Verso Sarajevo · 2014-12-24 · Mesa Selimovic, Il derviscio e la morte, Baldini&Castoldi, 2014...

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Verso Sarajevo Libri, film, musica per capire

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Sarajevo Libri, film, musica per capire

Libri disponibili nella Biblioteca Leomajor

Ivo Andrič, Il ponte sulla Drina, Mondadori, 2001

Attraverso la storia del più famoso ponte della Bosnia, Andric´ (1892-1975), premio Nobel per la letteratura nel 1961, evoca le vicende di questa regione dalla fine del XV secolo alla Prima guerra mondiale. Un grandioso romanzo epico che ha per sfondo una terra segnata da un destino tragico. (ibs.it)

Zygmunt Baumann, Intervista sull'identità, Laterza, Roma-Bari, 2012 L'identità nazionale è una costruzione storica e il caso italiano ne è una lampante dimostrazione: la globalizzazione la rende precaria. Ma precarie sono tutte le identità del mondo di oggi. Un tempo si parlava poco di questo tema, perché l'identità era garantita alla nascita. La società ne forniva una da cui era difficile uscire. Oggi invece è il luogo dell'ambivalenza. Anche quella politica è tutta da ridiscutere: cosa vuol dire oggi essere di destra o di sinistra? Il nostro pragmatismo ha espunto Dio dalla vita quotidiana: neanche a lui sappiamo più rivolgerci per dare senso alle cose che facciamo. (ibs.it)

Ugo Fabietti, L'identità etnica. Storia e critica di un concetto equivoco, Carocci, 2013

Giunto alla terza edizione, il libro ripropone - arricchite da nuove prospettive teoriche e da nuovi casi etnografici - le questioni fondamentali legate alla dimensione dell'identità e dell'etnicità: che cos'è l'identità etnica? È un "dato naturale", che accomuna individui con la stessa origine, lingua, religione? È una dimensione propria di tutte le società e di tutte le epoche oppure è un aspetto peculiare delle forme di esistenza pre-moderna? O, invece, un fenomeno recente nella storia dell'umanità e il prodotto di circostanze contingenti? Attraverso la presentazione di alcuni casi etnografici esemplari il testo risponde a queste domande, analizzando il concetto di "identità etnica" e i fenomeni a essa collegati. Un libro per chiunque voglia interrogarsi criticamente su uno dei temi chiave del nostro tempo. (ibs.it)

Aleksandar Hemon, La storia delle mie vite, Einaudi, 2013

"È un'esistenza inimmaginabile fuori dai confini della letteratura quella che Hemon ci consegna in questo libro: troppo densa e straordinaria per essere declinata al singolare. Nelle sue vite la realtà esplode a ogni passo; lo sorprende, sconvolge, supera. Eppure lui la sa ricomporre in una serie di testi autobiografici riuniti secondo un'intima cronologia che li rende ancora più eloquenti e interrelati. Dalla nascita della sorella, che lo costringe a rivedere i confini del proprio io, alla scoperta del mondo oltre i confini della 'terra promessa del socialismo' durante uno sfortunato quanto esilarante viaggio in Italia; dai progetti magniloquenti e ingenuamente sovversivi partoriti con un gruppo di artistoidi nella Sarajevo socialista, allo shock di vedere il proprio mentore trasformarsi in mostruoso braccio destro di Karadzic; da un soggiorno di studio negli Stati Uniti divenuto esilio involontario, al ritorno nella Sarajevo post-assedio dove 'era tutto straordinariamente diverso da quello che avevo conosciuto e tutto straordinariamente uguale a prima' - in ciascuna di queste stazioni Hemon tallona il proprio vissuto, orchestrando una cosmogonia di personaggi che con la loro forza terrena controbilanciano un orizzonte impietoso, e dai quali distilla una dimensione narrativa che gli consente di 'estendere se stesso' e forse di 'capire quello che mi è difficile capire'."(Maurizia Balmelli) (ibs.it)

Rada Ivekovic, Autopsia dei Balcani. Saggio di psico-politica, Raffaello Cortina, 1999

Il testo analizza e interpreta le modalità (nelle loro implicazioni sociali, psicologiche e culturali) della progressiva distruzione e frantumazione della Iugoslavia. A partire da una testimonianza drammaticamente personale, l'autrice sottolinea come il disgregarsi della comprensione reciproca e la mancanza di autoanalisi di una società non siano tratti specifici solo dei Balcani, ma di un pensiero in cui siamo tutti parte in causa. In una serie di brevi capitoli, l'autrice si interroga sui temi più inquietanti del presente: il problema delle frontiere, l'identità dell'Europa, l'affermarsi dei nazionalismi etnici e patriarcali, il tema dell'origine e dell'appartenenza e, contemporaneamente, dello sradicamento. (ibs.it)

Luca Leone, Bosnia express. Politica, religione, nazionalismo e povertà in quel che resta della porta d’Oriente, Infinito Editore, 2010

Un dopoguerra interminabile, quello della Bosnia Erzegovina. Oggi, tre lustri dopo, il Paese è in mano a politici corrotti, alle mafie che ripuliscono il denaro sporco nel settore immobiliare e nelle banche occidentali e arabe, a gruppi stranieri che giorno dopo giorno esigono il pagamento di un dazio infinito, il cui peso ha avuto origine nella guerra del 1991-1995. Bosnia Express è il viaggio in un Paese deragliato, con un ritardo strutturale di quarant'anni, ridotto economicamente e culturalmente in ginocchio e squassato dai nazionalismi e dalle contrapposizioni di credo, ma ciò nonostante capace di

destare molti appetiti. E di sorprendere. Prefazione di Sabina Langer. Introduzione di Riccardo Noury. Presentazione di Francesco De Filippo. Postfazione di Enisa Bukvic. (amazon.it)

Luca Leone, Mister sei miliardi. I giovani, la scuola, il lavoro, la salute, il futuro della Bosnia Erzegovina, Infinito Editore, 2012

C’era una volta, in un luogo affatto lontano, non molto tempo fa come oggi, un Paese in cui bambini e giovani parevano non avere speranza. Era, quello, un posto in cui i “signori” di una terribile guerra avevano ucciso, violato, cancellato ogni diritto, annientato sogni, azzerato speranze. Un luogo, potete bel capirlo, in cui per quattro anni il buio aveva catturato, ogni mattino, la forza buona della luce, nascondendola in un forziere alla fine di un arcobaleno che da allora in avanti nessuno ha più veduto. Oggi, in quel Paese affatto lontano, i giovani sono costretti a frequentare scuole in cui bambini e ragazzi di una religione non possono convivere in classe, giocare a ricreazione e crescere con bambini e ragazzi di un altro credo. In quel Paese per niente lontano anzi molto vicino, i programmi scolastici sono scritti dai nazionalisti non per insegnare e unire ma con lo scopo di dividere e contrapporre; e per i ragazzi che cercano un lavoro la risposta è quasi sempre no. (infinitoedizioni.it)

Marco Magini, Come fossi solo, Giunti, 2014

Finalista Premio Strega 2014 A Srebrenica l'unico modo per restare innocenti era morire. Marco Magini era un ragazzino durante i terribili fatti della ex Jugoslavia, li conosceva solo dai telegiornali. Ma quando da studente si imbatte nella storia di Drazen quella vicenda diventa un'ossessione. Quella storia raccontava di un ventenne costretto a combattere una guerra voluta da un'altra generazione e messo davanti a decisioni che nella loro eccezionalità mostrano a nudo l'animo umano come in un antico dramma greco. La rievocazione del massacro e del successivo processo presso il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia è affidata a tre voci che si alternano in una partitura ben scandita. La voce del magistrato spagnolo Romeo González che rievoca lo svolgersi del processo, evidenziando le motivazioni non sempre etiche e limpide che determinano una sentenza. Nell'eterno dibattersi tra ubbidire a leggi fratricide o ribellarsi appellandosi ai diritti inviolabili dell'uomo, viene fuori solo un'immagine povera e burocratica dell'esercizio della legge. Al giudice González si affiancano le voci di Dirk, casco blu olandese di stanza a Srebrenica, rappresentante del contingente Onu colpevole di non avere impedito la strage, e quella del soldato serbo-croato Drazen Erdemovic, vero protagonista della storia, volontario nell'esercito serbo, che fu l'unico a confessare di avere partecipato al massacro, l'unico processato e condannato. (ibs.it)

Claudio Magris, Itaca e oltre, Garzanti, 2012

In questa raccolta di saggi brevi, Claudio Magris insegue e analizza le due grandi direzioni della contemporaneità: il ritorno e la fuga, ovvero la conquista e la dispersione dell'identità. Attraverso l'indagine di grandi autori - Svevo, Musil, Ibsen, Flaubert, Mann, Walser, Singer, Borges...Magris rivive la disgregazione di un'idea armoniosa del mondo con i beni e i mali ch'essa comporta, le nuove strade che apre e le insidie di cui le cosparge. Il dialogo con i temi del pensiero contemporaneo si affianca al confronto con la condizione storica. L'interpretazione letteraria si alterna alla testimonianza autobiografica e all'intervento politico. L'osservatorio del moralista distaccato si salda all'impegno personale nelle grandi tensioni ideali del presente. L'ambiguità e la reticenza della letteratura s'intrecciano alla chiarezza etica. (amazon.it)

Claudio Magris, L’infinito viaggiare, Mondadori, 2008

"Ci sono luoghi che affascinano perché sembrano radicalmente diversi e altri che incantano perché, già la prima volta, risultano familiari, quasi un luogo natio. Conoscere è spesso, platonicamente, riconoscere, l'emergere di qualcosa magari ignorato sino a quell'attimo ma accolto come proprio. Per vedere un luogo occorre rivederlo. Il noto e il familiare, continuamente riscoperti e arricchiti, sono la premessa dell'incontro, della seduzione e dell'avventura; la ventesima o centesima volta in cui si parla con un amico o si fa all'amore con una persona amata sono infinitamente più intense della prima. Ciò vale pure per i luoghi; il viaggio più affascinante è un ritorno, come l'odissea, e i luoghi del percorso consueto, i microcosmi quotidiani attraversati da tanti anni, sono una sfida ulissiaca. "Perché cavalcate per queste terre?" chiede nella famosa ballata di Rilke l'alfiere al marchese che procede al suo fianco. "Per ritornare" risponde l’altro." (ibs.it)

Azra Nuhefendic, Le stelle che stanno giù. Cronache dalla Jugoslavia e dalla Bosnia Erzegovina, Spartaco, 2011

La sorella di Azra Nuhefendic, da bambina, attraverso le finestre della casa dei nonni, s'incantava a guardare le luci della città che sembravano stelle cadute dal cielo. Oggi il paesaggio che offre Sarajevo è diverso, segnato, corrotto dalla guerra che sul finire del '900 ha cancellato lo Stato della Jugoslavia. Questo libro raccoglie le cronache di una delle più autorevoli giornaliste bosniache: diciotto storie, in gran parte inedite, in cui l'esperienza personale si mescola alla storia ufficiale, i ricordi ai miti, superando pregiudizi e stereotipi. È potentissima, efficace, emozionante la scrittura di Azra Nuhefendic che, senza mai scadere nella facile retorica, con il suo stile semplice, onesto, mai banale, offre uno spaccato di quella martoriata area geografica da testimone diretta. Un viaggio che si apre nella stazione dove un tempo risuonavano le grida e i pianti dei ragazzini in partenza per la colonia, e che si chiude con il treno che, dopo diciotto anni dall'inizio della guerra, da Belgrado riparte per Sarajevo: "Noi non sappiamo ancora dove siamo diretti,

né quali saranno le fermate" scrive la Nuhefendic. Prefazione di Paolo Mastroianni. (amazon.it)

Joze Pirjevec, Le guerre jugoslave. 1991-1999, Einaudi, 2014

Sulla base del materiale raccolto, Pirjevec ha ricostruito le sei diverse guerre, susseguitesi nel territorio dell’ex-Jugoslavia dal 1991 al 1999 nei loro risvolti politico-militari e nelle loro implicazioni internazionali, concentrando l’attenzione tanto sulle dinamiche interne e sugli aspetti sociali, che le hanno condizionate, quanto sull’intervento delle grandi potenze e organizzazioni. Ne è nato un affresco complesso, ma di agile lettura grazie all’articolazione del racconto, diviso in sette capitoli fondamentali relativi ad altrettanti nuclei tematici. (ibs.it)

Paolo Rumiz, Maschere per un massacro. Quello che non abbiamo voluto sapere della guerra in Jugoslavia, Feltrinelli, 2013

Un reportage esemplare capace di svelare i veri meccanismi della guerra balcanica dietro i fraintendimenti e le mistificazioni. «La guerra mette a nudo la verità degli uomini e insieme la deforma. Ci sono tanti aspetti di questa verità; uno di essi è la cecità generale - cecità delle vittime, degli spettatori (i servizi d'informazione occidentale, oscillanti tra esasperazione, ignoranza o rimozione dell'orrore e fra cinismo e sentimentalismo) e della “grande politica”, che nel libro di Rumiz fa una figura grottesca!» (Claudio Magris) (lafeltrinelli.it)

Mesa Selimovic, Il derviscio e la morte, Baldini&Castoldi, 2014

Ahmed Nurudin è il capo della comunità civile e religiosa in una cittadina di provincia della Bosnia durante la dominazione turca. Testimone degli avvenimenti che accadono intorno a lui, vive in un mondo di certezze assolute, di verità eterne, codificate dal Corano, che lo proteggono e lo isolano dal mondo. Ma un giorno, suo fratello minore viene arrestato per un delitto che non ha commesso e ucciso con un atto di arbitrio totale. A nulla giovano la sua posizione, il prestigio sociale e le conoscenze di potenti cui pensava di essere legato a garanzia e a tutela dell’ordine e della legge. D’ora in poi, le sicurezze di Ahmed vacillano; spinto dall’odio e dal desiderio di vendetta compie azioni che lo portano a fomentare sommosse, a diventare potente e a commettere a sua volta ingiustizie: come quella, per lui fatale, contro il nobile Hasan, suo unico amico. (baldiniecastoldi.it)

Abdulah Sidran, Il grasso di lepre. Poesie (1970-2009), Casagrande, 2010

Si snoda in queste pagine il racconto in versi di Sarajevo, la città del poeta: spazio urbano dei miracoli, dei paradossi e delle profezie, asilo di piccole esistenze senza storia e, insieme, ago sismico della Storia, sul confine degli imperi. Sarajevo città crocevia, spazio del libero scambio di culture e religioni, umiliata e distrutta dall'assedio dei «quattro inverni» (aprile 1992-dicembre 1995). Sarajevo nuova Alessandria che, come Alessandria, vede bruciare le sue biblioteche e la multiculturalità piegarsi sotto i colpi dei nazionalismi. Abdulah Sidran è il poeta di una città un tempo felice e della sua agonia, di un Paese che ha avuto la sua «età dell'oro» e che è affondato nel sangue di una Storia sfigurata. Ma insieme al racconto della crisi e della dissoluzione del Paese composito degli «Slavi del Sud», i lettori troveranno in queste pagine anche l'eco di preghiere e testi sacri ebraici e musulmani, come il Kaddish per gli scomparsi e la prima Sura del Corano, al Fatiha, dove si celebra la sacralità della vita quotidiana. Attraverso lo spirito del luogo, Sidran parla così al mondo e la sua voce diventa quella di una critica radicale, la sua scrittura il luogo di una ferma invettiva verso i tempi regressivi che viviamo. Questa poesia è il balsamo amaro per una popolazione ferita, non solo in Bosnia-Erzegovina: il grasso di lepre che porta in superficie le schegge più profonde. (amazon.it)

Emir Suljagic, Cartoline dalla fossa. Diario di Srebrenica, Beit, 2010

Resoconto dell'assedio di Srebrenica, preludio al più spietato crimine di genocidio perpetrato in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale, con la connivenza delle Nazioni Unite e dell'Europa. Il libro rievoca l'assurdo quotidiano nell'enclave assediata fino all'11 luglio 1995, quando trentamila profughi inermi furono consegnati nelle mani dei loro carnefici da quelle stesse truppe ONU che avrebbero dovuto proteggerli: così oltre 8000 uomini e ragazzi innocenti vennero uccisi a sangue freddo, i loro corpi gettati nelle fosse comuni e poi dispersi per cancellare ogni traccia. Oggi i luoghi della strage appaiono anonimi e abbandonati, ma il nome di Srebrenica rievoca un crimine che non possiamo dimenticare. (ibs.it)

Clara Usòn, La figlia, Sellerio, 2013

Ana è una ragazza estroversa, allegra, brillante. È la migliore alunna del corso di medicina a Belgrado, è amata dagli amici, è l'orgoglio di suo padre, il generale Ratko Mladic, che lei ricambia con una devozione assoluta. Un viaggio a Mosca è l'occasione per passare alcuni giorni in giro per una grande città con il solo pensiero di divertirsi. Invece al ritorno Ana è cambiata. È triste e taciturna. Una notte afferra una pistola, quella a cui il padre tiene di più, e prende una decisione definitiva. Ha solo ventitré anni. Cosa è successo a Mosca, tra corteggiamenti e feste, in compagnia degli amici più cari? Nelle allusioni e nelle accuse dirette Ana ha intravisto nel padre una figura spaventosa. Quello che per lei è un eroe e un genitore premuroso, per tutti gli altri è un criminale responsabile dei maggiori eccidi del dopoguerra: l'assedio

di Sarajevo, la pulizia etnica in Bosnia, il massacro di Srebrenica. Crimini che lo porteranno a essere accusato di genocidio, in un processo che dopo una lunga latitanza ha avuto inizio nel maggio 2012. Pochi casi come quello di Ana rivelano in tutta la sua oscura profondità una condizione, la perdita dell'innocenza, al tempo stesso individuale e collettiva. (ibs.it)

Libri disponibili nella Biblioteca Civica di Pordenone

Rada Iveković, La balcanizzazione della ragione, ManifestoLibri, 1995

La tragedia della guerra e della pulizia etnica, nel cuore d'Europa, pone a tutti drammatici interrogativi sulle cause e gli errori che hanno condotto a questa catastrofe. Rada Ivekovic, una filosofa jugoslava, riflette sulla logica aberrante della violenza e sulle responsabilità dell'Europa intera A partire da una testimonianza dramaticamente personale il libro affronta i temi più inquietanti del nostro presente: il nazionalismo e il rapporto con l'altro, la pluralità delle culture e l'universalità dei diritti, la differenza femminile e il potere annichilente della guerra. (balcanicaucaso.org)

Peter Handke, Un viaggio d’inverno ovvero giustizia per la Serbia, Einaudi, 1986

Nel novembre del 1995, Peter Handke viaggia in Serbia, nel "paese di coloro che sono abitualmente definiti gli aggressori". Figlio di madre slovena, ha sempre guardato alla ex Jugoslavia con la speciale attenzione che si porta alle proprie radici. A suo avviso, la stampa tedesca e francese ha criminalizzato i serbi, costruendo una precisa immagine del nemico di cui egli si sforza di analizzare i meccanismi politici, culturali e psicologici. Il nucleo del libro è la descrizione del viaggio di Handke a Belgrado e poi in Serbia, fino ai confini con la Bosnia. Segue un Epilogo in cui lo scrittore espone il progetto poetico che sta alla base delle sue tesi. (amazon.it)

Aleksandar Hemon, Il progetto Lazarus, Einaudi, 2010

Lazarus Averbuch ha diciannove anni e nient'altro che una busta in mano quando una mattina di marzo bussa alla porta del capo della polizia di Chicago. Lazarus è solo uno dei tanti immigrati che provano a tirare avanti nell'America del 1908, un ebreo fortunosamente sopravvissuto ai pogrom dell'Europa orientale e un fratello affettuoso per Olga. Non c'è nulla di minaccioso in lui, vuole solo consegnare quella lettera: ma quando il capo della polizia lo vede - spaventato dalla "fisionomia straniera" del ragazzo afferra la pistola e lo uccide. Immediatamente le autorità costruiscono il caso del sanguinoso anarchico che voleva attentare alla vita del poliziotto: una motivazione più che sufficiente per dare il via a misure ulteriormente repressive nei confronti degli immigrati. Quando un secolo dopo, ai giorni nostri,

l'aspirante scrittore Vladimir Brik si imbatte nella vicenda di Lazarus, capisce che deve raccontarla: anche lui è un immigrato - è arrivato da Sarajevo poco prima dello scoppio della guerra nei Balcani - e solo riportando in vita il "suo" Lazzaro, riuscirà a placare i fantasmi che lo tormentano. Insieme all'amico Rora - fotografo di guerra, giocatore d'azzardo, gigolò e straordinario bugiardo - si mette sulle tracce di Lazarus in un viaggio che li porterà ad attraversare l'Europa, in un crescendo di avventure (ma soprattutto disavventure) in cui la frontiera più attraversata è quella tra la realtà e l'immaginazione letteraria. (ibs.it)

Divjak Jovan, Sarajevo, mon amour, Infinito, 2007

Vivo da 40 anni nello stesso quartiere, a Sarajevo, a due passi da un'antica chiesa ortodossa e da una moschea del XVI secolo. E salendo appena, da casa mia, raggiungo il seminario cattolico. Prima della guerra, quest'armonia, nata dalla differenza, si ritrovava nella vita d'ogni giorno. Sarajevo m'ha aperto gli occhi. Ero stupito nel vedere una città così ricca di grandi qualità umane, soprattutto la tolleranza e la generosità". La guerra, le figure di Milosevic, Karadzic e Mladic, le contraddizioni e i voltafaccia della componente musulmana durante la guerra e i nazionalismi sorti dalla devastazione bellica sono qui spiegati. Il militare serbo che difese Sarajevo racconta le bombe, le tribolazioni dei civili, i doppi giochi dei politici bosniaci e della comunità internazionale, la miseria e il desiderio di una pace che in Bosnia non è ancora davvero arrivata. "Che vuoi che ti dica, compagno Divjak. L'unica cosa che ci resta è l'amore per questa straordinaria terra e per questa città unica al mondo che tu hai difeso con onore e che continui a onorare occupandoti degli orfani di guerra. Posso dirti che ti ringrazio per quello che hai fatto e che fai, ignorando i briganti oggi al potere. Dirti che amo ancora quel luogo come se l'avessi lasciato ieri. Ci torno, e il tempo è come se non fosse passato. Per me è tutto come allora, quando vidi Sarajevo la prima volta sotto la Luna, sotto le ultime nevi dell'Igman" (dall'introduzione di Paolo Rumiz). (ibs.it)

Miljenko Jergovic, Le Marlboro di Sarajevo, Quodlibet, 1995

In ogni guerra civile emerge irreparabilmente alla luce l’inconsistenza della barriera che ancora presumiamo sussistere fra sfera pubblica e dimensione privata degli uomini. Per gli abitanti di Sarajevo il fronte è alla finestra, sotto casa, a scuola o al mercato, s’interpone fra vicini di casa, fra vecchi amici o addirittura fra marito e moglie. Jergović, giovane scrittore nato a Sarajevo nel 1966, ha ricostruito in tante piccole storie in prima persona e no, vere o forse talvolta solo verosimili, decine di vicende, situazioni, relazioni, cogliendole sul punto del collasso, sull’orlo del definitivo disfacimento a tributo totale di una catastrofe pubblico/privata che, in questi termini, e non solo nella forma eclatante di una minaccia bellica, riguarda ogni europeo. (quodlibet.it)

Miljenko Jergovic, Freelander, Zandonai, 2010

Quando tutto nella vita è andato storto, come al professor Karlo Adum, vedovo e pensionato, il quale ormai fa affidamento solo su una buona e vecchia Volvo che in trent'anni non lo ha mai piantato in asso, è forse giunto il tempo di mettersi in viaggio, e di portare con sé una pistola. Al volante della sua fedele amica, il professore percorre i chilometri che separano Zagabria da Sarajevo, la città natale da cui manca da quasi mezzo secolo. Davanti ai suoi occhi sfilano rovine, campi minati, ciminiere arrugginite e i bizzarri abitanti di una terra che non gli appartiene più. In questo pungente e disincantato romanzo on the road dominano, esplosivi, gli slanci, gli sdegni, le ossessioni e lo spirito ilare di un autore come Jergovic, che quando scrive mette in gioco l'intera esistenza. (ibs.it)

Miljenko Jergovic, Volga Volga, Zandonai, 2012

Sono quindici anni che Dzelal Pljevljak ogni venerdì si mette al volante della sua Volga e percorre i centosedici chilometri che separano Spalato da Livno per prendere parte alla principale preghiera settimanale alla moschea cittadina. Un giorno d'inizio autunno però, una nevicata improvvisa lo costringe a fermarsi a Fatumi, un minuscolo paesino di cui ignorava l'esistenza, dove un incontro cambierà per sempre la sua vita. Diversi anni più tardi, quando in Bosnia si sta consumando una delle fasi più drammatiche della guerra civile, un documentarista tenta di definire gli enigmatici contorni di quel fatidico giorno di Capodanno in cui Dzelal Pljevljak è diventato, suo malgrado, il protagonista del più discusso episodio di cronaca nera di prima del conflitto. In "Volga, Volga", terzo e ultimo capitolo della trilogia che Jergovic ha dedicato al destino, spesso beffardo, che lega gli uomini alle loro automobili, la commovente storia di Dzelal prende forma lentamente, pagina dopo pagina, come in un raffinato ed emozionante mosaico, grazie all'incastro con altre esistenze, con le quali ha in comune l'esperienza della guerra, del dolore, del senso di colpa, della morte. E la speranza in una redenzione. (ibs.it)

Margaret Mazzantini, Venuto al mondo, Mondadori, 2008

Una mattina Gemma sale su un aereo, trascinandosi dietro un figlio di oggi, Pietro, un ragazzo di sedici anni. Destinazione Sarajevo, città-confine tra Occidente e Oriente, ferita da un passato ancora vicino. Ad attenderla all'aeroporto, Gojko, poeta bosniaco, amico, fratello, amore mancato, che ai tempi festosi delle Olimpiadi invernali del 1984 traghettò Gemma verso l'amore della sua vita, Diego, il fotografo di pozzanghere. Il romanzo racconta la storia di questo amore, una storia di ragazzi farneticanti che si rincontrano oggi invecchiati in un dopoguerra recente. Una storia d'amore appassionata, imperfetta come gli amori veri. Ma anche la storia di una maternità cercata, negata, risarcita. Il cammino misterioso di una nascita che fa piazza pulita della scienza, della biologia, e si addentra nella placenta preistorica di una guerra che mentre uccide procrea. L'avventura di Gemma e Diego è anche la

storia di tutti noi, perché questo è un romanzo contemporaneo. Di pace e di guerra. La pace è l'aridità fumosa di un Occidente flaccido di egoismi, perso nella salamoia del benessere. La guerra è quella di una donna che ingaggia contro la natura una battaglia estrema e oltraggiosa. L'assedio di Sarajevo diventa l'assedio di ogni personaggio di questa vicenda di non eroi scaraventati dalla storia in un destino che sembra in attesa di loro come un tiratore scelto. Un romanzo-mondo, di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematico come una parabola. (ibs.it)

Sandro Veronesi, No man’s land, Bompiani, 2003

Questa pièce teatrale di Sandro Veronesi si svolge in un luogo rigorosamente circoscritto, una trincea, durante la guerra serbo-bosniaca. Due soldati bosniaci sono i personaggi principali: Tchiki e Tsera. La loro guida li ha persi di vista e loro hanno perso di vista la guida, ritrovandosi in una terra di nessuno, una zona franca da cui non sanno più uscire. L'arrivo di altri due militari serbi e poi dei caschi blu francesi e di una giornalista televisiva innescherà una spirale di violenza acuita dall'intento di sfruttare televisivamente la situazione anomala che si è venuta a creare. (ibs.it)

Altri consigli di lettura

Slavenka Drakulic, Come se io non ci fossi, Rizzoli, 2000

Durante la guerra nella ex Jugoslavia, nel 1992, una donna bosniaca viene deportata in un campo di prigionia dove, insieme alle sofferenze della fame, del freddo, delle torture, subisce, con le altre prigioniere, l'orrore della violenza sessuale. Il racconto parte dal momento in cui la protagonista, accortasi solo dopo la fine del conflitto di essere incinta, ha appena partorito un bambino, per il quale prova indifferenza ed estraneità ma che istintivamente decide di nutrire. E l'evento la spinge a ripercorrere la vicenda della sua prigionia, soffermandosi con sofferenza su episodi e sensazioni. (amazon.it)

Zlata Filipovic, Il diario di Zlata. Una bambina racconta Sarajevo, Rizzoli, 2013

Zlata Filipovic ha 11 anni quando esplode l'inferno di Sarajevo. Come tante sue coetanee tiene un diario dove registra gli eventi minimi dell'esistenza quotidiana. Ma scoppia la guerra e Zlata cambia in fretta, matura. Il suo mondo è in pezzi, ora vi dominano l'odio cieco, la paura, la disperazione. Al diario, come a un'amica immaginaria di nome Mimmy, consegna la cronaca di giornate profondamente mutate: le notti passate in cantina, l'esplodere delle granate, le raffiche dei cecchini, gli amici uccisi. Zlata scrivendo vuole dar voce "ai tremila bambini morti sotto le bombe, agli invalidi che s'incontrano per le strade privi di un braccio o di una gamba". E la sua testimonianza

diventa simbolo delle sofferenze di un popolo, invocazione di pace. (amazon.it)

Sarajlic Izet, Chi ha fatto il turno di notte, Einaudi, 2012

Un maestro della poesia anaforica, incalzante, oratoria. E però, contemporaneamente, intima, capace di far risuonare il silenzio fra le parole per toccare le corde più riposte di un sentimento. Sarajlic è uno dei grandi poeti del secondo Novecento: ha affrontato temi di poesia civile, l'amore, la morte, l'arte, sempre trovando le vie apparentemente divergenti dell'emozione e dell'ironia. Questo grazie a un calore umano intensissimo che passa in ogni suo verso e arriva al lettore con forza contagiosa. Lo hanno amato poeti molto diversi fra loro, come Enzensberger, Brodskij, Simic, proprio perché la sua voce poetica ha un segno unificante, è il simbolo di una poesia universale, colta ma immediata, sempre consapevole ma lontana dalle scuole e dalle tendenze. A dieci anni dalla morte, questo libro propone una scelta di poesie di Sarajlic, alcune inedite in italiano, che ripercorre circa cinquant'anni della sua straordinaria esperienza poetica. Prefazione di Erri De Luca. (amazon.it)

Elvira Mujcic, Al di là del caos, Infinito, 2007

"Dopo l'inattesa sentenza della Corte di giustizia dell'Aja che solleva la Serbia da ogni responsabilità nel genocidio di Srebrenica, un diario di viaggio e di vita scritto da una ragazza nata e cresciuta nella ex enclave dove l'11 luglio 1995 si è consumato il genocidio dei cittadini d'origine musulmana. Con questo libro Elvira Mujcic "ha voluto far conoscere ed esprimere le conseguenze dell'immane eccidio di Srebrenica rivivendolo in se stessa, nei propri sogni e incubi, nei suoi amori giovanili e nelle sue disillusioni. Questo libro è una rara testimonianza proprio perché, a differenza di molti altri testi analoghi, ha trovato un'adeguata espressione letteraria" (Dalla prefazione di Predrag Matvejevic). (ibs.it)

Una ricca bibliografia è anche presente nel sito victoryproject.net.

Da ascoltare

Vedran Smailović (violoncellista) John McCutcheon

U2, Miss Sarajevo George Michael

Dubiosa Kolectiv Goran Bregović

Film