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1/16 VERIFICA DEI REPORT DI SOSTENIBITITÀ Introduzione Avevamo già scritto su queste colonne, insieme con Chiara Piconi, come la Responsabilità Sociale d’lmpresa reclami una certa dose di formalità giuridica per acquisire la dignità ed il ruolo ufficiale che merita nella vita dell’impresa. Il passaggio in Assemblea, delle informazioni non financial unitamente al Bilancio d’esercizio, può conferirle questa dignità. L’Assemblea dei soci valuta così tutti gli aspetti che contribuiscono, pur con pesi diversi, al benessere della società. Il successivo deposito poi, ai sensi dell’art. 2435 c.c., dei documenti specificatamente approvati (il solo Bilancio e cioè: Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota integrativa), e di quelli a corredo (Relazione sulla Gestione, Relazione del Collegio Sindacale, Relazione del Revisore Legale dei Conti) permette il libero accesso ad un’informativa più completa. Per logica conseguenza, le informazioni socio-ambientali, ancor più se analizzate unitamente alle informazioni contabili, necessitano di essere verificate. Le aziende che adottano le c.d. best practice spesso richiedono un’attestazione del livello di adesione dei loro Report di Sostenibilità agli standard e ai principi utilizzati per la costruzione della rendicontazione di tipo socio-ambientale (ESG). Dobbiamo ricordare, però, che le varie linee guida esistenti per la redazione dei Report non entrano nel merito delle dichiarazioni dell’impresa e dunque l’attestato del livello di adesione ottenibile, di solito, passa inevitabilmente attraverso la formula “self-declared”. Questo problema ha portato le aziende a ricercare anche un’altra azione di carattere etico consistente nel richiedere una “asseverazione” da parte di un terzo indipendente, allo scopo di ridurre il rischio di eccessiva autoreferenzialità dei Report di Sostenibilità. E questa asseverazione consiste in “un’attestazione di conformità procedurale che permetta di essere ragionevolmente sicuri che il sistema di rendicontazione risponde al modello prescelto”. Essa dunque non ha valore di certificazione della “gestione responsabile”, ma contribuisce ad evitare che il Report contenga errori od ometta dati significativi. Si comprende quindi come queste asseverazioni ancora non possano garantire i Report. Agli interpreti e agli studiosi il compito di approfondire la materia, per vedere fin dove è possibile spingersi per dotare l’asseverazione del Report di Sostenibilità di una valenza che possa anche fornire giudizi di merito sui contenuti del Report. ll lavoro che segue è una interessantissima ed approfondita analisi sull’argomento, sia per la conoscenza che per i possibili sviluppi professionali di noi commercialisti. 30 maggio 2011 – GC

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VERIFICA DEI REPORT DI SOSTENIBITITÀ

Introduzione

Avevamo già scritto su queste colonne, insieme con Chiara Piconi, come la Responsabilità Sociale d’lmpresa reclami una certa dose di formalità giuridica per acquisire la dignità ed il ruolo ufficiale che merita nella vita dell’impresa. Il passaggio in Assemblea, delle informazioni non financial unitamente al Bilancio d’esercizio, può conferirle questa dignità.

L’Assemblea dei soci valuta così tutti gli aspetti che contribuiscono, pur con pesi diversi, al benessere della società. Il successivo deposito poi, ai sensi dell’art. 2435 c.c., dei documenti specificatamente approvati (il solo Bilancio e cioè: Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota integrativa), e di quelli a corredo (Relazione sulla Gestione, Relazione del Collegio Sindacale, Relazione del Revisore Legale dei Conti) permette il libero accesso ad un’informativa più completa. Per logica conseguenza, le informazioni socio-ambientali, ancor più se analizzate unitamente alle informazioni contabili, necessitano di essere verificate.

Le aziende che adottano le c.d. best practice spesso richiedono un’attestazione del livello di adesione dei loro Report di Sostenibilità agli standard e ai principi utilizzati per la costruzione della rendicontazione di tipo socio-ambientale (ESG). Dobbiamo ricordare, però, che le varie linee guida esistenti per la redazione dei Report non entrano nel merito delle dichiarazioni dell’impresa e dunque l’attestato del livello di adesione ottenibile, di solito, passa inevitabilmente attraverso la formula “self-declared”.

Questo problema ha portato le aziende a ricercare anche un’altra azione di carattere etico consistente nel richiedere una “asseverazione” da parte di un terzo indipendente, allo scopo di ridurre il rischio di eccessiva autoreferenzialità dei Report di Sostenibilità. E questa asseverazione consiste in “un’attestazione di conformità procedurale che permetta di essere ragionevolmente sicuri che il sistema di rendicontazione risponde al modello prescelto”. Essa dunque non ha valore di certificazione della “gestione responsabile”, ma contribuisce ad evitare che il Report contenga errori od ometta dati significativi.

Si comprende quindi come queste asseverazioni ancora non possano garantire i Report.

Agli interpreti e agli studiosi il compito di approfondire la materia, per vedere fin dove è possibile spingersi per dotare l’asseverazione del Report di Sostenibilità di una valenza che possa anche fornire giudizi di merito sui contenuti del Report.

ll lavoro che segue è una interessantissima ed approfondita analisi sull’argomento, sia per la conoscenza che per i possibili sviluppi professionali di noi commercialisti.

30 maggio 2011 – GC

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SOSTENIBILITÀ E ASSEVERAZIONE

DIMENSIONE DEI FENOMENI,

STANDARD DI ASSEVERAZIONE E

TEMI PERLA PROFESSIONE CONTABILE

di Lorenzo Magrassi 1 e Paolo Palombelli

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CONTESTO DI RIFERIMENTO: EVOLUZIONE DEL SUSTAINABILITY

REPORTING E DELLA SUSTAINABILITY ASSURANCE

Obiettivo dell’articolo è quello di focalizzare l’attenzione sul tema dell’asseverazione dell’informativa non economico-finanziaria (non-financial) e dei report di sostenibilità (sustainability assurance), illustrando gli standard attualmente più diffusi nell’esercizio di tale attività professionale e fornendo una panoramica sui possibili scenari che è possibile scorgere sulla base dell’approccio al tema da parte della professione contabile. Una efficace introduzione al tema non può prescindere dall’esposizione dello stato dell’arte della diffusione della rendicontazione di sostenibilità (sustainabilty reporting), cui in questa sede, per semplicità espositiva, saranno ricondotti senza particolari distinzioni i report di sostenibilità, i report di corporate social responsibility (CSR), e ogni altro documento che pubblichi informazioni CSR non economico-finanziarie.

1 Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. 2 Dottore commercialista e revisore legale, componente della Commissione “Consulenza ambientale” del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Nell’ambito del confronto relativo allo sviluppo dell’informativa societaria economico-finanziaria, che riguarda il processo di formazione del bilancio – inteso come insieme di prospetti contabili quantitativi e qualitativi finalizzati a fornire una rappresentazione della posizione finanziario-patrimoniale e il risultato economico del periodo di un ente in funzionamento – è maturata la consapevolezza, da parte tanto di organismi istituzionali e tecnici quanto di altre tipologie di stakeholder del sistema economico-sociale, della rilevanza delle informazioni non-financial ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione dell’azienda, dell’andamento e del risultato della sua gestione, delle sue prospettive di creazione di valore non solo economico.

Secondo i dati raccolti al 2010 dal CorporateRegister, il trend di crescita dei report di sostenibilità pubblicati nel tempo risulta evidente, sia in un contesto internazionale sia con riferimento alla realtà italiana3.

3 Fondata nel 1998, CorporateRegister.com è la più grande directory mondiale online di report non-financial, che ha raccolto da varie fonti quasi 32.000 report di corporate social responsibility (CSR), report di sostenibilità, report sociali e report ambientali (pubblicandone in media 3.500 ogni anno), di oltre 7.700 organizzazioni di 158 diversi Paesi. Si tenga presente che si tratta pur sempre di un “campione” di organizzazioni, in quanto l’attività di reperimento dei bilanci da parte di CorporateRegister si fonda principalmente sull’invio volontario dei medesimi bilanci da parte di imprese ed enti di diversa natura, bilanci pubblicati quindi da tipologie di organizzazioni diverse, con riguardo al settore produttivo, al contesto geografico di riferimento, alla dimensione e alla proprietà (pubblica o privata).

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Figura 1

Numero di report di sostenibilità di tutti i settori e di tutti i Paesi nella directory del CorporateRegister nel periodo 1992/2010

Fonte: CorporateRegister.com.

Figura 2

Numero di report di sostenibilità per Paese nel periodo 1992/2006

Fonte: CorporateRegister.com.

Figura 3

Numero di report di sostenibilità per Paese nel periodo 1992/2010

Fonte: CorporateRegister.com.

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Dal confronto tra i report di sostenibilità pubblicati nei periodi 1992/2006 e 1992/2010 emergono le seguenti dinamiche:

• l’Italia è stata contraddistinta da un incremento maggiore relativamente ad altri Paesi, che le ha consentito di sopravanzare il Canada nel numero totale di report di sostenibilità pubblicati;

• tra i Paesi europei, si rileva la crescita della Spagna (passata dall’12° all’8° posto);

• tra i Paesi extraeuropei, il Brasile risulta quello in cui si rileva la crescita maggiore (che lo ha portato dal 18° al 12° posto).

Ad oggi, la maggior parte delle società, degli istituti bancari e delle grandi organizzazioni non profit (queste ultime, soprattutto, quando impegnate in attività di raccolta fondi) pubblicano un bilancio di sostenibilità o un bilancio di missione. Tali documenti, al di là di

differenze connaturate ai diversi obiettivi istituzionali perseguiti, assumono il più delle volte una struttura analoga, in quanto conformi a determinati principi di redazione elaborati da organismi istituzionali od organizzazioni di settore. Le differenze riguardano principalmente la presenza o l’assenza nonché la profondità delle informazioni quantitative e qualitative fornite. Relativamente alle aziende non profit, infine, diverse indagini hanno confermato un diffuso utilizzo in fase di redazione dei bilanci sociali delle linee guida di settore elaborate a livello nazionale, evidenziando che quasi 2 organizzazioni su 3 dichiarano di fornire un’informativa qualitativa mirata a rappresentare il perseguimento dei propri fini istituzionali (bilancio sociale o di missione).

Con riguardo alle società, al solo scopo di fornire una “fotografia” esemplificativa e senza entrare nel dettaglio, basti osservare che quasi il 100% delle quotate nel FTSE 100 hanno pubblicato nel 2010 report in cui sono presenti informazioni CR e non-financial.

Figura 4

Percentuale di organizzazioni incluse nel FTSE 100 che hanno pubblicato rilevanti informazioni CR e non-financial (rilevazioni in agosto) nel biennio 2009/2010

Fonte: CorporateRegister.com.

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Figura 5

Report di sostenibilità in Italia nel periodo 1992/20

Fonte: rielaborazione dati CorporateRegister.com

CorporateRegister fornisce anche indicazioni sulla distribuzione delle tipologie di strumenti di rendicontazione adottate dalle varie organizzazioni, da cui emerge una convergenza della rendicontazione ambientale verso una dimensione più ampia e integrata di rendicontazione di sostenibilità “triple bottom line”

Figura 6

Tipologie di report in Italia nel periodo 1992/2007

Fonte: CorporateRegister.com.

0 2 2 4 40

50

100

150

200

250

1992 1993 1994 1995 1996 1997

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Report di sostenibilità in Italia nel periodo 1992/2010

CorporateRegister.com.

fornisce anche indicazioni sulla distribuzione delle tipologie di strumenti di rendicontazione adottate dalle varie organizzazioni, da cui emerge una convergenza della rendicontazione ambientale verso una dimensione più ampia e integrata

e di sostenibilità “triple bottom line”

(economica + sociale + ambientale) o di altre tipologie di documenti altrimenti articolati: in altre parole, si consolida la tendenza a fornire informazioni ulteriori rispetto a quelle economico-grado di generare impatti nei confronti di molteplici categorie di stakeholder.

Tipologie di report in Italia nel periodo 1992/2007

11 17 25 3058

72

118 118144

169182

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

(economica + sociale + ambientale) o di altre tipologie di documenti altrimenti articolati: in altre parole, si consolida la tendenza a fornire informazioni ulteriori

-finanziarie e su attività in grado di generare impatti nei confronti di molteplici

182 189203 211

2007 2008 2009 2010

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Tralasciando l’esposizione della cronistoria del confronto tra gli operatori e l’esame delle ragioni che hanno contribuito a generare l’attuale stato dell’arte, si rileva come, a tale consapevolezza, sia seguita una intensa attività scientifica finalizzata a individuare:

A. gli ambiti e i limiti dell’informativa non-finacial;

B. le modalità con cui l’informativa non-finacial debba essere rilevata, elaborata, redatta e diffusa;

C. il rapporto dell’informativa non-finacial con l’informativa economico-contabile, ovvero come la prima vada a coordinarsi o a integrarsi con le informazioni e i dati contabili contenuti nei documenti di rendicontazione obbligatoria.

A ciascuno di questi temi corrispondono specifici ragionamenti tecnici, i cui elementi principali, in sintesi, possono essere ricondotti alle seguenti alternative:

a. obbligatorietà o volontarietà della pubblicazione di informativa non-financial relativa alla gestione e alle attività realizzate da parte delle aziende;

b. approccio principle based o rule based da sposare, al fine di orientare le organizzazioni nel reporting che includa informazioni non-financial;

c. strumenti da utilizzare per la rappresentazione dell’informativa non-financial (bilanci separati, bilanci integrati financial/non-financial, one report)4.

A valle dei temi appena indicati, un ulteriore aspetto si affianca agli altri elementi cardine del dibattito e riguarda l’opportunità di procedere all’attività di asseverazione dei contenuti dell’informativa non-financial e, in generale, dei report di sostenibilità. Questo tema, d’altro canto, è agli altri strettamente connesso in quanto l’approccio adottato nell’affrontarne uno può, in effetti, determinare conseguenze sulle opportunità e le criticità relative ai possibili approcci con cui affrontare gli altri.

Con il termine asseverazione si intende “un processo sistematico e documentato, mediante il quale un soggetto indipendente e competente (o un team di professionisti) raccoglie e valuta la veridicità delle asserzioni (verificabili) contenute nell’informativa. Si tratta in altri termini di fornire ai destinatari del documento un giudizio sulla qualità delle informazioni rese, in base a principi comunemente accettati.”5. Da questa definizione segue che, nell’asseverazione di un report, non occorre valutare nel merito i principi e gli

4 Tali direttrici sono individuate in Mio, Chiara, “Informativa non financial nell’annual report”, in Contabilità finanza e controllo, 3, 2011, p. 248. 5 Ibidem, p. 250.

indicatori scelti per l’elaborazione e la rappresentazione dell’informativa non-financial, ma di verificare che:

• il report sia conforme alle linee guida e ai principi con riferimento ai quali esso è stato predisposto;

• la redazione in base a tali linee guida e principi consenta di valutarne l’attendibilità;

• i dati e le informazioni contenuti nel report siano coerenti con la documentazione esibita;

• nel complesso, l’informativa consenta, ragionevolmente, una corretta visibilità della situazione aziendale, rappresentandone adeguatamente le strategie, le politiche e le performance di sostenibilità.

Di seguito si forniscono alcune evidenze empiriche in merito al sustainability reporting e alla sustainabilty assurance (e alle loro interrelazioni), molte delle quali rilevate nell’ambito di due diverse indagini sul campo, i cui risultati sono pubblicati in altrettanti documenti disponibili in Internet:

1. Association of Chartered Certified Accountants (ACCA), “Key Issues in Sustainability Assurance”, pubblicato nel 2009, cui, nel presente articolo, ci si riferisce come “Fonte: ACCA (2009); tale indagine, effettuata dall’ACCA, ha riguardato i report di sostenibilità delle organizzazioni incluse nel FTSE 1006;

2. SGS e CorporateRegister.com, “Assure View. The CSR Assurance Statement Report – The State of Assurance – An Overview”, pubblicato nel 2008, cui nel presente articolo ci si riferisce come “Fonte: CorporateRegister.com (2008); tale indagine, effettuata dal CorporateRegister.com, ha avuto ad oggetto i report di sostenibilità raccolti nella directory del sito del CorporateRegister.com, e ha coperto tra il 90 e il 95% di tutti i report pubblicati nella directory tra il 1° gennaio 1997 e il 31 dicembre 2007 cui è associata una dichiarazione di asseverazione esterna (cfr. anche nota 1).

Anche con riguardo all’asseverazione, l’evoluzione a livello internazionale non sembra dare adito ad ambiguità interpretative, sia in termini di valori assoluti sia (ad eccezione del periodo compreso tra il 1999 e il 2003) in termini di valori relativi rispetto al numero di report CSR pubblicati.

6 Il Financial Times Stock Exchange 100 (FTSE 100) è l’indice azionario delle 100 società più capitalizzate quotate al London Stock Exchange. L'indice è gestito dal FTSE Group, società indipendente, originariamente nata come joint venture tra il Financial Times e il London Stock Exchange. Le 100 società componenti dell'indice rappresentano circa l'80% della capitalizzazione di mercato dell'intero London Stock Exchange. Sebbene altri indici siano più completi, l'indice FTSE 100 è il più adottato quale indicatore del mercato di Londra.

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Figura 7

Crescita nel numero di report con dichiarazioni di asseverazione esterna

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 8

Crescita relativa nelle dichiarazioni di asseverazione esterna (in % dei report CSR)

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

In generale, i dati del CorporateRegister.com sono in linea con quelli raccolti nell’ambito del FTSE 100, anche con riguardo alla flessione, in termini relativi, della crescita della sustainabilty assurance rispetto al sustainability reporting che, in questo caso, proseguirebbe anche oltre il 2003.

Figura 9

Trend nelle attività di sustainability reporting e sustainability assurance nel FTSE 100

Fonte Rielaborazione dati FTSE 100 in ACCA (2009).

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In ultimo, si forniscono una serie di grafici e figure che mostrano il peso preponderante dell’Europa nei processi di asseverazione rispetto agli altri continenti. Se da un lato si tratta di una circostanza forse legata al background culturale e ai diversi approcci scientifici nei diversi Paesi, d’altra parte stupisce un po’ la distanza tra Europa e America del Nord (quindi USA e Canada), soprattutto alla luce dei drammatici eventi verificatisi negli USA solo pochi anni or sono, eventi che hanno

messo prima in crisi e subito dopo in discussione un impianto di governance societaria acquisito e con esso, di conseguenza, un articolato sistema di responsabilità aziendali, tra cui quella relativa alla veridicità delle informative societarie nella comunicazione d’impresa.

Figura 10

Crescita delle dichiarazioni di asseverazione esterna per continente nel periodo 1992/2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 11

Distribuzione delle dichiarazioni di asseverazione esterna per continente nel 2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 12

Percentuale dei report CSR con dichiarazioni di asseverazione esterna per continente nel 2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 13

Percentuale dei report con asseverazione esterna nelle prime 100 società dei primi 5 Paesi del “ranking” del sustainability reporting nel 2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

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Figura 14

Rapporto tra evoluzione dei report CSR e report CSR asseverati negli USA nel periodo 1997/2007

DOCUMENTI E STANDARD DI SUSTAINABILITY ASSURANCE E LORO

DIFFUSIONE

In effetti, nella prospettiva di tutela dell’interesse pubblico, nella sua funzione di controllo strumentale alla salvaguardia delle aspettative di una varietà di stakeholder per la verifica della legittimità dell’operato di aziende, l’asseverazione dovrebbe poter contribuire alla formazione di un parere, da fondare sulla base di criteri comunemente accettati. Ma a quali criteri e principi riferirsi? A quale organismo indipendente o standard setter rivolgersi per individuare un framework nell’ambito del quale realizzare il processo di asseverazione? Con quali limiti svolgere tale attività? E con responsabilità?

In Europa, diversi istituti nazionali della professione contabile hanno elaborato documenti contenenti standard, linee guida o procedure specifici per l’asseverazione dei report di sostenibilità, tra i quali è opportuno segnalare i seguenti:

• “Indipendent review of voluntary separate sustainability report”, pubblicato nel febbraio 2004 dal Föreningen Auktoriserade Revisorer (l’Istituto nazionale della professione in Svezia);

• “Pratique professionnelle relative au rapport du commissaire aux Comptes sur certaines donnees ou informations environmentales et sociales ou sur les procedures d’etablissement de ces donnees ou informations, contentus dans le rapport rendant compte en matiere de developpement durable”, pubblicato nel novembre 2004 dalla Compagnie Nationale des Commissaires aux Comptes (l’Istituto nazionale della professione in Francia);

• “Practitioners Working with Subject Matter Experts from other Disciplines on Non-Financial Assurance Engagements (ED 3010) e “Assurance engagements relating to sustainability reports” (ED 3410), pubblicati, rispettivamente, il primo nel gennaio 2005 e il secondo nella versione “Revised” del luglio 2007 dal Koninklijk Nederlands Instituut van Registeraccountants (Royal NIRVA, l’Istituto della professionale in Olanda);

• “Generally Accepted Assurance Standards for the Audit or Review of Sustainability Reports” (ED AuS 821), pubblicato nel maggio 2005 dall’Institut der Wirtschaftsprüfer in Deutschland (IDW, l’Istituto della professione in Germania);

• “Asseverazione e report di sostenibilità”, pubblicato nell’ottobre 2006 dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (ora Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili).

Nondimeno, nella maggioranza dei casi, i principi e le linee guida cui attualmente i professionisti fanno riferimento nello svolgimento dell’attività di asseverazione sono inclusi sostanzialmente in tre documenti elaborati e pubblicati da altrettanti organismi internazionali:

• “International Standard on Assurance Engagement (ISAE) 3000”, predisposto dall’International Auditing and Assurance Standard Board (IAASB) dell’International Federation of Accountants (IFAC) e pubblicato dall’IFAC nella versione “Revised” nel 2004;

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• “AccountAbility 1000 Assurance Standard” (AA1000AS), pubblicato in una prima versione del 2003 e in una seconda versione del 2008 dall’Institute of Social and Ethical Accountability (ISEA);

• “G3 Sustainabiltiy Reporting Guidelines”, pubblicate nella terza versione del 2006 dal Global Reporting Initiative (nella misura in cui,

sebbene costituiscano principalmente uno standard di reporting, includono numerose indicazioni relative all’assurance engagement, attività dal GRI considerata complementare a quella di reporting in un framework fondato sul princpio di “inclusività” dell’approccio di accountability aziendale).

Figura 15

Adozione degli standard di assurance nel periodo 2001/2007

Fonte rielaborazione dati FTSE 100 in ACCA (2009).

Figura 16

Tipi di standard di assurance adottati nel periodo 2001/2007

Fonte rielaborazione dati FTSE 100 in ACCA (2009).

Figura 17

Riferimenti agli standard e riferimenti combinati a più standard

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

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International Standard on Assurance Engagements 3000 (ISAE 3000)

Pubblicato la prima volta nel 2000, l’International Standard on Assurance Engagements (ISAE 100) è stato elaborato per fornire un framework di riferimento per la revisione relativa al monitoraggio delle informazioni non-financial. Questo tipo di revisione include i report ambientali, sociali e di sostenibilità, la revisione del sistema informativo, il controllo interno e le procedure di corporate governance, nonché le verifiche ai fini della compliance rispetto a requisiti per l’ottenimento di prestiti o per l’adempimento di previsioni contrattuali e della relativa regolamentazione.

A tre anni dalla prima versione, al fine di attribuire maggiore chiarezza all’identificazione e alla definizione degli incarichi di asseverazione, l’IFAC ha pubblicato l’ISAE 3000, documento che affronta la tematica dell’asseverazione approfondendone i requisiti etici, il controllo della qualità del processo, i requisiti, i limiti e le specificità nell’ambito dell’accettazione dell’incarico, la pianificazione, il reperimento del materiale e delle evidenze su cui fondare il giudizio di asseverazione, la predisposizione dell’attestazione finale.

AccountAbility's AA1000 e AA1000AS

La serie “AccountAbility's AA1000” include standard “principles-based” rivolti alle organizzazioni che adottino politiche di responsabilizzazione e di sostenibilità per accrescere la propria accountability e la propria legittimazione sociale. Lo standard AA1000 si focalizza su aspetti pertinenti alla governance, al modello produttivo e all’organizzazione strategica, e include linee guida operative per l’asseverazione di sostenibilità e per lo stakeholder engagement. Gli standard AA1000 sono elaborati nell’ambito di un approccio teso alla razionalizzazione del consumo energetico e alla riduzione degli impatti ambientali in un quadro generale di un sistema produttivo di “green economy”; essi hanno l’obiettivo di supportare un approccio di “integrated reporting” e di asseverazione. Sviluppati attraverso un processo di consultazione multi-stakeholder, l’AA1000 sono attualmente adottati da un largo spettro di organizzazioni, multinazionali, PMI, agenzie governative a associazione della società civile.

L’AA1000 Assurance Standard (AS), che fa parte della serie AA1000, copre l’arco di tutte le performance di una organizzazione, tra le quali quelle di sostenibilità. Le caratteristiche chiave dello standard sono le seguenti:

• si focalizza su materialità e accuratezza delle informazioni in relazione agli stakeholder, in funzione dei quali anche valuta la adeguatezza del reporting, inteso come uno degli impegni che la direzione assume nei riguardi degli stessi stakeholder;

• esamina la completezza delle performance di un’organizzazione e le relative aspettative degli stakeholder;

• fornisce un approccio teso a evidenziare come un‘organizzazione attui politiche prefissate, anche in relazione a obiettivi e risultati perseguiti in un arco temporale prospettico;

• supporta approcci all’asseverazione compatibili con standard di sustainability reporting elaborati da “provider” diversi, tra i quali il GRI;

• è applicabile da organizzazioni di dimensioni e tipologie diverse e da parte di assurance privider di contesti geografici e socioculturali differenti;

• richiede una disclosure da parte dell’asseveratore circa le sue competenze e il rapporto con l’organizzazione il cui report è oggetto dell’assurance.

La prima versione dell’AA1000AS del 2003 rappresentava anche il primo standard di asseverazione per report di sostenibilità. Alla pubblicazione dello standard è seguita una pubblica consultazione di due anni, che ha coinvolto centinaia di organizzazioni, dai professionisti contabili agli investitori, dalle organizzazioni non governative a quelle sindacali e imprenditoriali. L’AA1000AS (2003) ha superato le indicazioni sull’asseverazione di sostenibilità contenute nel AA1000 Framework Standard pubblicato nel 1999. La versione 2003 era supportata sia da una “Guida all’applicazione dei principi” sia da una “Nota per gli utilizzatori”, nella quale erano inclusi vari casi di studio relativi all’adozione dello standard nell’ambito di un processo di assurance.La versione AA1000AS del 2008 è la seconda edizione dello standard di assurance dell’AccountAbility. Tale edizione è stata prediposta sulla base di una crescente esperienza relativa ai processi di asseverazione e supera tutte le versioni precedenti pubblicate da AccountAbility. L’AA1000AS 2008 è completata dall’AA1000APS 2008, guida specifica per gi asseveratori compatibile con la metodologia prevista dall’ISAE 3000, lo standard IFAC per l’asseverazione dell’informativa non-financial.

G3 Sustainability Reporting Guidelines e “Assurance Aspects of G3 – The Global Reporting Initiative’s 2006 Draft Sustainability Reporting Guidelines”

Le G3 Sustainability Reporting Guidelines costituiscono un framework per il sustainability reporting ma includono altresì numerose e importanti indicazioni relative all’assurance, mettendo in evidenza la stretta relazione possibile tra i due processi, e sono strutturate in modo da fornire una base per l’applicazione di altri standard di assurance; peraltro, l’inclusione nelle Linee guida del GRI di indicazioni specifiche relative all’assurance e la portata della loro diffusione a livello internazionale hanno convinto l’International Federation of Accountants (IFAC) dell’opportunità di indagare più in profondità tali caratteristiche e verificare in che misura tali linee guida costituissero esse stesse, in un certo qual modo, uno strumento operativo di assurance engagement. In questa prospettiva, alla pubblicazione delle G3 Sustainability Reporting Guidelines l’IFAC ha fatto immediatamente seguire quella del documento “Assurance Aspects of G3 – The Global Reporting Initiative’s 2006 Draft Sustainability Reporting Guidelines”, diffuso nel febbraio 2006 ed elaborato dall’International Auditing and Assurance Standard Board (IAASB).

Il GRI infatti, la cui mission consiste nella predisposizione di linee guida per il reporting economico, ambientale e sociale delle performance delle organizzazioni, ha pubblicato nel 2006 la terza versione delle Linee guida, al fine di accrescere la comparabilità, la chiarezza e la facilità di attuazione dei processi di asseverazione dei report di sostenibilità. Il consultation paper dell’IFAC esplora e analizza diversi aspetti inerenti all’asseverazione delle G3 Sustainability Reporting Guidelines alla luce del ruolo crescente della professione contabile nello svolgimento delle attività di asseverazione dei report di sostenibilità. Tale documento avrebbe voluto stimolare il dibattito scientifico al fine di ottenere feedback strumentali alla predisposizione delle future versioni delle Guidelines e dei documenti tecnici e protocolli che ne costituiscono parte integrante, in modo da verificare, in definitiva, se principi e criteri previsti nelle Guidelines del GRI risultino adeguati alle attività di asseverazione.

In realtà, tuttavia, l’IFAC non ha poi ritenuto opportuno dare seguito al consultation paper ed elaborare uno specifico standard di asseverazione secondo le modalità raccomandate nel documento in esame, ancorché abbia continuato a collaborare a numerosi altri progetti rivolti sia alla predisposizione di linee guida per l’elaborazione di report di sostenibilità sia all’asseverazione di tali report.

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CONTENUTI E CRITICITÀ DELL’ATTIVITÀ DI ASSEVERAZIONE

Da un esame (superficiale) dei dati esposti nelle indagine cui si è accennato, sembrerebbe che l’ISAE 3000 standard di assurance specifico più adottato. obiettivi tale standard include quello di indicare “principles and essential procedures for, and to provide guidance to, professional accountants in public practice (for purposes of this ISAE referred to as “practitioners”) for the performance of assurance engagements other than audits or reviews of historical financial information covered by International Standards on Auditing (ISAs) or International Standards on Review Engagements (ISREs). This ISAE uses the terms “reasonable assurance engagement” and “limited assurance engagement” to distinguish between the two types of assurance engagement a practitioner is permitted to perform. The objective of a reasonable assurance engagement is a reduction in assurance engagement risk to an acceptably low level in the circumstances of the engagement as the basis for a positive form of expression of the practitioner’s conclusion. The objective of a limited assurance engagement is a reduction in assurance engagement risk to a level that is acceptable in the circumstances of the engagement, but where that risk is greater than for a reasonable assurance engagement, as

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ASSEVERAZIONE

Da un esame (superficiale) dei dati esposti nelle indagine ’ISAE 3000 sia lo

standard di assurance specifico più adottato. Tra i suoi di indicare “basic

principles and essential procedures for, and to provide guidance to, professional accountants in public practice (for purposes of this ISAE referred to as “practitioners”) for the performance of assurance engagements other

istorical financial information covered by International Standards on Auditing (ISAs) or International Standards on Review Engagements (ISREs). This ISAE uses the terms “reasonable assurance engagement” and “limited assurance engagement” to

ween the two types of assurance engagement a practitioner is permitted to perform. The objective of a reasonable assurance engagement is a reduction in assurance engagement risk to an acceptably low level in the circumstances of the engagement as the

for a positive form of expression of the practitioner’s conclusion. The objective of a limited assurance engagement is a reduction in assurance engagement risk to a level that is acceptable in the circumstances of the engagement, but where that risk is

eater than for a reasonable assurance engagement, as

the basis for a negative form of expression of the practitioner’s conclusion.” 7.

L’essenza dell’asseverazione con riguardo alla criticità del rapporto tra informativa di bilancio e informativa nonfinancial e alla verificabilità delle informazioni evidenziati da Chiara Mio in un articolo pubblicato sulla rivista Contabilità finanza e contr(articolo già citato in precedenza)estratti.

“In assenza di riferimenti, inizialmente la “certificazione” dell’informativa non-financial è stata interpretata come una sorta di declinazione del processo di revisione a cui viene sottoposto il bilancio di esercizio. Questo approccio di fatto si concretizza in verifiche che attengono principalmente i seguenti aspetti:

a. corrispondenza tra i dati del bilancio di esercizio e quelli economiconell’informativa non-f

b. corrispondenza fra i dati presentati nell’informativa non-nelle procedure interne interessate;

7 IFAC-IAASB (2005), ISAE 3000, pag. 1045.

the basis for a negative form of expression of the

con riguardo alla criticità del rapporto tra informativa di bilancio e informativa non-financial e alla verificabilità delle informazioni sono stati

da Chiara Mio in un articolo recentemente Contabilità finanza e controllo

(articolo già citato in precedenza), di cui si riportano due

“In assenza di riferimenti, inizialmente la “certificazione” financial è stata interpretata come

una sorta di declinazione del processo di revisione a cui e sottoposto il bilancio di esercizio. Questo

approccio di fatto si concretizza in verifiche che ncipalmente i seguenti aspetti:

corrispondenza tra i dati del bilancio di esercizio e quelli economico-finanziari contenuti

financial;

corrispondenza fra i dati presentati -financial e quelli rilevati

nelle procedure interne interessate;

, pag. 1045.

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c. conformità dell’informativa non-financial rispetto a linee guida o standard di redazione dichiarato dal management aziendale.

Al di là di tali elementi, nella prassi si è riscontrata una certa difformità riguardo alle modalità con cui i pareri (asseverazioni) vengono resi, nonché riguardo agli oggetti di riferimento, peraltro anche sulla scorta di principi e criteri eterogenei. Ciò crea notevoli difficoltà sul piano della comparabilità delle asseverazioni, con ripercussioni sull’apprezzamento delle stesse e quindi sul processo decisionale dei soggetti interessati.

In caso di informativa integrata il grado di complessità del processo di assurance si acuisce, anche in ragione delle profonde differenze che sottendono le due tipologie di informative8.”9.

8 Il concetto di “informativa integrata” è esplicitato con efficacia ancora in Mio (2011), cit., pp. 248-249. Con informativa integrata si identifica un processo di rendicontazione nel quale “l’informativa financial viene amplificata e integrata con quella non financial. L’informativa non financial viene inserita in un quadro di informazione che viene mantenuto sostanzialmente fedele all’impianto tradizionale, anche se viene rivisitato per poter accogliere informazioni non financial (solitamente trovando spazio quale sezione all’interno della relazione sulla gestione), conducendo alla realizzazione di un unico documento. Sul piano legislativo, un passo importante a livello europeo è stato compiuto nel 2003 grazie all’emanazione della Modernisation Directive (2003/51/CE), il cui recepimento da parte dei diversi paesi è tuttavia avvenuto con modalità, tempi e risultati differenti, lasciando comunque aperti ed irrisolti diversi nodi critici. Nell’agosto del 2010, per iniziativa del Prince’s Accounting for Sustainability Project (A4S) e del Global Reporting Initiative (GRI), è stato istituito un organismo denominato International Integrated Reporting Committee (IIRC), proprio con la finalità di contribuire alla definizione di un framework riconosciuto ed accettato a livello internazionale sul tema dell’informativa integrata, al fine di conseguire, tra gli altri, i seguenti obiettivi:

• soddisfare i fabbisogni informativi degli investitori che agiscono non con finalità speculative di breve periodo, bensì che si propongono di mantenere i capitali stabilmente investiti nell’azienda, evidenziando le ripercussioni di lungo periodo delle scelte aziendali;

• rappresentare le interdipendenze tra gli aspetti financial e non-financial, soprattutto riguardo a decisioni che impattano sulla performance di lungo termine dell’azienda, tratteggiando la relazione tra sostenibilità e valore economico;

• fornire il quadro di riferimento complessivo affinché i fattori ambientali e sociali vengano sistematicamente considerati dall’azienda nei sistemi di reporting e nei processi decisionali;

• ampliare e bilanciare il set di indicatori di performance, tradizionalmente focalizzato sulla dimensione finanziaria di breve termine, introducendo anche indicatori attinenti alle altre dimensioni e riferibili ad una prospettiva di medio-lungo termine. Nel mese di novembre 2010 l’Unione ha lanciato una public consultation (la cui conclusione è prevista per i primi mesi del 2011), che si propone di recepire input da parte degli stakeholder (tutti coloro che intendano

“Spostandosi sul piano dei principi che dovrebbero ispirare la redazione delle informative, si ritrovano elementi derivati o comuni tra l’informativa non-financial e quella financial, soprattutto con riferimento ai seguenti aspetti:

• significatività e rilevanza / materialità;

• verificabilità e credibilità;

• utilità a fini decisionali.

Va evidenziato che una medesima denominazione del postulato di riferimento non importa necessariamente ad una stessa declinazione tra le due informative, generando invece elementi di criticità che si riscontrano in primo luogo sul piano applicativo, riverberandosi inevitabilmente sugli step successivi, tra i quali il processo di asseverazione dei contenuti, nonché in sede di decision making.”10.

In merito al postulato della verificabilità, che è quello che più interessa con riferimento al processo di asseverazione, “si ravvisano elementi di criticità nella sua applicazione all’informativa non-financial. Il tema dell’asseverazione per tale informativa, come si è già detto, costituisce un elemento centrale nel dibattito che attualmente sta coinvolgendo diversi soggetti ed organismi a livello internazionale, certamente ben lungi dall’essere risolto.

Il principio della verificabilità dell’informativa genera evidentemente ripercussioni sul grado di credibilità della stessa, con conseguenze che si colgono anche sul piano, di cui si dirà in seguito, della sua utilità a fini decisionali e la possibilità di fornire agli stakeholder un giudizio sulla qualità delle informazioni rese sconta la definizione di principi comunemente accettati.

Per l’informativa financial al riguardo è stabilito che “L’informazione patrimoniale, economica e finanziaria fornita dal bilancio deve essere verificabile attraverso un’indipendente ricostruzione del procedimento contabile, tenendo conto anche degli elementi soggettivi.”11 Mentre per l’informativa in oggetto sono ormai sostanzialmente assodati principi, logiche e

fornire un proprio contributo al tema), per il miglioramento della disclosure dell’informativa societaria non-financial, con particolare riferimento agli aspetti sociali ed ambientali. Questa iniziativa, che ha già visto la partecipazione di diversi organismi (tra i quali la FEE - Fédération des Experts Comptables Européens), si inquadra in un più ampio ventaglio di interventi finalizzati sostanzialmente a rafforzare la fiducia dei diversi attori riguardo ai mercati, così da puntare a più elevati livelli di competitività e ad una crescita economica sostenibile per il sistema nel suo complesso.”

9 Cfr. Mio (2011), cit. pp. 250-251. 10 Cfr. Mio (2011), cit. p. 255. 11 OIC Organismo Italiano di Contabilità (2005). Principi contabili. Bilancio di esercizio - finalità e postulati, pag. 18.

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metodologie di riferimento, il percorso da realizzare sul fronte della verificabilità degli aspetti ambientali e sociali appare ancora piuttosto lungo, nonostante siano stati compiuti importanti passi in avanti negli ultimi anni. Peraltro, va evidenziato il fatto che, in caso di informativa non-financial non integrata (quindi materialmente individuata da un documento separato), l’azienda sceglie volontariamente di sottoporre il report ad un processo di assurance, poiché non vi è alcun obbligo di legge che imponga l’asseverazione.”12.

Quindi, “l’asseverazione del report di sostenibilità può essere definita come un’attestazione di conformità procedurale che permette di essere ragionevolmente sicuri che il sistema di rendicontazione risponda al modello prescelto”13.

Un’attività di questo tipo dovrebbe contribuire alla credibilità del processo di rendicontazione aziendale agli occhi degli stakeholder; è ragionevole ritenere che tale credibilità risulti tanto maggiore quanto più l’azienda riesca a tenere in considerazione le aspettative degli stakeholder su alcuni aspetti del processo di reporting, tra i quali:

• l’individuazione di procedure sistematiche attraverso le quali gli stakeholder siano consultati per rilevarne le esigenze;

• la metodologia utilizzata dall’azienda per individuare la iniziative rilevanti di cui rendere conto nel report;

• la trasparenza delle informazioni contenute nel report e la possibilità di verifica da parte degli stakeholder;

• l’impegno dell’azienda nell’attuare una politica sostenibile, nell’esporre i rischi della propria attività, nell’individuare possibili soluzioni di medio-lungo termine;

• la volontà della direzione aziendale di fare attestare il report e la sua affidabilità da un professionista indipendente.

Una efficace asseverazione dovrebbe quindi essere concepita come fase complementare al processo di comunicazione e contenere tutti gli elementi che delimitino l’oggetto dell’incarico di asseverazione e la responsabilità del soggetto che assevera – in particolare quando nel processo sia coinvolto un numero elevato di portatori d’interesse –, in modo da fornire un quadro completo, accurato, rilevante ed equilibrato dell’approccio dell’azienda verso la società e l’ambiente nel quale opera.

D’altra parte, esaminando con occhio critico le informazioni fornite nel secondo box relative alle

12 Cfr. Mio (2011), cit. p. 256. 13 Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, Asseverazione e report di sostenibilità, novembre 2006, par. 3.

principali caratteristiche dell’AA1000AS si può notare come la valutazione della responsabilità del reporting rispetto agli stakeholder, l’interpretazione del reporting come uno degli impegni che la direzione assume nei riguardi degli stakeholder e l’intenzione dello standard di fornire un approccio prospettico, teso a evidenziare come un‘organizzazione attui politiche prefissate anche in relazione a obiettivi e risultati perseguiti in un arco temporale proiettato nel futuro, sembrino elementi e peculiarità che spingono a interpretare l’assurance come un processo teso a entrare in qualche modo nel merito delle cose, a vagliare “criticamente” la gestione.

Questa considerazione apre una serie di problematiche relative alle procedure di asseverazione e al processo nel suo complesso, tra le quali:

• il rapporto tra i diversi standard;

• le politiche e le strategie di stakeholder engagement;

• le definizioni delle diverse possibili tipologie di asseverazione (reasonable o limited assurance engagement);

• l’indipendenza dell’asseveratore;

• l’apparente (o reale?) conflitto tra i principi di “materialità” e “completezza” previsti dagli standard;

• l’ambito di applicazione dell’assurance (tutto il report o soltanto specifiche informazioni);

• le metodologia e gli strumenti da adottare nel processo di asseverazione.

SPUNTI DI RIFLESSIONE PER LA PROFESSIONE CONTABILE

Finora, in questa sede, il tema dell’asseverazione è stato affrontato in parte cercando di evidenziarne l’evoluzione e in parte fornendo alcune informazioni sugli standard di asseverazione più diffusi nel contesto internazionale.

Peraltro, focalizzando l’attenzione sulla rilevanza dell’asseverazione per una particolare categoria di stakeholder, i professionisti contabili, è opportuno accennare a un ulteriore aspetto che tocca da vicino gli interessi di questa tipologia di portatori di interesse.

In ambito sia internazionale sia nazionale, la maggior parte dei provider di servizi di asseverazione sono rappresentati da professionisti che operano nelle Big 4. Nella maggioranza dei Paesi anglosassoni i professionisti contabili che esercitano l’attività in organico alle società di revisione sono parte integrante della professione, nella misura in cui le categorie professionali di tali Paesi abbiano natura privatistica.

Dai grafici che seguono emerge chiaramente che l’assurance è principalmente esercitata dalle grosse società di revisione laddove i professionisti contabili che

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praticano la professione hanno un ruolo ancora limitato nell’occupare tale area professionale.

Figura 18

Tipi di provider nell’asseverazione esterna dei report del Corporate Register nel 2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 19

Tipi di provider nell’asseverazione esterna dei report relativi al Global FT500 nel 2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 20

Tipi di provider nell’asseverazione esterna dei report del Corporate Register nel periodo 1997/2007

Fonte: CorporateRegiser.com (2008).

Figura 21

Trend nell’offerta di servizi di asseverazione nel FTSE 100 nel periodo 2001/2007

Fonte rielaborazione dati FTSE 100 in ACCA (2009).

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Dalle stesse fonti si desume anche che l’evoluzione del fenomeno risulti sfavorevole, per così dire, ai professionisti contabili, e che negli ultimi anni il loro spazio, ammesso che in assoluto non sia diminuito, certamente non è aumentato in misura pari alla crescita del volume delle asseverazioni, avvenuta quest’ultima in tutti i Paesi e con riferimento alle aziende di tutti i settori economico-produttivi e alle altre organizzazioni del sistema economico-sociale. Con tutte le cautele del caso, visti i dati parziali delle indagini e le profonde differenze nella natura delle professioni contabili dei vari Paesi, sembrerebbe che le Big 4 abbiano non soltanto compreso l’importanza del settore in anticipo rispetto ai professionisti e ad altre tipologie di consulenti d’azienda, ma stiano anche procedendo in maniera più efficace e determinata nell’erogare servizi di asseverazione sempre più accurati e rispondenti comunque alle esigenze delle aziende e delle altre organizzazioni proprio a discapito di tutti gli altri operatori.

Con tutta probabilità questo fenomeno non è casuale e sarebbe forse opportuno che la professione contabile si interroghi a riguardo e si muova di conseguenza. Le sue motivazioni, da individuare e da approfondire attraverso

ulteriori indagini di carattere qualitativo, potrebbero infatti essere rilevate nella percezione della qualità del servizio offerto dalle Big 4 rispetto a quella potenzialmente offerta dagli altri provider.

In Italia, tra l’altro, la mancanza di obblighi di sorta sull’asseverazione dell’informativa non-financial e su principi e strumenti da adottare nelle attività di asseverazione non incoraggiano, verosimilmente, la formazione di una consapevolezza da parte della professione contabile circa l’opportunità di far propri questi temi e le modalità attraverso le quali approcciarli, e ciò nella misura in cui la professione si dimostri reattiva soprattutto in risposta a disposizioni e adempimenti imposti dal legislatore.

Tutto ciò in un contesto dove in Italia, in realtà, si è ancora indietro sia a livello teorico (ad eccezione dei contributi scientifici proposti in tema dal Gruppo di studio per il Bilancio Sociale e dal CNDCEC) sia a livello di esperienze operative, e dove è invece incoraggiante constatare un forte dinamismo da parte degli operatori, sia sul lato della domanda che su quello dell’ offerta, di diversi altri Paesi europei.

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