Verde – La Regola Di Giudizio Fondata Sull’Onere Della Prova

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VERDE – LA REGOLA DI GIUDIZIO FONDATA SULL’ONERE DELLA PROVA 1. --. L’<<onere della prova>> nel processo appare alla mentalita moderna come ii riflesso cli una indubbia concete tualizzazione, essendo Ia figura dell’onere derivata dalla contrapposizione fra atm necessario e atto dovuto, ii pnmo cornpiuto per ii soddisfacimento di un interesse proprio e ii secondo per ii soddisfacimento di un interesse altrui’. Anche a volere per ii momento passare sopra le critiche mosse all’eCcessiva genericità della figura evidente che il <tipo>> de scritto dagli studiosi della teoria generale hen difficilznente trova puntuale riscontro nelle concrete esperien.ze processuali. Bisognerebbe, difatti, pensare a un sistema nel quale ii giudice non solo sia assolutamente inerte di fronte ail’opera di raccolta del materiale istruttorio, ma pure condizionato quanto alla provenienza della prova, nel senso che non possa tener conto delle prove addotte dalla parte non onerata . E’ per questa ragione the non è insolita, nel campo in esame, iadistinzione isa onere perfetto e imperfetto , pieno e alleviato , completo ed incompleto 6 Una visione sempre phi generale del fenomeno processuale e soprattuto di quei settori nei qualil’iniziativa probatoria delle parti sembra sfuggire a qualsiasi inquadramento isa le figure giuridiche soggettive della teoria generale del diritto essendo l’assunzione delle prove un compito affidato (anche) al giuclice7 ha fatto poi assumere afl’espressione un signifi cato palesemente im8 Si è parlato, al riguardo, di onew re oggenivo o sostanziale, per alludere al contenuto the ii giudice dovrà dare aBa decisione nell’ipotesi the taluni fatti rilevanti siano rimasti sforniti di (sufficiente) dimostrazione . Nonostante CÔ, si è continuato a parlare di onere, giacché. si è pensato che Ia mancata prova finisce sempre col &nneggiare una pane, Ia quale sia pure in senso meramente psicologico e t 10 da ritenere <<onerata* Su questi punti, the pure sono stall oggetto di numerose discus sioni, non è ii caso di indugiare. Si tratta in definitiva di nomi o meno appropriati, per cui, una volta precisato the cosa si intende con ciascuno di essi, Si l1O e

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VERDE – LA REGOLA DI GIUDIZIO FONDATA SULL’ONERE DELLA PROVA

1. --. L’<<onere della prova>> nel processo appare alla mentalita moderna come ii riflesso cli una indubbia concete tualizzazione, essendo Ia figura dell’onere derivata dalla contrapposizione fra atm necessario e atto dovuto, ii pnmo cornpiuto per ii soddisfacimento di un interesse proprio e ii secondo per ii soddisfacimento di un interesse altrui’. Anche a volere per ii momento passare sopra le critiche mosse all’eCcessiva genericità della figura evidente che il <tipo>> de scritto dagli studiosi della teoria generale hen difficilznente trova puntuale riscontro nelle concrete esperien.ze processuali. Bisognerebbe, difatti, pensare a un sistema nel quale ii giudice non solo sia assolutamente inerte di fronte ail’opera di raccolta del materiale istruttorio, ma pure condizionato quanto alla provenienza della prova, nel senso che non possa tener conto delle prove addotte dalla parte non onerata . E’ per questa ragione the non è insolita, nel campo in esame, iadistinzione isa onere perfetto e imperfetto , pieno e alleviato , completo ed incompleto 6 Una visione sempre phi generale del fenomeno processuale e soprattuto di quei settori nei qualil’iniziativa probatoria delle parti sembra sfuggire a qualsiasi inquadramento isa le figure giuridiche soggettive della teoria generale del diritto essendo l’assunzione delle prove un compito affidato (anche) al giuclice7 ha fatto poi assumere afl’espressione un signifi

cato palesemente im8 Si è parlato, al riguardo, di onew re oggenivo o sostanziale, per alludere al contenuto the ii giudice dovrà dare aBa decisione nell’ipotesi the taluni fatti rilevanti siano rimasti sforniti di (sufficiente) dimostrazione .

Nonostante CÔ, si è continuato a parlare di onere, giacché. si è pensato che Ia mancata prova finisce sempre col &nneggiare una pane, Ia quale sia pure in senso meramente psicologico e t 10 da ritenere <<onerata*

Su questi punti, the pure sono stall oggetto di numerose discus sioni, non è ii caso di indugiare. Si tratta in definitiva di nomi o meno appropriati, per cui, una volta precisato the cosa si intende con ciascuno di essi, Si l1O e si. deve proseguire nell’indagirie. 2. -n Si evita, cosi, la necessità di esarninare alcuni temi, the hanno già fonnato oggetto di analisi forse eccessive e the avrebbero indubbiamente appesantito I esposizione . Resta,

quail argamenti qul approfonditi sia ii criterlo razion ale di cm a si avvare organizzare unitariamente le singole Al riguardo, ii piti notevole sforzo nell’individuazione dell’ordine logico dei problemi è stato cornpiuto, or sono trent’anni, dal Micheli, là dove rivendicava, nello studio sull’onere della prova, un’autonoma posizione alla c.d. regola di giudizio 12 Era una conquista con Ia quale, oltre a influenzare in maniera decisiva la dottrina sviluppatasi successivamente, si rendeva esplicita una ipotesi di lavoro generalmente avver

allora, da chiarire e soprattutto quale ri per raggrupp are questioni.

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tita come inevitabile. Si poneva, doe, a chiare lettere the le anzidetta problematica implica tre ordirn di questioni, in quane tO si tratta di stabilire: a) se ii giudice, nel caso di incertezza sul fatto possa astenersi dal decidere o, ii che sarebbe lo stese so, ‘possa pronunzia’re un non liquet; b) se, risolto negativae mente ii primo quesito, la sua decisione debba dare o non per inesistente ii fatto non provato; c) sulla base della risposta data al secondo quesito, se net singoh casi sia giuridicamente rilevante il fatto positivamente considerato o ii suo contrario, con conseguenze diametralmente opposte in ordine alla ripara tizione degli oneri probatorL Qu esta tripartizione delle questioni -- dde quali gia allora quella indicata sotto Ia lettera a) si poneva come premessa atta ad influire soltanto dall’esterno sul nostro tema non aveva, peraltro, virtü solamente sistematiche e non appariva semplicemente utile sotto ii profilo classificatorio; essia rispondeva, invece, a un’esigenza profonda dello spirito legalista, nel cui àrnbito andava collocata l’opera del Micheli e degli autori precedenti e successivi. Ii merito principale di questo autore che, a mio parere, costituisce anche ii sintomo della intrinseca debolezza della tesi sta non solo nell’aa vere individuato specificamente l’esistenza del problema poe c’anzi indicato sotto la lettera b), ma anche di averlo risolto nella maniera phi coerente secondo una impostazione positivolegalista, e doe mediante I’enucleazione di un’apposita regola giuridica. Si tratta, come e chiaro, della cd. regola di giudizio, ossia di una norma processuale, Ia cui funzione sarebbe quella di rendere possibile al giudice di decidere nel merito in ogni caso, ma ii cm contenuto non sarebbe determrnabile senza tener conto della pretesa fatta valere in giudizio, e quindi del rapport o gi urid ico con troverso. in altr e parole, e s empre al fme di rendere pm chiaro ii presupposto logico della richiae mata dottrina, essa ha preso lo spunto dalla fondamentale OSe servazione che Ia norma sostanziale disciplina gli effetti in relazione a determinati fatti secondo lo schema <<se A, allora B>>, ma non postula la necessità della prova del fatto; ed ha, perciô, ritenuto necessiario che nei confronti del giudice Ia stessa norma sia trasformata in un canone di valutazione rilea vante nel e per ii processo secondo lo schema <<se è provato A, si dichiara B>>. Una volta ravvisata la necessita dell anzidetta trasformazione, è apparso implicito alla logica del sisterna ii ricorso a una norma (hi c.d. regola di giudizio), succedanea e strumentale, c.he eseguisse l’operazione. da uno scrittore tenei paesi anglosas i punto. Mi semdel due casi pta.

3. Un recente studio”, dedilcato desco al problema dell’onere della prova soni, puô contribuire a rendere phI chiaro bra, a tal fine, opportuno riprociurrre uno dci con cui questo libro prende l’avvio. Nd 1950 11 sig. J. 0. Morris convenne in giudizio ii sig. C. L. tore di bestiame, nvendacando e di due vitelli, che ii giudice lo due parti seppe

allevatore di bestiame, Vining, anch’egli allevala proprieta & due vecche che questi aveva in possesso, e chiedendo condannasse alla restituzione. Nessuna deLle dare sufficiente prova delle sue affermazioni, che a conclusione dell’istruttoria ii giudice confessô

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A cosi

pertamente di essersi venuto a trovare in stato di incertezza sal fatto controverso ‘4 Avrebbe potuto, questo giudice, pronunziare u.n non Iiquet , con II quale si fosse lisnitato a dare atto del suo dubbio? Se Ia risposta e negativa, ciô significa -r ditebbe il Micheli the esiste una norma, espressa o inespressa, secondo Ia quale ii giudice è obbligato a decidere in merito. E questa è appunto Ia regola di giudizio, Ia cul funzione è quella di rendere possibile in tal case Ia decisione 2’ r

Una volta data, peré, al giudice l’autorizzazione a dccidere nel merito anche in ipotesi di incertezza sul fatto, c’è da chiedersi se ii giudice debba trattare come inesistenti o come esistenti i fatti non provati 16 Nd caso sopra riferito, doe, egli avrebbe dovuto ritenere die gil animaii appartenevano all’attore o al convenuto? La risposta naturale, secondo Ia nostra dottrina, è the ii giudice non poteva dare ragione alla pane onerata della prova the non gil aveva forniito sufficiente conferma deile sue affermazioni, o, traducendo Ia proposizione in ternñni oggettivi, the 11 giudice doveva dichiarare inesistenti I fatti non (sufficientemente) provati, della cui dirnostrazione la pane era onerata. L’individuazione, pol, di questa pane dei fatti bisognosi di prova dipende dat contenuto the l’orclinae mento giuridico cala nella regola di giudizio. Se, alla stregua di questo contenuto, l’attore doveva dimostrare di essere proprietario degli anirnali, l’incertezza ricadeva necessariamente a suo danno ed 11 giuchce doveva rigettare Ia domanda, dichiarando inesistenti i fatti sulla cui base era fondata. 4. - E’ strano che sia i giudici americani e sia lo sth

dioso tedesco, the ha ricordato l’episodio, neppure abbiano avvertito il prirno problema, ritenendo come connaturale alla funzione giudiziaria l’emanañone, anche nel caso in esame, di usia sentenza di merito. B sat contenuto di questa sentenza the è sorto, invece, ii contrasto. II giudice di primo grado, infatti, ritenne di assegnare una vacca e in vitello ail’attore, 1 altra vacca e l’altro vitello al convenuto e di grae vare il primo delle spese del processo e ii secondo di quelle del mantenimento degh animah successive all ins taurazione del giudizio, avendo questi insistito perché fossero affidati a un custode. [1 giudice di appeilo, invece, annullô la sena tenza, perché, non essendosi potuto stabilire con sufficiente sicurezza come erano realrnente andate le cose, Ia domanda doveva essere rigettata. L’attore, infatti, avrebbe dovuto fore nirelasova per due buoneragiOrn: El erthé tendéva a produrre usia modificazione nello iiiioiatfppreesistente per cui era a suo carico l’onere di dimostrare cheesistevano i presupposti per tale immutazione; b) perché ii convenuto Fijosaessore degli aimali e cTh aIsicüaa una presun a ‘——‘-‘•—— — —— zione d$ conforirntà - della situ azione .4L fatto (ppseso) a qu ella - di din t to (prOp rietà) the Patto re avrekbt dox’rno .. cere’7. - Prim a di app roy are que s t a s econda soluzion e e di sorprenderci di fronte alla prima 18 bene considerare, perà, che le cose tel -diritto angloaamenicano stanno divers amente che da noi La Cone di appello, neWannullare Ia prima decisione, ha fatto, invero, riferimento a due inotivi che di per sé non sono decisivi. Ii prlino è

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riconducibile al c. d. burden of overcoming the inertia of the court che, ondo I’oprnione comunemenre aa’ettata, produce tin mero onere di provare i prima facie elements della domanda 19, Jj SecOhdO Si till ad una presunzione che sarebbe di quelle die fbi chiamiarno <<rdative>> (rebuttable). E’ da tenere, peraltro, presente the, secondo l’opinione phI seguita, queste presunzioni sarebbero in grado di invertire soltanto ii c. d. burden of producing evidence e non l’onere della prova obiettivo o sostanziale (ii c. d. burden of persuasion) . E anche se si accogliesse la teoria phI recente di Morgan, secondo ciii tall presunzioni inver

tono l’onere della prova non potrebbe sottacersi the tale opinione non ha inal ricevuto inteigrale applicazione nella pratica, the come nel caso del codice probatorio californiano del 1965 li __ ha distinto le .presunzioni relative sea condo che siano fondate su ragioni di verosimiglianza o su parucolari valutazioni degh mteressi in gioco, attribuendo soltanto a queste ultime l’efficacia di ribaltare l’onere della prova. Le altre, fra cui va senza dubbio annoverata Ia presunzlone di conformita del possesso al diritto , inutereb’ bero ii solo onere soggettivo di introdurre la prova, per adempiere al quale nel sistema 2nglo-americano — puà essere sufficiente anche la tesnmonianza della pane a proprio favore Una volta venuta fuori tale testimonianza, come si yea rificô nel nostro caso, si poteva ritenere the l’attore avesse soddisfatto 11 suo onere pnmario, sia offrendo i prima facie elements della domanda e sia superando la rebuttable pree

sum ption nascente dat possesso. In tal modo, perché si POe tesse poi addossare a quest’ultimo ii rischio della non pete suasion, si sarebbe dovuto fare riferimento ad altre regole o alla disciplina sostanziale del rapporto. Altre regole non risultano, perô, richiamate e quanto alla disciplina sostanziale del rapporto, e da sottolineare the la common law non conosce un’azione cli rivendicazione che abbia ad oggetto cose mobili . Ce n’è quanto basta, insomma, perché Ia decisione del giudthce Voelker, secondo gli schenil ruentali del giurista anglosassone, non appaia cosi dissennata e arbitraria come ci poteva essere sembrata a prima vista. 5. Eppure è probabile che tutti noi, pur dopo aver riflettuto sui principi giuridici del sistema anglo-americano relativi al caso, continuiamo a ritenere Ia decisione della Cora te di appello come la sola accettabile. Se cosI è,Iaragione deve risiedere above, e cioè nel fatto che, alla nostra men fira fjazr& giudizld — . _.. .—. —— —. lb. . . . . . . . I — —. . .. I. I c9ntnulQfl%generico, 0 ii quale . ii giudicençpotra mal att?re .çgçnç.istente un fattosulla cm esistenzaegli sia nmastorncerto . Questo contenuto genenco della regola di giudizio come si è detto va poi specificato in relazione alle srngole ipotesi dt fatto, giacche, cli volta in

volta sari necessario accertare se l’ordinamento riconosca rilevanza giuridica at fatto costruito positivamente e non piuttosto a’ suo contrario. a Si puo, allora, commciare a credere che 1 esigenza di ima regola di giudizio nasce non dal bisogno di autorizzare ii giudice a decidere nd merito anche in caso di incertezza sal fatto, ma dalla convinzione the sia necessaria un’apposita regola per rendere possibile at giudice di pronunci are ii rigetto delle richieste I cui presupposti di fatto non siano provati. 11 caso del giudice Voelker c ;rebbe convincerci dell ’esattezza di questi riievi. Egli,

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pure non era guidato da una norma giuridica del tipo di quella che noi siamo soliti desumere dall’art. 2697 c. c., non ha dubitato del suo doe vere di pronunziare nel merito e la sua decisione e stata criticata non sotto questo aspetto, ma sotto quello del contenuto particolare di cui era stata riempita. Alla luce di questa esperienza, anche perche costituisce I esemplare di un tipo indeterminato di cast simili, Ia funzione della regola di giudizio non dovrebbe essere quella di impedire al giudice di pronunziare sentenze di non liquet, ma dovrebbe concretarsi in quella che potremmo definire come conseguenza di una scelta di civilti, giacché si proibisce al giudice di dare per esistenti fatti di cui non gli sia stata offerta prova piena e convincente 6. Questa conclusione trova conferma nella cona trapposizione netta e radicale che gil storici del diritto pona gono, ad esempio, tra la regola di giudllzio del processo nell’alto medio-evo e quella the si è andata riaffermando in Europa a far tempo dalla fine del XII secolo . Nel primo tipo di processo, che era indifferenziato sia the si trattasse di controversie civili e sia the avesse ad oggetto read , il convenuto o I accusato doveva liberarsi del peso deli accusa ofirendo le prove del suo buon diritto o della sua innocenza. Nell’attuale processo ii principio appare completamente caa povolto. Ma credere the ciô sia ii risuitato del semplice mutamento di una norma giuridica sarebbe indubbio frutto di uno scarso approfondimento del problema. Del quale non Ci Si UÔ rendere conto senza riflettere alla diversa organize zazione del processo e alla divers a funzione del giudizio nel corso dei secoli. Nelle epoche primitive e barbare, infatti, ii rendere giu-’ stizia non è compito dello Stato, ma è ii riflesso di un’esigenza insopprirnibile della vita associta the si organiizza nelie

fonne phi vane 1, J giudizio, cosi, non e sanzionato cia!l’autorità che I’organizzazione sociale riconosce a chi lo ezuette, ma cerca altrove la propria conferma. E la rinviene nelle forze sovrannaturali o nella dlivinità cite necessariamen te troveranno ii znodo per snanifestarsi Ne sarebbe, d’ahra pane, possibile costruirlo altrimenti, giacché gil uomini chiae mati a pronun.ziarlo sono quasi sernpre troppo rozzi o ignoranti per poter condurre una razionale inchiesta istruttoria e per poterne obiettivamente analizzare i risultati . Ne CODe segue cite, da una pane, il giudice è una specie di testimonio di una yenta cite viene rivelata per altra via e, dall altra parte, cite ii giudizio deve attingere alla yenta assoluta, perché è espressione della divinità e dde forze della natura che non possono ingannare. in questo ambiente, dire che ii convernito fosse onerato della prova non ha assolutarnente ii significato che noi, secondo ii linguaggio moderno, saremmo indotti ad attribuire afl’espressione. Ii processo stesso, in realtà, era una epreuve ‘ alla quale erano assoggettati I contendenti , e quando nei COfle

la dimostrazione della purezza dell”accusato era conferma irrefragabirie della falsità dell’aceusa o, comunque, della bontà del verdetto . Ed a fornire questa prova l’accusato non tanto era onerato, quanto aveva addirittura diritto II sistema giudiziario, comunque, poggiava sulla fideisticapremessa che, per le dette vie, si poteva pervenire alla yenta assoluta ed era un sistema al quale mevitabilmente si è finito col dare sempre minore credtivo mano a mario the è venuta meno la fiducia ndlla premessa the ne era a fonda memo.

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frond dell’uno si era formulata phI di stabilire Ia <verith dei l’accusato . 0 meglio, poiché si pervenire a tale certezza tramite

un’accusa, non Si trattava fatti, ma Ia <purezza* delcredeva nella possibilità di l’intermediazione del divino,

7. —— Ci si deve chiedere, ora, se sia possibile Inettere a confronto i due tipi di processo e ravvis are una differenza, ha le pm cospicue, nel diverso contenuto della regola di giudizio. A me pare che nel processo dell’alto medio-evo neppure sorgesse il problema dell’emanazione della decisione da pane del giudice, perché questi aveva soltanto ii come pito di predisporre le prove ed insieme agli altri era testinone di una soluzione the proveniva aizunde. L incertezza sul fatto era, cosi, un evento irrilevante, perché ii convincimento soggettivo non trovava spazio per far risentire 11 suo inilusso. a La lenta e graduale evoluzione storica che ha condotto afla aftermazione della razionalità dcl sistema probatorio e che ha affidato al giudice ii compito di valutare II fatto cosi come è stato ricostruito nel processo 40, inentre faceva si the

si rinunziasse alla pretesa di attingere alla sia pure per mezzo della rivelazione divina a rale, poneva e non poteva non porte in primo blema dell’incertezza del giudice. E non è un regola romana secondo Ia quale actori incum sia stata ripresa riportata alla luce nel corso stma evoluzione Ma se tutto questo è veto, se la regola in questione sia una teggiamento dell’uomo di fronte

yenta assoluta sovrannetw piano II procaso che Ia bit pro batio della rnedediventa naturale chiedersi delie cause del mutato at- all ‘insopprimibile compito

dcl giudicare, ovvero s’e costituisca la cons eguenza inevita bile di tale diversa prospettiva. Qualora, come credo, si deb. ha rispondere in questo secondo senso, tutte le discussioni the si sono fatte circa la natura e Ia portata della regola cli giudizio ftniscono con ii perdere buona pane del bra valore. Quest uItina pm che essere ii contenuto di un aut’onoma

discussione la regola di giudizio fondata sull’onere della proe va, ma Ia possibilita di predeterminare Ia rilevanza giuridica dei fatti) e le altre che hanno avuto per oggetto esercie

disposizione di legge, e Ia necessaria conseguenza di un Sb sterna giudiziario che affida le proprie risorse alla razionalità degil uomini destinati ad esercitare Ia relativa funzione ¶ Di modo die dovrebbero apparire come inutffi complicae zioni queue dispute dottrinarie the si fanno circa l’esistenza di una regola di giudizio nei processi flei quail manchi o sia insicura la preesistenza cli canoni di valutazione (ad es., nel processo internazionale o in quello di equità, dove non e In tazioni sistematiche e dommatiche volte e stabilire la natura

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della regola di giudizio e ii trattamento ad essa ris’ervato 8. --- Sarebbe interessante analizzare, in sede storica, come la enucleazione della regola actori incumbit probath - Ia quale, come si è detto, era Ia esplicitazione di un’esigenza che nasceva cia una diversa costruzione del slstema probatorio - possa avere a sin volta influito sulla struttura del processo o, come anche si dice, sulla tecnica secondo Ia quale e organizzato Si puà avanzare l’ipotesi che Ia convinzione di non potere attingere alla yenta assoluta abbi’a incoraggiato una strut turazione del processo, che ha trovato 01 piena rispondenza ndia concezione libera’ieindividualistica della reaità. Secoudo questa prospettiva ii processo raggiunge ii suo scopo già quando realizza Ia paoe giuridic.a fra le parti, non essendo necessariala ricerca della yenta e della giustizia ¶ II giudice rende, cosi, a mettersi in un canto, a fare come da arbitro di an combattirnento die ha per protagoniste le patti, ad affidarsi esciusivamente alla loro iniziativa ndlla ricerca del materiale

istruttoria ¶ In un processo cosI strutturato egli non dovrebbe avere problemi del tipo di quell avvertiti dal giudice Voelker, ii quale, per cosi dire, è risalito alle radici della contro- versia. Quest’ultirno, in mancanza di un criterio di giudizio che lo isolasse dagli rnteressi realmente in conflitto, ha dovuto porsi Ia seguente domanda: risponde a maggiore giustizia la decisione che, nel dubbio, non da ragione per intero a nessuna delle patti, ma neppure dà ad esse per intero torto o quella che, accogliendo o rigettando Ia domanda, rischia di dare per l’intero ragione alla parte che ha torto e torto a quella the ha per 1 intero ragione? Considerata sotto questo profilo, Ia sua decisione non puô apparirci a priori phi esatta o phi errata di queUe che avessero dato per rntero ragione all attore o al convenuto. Essa ci appare opinabile perché mira a sostitui!re a ian criterio standardizzato di risoluzione del caso dubbio un diverso cr1- terio che dipende da una soggettiva e, tutto sommato, non controllable valutazione della controversia . Ed e un criterlo che sollecita istintivarnente la nostra diffidenza, perché sembra aprire la porta all arbitno giudiziale.

9. -— La regola di giudizio basata sull’onere della prova cosrituisce anch’essa, in conclusione, la concettualizzazione, condotta secondo lo schema caro a! formalismo positivista, di tutto un xnodo di intendere ii processo e la sua funzione. 11 giudice, secondo questa prospettiva, flOG puô intervenire ada la situazione materiale. Egli deve hmitarsi. a porre termsne a usia discussion; the è stata infruttuosa e the, pertanto, lascia del nato immutata la situazione preesistente’. L’unico significato del suo intervento e che, oramax, la cliscussione e clefinitivamente preclusa, sempre che ad essa abbiano preso parte I soggetti realmente interessati 50,

F? uno schema questo che trova una coelente e accettae bile collocazione, come abbiamo visto, nella concezione liberaleeindividualistica della realtà. Esso comihcia ad apparire insoddisfacente tutte le vtolte che si avverta Ia necessità di tendere con lo struinento processuale a qualcosa di phi che alla pace giuridica ha le parti. E’ stato questo ii caso del pros cesso penale, in relazione ii quale l’idea dell’applicabilitâ di una regola di giudizio si è fatta strada e ancora si fa stracki faticosamente 51, appunto perché in primo piano continuava ad essere presente l’esigenza di cogliere con Ia senteaza la

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I 52 yenta e la giustiZia L’ipotesi del dubbio, che è inevitabile anche nel proces so penale, trova, cosI, tin dupike cistacolo a the ski ri6olta con II trivorso a una tegola di giudizio. Da una pane, infatti, l’esigene a die si pervenga tdia scoporta della yenta materiale è di ostacob all’introduzione di meccanismi giuridici con l’uso dci quali si possa altrimenti <<fissare> ii fatto . Cosi che l’isnrnutahilità della senteflza penale passata in giudicato r anche di quella emessa nel dubbio - è di solito collegata alle esie genze che si raccolgono intorno al principio del tie bis in idem , senza che si avverta ii nesso di reciproca dipendenza fra Ia possibilita che tale sentenza diventi (relativamente) line tnutabfle e Ia necessità che in essa sia contenuto un <accertae mento>> del fatto”. II quale nesso e, invece, presupposto dalla dottrina processualciviistica che assegna ella regola di giudir zio come principale funzione quella di evitare the ii giudice pass a emettere sentenze di non 1iquet. Dall’altra parte, la d.ifficolta di configurare Ia contrapposizione fra Ic parti del processo penale secondo I moduli propri del prooesso civile, si oppone alla possibilita & prospettare una regola di giuchzio the abbia come parametro applicativo II rischio della maneata “‘rova . Se, nonostante cia, si ritiene egualmente the ii giudice non possa condannare nel caso di dubbio, è facile conclu

dere the tale opinione riflessa, d’altronde, nell’art. 479, jil comma, c.p.p -- - non fa che rispecchiare ii carattere rae Lionale del processo inoderno, in conseguenza del quale ii giudice non puô dare per esistente un fatto (qui uric dei fatti che sono a base delI’accusa) senza che gliene sia stata offerta prova sufficienre

Ma Ia propensione a cogliere riel processo uno strumento adeguato per condurre una ricerca phi penetrante della realti5’ e una certa diffusione delle tenderize che, in oOS1- zione alle correnti di pensiero idealistiche, riaiIfermano l’esie stanza di una yenta ma’terkile e oggettiva e la possibiiti di a 10 ncostruiria con procedimenti scientitici stanno continuamente a minacchtre l’equiibrio raggiunto con l’enucleazione della c.d. regola di giudizio, par senza proporre, a mm avviso, schee mi ahernativi die possano allo stato apparire pienamente tranquillanti. E’, cosI, diffusa la tendeaza a ripudiare in radice lo schema operativo the è implicato nella cd regola di giudizio, secondo ii quale si isolano e si fissano gil elementi di fatto giuridicamente rilevanti in base alle norme giuridiche & applicare In OpOSIZiOfle, si riafferma Ia necessità di calare ii giudizio di valore all interno del fatto considerato neila sua intierezza, e doe nella giobalitâ delle sue relazioni con gil altri episodi d’ella realtà effettuale, per non far passare delle schegge di yenta arbitrariamente ritagliate come tutta la yenta, e venificare per tale vra se, dopo una siffatta operazione, quel giudizio risulti ancora applicabile alla fflttispecie 61

It sentenze basate sull’applicazione della regola di giudizio finiscono, cosI, con l’apparire rarissime negli ordinamenti nd quali le predette finalita si ritengono conseguite . Anche perché tan simile sisterna non puà non essere associato ad urn’ pitna e cofl4ileta valutazione da pane del giudice del rnateria}e pmbatorio che le parti gil hanno offerto e the egli stesso è state in grado di procurarsi 63, Di modo che verrebbe cosI realizzato ii pieno recupero di tutto cia the secondo una concezione <<borghese>> della giustizia viene rel’egato nd mOm do del non giuridico, della fattualiti, degli istinti e delle pase siofli

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10. 1 diversi atteggiamenti sulk funzione del giudice e sulla conseguente struttura del processo come si è visto __- valgono a restringee o ad ampliare l’area entro la quale la c.d. regola di giudizio è chiamata ad operate, ma ‘non possono mai esciuderne compleramente la possibilità di applicazione, almeno fine a quando non saremo in grado di eliminate l’ipotesi del dubbio 65 Ed in relazione a questa ipor.esi Ia predetta

regola continua ad essere Ia formula espressiva che sintetizza 11 carattere razionaLe del processo e del sistema probatorio secondo II quale e moddllato. Anche lo studioso tedesco dà implicitamente per scontaa to che ii giudice non puà dichiarare in forma autoritaria l’esie stenza della situazione giuridica the è a base di qualsiasi prete s a se non ha r aggiunto ii convincim en to dell ‘es is tenza dei fatti, che ne costitmscono ii presupposto giundico. Infatti, è solamente dopo avere acc’ettato questa premessa the è ROSe sibile esarninare e (cercare di) risolvere gil innumerevoli problemi di ripartizione degli oneri probatori, vale a dire & individuae zione del soggetto processuale che deve fornire gil strumenti idonei a fondare ii convincinmento giudiziale se non vuole die Ia pronunzia sia emessa ‘a sno sfavore . Tuttociô, che vale in un processo al quale ?a1et1Pffb in posizioni. con trapposte almeno due soggetti ‘e in un amhiente in ciii si:a in astratto possibFle configurare qualsiasi fatto come rilevante per le pretese dell’uno a ii suo contrae rio per queue dell’altro 67 apre solamente la strada per hi rise’ luzione del probiemi in esarne. Ma non faremmo grossi passi avanti, se lasciassuno alla discrezionalita assohuta del giudice la scelta tra Ia maniera di configurare ii fatto al positivo o al negativo, e quindi, di gravare l’una o l’altra pane, secondo ii suo arbitrio e Ia sin <untuizione>>, delle conseguenze sfavoreyou della mancata prova di esso63 Ne consegue Ia necessità the in urio Stato, strutturato secondo Al dogma della Iegalita qiraic è 10 Statoitaliano attuae le, urra scelta del tipo sopr.a menzionato non puo essere lasciata al giudice, ma deve essergli predeterminava in via normativa . Viene qui fuori ii vero e, forse, ii solo pmbltnn dell’onere della prova, the si articola, da unit pane, nella difficoltà di ricostruire Ia speeifwa nlevanza dei fain secondo 1 tipi pitfissati dal legislatore e, dall’altra pane, nella generalmente

avvertita insufficienza di questi tipi a riprodurre puntualmente i’in(X)ntemibile e indeterminabile varietà di atteggiamenti della vita reale . 11. - Quando si rif.Fetta sulla predetta insufficienza dei tipi normativi, di cui cercherà di dare conto mel corso di questo lavoro, appare chiaro the 1’art. 2697 cc., ma phi ancora 1 ambiente culturale rid quale presto testo di legge e ste- to chianiato a produrre effetti, ha operato da filtro, facendo ritenere, in perfetta coerenza am le premesse di un’ideologia legalism, che ii giudice, nel risolvere le questioni relative alla ripartizione c}egli oneri probatori, non abbia da etnettere giudizi cli valore o, secondo de formulazioni dottñnairie dommaa ticamente phi avanzate, abhi’a soltanto da recuperare qudlle valutazioni sottostanti alla norma o al coinpiesso di norme da applicare al caso concreto E chic do sia il frutto di un’impo

stazione concettuale, di un modo di vedere piuttosto the ii risult’ato di una norma positiva lo climostra 11 fatto die 1 gluna sti redeschi non sono orientati in inodo dissimile, pur non avendo nd loro ordinainent una clisposizione eguale o analoga ad nostro articolo 2697 h1 Da cia viene fuori l’interesse dell’indagine dello studioso legalista (quale è, ad es., Schwering), the si introduce in un •mondo in cui ii diritto e soprattutto ii risultato o ii prodotto del quotidiano lavoro della

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giurisprudenza. Si comprende, allora, perché nel corso di tale indagine sia venuta fuori un grossa dife ferenza. Si e constatato che anti 1 tentativi indirizzati a una ripartizione degli oneri probatori secondo schemi generali e, comunque, svincolati rispetto alle situazioni conflittuali espresse dalcaso sottoposto a decisione [l’attore deve provare ii prima facre case e ii convenuto la defense; la parte deve provare i fatti per i quail ha l’onere dell’allegazione (burden of pleading); sono oggetto di prova i fatti positivi (affirmative pro position); qudlli di cui Ia parte si e volontariamente addossata Ia prova (doctrine of invited error); quelli essenziali (essential fact of

the case); la distribuzione va effettuata sectndo ii rapporto regoheccezione (rule and exception )1 sono iniserarnente fall!ii , rivelandosi travestimenti Ineramente verbali del prohlema medesimo, della cul soluzione Ia chiave si sarebbe dovuta rjcerCare aitrov’e. Ti giurista anglo-americano, the LflQfl puà neppure fon diare nelia maggioranza del casi su una norma giurichea the aba Ma una veste espressiva stabile , finisce, c’osl, col sentire the Ia deterrninazione degli oneri probatori dipende da ragioni che attengono alla specificità del caso Egli dichiara di far ricorso, a tal fine, a regole di probabilità, a valutazioni d’equita o a comparazione degli interessi in conflitto, talvolta prendendo in con siderazione questi crateri isolatamente e talaltra mescolandoli insieme . Si apre, a mio modo di vedere, un dissidio, del quale I giuristi eng1oamericani non sembrano tuttavia darsi peso o avere precisa coscienza. Essi, infatti, paiono non dubitare del fatto che la ripartizione degli oneri probatori riposi sul diritto sostanziale, cosi dando mostra di adeguarsi implicitamente a un concetto di giurisdizione di tipo sostitutivoesanzionatorio (in quanto attività rivolta a ‘ripristinare ‘I’ordiine giuridico compromesso o violato), che non è diverso da quello accolto fra noi ‘. In tal modo, danno per scontata Ia preesistenza

del canoat di valutazione e, tuttavia, per quanto riguarda in particolar’e i criteri di ripartizione degli oneri probatori, non possono the farli derivare cklla convinzione che il giudice si forma sul case in concrete Ne consegue the Ia netta distinzione, cara soprattutto al Micheli , isa formazione del convineimento e riparrizione degli oneri va progressivamente sfumando, cosi the non è facile dire dove finisea l’una e dove l’altra abbia inizio ‘.

12. - - Saatbbe, perô, errato ritencre the Ia contraddi none on posta in luce sia esclusiva del sistema giuridico anglo -.americano. Essa, ad tin esame piii Irnetrante, appare anne tin futto inevitabilmente presente nella storia di ogni (yrdbalnento the siia considerato nd SUO tradu!rsi in azione (oncreta. La differenza fra I sistemi di common law e quell di civil law appare sussistere, aflora, soltanto sono il profilo quantitativo, giacché è pur sexnpre vero the Ia giurisprudenza integra, riformula e a volte crea norme giundiche adeguate alla specificiti del caso anche mel paesl ispirati a un’imposta none legalista “. Ad un’analisi piii disincantata, infatti, una precisa di stinzioné tra formazione del convincimento giudliziale e ripartizione degli oneri probatori non appare agevole afarsi e, nei paesi di common law, del tutto o quasi del tutto impossible. Eppure i giuristi ang1oarnericani sembrano accettarla, a> tue ci ricorda Schwering, dal momento the danno per scontate Ire ipotesi, che tutte la presuppongono: a) the la ripartizione degli oneri probatori è fondata sul diritto sostanziale; b) che ii giudice, competente a conoscere soprattutto delle questioni di dliritto, dã n proposito precise

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istruzioni alla giuna, Ia quale, come giudice del fatto, deve adeguarsi ad esse; c) the la esattezza di quesve istruzioni è sindacabile dal giudice di secondo grado, ii quale, ove le trovi crate, puà annullare t. a, la decisione

T7% ye una consapevole o aziom umane l’ipotesi, che ii d’irxitesi che ii cosi raggiunta l’azione futura Se si rifiura inevitabile è qudllo del tutto irrazionale

sola maniera di superare Ia discrasia ed è Ia inconsapevole fede nella ragionevolezza delle Soltanto in questo modo e possibile adeguare giudice deve decidere in concreto, a in ruodello giudac’e si configura e credere die la soluzione possa, pot, fungere da itgola di condott per dii credere a questa possibilità, lo sbocco di configurare I’attiviti giudiziaria come e arbitiraria . Ma pcthi, io credo, sareb

hero disposti a condivicbere coscientemente Ia gravità dde rehitivie conseguenze. E’ per questa ragione che nel cxnso della presente indagme at prende avvio cia una premessa iacCOita COe me postulato, di cui non è necess’aria Ia dimostrazione: ogni ricerca sull’onere della prova non puô prescindere dall’ipotesi die regola e regolato o, in altre parole, diritto e fatto dano in qualche guisa distinguibili M Sc tale postulato implicM, pol, una scelta di tipo posinvistico per mio conto non ha importanza, una volta che si sia messa in chiaro Ia necessità cli considerare ‘1 fenomeno giuridaco quale emerge cial costana te inserimento del diritto nelia concretezza dell’esperienza stonca

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