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PROPOSTA EDUCATIVA 1/04 22 “Costituzione europea”: significati di una locuzione i una “Costituzione europea” si ragiona in verità non poco. Nel complesso ordinamento giuridico rappresentato dapprima dalle Comunità europee create negli anni Cinquanta e poi, dopo l’unificazione di queste ultime nella “Comunità europea” e l’inserimen- to di questa come uno dei tre “pilastri” dell’Unione europea creata dal Trattato di Maastricht è sempre esistito un com- plesso di norme che ha svolto una funzio- ne simile a quella svolta negli ordinamenti statali dalle Costituzioni 1 . Tale complesso di norme era quello contenuto nei trattati istitutivi e in quelli che avevano progressi- vamente provveduto a modificarli 2 . Su questo sistema di norme scritte si era poi innestato da un lato un diritto giurispru- denziale prodotto dalla Corte di giustizia nell’interpretazione dei trattati (in questa sede aveva avuto origine, fra l’altro, il principio della supremazia del diritto comunitario sul diritto interno e, soprat- tutto, la tutela dei diritti fondamentali nel- l’ordinamento comunitario) e dall’altro una rete di convenzioni e consuetudini “costituzionali” che avevano integrato le norme scritte, ad esempio definendo il ruolo di un organo di importanza strategi- ca quale il Consiglio europeo. Dunque quella di “Costituzione europea” non è una nozione nuova, almeno nel senso descrittivo ora evocato, vale a dire di complesso di principi e regole che defi- niscono le attribuzioni dei diversi organi “politici” dell’ordinamento comunitario e che individuano criteri e limiti per l’eser- cizio dei poteri ad essi attribuiti. Proble- matico era, invece, ragionare di Costitu- zione europea pretendendo di trasferire automaticamente all’ordinamento comu- nitario il complesso di valori che la nozio- ne di Costituzione evoca con riferimento agli ordinamenti statali, soprattutto quelli caratterizzati dal principio della sovrani- tà popolare. In questo senso si è sottoli- neata l’improprietà del concetto di Costi- tuzione europea: due dei concetti chiave della filosofia politica e della teoria dello Stato degli ultimi due secoli (quello di sovranità dello Stato e quello di sovranità del popolo) si ponevano come pietre di scandalo del nascente diritto costituzio- nale europeo 3 . Ai giuristi formati nella tradizione del diritto pubblico continenta- le appariva paradossale una “Costituzione senza Stato” 4 o una “Costituzione senza Marco Olivetti STUDIO/3 Verso la COSTITUZIONE EUROPEA D

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“Costituzione europea”: significati di unalocuzione

i una “Costituzione europea” siragiona in verità non poco. Nelcomplesso ordinamento giuridico

rappresentato dapprima dalle Comunitàeuropee create negli anni Cinquanta epoi, dopo l’unificazione di queste ultimenella “Comunità europea” e l’inserimen-to di questa come uno dei tre “pilastri”dell’Unione europea creata dal Trattatodi Maastricht è sempre esistito un com-plesso di norme che ha svolto una funzio-ne simile a quella svolta negli ordinamentistatali dalle Costituzioni1. Tale complessodi norme era quello contenuto nei trattatiistitutivi e in quelli che avevano progressi-vamente provveduto a modificarli2. Suquesto sistema di norme scritte si era poiinnestato da un lato un diritto giurispru-denziale prodotto dalla Corte di giustizianell’interpretazione dei trattati (in questasede aveva avuto origine, fra l’altro, ilprincipio della supremazia del dirittocomunitario sul diritto interno e, soprat-tutto, la tutela dei diritti fondamentali nel-l’ordinamento comunitario) e dall’altrouna rete di convenzioni e consuetudini“costituzionali” che avevano integrato le

norme scritte, ad esempio definendo ilruolo di un organo di importanza strategi-ca quale il Consiglio europeo.Dunque quella di “Costituzione europea”non è una nozione nuova, almeno nelsenso descrittivo ora evocato, vale a diredi complesso di principi e regole che defi-niscono le attribuzioni dei diversi organi“politici” dell’ordinamento comunitario eche individuano criteri e limiti per l’eser-cizio dei poteri ad essi attribuiti. Proble-matico era, invece, ragionare di Costitu-zione europea pretendendo di trasferireautomaticamente all’ordinamento comu-nitario il complesso di valori che la nozio-ne di Costituzione evoca con riferimentoagli ordinamenti statali, soprattutto quellicaratterizzati dal principio della sovrani-tà popolare. In questo senso si è sottoli-neata l’improprietà del concetto di Costi-tuzione europea: due dei concetti chiavedella filosofia politica e della teoria delloStato degli ultimi due secoli (quello disovranità dello Stato e quello di sovranitàdel popolo) si ponevano come pietre discandalo del nascente diritto costituzio-nale europeo3. Ai giuristi formati nellatradizione del diritto pubblico continenta-le appariva paradossale una “Costituzionesenza Stato”4 o una “Costituzione senza

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popolo”5. Con la conseguenza che la pos-sibilità di immaginare una Costituzioneeuropea veniva subordinata da un lato alpassaggio ad un assetto federale e dall’al-tro ad un salto di qualità nel processo didemocratizzazione dell’ordinamentocomunitario.Tuttavia le cause che spiegano il passag-gio al “momento della scrittura” di unaCostituzione europea sono solo in parteconnesse alle questioni teoriche or oraevocate. La Comunità e l’Unione euro-pea, del resto, hanno tradizionalmenterappresentato una sfida alle dottrine tra-dizionali del diritto pubblico e ciò non hasmesso di essere vero negli ultimi anni.

La Carta dei diritti

Dapprima, le sempre più ampie compe-tenze acquisite dalla Comunità-UnioneEuropea nell’ultimo quindicennio hannoposto il problema della legittimazione delsuo ordinamento giuridico. La risposta èstata individuata dai Consigli europei diColonia e di Tampere del 1999 nell’esigen-za di avvicinare ai cittadini il sistema giu-ridico europeo, rendendo più visibili idiritti in esso garantiti e codificandoli inun’apposita Carta dei Diritti, intesa comeultima tappa della ormai plurisecolare tra-dizione di codificazione dei diritti delcostituzionalismo occidentale. A talecompito ha lavorato nel 1999-2000 una“Convenzione” composta di sessantaduerappresentanti del Parlamento europeo,dei Parlamenti e dei governi nazionali edella Commissione europea e presiedutadal costituzionalista ed ex presidente tede-sco Roman Herzog. La Carta dei dirittidell’Unione europea6 – solennemente pro-clamata dal Consiglio europeo di Nizzadel dicembre 2000, ma non inserita neltrattato di Nizza7, che ha modificato i trat-tati istitutivi – si è appunto assunta il com-pito di riaffermare “i diritti derivanti inparticolare dalle tradizioni costituzionali

e dagli obblighi internazionali comuni agliStati membri, dal trattato sull’Unioneeuropea e dai trattati comunitari, dallaConvenzione europea per la salvaguardiadei diritti dell’uomo e delle libertà fonda-mentali, dalle carte sociali adottate dallaComunità e dal Consiglio d’Europa, non-ché i diritti riconosciuti dalla giurispru-denza della Corte di Giustizia delle comu-nità europee e da quella della Corte euro-pea dei diritti dell’uomo”8. Centrata sulvalore della dignità dell’uomo, solenne-mente proclamata dall’art. 19, la Carta deidiritti dell’Unione europea raccoglie idiritti da essa codificati in sei capitoli(dignità, libertà, uguaglianza, solidarie-tà, cittadinanza, giustizia), con un lin-guaggio comprensibile dal normale citta-dino alfabetizzato.Tuttavia, rispetto ad una Costituzione, laCarta conteneva solo uno dei requisitifondamentali (appunto la dichiarazionedei diritti), mentre le regole relative aipoteri degli organi di governo della Comu-nità e dell’Unione e quelle che stabilisco-no il riparto delle competenze fra l’Unio-ne e gli Stati membri continuavano adessere disciplinate dai trattati istitutivi.Non solo: la stessa fonte di disciplina deidiritti nello spazio giuridico comunitarionon era tanto la Carta medesima – noninclusa, come si è detto, nei trattati –quanto il diritto giurisprudenziale dellaCorte di giustizia sulla base degli spunticontenuti nei trattati.

L’allargamento e il Consiglio europeo diLaeken

L’esigenza di una codificazione costitu-zionale completa, estesa all’organizzazio-ne e alle competenze, e dotata di efficaciagiuridica, rimaneva dunque aperta dopoNizza. Ma a imprimere un’accelerazioneal processo di costituzionalizzazionedell’Unione è stato in realtà un fenomenodi natura diversa: il grande allargamento

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deciso dal vertice di Atene dell’aprile2003 e operativo dal 1 maggio 2004. Sitratta di un allargamento ben diverso10

dai quattro11 precedenti che avevanoaperto le porte della Comunità a GranBretagna, Irlanda e Danimarca (1973),Grecia (1981), Spagna e Portogallo(1986), Austria, Finlandia e Svezia(1995). In questa occasione stanno infat-ti entrando a far parte dell’Unione ben 10nuovi Stati (Polonia, Repubblica Ceca,Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Estonia,Lettonia, Lituania, Malta e Cipro), perun totale di quasi 80 milioni di abitanti: eben otto di questi Paesi sono usciti dapochi anni dalla quarantennale tiranniacomunista e sono quindi estranei alla sto-ria comune dell’occidente di gran partedell’ultimo mezzo secolo12.Quando il grande allargamento era ormaiall’orizzonte, il Consiglio europeo di Lae-ken ha convocato, nel dicembre 2001, unaConvenzione sul futuro dell’Europa,incaricata di “esaminare le questioniessenziali che il futuro sviluppo dell’Unio-ne comporta e di ricercare le diverse solu-zioni possibili”. Ciò alla luce di “tre sfidefondamentali: come avvicinare i cittadini– in primo luogo i giovani – al progettoeuropeo e alle istituzioni europee? Comestrutturare la vita politica e lo spazio poli-tico europeo in un’Unione allargata?Come trasformare l’Unione in un fattore distabilità e in un punto di riferimento in unnuovo mondo multipolare?”. Secondo ilConsiglio europeo di Laeken, la Conven-zione avrebbe dovuto studiare le variequestioni: “Essa redigerà un documentofinale che potrà comprendere opzionidiverse, precisando il sostegno sul qualeciascuna di esse può contare, o racco-mandazioni in caso di consenso. Unita-mente al risultato dei dibattiti nazionalisul futuro dell’Unione, il documentofinale costituirà il punto di partenza per ilavori della Conferenza intergovernati-va che prenderà le decisioni finali”13.

La Convenzione ha lavorato dal 1 marzo2002 al 10 luglio 2003 sotto la guida dell’exPresidente francese Valery Giscard d’E-staing e ha redatto un progetto di Trattatoche istituisce una Costituzione dell’Unio-ne europea. La scelta, quindi, è stata diapprovare non soltanto un “documentofinale” in forma di manifesto sui problemidi cui la Convenzione era investita. Comegià la Convenzione Herzog che redasse laCarta dei diritti, anche la ConvenzioneGiscard ha optato per un testo strutturatocome idoneo ad essere tradotto in docu-mento normativo. Il progetto di Costitu-zione – adottato per consenso dalla Con-venzione nelle sedute del 13 giugno e del10 luglio 2003 – è stato presentato daGiscard e dai suoi due vice (GiulianoAmato e Jean-Luc Dehaene) al Consiglioeuropeo di Salonicco del 20 giugno 2003.Il 3 ottobre successivo si è aperta a Romala Conferenza intergovernativa per l’ap-provazione del progetto di Costituzionecome nuovo trattato-base dell’Unioneeuropea, ma tale progetto non è stato perora approvato dai governi degli Statimembri nel Consiglio europeo di Bruxel-les del 13 dicembre e l’approvazione èstata rinviata a data da destinarsi, anchese l’uscita di scena dei due leaders che indicembre recitarono la parte dei “cattivi”(il Presidente del Governo spagnolo, JosèMaria Aznar e il Primo Ministro polaccoLezsek Miller) ha improvvisamenteriaperto – anche dopo i drammatici fatti diMadrid dell’11 marzo 2004 – la prospetti-va di un’approvazione del progetto diCostituzione in tempi brevi. Rimanefermo che, dovendo il Progetto assumerela forma di un Trattato internazionale, lasua entrata in vigore sarà subordinata allaratifica da parte degli Stati membri, secon-do le procedure previste nelle rispettiveCostituzioni (alcune delle quali includonodei referendum14, il cui esito è stato in pas-sato provvisoriamente sfavorevole ai trat-tati europei). Il Consiglio europeo ha di

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recente delineato l’obiettivo dell’appro-vazione della nuova Costituzione entroil 30 giugno 2004, ma nel momento in cuisi licenziano queste note (10 aprile 2004)una serie di ostacoli continuano a rende-re incerto tale risultato e i “costi” di essoin termini di eventuali annacquamentidella soluzione costituzionale delineatadalla Convenzione.

Il fallimento del vertice di Bruxelles

Il fallimento del vertice di Bruxelles deldicembre 2003, nel quale i capi di Stato edi governo dell’Unione non sono riusciti atrovare un accordo sul progetto di Costi-tuzione, ha rappresentato una brusca bat-tuta d’arresto per le speranze legate aduna maturazione della struttura costitu-zionale dell’Unione. Ma l’episodio va inparte sdrammatizzato: la storia di quellostrano “unidentified political object”15 chesinora è stato prima la Comunità e poil’Unione europea è infatti segnata proprioda una continua dinamica di “stop and go”,nella quale le sconfitte subite dal progettoeuropeista non hanno impedito di prosegui-re la marcia: basta ricordare la mancataratifica della Comunità Europea di Difesada parte del Parlamento francese nel 1954,la politica francese della “sedia vuota”durante la presidenza De Gaulle, gli ostaco-li e le resistenze poste in essere a più ripresedalla signora Thatcher negli undici anni incui ha guidato il governo britannico, il rifiu-to del progetto di Costituzione redatto dalParlamento europeo negli anni Ottanta…16.Nulla di ciò ha impedito che, dopo unapausa, il cammino verso una “unionesempre più stretta” (art. 1, 2° comma, delTrattato di Maastricht) fra gli Stati mem-bri proseguisse, finendo per trasformarequella che era – nel 1957 – una piccolaorganizzazione sopranazionale di settore(la Comunità economica europea), conappena sei membri, in una organizzazionepolitica, cioè a fini generali, che si estende

ormai dall’Atlantico al Mar Baltico e dallaLapponia a Malta e Cipro17. Si ricordi chela stessa parola-chiave che ha dominato ildibattito costituzionale europeo dell’ultimodecennio (sussidiarietà) emerge come con-seguenza di un rifiuto, quello opposto dalgoverno conservatore britannico guidatoda John Major ad un altro slogan, quellodell’Europa federale. D’altro canto, però, il2003 non è statosolo l’anno in cui ilProgetto di Costi-tuzione ha visto laluce (e in cui igoverni degli Statimembri non sonoriusciti ad accor-darsi per approvar-lo). Il 2003 euro-peo era sembratoun vero e proprioannus horribilis nellastoria dell’integra-zione continentaleanzitutto per lagrave frattura chesi è delineata all’ini-zio dello scorsoanno fra i principaliPaesi europei sul-l’appoggio all’intervento americano inIraq. Nel gennaio 2003, infatti, il PrimoMinistro spagnolo Josè M. Aznar sotto-scrisse, assieme ad altri sette governieuropei (Gran Bretagna, Italia, Polonia,Repubblica Ceca, Bulgaria,Ungheria eDanimarca) un documento di sostegnoalla prospettiva di un’ invasione dell’Iraqda parte degli Stati Uniti e di critica allaposizione di dissenso assunta da Germa-nia, Francia e Belgio. Ha avuto così iniziouna devastante divisione tra “vecchia” e“nuova” Europa, cinicamente propagan-data dalla presidenza americana: unadivisione che non ha solo evidenziato laprincipale contraddizione – già nota pur-troppo da tempo – dell’Unione europea (la

COME

STRUTTURARE

LA VITA

POLITICA

E LO SPAZIO

POLITICO

EUROPEO IN

UN’UNIONE

ALLARGATA?

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mancanza di una effettiva politica estera edi difesa comune), ma che ha anzi consen-tito agli Stati Uniti di insinuarsi nel pro-cesso di costruzione europea, al quale lapresidenza Bush guarda con malcelataostilità18. Inoltre, ciò ha evidenziato che taluniPaesi dell’Europa centro-orientale chestanno per diventare (ma non sono anco-ra) membri a pieno titolo dell’Unione,guardano in realtà con più fiducia a Was-hington che a Bruxelles, malgrado abbia-no chiesto (ed ottenuto) di divenire mem-bri non degli Stati Uniti, ma dell’Unioneeuropea. Se a ciò si aggiunge la “special relation-ship” che il governo Blair ha valorizzatoanche dopo il cambio alla guida dell’am-ministrazione americana all’inizio del2001 e l’iperatlantismo dei governi diBerlusconi e Aznar, si ha il quadro di uno“stato dell’Unione” oltremodo preoccu-pante su questioni di portata politica fon-damentale, come il modo di intendere l’al-leanza con gli Stati Uniti. E non è uncaso che proprio i premier spagnolo epolacco (l’ex franchista Josè MariaAznar e l’ex comunista Leszek Miller)siano i principali indiziati nella ricerca delcolpevole del fallimento del Consiglio euro-peo di Bruxelles di fine anno, assieme allafantasiosa conduzione della Conferenzaintergovernativa da parte del Presidentedel Consiglio italiano19.

Il progetto di Costituzione:

Il progetto di Costituzione predispostodalla Convenzione sul futuro dell’Europaè composto di un Preambolo e di quattroparti: la prima, dedicata alle competenzedell’Unione, alla sua struttura e ai suoiorgani; la seconda, che include la Cartadei diritti fondamentali proclamata aNizza; la terza, molto dettagliata, dedica-ta alle politiche e al funzionamento del-l’Unione; la quarta, che contiene una

serie di disposizioni generali e finali (fracui una serie di protocolli allegati allaCostituzione) 20.

Il Preambolo

Seguendo una tradizione consolidatasi inalcune fra le più importanti Costituzionieuropee degli ultimi due secoli e seguitaanche dai trattati comunitari e dallaCarta di Nizza, il Progetto di Trattatocostituzionale premette all’articolato unPreambolo, composto da una frase diTucidide in greco antico e da sei paragrafi.Come ogni Preambolo, anche quello delProgetto richiama i valori sui qualil’Unione europea si fonda. L’Europaviene descritta come “un continente por-tatore di civiltà” (par. 1) e come “spazioprivilegiato per la speranza umana” (par.5). I valori di riferimento sono quelli del-l’umanesimo: “uguaglianza degli esseriumani, libertà, rispetto della ragione”(par. 1). Le identità dei popolidell’Europa sono viste come un retaggiodi cui i cittadini europei vanno fieri, mache non impediscono loro di impegnarsi a“forgiare il loro comune destino” (par. 4),nel quale l’Europa intende essere “unitanella diversità” (par. 5).Grande attenzione da parte dell’opinionepubblica europea ha ricevuto la questionedella menzione nella Costituzione dell’U-nione delle “radici cristiane” (o giudaico-cristiane) dell’Europa. Da questo punto divista il dibattito ha avuto un tono effettiva-mente costituente, in quanto ha costrettole opinioni pubbliche europee ad interro-garsi sull’identità dell’Unione. Una identi-tà messa certo ulteriormente in crisi dallavicenda della guerra irakena evocata inprecedenza, ma la cui definizione (perquanto sempre in forma provvisoria) rima-ne un compito aperto, anche per definireeventuali allargamenti futuri (e in partico-lare la rilevantissima questione dell’adesio-ne della Turchia).

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La menzione nel Preambolo del progettodi Costituzione dei “retaggi spirituali, reli-giosi e umanistici dell’Europa” (par. 2) hacerto rotto un tabù dopo l’esclusione diuna locuzione analoga dal Preambolodella Carta dei diritti proclamata a Nizza,determinata da una impuntatura delgoverno francese. Ma la esplicita men-zione delle radici cristiane non è statapossibile21, ed anzi la prima versione delPreambolo aveva tratti quasi offensivi,laddove si spingeva ad evocare l’ereditàdella tradizione greca e romana, tacendoal tempo stesso su quellacristiana. Traspare comunque nelPreambolo una concezio-ne illuministica della sto-ria europea, nella quale ilfilo rosso decisivo nonincorpora le tradizionireligiose del continente,ma si rifà piuttosto al mitodella Grecia classica, benevocato dalla citazione diTucidide con cui si apre ilPreambolo e riemergentequa e là nel corso di esso22. Secondo alcuni osserva-tori, il Preambolo mira adire non solo “chi siamo”,ma anche “chi non siamo”. Da esso – e daalcuni passaggi ulteriori del Progetto –emergerebbe l’aspirazione a differenziarel’identità europea dall’unica superpoten-za dei nostri giorni. Ciò sarebbe desumi-bile dalla sottolineatura della dimensione“sociale” dell’Unione (evidenziata dalpar. 3 del Preambolo laddove si sottolineal’obiettivo della “prosperità per il bene ditutti i suoi abitanti, compresi quelli piùfragili e bisognosi” e di “restare un conti-nente aperto alla cultura, al sapere e alprogresso sociale”) e dal richiamo alrispetto del diritto internazionale (l’art. 3,4° comma, afferma fra l’altro chel’Unione “contribuisce alla pace, alla

sicurezza, allo sviluppo sostenibile dellaTerra, alla solidarietà e al rispetto reci-proco tra i popoli, al commercio libero edequo, all’eliminazione della povertà e allatutela dei diritti umani, in particolare deidiritti dei minori, e alla rigorosa osservanza eallo sviluppo del diritto internazionale, in parti-colare al rispetto dei principi della Carta delleNazioni Unite”23: in questi passaggi delProgetto sarebbe possibile vedere malce-lati riferimenti agli Stati Uniti, con il peri-colo che il Progetto stesso prefiguriun’Europa concorrenziale agli USA, che

potrebbe aprire fratture nell’Occidente24.Al riguardo occorre però dire che i citatiaccenti del Preambolo non fanno che darerilievo formale alla concezione di sé cheappare oggi più diffusa fra i cittadini euro-pei, i quali proprio sulla questione sociale esulla politica estera sembrano orientati conaccenti diversi dalla concezione americanadel rapporto Stato-economia e della pace(anche se sarebbe forse meglio dire che taledifferenza sussiste più con la tradizionerepubblicana di derivazione reaganianache con gli Stati Uniti in quanto tali). È invece condivisibile l’altro rilievo25

secondo cui rimangono in ombra nelPreambolo i drammatici eventi del XX

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secolo che hanno dato origine all’Unioneeuropea, ovvero alla tragedia delle dueguerre mondiali, ed in particolare dellaSeconda, che traspaiono solo nel pudicoaccenno all’impegno a “superare le anti-che divisioni” contenuto nel par. 4 delPreambolo. In effetti, mettendo insieme ilsilenzio sulle tragedie della storia europeae quello sulle radici cristiane si ha il sensodel limite principale del Preambolo giscar-diano, che appare un po’ astorico, colloca-to in un empireo umanistico e massonico,timoroso di immergersi nel crogiolo dellacomplessa storia del continente, cui essoguarda da una prospettiva astratta edintellettualistica.

Competenze e istituzioni dell’Unione

La parte più innovativa del Progetto diTrattato costituzionale è la prima, la quale,nei 59 articoli che la compongono, defini-sce il quadro istituzionale dell’Unione, ilriparto di competenza fra Unione e Statimembri e le condizioni di appartenenza edi uscita dall’Unione.Dal punto di vista organizzativo va sotto-lineata subito la grande novità del Proget-to di Trattato costituzionale, ben sintetiz-zata dall’art. 18, 1° comma, secondo ilquale “l’Unione ha un quadro istituziona-le unico” 26. Viene così meno la complessaarchitettura dell’Unione risultante dallasovrapposizione – prodotta dal Trattato diMaastricht e mantenuta dai trattati diAmsterdam e Nizza – fra la Comunità el’Unione, con la prima configurata comeuno dei tre “pilastri” di cui si compone laseconda, assieme alla Politica estera e disicurezza comune e alla Giustizia e agliaffari interni. Ciò è confermato dagli artt.IV-2 e IV-3 del Progetto, che prevede lafusione nella nuova Unione della Comuni-tà europea e dell’Unione creata dal trattatodi Maastricht. L’opzione per la fusione diquesto complesso marchingegno istituzio-nale in un unico quadro istituzionale costi-

tuisce il contesto nel quale si collocava laquestione delle norme sulle competenze esulle istituzioni dell’Unione, le quali costi-tuivano il cuore delle scelte che la Conven-zione sul futuro dell’Europa era chiamataa compiere, al fine di adeguare l’organizza-zione costituzionale europea al “grandeallargamento”. “Il quadro istituzionale dell’Unione com-prende: il Parlamento europeo, il Consi-glio europeo, il Consiglio dei Ministri, laCommissione europea, la Corte di Giusti-zia” recita l’art. 18, 2° comma. Ognuno diquesti organi “costituzionali” dell’Unione(cui si affiancano poi le “altre istituzionied organi” previste dagli artt. 29-31: laBanca centrale europea e il sistema dibanche centrali, la Corte dei Conti, ilComitato delle Regioni, il Comitato eco-nomico e sociale; e il mediatore europeodi cui all’art. 48) agisce nell’ambito delleattribuzioni che la Costituzione gli con-ferisce ed opera nel rispetto del principiodi leale cooperazione.Le funzioni politiche di maggior rilievosono attribuite al Consiglio europeo,“composto dai Capi di Stato o di governodegli Stati membri, dal suo Presidente edal Presidente della Commissione” (art.20.2): è infatti tale organo che “dàall’Unione gli impulsi necessari al suo svi-luppo e definisce i suoi orientamenti e lesue priorità politiche generali”. Si trattapertanto di un organo di indirizzo politicoquasi allo stato “puro”, poiché le funzioniora citate si esauriscono nell’impulso poli-tico all’attività di produzione ed applica-zione del diritto svolta dagli altri organidell’Unione. L’art. 20.1 si chiude infatticon l’espressa affermazione per cui ilConsiglio “non esercita funzioni legislati-ve”. Il Consiglio europeo delineato nelProgetto sviluppa le prassi sulle riunionidei capi di Stato e di governo dell’Unionesviluppatesi dagli anni Settanta in poi, cheavevano trovato una formalizzazione soloparziale nel Trattato di Maastricht. Si trat-

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ta di uno degli organi espressione dell’ani-ma intergovernativa dell’Unione, assiemeal Consiglio dei Ministri, nel quale sonoegualmente rappresentati gli Stati membri,a livello di ministri competenti per le deli-berazioni di volta in volta da adottare.E il rafforzamento dell’anima intergover-nativa dell’Unione (rappresentata dalConsiglio dei Ministri e dal Consiglioeuropeo27 a scapito dell’anima propria-mente comunitaria (rappresentata dallaCommissione) è stata una delle scelte difondo compiute dalla Convenzione, peral-tro più per un’ opzione del suo Presidente(sulla base di contatti informali con i prin-cipali governi europei, soprattutto quelliinglese, francese e tedesco) che in virtù discelte compiute dai 102 membri che la com-ponevano28: su questo problema, fra l’altro,non erano mancati, nella prima metà del2003, i dissensi fra Giscard e il Presidentedella Commissione Romano Prodi 29. Il raf-forzamento dell’anima intergovernativaavrebbe fra l’altro come conseguenza l’i-stituzione di un Presidente stabile delConsiglio europeo (con un mandato didue anni e mezzo rinnovabile una solavolta: art. 21), con superamento dell’at-tuale presidenza a rotazione semestrale,ma senza approdare alla più coraggiosasoluzione di creare un vertice unico del-l’Unione fondendo il Presidente dellaCommissione e il Presidente del Consiglioeuropeo in un’unica figura istituzionale. La pluralità delle figure di vertice è con-fermata dalla creazione della figura delMinistro degli esteri dell’Unione (art. 27),che sarebbe al tempo stesso membro delConsiglio europeo, Presidente del Consi-glio dei Ministri nella formazione “AffariEsteri” e Vicepresidente della Commissio-ne: in tal modo si supererebbe certo l’attua-le dualismo tra il responsabile della PoliticaEstera e di Sicurezza Comune (oggi lo spa-gnolo Javier Solana), dipendente dal Consi-glio, e il membro della Commissioneresponsabile per gli affari esterni (attual-

mente il britannico Chris Patten) e questosarebbe comunque un passo in avanti. Tut-tavia – soprattutto nel delicato settoredella politica estera – l’Unione continue-rebbe ad avere più voci, in quanto la suarappresentanza esterna sarebbe ripartitafra le tre figure del Presidente della Com-missione, del Presidente del Consiglioeuropeo e del Ministro degli Esteri, senzadimenticare che tali voci si intreccerannoanche con quelle dei singoli Stati membri,soprattutto di quelli di maggior peso. Lapolifonia che ne risulterà rischierà di esse-re pertanto una caco-fonia confusa, anchese un esito armoniconon è escluso a priori. Il rafforzamento delConsiglio europeoponeva il problema delmodo di deliberare,sinora retto da unaponderazione del pesodei vari Paesi stabilitodal Trattato di Nizza epalesemente iniquo adanno degli Stati piùpopolosi e a vantaggiodi taluni Paesi minorio intermedi: in parti-colare Spagna e Polo-nia (con circa 38 milioni di abitanti ciascu-na) dispongono attualmente di 27 voti,contro i 29 della Germania, che ha unapopolazione doppia a quella di ciascuno diesse (78 milioni). La scelta della Conven-zione – tenacemente sostenuta sul puntodai governi francese e tedesco – è stata diattribuire a ciascun Paese un peso propor-zionale alla sua popolazione, in virtù delquale, pertanto, la Germania avrebbepesato come Spagna e Polonia messeassieme. Il secondo punto controverso erarappresentato dalla maggioranza ordina-ria per le deliberazioni europee: fissatanella maggioranza degli Stati, che rappre-sentino almeno il 60 per cento della popo-

LE FUNZIONI

POLITICHE

DI MAGGIOR

RILIEVO

SONO

ATTRIBUITE AL

CONSIGLIO

EUROPEO

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lazione dell’Unione (art. 24). Ed è statoproprio questo assetto che i governi diMadrid e Varsavia hanno ostinatamen-te rifiutato per tutta l’estate ed hannoinfine respinto a Bruxelles il 13 dicem-bre, arroccandosi sulla difesa di un pri-vilegio privo di giustificazione.Una serie di materie non marginali,quali, anzitutto, la politica estera e disicurezza comune: art. 39, 7° comma,rimane assoggettata alladecisione unanime, segnodella perdurante presen-za di elementi internazio-nalistici nella strutturadell’Unione.In questo scenario il ruolodegli organi propriamente“comunitari” è affidato alParlamento europeo e allaCommissione. Del primoviene fissato un numeromassimo di componenti(736), anche se la distribu-zione dei membri fra iPaesi membri, sulla basedel principio della propor-zionalità regressiva, saràdefinita in vista delle ele-zioni per il Parlamentoeuropeo del 2009 (art. 18).Il Parlamento è chiamatoad esercitare – in posizio-ne, di norma, paritariacon il Consiglio deiMinistri – la funzione legislativa, cheassume la forma della “legge europea”(atto legislativo di portata generale, obbli-gatorio in tutti i suoi elementi e diretta-mente applicabile in ciascuno degli Statimembri, quindi con forza ed efficacia paria quelle sinora attribuite ai regolamenti) odella “legge quadro europea” (atto legis-lativo che vincola gli Stati membri – chene sono i destinatari – per quantoriguarda i risultati da raggiungere, men-tre i mezzi da utilizzare restano nella

disponibilità degli Stati medesimi).La Commissione, che “promuove l’interes-se generale europeo” è invece il vertice delsistema esecutivo della Commissione: lecompete infatti assicurare “l’applicazionedelle disposizioni della Costituzione e delledisposizioni adottate dalle istituzioni invirtù della Costituzione” e vigilare “sull’ap-plicazione del diritto dell’Unione”. Essaconserva inoltre il monopolio dell’iniziativalegislativa (art. 25). Ma l’innovazione piùimportante – e molto discussa – riguarda lacomposizione della Commissione. Mentre

in essa sono oggi rappresentati tuttigli Stati membri (ciascuno con

un Commissario, tranne i 5Stati più popolosi, che ne

hanno due), la Costi-tuzione prevede unaCommissione ristret-ta, composta da 13Commissari, più ilPresidente ed il Vice-presidente/Ministrodegli esteri, con uncommissario al mas-simo per ogni Paesecon la conseguenzache gli Stati membri

avranno un rappresentantenella Commissione solo perperiodi alterni. Nei cinqueanni in cui non avranno uncommissario, gli Stati mem-bri saranno “rappresenta-

ti” (le virgolette sono d’obbligo, in quanto imembri della Commissione non rappre-sentano i Paesi membri da cui provengo-no) da commissari senza diritto di voto.La procedura per la nomina della Com-missione è sensibilmente modificatarispetto alla situazione risultante dai Trat-tati. Secondo l’art. 18.1, il Presidente dellaCommissione sarà ora eletto dal Parla-mento europeo (a maggioranza assoluta),su proposta del Consiglio europeo (formu-lata a maggioranza qualificata). In caso di

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mancata elezione del candidato nominatodal Consiglio, la procedura dovrà essereripetuta entro trenta giorni. Si delinea cosìun sistema di “doppia fiducia” simile aquello praticato nei regimi parlamentaridualisti per la scelta del Primo Ministro(ad es. in Francia durante la “monarchiadi Luglio” dal 1830 al 1848 e in Gran Bre-tagna nel Settecento). Se prevarrà la fidu-cia consiliare (come è accaduto sinora) ol’elezione parlamentare non è per ora pos-sibile dire: sarà decisivo verificare cosaaccadrà nella prassi qualora il Parlamen-to dovesse rifiutarsi di eleggere il Presi-dente della Commissione designato dalConsiglio europeo. D’altro canto resteràda vedere se la Commissione continueràad essere un organo nonpartisan, comeoggi, o se diventerà espressione della mag-gioranza del Parlamento europeo: questaseconda evoluzione sarà possibile solo sefinirà per prevalere la legittimazione par-lamentare su quella consiliare. La circostanza che i singoli Commissari,secondo il Progetto di Costituzione, sianonominati dal Presidente eletto dellaCommissione all’interno di rose di trecandidati selezionati da ciascuno Statomembro e che l’équipe della Commissionesia poi soggetta ad un voto di approvazio-ne/fiducia del Parlamento (art. 18.2) apreinteressanti prospettive all’emersione diun vero e proprio rapporto fiduciario fraParlamento e Commissione, pur correttoda un ruolo non necessariamente margi-nale del Consiglio europeo, organo desti-nato a svolgere, da questo punto di vista,una funzione simile a quella di un Capodi Stato (anche se collegiale).

L’incorporazione della Carta dei diritti nellaCostituzione europea

La seconda parte del Progetto di Costi-tuzione è composta dalla Carta dei dirittiapprovata a Nizza30. La Carta è statarecepita testualmente, senza modifica-

zioni, se non per quanto riguarda le c.d.“clausole orizzontali” (artt. 51-54),destinate a delimitare l’ambito di effica-cia della Carta.In particolare, all’art. 52 (art. II-52 delProgetto di Costituzione) sono aggiuntitre commi, il secondo dei quali (art.II.52.5) delimita in maniera molto incisi-va l’efficacia della Carta stabilendo che“le disposizioni della presente Carta checontengono dei principi possono essereattuate da atti legislativi e esecutivi adot-tati da istituzioni e organi dell’Unione eda atti di Stati membri allorché essidanno attuazione al diritto dell’Unione,nell’esercizio delle loro rispettive compe-tenze. Esse possono essere invocatedinanzi a un giudice solo ai fini dell’inter-pretazione e del controllo della legalità didetti atti”. Si introduce così una distinzio-ne di regime giuridico fra i diritti e lenorme di principio contenuti nella Carta,precisando che solo i primi sono vinco-lanti per gli organi legislativi ed esecutividell’Unione e degli Stati membri. Nerisulta una possibile compressione dell’ef-ficacia delle disposizioni della Carta chegarantiscono i diritti sociali. D’altro cantole disposizioni di principio recuperanouna loro efficacia come criterio di inter-pretazione da parte dei giudici. Vi è qui un tentativo di circoscrivere l’ef-ficacia della Carta dei diritti proprio nelmomento in cui essa, venendo inseritanella Costituzione, diventerebbe un docu-mento giuridico vincolante, sia pure neimodi e alle condizioni da essa stessa (epiù in generale da tutta la Costituzione)previste.La materia dei diritti nello spazio giuridi-co dell’Unione è poi oggetto di altre dispo-sizioni. L’art. 7 del Progetto prevede lapossibilità per l’Unione di aderire allaConvenzione europea per i diritti dell’uo-mo e le libertà fondamentali, tema oggettoin passato di varie discussioni. L’art. 51,poi, riconosce espressamente lo status

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delle Chiese e delle associazioni o comuni-tà religiose – rimaste singolarmente fuoridalla Carta dei diritti – anche se esse sonosorprendentemente accomunate alle“organizzazioni filosofiche e non confes-sionali” (formula di neppur troppo vagosapore massonico), obliterando del tutto ilben diverso rilievo che le Chiese hannonella vita e nella coscienza collettivarispetto a tali sedicenti organizzazionifilosofiche, le quali non si capisce perquale motivo debbano godere di una tutelaulteriore rispetto a quella offerta dallagenerale libertà di associazione e dallalibertà di manifestazione del pensiero.

La terza e la quarta parte del Progettodi Costituzione

La terza parte del Progetto di Costituzionecontiene da un lato una serie di normevolte a precisare le modalità di funziona-mento delle istituzioni comunitarie, deli-neate solo in generale negli artt. 1-59 (ades. la Corte di Giustizia e il Comitato delleRegioni); e dall’altro un’articolata serie didisposizioni di principio sull’eserciziodelle competenze dell’Unione. In granparte dei casi si tratta delle disposizioni giàincluse nei trattati regolanti l’Unione e laComunità, che vengono trasfuse nel testocostituzionale e adeguate al nuovo assettonormativo complessivo.La quarta parte disciplina i simboli del-l’Unione (bandiera, inno, motto ( ), mone-ta e festa europea), l’abrogazione dei trat-tati, la continuità rispetto all’Unione e allaComunità europea, il campo di applica-zione territoriale della Costituzione, lacompatibilità delle Unioni regionali conl’appartenenza all’Unione, la parificazionedell’efficacia dei protocolli all’efficacia dellaCostituzione, le procedure di revisione deltrattato-Costituzione, le norme sull’adozio-ne e sulla ratifica del trattato-Costituzione,la durata (perpetua) del trattato e le lingue incui esso è redatto. Seguono cinque proto-

colli (relativi ai parlamenti nazionali, aiprincipi di proporzionalità e sussidiarietà,alla rappresentanza dei cittadini europeinel Parlamento europeo e alla ponderazio-ne dei voti nel Consiglio, al gruppo euro ealla modificazione del trattato Euratom) etre dichiarazioni.

Conclusioni

Il Progetto di Trattato che istituisce unaCostituzione per l’Europa è – come sidesume dalla sua denominazione – unoggetto molto contraddittorio, quasi unossimoro. La storia conosce infatti casi ditrattati che diventano Costituzioni, poi-ché, pur basati sul principio pattizio nellaloro formazione, sono poi assoggettati aregole maggioritarie e non al principiounanimistico per quanto riguarda lenorme sulla loro successiva revisione. Lenorme sulla revisione contenute nell’art.IV-7 del progetto di revisione rimettono lemodificazioni ad un trattato, pur preve-dendo una disciplina “costituzionale”della fase dell’iniziativa e dell’elaborazio-ne delle proposte di revisione. Pendant ditali norme sulla revisione sono quelle chedisciplinano nelle modalità di esercizio,ma con ciò espressamente riconoscono, ildiritto degli Stati membri alla secessionedall’Unione (art. 59). Questi dati sono decisivi per esprimereuna valutazione sulla natura giuridica deldocumento per ora denominato “progettodi trattato che istituisce una Costituzioneper l’Europa”. Esso si rivela più un Trattato che unaCostituzione, almeno se quest’ultima èintesa in senso forte, ovvero come l’operadi un popolo, titolare del potere costituen-te, mediante suoi rappresentanti, con cuisono stabilite le regole fondamentali sul-l’organizzazione politica, sulla produzio-ne del diritto e i principi fondamentali del-l’ordinamento giuridico. Anche se ilProgetto di Costituzione presenta formal-

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mente tali contenuti, la loro regolazioneconferma che oggi come in passato i“signori” della Costituzione europea sonogli Stati membri e che quindi l’ordina-mento così regolato ha natura più inter-nazionalistica che costituzionale. Ma il testo arenatosi a Bruxelles e oranelle mani delle presidenze irlandese, lus-semburghese e olandese – che si succede-ranno sino alla metà del 2005 – segnereb-be comunque un ulteriore passo avantinel cammino dell’integrazione. Un passoavanti che consisterebbe quantomeno nelnon compiere passi indietro e nell’esor-cizzare una non impossibile paralisidell’Unione, che dal 1° maggio 2004 saràla casa comune di 25 Paesi profondamen-te diversi fra loro (ancora più diversi diquanto non lo siano – non da oggi – i quin-dici “vecchi” Stati membri, sino al puntoda far dubitare che il motto “unità nelladiversità”31 indichi un obiettivo realisti-co). Per questo, malgrado i suoi limiti, èauspicabile che il documento costituzio-nale sia rapidamente approvato e ratifica-to, con le minori modificazioni possibili.

1 Così ad es. S. CASSESE, La costituzione europea, in “Quadernicostituzionali”, 1991, p. 487.2 In questo senso si è espressamente pronunciata la Corte di Giustizia

nel caso 294/93 Les Verts, in E.C.R., 1986, p. 1365.3 Si v. ad es. J.C. PIRIS, Does the European Union have a

Constitution? Does it need one?, in “European Law Review”, 1999, p.557 ss.; A. ANZON, La Costituzione europea come problema,in “Rivista italiana di diritto pubblico comunitario”, 2000, p. 629 ss.;M. LUCIANI, Diritti sociali e integrazione europea, in “Politicadel diritto”, 2000.4 V. L. TORCHIA, Una Costituzione senza Stato, in “Diritto

pubblico”, 2001, pp. 405 ess.5 Cfr. E. SCODITTI, La Costituzione senza popolo, De Donato,

Bari, 2001.6 Per un commento v. R. BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOTTO (a cura

di), L’Europa dei diritti, Il Mulino, 2001.7 Cfr. P. CAVALERI, Il trattato di Nizza a prima lettura, in “Quaderni

costituzionali”, 2001, n. 1, p. 213 ss.8 Così il Preambolo della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione

europea.9 Rinvio a M. OLIVETTI, Art. 1, in R. BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOT-

TO (a cura di), L’Europa dei diritti, cit., p. 38 ss.10 Al riguardo v. il rapporto del Comitato Dehaene, Implicazioniistituzionali dell’allargamento. Un rapporto allaCommissione europea, in “Queste Istituzioni”, n. 117-120(1999), p. 201 ss. Su questi problemi si v. anche T. BOERI, F. CORICEL-LI, Europa: più grande o più unita?, Laterza, Bari, 2003,spec. p. 88.11 Si ricordi poi che un allargamento “occulto” aveva avuto luogo nel1990, con l’annessione alla Germania dell’ex Repubblica DemocraticaTedesca.12 Alcuni osservatori parlavano di Polonia, Cecoslovacchia e Ungherianell’epoca comunista come di un “occidente sequestrato”. Si può acco-gliere questa opinione, che guarda alla storia di lungo periodo di que-sti Paesi, ma resta il fatto che dal 1945 al 1989 essi furono separatida gran parte dell’evoluzione culturale, e soprattutto politica,dell’Occidente.13 Cfr. A. PACE, La dichiarazione di Laeken e il processocostituente europeo, in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”,2002, p. 613 ss.

note

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14 Ciò accade obbligatoriamente per Danimarca e Irlanda.L’approvazione referendaria è invece una delle vie possibili ai sensidella Costituzione francese. Si ricorda che un referendum danese boc-ciò il Trattato di Maastricht, mentre un referendum irlandese bocciòquello di Nizza (poi entrambi i Paesi mutarono posizione in successivireferendum).15 Riprendo l’ironica definizione proposta da P.C. SCHMITTER, Comedemocratizzare l’Unione europea e perché, Il Mulino,Bologna, 2000, p. 10.16 Sulla storia delle Comunità europee e poi dell’Unione v. per tutti B.OLIVI, L’Europa difficile. Storia politica dell’integrazioneeuropea 1948-2000, II edizione, Il Mulino, Bologna, 200117 Si v. ora gli obiettivi dell’Unione formulati nell’art. 3 del progettodi Costituzione.18 Su questa vicenda v. J. DERRIDA, J. HABERMAS, L’Europa allaricerca dell’identità perduta, in “La Repubblica”, 31 marzo2003, p. 1 e 38-39.19 Rinvio, per la ricostruzione degli eventi, ai quotidiani di quei gior-ni, ad es. “La stampa”, 14 dicembre 2003 (in particolare l’editorialedi Barbara Spinelli).20 Il testo della Costituzione si può leggere inhttp://europa.eu.int/futurum/constitution/index_it.htm e (ad ecce-zione della parte III) in appendice a F. BASSANINI, G. TIBERI (a curadi), Una Costituzione per l’Europa, Il Mulino, Bologna, 2003.21 Alcuni (la relazione di A. VON BOGDANDY al Convegno Stato didiritto e principio di legalità nell’evoluzione della “forma di Statoeuropea”, svoltosi a Napoli il 6 aprile 2004) obiettano che l’evocazio-ne delle radici cristiane sarebbe evidentissima nella Bandiera, raffigu-rante una corona di dodici stelle su sfondo blu, che richiamerebbe unpasso dell’Apocalisse (12,1: “poi apparve un gran segno nel cielo: unadonna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e sul capo una coronadi dodici stelle”); ma questo è solo il segno che non è possibile espun-gere riferimenti anche impliciti alla tradizione cristiana, mentre nonlascia affatto trasparire una voluta evocazione di quella tradizione daparte dei convenzionali.22 Su questi problemi cfr. da ultimo G. LEZIROLI, La cristianitàobliata della Costituzione europea, in “Il diritto ecclesiastico”,2003, n. 3, p. 1087 ss.23 I corsivi sono miei.24 Per queste osservazioni si v. la relazione di A. VON BOGDANDY alConvegno Stato di diritto e principio di legalità nell’evoluzione della“forma di Stato europea”, cit.. Su questo problema v. anche A. CANTA-RO, Costituzione europea e “partito americano”, in“Democrazia e diritto”, 2003, n. 2, p. 61 ss.25 …anch’esso formulato da A. VON BOGDANDY nella relazione alConvegno Stato di diritto e principio di legalità nell’evoluzione della“forma di Stato europea”, cit.26 L’art. 3 (ex art. C) del Trattato di Maastricht aveva un testo analo-go, ma esso non estendeva la sua efficacia alla Comunità.27 Il Consiglio europeo è composto dai Capi di Stato e di governodell’Unione e fissa gli orientamenti politici generali dell’Unionemedesima (art. 20). Il Consiglio dei Ministri è contitolare – assiemeal Parlamento europeo – del potere legislativo (fermo restando chel’iniziativa è di norma monopolio della Commissione) ed assume

formazioni diverse a seconda dei settori politici di cui si occupa (art.22 e 23).28 Ciò è stato possibile grazie alla procedura decisionale utilizzata,che si basava non sul voto, ma sul c.d. consensus, che ha consentito alPresidente di dichiarare adottate o respinte per consensus certe propo-ste senza una votazione formale, ma in base ad una sua discrezionaleinterpretazione degli orientamenti della Convenzione e dei governieuropei.29 Per questi contrasti v. ad es. “La Stampa”, 31 maggio 2003, p. 9.Sulla proposta del Presidente della Commissione v. G. TOGNON, Latela di Prodi. Una Costituzione per un’Europa piùdemocratica, Baldini & Castoldi, Milano, 2003.30 Cfr. F. TURPIN, L’integration de la Charte des droits fon-damentaux dans la Constitution européenne. Projet deTraité établissant une Constitution pour l’Europe, in“Revue Trimestrelle de Droit Européen”, 2003, n. 4, p. 615 ss.31 Sul motto “unità nella diversità”, evocato già nel Preambolo, si v.J.-M. FAVRET, L’Union européenne: “l’unité dans la diversi-té”, in “Revue trimestrelle de droit européenne”, 2003, n.4, p. 657 ss.32 Si tratta del motto dell’Unione secondo l’art. IV-1 del Progetto diCostituzione.