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Versione del 27 maggio 2013

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Versione del 27 maggio 2013

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ANGOLO DI PENNA

Diverse Regioni (Emilia-Romagna, Veneto,●

* Presidente Fondazione Gimbe

Il Sole 24 ORE Sanità

di Nino Cartabellotta *

professionaliAlla ricerca dell’appropriatezza: come modificare

practice and organisation ofcare (Epoc) group,science è rappresentato dal Cochrane effectivene”. Oggi il riferimento della implementationbased implementation of evidence-based medici-parafrasando Richard Grol - “we need evidence-migliori evidenze scientifiche. In altre parole -professionale efficaci e sostenibili, utilizzando leverificare strategie di cambiamento della praticaprofessionisti - dovrebbe sviluppare, attuare eta dalle Uu.Oo. di staff e in collaborazione con iLa direzione di ogni azienda sanitaria - supporta-propriatezza dei comportamenti professionali.delle migliori evidenze scientifiche migliori l’ap-passivo”, confidando che la semplice diffusionepossono più mantenere un ruolo di “spettatorepegnate nell’attuazione del governo clinico non

Pertanto, tutte le organizzazioni sanitarie im-ting dell’industria.farmaci è condizionata dalle strategie di marke-professionali, dimostrano che la prescrizione deidelle linee guida non modifica i comportamentidenze, oltre a provare che la diffusione passivaevidenze scientifiche. A esempio, consistenti evi-ti da numerose determinanti e solo in parte dallecomportamenti professionali vengono influenza-rected lifelong learning); in secondo luogo, inoscenze necessarie alla propria pratica (self-di-i professionisti non ricercano attivamente le co-stico per due motivi fondamentali: innanzitutto,realtà, si tratta di un modello speculativo e utopi-vengono integrate nella pratica professionale. Inscenze che, previa modifica delle loro attitudini,professionisti sanitari acquisiscono nuove cono-ra lineare? Secondo il modello tradizionale, iscenze alla pratica clinica non avviene in manie-

Ma perché il trasferimento delle nuove cono-pubblica.cata d’ossigeno alla sostenibilità della Sanitàcui recupero oggi darebbe una consistente boc-co e consumano preziose risorse economiche, ill’assistenza sanitaria, aumentano il rischio clini-clinica e organizzativa, riducono l’efficacia del-misurabili: oltre a determinare inappropriatezzaca professionale sono rilevanti, ma non sempreche. Le conseguenze dei gap tra ricerca e prati-appropriati in accordo alle evidenze scientifi-45% dei pazienti non riceve interventi sanitaripropriato e potenzialmente dannoso e dal 30 al30-35% degli interventi sanitari erogati è inap-scientifiche e la pratica professionale: almeno ilesistono consistenti gap tra le migliori evidenzesionisti. Numerosi studi, infatti, dimostrano che

gica i costi della Sanità rende inevitabile interve-

affannosa ricerca di soluzioni politico-or-L’ganizzative per tagliare in maniera chirur-

nire sull’appropriatezza prescrittiva dei profes-

● interventi di variabile efficacia: au-interattivi, interventi multifattoriali;site educazionali, reminders, workshop● interventi di consistente efficacia: vi-vengono classificati in:mente gli interventi professionali checia disponibili riguardano prevalente-e regolatori), di fatto le prove di effica-oriented e patient-oriented, strutturalifinanziari, organizzativi provider-zione in sei categorie (professionali,classifica gli interventi di implementa-rie. Tuttavia, se la tassonomia Epocgazione di servizi e prestazioni sanita-gliorare la pratica professionale e l’ero-sull’efficacia degli interventi per mi-te aggiornate revisioni sistematicheche produce e mantiene costantemen-

dit&feedback, processi di consenso lo-cale, coinvolgimento di opinion leaderlocali, interventi mediati dai pazienti,strategie di marketing, mass media;

professionisti sanitari? Innanzitutto,finalizzate a modificare la pratica deiEpoc Group per sviluppare strategierevisioni sistematiche del Cochrane

Quali messaggi pratici offrono lepreliminari o contraddittorie.evidenze scientifiche mancano, sonoce, a una grande zona grigia, dove lementation science appartengono, inve-vi, strutturali e regolatori della imple-

Gli interventi finanziari, organizzati-dizionale (convegni, letture).materiale educazionale, formazione tra-● interventi inefficaci: distribuzione di

Ma oltre alle evidenze scientifiche,vazioni locali.goli interventi agli ostacoli e alle moti-tegie multifattoriali che collegano i sin-ri risultati si ottengono utilizzando stra-locali al cambiamento: infatti, i miglio-venti, sia gli ostacoli e le motivazionisiderare sia l’efficacia dei singoli inter-strategia di implementazione deve con-minari, letture). Infine, che qualunque“tradizionali” (congressi, convegni, se-e le iniziative di formazione continuadistribuzione di materiale educazionaleinterventi inefficaci, in particolare latà ingente di risorse viene sprecata pernali. In secondo luogo, che una quanti-modificare i comportamenti professio-che non esistono “ricette magiche” per

nizzazione sanitaria può ispirarsi peresiste un esempio reale a cui un’orga-

di marketing, uso dei mass media e

volgimento di opinion leader, audit sul-generalmente raggiunti grazie al coin-continua, processi di consenso locale,get), varie iniziative di (in)formazioneimpresso su penne, ricettari e altri gad-uso di reminder (nome del prodottoche incontra i medici face-to-face),cazionali (l’informatore scientificomultifattoriale che include: visite edu-farmaceutica che utilizza una strategianuamente perfezionato dall’industriamente a quello messo a punto e conti-portamenti dei professionisti? Sicura-modificare in maniera efficace i com-

impopolari?dimenti al tempo stesso inefficaci e

riale, spesso contrastata da manage-re questa vincente strategia multifatto-

Riuscirà mai il nostro Ssn a emula-te dalla implementation science.cazione pratica delle evidenze prodot-indubbio che non esiste miglior appli-sione del lancio di nuove molecole - è

Alla luce dei risultati ottenuti daè ancora consentito.lati, visto che il direct-advertising nonmento attraverso le associazioni di ma-coinvolgimento dei pazienti, al mo-

5-11 giugno 2012pag 14-16

questa strategia - in particolare in occa-

le prescrizioni farmaceutiche, strategie

ment e politiche sanitarie con provve-

i comportamenti

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ANGOLO DI PENNA

di Nino Cartabellotta *

Il Sole 24 ORE Sanità

* Presidente Fondazione Gimbe

Etica della spending review:degli sprechi?

trattamento del carcinoma mammario metastaticocesso di razionamento è inadeguato riguarda il

Un caso di studio dove il dibattito etico sull’ec-costi.sono una delle cause principali di aumento deiche questi sprechi incidono almeno per il 30% ecosti. Infatti, le evidenze scientifiche dimostranospesso causano eventi avversi che generano altriinterventi sanitari inefficaci e/o inappropriati, cheidentificando come sprechi tutti i costi sostenuti per

Oggi, il dibattito etico si può risolvere solonuano indisturbati la loro escalation.mento dei costi (tecnologie, invecchiamento) conti-mio una tantum, perché i principali driver di incre-inoltre, questo approccio permette solo un rispar-ste incidono per meno del 10% dei costi sanitari;degli sprechi al costo delle frodi intenzionali, que-frodi e abusi. In realtà, limitando la definizioneproblema dei costi in Sanità si risolve eliminandodecisioni di politica sanitaria sostengono che il“collettivo”. Inoltre, alcuni economisti che ispiranoè obbligata a mantenere un rapporto fiduciariosono persone reali verso cui l’intera classe medicaobiezione è insensata, perché i pazienti privi di Leatà. Tuttavia, quando le risorse si esauriscono questaaspettative, senza considerare i costi per la comuni-finisce per soddisfare tutte le sue preferenze emantenere il rapporto fiduciario con il paziente,etica al razionamento è che ciascun medico, pernon sempre equo e giusto. La principale obiezionespesso ricorso a metodi di razionamento implicito,bero sempre essere rese esplicite, mentre oggi si fasecondo luogo, le modalità di razionamento dovreb-ni sanitarie non possono più essere garantiti; inca sanitaria deve scegliere quali servizi e prestazio-richiesto quando le risorse sono limitate e la politi-posti fondamentali: innanzitutto, il razionamento è

L’etica del razionamento poggia su due presup-appropriato delle risorse.della responsabilità professionale sull’utilizzozioni di politica sanitaria, sia una rivalutazionedi paradigma che presenta sia rilevanti implica-l’etica della riduzione degli sprechi, un cambiodi recente il dibattito si sta spostando verso“allocazione di risorse limitate”; tuttavia, solotema del contenimento dei costi inteso come

Da tempo la bioetica affronta il delicatospending review.(2012;366;1949-51) più che mai attuale in epoca disul New England Journal of Medicinedy, Università del Texas, chiude il suo contributoli?». Con questo spinoso interrogativo Howard Bro-un’assistenza sanitaria efficace a costi sostenibi-zienti da rischi evitabili, garantendo al tempo stesso

medici americani saranno all’altezza della«I situazione, impegnandosi a proteggere i pa-

Purtroppo se un tempo i medici, nel rispettodella spesa sanitaria.rando l’equità) sia di ridurre il trend di aumentodi interventi sanitari efficaci e appropriati (miglio-risorse consentirebbe sia di espandere la coperturale. Reindirizzare anche solo una frazione di taliinterventi che non offrono alcun beneficio misurabi-tinua a ignorare quanto denaro viene speso perfrodi intenzionali, la programmazione sanitaria con-

Se gli sprechi nella Sanità vanno ben oltre leglie.tico impoverimento delle pazienti e delle loro fami-mento) l’unico indicatore misurabile è un dramma-le assicurazioni non hanno coperto i costi del tratta-probabilità di benefìci è zero e che negli Usa (dovemolto limitata. Oggi le evidenze dimostrano che lasopravvivenza di pazienti con aspettativa di vitache questa terapia potesse aumentare del 10% laautologo di midollo osseo. Inizialmente, si pensavacon alte dosi di chemioterapia seguita da trapianto

della loro integrità professionale, rifiutavano di of-

attuazione. Se l’obiettivo è ridurre l’erogazione dietico, il vero problema si sposta sulle modalità di

Se eliminare gli sprechi diventa un mandatovi.beneficio causano spesso effetti avversi anche gra-e/o inappropriati oltre a non determinare alcundo luogo, test diagnostici e trattamenti inefficacitari efficaci e appropriati, anche se costosi; in secon-paziente dovrebbe essere privato di interventi sani-gia su differenti presupposti: innanzitutto, nessunlegata alla professionalità dei medici, perché pog-ca della riduzione degli sprechi è indissolubilmenterazionamento appartiene alla politica sanitaria, l’eti-cacia insufficienti o distorte. Pertanto, se l’etica delal cambiamento, conflitti d’interesse, prove di effi-noma dei professionisti condizionata da resistenzarichieste dei pazienti ma anche per decisione auto-inappropriati vengono prescritti non solo per leze dimostrano che interventi sanitari inefficaci e/odai pazienti o dai familiari, oggi consistenti eviden-frire un trattamento inutile anche quando richiesto

conseguenze sui posti di lavoro e sull’economiariduce gli utili dell’industria biomedicale con gravipermette di contenere la spesa sanitaria, dall’altrosanitari inefficaci e inappropriati se da un latoe sociali: una sostanziale riduzione degli interventietica, ma che genera complessi interrogativi politici

Inoltre, esiste un aspetto di minore rilevanzaforniscono risposte per il paziente individuale.li solo alle popolazioni selezionate, difficilmentecia degli interventi sanitari - oltre a essere applicabi-e controllati - il gold standard per valutare l’effica-solo in parte. Inoltre i risultati dei trial randomizzatiscientifiche forniscono risposte certe e definitiveinterventi inefficaci e inappropriati, le evidenze

risorse sprecate per interventi sanitari dove leze scientifiche. Bisogna iniziare a recuperare lemesso, anche alla luce dei limiti attuali delle eviden-tegia graduale costituisce un ragionevole compro-globale. Sicuramente, la pianificazione di una stra-

estendere gradualmente il criterio comparativo,“prove di inefficacia” sono ormai definitive ed

agisce secondo il principio di efficacia delle cure

perché l’art. 6 (Qualità professionale e gestionale)mento dei medici è inevitabile e indispensabile,

alla Sanità. Transitando dall’etica del razionamentonon equa distribuzione delle risorse da destinareto, in particolare quando saremo di fronte a unapoi, dovrà affrontare la sfida etica del razionamen-review, è indubbio che la politica sanitaria, prima odal ministero della Salute nel processo di spending

Consapevoli dell’urgenza delle misure previstecorrenti.degli sprechi diventano complementari e non con-l’etica del razionamento e quella della riduzionesprechi con ragionevole certezza. In questo modo,man mano che la ricerca individua altre fonti di

o riduzionerazionamento

del Codice deontologico afferma che «il medico

all’etica della riduzione degli sprechi, il coinvolgi-

nel rispetto dell’autonomia della persona tenendoconto dell’uso appropriato delle risorse».

pag 12-1410-16 luglio 2012

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ANGOLO DI PENNA

di Nino Cartabellotta *

Il Sole 24 ORE Sanità

* Presidente Fondazione Gimbe

pag 12-14

o strategie

nizzazioni sanitarie continuano a investireservizi erogati. Di conseguenza, tutte le orga-di una relazione diretta con la qualità deisfazione del paziente, sostenendo l’esistenzaSanità di vari strumenti per valutare la soddi-sfazione-profitti ha favorito la diffusione in

Dalla metà degli anni 80, la catena soddi-finalizzati a migliorarne lo stato di salute.tore e i suoi reali bisogni clinico-assistenzialirichieste inappropriate del paziente-consuma-centrata sul paziente è di ridurre il gap tra lePeraltro, uno degli obiettivi dell’assistenzaper aumentarne il livello di soddisfazione.tenuto a soddisfarne pretese e capricci solorispetto delle preferenze del paziente, non èta sul paziente, dove il medico nel pienosoddisfazione del paziente e assistenza centra-

Qui emerge la sostanziale differenza traprendere decisioni.mazioni e considera il suo punto di vista nelgli fornisce conforto, sostegno emotivo, infor-ziente è molto soddisfatto quando il medicooltre che per la qualità dell’hotellerie, il pa-misura la soddisfazione del paziente: infatti,due determinanti a condizionare in maggiormente valutabili a breve termine, sono le altreparticolare, poiché i risultati clinici sono rara-servizi alberghieri e dagli outcome clinici. Influenzata dalla relazione medico-paziente, daito simile alla soddisfazione del paziente, in-

In tal senso, la customer satisfaction è mol-comfort dei locali.personale, la qualità delle interazioni, ilnali del processo di acquisto: la cordialità delcondizionata soprattutto dagli elementi margi-valutare la qualità di prodotti e servizi, vienesoddisfazione dei consumatori, incapaci di

marketing per la customer satisfaction è fina-vendite, il grande interesse delle strategie di

le aspettative dei clienti. Considerato che ladotti e i servizi commercializzati soddisfanodei consumatori perché misura quanto i pro-ben diverso che affonda le radici nel mercatonota come qualità percepita, è un concetto

La soddisfazione del paziente, altrimentimigliori evidenze scientifiche.guidare le decisioni cliniche» sulla base dellescun paziente, assicura che siano questi aspetto di preferenze, bisogni e valori di cia-assistenza centrata sul paziente che «nel ri-za, efficacia, efficienza, tempestività, equità eutilizzando sei categorie di indicatori: sicurez-

Institute of Medicine suggerisce di misu-

lizzato a incrementare i profitti. In realtà, la

hanno messo in discussione la soddisfazionepazienti (Arch Intern Med 2012;172:405-11)studio successivo condotto su oltre 50.000Ambul Care Manage 2012;35:80-89) e unosfatti? Una recente revisione sistematica (Jsalute più favorevoli, rispetto a quelli insoddi-stenza sanitaria migliore e riportano esiti dipazienti molto soddisfatti ricevono un’assi-tutto, con gli outcome clinici? In particolare, icentralità nel processo assistenziale e, soprat-no la soddisfazione del paziente con la sua

In questo contesto, quali relazioni collega-soddisfazione-profitti.finanziarie, influenzate anche dalla catenagement sanitario è guidato dalle performancetrebbe sembrare altruistico, in realtà il mana-stenza, attraverso la loro soddisfazione, po-pazienti la valutazione della qualità dell’assi-l’assistenza erogata. Peraltro, se affidare aita quale irrinunciabile misura di qualità del-tempo e denaro per valutare la qualità percepi-

ni sanitarie, senza tener conto della loro realepestivo e opportunistico a servizi e prestazio-matore è strettamente legata all’accesso tem-

Oggi la soddisfazione del paziente-consu-loro status di salute.ne, ma causano effetti avversi peggiorando ilpeutiche che aumentano la loro soddisfazio-no un eccesso di prescrizioni diagnostico-tera-documentato, i pazienti più insistenti ottengo-dei pazienti sulle prescrizioni mediche è benderato che l’effetto induttivo delle richiestemaggiore di farmaci e test diagnostici. Consi-richieste prescrivendo un numero sempre

paradossali è che i medici, nel tentativo diLa plausibile spiegazione di questi risultati

clinici peggiori!ma generano costi maggiori e hanno risultatilutano eccellente il proprio status di salute,stenza. Infatti, i pazienti molto soddisfatti va-del paziente per misurare la qualità dell’assi-

L’ rare la qualità dell’assistenza sanitaria

del paziente, il medico calibra il processosuoi compensi dipendono dalla soddisfazioneperformance professionali e, addirittura, i

Purtroppo, quando la valutazione delle suene.cata prescrizione può generare insoddisfazio-sionale di rifiutarle, consapevole che la man-ste del paziente, il medico ha il dovere profes-evidenze scientifiche non supportano le richie-modo efficace ed efficiente. Di fatto, se lesoddisfare il paziente e utilizzare le risorse intenuto a bilanciare due esigenze contrastanti:sistema. Dal canto suo il medico è sempre piùutilità e, ancor meno, dei costi sostenuti dal

taria e di una fiducia incondizionata, oggi lePertanto, a dispetto della diffusione ubiqui-

za, efficacia e appropriatezza.ment), senza valutare adeguatamente sicurez-ci (overdiagnosis) e terapeutici (overtreat-prescrizione in eccesso di interventi diagnosti-decisionale sulla qualità percepita e cede alla

prestazioni sanitarie, nessuna spending re-dino-elettore come consumatore di servizi e

Ovviamente, legittimando il paziente-citta-scono un adeguato ritorno elettorale.to se oltre a fare “girare l’economia” garanti-mer satisfaction sono indispensabili, soprattut-to si espande, tanto più le indagini di custo-e prestazioni sanitarie. E quanto più il merca-domanda, sempre più inappropriata, di serviziessere sostenuto anche con l’aumento della

Oggi, in realtà, il mercato della salute deveappropriatezza, efficienza, equità.valutazioni oggettive di sicurezza, efficacia,che insufficiente se non viene integrata conper valutare la qualità dell’assistenza, oltresfazione dei pazienti è una misura inadeguataevidenze scientifiche concludono che la soddi-

4-17 settembre 2012

loro fidelizzazione genera un aumento delle

soddisfare i pazienti, esaudiscono tutte le loro

zio sanitario pubblico!view potrà mai rendere sostenibile un servi-

Customer satisfactiondi marketing?

prove diefficacia

bussola della Sanità:

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Le migliori evidenze scientifiche non vengono trasferite in maniera lineare alla pratica profes-sionale: infatti, accanto alla mancata prescri-zione di interventi sanitari efficaci, si assiste al continuo utilizzo di interventi inefficaci, inappropriati e, talvolta, dannosi per i pazienti. Tutti i comportamenti inappropriati (overuse, underuse, misuse) riducono l’efficacia dell’as-sistenza sanitaria, aumentano il rischio clinico per i pazienti e determinano un ingente spreco di denaro pubblico (sino al 30% secondo alcune recenti valutazioni), impossibile da identificare e contenere con gli strumenti dalle politiche di spending review.

Tra le strategie per ridurre i gap tra eviden-ze e pratica clinica negli ultimi anni vari sistemi sanitari sono stati sedotti dall’intrigante pay-for-performance (P4P), ossia l’erogazione di incentivi economici legati al raggiungimento di specifici indicatori di qualità. A livello interna-zionale, l’esperienza più rilevante è quella del Quality and outcomes framework (Qof) che nel Regno Unito prevede per i general practitioner una retribuzione integrativa (sino al 25%) lega-ta al raggiungimento di 147 indicatori di perfor-mance con un investimento di circa 1.3 miliardi di euro/anno.

Ma quali evidenze supportano questa co-stosa strategia di miglioramento?

Se in settori differenti dalla Sanità gli in-centivi possono migliorare motivazione e per-formance dei lavoratori, in ambito sanitario le prove di efficacia degli incentivi economici sono modeste e poco consistenti e non si conoscono i loro effetti sugli esiti dell’assistenza. In parti-colare, una Cochrane review ha dimostrato che in alcuni contesti gli incentivi sono efficaci su specifici outcome, ma conclude che «non esisto-no sufficienti evidenze per supportare, o meno, l’uso degli incentivi economici per migliorare la qualità delle cure primarie».Considerato l’enorme interesse dei sistemi sanitari per il P4P, Paul Glasziou et coll. han-no recentemente proposto una checklist per guidare chi intende utilizzare questa strategia avvincente, ma costosa al tempo stesso (BMJ 2012;345:e5047). Nella prima sezione della checklist sei domande permettono di valutare le basi scientifiche e organizzative per avviare un programma di P4P: se la risposta ad almeno una delle 6 domande è negativa, il programma di incentivazione dovrebbe essere differito o ab-bandonato. Le domande della seconda sezione supportano l’implementazione del programma di incentivazione. Sezione A. Valutazione delle basi scientifiche e organizzative per avviare un programma di pay-for-performance?

1. Il comportamento clinico desiderato miglio-ra gli esiti dei pazienti? Qualunque incentivo finalizzato a modificare i comportamenti pro-fessionali necessita di robuste evidenze che documentino che il comportamento clinico de-siderato migliora gli esiti dei pazienti. 2. Il comportamento clinico non desiderato persiste senza un intervento attivo? Prima di considerare un processo di cambiamento bi-sognerebbe disporre sempre di dati oggettivi sull’entità del problema e confermare che il comportamento indesiderato persiste nel tem-po. 3. Il comportamento professionale desidera-to può essere misurato con indicatori validi, affidabili e pratici? È indispensabile la defi-nizione di indicatori validi (capaci di misurare esattamente quanto atteso), affidabili (precisi e riproducibili) e pratici (raccolti di routine e sot-toposti a verifiche indipendenti). 4. Sono stati valutati fattori facilitanti e bar-riere al miglioramento del comportamento professionale? Barriere e fattori facilitanti do-vrebbero essere noti in fase di progettazione della strategia di cambiamento, perché la loro interazione determina se e in quanto tempo è possibile raggiungere e mantenere un cambia-mento della pratica professionale. 5. Gli incentivi economici sono più efficaci di altri interventi per modificare i comportamenti professionali? Diverse strategie sono efficaci nel modificare i comportamenti professionali, ma la maggior parte delle evidenze è debole, il repor-ting dei singoli interventi è incompleto, nessuna strategia da sola è efficace e i singoli studi ripor-tano miglioramenti modesti con imprevedibile variabilità. A rendere più ardua la sfida per di-mostrare che gli incentivi funzionano meglio di altre strategie, la letteratura psicologica dimostra l’importanza delle motivazioni intrinseche che possono essere ridotte dagli incentivi.6. I benefici degli incentivi economici sono superiori alle conseguenze negative non pre-viste? • Distogliere l’attenzione: gli incentivi pre-visti per una specifica area clinico-assistenziale possono distogliere l’attenzione dei professio-nisti, diminuendo le loro performance in altre aree.• Gaming: il professionista assume un comportamento opportunistico finalizzato a ottenere un vantaggio individuale che non necessariamente si traduce in benefici per il paziente. • Rischi per la relazione paziente-medico: l’obiettivo della consultazione si sposta dalle necessità dei pazienti al raggiungimento dei target previsti.

• Diseguaglianze nel raggiungimento dei target per età, genere, etnia, livello socio-economico.Sezione B. Implementazione di un program-ma di pay-for-performance?7. La struttura, le tecnologie e l’organizzazio-ne permettono di ottenere il cambiamento? Specifici ostacoli strutturali, tecnologici, or-ganizzativi possono impedire la modifica dei comportamenti professionali; di conseguenza, eventuali investimenti per superarli dovrebbero sempre precedere il programma di incentiva-zione. 8. Qual è l’entità adeguata dell’incentivo eco-nomico? A chi dovrebbe essere assegnato? Per quanto tempo dovrebbe essere erogato? L’entità dell’incentivo dovrebbe essere correla-to agli sforzi richiesti per ottenere il compor-tamento professionale desiderato, ma questa relazione non è documentata da studi empirici; i miglioramenti più consistenti conseguono all’incentivazione individuale e di team, piutto-sto che di intere organizzazioni. Probabilmente il miglior ritorno dell’investimento si ottiene da professionisti con le performance peggiori, premiando il grado con cui passano dalla per-formance attuale a quella desiderata. 9. Con quali modalità deve essere distribuito l’incentivo economico? Devono sempre essere definite in anticipo procedure e modalità per la distribuzione degli incentivi.10. Quali strumenti sono stati messi in atto per valutare l’efficacia del cambiamento? Le orga-nizzazioni sanitarie devono sempre monitorare i comportamenti clinici e i costi per valutare gli effetti del cambiamento indotto dagli incentivi.In definitiva, se c’è chi entusiasticamente so-stiene l’efficacia degli incentivi finanziari per migliorare il trasferimento delle nuove eviden-ze alla pratica clinica, le evidenze scientifiche dimostrano che i programmi di P4P presentano numerose insidie.Indubbiamente la checklist proposta, finaliz-zata a guidare chi progetta e implementa tali programmi, non è certo di alcuna utilità per le organizza-zioni sanitarie italiane che ancora oggi, spesso sulla scorta di accordi sindacali, distribuiscono gli incentivi “a pioggia” nel tentativo di accon-tentare tutti, ma senza motivare i professionisti alla modifica dei propri comportamenti.

* Presidente Fondazione GIMBE

La roulette russa degli incentivi per ridurre il gap tra evidenze scientifiche e pratica clinicadi Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità30 ottobre-5 novembre 2012

pag 18-20

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In uno scenario particolarmente critico per il Ssn, spettatore di un perenne conflitto istitu-zionale tra Governo e Regioni che ha portato perfino alla mancata sottoscrizione del Patto della salute, lasciando via libera alla scure che taglierà circa 13 miliardi di euro, è quanto mai istruttivo rileggere tre principi di evidence-based policy making enunciati dal Dpcm 21 novembre 2001 che ha introdotto i Livelli es-senziali di assistenza.

� «I Lea includono tipologie di assistenza, servizi e prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in ter-mini di salute, individuale o collettiva, a fronte delle risorse impiegate».

� «I Lea escludono tipologie di assistenza, servizi e prestazioni sanitarie che:– non rispondono a necessità assistenziali tute-late in base ai principi ispiratori del Ssn;– non soddisfano il principio dell’efficacia e della appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scien-tifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;– non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le mede-sime esigenze».

� «Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal Servizio sa-nitario nazionale, esclusivamente nell’ambito di appositi programmi di sperimentazione, autoriz-zati dal ministero della Salute».

È indubbio che, se correttamente e unifor-memente attuati, tali principi avrebbero potuto apportare uno straordinario contributo alla so-stenibilità del Ssn, perché attestano la volontà del legislatore di integrare le migliori evidenze scientifiche nelle decisioni di politica sanita-ria, in particolare nel finanziamento di servizi e prestazioni sanitarie essenziali. Si afferma, infatti, che il Ssn può rimborsare con il denaro pubblico solo gli interventi sanitari di docu-mentata efficacia, facendo esplicito riferimen-to alle evidenze scientifiche. Viceversa, servizi e prestazioni sanitarie inefficaci, inappropriati o caratterizzati da una limitata costo-efficacia non possono rientrare nei Lea. Infine, in assen-za di prove di efficacia definitive, in linea con una strategia di Ricerca&Sviluppo, l’erogazio-ne di interventi sanitari innovativi deve essere circoscritta all’interno di specifici programmi di sperimentazione.

Negli anni successivi, la storia legislativa dei Lea è molto scarna: infatti, a parte alcune in-tegrazioni minori, il testo di riferimento rimane quello originale. Da segnalare solo l’Intesa Sta-to-Regioni del 23 marzo 2005 che ha previsto l’istituzione del «Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Lea», che verifica la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal Ssn. Rimane solo nella memoria di pochi, come un ricordo ormai appannato, il Dpcm 23 aprile 2008 che aveva ridefinito i Lea (oltre 5.700 tipologie di prestazioni e servizi) e previsto il nuovo no-menclatore tariffario di presidi, protesi e ausili. Infatti, il decreto sui “nuovi Lea” è stato revo-cato nel luglio 2008 da un Governo diverso da quello che lo aveva elaborato per “mancata co-pertura finanziaria”!

Ma quali fattori prognostici sfavorevoli hanno condizionato l’applicazione adeguata e uniforme del decreto sui Lea che, almeno sulla carta, poteva cambiare il destino della Sanità italiana?

� Il Dpcm sui Lea non poteva tenere conto della concomitante modifica del Titolo V della Costituzione, entrata in vigore l’8 novembre 2001: si tratta infatti di un decreto la cui stesura è stata fortemente condizionata da un modello di sistema sanitario gestito a livello centrale. Peraltro, negli anni successivi, molte Regioni hanno introdotto Lea aggiuntivi senza tenere in alcuna considerazione i principi sull’efficacia-appropriatezza, sfruttando la loro autonomia in maniera opportunistica, per appagare la do-manda dei cittadini e ottenere consenso eletto-rale.

� I Lea prevedono un’articolazione dell’as-sistenza sanitaria in livelli, sottolivelli, servizi, prestazioni e procedure, ma non essendo mai stato definito l’elenco analitico delle prestazio-ni secondo i principi sopra enunciati, il monito-raggio dei Lea avviene esclusivamente a livel-lo macro. Di conseguenza, durante un ricovero ospedaliero appropriato, un’azienda sanitaria può erogare servizi, prestazioni e procedure inefficaci e inappropriate che consumano pre-ziose risorse.

� Il flusso per la definizione dei Lea a livel-lo di servizi e prestazioni sanitarie si è rivela-to talmente complesso, da andare in pensione dopo pochissime applicazioni pratiche: chirur-gia refrattiva, manutenzione impianti cocleari, densitometria ossea.

� La definizione di standard nazionali (linee guida, report di Hta), che avrebbero potuto supportare la verifica dei Lea soprattutto a li-vello di prestazioni è di fatto inconsistente: il

Sistema nazionale Linee guida non è mai de-collato e la produzione di Hta reports e Hori-zon Scanning dell’Age.Na.S. sembra avere su-bito un’improvvisa, e ormai prolungata, battuta di arresto.

� Dopo anni di polemiche sulla necessità di definire i costi standard, strumento indispensa-bile sia per un “bilancio preventivo” dei Lea, sia per il riparto del Fondo sanitario nazionale, lo schema di Dpcm non è ancora passato al va-glio della Conferenza Stato-Regioni.

� I fondi disponibili per la ricerca finaliz-zata (oltre 130 milioni di euro per gli anni 2011-2012) vanno ad alimentare altri bisogni: curiosando infatti tra i progetti finanziati dal bando precedente domina la ricerca di base, fa un timido capolino la ricerca clinica, mentre la ricerca organizzativa (health services research) è del tutto inesistente.

Di fatto, nel corso degli ultimi 11 anni, la progressiva resistenza delle autonomie regio-nali a riconoscere un decreto centralista, la mancata attuazione dei principi evidence-based e il ritardo nell’aggiornamento e nell’espansio-ne degli elenchi di servizi e prestazioni hanno progressivamente ridimensionato il ruolo dei Lea: non è più uno strumento per definire i cri-teri e monitorare l’appropriatezza di servizi e prestazioni sanitarie, a livello macro, meso e micro, ma adempie a una funzione esclusiva-mente finanziaria. Infatti, utilizzando la “gri-glia Lea”, un set di 21 indicatori per la verifica sintetica dell’adempimento sul mantenimento dei Lea, vengono individuate, rispetto all’im-piego delle risorse assegnate, le Regioni vir-tuose (adempienti) e quelle dissennate (rinviate al Piano di rientro).

Per venire ai giorni nostri, nel decreto Bal-duzzi il ministro ha dedicato ai Lea un intero articolo, ma - bando agli entusiasmi - si tratta solo di una dichiarazione di intenti che annun-cia l’aggiornamento sia dei Lea (con riferimen-to a malattie croniche, malattie rare e ludopatia) entro il 31 dicembre 2012, sia del nomenclatore tariffario entro il 31 maggio 2013.

Se la storia è maestra di vita, per prevenire possibili “colpi di spugna”, ai Lea non rimane che confidare nel Monti-bis!

* Presidente Fondazione GIMBE

La grande incompiuta dei Lea è madre della spending review?di Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità27 novembre-3 dicembre 2012

pag 20-22

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Tagliare i servizi o eliminare gli sprechi: una sfida ardua per il prossimo esecutivo. In condi-zioni di crisi economica esistono due strategie per sostenere le attività produttive: la prima consiste nell’investire meno risorse (tagli), la seconda nell’ottenere migliori risultati dalle risorse investite, previa identificazione ed eli-minazione degli sprechi.

Condizionato dall’inderogabile necessità di un risparmio diretto e immediato, il Gover-no Monti ha scelto la strategia dei tagli lineari: taglio dei posti letto, blocco delle assunzioni, riduzione dei rimborsi etc.

Nella conferenza stampa del 19 dicembre 2012 il Ministro Balduzzi ha fatto “chiarezza sui numeri della Sanità”: nel periodo 2012-2015 il Ssn dovrà rinunciare a quasi 25 miliar-di di euro tra il fabbisogno finanziario stimato ante-manovre e quello reale post-manovre (Dl 78/2010, Dl 98/2011, Dl spending review e de-creto di stabilità 2013).

Senza entrare nel merito dell’insoddisfa-zione di tutte le categorie di stakeholders, non sempre scevra da conflitti di interesse, è certo che l’entità e la rapidità dei tagli, oltre ad avere conseguenze negative per la salute dei cittadini - in particolare per le fasce socio-economiche più deboli - potrebbero determinare un impre-vedibile e non quantificabile incremento dei costi.

Eppure, negli ultimi anni la letteratura in-ternazionale ha fornito numerosi suggerimenti - alcuni dei quali ripresi in questa rubrica - per garantire la sostenibilità dei sistemi sanitari senza compromettere la qualità dell’assistenza. Ad esempio, in Usa, la sfida lanciata dall’Oba-macare per estendere a tutti i cittadini america-ni il diritto alla salute, ha mobilitato numerose istituzioni e diverse categorie di stakeholders sotto l’imperativo “Best Care at Lower Cost”, titolo di un recente report dell’Institute of Me-dicine.

La strategia alternativa a quella dei tagli lineari consiste nell’identificazione e riduzione degli sprechi per la quale Berwick ed Hack-barth (Jama 2012;307:1513-1516) si sono ispi-rati al modello dei “cunei di stabilizzazione” di Pacala e Socolow (Science 2004;305:968-972): per contenere le emissioni di CO2 ed evitare una catastrofe ambientale, ciascuna delle 15 strategie suggerite potrà riempire solo una porzione (cuneo) del triangolo di stabiliz-zazione.

La sfida per contenere gli sprechi in Sani-tà è analoga: le principali categorie di sprechi rappresentano cunei del triangolo di stabiliz-zazione per evitare il crollo del sistema sani-

tario. Infatti, persistendo le attuali modalità di gestione (business as usual), la continua ascesa degli sprechi rischia di assorbire un eventuale maggior gettito finanziario di risorse pubbliche e/o private.

Berwick e Hackbarth hanno identificato sei fonti maggiori di spreco che costituiscono almeno il 20% dei costi sanitari:

y Sottoutilizzo di interventi sanitari efficaci. Consegue principalmente ai gap tra ricerca e pratica: può ritardare o impedire la guarigione, aumentare le complicanze, richiedere ricove-ri ospedalieri e interventi sanitari più costosi, causare assenze dal lavoro.

y Inadeguato coordinamento dell’assistenza. Sono gli sprechi conseguenti al “rimbalzo” del paziente tra setting assistenziali diversi, in par-ticolare tra ospedale e territorio. Il coordina-mento dell’assistenza è particolarmente critico nei pazienti con malattie croniche, nei quali l’assistenza a livello di cure primarie deve es-sere integrata con interventi specialistici e ri-coveri ospedalieri, utilizzando tutte le strategie della transitional care.

y Sovra-utilizzo di interventi diagnostici e terapeutici. Overtreatment e overdiagnosis sono dovuti alla convinzione professionale e sociale che in medicina l’imperativo domi-nante è “more is better”, alimentando la me-dicina difensiva. È la categoria più consistente di sprechi che incrementa sia il rischio clinico dei pazienti sia i costi: procedure diagnostiche invasive per rassicurare i pazienti, ricoveri per malattie lievi o per malattie croniche sen-za esacerbazioni acute, costosissimi regimi di chemioterapia in pazienti neoplastici terminali, uso indiscriminato (misuse) di farmaci, scree-ning di efficacia non documentata etc.

y Complessità amministrative. Il sovracca-rico di obblighi burocratici sottrae tempo pre-zioso ai professionisti sanitari in un contesto dove, paradossalmente, i costi del personale amministrativo rappresentano una consistente voce di spesa del Ssn. Una categoria di spre-chi generata dunque da un mix tra eccessiva burocratizzazione, scarsa informatizzazione e ipertrofia del comparto amministrativo.

y Tecnologie sanitarie acquistate a costi ec-cessivi. La mancata definizione dei costi stan-dard e l’assenza di regole ben definite fanno sì che i costi di acquisizione delle tecnologie sanitarie siano molto più alti del loro valore reale, con differenze regionali assolutamente ingiustificate. In particolare, si assiste a una continua ascesa dei prezzi che, in un mercato regolamentato, dovrebbero risultare dai costi effettivi di produzione più un equo profitto.

y Frodi e abusi. Oltre che alle azioni frau-dolente (fatture false, truffe), gli sprechi con-seguono anche alle leggi, ai regolamenti e ai controlli cui tutti devono sottostare.

Secondo le stime di Berwick ed Hackbarth, i “cunei di stabilizzazione” valgono per la Sa-nità Usa almeno 558 miliardi di dollari/anno che, riportati alla nostra dimensione nazionale, rappresentano circa 25 miliardi di euro/anno, esattamente la stessa cifra che le manovre fi-nanziarie hanno eroso alla Sanità pubblica nel periodo 2012-2015.

Il prossimo esecutivo sarà in grado di scio-gliere la prognosi di una Sanità pubblica “lun-godegente in terapia intensiva”?

Indubbiamente è un’impresa ardua che ri-chiede riforme coerenti per identificare quale unico obiettivo del nostro insostituibile Ssn il miglioramento dello stato di salute della popo-lazione. Infatti, l’articolo 32 della Costituzione garantisce a tutti gli individui il diritto alla sa-lute, che non coincide con l’accesso tempesti-vo a tutti i servizi e prestazioni sanitarie, fonte di soddisfazione del consumatore e garanzia di ritorno elettorale. Ma per salvare il Ssn tutte le categorie di stakeholders sono davvero di-sponibili a rinunciare ai privilegi conquistati in 35 anni, grazie alla variabile interazione tra mancata programmazione, deriva regionalista, aziendalizzazione estrema, autonomie e resi-stenze professionali e involuzione del cittadino in consumatore?

* Presidente Fondazione GIMBE

Contro la spending del Governo Monti la ricetta del «best care at lower cost» firmata Obamadi Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità22-28 gennaio 2013

pag 12-14

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«Better care at the lower costs», lo slogan che imperava nel precedente Angolo di Penna, ha suscitato la curiosità di numerosi lettori che impone un approfondimento. Si tratta del tito-lo di un report dell’Institute of Medicine (Iom) che, invocando la necessità di un sistema sa-nitario basato sull’apprendimento permanente - learning health care system - offre soluzioni multifattoriali per migliorare il value dell’as-sistenza sanitaria, ossia il miglior risultato di salute ottenuto per unità monetaria utilizzata.

L’Iom ha pubblicato il report con un tem-pismo perfetto (settembre 2012), al fine di suggerire soluzioni ai candidati alle elezioni presidenziali per rispondere a due irrinun-ciabili necessità: controllare i costi dell’assi-stenza ed estendere l’accesso alle cure ai 45 milioni di cittadini sprovvisti di qualunque assicurazione.

Secondo il report dell’Iom oggi la sanità è «vittima dei progressi della scienza». In altre parole, la sostenibilità di tutti i sistemi sanitari è minata dalla eccessiva disponibilità di tec-nologie sanitarie, che immesse dai produttori sul mercato, con grande “maestria” incremen-tano i costi senza produrre benefici e, talvolta, aumentando i rischi per i pazienti.

In particolare, al di là delle evidenze che ne consentono l’immissione sul mercato, man-cano spesso le prove di efficacia comparativa tra differenti alternative diagnostico-terapeu-tiche, dimostrando che le innovazioni vengo-no introdotte nella pratica clinica sull’onda emotiva dell’entusiasmo, senza un’adeguata base scientifica.

A tal proposito il report sottolinea che il progresso del sistema sanitario passa attraver-so la promozione di una cultura che utilizza standard rigorosamente evidence-based per migliorare la salute e la qualità di vita dei pa-zienti.

Inoltre, se non è mai mancata la consape-volezza che i medici e la sanità possono essere responsabili di undertreatment, il report sot-tolinea che oggi stanno emergendo numerose evidenze sull’eccesso di medicalizzazione - overdiagnosis e overtreatment - con i relativi risvolti medico-legali, in gran parte ancora sconosciuti.

In questa prospettiva, il mondo professio-nale USA ha accettato la sfida lanciata dalla “Obamacare” con numerose iniziative fina-lizzate ad aumentare la consapevolezza che la percezione sociale e professionale “più assi-stenza = migliore assistenza” ha ormai imboc-cato il viale del tramonto e non solo per le irri-nunciabili esigenze di contenimento dei costi:

y nel maggio 2012 gli Archives of Internal Medicine hanno lanciato la sezione Less is More, con l’obiettivo di espandere le eviden-ze scientifiche che dimostrano che un’assi-stenza sanitaria meno aggressiva migliora gli esiti di salute;

y l’American Board of Internal Medicine (ABIM) Foundation - in collaborazione con Consumer Report - ha lanciato l’iniziativa Choosing Wisely, invitando le società scien-tifiche a raccomandare cinque procedure dia-gnostiche a cui medici e pazienti dovrebbero rinunciare. Il primo elenco delle prestazioni diagnostiche è già disponibile sul web (www.chossingwisely.org) e ulteriori 30 società scientifiche nel 2013 pubblicheranno le loro top 5 list;

y il New York Times, oltre a “congratularsi” con le società scientifiche che, rinunciando ai propri interessi, per la prima volta raccoman-dano “cosa non fare”, ha recentemente lancia-to una serie sull’eccesso di medicalizzazione ricevendo in poco tempo oltre mille segnala-zioni di overtreatment;

y il Dartmouth Institute for Health Policy and Clinical Practice ha organizzato, nel set-tembre 2013, la prima conferenza internazio-nale sulle prevenzione dell’overdiagnosis.

In prospettiva, il report dell’Iom delinea tre aree fondamentali di ricerca e sviluppo: incrementare la diffusione e l’utilità delle tec-nologie informatiche, migliorare le capacità organizzative e la scienza del management e porre il paziente al centro del sistema sanitario.

In particolare, un sistema sanitario basato sull’apprendimento permanente deve essere in grado di allineare scienza, tecnologie infor-matiche, relazioni medico-paziente, incentivi e cultura, al fine di promuovere tempestiva-mente il miglioramento continuo dell’effica-cia e dell’efficienza dell’assistenza sanitaria.

Scienza e tecnologie informatiche. Ac-quisire, gestire e distribuisce continuamente le migliori evidenze scientifiche per miglio-rare decisioni cliniche e qualità dell’assi-stenza, oltre a orientare le scelte dei pazienti. Inoltre, informatizzare tutti i processi clinico-assistenziali per generare e applicare in tempo reale le conoscenze necessarie a migliorare l’assistenza sanitaria.

Alleanza paziente-medico. Prendere in considerazione aspettative e preferenze dei pazienti, promuovendo il coinvolgimento e l’empowerment di pazienti, familiari e altri caregivers, quali membri fondamentali di un team clinico-assistenziale che mira all’ap-prendimento permanente.

Incentivi. Orientati a promuovere il mi-glioramento continuo, a identificare e ridurre gli sprechi e a premiare l’erogazione di un’as-sistenza sanitaria ad high value.

Trasparenza. Monitorare in maniera si-stematica sicurezza, qualità, appropriatezza di processi, costi ed esiti dell’assistenza e rende-re queste informazioni disponibili (accounta-bility and openness) sia per migliorare l’assi-stenza, sia per informare le scelte di medici, pazienti e familiari.

Cultura dell’apprendimento. Puntare sulla leadership professionale per diffonde-re il lavoro di squadra, la collaborazione e la flessibilità indispensabili a sostenere l’ap-prendimento continuo.

Supporto al sistema. Ridefinire con-tinuamente attività e processi assistenziali complessi attraverso la formazione continua di team, lo sviluppo di skills, l’analisi di si-stema, la diffusione di nuove informazioni, fornendo i feedback necessari per l’appren-dimento continuo e per il miglioramento del sistema.

Sebbene in Italia, sotto il vessillo di una sanità pubblica gratuita ed equa, il “triplete” costi elevati + assicurazioni + diseguaglian-ze non ha mai suscitato grandi entusiasmi per la sanità USA, questa sfida è meritevole di attenzione per l’impegno e la solidarietà di tutte le categorie di stakeholders per limita-re gli sprechi. In Italia, invece, la scomposta fibrillazione conseguente ai 25 mld di euro di tagli in un rovente clima pre-elettorale di pro-clami e desiderata, genera ben altre reazioni: ciascuna categoria di stakeholders manifesta esclusivamente l’esigenza di mantenere i pri-vilegi acquisiti, di ampliare la propria sfera di potere e interessi economici, senza cedere nulla nell’interesse del Ssn e, soprattutto, del paziente.

* Presidente Fondazione GIMBE

Più assistenza con meno risorse: mission impossible o realistico miraggio?di Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità19-25 febbraio 2013

pag 14;16

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In un momento di grande incertezza politica ed economica e, per ciò che riguarda la Sanità, di continue valutazioni sulla sostenibilità del Ssn, è indispensabile porsi questa semplice domanda: A che cosa serve realmente un Si-stema sanitario nazionale?

Le risposte potrebbero essere diverse: alla prevenzione, al controllo e al trattamento delle malattie? Alla protezione e promozio-ne della salute? Oppure, per citare l’atto co-stitutivo dell’Oms, al raggiungimento dello stato di completo benessere fisico, mentale e sociale? Ciascuno di questi obiettivi, preso singolarmente, è insufficiente e incompleto: innanzitutto, un «Ssn per le malattie» risulta poco convincente dal punto di vista sociale; in secondo luogo, protezione e promozione della salute da sole sono insufficienti a riconoscere la necessità di integrare Sanità pubblica e ser-vizi clinico-assistenziali; infine, il «completo benessere» è un concetto aulico, ma troppo astratto e poco utile a definire i princìpi per i quali diamo valore alla salute, tanto che Ri-chard Smith – past-editor del British Medical Journal – lo limitava ai «pochi secondi in cui alcune fortunatissime coppie riescono ad ave-re un orgasmo simultaneo».

Esaminando questo tema dalla prospettiva più ampia della politica, l’obiettivo più nobile di qualunque governo è quello di sostenere la dignità della popolazione, evitando di ricono-scere nei cittadini solo uno strumento per rag-giungere obiettivi politici ed economici più ampi, quale ad esempio l’aumento del Pil. In realtà, se il governo considera i cittadini come un valore assoluto e vuole assicurare digni-tà alla popolazione, ha il dovere di chiedersi costantemente: «Che cosa desiderano essere i cittadini? Che cosa sono in grado di fare?» al fine di permettere a ciascuno di loro - compa-tibilmente con le risorse disponibili - di sod-disfare le proprie aspirazioni, senza limitare ovviamente quelle degli altri. In altre parole, promuovere la dignità della popolazione si-gnifica garantire a tutti cittadini la capacità di fare le proprie scelte e la libertà di compierle. Tale capacità viene influenzata da tre cate-gorie di determinanti: le nostre abilità innate influenzate da genetica e fattori ambientali, il contesto politico, sociale ed economico in cui siamo inseriti e, ovviamente, il nostro stato di salute. E sono proprio vari indicatori relativi al nostro stato di salute che permettono al go-verno di valorizzarci: la durata e la qualità di vita, la capacità di mantenere la salute evitan-do violenze e traumi, il benessere psichico, la soglia del dolore, la capacità di esprimere sen-

timenti ed emozioni, l’attitudine a controllare l’ambiente in cui viviamo al fine di preservare e rafforzare la nostra salute.

I governi devono investire nei sistemi sa-nitari per offrire ai cittadini la libertà deside-rata che permette loro di essere e fare ciò che vogliono: di conseguenza, il fine ultimo di un sistema sanitario consiste proprio nell’offrire ai cittadini le migliori opportunità per sceglie-re la vita che desiderano vivere. Auspicabil-mente, tutte le scelte degli individui dovreb-bero essere orientate in direzione della salute, ma, secondo il principio della libertà di cura, questa è una decisione che spetta al singolo che non può e non deve essere imposta dal si-stema sanitario o dal governo.

In quest’ottica, è utile fare riferimento «all’approccio delle capacità» – sviluppato da Amartya Sen e Martha Nussbaum - uno stru-mento per la valutazione del benessere umano e delle politiche sociali che mirano a realizza-re tale benessere. Sia Sen che Nussbaum fan-no perno sull’idea di uno sviluppo inteso non come crescita economica, ma piuttosto come sviluppo umano, la cui realizzazione non può prescindere da elementi fondamentali quali la libertà, il benessere e quindi la salute.

L’approccio delle capacità applicato alla salute permette di identificare il fine ultimo di un sistema sanitario, confermando la rile-vanza delle politiche sanitarie nel costituire le fondamenta su cui poggia l’impegno dei go-verni per garantire la dignità a tutti i cittadini. Di conseguenza, gli indicatori del successo di un sistema sanitario non possono limitarsi a un set di outcome di salute (come quelli misu-rati dal Programma nazionale esiti), ma anche nell’insieme di libertà che il nostro status di salute ci concede per scegliere la vita che de-sideriamo.

Purtroppo, i limiti e le contraddizioni dei numerosi governi che si sono alternati negli ultimi decenni hanno pesantemente offuscato le prospettive a cui ciascuno di noi aspira per il proprio futuro perché:

- non hanno attuato il principio He-alth in All Policies, ovvero orientare tutte le decisioni di politica (non solo sanitaria, ma anche industriale, ambientale, sociale), met-tendo sempre al centro la salute dei cittadini;

- hanno permesso alla politica partiti-ca (politics) di avvilupparsi in maniera ormai indissolubile con le politiche sanitarie (poli-cies), determinando scelte condizionate da interessi di varia natura, da quelli più nobili a quelli penalmente perseguibili;

- accettano di essere continuamente

ostaggio dell’industria, sia perché un’eleva-ta domanda di servizi e prestazioni sanitarie genera occupazione, sia perché l’introduzione di specifiche misure di prevenzione rischia di ridurre posti di lavoro.

Oggi, in un clima di incertezze e insicu-rezze senza precedenti nella storia della Re-pubblica, il dibattito sulla sostenibilità del Ssn continua inevitabilmente ad affrontare criticità politiche (responsabilità pubblica della tutela della salute, riforma del Titolo V della Costituzione), organizzative (riforma delle cure primarie, riorganizzazione della rete ospedaliera) ed economiche (costi stan-dard, ticket, fondi integrativi), perdendo di vi-sta qual è il rischio reale per la popolazione. Il modello di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico è una conquista sociale irrinunciabile per l’eguaglianza di tutti i citta-dini: mettere in discussione la Sanità pubblica significa compromettere non solo la salute, ma soprattutto la dignità dei cittadini e la loro capacità di realizzare ambizioni e obiettivi che, in ultima analisi, dovrebbero essere viste dalla politica come il vero ritorno degli inve-stimenti in Sanità.

Indubbiamente, le “capacità” dei cittadini italiani meriterebbero finalmente un esecutivo in grado di “volare alto” nel pensiero politico, nell’idea di welfare e nella (ri)programmazio-ne socio-sanitaria, ma purtroppo nella nostra storia repubblicana sembra non avere fine la “maledizione” dell’ingovernabilità.

* Presidente Fondazione GIMBE

A che cosa serve realmente un sistema sanitario nazionale?di Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità23-29 aprile 2013

pag 18-19

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Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è un «si-stema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’eroga-zione equa delle prestazioni sanitarie», in at-tuazione dell’articolo 32 della Costituzione, secondo il quale «La Repubblica tutela la sa-lute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti». Da quando la somma-toria di varie manovre finanziarie ha sottratto alla Sanità pubblica una cifra stimata tra 25 (dallo Stato) ed oltre 30 miliardi di euro (dalle Regioni), ci troviamo a dissertare quotidiana-mente della sostenibilità del Ssn.

In realtà, questo nodo non è venuto al pettine all’improvviso perché negli ultimi vent’anni diversi fattori hanno silenziosa-mente contribuito alla progressiva crisi di sostenibilità del Ssn: il mutamento delle con-dizioni demografiche, economiche e sociali, la crescente introduzione sul mercato di fal-se innovazioni tecnologiche, le conseguenze della modifica del Titolo V della Costituzio-ne, il perpetuarsi delle ingerenze della politica partitica nella programmazione sanitaria, la “grande incompiuta” dei Lea, la gestione del-le aziende sanitarie come “silos” in continua competizione, l’evoluzione del rapporto pa-ziente-medico, l’involuzione del cittadino in consumatore di servizi e prestazioni sanitarie.

Chi oggi spalleggia la “non sostenibilità” del Ssn ha la certezza che, contrariamente ad altri mercati, quello della Sanità è regolato dall’offerta e non dalla domanda. Infatti, l’of-ferta di servizi e prestazioni sanitarie è in gra-do, al tempo stesso, di modulare e soddisfare la domanda: da un lato inducendo i consumi (professionisti, aziende sanitarie), dall’altro attuando il razionamento implicito (politica sanitaria). La persistenza di questo “anoma-lo mercato” è facilitata sia perché il finan-ziamento di servizi e prestazioni sanitarie si basa su criteri quantitativi (senza tenere conto dell’efficacia e dell’appropriatezza), sia per-ché la soddisfazione dei cittadini costituisce una garanzia di consenso elettorale.

In un simile contesto, il fine primario del Ssn non è più quello di “promuovere, mante-nere, e recuperare la salute fisica e psichica di tutta la popolazione” - come definito dalla legge 833/1978 - ma si identifica con l’eroga-zione di servizi e prestazioni sanitarie, secon-do logiche di profitto influenzate da conflitti di interesse a vari livelli. Oggi che la questio-ne della sostenibilità irrompe prepotentemen-te sulla scena, l’equilibrio offerta-domanda

rischia di saltare perché l’involuzione del Ssn ha generato una ipertrofia di strutture e servizi e un livello di inappropriatezza della doman-da che il finanziamento pubblico non è più in grado di mantenere. Da questo tunnel, tutta-via, si può uscire solo attuando una program-mazione sanitaria coerente con una di queste tre soluzioni:

y Aumentare il finanziamento del Ssn. Nella realistica impossibilità di disporre di ulteriori risorse pubbliche, le uniche possibilità sono rappresentate dall’intermediazione finanziaria e assicurativa dei privati (con aumento delle diseguaglianze sociali) e/o dall’aumento dei ticket. In ogni caso, persistendo lo status at-tuale, buona parte delle risorse aggiuntive an-drebbero a finanziare varie forme di sprechi.

y Effettuare tagli lineari. È la strada scelta sinora dalla politica: riduzione dei posti letto, blocco delle assunzioni, riduzione delle tarif-fe di rimborso per le prestazioni ospedaliere e ambulatoriali, soppressione di servizi. Sono molto semplici da attuare, ma rischiano di pri-vare un numero sempre più elevato di cittadi-ni da servizi essenziali e appropriati.

y Identificare e ridurre gli sprechi. Opera-zione molto complessa, quasi una mission im-possible in assenza di chiare linee di indirizzo e del coinvolgimento di tutte le categorie di stakeholders. Tuttavia, volgendo lo sguardo oltre confine, sembra la soluzione preferita dai sistemi sanitari più avanzati.

In realtà, prima ancora di porsi il proble-ma della sostenibilità del Ssn, per assumere una linea politico-programmatica coerente, il nuovo esecutivo dovrebbe rispondere a una domanda fondamentale: il programma di go-verno restituirà allo Stato la tutela della salute pubblica? Oppure intende consegnarla defini-tivamente alle derive regionaliste puntellate da finanziamenti privati?

Infatti, senza analizzare le disastrose con-seguenze della modifica del Titolo V della Costituzione, è indubbio che oggi fatti e dati smentiscono continuamente l’universalità, l’uguaglianza e l’equità, ovvero i princìpi fondamentali su cui si basa il Ssn. Infatti, le inaccettabili diseguaglianze regionali docu-mentano che l’universalità e l’equità di acces-so ai servizi sanitari, la globalità di copertura in base alle necessità assistenziali dei cittadi-ni, la portabilità dei diritti in tutto il territorio nazionale e la reciprocità di assistenza tra le Regioni rappresentano ormai un lontano mi-raggio. Inoltre, la stessa attuazione dei princi-pi organizzativi del Ssn, indispensabili per la programmazione sanitaria, è parziale e spesso

contraddittoria: infatti, la centralità della per-sona, la responsabilità pubblica per la tutela del diritto alla salute, la collaborazione tra i livelli di governo del Ssn, la valorizzazione della professionalità degli operatori sanitari e l’integrazione socio-sanitaria presentano in-numerevoli criticità.

In attesa di risposte concrete e coerenti dal nuovo esecutivo, la Fondazione Gimbe ha lanciato il progetto Salviamo il nostro Ssn (www.salviamo-SSN.it) cui tutti gli attori del-la Sanità italiana, cittadini inclusi, potranno contribuire attivamente, a partire dalla sotto-scrizione dei seguenti princìpi:

y un servizio sanitario pubblico, equo e uni-versalistico rappresenta una conquista sociale irrinunciabile per l’eguaglianza e la dignità di tutti i cittadini italiani;

y le scelte politiche e le modalità di piani-ficazione, organizzazione ed erogazione dei servizi sanitari hanno messo progressivamen-te in discussione l’articolo 32 della Costitu-zione e i principi fondamentali del Ssn;

y il protrarsi di questo status ha determinato inaccettabili diseguaglianze, sta danneggian-do la salute dei cittadini e rischia di compro-mettere la dignità delle persone e la loro capa-cità di realizzare le proprie ambizioni;

y lamentare un finanziamento inadeguato, senza essere propositivi, fornisce un alibi per smantellare il Ssn, spiana la strada all’inter-mediazione finanziaria e assicurativa dei pri-vati e aumenta le diseguaglianze sociali.

Il 23 dicembre 2013 ricorre il 35° com-pleanno del Ssn: i cittadini italiani potranno festeggiare questa grande conquista sociale? Alle Istituzioni non rimane molto tempo per confermare definitivamente che la fiscalità generale concorre a finanziare un servizio sanitario realmente pubblico, equo e univer-salistico.

* Presidente Fondazione GIMBE

A chi è affidata oggi la tutela della salute? I cittadini meritano risposte coerentidi Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità21-27 maggio 2013

pag 16-18

Page 22: Versione del - GIMBE · 2017. 12. 21. · volgimento di opinion leader, audit sul-generalmente raggiunti grazie al coin-continua, processi di consenso locale, get), varie iniziative

L’indagine conoscitiva avviata congiuntamen-te dalle commissioni Affari Sociali e Bilancio e Tesoro della Camera ribadisce la volontà del nuovo esecutivo di mantenere la qualità dell’assistenza in un regime di risorse sempre più limitate. Se l’obiettivo è quello di «fermare la politica dei tagli lineari» e «avviare una sana spending review che colpisca la spesa sanitaria inappropriata», è indispensabile attuare tutte le strategie per ridurre varie tipologie di sprechi, tra cui il sovra-utilizzo di interventi diagnostici (overdiagnosis) e terapeutici (overtreatment).

Il termine “overuse” identifica, infatti, l’utilizzo di un intervento sanitario che diffi-cilmente migliora gli esiti del paziente e per il quale i potenziali rischi superano i possibili benefici. Si tratta di un fenomeno strettamen-te legato alla convinzione professionale e so-ciale che in Sanità l’imperativo dominante è “more is better”, ma che genera, dal punto di vista economico, la categoria più consistente di sprechi: procedure diagnostiche invasive per rassicurare i pazienti, ricoveri per malattie lie-vi o per malattie croniche senza esacerbazioni acute, costosissimi regimi di chemioterapia in pazienti neoplastici terminali, uso indiscrimi-nato di farmaci, screening di efficacia non do-cumentata, etc.

Da molti anni società scientifiche e altre organizzazioni sviluppano indicatori per moni-torare il sotto-utilizzo (underuse) di interventi diagnostico-terapeutici efficaci, ma solo recen-temente gli sforzi si sono concentrati anche su quelli non necessari portando allo sviluppo di indicatori di overuse: in particolare, una delle iniziative più note è Choosing Wisely con la sua “lista negativa” di oltre 130 test diagnostici e trattamenti superflui identificati dalle princi-pali società scientifiche americane.

Considerato che gli standard per svilup-pare e valutare l’impatto degli indicatori di overuse non sono ancora ben definiti, Jason Mathias e David Baker hanno recentemente precisato (Jama 2013;309:1897-8) che durante lo sviluppo, l’implementazione e la valutazio-ne di tali indicatori è indispensabile conside-rare due problematiche fondamentali: il livello di evidenza e la minimizzazione delle possibili conseguenze indesiderate.

Livello di evidenza richiesto per definire l’overuse. Idealmente, gli indicatori di overu-se dovrebbero essere limitati agli interventi diagnostico-terapeutici per i quali esistono robuste prove di inefficacia; inoltre, dovrebbe essere disponibile almeno una linea guida che raccomandi di non utilizzare l’intervento sa-nitario, ad eccezione di specifiche condizioni cliniche. In realtà, esistono buone ragioni per

sviluppare indicatori di overuse anche con li-velli di evidenza meno robusti: infatti, anche se non esistono evidenze dirette che controin-dicano l’utilizzo di un test diagnostico o di un trattamento, è ragionevole limitarne l’uso se questo non si è dimostrato efficace. Inoltre, anche in presenza di “prove di inefficacia” di un intervento sanitario, le linee guida tendono a non esprimersi esplicitamente contro l’utilizzo, sia perché gli autori sono poco abituati a for-mulare raccomandazioni negative, sia perché temono reazioni da parte dei medici o dei pa-zienti. Pertanto, nello sviluppo degli indicatori di overuse, il livello delle evidenze richieste varia in relazione ai potenziali rischi e benefici dell’intervento sanitario esaminato: in partico-lare, se i potenziali rischi sono gravi, l‘assenza di prove di efficacia è sufficiente per definire un indicatore di overuse. Infine, chi sviluppa gli indicatori di overuse dovrebbe considerare rischi e costi complessivi della cascata di test diagnostici e/o di trattamenti che si genera con la prescrizione di un intervento iniziale.

Minimizzare le potenziali conseguenze indesiderate. Quale principio generale, gli in-dicatori di overuse devono essere molto speci-fici (classificando correttamente un intervento sanitario come overuse), rinunciando alla loro capacità di identificare tutti i casi di overuse (sensibilità). Considerato che gli indicatori di overuse possono involontariamente determi-nare il sottoutilizzo di procedure diagnostico-terapeutiche efficaci, i sottogruppi di pazienti per i quali l’intervento sanitario può migliorare gli esiti devono essere esclusi. Ad esempio, i pazienti con dolore lombare che presentano red flags (es. cancro, febbre, debolezza) dovrebbe-ro essere esclusi dagli indicatori di overuse della risonanza magnetica (Rm), perché i be-nefici della Rm sono superiori ai rischi; analo-gamente, i pazienti che assumono anticoagu-lanti dovrebbero essere esclusi dagli indicatori di overuse della Tac cerebrale a seguito di un trauma cranico.

Mathias e Baker identificano diverse ca-tegorie di potenziali conseguenze indesiderate degli indicatori di overuse, riportando i relativi esempi:yy Sottoutilizzoydiyinterventiysanitariyracco-

mandati: misurare l’overuse della scintigrafia ossea per stadiare pazienti oncologici a basso rischio di metastasi può determinare l’underu-se del test in pazienti ad alto rischio di meta-stasi, per i quali tale indagine è raccomandata.yy Sottoutilizzoydiyaltriyinterventiysanitariy

correlati: misurare l’overuse dello screening per il carcinoma della cervice uterina nelle donne a basso rischio può determinare l’un-

deruse di altri interventi di prevenzione (es. screening mammografico).yy Utilizzoyinappropriatoydiyunydifferentey

settingyassistenziale: misurare l’overuse di test di imaging alla colonna lombare in un setting di cure primarie può indurre i medici di fa-miglia a inviare agli specialisti tutti i pazienti con dolore lombare, oppure in pronto soccorso per eseguire tali test.yy Incrementatoyutilizzoydiytestyoytrattamentiy

alternativi: misurare l’overuse delle Rx della colonna lombare può incrementare l’uso della risonanza magnetica. yy Deterioramentoydellayrelazioneymedico-

paziente: misurare l’overuse degli antibiotici per la bronchite può interferire negativamente nella relazione medico-paziente per la man-cata prescrizione di un farmaco richiesto dal paziente.yy Insoddisfazioneydeiymediciyperylayraccoltay

diyindicatori: un numero eccessivo di indi-catori determina insoddisfazione nei medici e rischia di generare comportamenti oppor-tunistici (gaming) finalizzati a migliorare la performance misurata da tali indicatori, senza migliorare l’assistenza.yy Conseguenzeynegativeyperylaysalutey

pubblica: misurare l’overuse di emocolture può portare ad una ridotta disponibilità di dati necessari per tracciare nel tempo la resistenza agli antibiotici.

Se attentamente sviluppati, implementati e monitorati, gli indicatori di overuse, oltre a offrire un notevole contributo alla riduzione degli sprechi, possono migliorare la sicurezza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e diffondere la consapevolezza professionale e sociale che oggi in sanità l’imperativo dominante non può che essere “less is more”.

In ogni caso, se è indispensabile contra-stare tutti gli eccessi di prestazioni sanitarie, le diverse categorie di stakeholders dovranno lavorare di fino per evitare le potenziali conse-guenze indesiderate degli indicatori di overuse, inclusi i contenziosi medico-legali sempre in agguato in tutte le occasioni in cui il cittadino-consumatore percepisce che potrebbe avere di più dalla Sanità pubblica.

* Presidente Fondazione GIMBE

Eccesso di prestazioni diagnostico-terapeutiche: tagliare sì, ma con cautela!di Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità25 giugno-1 luglio 2013

pag 15-16

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Il rispetto per l’autonomia decisionale del pa-ziente ha generato l’idea errata che cambiare le convinzioni degli altri costituisce una vio-lazione etica, in quanto forma di coercizione o paternalismo. In realtà, la persuasione non è necessariamente paternalistica o coercitiva e oggi rappresenta una componente essenziale della moderna pratica clinica.

Secondo David Shaw e Bernice Elger (Jama 2013;309:1689-90) esistono tre forme di persuasione: la prima consiste nel rimuo-vere i preconcetti del paziente; la seconda nel raccomandare le possibili alternative diagno-stico-terapeutiche, riportando evidenze e mo-tivazioni; la terza richiede di generare nuovi preconcetti, rischiando di sconfinare nella manipolazione non etica. Nella relazione pa-ziente-medico, la prima forma di persuasione è sempre indispensabile, la seconda sempre ammissibile, ma a volte inadeguata, la terza è generalmente inaccettabile, tranne in rare eccezioni.

Rimuovere i preconcetti. I preconcetti sono bias cognitivi che, generando errate con-vinzioni, influenzano negativamente le deci-sioni del paziente: di conseguenza la loro ri-mozione rappresenta la forma di persuasione più importante. A esempio, il bias di omissio-ne porta il paziente a scegliere una non-azio-ne, anche se le conseguenze sono più gravi di quelle determinate da una specifica azione. Inoltre, spesso i pazienti danno priorità alle aspettative a breve termine rispetto a quelle a lungo termine: a esempio, alcuni rifiutano la chirurgia per paura, anche se le conseguenze a lungo termine sono molto più gravi. O ancora, se i benefici del vaccino morbillo-parotite-rosolia nei bambini sono inequivocabili, molti genitori sono preoccupati dei possibili rischi a causa dei pregiudizi dai detrattori delle vacci-nazioni, oltre che da studi fraudolenti.

I medici devono rimuovere questi precon-cetti attraverso una corretta informazione dei pazienti, facendo leva, se necessario, anche sulla loro sfera emotiva: a esempio, a chi ha paura di sottoporsi a un intervento chirurgico sarebbe opportuno chiedere quanto la paura di morire sia superiore a quella della chirurgia.

La differenza tra informare e persuadere sta nel fatto che nella persuasione il medico non si limita esclusivamente a fornire infor-mazioni al paziente, assicurandosi che le ab-bia comprese, ma trae conclusioni esplicite da quelle informazioni. Peraltro, fornire solo informazioni oggettive in maniera impersona-le, senza persuadere il paziente, potrebbe non

soddisfare nemmeno i criteri del consenso in-formato.

Raccomandare le opzioni diagnostico-terapeutiche. Una volta rimossi i preconcetti, il medico può valutare convinzioni e aspetta-tive del paziente, sulla base delle quali racco-mandare la migliore opzione diagnostico-te-rapeutica. In questa fase, il medico dovrebbe evitare di “arricchire” di segni subliminali le informazioni relative alla sua opzione preferi-ta, che rischiano di avere un’inopportuna in-fluenza o di generare incomprensioni. D’altro canto, i medici che rifiutano di rivelare la linea diagnostico-terapeutica preferita rischiano di privare i pazienti di informazioni rilevanti, rendendoli incapaci di fornire un consenso re-almente informato. Pertanto, il medico è sem-pre tenuto a riportare benefici e rischi di tutte le opzioni diagnostico-terapeutiche, facendo sempre riferimento alle migliori evidenze scientifiche ed evitando, in questa fase della persuasione, di essere influenzato dai propri conflitti di interesse.

L’uso adeguato della persuasione è stret-tamente legato alle evidenze scientifiche di-sponibili: infatti, al di là della rimozione dei preconcetti, difficilmente il medico potrà ef-fettuare una persuasione efficace in assenza di evidenze. Invece, quando le decisioni dipen-dono prevalentemente da valori e preferenze individuali e molto poco o nulla dalle evi-denze scientifiche, il medico dovrebbe lasciar decidere il paziente e limitarsi a dichiarare cosa farebbe nella stessa situazione, ma solo se richiesto dal paziente per evitare qualunque forma di coercizione.

Generare nuovi preconcetti. Considera-ta l’importanza della trasparenza, la creazione di nuovi bias cognitivi è inaccettabile se non in rarissime eccezioni. A esempio, per convin-cere le pazienti a eseguire la mammografia di screening, alcuni medici possono scegliere di comunicare la riduzione del rischio di morta-lità per carcinoma della mammella in termini relativi piuttosto che assoluti, sovrastimando i potenziali benefici dello screening. Di con-seguenza, l’uso del rischio relativo, che può portare alla manipolazione del paziente, è am-missibile solo in casi estremi: ad esempio per un paziente con una irrazionale fobia per gli aghi che rischia la vita in assenza di un tratta-mento per via endovenosa.

La persuasione è una componente es-senziale della moderna pratica clinica e può essere impossibile rispettare l’autonomia del paziente senza farvi ricorso: tuttavia, secondo

Shaw e Elger, i medici che vogliono utilizza-re una evidence-based persuasion dovrebbero assicurarsi di:

y rimuovere i preconcetti del paziente al fine di “sgombrare il campo” e cogliere le sue reali aspettative;

y fornire informazioni evidence-based sui benefici e i rischi degli interventi sanitari;

y offrire un’interpretazione razionale di queste informazioni, incluse le proprie con-vinzioni sulla migliore decisione;

y utilizzare la razionalità, piuttosto che le emozioni, pur facendo leva sulla sfera emoti-va del paziente

y evitare di generare nuovi preconcetti; y essere sensibili al cambiamento delle pre-

ferenze del paziente, perché una persuasione efficace può modificare le sue prospettive.

La persuasione è uno strumento mol-to potente che il medico deve utilizzare con grande professionalità: infatti, se non utilizza le migliori evidenze scientifiche disponibili o se non mantiene un atteggiamento di traspa-renza, la persuasione etica rischia di sfociare in manipolazione paternalistica. Peraltro, in un momento in cui gli sprechi conseguenti all’overuse (sovra-utilizzo di prestazioni inef-ficaci e inappropriate) e all’underuse (sotto-utilizzo di prestazioni efficaci e appropriate) erodono pesantemente le risorse del Ssn, una evidence-based persuasion, oltre a rinforzare l’alleanza paziente-medico, migliora l’ap-propriatezza delle scelte dei pazienti, riduce il consumismo sanitario e offre un contributo rilevante nel ridurre gli sprechi e, in ultima analisi, nel migliorare la sostenibilità dei si-stemi sanitari.

* Presidente Fondazione GIMBE

Convincere il paziente: persuasione etica o manipolazione paternalistica?di Nino Cartabellotta*

Il Sole 24 ORE Sanità30 luglio-9 settembre 2013

pag 15;17

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