verbi pronominali report - Francesca...

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1 Classi di verbi pronominali Rapporto tecnico Settembre 2008 Francesca Masini Università Roma Tre 1. Introduzione: costruzioni verbo-pronominali * Con il termine “verbi pronominali” ci riferiamo a una classe di costruzioni verbali caratterizzate dalla presenza di uno o più clitici pronominali di varia natura e funzione. In questo lavoro chiameremo tali strutture “costruzioni verbo-pronominali” (CVP) 1 . Nelle lingue romanze, dotate di un complesso sistema di clitici pronominali, questa classe di costruzioni è molto ampia ed eterogenea. Ad essa, per esempio, si possono ascrivere i riflessivi (1) e i reciproci (2). (1) a. se laver FRANCESE b. lavarsi ITALIANO c. a se spăla RUMENO (2) a. baciarsi ITALIANO c. beijarse PORTOGHESE d. besarse SPAGNOLO Anche la costruzione impersonale può essere di natura pronominale, come mostrano i seguenti esempi (equivalenti) dall’italiano e dallo spagnolo: (3) a. Qui si lavora bene ITALIANO b. Aquí se trabaja bien SPAGNOLO Sempre in italiano abbiamo poi la cosiddetta costruzione con il si passivante: (4) In quel negozio si riparano ombrelli * Diverse persone mi hanno generosamente offerto il loro aiuto in qualità di parlanti nativi di lingue trattate in questo lavoro: Antonio Fábregas (spagnolo), Mira Mocan (romeno), Jonathan Rowson (inglese), Peter Doggers (olandese), Martina Neid (tedesco). A loro va il mio ringraziamento. Ogni errore o inesattezza è naturalmente da imputarsi unicamente all’autore. 1 Parliamo qui preferibilmente di “costruzioni verbo-pronominali” piuttosto che di “verbi pronominali”. Tale scelta terminologica deriva dalla convinzione teorica che tali strutture siano riconducibili all’interazione tra le singole entrate lessicali dei verbi e determinate costruzioni sintattico-argomentali (cfr. Goldberg 1995).

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Classi di verbi pronominali

Rapporto tecnico Settembre 2008

Francesca Masini Università Roma Tre

1. Introduzione: costruzioni verbo-pronominali* Con il termine “verbi pronominali” ci riferiamo a una classe di costruzioni verbali caratterizzate dalla presenza di uno o più clitici pronominali di varia natura e funzione. In questo lavoro chiameremo tali strutture “costruzioni verbo-pronominali” (CVP) 1. Nelle lingue romanze, dotate di un complesso sistema di clitici pronominali, questa classe di costruzioni è molto ampia ed eterogenea. Ad essa, per esempio, si possono ascrivere i riflessivi (1) e i reciproci (2). (1) a. se laver FRANCESE

b. lavarsi ITALIANO c. a se spăla RUMENO (2) a. baciarsi ITALIANO c. beijarse PORTOGHESE d. besarse SPAGNOLO Anche la costruzione impersonale può essere di natura pronominale, come mostrano i seguenti esempi (equivalenti) dall’italiano e dallo spagnolo: (3) a. Qui si lavora bene ITALIANO

b. Aquí se trabaja bien SPAGNOLO Sempre in italiano abbiamo poi la cosiddetta costruzione con il si passivante: (4) In quel negozio si riparano ombrelli

* Diverse persone mi hanno generosamente offerto il loro aiuto in qualità di parlanti nativi di lingue trattate in questo lavoro: Antonio Fábregas (spagnolo), Mira Mocan (romeno), Jonathan Rowson (inglese), Peter Doggers (olandese), Martina Neid (tedesco). A loro va il mio ringraziamento. Ogni errore o inesattezza è naturalmente da imputarsi unicamente all’autore. 1 Parliamo qui preferibilmente di “costruzioni verbo-pronominali” piuttosto che di “verbi pronominali”. Tale scelta terminologica deriva dalla convinzione teorica che tali strutture siano riconducibili all’interazione tra le singole entrate lessicali dei verbi e determinate costruzioni sintattico-argomentali (cfr. Goldberg 1995).

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Accanto a queste CVP più “grammaticali”, esistono anche forme lessicalizzate con uno o più clitici. In italiano, per esempio, abbiamo CVP idiomatiche con i clitici ci, la, ne (5) oppure con un doppio clitico, come ad esempio sela o cene (6): (5) starci, piantarla, darne (6) cavarsela, volercene All’interno delle CVP è possibile quindi individuare meccanismi più o meno produttivi e più o meno lessicalizzati. In altre parole, la cliticizzazione può essere tanto di natura grammaticale quanto di natura lessicale. 1.1. Il caso dell’italiano I clitici pronominali in italiano sono stati ampiamente discussi nella letteratura specialistica2. Particolare attenzione è stata dedicata al clitico pronominale riflessivo si, per via della sua complessa polifunzionalità. Il si compare infatti in strutture riflessive dirette (7a) e indirette (7b), reciproche dirette (8a) e indirette (8b), nei cosiddetti intransitivi pronominali (9), nonché nelle costruzioni impersonali e passivanti che abbiamo visto sopra in (3) e (4). (7) a. lavarsi, vestirsi

b. tagliarsi i capelli, bagnarsi la gola (8) a. abbracciarsi, baciarsi

b. stringersi la mano (9) addormentarsi, arrabbiarsi, pentirsi Accanto a queste forme pronominali più note, abbiamo in italiano una serie di usi produttivi, ma meno studiati, che vengono talvolta denominati “intensivi” o “espressivi”. Ci riferiamo in particolare ai fenomeni esemplificati dai dati in (10)-(14), tratti da Serianni (1988): (10) tornarsene, andarsene, starsene vs. tornare, andare, stare (11) farsi una passeggiata vs. fare una passeggiata (12) mangiarsi le unghie vs. mangiare le proprie unghie (13) Non mi ti far bocciare! vs. Non ti far bocciare! (14) Entro nel bar e sai chi ti vedo? vs. Entro nel bar e chi vedo? I verbi in (10) sono descritti da Serianni come versioni più espressive dei corrispondenti

2 Cfr., tra gli altri, Seuren (1974), Wanner (1977, 1987), Lo Cascio (1970), Berretta (1983), Simone (1983, 1993), Cinque (1988), Cennamo (1993), Lepschy & Lepschy (1993), Monachesi (1995), Jezek (2003, 2005), D’Alessandro (2007). Tra le grammatiche di consultazione, ricordiamo in particolare Rohlfs (1969), Tekavčić (1972), Dardano & Trifone (1997), Serianni (1988), Renzi, Salvi & Cardinaletti (a cura di) (2001).

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verbi intransitivi, mentre i verbi in (11)-(12) sono classificati come verbi “pronominali intensivi” in cui il pronome è o completamente superfluo (11) o ridondante (12). Su quest’ultimo punto, Serianni fa notare che l’italiano, diversamente dall’inglese che usa l’aggettivo possessivo (16), ha sempre fatto uso del pronome intensivo in presenza di oggetti diretti denotanti parti del corpo o di attività che hanno a che fare con l’organismo (15). (15) Mi incipriai il naso (16) I powdered my nose Secondo Serianni, l’italiano fa uso delle forme pronominali sopra elencate per rimediare all’assenza di una diatesi media autonoma, che ha la funzione di indicare l’intensa partecipazione del soggetto nell’azione, come nell’esempio greco che segue (sempre tratto da Serianni 1988): (17) a. lýō ‘sciolgo’

b. lýomai ‘mi sciolgo (sciolgo per me, nel mio interesse)’ Anche Simone (1999: 345) collega direttamente questo tipo di forme alla diatesi media e al grado di “RIFERIMENTO PERSONALE [...] dell’attore rispetto all’oggetto” (enfasi nell’originale)3. Simone (1993: 96) denomina questo tipo di costruzioni “verbi con riferimento personale”:

“Una proprietà tipica dell’italiano dal punto di vista lessicale è la possibilità di associare, praticamente a qualsiasi verbo transitivo, un pronome clitico personale indicante la persona in rapporto alla quale l’azione descritta viene vista. Questo uso è percepito come tipico del parlato informale, ma è facile trovarne esempi anche in registri più accurati.”

Secondo Simone, nei casi in (18) l’uso del clitico serve a “indicare la persona a vantaggio o a svantaggio della quale l’azione descritta viene compiuta. In questo senso, le forme di verbo con riferimento personale sono probabilmente un’eredità del cosiddetto ‘dativo etico’ latino” (1993: 96). (18) a. Ho bevuto una birra vs. Mi sono bevuto una birra

b. Ho fatto un lungo viaggio vs. Mi sono fatto un lungo viaggio c. Abbiamo visto un bel film vs. Ci siamo visti un bel film

Il riferimento al dativo etico è presente anche in Serianni (1988), che tuttavia rimanda al dativo etico non tanto gli esempi del tipo in (18), quanto piuttosto quelli in (13) e (14): secondo Serianni, l’uso del clitico di prima persona (13) servirebbe per esprimere un interessamento affettivo del parlante nei confronti dell’interlocutore, mentre l’uso del clitico di seconda persona (14) sarebbe più propriamente un mezzo per coinvolgere l’interlocutore nell’interazione. 3 L’ipotesi del si mediale è appoggiata anche da Jezek (2003), che cita come riferimenti anche Sabatini (1988) e Wehr (1995).

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Simone tuttavia sottolinea come esistano casi simili in cui la semantica è più complessa e in cui i verbi con riferimento personale possono esprimere una relazione di possesso o proprietà (19a-b), la persona al posto della quale (19c) o a vantaggio della quale (19d) viene compiuta l’azione. (19) a. Ha portato mio figlio a scuola vs. Mi ha portato il figlio a scuola

b. Ha portato mio figlio a casa sua vs. Mi si è portato il figlio a casa c. Scrivi questa lettera al posto mio vs. Mi scrivi questa lettera? d. Chiami un taxi per me? vs. Mi chiami un taxi?

Simone (1993: 97) nota infine come alcune di queste espressioni siamo estremamente ambigue. Una frase come (20), ad esempio, può avere i tre significati sotto elencati: (20) Mi fai una telefonata?

a. ‘Fai una telefonata a me’ CLITICO OGGETTO INDIRETTO b. ‘Fai una telefonata al posto mio’ RIFERIMENTO PERSONALE c. ‘Fai una telefonata a mio vantaggio’ RIFERIMENTO PERSONALE

L’ambiguità di queste forme è notata anche da Salvi (2001), che, nell’analizzare il complemento indiretto, distingue diverse funzioni che ci interessano da vicino: “possessore”, “benefattivo” e “dativo etico”. La funzione di possessore, che si esprime, appunto, con un complemento indiretto al dativo in forma sia piena che clitica (21a), è in variazione con il complemento di specificazione o con il pronome possessivo (21b)4. Secondo Salvi, quando si parla di parti del corpo e c’è coreferenza tra soggetto e possessore, la variante con il clitico è praticamente obbligatoria (21c), salvo casi di focus contrastivo (21d). Salvi inoltre propone una definizione larga di possessore, del resto piuttosto condivisa nella letteratura, che sconfina nella relazione di parentela (21e) e più in generale di “sfera personale” (21f)5. (21) a. Ho lavato le mai a Piero / Gli ho lavato le mani

b. Ho lavato le mani di Piero c. Mi sono lavato le mani vs. ?*Ho lavato le mani a me (stesso) d. *Ho lavato le mie mani vs. Ho lavato le MIE mani (non le tue) e. Mi si è ammalata una sorella f. Mi hanno investito un gattino

4 Secondo Salvi (2001: 74) la variante con il complemento indiretto, che codifica il possessore come argomento del verbo, mette in foreground l’evento stesso. 5 La nozione di “sfera personale” (sphère personnelle) risale a Bally (1926), che sempre nello stesso saggio, usa anche il termine solidarité per indicare il fatto che un’azione esercitata su una parte di un tutto si ripercuote necessariamente anche sul tutto.

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La funzione di benefattivo è solitamente espressa con un sintagma preposizionale non obbligatorio introdotto da a o per, oppure con il relativo clitico pronominale al dativo (22a). Un caso particolare, secondo Salvi, è l’uso riflessivo di questa forma (22b), che funziona solo con verbi transitivi (che non prevedano un altro complemento indiretto) con un soggetto Agente (cfr. 22c), e che per inciso corrisponde all’esempio (11) di costruzione intensiva data da Serianni (1988). Questa forma indicherebbe, anche secondo Salvi (2001: 77), la partecipazione intensa del soggetto6. Salvi nota inoltre che le stesse restrizioni evidenziate per il benefattivo clitico riflessivo valgono anche per il benefattivo clitico non-riflessivo, ma non per il benefattivo non-riflessivo in forma piena (22d). (22) a. Ho comprato una casa a/per Giovanni / Gli ho comprato una casa

b. Mi sono letto il libro in due giorni c. *Giovanni si cade / *Piero si ha un libro / *Maria si parla di tutto a Monica d. *Giovanni mi cade vs. Giovanni cade per me

Quest’ultimo esempio (Giovanni mi cade) è tuttavia grammaticale in una lettura riconducibile alla terza funzione citata da Salvi che qui prendiamo in considerazione, quella del dativo etico. Il dativo etico “indica la persona che partecipa emotivamente all’evento espresso nella frase” (2001: 77), non è mai obbligatorio ed è sempre espresso da un clitico. Quest’ultima caratteristica lo distingue dal benefattivo, che invece può comparire anche in forma nominale piena. Salvi nota altri due criteri utili a distinguere tra le due costruzioni: le restrizioni citate per il benefattivo clitico non vangono per il dativo etico (23a-b), che sembra molto più libero; la semantica è diversa, come mostrato dalle due possibili letture dell’esempio (24). Qui ci sentiamo di aggiungere che il dativo etico, diversamente dal benefattivo, non sembra avere una variante riflessiva, che di fatto andrebbe a coincidere con il benefattivo clitico riflessivo. (23) a. Ed ecco che ti danno uno schiaffo a Maria

b. Se improvvisamente mi saltasse dalla finestra, non saprei che pesci pigliare (24) Ed ecco che Maria ti stira le camicie di Piero senza pretendere un compenso

‘Ed ecco che Maria stira le camicie di Piero al posto tuo/per te ...’ ‘Ed ecco che Maria stira le camicie di Piero ... – dovresti meravigliarti’

Salvi, infine, indica che il dativo etico occorre in genere solo con i tempi perfettivi, e in particolare con il presente drammatico (25a) e il perfetto composto (25b) (ma non sempre con quest’ultimo, come mostrato da (25c)): (25) a. Va a casa e ti vede un ladro b. Giovanni mi è caduto c. ??È andato a casa e ti ha visto un ladro 6 Salvi attribuisce a questa categoria anche le CVP idiomatiche del tipo prendersela, godersela, ecc. Torneremo brevemente sull’argomento nel paragrafo 3.6.

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La differenza tra benefattivo vero e proprio e dativo etico è rilevata anche da Lo Cascio (1970), che, nel discutere le funzioni dei “sostituenti d’ordine” (ovvero i pronomi atoni, clitici), si sofferma su quelli che sostituiscono il funzionale per (1970: 74) (26), e nota come in alcuni casi la costruzione preposizionale corrispondente non sia possibile (27). (26) Saremmo andati a prenderle il latte vs. Saremmo andati a prendere il latte per lei (27) Ingegnere dove mi hai messo il bagno! vs. *Ingegnere dove hai messo il bagno per me! Lo Cascio (1970: 75) inoltre nota che in alcuni casi è difficile trovare il funzionale corrispondente. Ad esempio, in (28), non è chiaro se siamo di fronte a un funzionale per oppure alla sostituzione di un possessivo: (28) a. ... io la gallina me la vado a cercare da solo b. Te la fai una passeggiata? Secondo Lo Cascio (1970: 75):

“Questi sono esempi dunque di casi inesplicabili in cui in un certo qual senso il sostituente d’ordine ha la funzione di intensificare l’intimità dell’espressione, di intensificare l’introversione. E la funzione di intensificare l’intimità dell’espressione è dimostrabile attraverso quelle sequenze in cui il sostituente d’ordine corrisponde chiaramente ad un possessivo [...]”

Quest’ultimo caso è esemplificato dalla struttura riflessiva in (29)7: (29) a. Una spossante nausea fisica mi disfa le braccia b. .. le labbra ... mi si increspano Come abbiamo già notato in precedenza, questa costruzione è usata soprattutto con parti del corpo, sebbene, come riporta Chiappelli (1954), citato da Lo Cascio (1970: 76), sia estendibile anche a oggetti appartenenti occasionalmente alla sfera personale del possessore (come nell’esempio: se la trascinò sulla sella) (cfr. nota 5). Lo Cascio (1970: 77) riporta che Chiappelli (1954) propone la seguente tripartizione per classificare queste strutture:

• varietà mediale con il pronome riflessivo (si turava gli orecchi); • varietà intransitiva caratterizzata da pronomi riflessivi o impersonali (mi si

drizzarono i capelli, gli lampeggiarono gli occhi); • varietà completamente caratterizzata da pronomi personali (gli guardò le

mani)

Lo Cascio a sua volta propone una classificazione a due:

• il tipo riflessivo, con l’intenzione di rendere l’espressione intensiva;

7 Lo Cascio (1970: 76) nota che la presenza del si riflessivo introduce l’uso dell’ausiliare essere. Come osserva Tekavčić (1972: § 799) “[l’]italiano ha generalizzato essere come ausiliare con tutti i verbi accompagnati da sostituenti riflessivi di qualunque tipo siano” (cfr. anche Jezek 2003: 80-81).

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• il tipo non-riflessivo, in cui sostituente è diverso dal soggetto.

In conclusione, le diverse fonti consultate interpretano queste strategie di cliticizzazione con carattere intensivo come una particolare forma di codifica del coinvolgimento del locutore o di un altro attante, un’analisi che hanno portato alcuni di questo autori ad avanzare l’ipotesi che il si in questi casi abbia un valore mediale. Nel paragrafo 3 cercheremo di definire con strumenti formali e semantici quante e quali siano queste CVP. Prima però faremo una breve digressione per cercare di inquadrare la questione delle CVP intensive anche da un punto di vista tipologico. 1.2. La prospettiva tipologica Le CVP intensive non sono una peculiarità dell’italiano, né una sua recente innovazione. Del resto, il termine “dativo etico”, con cui diversi autori denominano alcune delle CVP in italiano, deriva dalle grammatiche latine e greche. Questo fenomeno infatti era presente nelle lingue classiche. Si veda l’esempio (30) dal latino: (30) Quid mihi facis? LATINO

cosa 1.SG.DAT fare.2.SG.PRS ‘Che cosa mi fai/combini?’

Il fenomeno persiste in italiano antico: (31) … non li mi fermate [chiudete] porta ITALIANO ANTICO (dal Novellino, 21, r. 22, citato in Salvi in prep.: 24) e si mantiene nelle lingue romanze moderne: (32) No te m’ enfadis CATALANO non 2.SG.NOM 1.SG.DAT arrabbiare (da Bonet i Alsina 1991: 66) ‘Non mi ti arrabbiare!’ (33) Jean lui a mangé tout le fromage FRANCESE

Jean 3.SG.DAT ha mangiato tutto il formaggio (da Shibatani 1994: 469) ‘Jean gli/le ha mangiato tutto il formaggio’

(34) Vor să mi vă omoare RUMENO8 volere che 1SG.DAT 2PL.ACC uccidere (da Monachesi 1998: 103) ‘Mi vi vogliono uccidere’ (35) Juan me le arruinó la vida a esa chica SPAGNOLO

Juan 1.SG.DAT 3.SG.DAT rovinò la vita a quella ragazza ‘Juan me le ha rovinato la vita (a quella ragazza)’ (da Jaeggli 1986, citato in Anderson 2005: 245)

8 La variante con il clitico oggetto alla seconda persona singolare, anziché plurale, sembra ancora più accettabile: Vor să mi te omoare ‘Mi ti vogliono uccidere’ (Mira Mocan, c.p.). Notiamo per inciso che lo stesso sembra valere per le versioni italiane di queste espressioni.

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Sempre in area europea, troviamo tracce di forme verbo-pronominali intensive anche nelle lingue germaniche, e in particolare in tedesco: (36) Mir ist meine Mutter gestorben TEDESCO

1.SG.DAT è mia madre morta (da Shibatani 1994: 472) ‘Mi è morta mia madre’

Diverso è invece il caso dell’inglese, che non sembra avere una strategia pronominale equivalente, almeno nella lingua standard. Notiamo tuttavia come esistano casi peculiari come quello in (37a), tratto dalla canzone del cantante statunitense Paul Simon “Late in the evening”. Una struttura simile è stata studiata anche da Webelhuth & Dannenberg (2006) per l’inglese americano meridionale (Southern American English). Tale struttura, denominata “Southern Double Object Construction”, è esemplificata in (37b). Inoltre esiste in inglese un’espressione preposizionale, esemplificata in (37c), che esprime un significato simile a quello delle CVP viste sopra. (37) a. Stepped outside and I smoked myself a J INGLESE ‘Andai fuori e mi fumai una canna’ (dalla canzone “Late in the evening”) b. Hei bought himi a car (da Webelhuth & Dannenberg 2006: 38) ‘Si è comprato una macchina’ c. The rest of the children died on me (da König & Haspelmath 1988: 560)9 ‘I figli rimasti mi sono morti’ L’uso di forme pronominali espressive è presente anche nelle lingue slave (soprattutto, ci sembra, in quelle meridionali e occidentali, che fanno uso di forme pronominali brevi o clitiche):

9 L’esempio è tratto da The Crock of Gold, di James Stephen (Dublino, 1912). Nel loro lavoro sulle “costruzioni a possessore esterno” nelle lingue d’europa (che come vedremo è connessa con le CVP qui studiate), König & Haspelmath (1988: 560) riportano che, secondo Fischer (1958), questo uso di on è dovuto all’influenza dell’irlandese, che usa la preposizione ar ‘su’:

i. D’amharc an dochtúir isteach sa bhéal ar an othar IRLANDESE guardò il dottore dentro dentro.la bocca su il paziente ‘Il dottore guardò dritto dentro la bocca del paziente’ (da König & Haspelmath 1988: 598)

Gli autori notano inoltre che anche le lingue scandinave (cfr. esempi ii-iv) fanno uso di costruzioni simili con la preposizione ‘su’ e ipotizzano che si possa quindi trattare di un fenomeno areale.

ii. Någon bröt armen på honom SVEDESE qualcuno rompò il.braccio su lui (da König & Haspelmath 1988: 559) ‘Qualcuno gli ha rotto il braccio’ iii. Legen røntgenfotograferte magen på dei NORVEGESE il.dottore radiografò lo.stomaco su loro (da König & Haspelmath 1988: 559) ‘Il dottore ha radiografato loro lo stomaco’ iv. Han nuddaði á henni fætur-na ISLANDESE lui massaggiò su lei gambe-ART.ACC (da König & Haspelmath 1988: 559) ‘Lui le ha massaggiato le gambe’

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(38) Toj si pijva BULGARO

3.SG.M REFL.DAT bere.3SG.SMLF (da Scatton 1993: 204) ‘(Egli) si fa una bevuta’

(39) On ti se ani neomluvil CECO lui 2.SG.DAT REFL.ACC nemmeno scusarsi.SG.PAST (da Fried 1994: 173,

‘Ti dico, non si è nemmeno scusato’ citato in Franks & King 2000: 110) (40) Ona ci mu wtedy nagadała POLACCO

lei 2.SG.DAT 3.SG.DAT then rimproverare.SG.PAST (da Franks & King 2000: 157) ‘E poi lei lo ha rimproverato’ (41) Ràzbio mi je vázu SERBO-CROATO

rompere.3.SG.PST 1.SG DAT AUX vaso (da Browne 1993: 370) ‘(Lui) mi ha rotto il vaso’

(42) Oni su ti pravilno odgovorili Mileni SERBO-CROATO loro sono 2.SG.DAT correttamente rispondere.PL.PST Milena.DAT ‘Hanno fatto la cosa giusta a rispondere a Milena’ (da Gurevich 2006: 20)

‘Hanno risposto bene a Milena’ (43) Tak som ti mu pomohol SLOVACCO

così AUX.1SG 2.SG.DAT 3.SG.DAT aiutare.SG.PST (da Franks & King 2000: 131) ‘E così, ci crederesti, l’ho aiutato’ (44) Ja tebe ne mal'chik, ja nemolodoj čelovek RUSSO

io 2.SG.DAT non bambino, io non.giovane persona ‘Io non sono un bambino, sono una persona di una certa età’ (dal Russian National Corpus, citato in Gurevich 2006: 21) Come nota Gurevich (2006: 21), che mette in relazione la “versione” in georgiano con il “dativo etico” nelle lingue slave, quest’ultimo compare frequentemente alla seconda persona, come mezzo per coinvolgere l’ascoltatore, come esemplificato da (39)-(40) e (42)-(44). A nostro avviso, questo uso si avvicina alla struttura esemplificata in (14) (Entro nel bar e sai chi ti vedo?). Inoltre segnaliamo che il russo ha una strategia di tipo pronominale (sebe, forma dativa del pronome riflessivo sebja) per rendere espressioni come quelle in (10) dell’italiano, come emerge dalla presenza del nesso clitico sene nelle traduzioni degli esempi in (45): (45) a. Žili sebe RUSSO vivere.PL.PST REFL.DAT ‘Se ne vivevano’

b. A on ležit sebe e egli stare.sdraiato.3SG REFL.DAT

‘E lui se ne sta sdraiato’ c. Molči sebe

stare.zitto.IMP REFL.DAT ‘Stattene zitto’

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Come preannunciato, strutture simili a quelle discusse in queste pagine sono state attestate anche in lingue extra-europee, ad esempio l’ebraico moderno (cfr. Borer & Grodzinsky 1983: 178-179), ed europee ma non indoeuropee, come il basco (cfr. Etxepare 2003: 418): (46) a. ha-yalda ’axla li ’et ha-tapu’ax EBRAICO MODERNO

la-ragazza mangiare.PST a-me ACC la-mela ‘La ragazza mi ha mangiato la mela / ha mangiato la mia mela’ b. ha-yaldai ’axla lai ’et ha-tapu’ax la-ragazza mangiare.PST a-lei ACC la-mela ‘La ragazza si è mangiata la mela’ c. be-’emca ha-seret hem nixnasim li in-il-mezzo il-film loro entrano a-me ‘Mi entrano nel (bel) mezzo del film’

(47) Ama hil zaio BASCO10 madre morire AUX-3.ACC/3.DAT ‘Gli è morta la madre’

Costruzioni con una semantica simile a quella delle CVP intensive qui analizzate sono registrate anche in lingue extra-europee. Legate (2001) parla di “dativo etico” in Warlpiri in relazione alle costruzioni applicative: (48) a. Ngarrka-ngku ka-ju-rla ngaju-ku karli-ki WARLPIRI uomo-ERG PRS.IMPF-1SG.OBJ-3.DAT 1.SG-DAT boomerang-DAT warri-rni (da Hale 1982: 255, citato in Legate 2001: 72) cercando-NPST ‘L’uomo mi sta cercando un boomerang’ b. Ngarrka-ngku ka-rla kurdu-ku karli jarnti-rni uomo-ERG PRS.IMPF-3.DAT child-DAT boomerang aggiustando-NPST

‘L’uomo sta aggiunstando il boomerang al ragazzo’ / ‘L’uomo sta aggiustando il boomerang del ragazzo’ (da Hale 1982: 254, citato in Legate 2001: 72)

Allo stesso modo, in pomo settentrionale la cosiddetta “costruzione a possessore esterno” (cfr. nota 9), su cui torneremo più estesamente in seguito, mostra tratti in comune con le CVP intensive che coinvolgono parti del corpo: (49) mo:w-al man xama: čaxa POMO SETTENTRIONALE

3.SG.M-ACC 3.SG.F.NOM piede tagliare (da O’Connor 1996: 135) ‘(Lei) gli ha tagliato il piede’ 10 Come nelle lingue indoeuropee, la struttura in (47) si alterna con quella con il possessivo:

i. Bere ama hil da BASCO Sua madre morire AUX-3.ACC (da Etxepare 2003: 418) ‘Sua madre è morta’

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Shibatani (1994) ha in effetti proposto un approccio unificato per le costruzioni a possessore esterno così come si manifestano in lingue come il pomo settentrionale, le costruzioni con dativo etico nelle lingue indoeuropee e il passivo avversativo nelle lingue asiatiche. Riportiamo un esempio di quest’ultima costruzione dal giapponese: (50) Taroo-wa Hanako-ni sin-are-ta GIAPPONESE

Taroo-TOP Hanako-DAT morire-PASS-PST (da Shibatani 1994: 467) ‘A Taro è morta Hanako’

In conclusione, le CVP di natura “intensiva” sono un fenomeno piuttosto diffuso tipologicamente e mostrano interessanti connessioni con altre costruzioni. Come vedremo, il confronto interlinguistico sarà di utilità nel classificare le CVP intensive dell’italiano. 2. Scopo e delimitazione dell’indagine Rispetto alle CVP più note, come i riflessivi o i reciproci, quelle con valore “intensivo” illustrate nei due paragrafi precedenti sono certamente meno studiate, pur essendo spesso menzionate in grammatiche di riferimento o in lavori di ricerca che trattano di tematiche strettamente correlate11. Tuttavia manca, a nostra conoscenza, una trattazione tematica delle CVP “intensive” in cui si offra un’accurata descrizione formale e semantica del fenomeno e una loro classificazione, tenendo conto delle inevitabili correlazioni con le altre tipologie di CVP esistenti e delle corrispondenze tipologiche (salvo, in parte, il contributo di Shibatani 1994). Dai dati fino ad ora raccolti appare evidente che la loro non sia una funzione meramente rafforzativa o espressiva, ma sia strettamente correlata con diverse nozioni e categorie grammaticali, prime tra tutte il riferimento personale, il possesso, la diatesi, la struttura argomentale. Le CVP intensive si prestano quindi ad essere analizzate da diversi punti di vista: la codifica degli attanti (argomentalità vs. non-argomentalità, ruoli semantici), la codifica degli eventi (transitività, diatesi), nonché la sintassi dei clitici. Essendo il terreno di investigazione così vasto e intricato, occorre delimitare l’ambito di indagine e definire la prospettiva da adottare. In questo lavoro ci proponiamo di contribuire allo studio di questa classe di costruzioni offrendo un’analisi delle principali proprietà morfo-sintattiche, lessicali e semantiche delle CVP intensive in italiano e una loro analisi in termini di transitività. Non ci occuperemo qui nello specifico di questioni di sintassi dei clitici. Nel paragrafo 3 proporremo una classificazione delle varie CVP intensive in italiano, anche grazie al

11 Quali ad esempio il caso dativo (cfr. per esempio Matsumura & Hayasi a cura di 1997, Van Belle & Van Langendonck (a cura di) 1996, Hole, Meinunger & Abraham (a cura di) 2006), i ruoli tematici e la struttura argomentale, con riferimento, in particolare, ad applicativi e benefattivi (cfr. ad esempio Legate 2001, Shibatani 1994, 1996), i clitici (cfr. Monachesi 1998) e i verbi pronominali in genere (cfr. Jezek 2003, 2005).

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confronto con altre lingue: cercheremo di definire quali siano le restrizioni alle quali le varie CVP sono sottoposte, affronteremo la questione dell’argomentalità del clitico (argomentale vs. non argomentale) e della codifica dei partecipanti all’evento, e analizzeremo quale sia il contributo semantico del clitico pronominale all’interpretazione dell’intero enunciato. Nel paragrafo 4 proporremo un’analisi delle CVP in italiano rispetto alla nozione di transitività e cercheremo di catturare il tipo di relazioni esistenti tra le varie costruzioni in termini costruzionisti. 3. Classificazione delle CVP intensive in italiano Nel paragrafo 1.1 sono stati proposti molti esempi da diverse fonti. Per procedere a una prima classificazione strutturale delle CVP intensive in italiano abbiamo deciso di partire dalla classificazione proposta da Serianni (1988), che ci sembra la più completa. Riportiamo qui per comodità i cinque tipi proposti da Serianni con una provvisoria numerazione: (51) a. tornarsene, andarsene, starsene vs. tornare, andare, stare TIPO 1 b. farsi una passeggiata vs. fare una passeggiata TIPO 2 c. mangiarsi le unghie vs. mangiare le proprie unghie TIPO 3 d. Non mi ti far bocciare! vs. Non ti far bocciare! TIPO 4 e. Entro nel bar e sai chi ti vedo? vs. Entro nel bar e chi vedo? TIPO 5 Prima di esaminarle singolarmente, occorre fare una premessa generale sulla nozione stessa di CVP data al paragrafo 1: “classe di costruzioni verbali caratterizzate dalla presenza di uno o più clitici pronominali di varia natura e funzione”. Questa definizione è molto generica e implica che i clitici possano essere o meno argomenti del verbo. Ad esempio, nell’uso riflessivo diretto (vestirsi) il si può essere analizzato come argomento del verbo (se pur debole)12, in quanto si riferisce chiaramente al soggetto e può essere parafrasato, in particolari contesti di focus contrastivo, con la forma tonica del riflessivo: vestire se stesso (non posso vestirti, devo prima vestire me stesso). L’uso del si negli intransitivi pronominali (ammalarsi) è invece non-argomentale, in quanto il si non si riferisce anaforicamente al soggetto ma è una marca grammaticale (cfr. Jezek 2005: 252). In entrambi questi usi (argomentale e non-argomentale) il clitico è in qualche modo portatore di un significato grammaticale. I pronomi clitici possono avere però anche una funzione deittica pura, possono riprendere anaforicamente (o cataforicamente) un sintagma nominale pieno, come nell’esempio: Lucia ha comprato un vestito nuovo per indossarlo alla festa. In questo lavoro terremo distinti questi due tipi di clitici, seguendo Berretta (1985), che distingue appunto i “clitici deittici” (con funzione anaforica o cataforica), che fungono da forme pronominali vere e proprie, e i “clitici grammaticali”, che fungono invece da marche grammaticali di qualche tipo. Escluderemo quindi le strutture con clitici deittici

12 La questione è aperta. Per una discussione si veda Jezek (2005: 246-248).

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dalla nostra definizione di CVP e ci soffermeremo sulle costruzioni con clitici grammaticali (argomentali e non). 3.1. Il Tipo 1: andarsene La costruzione con sene si differenzia da tutte le altre per almeno due proprietà evidenti13:

• la presenza del nesso clitico sene; • la sua occorrenza con verbi intransitivi, e più precisamente con verbi di moto.

Come si può vedere in (52), infatti, il nesso clitico sene si può attaccare a una varietà di verbi di moto, sia dinamici (52a) che stativi (52b). (52) a. corrersene (dove te ne corri?), nuotarsene (era contento di nuotarsene beato

in piscina), volarsene (il passerotto se ne volava nel cielo spensierato) b. starsene seduto (se ne sta seduto sulla panchina), giacersene (se ne giaceva

sul letto senza fiatare), starsene sdraiato (se ne stava sdraiato sul divano) Per inciso, Rohlfs (1969: § 482) nota che la possibilità di combinare verbi di moto con il pronome riflessivo esisteva già in latino (ambulare sibi, fugere sibi) e in latino tardo (vade tibi, ambulavimus nobis). Secondo Rohlfs in italiano questi usi si rafforzano: troviamo infatti nell’uso letterario casi come andarsi, fuggirsi, venirsi. In modo simile, anche Tekavčić (1972: § 795.4) nota che l’italiano presenta la “possibilità di riflessivizzare quasi ogni verbo, senza differenza di significato” (ad esempio: andare – andarsi, rimanere – rimanersi). Tornando all’italiano contemporaneo, sene non si può aggiungere a verbi di moto intransitivi che siano già pronominali, come in (53). (53) trascinarsi > *trascinar(si)sene, arrampicarsi > *arrampicar(si)sene,

precipitarsi > *precipitar(si)sene Questa restrizione formale sembra applicarsi anche ai Tipi 2 e 3 (54a-b), mentre i Tipi 4 e 5 si applicano anche a verbi già pronominali (54c-d):

13 Naturalmente il sene intensivo qui analizzato (i) va tenuto distinto dagli altri usi che questo nesso clitico presenta, ovvero: il sene come marca di telicità (ii), le espressioni lessicalizzate con significato non trasparente (iii) e, ovviamente, i casi in cui si è una marca di impersonale e ne un clitico oggetto (iv):

i. Mario se ne è andato a spasso [= forma “intensiva” di Mario è andato a spasso] ii. Mario se ne è andato [= ‘è andato via’] iii. Mario se ne frega [= ‘non importare’] iv. Se ne è discusso [= ‘si è discusso di qualcosa’]

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(54) a. Mi sono impadronito di una penna vs. *Mi mi sono impadronito di una penna b. Si sono baciati la guancia vs. *Si si sono baciati la guancia c. Non ti immusonire sempre! vs. Non mi ti immusonire sempre! d. Non si può incavolare così! vs. Non ti si può incavolare così!

Sene, inoltre, si accompagna spesso alla locuzione [(re)stare (là/lì) a VINF]: (55) a. Se ne restava lì a giocare fino a sera

b. Se ne stava a mangiare in disparte L’uso di sene con verbi di moto dinamici sembra a prima vista sensibile all’aspetto e all’Aktionsart dei verbi a cui si accompagna. Ad esempio, il verbo saltare presenta due varianti: quella [+iterativa], che seleziona l’ausiliare avere ed è compatibile con avverbi durativi (56a), e quella [-durativa], che invece seleziona l’ausiliare essere e descrive eventi istantanei (56b). Sene funziona con la seconda variante (56d) ma non con la prima (56c). Lo stesso accade con correre, che può essere sia un verbo di Attività14 ([+durativo], [-telico]) (57a), sia un verbo Trasformativo ([-durativo], [+telico]) (57b), con particelle o sintagmi preposizionali postverbali che ne indichino la telicità. Sene è compatibile con quest’ultima costruzione (57d), ma non con la prima (57c). (56) a. Luca ha saltato per tutto il pomeriggio

b. Luca è saltato di là c. *Luca se ne è saltato per tutto il pomeriggio d. Luca se ne è saltato di là

(57) a. Maria ha corso per due ore b. Maria è corsa a casa c. *Maria se ne è corsa per due ore d. Maria se ne è corsa a casa

Sembrerebbe quindi che il clitico sene sia vincolato con i tratti [+telico] e [-durativo] in associazione con verbi di moto con il tratto [+dinamico]. Tuttavia ci sono due elementi che indicano che questa soluzione non è soddisfacente. Innanzitutto sene è compatibile anche con verbi che denotano delle Attività ([-telico], [+durativo] ma [+dinamico]), come ad esempio nuotare: (58) a. Maria nuota in piscina

b. Maria se ne nuota in piscina In secondo luogo, la supposta incompatibilità tra sene e eventi dinamici atelici e durativi (saltare e correre come in (56) e (57) e lo stesso nuotare) è più evidente al passato che non al presente, e in particolare con i tempi composti ((59d), (60d), (61d)). 14 Per le questioni di aspetto e Aktionsart dei verbi ci rifacciamo qui a Bertinetto (1986).

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(59) a. Luca salta in giardino b. Luca se ne salta in giardino c. Luca ha saltato per due ore d. *Luca se ne è saltato per due ore e. Luca saltò per due ore f. ??Luca se ne saltò per due ore

(60) a. Maria corre nei prati b. Maria se ne corre nei prati c. Maria ha corso per due ore d. *Maria se ne è corsa per due ore e. Maria corse per due ore f. ??Maria se ne corse per due ore

(61) a. Maria nuota in piscina b. Maria se ne nuota in piscina c. Maria ha nuotato per due ore d. *Maria se ne è nuotata per due ore e. Maria nuotò per due ore f. ??Maria se ne nuotò per due ore

Tuttavia questa restrizione non è valida con i verbi stativi: (62) a. Luca sta a letto

b. Luca se ne sta a letto c. Luca è stato a letto (tutto il pomeriggio) d. Luca se ne è stato a letto (tutto il pomeriggio) e. Luca stette a letto (tutto il pomeriggio) f. Luca se ne stette a letto (tutto il pomeriggio)

Dai dati sin qui osservati possiamo quindi osservare che sene:

• occorre con verbi di moto sia stativi che dinamici (telici e atelici); • con i verbi locativi stativi non presenta particolari restrizioni aspettuali; • con i verbi di moto dinamici è sensibile alle caretteristiche azionali del verbo o

della costruzione verbale: mentre con verbi [+telico] (sia [+durativo], come correre a casa, sia [-durativo], come saltare) non abbiamo particolari restrizioni, con verbi [-telico] e [+durativo] (nuotare più le versioni ateliche di saltare e correre) la costruzione mostra una restrizione sulle forme perfettive, specialmente composte, e tende a essere più compatibile con l’imperfettivo.

Come possiamo rendere conto di questo comportamento? A nostro avviso, potrebbe esserci una restrizione di tipo semantico-formale, connessa con la telicità e con l’uso dell’ausiliare nel tempo composto: il clitico sene, contenendo il si, seleziona l’ausiliare essere (cfr. nota 7), che però confligge con la lettura atelica e durativa dell’evento, essendo esso primariamente associato a eventi non durativi e telici (cf. Jezek 2003: 87, 89-90). Il problema non si pone nel caso dei verbi stativi in (62) perché questi sono

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inerentemente atelici. Questo spiegherebbe perché (59d), (60d) e (61d) (passato prossimo) sembrano più inaccettabili di (59d-f), (60d-f) e (61d-f) (passato remoto). Tuttavia non spiega perché anche (59d-f), (60d-f) e (61d-f) suonano male. Quest’ultimo fatto potrebbe essere collegato al fatto che, nel caso di verbi ambigui tra una lettura telica e una lettura atelica (correre, ecc.), il perfettivo tende a favorire la lettura telica dell’evento, mentre (59d-f), (60d-f) e (61d-f) sono e devono rimanere atelici per via dell’avverbio durativo per due ore. Un’altra restrizione che opera nelle costruzioni con sene riguarda il grado di intenzionalità dell’azione e di controllo da parte del soggetto. Il fatto che l’evento debba essere intenzionale è dimostrato dal fatto che sene non occorre con verbi di moto in cui il soggetto non ha il controllo dell’evento, come inciampare (63a) o cadere (63b). (63) a. *Luca se ne inciampa sul gradino

b. *Luca se ne cade e si fa male Inoltre, in un esempio con verbo stativo come (64a) l’unica lettura possibile dell’evento ‘stare in camera’ è quella intenzionale. Se per esempio abbiamo una situazione in cui Luca è un bambino che per punizione è costretto dalla mamma a stare nella sua camera tutto il pomeriggio, allora difficilmente avremo una codifica dell’evento come (64a), che invece codificherà preferibilmente una situazione nella quale Luca ha scelto di passare il pomeriggio in camera, per esempio a giocare. La versione senza sene (64b), per contro, è neutra: Luca è stato in camera tutto il pomeriggio, può essere stata una sua scelta oppure può essere stato costretto a starvi. (64) a. Luca se ne è stato in camera tutto il pomeriggio [+intenzionale]

b. Luca è stato in camera tutto il pomeriggio [±intenzionale] Infine, notiamo un’ultima restrizione delle costruzioni con sene, che riguarda il tipo di pattern sintattico in cui occorre. Pur occorrendo con verbi intransitivi, la costruzione con sene ha sempre bisogno di un elemento avverbiale o preposizionale a seguire. È vero che i verbi di moto in genere tendono a comparire con un sintagma avverbiale o preposizionale (65a-b), tuttavia sene ne richiede la presenza anche quando la frase corrispondente senza sene non lo richiede (cfr. (66)-(67)): (65) a. ?Luca va

b. Luca va a passeggio c. Luca se ne va a passeggio

(66) a. Luca correva, quando all’improvviso si sentì male b. *Luca se ne correva, quando all’improvviso si sentì male c. Luca se ne correva lungo il fiume, quando all’improvviso si sentì male

(67) a. A: Cosa fai? – B: Sto correndo! b. A: Cosa fai? – B: *Me ne sto correndo! c. A: Cosa fai? – B: Me ne sto correndo un po’!

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Al momento non ci sentiamo di avanzare alcuna ipotesi precisa sul perché di questo comportamento sintattico. Essa andrà probabilmente ricercata nella semantica di questa costruzione. Ad esempio, nella necessità di non unirsi a predicati generici, ma circoscritti. A conclusione di questo paragrafo su sene, riportiamo alcuni dati quantitativi ricavati dal corpus di italiano giornalistico la Repubblica (ca. 380 milioni di parole, cf. Baroni et alii 2004). Sene occorre con alta frequenza con un numero piuttosto ristretto di verbi: le forme pronominali con sene più frequenti sono andarsene, starsene, tornarsene, restarsene15. A un livello di frequenza piuttosto alto troviamo anche rimanersene, uscirsene, ritornarsene e scapparsene, mentre a un livello di attestazione basso o bassissimo troviamo verbi come partirsene, saltarsene, girarsene. Verbi come corrersene o nuotarsene (cfr. 52a) non sono attestati nel corpus la Repubblica, pur essendo teoricamente possibili. Questi dati indicano che sene compare molto frequentemente con verbi di moto generici (dinamici, come andarsene, o stativi, come starsene) o direzionali (uscirsene). Occorre molto meno con verbi di moto di maniera (saltarsene). Potremmo avanzare l’ipotesi che, in funzione della sua altissima frequenza con pochi verbi dal significato generico, sene stia acquisendo un certo grado di (semi-)produttività all’interno della classe di verbi di moto, espandendosi pian piano ad altre tipologie di verbi di moto. In realtà, a ben pensare, sene si può accompagnare anche con altri tipi di verbi intransitivi non di moto, ad esempio16: (68) a. Paolo se ne dorme sul divano

b. Paolo se ne tossisce là in un angolo Notiamo qui un’affinità con le costruzioni russe con sebe riportate in (45) (paragrafo 1.2). Anche nella costruzione russa, infatti, possiamo avere sia verbi stativi (ležit' ‘stare sdraiato’, cfr. (45b)), sia altri tipi di verbi intransitivi non di moto (žit' ‘vivere’, cfr. (45a); molčit' ‘tacere’, cfr. (45c)). Da ultimo osserviamo che il clitico sene nella costruzione di Tipo 1 è chiaramente un clitico di natura grammaticale non argomentale: né il si né il ne si riferiscono anaforicamente a elementi lessicalmente realizzati, e non è possibile parafrasarli in alcun modo. In conclusione, la CVP di Tipo 1 (che chiameremo medio intransitivo con sene)

15 I conteggi sono stati fatti su forme non finite del verbo, quindi infiniti e gerundi. Inoltre bisogna tener conto del fatto che alcune di queste forme potrebbero in realtà appartenere al sene come marca di telicità (cfr. nota 13). 16 Ci sembra che in questi casi l’interpretazione necessiti sempre di un componente locativo, esplicito o implicito: se ne dorme *(sul letto, sul divano, ecc.), se ne tossisce *(in un angolo, ecc.). Un’ipotesi da vagliare è la possibile estensione di sene a verbi non di moto grazie alla sua frequente occorrenza nella costruzione [(re)stare (là/lì) a VGERUNDIO] (cfr. (55)). Inoltre, come per i verbi di moto dinamici atelici, anche questi casi sembrano ristretti ai tempi semplici (se ne dorme, ?se ne dormì, *se ne è dormito; se ne tossisce, ?se ne tossì, *se ne è tossito)

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presenta caratteristiche piuttosto complesse. Tuttavia ci sembra di essere riusciti a individuare alcuni tratti generali di questa costruzione:

• sene è un clitico grammaticale non-argomentale; • sene si accompagna a verbi di moto stativi e dinamici (telici o atelici) (ma

potrebbe essere in espansione verso altre classi di verbi); • con i verbi locativi stativi sene non presenta particolari restrizioni aspettuali,

mentre con i verbi di moto dinamici tende a comparire in forme imperfettive e soprattutto non composte;

• la costruzione con sene deve avere un soggetto con il tratto [+controllo] e l’azione deve essere intenzionale;

• la costruzione con sene ha una semantica di tipo medio (cfr. paragrafo 3.2), in quanto l’evento è compiuto da un soggetto Agente e dotato di controllo, che però subisce anche direttamente gli effetti dell’evento stesso.

3.2. Il Tipo 2: farsi una passeggiata Il Tipo 2 si contraddistingue dagli altri tipi per le seguenti caratteristiche:

• la presenza del pronome clitico riflessivo si, e quindi coreferente con il soggetto;

• la sua occorrenza con costruzioni che prevedono le seguenti caratteristiche (cfr. Salvi 2001): o verbo transitivo; o nessun complemento indiretto aggiuntivo; o soggetto Agente.

Come abbiamo visto, Salvi (2001) classifica questo tipo come un benefattivo clitico riflessivo che segnala la partecipazione intensa del soggetto all’azione. Questa intepretazione semantica è condivisa da più fonti (cfr. Sabatini 1988: 359-360, Serianni 1988: 328, Jezek 2005: 257-258), le quali la riconducono al valore “medio” che il si avrebbe acquisito in queste costruzioni. La categoria del medio è definita da Benveniste (1966) come una situazione in cui “[l]e verbe indique un procès dont le sujet est le siège. [...] Le sujet est le lieu du procès. [...] Le sujet effectue en s’affectant” (1966: 172–173). Analogamente, Lyons (1969: 373) la definisce come una situazione in cui “the ‘action’ or ‘state’ affects the subject of the verb or his interests”. Secondo Kemmer (1993: 243), “[t]he middle is a semantic area comprising events in which (a) the Initiator is also an Endpoint, or affected entity and (b) the event is characterized by a low degree of elaboration”. La nozione di affectedness del soggetto è quindi una caratteristica classica del medio. La seconda parte della definizione di Kemmer (1993), tuttavia, fa emergere una seconda proprietà che caratterizza il medio, ovvero ciò che la stessa Kemmer definisce anche “relative elaboration of the events” (1993: 3). Secondo la Kemmer, la categoria del medio si posiziona lungo un continuum ai cui estremi si collocano eventi prototipici con un partecipante e eventi prototipici con due partecipanti, quindi sono a metà strada tra i

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riflessivi (che hanno concettualmente due partecipanti, ma fisicamente solo uno, essendo questi coreferenziali) e gli eventi a un partecipante. Per questo motivo la diatesi media è strettamente correlata con la nozione di transitività, così come definita in Hopper & Thompson (1980). La vicinanza con i riflessivi è anche testimoniata dal fatto che spesso viene usata la stessa marca formale sia per il riflessivo sia per il medio (è il caso appunto dell’italiano), con il secondo che spesso deriva dal primo (cfr. Cennamo 1993, Kemmer 1993). Proprio per la sua posizione intermedia tra i riflessivi e gli intransitivi prototipici, il medio è spesso associato alla costruzione intransitiva (cfr. Kemmer 1993: 244). Tuttavia nel nostro caso ci troviamo di fronte a una costruzione media transitiva, in quanto l’uso del si di Tipo 2 è ristretto a verbi transitivi (cfr. Simone 1999, Salvi 2001), e, aggiungiamo, a verbi transitivi nel loro uso prototipico, ovvero a costruzioni transitive con un Agente che agisce su un Paziente (69a). Sono quindi esclusi intransitivi inergativi (69b), intransitivi inaccusativi (69c), intransitivi pronominali (69d), ma anche verbi transitivi con oggetto nullo indefinito (69e) e verbi ditransitivi con complementi indiretti (69f). (69) a. Luca si mangia una mela

b. *Maria si pedala c. *Io mi muoio17 d. *Luca si si arrabbia e. *Luca si mangia f. *Io mi dò un colpo di telefono a Maria

Salvi propone un’altra restrizione importante: il soggetto deve avere il ruolo semantico di Agente. La nozione di “Agente” porta con sé quelle di volontarietà e controllo dell’evento, come abbiamo già visto per sene al paragrafo 3.1. In (70a), per esempio, Paolo vede le montagne per caso, senza che fosse voluto, e quindi ricopre il ruolo semantico di ESPERIENTE. Per questo motivo la versione con il si non è accettabile. Mentre è accettabile (70c), in cui vedere ha una lettura agentiva e il soggetto è chiaramente Agente 18. (70) a. Paolo stava pensando alla partita quando all’improvviso vide le montagne

b. *Paolo stava pensando alla partita quando all’improvviso si vide le montagne c. Paolo non vedeva l’ora di arrivare alla baita per vedersi le sue montagne

Possiamo inoltre aggiungere che il soggetto deve essere preferibilmente animato [±umano], e quindi un Agente relativamente prototipico (71):

17 Si noti che, invece, la versione spagnola del verbo morire ha il riflessivo: morirse. 18 La stessa restrizione impedisce che si abbiano questo tipo di costruzioni al passivo: Luca si è mangiato la mela vs. *La mela si è stata mangiata da Luca.

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(71) a. Paolo si è visto un film b. Il cane si è ingoiato la pallina c. *Il mare si è corroso la roccia19

Non sembrano invece esserci restrizioni di tipo azionale. Possiamo avere, con la costruzione di Tipo 2, verbi (transitivi naturalmente) durativi (mangiare) e non durativi (ingoiare), telici (leggere) e atelici (fare una passeggiata). Allo stesso modo, non si presentano restrizioni per quanto riguarda tempo e aspetto. (72) a. Mi leggo un libro

b. Mi leggevo un libro c. Mi sono letto un libro (in due giorni) d. Mi sono letto un libro (per due giorni) e. Mi lessi un libro f. Mi leggerò un libro

In tutti questi casi il clitico è, a nostro avviso, di tipo grammaticale in quanto contribuisce all’interpretazione della frase aggiungendo il tratto di medialità. Per quanto riguarda l’argomentalità, nella maggior parte dei casi non è possibile parafrasare il si con un sintagma preposizionale benefattivo (73), quindi in questi casi il si non è in realtà coreferenziale con un partecipante con il ruolo semantico di BENEFATTIVO. Ricordiamo che Salvi (2001) nota che le restrizioni evidenziate per il benefattivo clitico riflessivo non valgono per il benefattivo non-riflessivo in forma piena (cfr. (22), paragrafo 1.1), segnale che i due fenomeni siano anche semanticamente distinti. (73) a. Mi leggo un libro vs. *Leggo un libro per me (stesso)

b. Luca si mangia una mela vs. *Luca mangia una mela per sé (stesso) Tuttavia, nella letteratura costruzioni a queste affini vengono talvolta definite “riflessivi indiretti” (Kazenin 2001), ovvero un tipo di riflessivo che marca la coreferenzialità tra l’Agente e un altro partecipante che non sia il Paziente, bensì il Beneficiario o il Destinatario. Secondo questa analisi, quindi, il si sarebbe un argomento del verbo (per quanto debole, in quanto coreferenziale con il soggetto). Secondo Kazenin (2001), il riflessivo indiretto è secondario rispetto al riflessivo diretto, ovvero esisterebbe un universale implicazionale tale per cui se, in una lingua, una data forma realizza il riflessivo indiretto, allora realizzerà anche il riflessivo diretto. In russo, ad esempio, l’affisso -sja viene usato per il riflessivo diretto (74a) ma non per l’indiretto (74b), che si realizza con il pronome riflessivo tonico (74c). (74) a. Ivan odel-sja v pal'to RUSSO

Ivan.NOM vestire.PST-REFL in cappotto (da Kazenin 2001: 918) ‘Ivan si lava’

19 La frase sarebbe accettabile nel caso di una lettura poetica in cui il mare fosse personificato.

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b. *Ivan kupil-sja pal'to Ivan.NOM comprare.PST-REFL cappotto.ACC ‘Ivan si è comprato il cappotto’ c. Ivan kupil sebe pal'to Ivan.NOM comprare.PST-REFL a se stesso cappotto.ACC ‘Ivan si è comprato il cappotto’

Al contrario l’italiano, come è evidente dalle traduzioni in (74), usa la stessa strategia per riflessivo diretto e indiretto. L’esempio in (74) ci fa capire quanto possa essere labile il confine tra medio transitivo (prototipicamente rappresentato da (73)) e il riflessivo indiretto così come descritto da Kazenin. Infatti, se prendiamo la versione italiana di (74b-c) vediamo come il si non sia completamente parafrasabile con il sintagma preposizionale di tipo benefattivo (75): la semantica infatti cambia da (75a) a (75b); ne è ulteriore prova il fatto che si e per se stesso possono cooccorrere nella stessa frase, cfr. (75c)). Al contrario, possiamo forse parafrasare (75a) con un complemento indiretto del tipo in (75d), anche se in questo caso ci attendiamo che l’espressione sia in focus contrastivo; in questo caso la combinazione di si e a se stesso dà un esito agrammaticale (75e). (75) a. Ivan si è comprato il cappotto

b. Ivan ha comprato il cappotto per se stesso BENEFATTIVO c. Ivan si è comprato il cappotto per se stesso d. Ivan ha comprato il cappotto a se stesso DESTINATARIO e. *Ivan si è comprato il cappotto a se stesso

Sempre secondo Kazenin (2001) esiste un’interessante sotto-classe di riflessivo indiretto che si verifica quando l’azione interessa una parte del corpo del soggetto stesso, nel qual caso la coreferenza tra l’Agente e il possessore della parte del corpo citata viene inferita, come nell’esempio che segue: (76) loúo-mai t-ā̀s kheĩr-as GRECO ANTICO lavare.1.SG.MIDDLE.PRS ART-ACC.PL mano-ACC.PL (da Kazenin 2001: 918)

‘Io mi lavo la mano’ La costruzione in (76) corrisponde al nostro Tipo 3, che analizzeremo nel prossimo paragrafo. Osserviamo infine un’ultima caratteristica della costruzione di Tipo 2, che la accomuna in parte alla costruzione di Tipo 1. In alcuni casi entrambe queste forme tendono a lessicalizzarsi. È il caso, ad esempio, di prendersi (prenditi un caffè), mangiarsi (mangiarsi una mela) o bersi (bersi una birra), tutti registrati nel GRADIT come voci a sé stanti, e in particolare come verbi pronominali transitivi “con valore intensivo”. Un discorso simile si applica anche ad alcune forme con sene, ad esempio andarsene (andarsene al cinema) e venirsene (se ne veniva pian piano verso casa), anch’essi

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registrati nel GRADIT come lemmi a parte e con la dicitura “con valore intensivo”. Probabilmente l’alta familiarità che alcune di queste forme sembrano aver raggiunto dipende anche dal loro occorrere con verbi ad alta frequenza, un fattore che può facilitare la lessicalizzazione. In conclusione, il Tipo 2 (che chiameremo medio transitivo) ha le seguenti caratteristiche:

• utilizza un si clitico grammaticale (tendenzialmente) non-argomentale; • si realizza con costruzioni transitive prototipiche; • deve avere un soggetto Agente [+animato] e l’azione deve essere intenzionale; • ha una semantica di tipo medio in quanto marca l’elevato coinvolgimento del

soggetto Agente rispetto all’evento descritto. È quindi l’effetto che l’intero evento ha sull’Agente che è in foreground in questa costruzione.

3.3. Il Tipo 3: mangiarsi le unghie Come abbiamo visto, il Tipo 3 è posto da alcuni studiosi in stretta correlazione con il riflessivo indiretto, o medio transitivo nella nostra terminologia (cfr. Kazenin 2001). Jezek (2005: 242-243), nella sua rassegna delle trattazioni grammaticali del si in italiano, riporta come costruzioni del Tipo 3 siano spesso denominate “riflessivi indiretti” (un uso del termine diverso, quindi, da quello di Kazenin), oppure “riflessivi apparenti” o ancora “transitivi pronominali”. In questi casi l’oggetto non è coreferenziale con il soggetto, ma denota una sua pertinenza, tipicamente una parte del corpo (tagliarsi i capelli), un oggetto indossato (togliersi il cappello), un oggetto posseduto (lavarsi la camicia) o un oggetto all’interno della sfera personale (prepararsi la cena). Si tratta quindi di una nozione allargata di “possesso” o, come abbiamo già avuto modo di accennare al paragrafo 1.1, di “sfera personale” (cfr. nota 5). Del resto nella letteratura questo tipo di strutture vengono spesso classificate come “costruzioni a possesso esterno” (CPE), un fenomeno ampiamente documentato (cfr. in particolare König & Haspelmath 1998, Payne & Barshi (a cura di) (1999), König 2001, O’Connor 2007) che, come afferma König (2001: 971), sembra tipico dell’area linguistica europea. Secondo König & Haspelmath (1998) gli elementi al dativo in frasi come (77) non sono dei veri e propri argomenti del verbo, nel senso che non vengono licenziati dalla sua struttura argomentale, ma allo stesso tempo sono dei veri e propri costituenti di frase20. 20 Quest’ultimo punto è comprovato da una serie di test che gli autori applicano al tedesco (citando Wegener 1985: 120 ss.) e al sardo (citando Jones 1993: 222 s.), e che valgono in larga misura anche per l’italiano, ovvero: l’elemento al dativo può essere oggetto di domande (i); possessore e posseduto non possono essere dislocati insieme ma solo separatamente (ii); il possessore e il posseduto sono sostituiti da pronomi differenti (iii).

i. a. A chi mangia le unghie Luca? – A se stesso? b. A chi taglia i capelli Luca? – A te c. A chi ha calpestato un piede Luca? – A Ivan ii. a. ??Il piede a Ivan Luca ha calpestato b. Un piede Luca ha calpestato a Ivan c. A Ivan Luca ha calpestato un piede

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(77) a. Luca si mangia le unghie

b. Luca ti taglia i capelli c. Luca ha calpestato un piede a Ivan

Questa costruzione presenta almeno quattro caratteristiche che la distingue da tutte le altre CVP:

• comprende sue sotto-costruzioni: la CPE riflessiva e la CPE non-riflessiva (cfr. (77a) vs. (77b-c)) (cfr. più oltre per le restrizioni sul tipo di nomi coinvolti);

• non è unicamente pronominale: come dimostrato da (77), possiamo avere anche sintagmi preposizionali pieni (a Ivan) senza che cambi la semantica di base della costruzione (come invece avveniva nel caso del benefattivo vs. medio transitivo), sebbene questo sia vero soprattutto della CPE non-riflessiva (la CPE riflessiva, infatti, tende a essere solo pronominale: *Luca mangia le unghie a se stesso); le altre CVP quindi sono più restrittive nei confronti della gerarchia di animatezza (cfr. Silverstein 1976, Dixon 1979), mentre la CPE permette di realizzare diversi gradi di questa gerarchia;

• non è completamente “libera”, ovvero l’uso del clitico pronominale non è facoltativo come nelle altre quattro CVP intensive: se infatti eliminiamo il clitico da (77a), otteniamo una frase non accettabile: ??Luca mangia le unghie;

• si alterna con la cosiddetta costruzione a possesso interno (CPI), ovvero con un possessivo esplicito (78b-e) o con un riflessivo tonico (78a) (ma quest’ultimo solo in contesti contrastivi).

(78) POSSESSO ESTERNO POSSESSO INTERNO a. Luca si mangia le unghie vs. Ivan mangia le proprie unghie

b. Luca ti ha investito il fratello vs. Luca ha investito tuo fratello c. Luca ha calpestato il piede a Ivan vs. Luca ha calpestato il piede di Ivan d. Luca ha ucciso il gatto a Ivan vs. Luca ha ucciso il gatto di Ivan e. Luca ha rotto il tavolo a Ivan vs. Luca ha rotto il tavolo di Ivan

L’interpretazione però non è identica, come fa notare, tra gli altri, O’Connor (2007). La CPE è più informativa rispetto alla CPI in quanto implica il contenuto della CPI (mentre la CPI non implica la CPE) e in più aggiunge altre informazioni che andiamo a elencare di seguito. Innanzitutto la CPE descrive un evento che si ripercuote sul possessore, inteso come l’elemento affected, mentre la CPI descrive l’evento in maniera neutra (adottando un “distanced reporting mode”, per usare le parole di O’Connor 2007: 593,). Inoltre, sempre secondo O’Connor (2007: 598), la CPE implica un certo grado di empatia da parte del parlante nei confronti del possessore: il parlante infatti si mostra

iii. Luca glielo ha calpestato

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consapevole delle conseguenze che l’evento può avere sul possessore (a prescindere che il possessore sia realmente affected o no). Dal punto di vista sintattico, la CPE sembra funzionare su base ergativa, ovvero può essere sia una costruzione transitiva in cui il possessum svolge la funzione di complemento oggetto (79a), oppure una costruzione intransitiva inaccusativa in cui il possessum svolge la funzione di soggetto (79b). Naturalmente questo è vero della CPE non-riflessiva, mentre quella riflessiva ha solo la versione transitiva. (79) a. Luca gli taglia i capelli

b. Gli è morta la mamma Dal punto di vista delle restrizioni sui nomi che possono entrare a far parte della costruzione, notiamo che:

• non esistono particolari restrizioni sul soggetto delle CPE non-riflessive (80) (sebbene probabilmente siano preferiti i nomi animati), mentre nella CPE riflessiva il soggetto (e quindi il possessore esterno) deve essere, come nella costruzione di Tipo 2, Agente e animato (abbiamo quindi pronomi (81a), nomi propri (81b), nomi comuni umani (81c) e nomi comuni animati non umani (81d), ma non nomi inanimati (81e-f); cfr. anche sotto); da questo punto di vista, la CPE riflessiva è molto simile semanticamente alla costruzione media transitiva;

• nelle CPE non-riflessive, a prima vista non sembrano esistere particolari restrizioni sul possessore esterno (82), tuttavia la frase in (82c), con un possessore [-animato], è dubbia e l’uso del clitico (82d) implica l’interpretazione con il possessore [+animato];

• l’oggetto (ovvero il possessum) è normalmente un nome “relazionale” (cfr. O’Connor 2007: 583): una parte del corpo (inalienabile), un parente stretto (78b) o un elemento (animato o meno) alienabile che può facilmente appartenere alla sfera personale di un possessore (78d-e).

(80) a. Lui / Luca / Il bambino ti taglia i capelli

d. Il cane ti morde il braccio f. Il bicchiere rotto ti ha ferito la mano

(81) a. Tu ti mangi le unghie b. Luca si mangia le unghie c. Il bambino si mangia le unghie d. Il cane si morde la coda e. *Il computer si aggiorna i file f. *Il bicchiere si sbecca il bordo

(82) a. Mario taglia i capelli a te / a Luigi / alla sorella b. Mario taglia il pelo al cane c. ?Mario rompe una gamba al tavolo d. Mario gli[+animato] ha rotto una gamba

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Chiaramente quest’ultimo punto dipende da quanto vogliamo allargare la nostra nozione di possesso o di sfera personale. È altrettanto chiaro che le CPE riflessive sconfinano nel dominio delle CVP medie transitive (Tipo 2). Tuttavia, queste ultime rimangono semanticamente invariate se aggiungiamo un altro possessore all’oggetto (83). Se invece proviamo a esplicitare, nelle CPE, un possessore diverso da quello esterno, la semantica cambia e la struttura diventa di Tipo 2 (84), nonostante il possessum sia una parte del corpo, ovvero un tipo di nome che occorre tipicamente nella CPE: in (84b) Luca è allo stesso tempo promotore dell’azione e persona interessata dall’azione stessa. (83) a. Luca si mangia la mela di Piero

b. Mi leggo il libro di papà (84) a. Luca si mangia le unghie di Piero

b. Luca si taglia i capelli di Maria Secondo Shibatani (1994: 464) l’interpretazione dell’elemento al dativo (extra-thematic argument) come possessore del complemento oggetto del verbo non è inerente alla costruzione, ma è piuttosto motivata dalla costruzione stessa per via del meccanismo di “rilevanza” (relevance) (1994: 468), ovvero: nell’interpretare queste espressioni occorre integrare i referenti denotati dagli argomenti extra-argomentali nella scena evocata dalla proposizione. Nel caso in cui ci sia una parte del corpo coinvolta nell’evento, allora l’argomento extra-tematico verrà direttamente interpretato come il possessore. Quando invece abbiamo a che fare con nomi che denotano elementi alienabili, lo sforzo di ricostruzione dell’evento diviene maggiore e dobbiamo usare altre nozioni come quella di “prossimità” (proximity) e di affectedness, ovvero l’impatto fisico, psicologico, sociale, ecc. che l’azione descritta può avere sul partecipante. Il grado necessario di prossimità per essere coinvolto dall’evento è un parametro che può variare da lingua a lingua. Come nota Shibatani (1994: 472-473), lo spagnolo accetta una frase come (85a), ma non una come (85b), perché la prossimità tra il bambino e il parlante non è sufficiente: secondo Shibatani, infatti, (85b) è agrammaticale se assumiamo che il bambino grida nella sua casa e il parlante prova a dormire nella propria. L’italiano, al contrario, accetta entrambe le costruzioni (fermo restando che la vicinanza tra le due abitazioni sia tale da poter far udire al parlante le grida del bambino), ed è quindi più lasso dello spagnolo rispetto alla nozione di prossimità. (85) a. Mi bebé me lloró toda la noche SPAGNOLO

b. *El bebé del vecino me lloró toda la noche (86) a. Il mio bambino mi ha pianto tutta la notte ITALIANO

b. Il bambino del vicino mi ha pianto tutta la notte In modo simile, O’Connor (2007) nota che l’elemento extra-tematico viene interpretato come possessore per effetto di una implicatura convenzionale, ovvero un’implicatura che ormai è diventata convenzionalmente associata alla CPE stessa. O’Connor nota

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inoltre che, in spagnolo, se proviamo ad aggiungere un possessivo esplicito (87), l’enunciato sconfina in una costruzione con “dativo etico”: (87) Mi padre se me murió el año pasado SPAGNOLO mio padre REFL 1.SG.DAT morì ART anno passato ‘Mio padre mi è morto l’anno passato’ Di questa costruzione parleremo nel prossimo paragrafo. In conclusione, il Tipo 3 esemplifica una CPE, che si suddivide ulteriormente in CPE riflessiva e CPE non-riflessiva. La CPE non-riflessiva presenta le seguenti caratteristiche:

• non è una CVP vera e propria poiché ammette anche nominali pieni; • né il clitico né il nominale pieno sono pienamente argomentali, pur

esprimendo la categoria grammaticale del possesso; • non è “libera”, in quanto il clitico (o il nominale pieno) deve essere

obbligatoriamente espresso; • funziona, su base ergativa, con strutture transitive e intransitive inaccusative; • il possessore esterno tende (ma non deve) essere animato; • il posseduto è normalmente un nome “relazionale”; • rispetto alla CPI, la CPE non-riflessiva descrive l’evento in maniera più

emotiva, con il possessore affected e il parlante empaticamente coinvolto.

La CPE riflessiva presenta le seguenti caratteristiche:

• è una CVP con un si clitico non-argomentale e grammaticale; • non è “libera”, in quanto il clitico deve essere obbligatoriamente espresso; • si realizza con costruzioni transitive; • il soggetto (e quindi il possessore esterno) deve essere Agente e animato; • il posseduto è normalmente un nome “relazionale”; • la CPI corrispondente è possibile solo in caso di focus contrastivo.

3.4. Il Tipo 4: non mi ti far bocciare Il Tipo 4 rappresenta, a nostro avviso, la vera e propria costruzione con dativo etico. Questa CVP si contraddistingue infatti per le seguenti caratteristiche:

• non è riflessiva (vs. Tipo 1, 2 e la versione riflessiva del Tipo 3); • sembra soggetta a meno restrizioni strutturali rispetto a tutte le altre CVP.

Questa maggiore libertà si manifesta in tre domini: le combinazioni possibili di clitici per persona e numero (vs. Tipo 5, cfr. paragrafo 3.5), la combinabilità con diverse classi di verbi (vs. Tipo 1, 2, 3), la combinabilità con diverse classi di nomi (vs. Tipo 3). Per quanto riguarda il primo punto, la costruzione di Tipo 4 non presenta restrizioni particolari sul tipo di persona e numero del clitico, come mostrato nella Tabella 1. Sono infatti esclusi, di fatto, tutti i casi di coreferenzialità e permessi tutti gli altri.

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TABELLA 1. Combinazioni di clitici per persona e numero nella CVP con dativo etico 1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL

1SG *io mi bevo il

caffè ( Tipo 2) io ti bevo il caffè io gli bevo il caffè * io vi bevo il caffè

io gli bevo il caffè / io bevo loro il caffè

2SG tu mi bevi il caffè *tu ti bevi il caffè

( Tipo 2) tu gli bevi il caffè tu ci bevi il caffè *

tu gli bevi il caffè / tu bevi loro il caffè

lui gli beve il caffè 3SG

lui mi beve il caffè

lui ti beve il caffè *egli si beve il

caffè ( Tipo 2)

lui ci beve il caffè lui vi beve il caffè lui gli beve il caffè / lui

beve loro il caffè

1PL * noi ti beviamo il

caffè noi gli beviamo il

caffè *noi ci beviamo il caffè ( Tipo 2)

noi vi beviamo il caffè

noi gli beviamo il caffè / noi beviamo loro il caffè

2PL voi mi bevete il

caffè *

voi gli bevete il caffè

voi ci bevete il caffè *voi vi bevete il caffè ( Tipo 2)

voi gli bevete il caffè / voi bevete loro il caffè

loro gli bevono il caffè / loro bevono loro il caffè

3PL loro mi bevono il

caffè loro ti bevono il

caffè loro gli bevono il

caffè loro ci bevono il

caffè loro vi bevono il

caffè *loro si bevono il caffè

( Tipo 2)

Tuttavia una restrizione sembra esserci: il clitico deve denotare un partecipante [+umano]. In una frase come (88) è pressoché impossibile immaginare un partecipante non umano, se pur animato (come ad esempio il cane di Luca). (88) *Luca gli[-umano] si è ammalato Va sottolineato che queste considerazioni sulla combinabilità dei clitici sono puramente teoriche e prescindono dall’uso: bisognerebbe infatti controllare in un corpus l’occorrenza effettiva di ognuna di queste combinazioni. In questa sede non ci soffermeremo su questo aspetto, che rimandiamo a ricerche future. Ci limiteremo solo a osservare che probabilmente le costruzioni con clitici di prima e seconda persona singolare (in posizione dativale) sono probabilmente molto più comuni. Sulla combinabilità con le classi di verbi osserviamo che il dativo etico può occorrere sia in costruzioni transitive che in costruzioni intransitive. In particolare troviamo transitivi con soggetto Agente (89a), transitivi con soggetto Paziente (89b), intransitivi inergativi (89c), intransitivi inaccusativi (89d), intransitivi pronominali (89e), ma anche verbi transitivi con oggetto nullo indefinito (89f) e verbi ditransitivi con complementi indiretti (89g). Come se non bastasse, il dativo etico è combinabile anche con altre CVP pronominali, come il medio transitivo (89h) e la CPE riflessiva (89i), e con il riflessivo diretto (89l). (89) a. Non mi bere il caffè in quel modo! TRANSITIVO (SOGGETTO [+AGENTE])

b. Luca mi ha visto le montagne TRANSITIVO (SOGGETTO [-AGENTE]) c. Luca mi pedala male INTRANSITIVO INERGATIVO d. Luca mi è caduto INTRANSITIVO INACCUSATIVO e. Luca mi si è ammalato INTRANSITIVO PRONOMINALE INACCUSATIVO f. Luca mi mangia troppo TRANSITIVO CON OGGETTO NULLO g. Luca mi ha dato la lettera a Maria DITRANSITIVO

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h. Lucia mi si mangia una mela MEDIO TRANSITIVO i. Lucia mi si mangia una mela CPE RIFLESSIVA l. Lucia non mi si lava RIFLESSIVO DIRETTO

Infine, nella costruzione con dativo etico transitiva, possiamo avere qualsiasi tipo di nome in posizione di complemento oggetto, sia inerentemente relazionale (90) che non (89a-b, 89g). Questo implica che alcune espressioni possano essere ambigue tra la costruzione con dativo etico e la CPE non-riflessiva descritta nel paragrafo precedente. Una frase come (90) potrebbe infatti essere classificata in entrambi le costruzioni. Tuttavia, se aggiungiamo l’aggettivo possessivo esplicito, come notato da O’Connor (2007) (cfr. (87)), la costruzione diventa più associabile al Tipo 4. (90) a. Mi hanno ucciso la figlia b. Mi hanno ucciso mia figlia Dal punto di vista strutturale va inoltre precisato che il dativo etico va distinto, come anche il medio transitivo, dai casi di benefattivo come quello riportato in (91a), citato da Simone (1993: 96). In (91a) il clitico identifica un benefattivo/ricevente (al posto mio, per me, a me) e può essere parafrasato con i sintagmi preposizionali corrispondenti (91b-c): (91) a. Mi scrivi questa lettera? b. Scrivi questa lettera al posto mio? c. Scrivi questa lettera per me? d. Scrivi questa lettera a me? In questi casi il clitico, in quanto aggiunto, fa parte della struttura argomentale allargata del verbo e ricopre un ruolo semantico particolare. Nel caso di dativo etico, invece, non esiste la possibilità di riformulare il clitico in forma estesa e il contributo semantico è diverso. Si veda ad esempio la frase in (92). (92) Mi hai scritto sul serio questa lettera? In questo caso il mi non identifica né un benefattivo né un ricevente, in quanto la lettera non ha nulla a che fare con il parlante, ma indica lo stupore e il coinvolgimento emotivo del parlante stesso rispetto all’evento descritto. Anche in questo caso, quindi, l’elemento al dativo ha il compito di sottolineare il grado di affectedness e/o di empatia di un partecipante all’evento. Notiamo che la frase (92), nella lettura “etica”, è decisamente più accettabile al passato che non al presente (93): (93) ??Mi scrivi sul serio questa lettera?

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Questa tendenza è probabilmente dovuta al fatto che l’evento susciterà più facilmente l’empatia del partecipante se è compiuto e ha già prodotto un risultato. Sopra abbiamo parlato del rapporto tra dativo etico e CPE. In conclusione di questo paragrafo discuteremo brevemente anche il rapporto tra dativo etico e Tipo 2 (medio transitivo). Questi due tipi si differenziano ovviamente per il fatto che il Tipo 2 è riflessivo mentre il Tipo 4 identifica un altro partecipante all’evento. Entrambe le costruzioni marcano l’elevato coinvolgimento di un partecipante rispetto all’evento descritto. Tuttavia il tipo di coinvolgimento è diverso: nel Tipo 2 l’evento viene istigato dal soggetto e ricade sul soggetto, rendendolo allo stesso tempo Agente e Affectee. Nel Tipo 4, invece, l’elemento al dativo segnala la presenza di una persona che subisce l’impatto (in particolare, ci sembra, psicologico) dell’evento. Inoltre, l’elemento al dativo può anche non avere alcun ruolo nell’evento descritto se non quello di “spettatore”. In questo caso lo spettatore esprime il proprio punto di vista sull’evento dal di fuori, come persona interessata ma esterna all’evento. Questo è forse il motivo per cui il dativo etico è compatibile con qualsiasi tipo di struttura argomentale (cfr. (89)): la sua extra-argomentalità può spingersi al di là del livello della clausola, ovvero l’affectedness del partecipante al dativo si può riferire all’intero evento denotato dalla clausola, quale che sia l’evento descritto dalla clausola stessa. Questa interpretazione è compatibile con la preferenza del dativo etico per i tempi perfettivi, che “impacchettano” l’evento come concluso. L’interpretazione esatta del ruolo del dativo etico all’interno dell’enunciato avviene comunque a livello composizionale, ovvero dipende dal contesto. Adottando l’approccio di Shibatani (1994) possiamo dire che il dativo etico va di volta in volta “integrato” semanticamente nell’evento. Il grado di affectedness e di coinvolgimento di questo partecipante, quindi, varierà a seconda del ruolo più o meno prominente ricoperto all’interno dell’evento, ovvero, per usare il termine di Shibatani, del suo grado di “prossimità”. Per esempio: in una frase come (90b) (Mi hanno ucciso mia figlia) il partecipante al dativo non ha nessun ruolo nello svolgimento dell’evento, ma il suo grado di prossimità emotiva con il Paziente (mia figlia) è tale per cui il suo grado di affectedness sarà alto; in una frase come (92) (Mi hai scritto sul serio questa lettera?), invece, il partecipante al dativo non ha nessun ruolo nello svolgimento dell’evento e in più non ci sono altri elementi che marchino particolarmente il suo coinvolgimento, che sarà pertanto più basso e indiretto rispetto a (90b); infine, nel caso di (89a) (Non mi bere il caffè in quel modo!) il parlante è probabilmente uno spettatore rispetto all’evento, ma l’uso del dativo etico ne marca chiaramente il diretto coinvolgimento, in questo caso negativo. In conclusione, il Tipo 4 (che chiameremo dativo etico), al di là della diversa transitività che può manifestare (cfr. 89), presenta le seguenti caratteristiche:

• il clitico pronominale è grammaticale non-argomentale; • il referente denotato dal clitico al dativo è [+umano], pertanto tale costruzione

si colloca in alto sulla gerarchia di animatezza; • il dativo etico non è mai riflessivo;

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• la costruzione mostra evidenti somiglianze sia con il medio transitivo (Tipo 2) che con la CPE (Tipo 3);

• semanticamente, la costruzione segnala la presenza di un partecipante o uno spettatore affected, empaticamente coinvolto, in varia misura, dall’evento.

3.5. Il Tipo 5: sai chi ti vedo? A nostro avviso, Serianni (1988) classifica giustamente a parte il Tipo 5, che si differenzia da tutte le altre costruzioni per le sue restrizioni sulla persona del clitico. Questa costruzione, infatti, sembra presentare l’uso esclusivo della seconda persona singolare del clitico: (94) Entro nel bar e sai chi ?mi / *ci / ti / *vi / *gli / *loro vedo21 In (94) l’unico altro clitico possibile sembra quello di prima persona singolare: (95) ??Entro nel bar e sai chi mi vedo? Tuttavia l’interpretazione di (95) è diversa da quella con ti. La semantica di (95) sembra infatti più simile a quella della costruzione di Tipo 2 (mi faccio una passeggiata): il mi sembra marcare l’alto interessamento e coinvolgimento del parlante nell’evento descritto. L’espressione con ti, d’altro canto, ha chiaramente un valore di coinvolgimento dell’interlocutore che il mi in (95) non ha. C’è poi un fattore strutturale da considerare: se il parlante cambia persona e numero, il ti rimane invariato (96), cosa che non avviene nel caso di (95) (cfr. (97)). Pertanto il mi in (95) è in realtà vincolato al soggetto e dovrebbe ricadere nelle costruzioni di Tipo 222. (96) a. Entro nel bar e sai chi ti vedo?

b. Entri nel bar e sai chi ti vedi?23 c. Entra nel bar e sai chi ti vede? d. Entriamo nel bar e sai chi ti vediamo? e. Entrate nel bar e sai chi ti vedete? f. Entrano nel bar e sai chi ti vedono?

(97) *Entrano nel bar e sai chi mi vedo? Nel caso in cui a variare sia l’interlocutore e non il parlante, possiamo avere un’altra variante del ti. Se infatti stiamo parlando a due o più persone, (96a) può in alcuni casi

21 Ovviamente, le varianti con i clitici di prima e seconda persona plurali (ci, vi) sono grammaticali nella lettura locativa, ma non in quella “intensiva”. 22 (95) rimane comunque poco accettabile anche come Tipo 2, in quanto il soggetto di vedere non è pienamente agentivo. 23 Lo stesso ragionamento proposto per il mi in (95) vale anche per questo esempio, per via della coreferenza tra il soggetto e il clitico. (96b) quindi potrebbe anche avere una lettura di Tipo 2.

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(ma non deve) diventare (98a). Se si variasse al plurale anche la forma del verbo sapere, allora la variante con vi diventerebbe obbligatoria (98b-c). (98) a. Entro nel bar e sai chi vi vedo?

b. Entro nel bar e sapete chi vi vedo? c. *Entro nel bar e sapete chi ti vedo?

Il fatto che la variante con vi risulti più ostica all’orecchio di quella con ti è probabilmente dovuto alla coalescenza di significati della forma vi in italiano (pronome clitico di seconda persona plurale per accusativo e dativo e pronome clitico locativo) (cfr. Berretta 1985). Questo uso del clitico di seconda persona ricorda quello delle lingue slave citato nel paragrafo 1.2. Ne riportiamo un esempio per comodità: (99) On ti se ani neomluvil CECO

lui 2.SG.DAT REFL.ACC nemmeno scusarsi.SG.PAST (da Fried 1994: 173, ‘Ti dico, non si è nemmeno scusato’ citato in Franks & King 2000: 110) Tuttavia la costruzione nelle lingue slave sembra più libera di quella italiana: una frase come (99) difficilmente verrà resa con la costruzione di Tipo 5. Se osserviamo la traduzione italiana di (99), infatti, notiamo che il ti ceco è reso in italiano con l’espressione ti dico. L’uso del ti di Tipo 5 in questo caso darebbe infatti un esito diverso in italiano (cfr. 100), ovvero verrebbe interpretato o come oggetto indiretto di scusarsi (non si è nemmeno scusato con te) o come un dativo etico (non si è nemmeno scusato, e la cosa ti danneggia). (100) Non ti si è nemmeno scusato Servirebbe uno studio molto più approfondito per capire esattamente in quali contesti è accettabile la costruzione di Tipo 5. Per il momento ci limitiamo a osservare che questo tipo di costruzione sembra tipica dei contesti conversazionali. Con l’uso del ti il parlante vuole attirare l’attenzione dell’interlocutore, vuole renderlo emotivamente coinvolto nell’evento descritto. L’uso del ti sarà quindi adatto a contesti in cui si parla di eventi che dovrebbero suscitare meraviglia, curiosità o scandalo, come (96) o come gli esempi citati da Salvi (2001) che riportiamo qui per comodità: (101) a. Ed ecco che ti danno uno schiaffo a Maria

b. Ed ecco che Maria ti stira le camicie di Piero senza pretendere un compenso Infine osserviamo che, anche in questo caso, il clitico pronominale è di tipo grammaticale non argomentale. Il ti non è argomento del verbo e non può essere parafrasato in alcun modo (se non con espressioni simili a quelle usate negli esempi citati: e di questo dovresti meravigliarti, ti dico). Il clitico di seconda persona è più una

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marca pragmatica che segnala la presenza di un interlocutore a livello di enunciato o addirittura di scambio conversazionale e che segnala il tentato coinvolgimento emotivo dell’interlocutore, da parte del parlante, nell’evento descritto. In conclusione, il Tipo 2 (che chiameremo dativo conversazionale) ha delle caratteristiche che ne fanno a tutti gli effetti una costruzione a sé:

• il clitico in questione è grammaticale e non-argomentale; • l’uso pronominale è ristretto al clitico di seconda persona (in particolar modo

singolare, ma talvolta anche plurale nel caso in cui gli interlocutori siano due o più) che marca la presenza dell’interlocutore;

• una semantica di diretto coinvolgimento emotivo dell’interlocutore rispetto all’evento descritto, in particolare in presenza di eventi che dovrebbe suscitare meraviglia, curiosità, scandalo.

3.6. Altre CVP lessicalizzate Salvi attribuisce alla categoria del benefattivo clitico riflessivo (da noi chiamata medio transitivo, Tipo 2) anche le CVP idiomatiche del tipo in (102), che segnalano l’alto coinvolgimento del soggetto. (102) prendersela, godersela Queste espressioni tuttavia fanno parte di un gruppo più ampio di CVP lessicalizzate e dalla semantica opaca (cfr. anche Jezek 2003: 141-142) in cui sono coinvolti vari tipi di pronomi clitici, dal riflessivo (si) ai pronomi personali oggetto (la, le), dal pronome partitivo (ne) a quello locativo (ci). La Tabella 2 mostra le varie combinazioni possibili.

TABELLA 2. CVP idiomatiche in italiano

Clitici e nessi clitici Esempi

ci volerci, vederci, sentirci

la piantarla, smetterla

le darle, prenderle

ne darne

cela avercela, mettercela, farcela

cene volercene

cisi mettercisi

sela cavarsela, ridersela

sene andarsene, fregarsene

Come nota Cordin (2001: 654-655) per le forme con ne, alcuni di questi casi hanno un antecedente insepresso ma recuperabile dal contesto (103). Tipicamente questo

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antecedente è di tipo generico: in (103a) avremo qualcosa come “storie”, in (103b) qualcosa come “situazione”. (103) a. Ne ho sentite di cotte e di crude sul tuo conto

b. Adesso ne ho proprio abbastanza Lo stesso ragionamento è applicabile ad altri casi della Tabella 2 come smetterla o mettercela. In altri casi ancora l’oggetto inespresso è più specifico, come in darle e prenderle. Infine, a volte l’oggetto inespresso non è più recuperabile e la CVP assume un significato completamente idiomatico, come ad esempio fregarsene o cavarsela. In conclusione, queste CVP ci sembrano un fenomeno a parte rispetto alle CVP intensive qui analizzate, sebbene il valore intensivo del clitico riflessivo possa aver contribuito a formare la semantica di alcune di queste espressioni, come nel caso di godersela citato da Salvi. Un’ipotesi, ad ogni modo, tutta da dimostrare. 3.7. Riassumendo Nel corso del paragrafo 3 abbiamo classificato e descritto sette CVP “intensive”, che sono riassunte schematicamente nella Tabella 3. Tutte le CVP individuate si avvalgono di clitici non argomentali24 portatori di significato grammaticale. Tuttavia, la CPE, e in particolare la CPE non-riflessiva, si colloca a parte rispetto alle altre costruzioni esaminate per essere non libera e per non essere una CVP vera e propria. La CPE riflessiva, invece, pur non essendo libera, può essere considerata una CVP, se pur atipica.

TABELLA 3. CVP intensive in italiano

Tipo di CVP [±libero] [±CVP] Esempio

Tipo 1 MEDIO INTRANSITIVO (SENE) (MINTR)

[+libero] [+CVP] Andarsene a spasso Starsene sul divano

Tipo 2 MEDIO TRANSITIVO (MTR)

[+libero] [+CVP] Mi faccio una passeggiata Mi mangio una mela

CPE RIFLESSIVA (R)

[-libero] [+CVP] Mi mangio le unghie Ti tagli le unghie

Tipo 3 CPE NON-RIFLESSIVO (N-R)

[-libero] [-CVP] Gli taglio i capelli Taglio i capelli a Mario

Tipo 4 DATIVO ETICO (DE) [+libero] [+CVP] Luca mi ha dato il libro a Gianni! Non mi guardare la TV tutto il giorno! Mi è caduto Giovanni

Tipo 5 DATIVO CONVERSAZIONALE (DC)

[+libero] [+CVP] Entro nel bar e sai chi ti vedo? Ecco che ti danno uno schiaffo a Maria

24 A meno che non si voglia considerare semi-argomentale (o argomento “debole”) il clitico riflessivo nelle costruzioni MINTR, MTR e CPE_R.

34

Nel resto della trattazione vedremo come queste costruzioni si rapportano tra loro e con le altre costruzioni argomentali dell’italiano. 4. CVP e transitività: una proposta di analisi Le CVP intensive analizzate e classificate nel paragrafo 3, pur essendo caratterizzate da uno o più tratti distintivi, hanno alcune proprietà in comune, sia formali che semantiche, che talvolta rendono ambigua la loro interpretazione. Abbiamo già visto come un’espressione come (104) possa essere classificata sia come CPE sia come DE: (104) Mi hanno ucciso la figlia ‘Hanno ucciso mia figlia’ ‘Hanno ucciso la figlia (presumibilmente mia) e la cosa mi coinvolge’ Inoltre, possono sorgere delle ambiguità tra usi grammaticali (intensivi) dei clitici e usi deittici degli stessi, come nel già citato esempio in (105): (105) Non ti si è nemmeno scusato ‘Non si è nemmeno scusato con te’ ‘Non si è nemmeno scusato e la cosa ti meraviglia’ La proprietà fondamentale che queste espressioni hanno in comune è quella di codificare un evento in cui uno dei partecipanti risulta in qualche misura e in qualche modo coinvolto o interessato, positivamente o negativamente. Diamo uno sguardo alla Tabella 4, che riassume le caratteristiche principali delle CVP analizzate.

TABELLA 4. Proprietà delle CVP intensive in italiano

CVP Partecipanti Soggetto Affected Esempi

MINTR S – CL S=CL [±Agente] S Andarsene a spasso Starsene sul divano

MTR S – O – CL S=CL [+Agente] S Mi faccio una passeggiata Mi mangio una mela

CPE_R S – O – CL S=CL

S/CL possiede O [+Agente] S

Mi mangio le unghie Ti tagli i capelli

CPE_N-R (TR)

S – O – CL CL possiede O [±Agente] CL Gli taglio i capelli Taglio i capelli a Mario

CPE_N-R (INTR)

S –CL CL possiede S [-Agente] CL Gli si è rotto il dito Si è rotto il dito a Mario

DE S – (O) – (OI) – CL CL=[+Umano] [±Agente] CL Luca mi ha dato il libro a Gianni! Il bambino non mi mangia (la carne) Non mi scappare!

DC

S – (O) – (OI) – CL CL=[+Umano] [±Agente] CL Entro nel bar e sai chi ti vedo? Ecco che ti danno uno schiaffo a Maria

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Come possiamo notare, il partecipante affected dall’evento descritto non è mai l’oggetto diretto (O), come accade in una costruzione transitiva prototipica in cui l’azione perpetuata da un soggetto altamente agentivo ha dirette conseguenze sull’oggetto-Paziente (cfr. Hopper & Thompson 1980: 252), ma è sempre o il soggetto (S), a sua volta coreferente con il clitico al dativo, o il clitico stesso (CL) denotante un partecipante “altro”, ovvero non coreferente con nessuno dei partecipanti principali. In base a questo parametro possiamo distinguere due macro-classi di CVP intensive (seguendo l’intuizione di Lo Cascio 1970 già citata nel paragrafo 1.1):

• CVP riflessive: MINTR, MTR, CPE_R • CVP non-riflessive: (CPE_N-R), DE, DC

Tra quelle riflessive, la costruzione MINTR si differenzia da MTR e CPE_R per via della sua intransitività, mentre le ultime due si contraddistinguono per essere transitive e per richiedere un soggetto obbligatoriamente Agente. In queste costruzioni, l’elemento affected è sempre il soggetto, che coincide con il clitico. Tra quelle non-riflessive, invece, abbiamo varie tipologie di strutture argomentali con un soggetto più o meno Agente. Il partecipante affected in questo caso è sempre il clitico. Se riprendiamo la definizione di “medio” data da Kemmer (1993: 243)25, vediamo come questa si applichi facilmente alle tre CVP riflessive: in tutte e tre il soggetto (Initiator) è anche il punto finale (Endpoint) dell’evento; inoltre nelle tre CVP, gli eventi e/o i partecipanti sono concettualizzati in maniera poco distinta. Ad esempio la costruzione MTR (Mi mangio una mela) contiene tre partecipanti sintattici (il soggetto, l’oggetto e la marca riflessiva coreferenziale con il soggetto), ma due soli partecipanti concettuali (il referente denotato dal soggetto e quello denotato dall’oggetto). Anche la CPE_R presenta sintatticamente tre partecipanti (il soggetto, l’oggetto e la marca riflessiva coreferenziale con il soggetto), ma ancora una volta i partecipanti concettuali non coincidono con quelli sintattici poiché la marca riflessiva è coreferenziale con il soggetto e in più l’oggetto è una sotto-parte del soggetto. Tali costruzioni si posizionano, quindi, come i riflessivi diretti, tra la costruzione transitiva prototipica a due partecipanti e quella intransitiva prototipica a un partecipante. Questo spettro di transitività è rappresentato nella Figura 126.

25 “[T]he middle is a semantic area comprising events in which (a) the Initiator is also an Endpoint, or affected entity and (b) the event is characterized by a low degree of elaboration”. 26 L’analisi qui proposta si rifà da un lato agli studi tipologico-funzionali (cfr., tra gli altri, Hopper & Thompson 1980, Kemmer 1993, Croft 2003), che fanno uso di una nozione scalare di transitività e di mappe concettuali su cui proiettare le varie relazioni grammaticali così come sono realizzate nelle singole lingue, dall’altra alla Construction Grammar in senso lato, che considera le costruzioni grammaticali (comprese le costruzioni argomentali) come segni complessi costituiti da una forma e da un significato e quindi come unità linguistiche a tutti gli effetti (cfr., in particolare, Fillmore, Kay & O’Connor 1988, Goldberg 1995, Shibatani & Thompson (a cura di) 1996).

36

FIGURA 1. Continuum di transitività I

TR MTR CPE_R RIFL(DIRETTO) MINTR(SENE) INTR

S – O

S=+Agente O=Affected

SI – O – CLI S=CL

S=+Agente S= Affected

SI – O – CLI S=CL

S possiede O S=+Agente S=Affected

SI – O/CLI S=CL

S=+Agente S=Affected

SI – CLI S=CL

S=±Agente S=Affected

S

S=±Agente Ø=Affected

Lucia ha rotto il vaso

Lucia si mangia una mela

Lucia si è rotta la gamba

Lucia si lava Lucia se ne corre a casa

Lucia corre

Come si può notare, le due costruzioni ai poli di questo continuum descrivono eventi con partecipanti chiaramente distinti e ben delineati: la costruzione transitiva prototipica ha due partecipanti, il primo agisce, il secondo subisce l’azione del primo; nella costruzione intransitiva, invece, il partecipante è solo uno e l’azione non ha ripercussioni su altri partecipanti. Se invece diamo uno sguardo allo spazio tra i due poli, notiamo che l’elemento comune è la presenza di un soggetto Affected e, soprattutto, che la struttura dei partecipanti all’evento diventa meno definita. Il MTR è infatti simile alla costruzione transitiva, ma in più ha un elemento clitico che coincide con il soggetto. La CPE_R è simile al MTR ma presenta in più la relazione di possesso tra soggetto e oggetto che di fatto avvicina ancora di più questa struttura al riflessivo diretto. Quest’utimo, come è noto, è una costruzione con due partecipanti che però coincidono concettualmente (Kemmer 1993). Infine, il MINTR è molto vicino all’intransitivo, ma diversamente da esso marca il soggetto come affected, assumendo una semantica mediale, e quindi si colloca anch’esso nell’area centrale del continuum. Il continuum in Figura 1 potrebbe essere ulteriormente arricchito inserendo anche la costruzione intransitiva pronominale (INTR PRON) (Maria si è ammalata), studiata nel dettaglio da Jezek (2003). L’autrice sostiene che tale costruzione presenta una semantica di tipo medio (come le CVP riflessive) e si trova in una posizione intermedia tra riflessivo e intransitivo. Jezek (2003) mostra come ciò che distingue l’intransitivo pronominale dal riflessivo (e, aggiungiamo, dalle varie CVP riflessive che si trovano a sinistra del riflessivo nella Figura 1) è il tratto di agentività del soggetto: nel riflessivo il soggetto è Agente, mentre l’intransitivo pronominale presenta un soggetto non agentivo. Tra le costruzioni qui esaminate, abbiamo un altro caso in cui il soggetto non è agentivo: si tratta della CPE non-riflessiva intransitiva (Mi è caduto il dito), che, ricordiamo, non è una vera e propria CVP, in quanto permette anche sintagmi nominali pieni in posizione dativale, e che è di tipo inaccusativo, ovvero ha un soggetto non Agente (assolutivo). Le due costruzioni si distinguono, ovviamente, per la selezione dell’elemente affected: il soggetto nel caso dell’intransitivo pronominale, il clitico nel caso della CPE non-riflessiva. Diversa è la situazione delle CVP non riflessive. La CPE non riflessiva transitiva (Luca le taglia i capelli) (che tuttavia non è una CVP a tutti gli effetti) si colloca virtualmente tra la costruzione transitiva prototipica e quella cosiddetta “ditransitiva”, che prevede la partecipazione di un terzo attante (solitamente indicato come oggetto indiretto (OI)) in

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qualità di Beneficiario o Destinatario dell’azione. La CPE non riflessiva transitiva coinvolge infatti un terzo partecipante, che tuttavia coincide parzialmente con l’oggetto diretto in quanto suo possessore. Nello stesso continuum, e sempre in posizione intermedia, potremmo inquadrare anche la costruzione DE di tipo transitivo (Luca non mi mangia la carne) o ditransitivo (Non mi dare il vaso a Maria!): in questo caso il partecipante affected è quello codificato con il clitico. La Figura 2 schematizza questa situazione.

FIGURA 2. Continuum di transitività II

DITR DE (DITR/TR) CPE_N-R (TR) TR

S – O – OI

S=+Agente OI=Affected

S – O – (OI) – CL

CL=[+Umano] S=±Agente

CL= Affected

S – O – OI/CL OI/CL possiede O

S=±Agente

CL=Affected

S – O

S=+Agente O=Affected

Lucia ha dato il vaso a Maria Luca non mi mangia la carne Non mi dare il vaso a Maria!

Luca le taglia i capelli Luca taglia i capelli a Maria

Lucia ha rotto il vaso

Dobbiamo tuttavia ricordare che la costruzione DE non è solo transitiva o ditransitiva, ma si applica a quasi ogni forma di transitività, compresi gli intransitivi e le altre CVP (cfr. (89), paragrafo 3.4)27. Un discorso analogo vale per il dativo conversazionale (DC): anche questa costruzione si può collocare in diversi punti all’interno dei continua proposti, poiché si può combinare con pressoché ogni struttura argomentale principale: (106) a. Ecco che ti danno uno schiaffo a Maria DITRANSITIVO b. Entro nel bar e sai chi ti vedo? TRANSITIVO c. E sai chi ti si va ad ammalare? INTRANSITIVO PRONOMINALE28 d. Ecco che Giovanni ti casca INTRANSITIVO CON essere e. Ecco che Giovanni ti lavora tutti i giorni INTRANSITIVO CON avere Queste due costruzioni, applicandosi a una vasta gamma di tipi eventivi, sono quindi molto flessibili e produttive. In un certo senso, DE e DC hanno nel loro scope l’intera clausola e aggiungono un tratto di affectedness o di empatia a un livello supra-clausale29: il DE identifica il partecipante che subisce l’impatto (fisico, psicologico, sociale, ecc.) dell’evento, mentre il DC codifica l’empatia del parlante nei confronti

27 Il dativo etico non si combina con il medio intransitivo con sene. Questo potrebbe forse essere ricondotto a un vincolo sulla complessità dei nessi clitici: poiché sene è composto da due clitici, l’aggiunta di un terzo clitico potrebbe essere poco auspicabile. Come nota Berretta (1985: 191), i nessi di tre clitici in italiano sono molto rari e sono più che altro riconducibili ai casi in cui compare il si impersonale (gliene si parla). 28 Per le classi di intransitivi ci riferiamo qui a Jezek (2003). 29 Ricordiamo che sia il DE che il DC possono denotare solo referenti umani.

38

dell’evento descritto e, soprattutto, il suo tentativo di coinvolgere empaticamente il suo interlocutore. La Figura 3 riassume la situazione delle CVP intensive in italiano.

FIGURA 3. CVP in italiano e transitività

DITR TR MTR CPE_R RIFL(DIRETTO) INTR PRON MINTR(SENE) INTR

DE

DC

Questo schema riassuntivo ci permette di formulare alcune considerazioni generali, che possono servire come spunto per futuri approfondimenti. La prima è che costruzioni come il DE o il DC non sono strettamente dipendenti da una struttura argomentale particolare e quindi sono potenzialmente molto produttive (soprattutto il DE), almeno a livello sincronico. Occorrerebbe un’analisi diacronica per capire se questi tipi di dativi hanno cominciato a occorrere con una particolare struttura per poi estendersi a tutte le altre. Inoltre, poiché questa costruzione era già presente in latino, si potrebbe vedere come la costruzione si è evoluta nelle varie lingue romanze30. La seconda osservazione è che la CPE_R fa da ponte tra il riflessivo vero e proprio e il medio transitivo: in questa costruzione, infatti, abbiamo sì un complemento oggetto (come nel medio transitivo), ma si tratta di un complemento oggetto “debole”, poiché denota una sotto-parte del soggetto e quindi, per sineddoche, è come se coincidesse con il soggetto stesso (come accade nel riflessivo). Come già accennato al paragrafo 1.2, la CPE è una costruzione diffusa nelle lingue del mondo e in particolare in quelle d’Europa. Bisognerebbe quindi controllare se c’è una correlazione tra CPE, riflessivo e medio transitivo a livello tipologico. La terza osservazione riguarda la relazione tra MTR e TR da un lato e MINTR(SENE) e INTR dall’altro. Ci sembra che queste due costruzioni, al di là della diversa restrizione sulle classi di verbi, siano molto simili tra loro dal punto di vista semantico. In un certo senso, potremmo considerarle come due istanziazioni di un’unica costruzione sottospecificata che si specializza attraverso diversi tipi di restrizioni, prima tra tutte il tipo di classe di verbi con cui cooccorre. In questo modo si potrebbe delineare un’area del medio, dominata dal tratto formale del si clitico, piuttosto articolata in cui far rientrare anche l’intransitivo pronominale (che si distinguerà dalle altre costruzioni per via del soggetto non agentivo). Allo stesso tempo bisogna rendere conto della seconda osservazione, ovvero del fatto che la CPE riflessiva sta a metà strada tra il riflessivo e il medio, nonché del legame semantico tra il riflessivo e il medio. L’area del medio potrebbe figurare come nella Figura 4.

30 La costruzione è sicuramente presente in diverse lingue romanze (cfr. 1.2), ma bisognerebbe capire a quante e quali restrizioni è sottoposta.

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FIGURA 4. L’area del medio in italiano espresso tramite CVP

Come si può notare, le tre CVP mediali sono collegate tramite una relazione di istanziazione (II) (instantiation link, cfr. Goldberg 1995) a una costruzione media sottospecificata. La Figura 4 inoltre mostra come il medio transitivo sia correlato semanticamente (pur non essendoci una vera e propria relazione di eredità) con la CPE, e come questa sia a sua volta collegata il riflessivo mediate una relazione sineddotica. Infine, la linea tratteggiata tra il riflessivo e il medio (sottospecificato) esplicita anche la relazione semantica tra queste due costruzioni31. 5. Conclusioni In questo lavoro abbiamo analizzato e classificato le CVP in italiano in base a criteri semantici e formali. Abbiamo identificato cinque CVP principali, a loro volta suddivise in due macro-classi:

31 Specifichiamo che la Figura 4 intende rappresentare la situazione sincronica dell’italiano.

Riflessivo diretto SI – O/CLI / S=O/CL S=[+Agente] Affected=Soggetto Significato: <evento in cui il soggetto agisce su se stesso>

Medio SI – (O) – CLI Soggetto=[±Agente] Affected=Soggetto Significato: <evento in cui il punto iniziale dell’azione è anche il punto finale>

Intransitivo pronominale SI – CLI / S=CL Soggetto=[-Agente] ...

Medio transitivo SI – O – CLI / S=CL Soggetto=[+Agente]

...

Medio intransitivo SI – CLI / S=CL Soggetto=[±Agente] Classi di verbi: di moto

CPE riflessiva SI – O – CLI / S=CL S possiede O Soggetto=[+Agente] Affected=Soggetto Significato: <evento in cui il soggetto agisce su una parte di se stesso>

II II II

ISINEDDOC

HE

40

• CVP riflessive

o Medio transitivo (MTR) o CPE riflessiva (CPE_R) o Medio intransitivo (MINTR)

• CVP non-riflessive

o Dativo etico (DE) o Dativo conversazionale (DC)

Da questo computo è esclusa la CPE non riflessiva, sia transitiva che intransitiva, poiché, come abbiamo visto, non è una CVP vera e propria, seppure mantenga evidenti legami con le CVP intensive. Le CVP intensive analizzate formano una famiglia di costruzioni accomunate da proprietà formali e semantiche. Dal punto di vista formale, le CVP sono caratterizzate dall’uso di forme clitiche riflessive o al dativo per veicolare significati grammaticali. Dal punto di vista semantico, le CVP svolgono la funzione di segnalare il partecipante che viene coinvolto (affected) (emotivamente, fisicamente, socialmente, ecc.), in diversa misura e maniera, dall’evento descritto, senza essere il Paziente di una costruzione transitiva prototipica. Tale partecipante è concettualizzato come l’Endpoint dell’evento stesso. Infine, abbiamo mostrato che le CVP intensive interagiscono con la nozione (scalare) di transitività in diversi modi. Le CVP riflessive si collocano, come il riflessivo, in una posizione intermedia tra la costruzione transitiva e quella intransitiva delineando (insieme all’intransitivo pronominale) l’area del medio dell’italiano, ovvero l’area in cui l’azione si ripercuote sul soggetto. Le CVP non-riflessive invece si distribuiscono lungo tutto il continuum della transitività: l’evento descritto è “impacchettato” e poi messo in relazione con un partecipante affected o empaticamente coinvolto.

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