situazioni i missionari sono chia-mati ad essere segno di speranza per il popoloche soffre condividendo la sua stessa sorte diesilio, come ci racconta in una sua lettera suorLorena Ortiz, missionaria comboniana. «Vi scrivo dall’Uganda, dall’esilio dove siamo colnostro popolo del Sud Sudan. La cosa viene dalontano. Prima dello scorso Natale c’erano ru-mori di guerra tra i soldati dell’opposizione e ifilo-governativi. Per circa un mese, abbiamo vistocentinaia di persone partire per il confine con ilNord Uganda, dove ci sono diversi campi profu-ghi: tanti km sotto il sole portando i bambini e ilcarico dei loro averi. Nella gente rimasta perce-pivamo tensione e paura. Mentre ci trovavamo a Nairobi (Kenya) per unanostra assemblea annuale, ci è giunta notizia diun attacco in una delle cappelle della nostra par-rocchia: sei persone erano state uccise, fra cuiun catechista. Ritornando abbiamo incontratodiversi nostri parrocchiani sul confine tra Ugandae Sud Sudan: se ne stavano tutti andando perchénon si sentivano più al sicuro. La gente fuggiva con tutto quello che poteva,dormendo per qualche notte ai bordi della stra-da per poi, al confine, fare lunghe code per es-sere assegnati dalle Nazioni Unite ad un campo.Mi sembravano pecore senza pastore. Dal con-fine molti autobus dell’UNHCR, carichi di per-sone, partivano in continuazione verso i campiprofughi e anche camion pieni di masserizie:contenitori per l’acqua, materassi, sedie, tavoli-ni, pentole...

testimonianze

In esilio con il popolo del Sud Sudan

Oltre il confine, ritornando alla nostra missione,ho visto capanne chiuse, villaggi e pozzi deserti:non c’erano donne ad attingere acqua, né bam-bini nei cortili a giocare, né giovani a passeggiareo a giocare a pallone. Sulla strada altra gente sene stava andando: uomini sporchi di polvere ros-siccia, stanchi e affaticati cercando di trasportare,in moto o con biciclette stracariche, animali equante più cose potevano. In quella prima notteho sentito tanto silenzio, solo i cani abbaiavanoper l’assenza dei loro padroni. Al mattino nonc’erano più galli ad annunciare l’alba. Intornoalla missione le persone più vulnerabili attende-vano di essere aiutate a raggiungere il confine:donne incinte, disabili, anziani, ammalati... Mifacevano pensare a quei poveri di Yahweh cheriponevano solo in Dio la loro speranza di sal-vezza. Una ragazza disabile mi è venuta incontroabbracciandomi e offrendomi un pezzo di cannada zucchero. Un ragazzo con ritardo mentale,seduto per terra, mi ha offerto un pezzo di patatadolce. Semplici gesti di dolcezza e di accoglien-za...; loro non ne sanno nulla di guerre, di lottetribali. Ho chiesto al Signore di rendere il miocuore semplice come il loro. Noi missionari restiamo con la gente anche in si-tuazioni di pericolo, consapevoli che la nostra

vita è già stata donata a Dio. Fare “causa comune”con i popoli tra cui viviamo – espressione im-portante dell’eredità di san Daniele Comboni –è profezia di fratellanza universale: per Dio nonesistono vite umane più preziose di altre.Tutti ormai sono partiti. Ci hanno avvertito diandarcene anche noi: da un momento all’altropotrebbe esserci uno scontro armato. Nella mis-sione siamo rimasti solo noi, famiglia combonia-na senza popolo. Ma la gente ci ha chiesto dinon abbandonarla nei campi profughi. Così, do-po aver chiesto luce a Dio e dialogato fra noi,abbiamo deciso di partire per il Nord Uganda,verso i campi profughi, per offrire un servizio ainostri parrocchiani e accompagnarli in questaesperienza di esilio. La nostra vita ora continua qui in Nord Uganda;non abbiamo ancora una dimora fissa, ma finoranon ci è mancato nulla; non ci manca una co-munità con la quale condividere le nostre in-certezze e preoccupazioni, in cui ritemprare lenostre forze, non ci manca una Chiesa con laquale lodare ed implorare la misericordia delnostro Dio».

suor Lorena Ortiz, missionaria comboniana

Una comunità di suorecomboniane ha deciso diseguire la propria gente in esilio nei campi profughi in Uganda

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RECENSIONI

Un istante prima dell’albaSiria: cronache di guerra e di speranzada Aleppo

Giorno per giorno, il racconto impressionantedi padre Ibrahim, siriano di Damasco, frate fran-cescano e da tre anni parroco di Aleppo. La se-conda città della Siria, che fino a quasi quattroanni fa contava complessivamente circa quat-tro milioni di abitanti, oggi è occupata per metàdall’esercito regolare siriano e per l'altra metàda gruppi armati di miliziani jihadisti provenien-ti da decine di paesi del mondo che reclamanola costruzione dello Stato islamico, il Califfato.La chiesa parrocchiale latina di San Francescod’Assisi e il convento dei frati francescani dellaCustodia di Terra Santa si trovano a sessantametri dai miliziani che lanciano razzi e bomboledi gas anche sulla chiesa. Nonostante questo,la comunità aiuta ogni mese migliaia di famigliecon viveri e medicinali, nella riparazione dellecase danneggiate, nel sostenere gli studi uni-versitari e le rette scolastiche di tanti bambini.“Talvolta, pensando a me stesso – racconta pa-dre Ibrahim –, dentro di me rido perché, amantedei libri e di alti studi teologici, mi trovo ad Alep-po a fare il vigile del fuo-co, l'infermiere, il badan-te e, da ultimo, il sacerdo-te”. Mentre ad Aleppo ilcielo piange e tutto sem-bra assurdo, la speranzae la creatività non muoio-no. E tutti attendono unanuova alba.Il suo libro è stato sceltodal confratello Padre Mi-chelini, che ha predicatoal Papa e alla Curia gli esercizi spirituali di Qua-resima, come testo di lettura nel loro ritiro.

Autore: Ibrahim AlsabaghEditrice: Terra SantaEdizione: Seconda, 2017

Le Missionarie secolari combonianesono un Istituto secolare di dirittopontificio e vivono la spiritualità di San Daniele Comboni.Il loro fine specifico è la cooperazionemissionaria nell’animazione dellaChiesa locale e nel servizio in missione.

Sede centrale: 55012 Carraia (Lu), Via di Carraia 192, tel. 0583.980158e-mail: [email protected]

Sono presenti in Europa, America Latina, Africa.

Pubblicazione dell’Istituto SecolareMissionarie Comboniane. “Animazione Missionaria” c.p. 15136016 Thiene (VI), ccp 10681369

Direttore responsabile: Danilo Restiglian

Autorizzazione Tribunale di Vicenza n. 268 del 14/5/1971Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza

Stampa: La Grafica e Stampa via dell’Economia 78 - 36100 VicenzaGrafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazioneVia Soldini 4 - 25124 Brescia

animazionemissionaria dal mondo

La storia di Birahim Diop sembra quella rac-contata dallo scrittore francese Jean Giono

nella novella L'uomo che piantava gli alberi.Ma a differenza del protagonista di quell'opera,un agricoltore che, lavorando per decenni, arri-va a creare una foresta dove prima non crescevanulla, Birahim esiste davvero. E fa crescere lesue piante a Ronkh, nel nord del Senegal, nonlontano dal confine con la Mauritania. È lì chemi è capitato di incontrarlo non molti mesi fa,in un campo ai bordi di quel villaggio che nonha nulla di particolarmente appariscente. Fattaeccezione per il vento che, in assenza di barrierenaturali, si insinua ovunque. E fa avanzare il de-serto, mi spiegava Birahim, calcando con la vocesui termini tecnici, per sottolineare meglio lagravità del problema: “È l'erosione eolica, portavia dal terreno le componenti fertili. E la colpaè della deforestazione: ora qui non c'è nulla. Mauna volta, proprio qui, la terra era fertile, c'eranopiante e uccelli e altri animali”.A cambiare le cose è stato l'intervento umanosregolato: alberi tagliati per ottenere carbone,il combustibile più economico e più diffuso trale famiglie della zona. Ma anche ambiziosi pro-getti d'irrigazione, con canali che hanno resocoltivabili alcune aree, impoverendone però al-tre. Un problema che non riguarda solo il Se-negal e che anzi – complici gli effetti del cam-biamento climatico globale – preoccupa da an-ni i Paesi della regione. Tanto da spingerel'Unione Africana e l'Onu ad appoggiare il pro-getto della “Grande Muraglia Verde”: una bar-riera vegetale che, a queste latitudini, dovrebbeattraversare l'Africa in tutta la sua larghezza inmodo da fermare il deserto. La gigantesca ini-ziativa, non immune da critiche, procede peròa rilento, anche per via dei costi. Ed è negli spa-zi vuoti che lavorano le mani di Birahim.

Birahim, che conosce per esperienza le carat-teristiche delle varie piante che offrono riparoai suoi campi, e le necessità del terreno. E cheè consapevole della pazienza richiesta dal suocompito. “Piantare anche solo un albero – nonsi stancava di ricordare – richiede lavoro: c'èda scegliere il tipo, pensare all'irrigazione e al-l'energia per far arrivare l'acqua qui". Ma gli an-ni trascorsi, una decina, hanno premiato i suoisforzi e ora sul terreno recuperato cresconopomodori, cipolle, fagioli e peperoncini. E lepossibilità sono infinite, perché – recita un'altradelle tesi di questo agricoltore tenace – “l'albe-ro si adatta a tutte le idee”, antitesi del desertoche non fa sopravvivere nulla.Come l'uomo che pianta gli alberi di Giono, Bi-rahim ha visto passare il tempo, ma non ha maidubitato di poter vincere la sua battaglia controil vento e la sabbia. In attesa di sapere se laGrande Muraglia Verde diventerà mai realtà,guardava la sua, piccola, lungo il canale che se-gna il confine del suo podere e concludeva: “Iofaccio qualcosa; dopo di me, altri potranno faremeglio”.

Davide Maggiore(da www.nigrizia.it)

AFRICA - SENEGAL

Birahim, l’uomo che piantava alberi