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Rassegna Stampa del giorno 3 Settembre 2013 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 p p p a a a g g g i i i n n n a a a 1 1 1 via Modena, 5 - 00184 ROMA Tel. 06.4746351 - Fax 06.4746136 e-mail : [email protected] Sito: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale R R R A A A S S S S S S E E E G G G N N N A A A S S S T T T A A A M M M P P P A A A 3 3 3 S S S E E E T T T T T T E E E M M M B B B R R R E E E 2 2 2 0 0 0 1 1 1 3 3 3 ^ ^ ^ M M M A A A R R R T T T E E E D D D Ì Ì Ì ^ ^ ^ U U U n n n a a a f f f o o o r r r i i i s s s m m m a a a a a a l l l g g g i i i o o o r r r n n n o o o ( ( ( t t t i i i l l l e e e v v v a a a q q q u u u a a a l l l c c c h h h e e e r r r o o o m m m p p p i i i s s s c c c a a a t t t o o o l l l e e e d d d i i i t t t o o o r r r n n n o o o ! ! ! ) ) ) : : : « « « L L L a a a v v v a a a n n n i i i t t t à à à n n n o o o n n n s s s a a a r r r à à à m m m a a a i i i v v v i i i n n n t t t a a a c c c o o o n n n l l l a a a m m m o o o d d d e e e s s s t t t i i i a a a , , , t t t a a a n n n t t t o o o m m m e e e n n n o o o c c c o o o n n n l l l ' ' ' u u u m m m i i i l l l t t t à à à , , , m m m a a a p p p i i i u u u t t t t t t o o o s s s t t t o o o g g g r r r a a a z z z i i i e e e a a a l l l s s s u u u o o o e e e c c c c c c e e e s s s s s s o o o ! ! ! » » » ( ( ( J J J o o o s s s é é é S S S a a a r r r a a a m m m a a a g g g o o o ) ) ) F F F I I I B B B A A A / / / C C C I I I S S S L L L Perché le banche italiane non potranno evitare di autoriformarsi .................................... 2 B B B A A A N N N C C C H H H E E E / / / L L L A A A V V V O O O R R R O O O Banca Marche La lite sul bonusper Bianconi ............................................................. 3 Copertura Imu: tag1i al Mose, all’occupazione e alla sicurezza ........................................ 4 E E E C C C O O O N N N O O O M M M I I I A A A : : : P P P R R R I I I M M M O O O P P P I I I A A A N N N O O O Derivati, parte la Tobin tax «allitaliana» ..................................................................... 5 I dati macro spingono lEuropa ...................................................................................... 6 Carige, ecco i rilievi di Bankitalia ................................................................................... 7 Mps, parte lera Mansi: «LEnte come unazienda» ..................................................... 8 Il rilancio delle parti sociali, sgravi per la ripresa ............................................................ 9 Patto di Genova tra imprese e sindacati Quattro punti per aiutare la crescita ................... 10 Carige, Bankitalia chiude il ventennio di Berneschi ......................................................... 11 Mansi: Mps, la mia missione è il territorio ...................................................................... 13 Dalle polizze vita alle accise così la cancellazione di unimposta ha generato nuovi salassi ........................................................................................ 14 Fondazione Mps, fumata rosa la Mansi alla presidenza Ma non lascio Confindustria.......................................................................... 15

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Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi

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pp p aa agg g ii i n

n n aa a11 1

via Modena, 5 - 00184 ROMA

Tel. 06.4746351 - Fax 06.4746136 e-mail: [email protected] Sito: www.fiba.it

Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES

(Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale

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Perché le banche italiane non potranno evitare di autoriformarsi .................................... 2

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Banca Marche La lite sul “bonus” per Bianconi ............................................................. 3

Copertura Imu: tag1i al Mose, all’occupazione e alla sicurezza ........................................ 4

EEECCCOOONNNOOOMMMIIIAAA::: PPPRRRIIIMMMOOO PPPIIIAAANNNOOO

Derivati, parte la Tobin tax «all’italiana» ..................................................................... 5

I dati macro spingono l’Europa ...................................................................................... 6

Carige, ecco i rilievi di Bankitalia ................................................................................... 7

Mps, parte l’era Mansi: «L’Ente come un’azienda» ..................................................... 8

Il rilancio delle parti sociali, sgravi per la ripresa ............................................................ 9

Patto di Genova tra imprese e sindacati Quattro punti per aiutare la crescita ................... 10

Carige, Bankitalia chiude il ventennio di Berneschi ......................................................... 11

Mansi: Mps, la mia missione è il territorio ...................................................................... 13

Dalle polizze vita alle accise così la cancellazione di un’imposta

ha generato nuovi salassi ........................................................................................ 14

Fondazione Mps, fumata rosa la Mansi alla presidenza

“Ma non lascio Confindustria” .......................................................................... 15

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AAALLLBBBEEERRRTTTOOO BBBRRRAAAMMMBBBIIILLLLLLAAA @@@AAALLL___BBBRRRAAAMMMBBBIIILLLLLLAAA

L’industria del credito dovrà competere con nuovi colossi, ricollocare i (troppi) dipendenti e

fare reddito. Strategie cercansi

Perché le banche italiane non potranno evitare

di autoriformarsi Roma. Già otto anni fa un rapporto della società di consulenza Ibm ("Il paradosso delle banche nel 2015") poneva ai banchieri una domanda tanto semplice quanto provocatoria: "I clienti del futuro avranno bisogno di una banca commerciale? La risposta, si scopre, dipende dalle banche stesse". Oggi la stessa questione tocca direttamente i manager italiani: nei prossimi mesi dovranno pensare a come riformare un settore indebolito dalla crisi finanziaria e da prima ancora carente d'iniziativa, per non condannarlo all'irrilevanza nell'arco di cinque anni (orizzonte-limite su cui concordano sindacalisti e banchieri). Dovranno farlo per almeno tre ragioni. Primo: riuscire a competere con nuovi attori finanziari diversi dalle banche (ad esempio i fondi d'investimento, il cosiddetto shadow banking) capaci di erogare credito in maggiore quantità mentre loro non lo fanno abbastanza. Secondo: si tratta di riorganizzare la struttura societaria per rendere più versatili le figure oggi impiegate in banca. I manager bancari, infine, dovranno riallocare una parte della forza lavoro altrimenti destinata all'uscita dal mercato in un settore già troppo affollato (il 20 per cento dei dipendenti sono in esubero) e messo sotto pressione dallo sviluppo della "banca online". Il tema è già sul tavolo dell'Associazione bancaria italiana (Abi) da inizio anno, ma a partire da questo mese riempirà con maggiore frequenza l'agenda degli incontri tra la lobby delle banche e i sindacati di categoria, dicono alcuni osservatori coinvolti nelle discussioni. In cinque anni i dipendenti sono passati da 350 a 309 mila, in larga parte grazie a prepensionamenti o uscite volontarie. Per ridurre i costi, i principali istituti bancari (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi, Banco popolare, Bpm, Ubi e altri) taglieranno 19 mila posti di lavoro nel prossimo triennio, secondo le stime del sindacato Fabi, il più rappresentativo. Le banche hanno cercato di ridurre il costo del lavoro a bilancio senza passare da una riorganizzazione del settore, "col risultato paradossale di ridurre i lavoratori impiegati allo sportello, dove c'è un deficit visto l'incremento degli orari di lavoro, senza risolvere le eccedenze nei back office, dove si tende a smaltire il surplus attraverso esternalizzazioni", dice Giulio Romani, segretario Fiba-Cisl. Ora ci s'interroga su come ricollocare gli impiegati. Le ipotesi avanzate sulle possibili figure da creare o potenziare sono varie: agenti commerciali, project manager, consulenti per famiglie e imprese, promotori finanziari, oltre all'idea di costituire consorzi tra banche per condividere e gestire il personale in eccesso. Alcune mansioni richiedono una formazione aggiuntiva per chi è già dipendente, quindi una spesa ulteriore per le banche. Sono abilità peraltro introvabili tra i giovani appena laureati, carichi di teorie ma digiuni di pratica. E' quindi difficile tratteggiare l'identikit del bancario del futuro. Più facile invece cogliere l'urgenza di una riforma onnicomprensiva, utile anche alle banche. "Bisogna capire che modello di banca si vuole costruire nei prossimi cinque-dieci anni e dopodiché trovare strutture di costo flessibili e non rigide come quelle attuali per recuperare redditività", dice Andrea Beltratti, presidente di Eurizon (Gruppo Intesa). Infine, l'internet banking è un'incognita: a oggi in Italia si svolgono online meno della metà delle operazioni bancarie di Francia e Germania. L'impressione è che magari l'intervento di un istituto estero possa dare la scossa al segmento. Fino ad allora ci sarà un po' più di tempo per gestire l'impatto sulla forza lavoro.

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FFFAAAUUUSSSTTTAAA CCCHHHIIIEEESSSAAA

Banca Marche La lite sul “bonus” per Bianconi

Mentre la procura dì Ancona apre un'inchiesta su Banca delle Marche in seguito ai due esposti presentati tra febbraio e aprile, con i pm che hanno delegato alla Guardia di finanza un'indagine ispettiva contabile a 36o gradi, tra gli ex amministratori dell'istituto di credito è scoppiata una disputa a colpi di carte e promemoria. Chi ha cominciato a scrivere è stato Giuseppe Grassano, consigliere che si è dimesso il 18 luglio. In quel giorno, oltre alla lettera di dimissioni, Grassano (tra l'altro ex direttore generale di Bpm) scrive anche un promemoria, una risposta tecnica alle osservazioni di Banldtalia. Qualche tempo dopo, i vertici della banca, nonché l'ispettore capo di Banldtalia, ricevono un contro promemoria. È quello di Michele Ambrosini, presidente di BdM dal 2009 al 2012, poi vice presidente dimessosi la scorsa primavera. Oggetto del contendere delle missive è quanto accaduto nell'estate del 2011, quando cioè l'allora direttore generale Massimo Bianconi (oggi al centro delle critiche per cattiva gestione) si dimise, incassò una buonuscita da 1,5 milioni e poi, per mancanza di candidati idonei per il suo ruolo e con il consenso dei soci (quattro casse di risparmio), fu rimesso al suo posto con un altro contratto fino al 2014. Per Grassano si trattò di un contratto capestro, per Ambrosini tutto regolare.

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Copertura Imu: tagli al Mose,

all’occupazione e alla sicurezza Blocco all’assunzione di poliziotti. Venezia, 200 milioni in meno per le dighe mobili ROMA - Fondo per l'occupazione, 'fondo bollette' per l'efficienza energetica e le rinnovabili. Ma anche alcune opere in fieri, come il Mose di Venezia, senza contare la trentina di autorizzazioni di spesa dei ministeri (salva la scuola, anche dai 300 milioni di tagli 'lineari') oggetto di sforbiciate 'mirate', prime fra tutte le risorse per gli investimenti e la manutenzione straordinaria delle ferrovie (-300 milioni) e le assunzioni straordinarie, in deroga ai blocchi del turnover, per la sicurezza e per combattere l'evasione. Sono solo alcune delle 'voci' scelte dal governo per coprire la cancellazione della prima rata dell'Imu e i fondi per Cig e 6.500 esodati. Il fondo per l'occupazione sarebbe servito per finanziare la decontribuzione del secondo livello contrattuale. Con diversi interventi - spiega la Cgil - è stato ridotto e ora è addirittura azzerato. Ma il premier Enrico Letta spiega: «Quei soldi non sarebbero stati utilizzati quest'anno, sarebbero andati in economia ». Sulle coperture del decreto Imu il Parlamento rischia di trasformarsi per l'ennesima volta in campo di battaglia. C'è la questione del taglio delle detrazioni per le polizze già da quest'anno, mal digerita da tutte le associazioni dei consumatori. Ma c'è anche la grana della deducibilità per le imprese. Il viceministro dell'Economia Stefano Fassina, poi, torna a chiedere di ripristinare l'Imu sulle case di maggior pregio per trovare le risorse. Accanto a 'macro-coperture' come il gettito Iva dall'ulteriore tranche di rimborsi dei debiti della P.A. (925 milioni) o alla sanatoria sui giochi (600 milioni) si 'pescano' anche 250 milioni per quest'anno dal fondo per l'occupazione, mentre la Cassa Conguaglio settore elettrico partecipa con un 'prelievo' dalle disponibilità su 40 conti correnti (Mps) di 300 milioni. Altri 200 milioni arriveranno invece, tra 2014 e 2015, da una limatura del finanziamento del Mose, mentre è ridotto di 100 milioni nel 2015 (ne rimangono solo 20) il finanziamento per la realizzazione o il rafforzamento di alcune linee ferroviarie (il terzo valico dei Giovi e la linea Fortezza-Verona di accesso sud alla galleria di base del Brennero). Dai tagli ai ministeri arriveranno oltre ai 300 milioni 'lineari' per i consumi intermedi altri 675 milioni da 35 voci di spesa già autorizzate: dalle risorse per il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale (-300 milioni) al comparto sicurezza, che vede tagliati diversi capitoli di spesa per le assunzioni tra polizia, vigili del fuoco e forze armate (a partire da 50 milioni sulle risorse stanziate dall'ultima legge finanziaria). Non sfugge alla cesoia dell'Imu anche la lotta all'evasione fiscale. Si tagliano di 20 milioni le risorse stanziate nel 2003 per le assunzioni di nuovi ispettori finalizzate alla lotta all'evasione.

MOTIVAZIONE Letta: per quest'anno i finanziamenti non verrebbero usati

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MMMAAAXXXIIIMMMIIILLLIIIAAANNN CCCEEELLLLLLIIINNNOOO

Derivati, parte la Tobin tax «all’italiana»

Dopo il prelievo sulle azioni, da ieri via alla tassa sugli strumenti sintetici e sul trading ad alta

frequenza La Tobin tax «all’italiana» è alla fine diventata realtà: dopo quello sugli scambi che hanno per oggetto le azioni italiane ieri è infatti scattato anche il prelievo sulle transazioni finanziarie che riguardano gli strumenti derivati e il trading ad alta frequenza. Una forma di tassazione nel quale il nostro Paese svolge un ruolo dí apripista assoluto a livello mondiale, con tutte le conseguenze del caso. Prime fra tutte il fatto che gli intermediari finanziari sembrano essere già stati rapidi a prendere le contromosse e a dirottare l'attività verso altri strumenti o altri mercati. Come funziona il prelievo Nella sostanza, a partire da ieri chi opererà su uno strumento derivato che abbia come sottostante un'azione o un indice di Borsa italiana dovrà versare un'imposta fissa a seconda della tipologia e del valore del nozionale di ciascun contratto concluso (vedi tabella a fianco). Per l'high frequency trading l'aliquota è invece dello 0,02% sul controvalore degli ordini di acquisto o vendita annullati o modificati che in una giornata di Borsa superino una certa soglia numericà e qualora l'intervallo tra l'immissione degli ordini non sia superiore al mezzo secondo. In entrambi i casi si tratta appunto di un debutto assoluto, perché finora nessun paese si era spinto fino a tanto (la Francia si era limitata, al pari dell'Italia fino a ieri, al prelievo sugli scambi di azioni). Restavano, fino a qualche settimana fa, molte perplessità sulle possibilità di estensione del prelievo ai derivati e si pensava a un possibile nuovo rinvio dopo il posticipo dal primo luglio al primo settembre. Lunedì scorso però il ministero delle Finanze ha pubblicato una serie di risposte ai principali quesiti posti dagli intermediari finanziari, imprimendo così una decisa accelerazione all'iter della Tobin. Fra gli altri elementi sí è chiarito quali sono i derivati tassabili e non: fra questi ultimi figurano i dividend swap,icredit default swap e ifuture su Index Dividend; i derivati aventi come sottostante le azioni quotate di società sottocapitalizzate; il riacquisto di derivati cartolarizzati connesso con il successivo annullamento. Il Ministero ha fornito anche indicazioni su come si verifica il sottostante e come si calcola il valore nozionale degli strumenti derivati, ma anche su chi siano i responsabili del versamento (il clearing broker e non l'executing broker). Fra scadenze e dubbi La Tobin fax sulle azioni, che viene applicata già dal marzo, prosegue intanto il suo iter. La data per i versamenti è stata confermata per il i6 ottobre e la scorsa settimana il dipartimento delle Finanze ha aperto, non senza sorpresa, una consultazione (chiusa poi ilio agosto, vedi articolo in basso) su un nuovo testo che va a emendare il precedente decreto del 21 febbraio scorso sul meccanismo di esenzione per i market maker e su alcuni casi specifici come il trasferimento della nuda proprietà e dell'usufrutto su strumenti finanziari. Al di là degli aspetti tecnici e operativi, gli interrogativi sull'efficacia della Tobin Tax restano più che mai aperti. Partito con ambizione (la legge di stabilità aveva stimato il gettito in i miliardo di euro), il prelievo sulle transazioni finanziarie rischia di uscire seriamente ridimensionato, visto che stando alle stime più recenti sembrerebbe impossibile rastrellare una cifra superiore ai 200-250 milioni di euro. Senza contare la possibile «fuga» degli intermediari dai listini italiani: da quando la Tobin sulle azioni è stata introdotta, i volumi medi giornalieri sulle azioni domiciliate nel nostro Paese si sono sensibilmente ridotti. Una tendenza confermata anche sugli scambi sui derivati di ieri: «I volumi sui Cfd con sottostante l'indice Ftse Mib - sostiene un operatore - sono scesi del 12% rispetto alle prime ore di trading di lunedì scorso, quelli su Dax ed EuroStoxx sono invece cresciuti rispettivamente del 7% e del 4%». E vero che il carattere «semifestivo» della seduta (Wall Street era chiusa) invita a maneggiare con prudenza i dati, ma è altrettanto evidente che dietro a queste cifre sembra celarsi la reazione di investitori e trader: aggirare l'ostacolo a danno dei prodotti «made in Italy».

L'IMPATTO Da quando l'imposta è stata introdotta, si è registrato un calo dei volumi: una

tendenza confermata anche ieri

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VVVIIITTTOOO LLLOOOPPPSSS @@@vvviiitttooolllooopppsss

I dati macro spingono l’Europa Piazza Affari ha chiuso con un rialzo dell'1,84% - Spread BTp-Bund giù a quota 245 I mercati azionari iniziano la settimana con il piglio giusto. Confortati da buoni dati macro e da un nuovo stallo su un intervento militare in Siria (il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, premio Nobel per la pace nel 2009, ha passato la palla al Congresso da cui si attende il verdetto su un'azione militare) le Borse europee hanno chiuso la seduta al galoppo, sui massimi di giornata con l'indice Eurostoxx 5o che ha guadagnato l'1,94%. In una giornata in cui da Wall Street (chiusa per il Labor Day) non sono arrivate indicazioni. Ma procediamo con ordine: la cronistoria della giornata finanziaria parte dalla Cina dove l'indice Pmi manifatturiero ad agosto è salito al top degli ultimi 16 mesi. A questo dato ha fatto seguito l'analogo indice sull'industria dell'Eurozona, cresciuto a 51,4 punti dai 50,3 del mese precedente. È piaciuto in particolare il dato sulla periferia dell'area euro con il Pmi di Spagna (51,1) e Italia (51,3) che ha segnato il maggiore aumento da oltre due anni, al di là dei 5o punti (che delimitano la soglia di espansione dalla contrazione economica). Certo, non è ancora il caso di parlare di ripresa anche dalle parti di Madrid e Roma (che dovrebbero chiudere il 2013 in recessione a differenza della Germania che nei primi sei mesi dell'anno è cresciuta dello 0,7%) ma è comunque un segnale che è piaciuto agli investitori. Non a caso sono tornati gli acquisti anche sui bond periferici in una giornata in cui il Bund tedesco ha invece ritracciato (il rendimento dei decennali è salito dell'1,87%). Questa dinamica ha favorito un raffreddamento dello spread BTp-Bund a quota 245, rispetto ai 255 punti della vigilia. A Piazza Affari - che ha chiuso tonica con il Ftse Mib a +1,84% - hanno brillato in particolare i titoli bancari (chehanno beneficiato del calo dello spread) e i telefonici (in scia al risiko in corso tra gli operatori, amplificato dalla cessione da parte di Vodafone della quota in Verizon Wireless per un controvalore di 130 miliardi di dollari). Tra le performance migliori si segnalano Intesa Sanpaolo (+3,23%) inserita tra le azioni preferite di Credit Suisse e Telecom Italia (il titolo è salito del 3,87% a 0,55 euro con forti scambi: sono passate di mano 255 milioni di azioni contro una media quotidiana dell'ultimo mese di Borsa di 95 milioni di "pezzi"). Nel lusso, bene Tod's (+2%) che festeggia l'innalzamento del prezzo obiettivo da parte di Hsbc (da 135 a 160 euro). Segno meno per Saipem penalizzato dal calo del prezzo del petrolio. Sul fronte valutario il dollaro consolida il recupero delle ultime sedute sull'euro e si rafforza sullo yen. La salute del biglietto verde ha depresso le quotazioni dell'oro che non è riuscito a riportarsi oltre i 1.400 dollari l'oncia. In settimana, i riflettori sono puntati sul Beige Book della Fed (domani), sulle riunioni di BoE e Bce (giovedì) e sul tasso di disoccupazione Usa (venerdì), dato fondamentale per le decisioni di politica monetaria della Banca centrale americana. Il 17-18 settembre (quattro giorni prima delle elezioni federali tedesche per il rinnovo del Bundestag) si riunisce il Fomc (consiglio operativo della Fed). Solo allora si saprà se il governatore Ben Bernanke inizierà già da settembre a ridurre il piano di stimoli monetari tapering) in scia al quale i fondi di investimento hanno già iniziato da settimane a ritirare capitali dai Paesi emergenti.

IL RALLY I titoli finanziari hanno beneficiato del calo dello spread mentre l'operazione

Vodafone-Verizon ha rilanciato i telefonici

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RRRAAAOOOUUULLL DDDEEE FFFOOORRRCCCAAADDDEEE

L’istituto genovese. Focus sulla governance: serve un amministratore delegato

Carige, ecco i rilievi di Bankitalia

GENOVA Rinnovo deciso del cda, a partire dalla presidenza, con una profonda revisione degli aspetti di governance; e ripatrimonializzazione entro l'anno in corso, con una ridefinizione del piano industriale. Non sono stati teneri, a quanto risulta, gli ispettori di Bankitalia nell'illustrare, ieri, al cda di Banca Carige, i risultati dell'ispezione che l'istituto genovese ha subito nelle scorse settimane. In un riunione durata circa due ore e tenutasi nel capoluogo ligure, i tecnici di via Nazionale hanno dato il via a una procedura sanzionatoria, entrando, di fatto, nel conflitto che, quest'estate, ha messo in contrapposizione i vertici della banca coni suoi principali azionisti: Fondazione Carige (46,6%) e i francesi di Bpce (9,9%) e che ha portato alle dimissioni di otto consiglieri di Carige su 15, con la conseguente decadenza del cda in carica. Non esiste, ovviamente, un resconto uffciale di quanto detto ieri dagli ispettori della Banca d'Italia. Tuttavia, a quanto risulta al Sole 24 Ore, i tecnici avrebbero concentrato l'attenzione, -29,3 in primo luogo, sull'attuale vertice della banca. Chiarendo che via Nazionale attende, con il rinnovo del consiglio, per il quale l'assemblea dei soci è convocata il 3o settembre prossimo, un presidente diverso da Giovanni Berneschi, al vertice dell'istituto da 25 anni. Non solo. Gli ispettori avrebbero chiesto un profondo rinnovo sia dell'intero consiglio di amministrazione, sia del collegio sindacale, nell'ottica di individuare, per i vertici della banca, persone di alta capacità professionale. Anche perché al cda e ad alcuni consiglieri, tra i quali Berneschi e il vicepresídente, Alessandro Scajola, nonché al direttore generale della banca, Ennio La Monica, gli uomini di Bankitalia hanno sottoposto rilievi ai quali dovranno essere fornite risposte e controdeduzioni entro 30 giorni. Dopo di che, la procedura farà il proprio corso e Bankitalia deciderà se comminare eventuali sanzioni. Sempre in tema di governance, via Nazionale avrebbe chiesto che, con la formazione del prossimo cda della banca, sia introdotta la figura dell'amministratore delegato (attualmente Carige è governata dal presidente e dal direttore generale). Questo con l'obiettivo di garantire maggiore seperazione tra la gestione operativa dell'ad e il consiglio con il suo presidente. Bankitalia vorrebbe anche una valorizzazione del ruolo degli amministratori indipendenti. Sotto il profilo più strettamente bancario, poi, via Nazionale avrebbe sottolineato la necessità che Carige esca dal settore assicurativo (le due compagnie di assicurazione di proprietà della banca, peraltro, sono già state poste in vendita) e che il rafforzamento, da 800 milioni, del patrimonio dell'istituto sia completato entro la fine del 2013, con una ridefinizione del piano industriale (che comprende la cessione di asset), per migliorarne la redditività. Gli ispettori, inoltre, avrebbero chiesto di rafforzare i processi creditizie i controlli interni, migliorando la gestione dei rischi. Sul futuro dell'isitituto di credito è intervenuto ieri anche il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando. «Chi deve decidere su Carige - ha dettodecida, avendo a cuore gli interessi di una banca che ha 6mila dipendenti, dei quali quasi la metà inLiguria, e che è molto intrecciata con l'economia ligure in un momento assai difficile. È bene che ognuno faccia la propria parte con tranquillità e rispettando le autonomie reciproche ». Burlando ha affermato, poi, di aver incontrato il presidente della Fondazione Carige, Flavio Repetto, «come ho incontrato - ha precisato - tutti quelli che me lo hanno chiesto». Il governatore ha aggiunto che un cambio del vertice della banca dipende dagli azionisti «e non da noi. Io continuerò ad attenermi a questa regola, che per me é sacra: la politica fa la politica, le banche fanno le banche, le fondazioni fanno le fondazioni. A questo punto chi deve assumere decisioni le assumerà».

LE RICHIESTE Rinnovo del consiglio, ripatrimonializzazione entro l'anno e ridefinizione del

piano industriale per migliorare la redditività

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Riassetti. Gabriello Mancini: «Lascio l’incarico con la coscienza tranquilla»

Mps, parte l’era Mansi: «L’Ente come un’azienda»

Il nuovo presidente della Fondazione: fiducia nella città «Vedo la Fondazione come un'azienda». Antonella Mansi è il nuovo leader dell'Ente senese che ha in portafoglio il 33,5% di Banca Mps. Eletta ieri dalla deputazione generale, con 13 voti su 14 (ne bastavano u), l'imprenditrice toscana, 39 anni, vice presidente nazionale di Confindustria, trova una situazione non facile che si può sintetizzare così: pochi soldi in cassa, 35o milioni di esposizione finanziaria nei confronti del sistema bancario, quasi tutto il patrimonio bloccato in azioni Montepaschi e messo, a garanzia del debito. Nella nuova deputazione amministratrice, oltre alla presidente Mansi, sono entrati Alessandro Carretta, Camilla Dei, Flavia Galletti e Giorgio Olivato. Il collegio dei sindaci revisori è invece composto da Luigi Borrè (indicato dal ministero dell'Economia), Marco Grazzini e Filippo Mascia. È un consiglio «in rosa» quello che proverà a stabilizzare e far ripartire la Fondazione di Palazzo Sansedoni, nel giro dipochi anni passata da oltre 200 a soli 5 milioni di erogazioni al territorio. Missione difficile, che la Fondazione dovrà affrontare insieme al delicato capitolo che riguarda i futuri equilibri nella governance di Banca Mps. «Non voglio guardare solo alle emergenze, che pure vanno risolte con rapidità - confessa Mansi - preferisco considerare la situazione nel suo complesso, tenendo conto anche degli obiettivi contenuti nella missione dell'Ente, come prevede l'articolo 3 dello statuto. Ho grande fiducia nel potenziale della città e della Fondazione - aggiunge - e metterò tutta la mia determinazione in questo nuovo impegno». Oggi Mansi sarà a Palazzo Sansedoni per incontrare il presidente uscente Gabriello Mancini, il quale ieri ha diffuso una nota per dire che lascia «con la coscienza tranquilla. Abbiamo sempre agito nel rispetto delle leggi, dello statuto e dei regolamenti, in piena sintonia con le linee d'indirizzo degli enti nominanti e con quanto fortemente sostenuto da tutta la comunità senese - sottolinea Mancini -. Le scelte importanti sono state fatte sulla base di dati forniti da Banca Mps rivelatisi poi errati e fuorvianti. Siamo sereni " conclude Mancini - anche se non soddisfatti dei risultati». La svolta di ieri, con l'arrivo di una presidente giovane e di estrazione industriale, è stata accolta da un coro di consensi. Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, parla di «nomina coraggiosa e innovativa. Penso che da oggi - dice ancora-possiamo guardare con più ottimismo al futuro del Montepaschi». Per il sindaco di Siena, Bruno Valentini, «inizia una nuova stagione. Gli enti nominanti - dice - hanno affidato a questa deputazione una missione precisa: salvaguardare l'autonomia patrimoniale della Fondazione attraverso una collaborazione con i vertici della banca e ora Antonella Mansi deve mettersi al lavoro perchè la Fondazione è in emergenza finanziaria». Valentini ricorda il «merito che ha prevalso» in queste nomine, rispetto avecchie abitudini. Anche il presidente della Provincia, Simone Bezzini, tra i sostenitori più convinti della candidatura Mansi, parla di «rinnovamento e discontinuità con il passato, per superare le criticità del momento». Il leader di Confindustria Toscana, Pierfrancesco Pacini, plaude al «riconoscimento delle capacità e della storia imprenditoriale e associativa» del nuovo numero uno della Fondazione sénese, e ricorda come Mansi sia «un punto di riferimento per le imprese toscane». Soddisfazione anche dai presidenti di confmdustria Siena e Firenze, Cesare Cecchi e Simone Bettini. Emergenza e rilancio. Chiusura dei dossier aperti e nuovo slancio per immaginare un futuro ancora al servizio del territorio. Oggi ci sarà il primo contatto con la struttura della Fondazione (e con l'ex presidente) da parte di Mansi, che poi avrà 3o giorni di tempo per lasciare gli incarichi incompatibili (come la presidenza della banca fiorentina Federico Del Vecchio, del gruppo Banca Etruria), mentre la prima convocazione del nuovo organo gestionale della Fondazione è attesa per la prossima settimana. A quel punto la nuova stagione di Siena inizierà davvero.

GLI INCARICHI Nella nuova deputazione entrano Alessandro Carretta, Camilla Dei, Flavia

Galletti, e Giorgio Olivato Il nodo del debito

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Il rilancio delle parti sociali, sgravi per la ripresa

La partita del congelamento dell'aumento Iva. Con il nodo delle coperture ROMA - Da ieri il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha un nuovo fronte aperto, quello con le parti sociali. Che presentano il conto in vista della legge di Stabilità. Confindustria, Cgil, Cisl e Uil è come se dicessero al governo: bene, hai tirato fuori più di 4 miliardi per cancellare l'Imu sulla prima casa nel 2013, una misura che né i sindacati né le imprese considerano decisiva per la crescita, quanto metterai sul piatto del taglio delle tasse per lavoratori e aziende, questo sì fondamentale per far ripartire l'economia? Ora non è che Letta non sia d'accordo su questo, ma non sa dove trovare i soldi. Basti pensare che il suo ministro dell'Economia, Fabrizio Sacco - manni, ancora sta cercando i 4 miliardi che servono per chiudere le pendenze 2013: la copertura per la cancellazione del saldo Imu, il rinvio di altri tre mesi dell'aumento dell'Iva, il rifinanziamento dello missioni militari all'estero e delle ulteriori necessità per la cassa integrazione in deroga. Tutte voci che, da sole, proiettate sul 2014, implicano la necessità di trovare almeno altri 7 miliardi. Ai quali ora si aggiungono le proposte concordi di imprese e sindacati, che non specificano quanto valgono gli sgravi fiscali richiesti, ma che certo non si accontenteranno di poco. 11 fatto che il presidente della Confindustria Squinzi e i segretari del sindacato Camusso, Bonanni e Angeletti abbiano scelto di firmare il documento su «Una legge di Stabilità per l'occupazione e la crescita» ieri a Genova, alla festa nazionale del Pd, cioè in casa del partito del presidente del Consiglio e che il responsabile economico dello stesso partito, Matteo Colaninno, si sia detto onorato di tutto ciò e completamente d'accordo con i contenuti del documento, non fa che rafforzare il significato politico dell'intesa tra le parti sociali. Intesa che, a dispetto delle implicazioni finanziarie che comporta, potrebbe tornare utile allo stesso Letta per la sopravvivenza del suo governo. Il fatto che nelle prime righe del documento si affermi che «oggi la governabilità è un valore da difendere, perché vuol dire stabilità, condizione determinante per riavviare un ciclo positivo » segnala al Pdl che si troverebbe le parti sociali contro se facesse cadere il governo per ripicca dopo la condanna di Berlusconi. Il documento quindi offre un sostegno a Letta, che però dovrà ricambiare il favore a imprese e sindacati con un visibile sconto sulle imposte. Le parti sociali suggeriscono anche dove trovare le risorse: dalla lotta al - l'evasione alla spending review, applicando i costi standard anche a tutte le amministrazioni locali, dal taglio dei costi della macchina statale (Province e numero dei componenti di tutti gli organi elettivi) alla revisione del sistema fiscale, premiando il lavoro rispetto alla rendita. Ma si tratta di capitoli tutti da costruire e dagli esiti incerti, come mostra l'esperienza di questi anni. Più concretamente, invece, già si profila uno scontro sull'Iva. Il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta (Pd), ha osservato che l'aumento dell'aliquota al 22%, già sospeso più volte, «non si può evitare per sempre, perché l'Europa ci chiede di spostare le tasse dalle persone alle cose». Ieri anche il leader della Uil, Luigi Angeletti, ha detto che sarebbe meglio «spostare le tasse dal lavoro alle cose». E il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina, anche lui del Pd, giusto qualche giorno fa aveva litigato come al solito col capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta, sostenendo che dopo aver messo 4 miliardi e passa sull'abolizione dell'Imu sulla prima casa, «l'aumento dell'Iva è inevitabile». Non che il Pd e i sindacati siano entusiasti di un'ipotesi del genere. Ieri Camusso (Cgil) ha insistito sul fatto che se non ripartono i consumi la ripresa è impossibile. Ma, come ricorda Fassina, l'Imu al 22% potrebbe portare 4,5 miliardi di gettito in più a partire dal 2014. Rinunciarvi significa trovare un copertura finanziaria impegnativa, in una situazione già difficile. Al contrario, metterli in cassa offrirebbe qualche margine di manovra in più alla legge di Stabilità, magari anche per accogliere le richieste di imprese e sindacati. Ma commercianti e artigiani, e con loro il Pdl, sono fermamente contrari a qualsiasi ritocco dell'Iva. Accontentare tutti e rispettare i vincoli di bilancio europei, ecco la mission impossible davanti a Letta. Ma da ieri chi volesse far cadere il governo avrebbe contro anche la Confindustria e i sindacati.

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Patto di Genova tra imprese e sindacati Quattro punti per aiutare la crescita

Squinzi: più lavoro solo con l'industria. Letta: passo avanti per uscire dal caos GENOVA - Confindustria e sindacato confederale hanno siglato ieri un documento comune. Un'agenda per uscire dalla crisi. Obiettivo: condizionare Palazzo Chigi e orientare, in particolare, le misure della legge di Stabilità. Il documento contiene richieste precise in materia di Fisco, politica industriale, efficienza della spesa pubblica. Alla base dell'iniziativa, una convinzione condivisa dalle parti sociali: «La stabilità dell'esecutivo è una condizione necessaria ma non sufficiente, è indispensabile che l'azione di governo tenga la bussola orientata verso il Nord di una ripresa economica accompagnata da nuova occupazione». A stretto giro il presidente del Consiglio ha manifestato il suo favore all'accordo siglato ieri pomeriggio all'hotel NH di Genova e presentato alla festa dell'Unità del capoluogo ligure con le firme ancora fresche d'inchiostro. «Confindustria e sindacati fanno passi avanti per una maggiore politica attiva sui temi del lavoro, dell'economia e delle politiche industriali? A me pare una buona notizia», ha commentato Enrico Letta dalla Slovenia. «Ora ci aspettiamo una convocazione ufficiale», ha rilanciato a margine dell'incontro il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Proprio il leader di viale dell'Astronomia molto si è speso per un «patto tra produttori » per uscire dalla crisi. Un'idea lanciata già lo scorso aprile durante le assise della piccola impresa a Torino. Ieri la presentazione del primo frutto concreto di questa politica è arrivata insieme con la richiesta, da parte di Fiat, di nuove regole sulla rappresentanza sindacale. Un punto che non è contenuto nell'«agenda per la ripresa» di Confindustria a sindacati. «Noi abbiamo già firmato un accordo sulla rappresentanza (nel maggio scorso, ndr) - ha ricordato Squinzi -. Si tratta di una buona base di partenza. L'Italia non può certo fare a meno dell'industria automobilistica. Ora serve un tavolo che affronti il problema». Tornando all'accordo firmato ieri, le richieste principali sono due. In materia fiscale. Da una parte meno tasse sui redditi da lavoro, obiettivo da raggiungere nel breve periodo con un potenziamento delle detrazioni per dipendenti e pensionati. Dall'altra riduzione dell'Irap. In particolare, secondo le parti sociali, andrebbe eliminata la componente «lavoro» alla base dell'imposta, così da favorire (e non penalizzare, come accade oggi) le imprese che assumono. Altro capitolo cruciale: la politica industriale. Qui si chiedono agevolazioni fiscali per gli investimenti in ricerca e sviluppo; un meccanismo di garanzia pubblica che convinca le banche a finanziare grandi progetti di innovazione industriale realizzati da filiere o reti di imprese; una rapida attuazione dell'agenda digitale. Ma anche politiche che riducano il costo dell'energia e una cabina di regia per la gestione delle crisi aziendali più significative a livello nazionale. Ultima richiesta: una revisione della spesa pubblica che vada oltre i tagli lineari. Con quali risorse dare corpo a questo ambizioso programma? Confindustria e sindacati non vogliono sentire «se e ma». «Non si è forse deciso di tagliare l'Imu prima ancora di aver trovato le coperture? Bene: è ora di fare la stessa cosa per rilanciare crescita e occupazione », taglia corto il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. E Susanna Camusso, a capo della Cgil: «Si introduca una tassazione seria sui patrimoni e sulle rendite se questo serve a creare lavoro». Mentre la ricetta Cisl targata Raffaele Bonanni punta sui tagli alla spesa della pubblica amministrazione: «Cinque miliardi si potrebbero recuperare solo imponendo alle amministrazioni di comprare merci e servizi a costi medi di mercato». Quello che il fronte sindacale ieri lasciava intendere tra le righe era il seguente messaggio: «O si trova un modo per dare risposte al mondo produttivo che ogni giorno combatte con la crisi, o il nostro disagio si esprimerà nelle piazze ».

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Il caso Avviati processi sanzionatori nei confronti di consiglieri e sindaci. La

raccomandazione di inserire la figura dell'amministratore delegato

Carige, Bankitalia chiude il ventennio di Berneschi

Da Via Nazionale la richiesta di «discontinuità» degli organi sociali della banca GENOVA - Con la «richiesta» di una profonda e netta «discontinuità» in occasione del rinnovo degli organi sociali, Banca d'Italia ha di fatto scritto la parola fine al lungo potere in Carige di Giovanni Berneschi, il presidente che per 25 anni ha guidato l'istituto ligure. Ma l'azione di sostanziale «rimozione», che riguarda anche il presidente del collegio sindacale, Andrea Traverso, è solo uno dei cinque punti della lettera d'intervento che ieri mattina il direttore centrale della vigilanza di Via Nazionale, Carmelo Barbagallo, ha letto ai consiglieri della cassa di risparmio erede del monte di Pietà fondato nel 1483. Lettera che delinea, per la rapidità con la quale è stata emessa (c'era tempo fino a ottobre) e per la severità delle indicazioni la convinzione di Bankitalia dell'emergenza di una cambio di pagina nella banca più importante in Liguria e una delle top ten in Italia. L'intervento dell'authority, che ha anche avviato processi sanzionatori nei confronti di consiglieri e sindaci e raccomandato l'inserimento in governance di un amministratore delegato, ha inoltre scritto la parola fine anche al «duello» che ormai da troppo tempo si consumava tra il presidente della Fondazione Carige, maggior azionista con il 47% circa, Flavio Repetto, e Berneschi. L'industriale che ha costruito un piccolo impero dolciario aggregando Elah, Dufour e il cioccolato Novi (più lo storico Caffé Baratti di Torino), ha ripetutamente sfiduciato il «capo» della banca soprattutto dopo che quest'ultimo aveva dimostrato di voler intraprendere una strada ben diversa per la patri - monializzazione da 800 milioni sollecitata da Bankitalia nel dicembre 2012 e confermata con forza ieri: mentre la Fondazione, contraria a ulteriori e consistenti aumenti di capitale anche per gli effetti fortemente diluitivi che avrebbero comportato, ha indicato la strada delle cessioni degli asset assicurativi, linea approvata dal consiglio della banca nel marzo di quest'anno, Berneschi negli ultimi mesi avrebbe invece guardato a un aumento riservato a Unipol, che tuttavia si è subito dichiarata estranea e non interessata. Alla fine però ha poca importanza se il progetto sia stato «solitario» o in qualche modo inizialmente condiviso con i bolognesi: la sola ipotesi ha spezzato l'ultimo legame di fiducia fra i due presidenti. Repetto ha descritto le ragioni della rottura pochi giorni fa in una lettera aperta, dopo che la Fondazione tra fine luglio e i primi di agosto ha guidato le dimissioni dei consiglieri fino alla decadenza forzata del board: nel documento veniva indicato in primo luogo la perdita di redditività fino al rosso e all'azzeramento del dividendo in seguito a scelte gestionali considerate sbagliate, fra le quali venivano sottolineate le ingenti perdite assicurative e il costoso processo di espansione. Dai volti degli amministratori che ieri uscivano dal palazzo che ospita il quartier generale di Carige, si è capito subito che Bankitalia aveva usato il pugno di ferro. Via Nazionale, dopo un'ispezione iniziata a fine 2012 e conclusa il 26 luglio, ha accelerato i tempi. Nei cinque punti della lettera d'intervento consegnata al board da Barbagallo, viene ribadita la necessità del rafforzamento patrimoniale da 800 milioni, e sottolineata l'urgenza di una profonda discontinuità della conduzione della banca, anche attraverso la ridefinizione del piano industriale. Secondo fonti autorevoli vicine alla situazione, in vista della presentazione delle liste per gli organi di governo e controllo che deve aver luogo entro il 5 settembre (l'assemblea è convocata per il 3o), l'authority ha poi «raccomandato» di evitare la designazione degli attuali presidenti di board e collegio sindacale, e di persone che abbiano ricoperto incarichi in Fondazione. Ha poi «auspicato» l'ingresso di esponenti di elevata capacità professionale e che a sostituire Berneschi sia una figura di elevato standing al fine di assicurare un'elevata autonomia. Tra i nomi circolati quello di Piergiorgio Alberti. Per un rafforzamento esecutivo dell'istituto, Bankitalia ha quindi indicato la necessità che si metta fine all'anomala governance del passato che ruotava intorno a un presidenteceo (nei fatti, non previsto dallo statuto)

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con l'ingresso di un amministratore delegato che, è stato sottolineato, deve avere una consolidata esperienza in posizioni di vertice in banche primarie per rilievo operativo e dimensioni. Un'indicazione che non solo prefigura una svolta ma che appare come un'ulteriore raccomandazione di discontinuità in relazione alla gestione, rivolta in questo caso al direttore generale Ennio La Monica, in banca da11980 e cresciuto con Berneschi. Infine, dopo la parte generale ai componenti il board e collegio sindacale sono state consegnate le formali contestazioni dei fatti riportati nel rapporto. E stata così avviata la procedura sanzionatoria che si concluderà dopo che l'authority avrà ricevuto, entro circa 3o giorni, le controdeduzioni. In Carige si chiude così un'epoca. E l'orizzonte va oltre alla imminente presentazione delle liste da parte della Fondazione, che esprime il vertice, dell'azionista francese Bpce (con il 9%) e dei soci pattisti che raccolgono il 6% e dei quali fa parte anche la famiglia Berneschi (che si sono riuniti ieri): da un lato si profila l'arrivo di un nuovo capoazienda e dall'altro l'ingresso di uno o più nuovi soci con una diluizione della Fondazione. Entrambi passi difficili. Ma il cammino è segnato.

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Svolta a Siena Board a maggioranza femminile per affrontare le sfide del debito e della

discesa nel capitale dell'istituto

Mansi: Mps, la mia missione è il territorio

La neo presidente della Fondazione: determinata sulle emergenze MILANO - Le attese sono state rispettate: la grossetana (ma nata a Siena) Antonella Mansi, 39 anni, è stata nominata presidente della Fondazione Mps. Toccherà a lei guidare l'ente di Palazzo Sansedoni nel ripianare i 35o milioni di debiti vendendo parte del suo 33,4% di Montepaschi e nel rilanciare su basi diverse una realtà che dal 1995 ha erogato sul territorio quasi 2 miliardi di finanziamenti e che invece ora deve andare a caccia di finanziatori. «La mia missione», spiega al Corriere, «è nell'articolo 3 della Fondazione»: cioè nei fini di utilità sociale nell'arte, nella scienza e nella tutela del territorio ma anche nell'impegno «a mantenere a Siena» sede e direzione generale di Mps. «Non mi nascondo che c'è un'emergenza economica da risolvere ma nello stesso tempo sarà importante riflettere su quello che il territorio vuole dalla fondazione». Con lei ieri nella deputazione amministratrice sono state nominate altre due donne: Camilla Dei, 47, commercialista e vicepresidente di Confindustria Siena, e Flavia Galletti, 42, ora nella onlus Swesspkd e con esperienze in Merrill Lynch e Goldman Sachs. Nel board sono entrati anche Giorgio Olivato, 62, ex direttore generale di Banca Toscana, Alessandro Carretta, 58 anni, professore di economia degli intermediari finanziari. La scelta di Mansi - su sui si è astenuto solo il rappresentante della Curia, Alessandro Grifoni, per criticare le influenze della politica nella scelta - è un primato per diversi aspetti: è la prima donna alla guida di un'importante fondazione bancaria, non è senese e proviene non dalle file del Pd ma dalle quelle di Confindustria, dove s'è svolta tutta la sua vita pubblica prima alla guida dei giovani industriali toscani, poi da presidente regionale e ora da vicepresidente nazionale. Non a caso suo grande sponsor presso il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, è stato il leader degli industriali, Giorgio Squinzi. «Sono orgogliosa e onorata di questa possibilità», continua, «la affronterò da donna di impresa, perché queste sono le mie caratteristiche e il senso di questa nomina, cercando conforto nei numeri e nei risultati». Di Mps non vuole parlare, ma come la pensa l'ha spiegato qualche mese fa all'emittente toscana Trv38: «Mps è un valore del territorio che dobbiamo sostenere. La banca oggi ha le carte in regola per poter andare avanti nel percorso di risanamento, che è anche doloroso perché richiede scelte importanti, che impattano anche sulla nostra normalità di guardare al Mps nel territorio ». Se non è un programma, è una visione che la accomuna ai vertici di Mps Fabrizio Viola e Alessandro Profumo, che le hanno scritto per complimentarsi. E approvazioni sono arrivate sia dal Pd sia dal Pdl sia da Confindustria. La prima riunione intende convocarla «nei primi dieci giorni». Intanto lascerà la presidenza della banca Federico Del Vecchio e il consiglio di Bassilichi spa, partecipata dallo stesso Mps. Non lascerà invece Confindustria - «quello è un ruolo, non un incarico » - né l'azienda di famiglia, Nuova Solmine, in cui lavora da quando ha lasciato gli studi di Giurisprudenza e dove è consigliere d'amministrazione e direttore commerciale con delega ai clienti esteri. In parte le origini dell'azienda si incrociano con un pezzo di Mps: fu Banca Toscana - quando però non era del gruppo Mps- a finanziare il management buyout che consentì a suo padre e ad altri manager di rilevare dall'Eni la società che produce acido solforico. Oggi Nuova Solmine spa è controllata (attraverso Sol. Mar spa) da Luigi Mansi, Giuliano Balestri e Ottolinio Lolini con il 18,3% a testa, e al 45% dalla Socesfin, che riporta alla lussemburghese Finsavi sa.

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Dalle polizze vita alle accise così la cancellazione di un’imposta

ha generato nuovi salassi Baretta: “Sono misure di solidarietà” ROMA - Tagli affatto indolori, tasse implicite o minacciate. E ambizioni ridimensionate, rispetto agli annuncia Il decreto Imu, in arrivo alla Camera, non smette di stupire. Ora che il testo è ufficiale - man mano che viene ruminato e passato al setaccio da sindacati, imprese, contribuenti - riserva sorprese non sempre gradite.A partire dal taglio cospicuo alle detrazioni delle polizze vita e infortuni. Dal 2014, sei milioni e trecentomila italiani pagheranno fino a200 euro in più di Irpef, come raccontato da Repubblica. «Dove li trovavamo i fondi per gli esodati?», reagisce il sottosegretario all'Economia Baretta. «Tutti dicono che dobbiamo tagliare. Da qualche parte dovevamo iniziare. D'altronde, se ti tolgo un beneficio fiscale è perché ti sto chiedendo solidarietà. Èlegittimo non essere d'accordo. Ma se cancelliamo la norma, 6.500 esodati rimangono senza reddito». Baretta dunque non nega l' aggravio di tasse, seppur «indiretto». Mainvita a «relativizzare il problema». TAGLI Il decreto costa3 miliardi, quest'anno. E mezzo miliardo dal prossimo. L'esborso più rivelante del 2013 è ovviamente l'Imu. Cancellare la prima rata comporta un rimborso ai sindaci pari a 2,3 miliardi. Coperto come? Quasi un miliardo arriva dai ministeri: 300 milioni di tagli su consumi intermedi e investimenti fissi (per metà alla Difesa) e 676 milioni di tagli alle autorizzazioni di spesa. Dentro questi 676 milioni, ben 300 vengono tolti alla manutenzione straordinaria della rete ferroviaria nazionale. E tutti entro dicembre. Che si aggiungono a 35 milioni sottratti all'Anas. E ai 55 milioni di minori fondi per assumere poliziotti, vigili, carabinieri, finanzieri, forestali, polizia penitenziaria. Segati persino 30 milioni al trattato di amicizia italo-libico. Un miliardo dai ministeri, dunque, che nelle intenzioni doveva somigliare a una spending review mirata. Ma che rischia di trasformare l'iter di conversione parlamentare del decreto in una battaglia permanente. TASSE MINACCIATE Gli altri due miliardi poi - indispensabili entro Natale - nascondono unaminavagante e due misure insidiose. La mina vagante pesa per un miliardo e mezzo ed è fatta di 600 milioni pari al condono ai produttori di slot machine (Confindustria giochi è convinta di non pagare la multa) e di 925 milioni di Iva extra attesi dai 7,2 miliardi di rimborsi in più di debiti pubblici alle imprese, da erogare entro la fine dell'anno (dai 10 annunciati). Queste due entrate vengono considerate deboli e da "monitorare". Al punto che il governo è pronto a far scattare la "clausola di salvaguardia" dell'aumento degli acconti Ires e Irap in capo alle imprese e soprattutto le accise su alcol, tabacchi e benzina, qualora ci fosse un ammanco. Tasse minacciate, dunque. Più due misure insidiose: 250 milioni strappati al fondo della contrattazione di secondo livello (metà del rifinanziamento della Cig in deroga) e 300 milioni portativia dagli incentivi alle rinnovabili stipati nella Cassa conguagli del settore elettrico. BALZELLI IMPLICITI Poi c'è il taglio alle detrazioni sulle polizze. Che vale circa mezzo miliardo l'anno, a partire dal 2014. In parte, questi denari serviranno a salvaguardare altri 6.500 esodati per i quali si stanziano 583 milioni dal 2014 a12019 (meno dei 700 milioni annunciati). Ma alzeranno l'Irpef ad oltre sei milioni di italiani. Infine, 200 milioni vengono presi (nel biennio 2014-2015) sottraendo risorse al Mose di Venezia. Altri 100 milioni dalla dote per il 2015 sulla rete ferroviaria del Terzo Valico dei Giovi e della linea Fortezza- Verona. Sullo sfondo, la Service tax (tutta da pensare ancora) e gli ipotetici risparmi che dovrebbe portare.

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Fondazione Mps, fumata rosa la Mansi alla presidenza

“Ma non lascio Confindustria” Malumori tra gli industriali: rischio conflitto d’interessi ROMA - «Più che preoccupata sono consapevole di quel che mi aspetta», dice Antonella Mansi, 39 anni, imprenditrice della chimica, appena nominata all'unanimità presidente (per la prima volta donna) della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Nomina politica, fortemente politica, di quel che è stata, e che più non sarà, il bancomat di un sistema di potere che è tracollato trascinando nel baratro una banca (la più antica di tutte), i suoi manager, pezzi della politica locale con tutti i suoi addentellati romani. Il Pd, certo, ma non solo. Perché nel "groviglio armonioso" di Siena tutti hanno avuto sempre la loro parte. La Mansi ha detto sì alla Fondazione dopo aver detto no prima a Denis Verdini che l'avrebbe voluta candidata del Pdl alla Regione Toscana in disputa con il democratico Enrico Rossi che invece (da governatore) ha avuto un ruolo chiave nella scelta di ieri da parte della Deputazione generale senese; e unno anche adAlessandro Profumo, presidente di Mps, che l'avrebbe voluta nel cda di Rocca Salimbeni. No alla politica perché all'epoca voleva continuare a guidare la Confindustria Toscana (l'ha fatto dal 2008 al 2011), no al banchiere "non di sistema" perché era già presidente della piccola Banca Federico Del Vecchio, cassaforte della ricca borghesia fiorentina. No per coerenza, dice. La stessa che l'ha portata ieri a dimettersi dal consiglio di amministrazione Bassilichi, società fornitrice del Montepaschi, e al cui presidente Marco qualcuno attribuisce l'idea di aver buttato in campo il nome della Mansi per la Fondazione. Perché la Mansi non era il candidato del sindaco Bruno Valentini, renziano atipico con un lungo passato nella Cgil, che piuttosto aveva lanciato l'ex garante della privacy Francesco Maria Pizzetti. Alci, invece, avrebbe pensato anche il past president della Confindustria regionale, Sergio Ceccuzzi, per bruciarla - dicono i maligni senesi - e aprire la strada a Fabrizio Landi (ex Esaote) vicino a Matteo Renzi. Veleni e congetture, come sempretra le contrade di Siena. Certo la Mansi - pragmatica e post ideologica, sostengono i suoi ex colleghi Giovani confindustriali - di sinistra non è. Anzi. Ma la sinistra per così dire ortodossa (quella che rappresenta il presidente Rossi e il capo regionale della Cgil Alessio Gramolati) l'apprezza perché da numero uno degli industriali toscani ha scelto il dialogo e si è mostrata affidabile. E d'altra parte Matteo Renzi crede poco ai corpi intermedi, al gioco del dialogo sociale, mentre Antonella Mansi deve proprio al network confindustriale la sua ascesa dall'azienda di famiglia (la Nuova Solmine, primo produttore di acido solforico in Italia) alla vicepresidenza della Confindustria nazionale, nella squadra di Giorgio Squinzi con la delega pesante all'organizzazione. Così sembra che lo stesso Squinzi abbia contattato il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni (il Tesoro è l'organo vigilante sulle Fondazioni) per sostenere la candidatura della Mansi, industriale della chimica come Squinzi che in Federchimica ha avuto come vice proprio il padre della neo presidente della Fondazione Mps. Ma in Confindustria c' è chi vede il rischio di un possibile conflitto diinteressi: come si può essere nello stesso tempo rappresentante degli industriali e presidente di una Fondazione bancaria? Risposta della Mansi: «Non ho assolutamente intenzione di dimettermi. Non c'è alcuna incompatibilità statutaria. Ho preso un impegno con Squinzi e intendo rispettarlo a meno che il presidente non mi chieda di fare un passo indietro. E stia tranquillo chi pensa che mi candiderò per la prossima presidenza della Confindustria: io non lo farò». SìperchéAntonellaMansi da Siena, Cavaliere al Merito della Repubblica italiana, ora è diventata un potenziale candidato forte per il dopo Squinzi. Mancano tre anni e qualcuno comincia a temerla. «Antonella è un diesel », avverte un confindustriale.

La neo presidente disse no a Denis Verdini che le offrì la candidatura del Pdl alla Regione

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