Verso Dentro

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Antonio Armentano VERSO DENTRO fotografie

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Reflection and research on the migratory flows of Basilians Monks in South Italy in the second and the third centuries.

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Antonio Armentano

VERSO DENTRO

fotografie

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a Maria Giulia e Sonia

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© 2010 le nuvole, editoria e arti visivele nuvole di Luigi Cipparrone

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Antonio Armentano

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“Verso Dentro”: la riappropriazione dellʼio mediante la riproposizione fotografica di un fenomeno storico

Il noto fenomeno della diaspora e diffusione del monachesimo basiliano in Calabria co-stituisce un momento imprescindibile della nostra storia regionale e da esso dipende la conformazione ecclesiastica del territorio poiché, sia le grotte eremitiche e gli antichi cenobi basiliani direttamente giunti sino a noi, sia la gran parte delle strutture monasti-co-conventuali sorte su quelle preesistenze orientali, consentono di delineare il quadro degli insediamenti religiosi in Calabria.Il fenomeno della diffusione del monachesimo orientale ha avuto ragioni e dimensioni dibattute lungamente e approfonditamente dalla storiografia critica tuttavia sarà im-portante segnare, seppur convenzionalmente, alcuni dati fondamentali, utili alla com-prensione del fenomeno e, conseguentemente, alla operazione fotografica e ancora più psicologico-filosofica che Antonio Armentano propone con lʼesposizione dal titolo em-blematico “Verso Dentro”.Fu a partire dal IV secolo d.C., in seguito allʼarrivo di San Basilio in Calabria e ai due fattori determinanti del fenomeno ovvero lʼincalzare dellʼIslam in Oriente e lʼavvio delle terribili persecuzioni iconoclaste volute dagli imperatori bizantini, che un consistente numero di monaci lasciarono Bisanzio e i territori dellʼImpero bizantino per giungere nel Sud Italia. Essi provenivano, pertanto, dalla Siria, dalla Palestina, dalla Grecia e dallʼEgitto e, sebbene non sempre appartenevano ad un ordine religioso specifico, decisero, una

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volta giunti in Calabria, di uniformarsi alla regola precedentemente lasciata da San Basilio ispirata alle principali norme della vita monastica: preghiera, penitenza, lavoro manuale e studio.Le epoche della fuga dei basiliani furono diverse e tutte generate dalla crudeltà e dallʼac-canimento dei persecutori i quali, preoccupati del “sapere” e della capillare diffusione dei monasteri e dei monaci ma, soprattutto, timorosi dei risultati della consistente devozio-ne delle immagini sacre e dei simboli della divinità, esercitarono il loro potere repressivo sul culto delle reliquie e sulle preghiere indirizzate ai santi decretando la distruzione delle immagini e la persecuzione dei rivoltosi.I momenti dellʼavvento del monachesimo greco si susseguirono pertanto, dal VI secolo d.C. -con i generali Narsete e Belisario- al IX-X secolo fino al 965 circa, data cardine per lʼultima migrazione dei basiliani in Calabria; essi vi giunsero percorrendo molteplici vie: il porto di Crotone, le strade della Puglia che, una volta colmata con gli insediamenti di Matera, Massafra, Bari eccetera indusse i monaci a riversarsi in terra calabra e, infine, la Sicilia dalla quale più volte essi risalirono in Calabria, lì minacciati dalle incursioni arabe.La prima ondata fu meno consistente delle successive e spesso i monaci vissero comple-tamente appartati dal mondo, senza connessione alcuna né apporto o confronto civile e culturale con le popolazioni autoctone. Le zone che essi predilessero furono perlopiù interne, nei pressi dei centri abitati ma lontani da essi e soprattutto lontani dalle coste che i monaci, nel timore delle incursioni turche, dominavano dallʼalto dei loro romitori isolati in zone impervie e circondati da selve incontaminate ove la salvezza e la solitudine erano lʼunica garanzia ricercata e conseguita.Durante la seconda migrazione i monaci si costituirono in comunità più numerose prati-cando le attività manuali utili al raggiungimento dellʼautarchia alimentare (nella biografia di San Nilo, eremita rossanese, si legge: “Quanto è più del bisogno, è avarizia” e intra-presero scambi e contatti con la civiltà locale che, molto spesso, trasse vantaggio dagli insegnamenti dei monaci sulla coltivazione e sul mantenimento dei campi.In seguito alla caduta della piazzaforte militare bizantina siciliana di Rametta, nel 965,

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la diffusione del monachesimo orientale fu totale e capillare in Calabria poiché dallʼisola si riversarono nella regione limitrofa tutti i monaci ivi insediatisi determinando in ogni luogo un evidente processo di rinnovamento culturale oltre che religioso e sociale. Fu lʼepoca dei grandi cenobi dediti allo studio dei testi antichi e allʼattività amanuense; fu il tempo della consistente produzione dei codici miniati e della loro diffusione nel mondo; fu, infine, il tempo, della nascita delle grandi biblioteche monastiche quale luogo preci-puo di acquisizione e diffusione della cultura.Devoti alla Madonna Odighitria, alla Madonna Acheropita e allʼimmagine del Cristo Pan-tocrator e dediti alla coltivazione delle terre e allʼemancipazione culturale delle genti, i monaci basiliani elessero i monti calabresi come loro unica dimora.La regione, infatti, è costellata da grotte utilizzate come grange, romitori e cenobi nei quali i monaci basiliani condussero uno stile di vita improntato sulla regola di San Basilio e, tra essi, lʼinsediamento rupestre degli Sbariati, a Zungri (VV), costituisce uno dei casi più interessanti da un punto di vista storico-sociale, suggestivo per la vasta area che occupa e per le caratteristiche tipologico-abitative.Passeggiare nei luoghi dellʼinsediamento rupestre di Zungri, lasciati quasi del tutto in-tatti dal tempo e dallʼavvicendarsi delle genti, è unʼesperienza unica e affascinante che Antonio Armentano ha inteso cogliere in ogni dettaglio riuscendo non solo a far rivivere i luoghi, in unʼottica di concreta valorizzazione, bensì attuando un procedimento che, dal dato storico ritorna autenticamente ad esso sotto forma di rappresentazione fotografica e di percorso interiore-intellettivo.Un dato storico, lʼinsediamento rupestre di Zungri con le sue cento case-grotta mono-cellulari e bicellulari, che diventa pertanto significante di un percorso che non è soltanto storico o soltanto religioso ma anche, e soprattutto, psicologico e contemporaneo se rapportato ai tempi moderni e a quellʼoperazione di riflessione che lʼindividuo compie con una sorta di eremitaggio interiore per il conseguimento della conoscenza del sé.Le grotte della località Fossi, nella periferia del centro storico di Zungri, sono circa un centinaio, di varie dimensioni e con particolare struttura interna, copertura (alcune con

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volta a cupola e altre con un foro centrale per lʼareazione) e rete viaria circostante (per-corsi e scalinate ricavati nella roccia), ed esse rivelano uno specifico modus vivendi e modus operandi, tipico della civiltà che ivi risiedette dal primitivo insediamento fino al XIV secolo circa. Le grotte, conosciute dalla popolazione locale e ritenute di origini antichissime, sono state tuttavia utilizzate negli anni come ricoveri per animali, case di campagna, rifugi antiaerei e soltanto dal 1983 sono balzate agli onori della cronaca per la evidente consi-stenza culturale e storica che sottendono. Si è in seguito costituito un concreto orienta-mento metodologico e importanti studiosi hanno tentato di contestualizzare i segni della memoria di questo importante fenomeno insediativo rilevandone le componenti civili e culturali, precedentemente isterilite a favore solo dellʼaspetto eremitico di tali aree.È certo ormai che lʼinsediamento di Zungri costituisce un unicum nel patrimonio storico-artistico della Calabria e come tale merita la giusta attenzione; quellʼattenzione che, in maniera del tutto originale, Antonio Armentano gli ha dato con unʼoperazione non solo o non tanto di riproduzione fotografica ma di evidente contestualizzazione e introspezione individuale e collettiva.“Verso Dentro” è il titolo della ricerca di Antonio Armentano; egli intende ripercorrere i luoghi eremitici e riproporre lʼideologia monastica dellʼisolamento perseguita dai monaci basiliani nei monti calabresi con una evidente immedesimazione. Unʼideologia che, nelle diverse fasi della loro migrazione, i monaci hanno inteso mediare sintetizzando il mo-mento dellʼeremitaggio con quello della vita cenobitica.La formula iniziale da essi perseguita, alla ricerca dei luoghi più impervi ed isolati, era infatti concepita essenzialmente come una fuga solitaria dal mondo per vivere nel con-giungimento con Dio. Così il profeta Davide prefigurava lʼideologia monastica dellʼauto-coscienza: “Ecco, sono fuggito lontano e ho preso dimora nel deserto”.Tuttavia un monachesimo così, inteso come eremitismo assoluto e come fuga dal-lʼecumene ovvero terra abitata e dalla scansione temporale del vivere sociale nonché caratterizzato dal totale rifiuto della dimensione civile del vivere, fu mitigato dallʼideale

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della vita in comune sintetizzata dal grido “Guai a chi è solo, perché se cade non cʼè chi lo rialzi”.Lʼideale monastico della vita in comune e della condivisione con i fratelli libera infatti dallʼassillo dellʼesistenza quotidiana e consente il conseguimento dellʼascesi.Tesi ed antitesi, ovvero le due precedenti ideologie monastiche perseguite dai basiliani, furono sintetizzate nella loro ideale integrazione e cioè nella vita in laura, un grande ce-nobio da cui dipendono una serie di eremitaggi. Così lʼideale supremo dellʼisolamento e della contemplazione nella tranquillità e nel silenzio nonchè lʼattaccamento allo studio, alla lettura e alla preghiera continuarono ad essere gli elementi cardine della vita dei monaci basiliani che, in tal modo, conseguivano la perfetta autocoscienza e la perfezione dellʼascesi, unendosi sempre maggiormente alla popolazione locale e contribuendo, con essa, allʼevoluzione della società con la diffusione della cultura e lo scambio delle tecni-che di coltivazione e vita civile.Il procedimento fotografico di Antonio Armentano di rappresentare i luoghi di un feno-meno storico qui semplicemente sintetizzato contribuisce a compiere -e a far compiere a ciascuno di noi- un percorso del tutto quotidiano (e che nel quotidiano si ripropone e ripresenta), di congiungimento con il proprio io più intimo.“Verso Dentro” è quellʼoperazione che quotidianamente lʼindividuo compie e, così come lʼisolamento religioso dei basiliani miscelato alla vita cenobitica permetteva lʼascesi e il congiungimento con Dio, in egual misura, oggi, lʼintima dimensione domestica garanti-sce, nei momenti del distacco dalla società che velocemente corre, il conseguimento di una concreta autocoscienza.Lʼuomo, così come lʼartista, da sempre ricerca se stesso nellʼisolamento e sebbene non sia questa la sede per discorrere dei tanti ritratti di condottieri quattrocenteschi nello studiolo, di artisti al lavoro nel buio di un laboratorio, di donne silenti nellʼintimo spazio domestico -tipici del seicento olandese-, è atavico nella storia dellʼarte (che da sempre è la diretta testimonianza dei tempi che passano), la rappresentazione dellʼuomo nel proprio “dentro”.

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Lʼuomo rappresentato, e perciò figurato, nella sua dimensione prediletta e consona al proprio animo, in quel “dentro” che gli consente la comprensione della realtà e del pro-prio io nonchè il riversarsi, sereno e consapevole, nella socialità.In conclusione, ciò che lʼoperazione fotografica di Antonio Armentano intende valorizza-re è, oltre certamente al meraviglioso insediamento rupestre di Zungri, lʼintima dimen-sione dello spazio grazie a cui si consegue lʼintima conoscenza del sé. La mostra foto-grafica valorizza e suggerisce lʼandare “verso dentro” dei monaci basiliani che tentano il congiungimento con Dio e lʼandare “verso dentro” che quotidianamente lʼuomo compie.Se, pertanto, la contrapposizione tra eremo e cenobio trovò integrazione nella vita mo-nastica della laura essa, nei tempi moderni, trova conferma in quel maturo tentativo che lʼuomo compie di razionalizzare lʼesistenza nellʼintima dimensione dellʼio e nella pratica dellʼandare “verso dentro” ovvero nella ricerca di momenti di riflessione conseguiti per la metabolizzazione della frenetica vita sociale.Un percorso che va “verso dentro” e che dal profondo di uno spazio eletto a luogo pri-vilegiato del proprio io, consente allʼindividuo lʼuscita “verso fuori” e la continuità dei due momenti antitetici di isolamento -inteso come elaborazione del mondo circostante e comprensione del sé- e di condivisione sociale costituita dal lavoro e dalle relazioni sociali.

© 2010 Anna CipparroneStorico dellʼArte

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“Verso Dentro”: immagini da un luogo senza tempo

La fotografia, scienza e arte, è il mezzo inventato dallʼuomo nel XIX secolo per rispondere alla sempre più crescente richiesta dʼimmagini da parte della società moderna, in par-ticolar modo della borghesia desiderosa di farsi ritrarre e poter esporre in bella mostra i propri ritratti di famiglia. Lʼinvenzione fotografica ha permesso il rapido diffondersi dʼimmagini sollevando la pittura dal compito di ritrarre la realtà. Fin dalla sua nascita, infatti, la fotografia si è concentrata sui due soggetti principali già ampiamente sviluppati dalla pittura: il ritratto e il paesaggio, restituendone però, seppur inizialmente solo in bianco e nero, rappresentazioni di estrema precisione ed esattezza. Il contributo offerto dal mezzo fotografico nellʼosservazione e nellʼindagine dei luoghi e dei paesaggi è in-comparabile, neanche il più eccellente pittore potrebbe riprodurre tutti i dettagli presenti nella realtà. Entrambi i soggetti, tuttavia, sono eguagliati dalla comune esigenza da parte dellʼuomo di conoscersi e scoprirsi nel suo intimo e in rapporto con il mondo esterno. Se inizialmente le fotografie di paesaggio escludevano la presenza dellʼuomo per motivi tecnici - e cioè a causa dei lunghi tempi di esposizione - a partire dagli anni ʼ70 e ʼ80 del Novecento la scelta di ritrarre i paesaggi urbani o naturali privi di persone è dettata dalla necessità di analizzare e comprendere il territorio, per poter leggere in esso i segni del suo passaggio. In questo senso lʼassenza dellʼuomo dalle fotografie di paesaggio non devʼessere intesa come volontà di escluderlo dalla riflessione sul mondo esterno, ma al contrario è percepita grazie alle tracce che egli ha lasciato sul territorio. Utilizzando un

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gioco di parole è proprio dalla sua assenza che ne percepiamo la presenza.Nella serie fotografica “Verso Dentro” di Antonio Armentano lʼassenza dellʼuomo è stret-tamente connessa alla storia dei luoghi rappresentati, ma è anche il tema della ricerca personale condotta dallʼautore. Se da una parte, infatti, attraverso lʼassenza di persone lʼattenzione si focalizza sul territorio calabro e la sua storia, dallʼaltra sʼinterroga sullʼat-tuale condizione dellʼuomo contemporaneo con un sentimento di nostalgia e solitudine, riflettendo sul suo essere assorbito da una vita forse troppo frenetica. Le immagini di “Verso Dentro” sono state realizzate nellʼinsediamento rupestre degli Sbariati a Zungri (VV), e rappresentano le antiche grotte dalle quali i monaci basiliani hanno ricavato i ri-fugi per mettersi al riparo dalle persecuzioni, ma anche per ritrovare il silenzio utile alla meditazione e alla ricerca di Dio. Tali visioni dal carattere quasi onirico per la loro natura evanescente riportano alla mente la storia di queste costruzioni, risentono del carattere meditativo del luogo, ma allo stesso tempo ci riportano a noi stessi, al nostro inconscio, al nostro spirito. Lʼautore compie un percorso reale tra i vicoli che hanno fatto da sfondo alla vita dei basiliani ripercorrendone la storia, ma allo stesso tempo compie un cammi-no introspettivo meditando sullʼimportanza di ritrovare se stessi. “Verso Dentro” sono immagini che ci avvolgono nel silenzio della meditazione e dellʼimmaginario; in esse il tempo si ferma, non cʼè un prima o un dopo. Attraverso il mezzo fotografico Antonio Ar-mentano cattura per sempre lʼeffige di questi luoghi, collocandoli in un tempo indefinito; solo di tanto in tanto qualche traccia dellʼintervento umano rende contestualizzabile il tempo dello scatto fotografico (come ad esempio le grate di sicurezza fissate su alcune pareti rocciose). Le grotte di Zungri adibite ad alloggi dai monaci basiliani sono una delle tracce lasciate sul territorio calabro dai diversi popoli che lʼhanno attraversata e che inevitabilmente ne hanno influenzato lo sviluppo successivo, ma sono anche testimonianza di un paese che nellʼantichità ha vissuto i suoi periodi più fortunati. Le immagini di “Verso Dentro” effigiano un mondo che devʼessere salvaguardato e preservato come memoria del nostro passato; con le sue fotografie Armentano restituisce monumentalità a queste costruzioni

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di fattezza povera e modesta. Esse rappresentano un esempio di come lʼuomo possa modificare la natura trasformandola nel luogo in cui vivere, pur rispettandone le carat-teristiche, senza sfruttarla e stravolgerla. Nel suo lavoro ritroviamo quella voglia di inda-gare il paesaggio tipica dei primi fotografi paesaggisti, ma allo stesso tempo la necessità di documentare lʼesistenza di luoghi a volte dimenticati e di conseguenza valorizzarne il significato storico-sociale.Il desiderio dellʼautore di osservarsi dallʼinterno e ritrovarsi lo portano ad indagare il pro-prio territorio in cerca di un ritorno alle proprie origini. Le sue immagini ci restituiscono vedute delle grotte completamente diverse da come ci appaiono dal vivo, poiché cam-minando tra i vicoli e le grotte lʼosservatore vi è immerso, le sue visioni, invece, colgono delle rappresentazioni quasi astratte. “Verso Dentro” è un ritratto sentito e poetico della sua terra natale, quasi un invito a compiere anche noi il nostro cammino verso la meditazione e verso la ricerca di noi stessi per ricercare quei valori che la società contemporanea sembra aver dissolto.

© 2010 Alessandra CosiStorico della fotografia

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Indice

7 “Verso Dentro”: la riappropriazione dellʼio mediante la riproposizione fotografica di un fenomeno storico (Anna Cipparrone)

13 “Verso Dentro”: immagini da un luogo senza tempo (Alessandra Cosi)

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Finito di stampare nel mese di Marzo 2010presso