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inverno 2019 anno XXvi — n. 108 — Quaderno n. 18 ComuniCazione, Cultura e attualitÀ nella CittÀ metropolitana di venezia Copia omaggio [email protected] caSe di pregio la tradizione con innoVazione San Marco 2757 – 30124 Venezia [email protected] caSe di pregio la tradizione con innoVazione San Marco 2757 – 30124 Venezia Venezia: libri alla mano Foto di Giovanni Distefano

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inverno 2019anno XXvi — n. 108 — Quaderno n. 18

ComuniCazione, Cultura e attualitÀ nella CittÀ metropolitana di venezia

Copia omaggio

[email protected]

caSe di pregio

la tradizione con innoVazione

San Marco 2757 – 30124 Venezia

[email protected]

caSe di pregio

la tradizione con innoVazione

San Marco 2757 – 30124 Venezia

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CittÀ2 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 inverno 2019

SUPERNOVALIBRI IN coRSo DI STAmpA

Prometeo non abita più qui(voci dell’agosto 2013)

di Armando pajalich

Venezia Futuraa cura di marco piamonte

Foreste e forestieridi Lucia Guidorizzi

E c’erano bambole di pezzadi Erna marioni

L’incontro, organizzato dall’Università Popolare di Venezia, Veni-pedia® e Comitato Venezia, è stato inoltre dedicato alla tradizione ealla storia veneziana attraverso i detti e i modi di dire, che di gene-razione in generazione vengono tramandati: un’area letteraria allaquale Eugenio Vittoria ha dato notevoli contributi. La sua pubblica-zione Detti veneziani è stata di ispirazione, formazione e riferimentoper molti studiosi e anche per Venipedia® (enciclopedia on line).Durante l’incontro è stato presentato un nuovo prodotto editoriale,Le agende di Venipedia, una delle quali è dedicata ai detti veneziani,sempre in omaggio a Eugenio Vittoria. All’appuntamento hanno partecipato Carlo Montanaro, presidentedell’Università Popolare di Venezia; Giovanni Distefano, editore;Davide Scalzotto, capocronista del Gazzettino; Alberto toso Fei,scrittore; Marco trevisan, fondatore di Venipedia®; Maurizio Vitto-ria, presidente del Comitato Venezia e figlio di Eugenio.

Amante e studioso di cose veneziane, scrittore, editore, giornalistapubblicista e organista, Eugenio Vittoria si è prodigato con costantetenacia a diffondere in modo capillare la storia e il costume vene-ziano, anche come risorsa contro il calo demografico di Venezia.Considerava una missione pubblicare opere di carattere divulgati-vo e non specialistico. Nasce a Venezia il 18 marzo 1918. Diplomatosi alle Magistrali, ap-profondisce gli studi in greco e latino. Appassionato di musica, stu-dia numerosi strumenti, suonando il trombone nella banda scolasti-ca e specializzandosi poi in pianoforte e organo. È quasi alla finedel servizio militare quando scoppia la Seconda Guerra Mondialeed è costretto a rimanere nell’esercito fino alla fine del conflitto,dove evita in extremis di essere mandato in Russia. Convinto pacifi-sta, dopo la guerra Vittoria si iscrive a Cittadini del Mondo, una or-ganizzazione internazionale che mira all’abbattimento delle frontie-re. Nel Dopoguerra Eugenio mette a frutto i suoi studi pedagogicifondando le Creazioni didattiche EVI, e avviando una produzionedi supporti per le scuole primarie, indirizzati soprattutto all’ap-prendimento della matematica. È da ricordare la serie dei Pulcini:Tavole da appendere, create dal disegnatore Dino Battaglia. Vittoriadiventa rappresentante per il Veneto di alcune case editrici d’arte ecultura, come All’insegna del Pesce d’Oro di Vanni Scheiwiller e IlMilione. Nel frattempo studia storia e tradizioni veneziane; inizia ascrivere articoli di argomento veneziano. Collabora con rubriche distoria e costume veneziano su Il Gazzettino illustrato, Gente Veneta, IlDiario, Italturismo; saltuariamente su Il Gazzettino e altre testate loca-li. È segretario dell’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana di Vene-zia) fino al 1990. Nel 1963 fonda la casa editrice EVI, pubblicandouna riedizione del Sommario di storia veneta di Rinaldo Fulin: unaedizione di lusso, con carta uso mano e illustrazioni fuori testo in-collate a mano. Nel 1967 pubblica il suo primo libro: Detti Veneziani,ovvero a Venezia si dice ancora così, una raccolta di modi di dire in usonella città. L’opera esce a tre mesi dalla grande alluvione che avevamesso in ginocchio Venezia, Firenze e buona parte d’Italia; in quelperiodo nascono numerosi comitati nazionali e internazionali perVenezia. Il desiderio di cultura locale andava aumentando e forseciò ha decretato la fortuna di quest’opera che, dalla prima sua usci-ta, ha avuto una serie ininterrotta di ristampe e di riedizioni. Vitto-ria continua il suo lavoro di autore ed editore specializzato in argo-menti veneziani e aumenta la sua notorietà nel 1979 con Il gondolieree la sua gondola, altra opera fortunata che avrà varie ristampe, piùedizioni, e la traduzione in quattro lingue.La casa editrice EVI, con la quale produce quasi tutte le sue opere, siconfigura come una antesignana dell’autoeditoria.Vittoria partecipa alla vita culturale della città nell’associazione Scuo-la Granda San Marco, dove, assieme a un gruppo di amici denomina-to Società dei Regolari, di cui è il presidente, si adopera per la preser-vazione e la valorizzazione delle molteplici tradizioni veneziane. Ètra i primi a credere nel rilancio del rinnovato Carnevale di Veneziaorganizzando i primissimi carnevali (tra il 1978 e il 1979), quando an-cora non c’era alcuno sponsor. È inoltre un forte sostenitore delleprime battaglie contro il moto ondoso. Per il suo lavoro culturale èammesso nell’Associazione dei Cavalieri di San Marco. Organista delGran Priorato dei Cavalieri di Malta di Venezia per oltre vent’anni, èinoltre insignito della Croce al Merito Melitense dell’Ordine dei Ca-valieri di Malta. Collabora come docente – assieme a Diego Valeri ealtri – all’annuale Scuola Serale per Adulti degli ex allievi Salesiani.Pur non essendo tra i giurati, ha fatto parte del gruppo del PremioStradanova, con Ugo Facco de Lagarda e Diego Valeri. È presente amolti seminari e convegni nazionali su Venezia. Interrompe le atti-vità dopo un incidente automobilistico che gli mina irreparabilmentela salute; muore nel 1999. I suoi lavori come autore ed editore tratta-no di storia, tradizioni, costume, poesia e curiosità. Eugenio credevamolto nella diffusione capillare della storia e del costume venezianoanche come risorsa contro il calo demografico di Venezia. Per questo,riteneva quasi una missione pubblicare opere di carattere divulgati-vo, e non specialistico. Sempre schivo e orgoglioso della propria li-bertà di parola, pur annoverando numerose amicizie tra importantipersonaggi della cultura e della politica, Eugenio Vittoria non ha maivoluto approfittare delle occasioni di onori o carriere spesso propo-stegli. Nel 1995 gli è stato assegnato il Premio Nexus, un riconosci-mento istituito dalla rivista Nexus per evidenziare i meriti dei cittadi-ni che con il loro lavoro hanno contribuito a sostenere e divulgare lacultura veneziana. CONtINUA A PAGINA 3

Daniela Zamburlin

IL PEtROLIO E LA CIttÀ StORICA Omaggio a Eugenio VittoriaRicordato all’Ateneo Veneto a cento anni dalla nascita

Riferendosi alla zona archeologi-ca di Roma, Carlo Aymonino so-steneva che la separazione diquesta dalla città contempora-nea, è per i romani un autenticoe sproprio perché, nell’eserciziodel loro ruolo di cittadini, gli abi-tanti della capitale vengono pri-vati del dialogo identitario con lastoria della città in cui vivononon potendo rappresentare il va-lore del quale dovrebbero essereportatori. Quando divenne poiassessore agli interventi sul cen-tro storico del Comune di Roma,l’architetto, che fu rettore delloIuav in tempi di splendore, nonriuscì a risolvere la questione cherimase nelle intenzioni e in alcu-ni progetti fermatisi allo stadio didisegni e bozzetti. E tuttavia, ilcaso di Venezia, sembrerebbemettere in dubbio la “verità ro-mana” di Aymonino, giacché ilfatto che a Venezia i cittadini vi-vano nella città storica, non de-termina un effetto diverso daquello romano, perché anche inlaguna i meccanismi in funzioneagiscono nel senso dell’espropriodel ruolo di portatori della civiltàche corrisponde a una visionedel mondo visto dall’acqua. Nonho elementi per dire che a Pom-pei – altra variante di città storica– ci sia una as sunzione modernadell’essere nell’attualità unaPompei vitale, cioè impegnata asviluppare attività corrisponden-ti al proprio valore oltre le ragio-ni dell’uso turistico. Nondimeno, la questione del rap-porto tra città moderna e città an-tica rimane sul tappeto, essendouna caratteristica quasi generaledel nostro Paese con una proble-matica di particolare importanzaper le implicazioni culturali di unatteggiamento passivo verso ilvalore di un bene di cui, da por-tatori consapevoli, si diventa viavia depositari, memoria di unastoria che ha costituito riferimentisociali coesivi e valori di ricono-scimento – l’arte nelle sue varieespressioni è stata una specie discuola di formazione di riferi-menti collettivi in cui riconoscersi– considerati solo nella loro fun-zione d’uso. La casistica è ampiae va dagli insediamenti del neoli-tico, alla città greca, all’etrusca,alla romana e fino a quella me-dievale e rinascimentale che vivo-no con la città moderna in varieforme di simbiosi e di associazio-ne, con il caso speciale di Veneziache è morfologicamente la cittàche si può vedere nella mappa diJacopo de’ Barbari del 1500. Pompei, Roma e Venezia sono trecittà abbastanza simboliche ditutto il panorama e rappresenta-no ognuna un valore storico alquale sono funzionalmente lega-te, nel senso che tutte e tre sonooggetto di interesse che attrae unturismo che è fattore di grandeimportanza per il sistema produt-tivo e relazionale urbano e terri-toriale. Ma con un paradosso:nessuna delle tre città ha unastruttura di governo e di funzio-ne direttamente collegata con ivalori dei beni che rappresenta,nel senso che i Comuni non di-spongono di un organo territoria-le di governo né di un’autoritàsui beni che è esercitata dal pote-re centrale attraverso gli uffici pe-riferici delle Soprintendenze nédi strumenti formativi che sonoaffidati alle università e a centri

di restauro, istituzioni di grandelivello scientifico e culturale cheperò hanno una funzione di con-trollo e non sono strutturalmentee funzionalmente collegate con ilgoverno della città e quindi con ilsuo destino.La questione è ampiamente di-battuta e non intendo aggiungerealtro, ma solo rilevare che in que-sta situazione le città si limitanoesclusivamente a progetti varia-mente turistici e di accoglienzache, pur apportando benefici dicarattere economico, produconouna divaricazione progressiva tragli abitanti e il senso della città incui vivono, un conseguente im-poverimento culturale dovutoall’atteggiamento passivo dell’at-tività di accoglienza, per non diredei fenomeni di cambio d’uso diedifici e palazzi, del disagio edell’espulsione che a Veneziahanno raggiunto livelli di guar-dia che fra l’altro mettono in fortedubbio l’esercizio della democra-zia sottoposta alla pressione do-minante della monocultura turi-stica. Da un punto di vista pro-duttivo, inoltre, la città subisce undanno aggiuntivo per le tecnolo-gie necessarie e per i materialiadatti a preservare i beni, unamateria affidata sempre in out-sourcing con un metodo che im-poverisce ulteriormente il patri-monio culturale delle città chevengono espropriate dei processiconoscitivi che sovrintendono epartecipano alla conservazione, aldestino e alla funzione coesivadei valori culturali. In una città come Venezia sono pra-ticamente scomparsi o in via diestinzione gli artigiani e i mestieriche rappresentano un valore dellacittà e per la città e basterebbe limi-tare la questione solo al settore di unmateriale come il legno, per rendersiconto della gravità della situazione. Sono aspetti di grande rilevanzaperché un percorso con tali pas-saggi e vuoti ha una potenzialitàdistruttiva per il valore dei beniculturali anche nel senso più pro-saico dell’interesse venale dimerce. E, d’altra parte, non solo èdifficile trasmettere l’importanzadi un valore che non si ama, ma èanche improbabile che possa esi-stere un’economia forte senza unmercato interno forte, o pretende-re una qualità delle merci chenon abbia corrispondenza con laqualità della domanda.La città storica è un bene cultura-le divenuto veramente tale inepoca moderna proprio per lasua qualità intrinseca di essereuna modalità di guardare almon do e di una qualità di viver-lo, ed è per tali ragioni che ècome la conoscenza che si ali-menta di se stessa, della curiositàche stimola e che si rinnova per-ché nel suo esperire relazionalescopre crepe, deficienze, necessitàe nuovi percorsi. Essendo la cittàstorica un valore, cioè un corpovitale con la coscienza di sé, neconsegue che essa sia anche por-tatrice del progetto che è suggeri-to dalla necessità e dal desideriodella sua conservazione realizza-bile grazie alla tecnica nel sensodi apparato conoscitivo storico,tecnologico, sensitivo e culturale,che permette di affermare il valo-re nell’attualità e nella verità dellasua stessa esistenza. Il problema non è il turismo toutcourt, ma la città succuba del turi-

smo, di un rapporto finalizzatoall’uso che non si occupa della pro-pria cura, dell’importanza che ha edella propria celebrazione e quindidella formazione delle figure profes-sionali, della ricerca dei materiali edei protagonisti della narrazionenelle varie forme possibili, attivitànecessarie al mantenimento del va-lore culturale che hanno un’impor-tante domanda che forse è anchepossibile far crescere. Si dice spesso che i beni culturalidi cui la città storica è nocciolo ecompendio siano il petrolio italia-no e tuttavia sembra che questostraordinario giacimento vengausato semplicemente co me unapompa di benzina.

Il ruolo di città come Pompei,come Roma o come Venezia è si-mile a quello dell’opera d’arte:lontano dalle mani dell’artista,cioè dalle ragioni e dal tempodella sua creazione, essa è lasciataalla sensibilità dell’epoca, dei luo-ghi e agli interessi del possessore.Si tratta di fattori che, comunque,non possono prescindere dallaconsiderazione del valore del -l’opera d’arte in sé, da una speciedi alone che stimola i desideri. Inuna società dove lo scambio èfondamentale veicolo di trasmis-sione, il segreto è creare il mondodei desideri che, in tema d’arte,categoria fondamentale per la suaproprietà di essere valore di rico-noscimento e di coesione delle so-cietà, è un lavoro che richiede unimpegno importante per un’o -pera moderna, ma comunque mi-nore per un’opera già santificatadalla storia. La città storica è,inoltre, anche la convergenzadelle qualità del territorio di cui ètopos, punto di incontro di unacatena di valori che porta allacampagna e alla provincia che aloro volta sono portatrici di valoridi un sistema relazionale che èall’origine del “desiderio di città”che ha la campagna, di cui dicevaLe Corbusier, che la città ha ac-cantonato e che riproduce – ilverde, il bo sco, la natura – fuoricontesto, cioè come scenario enon come sostanza. È un tema che in epoca modernapresenta molti altri aspetti inte-ressanti con forte valenza cultura-le, ossia con una grande poten-zialità di essere un messaggio dinuove potenzialità nel rapportotra campagna e città esclusiva-mente definito nel senso unicodel movimento verso la città cheforse è giunto a un punto di satu-razione e insostenibilità che nonpuò essere risolto con una sem-plice inversione del senso, maforse con la capacità della città dipoter irradiare il senso della sto-ria in essa sedimentata.

Franco Avicolli

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inverno 2019 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 – 3

Solo in questo modo si conser-vano e anzi si aumentano i postidi lavoro e si pone la nostra rin-novata portualità in vincente oalmeno pari linea competitivacon tutti i maggiori scali adriati-ci e mediterranei. Il sito da mesuggerito è quello di Santa Ma -ria del Mare nell’isola di Pelle-strina e cioè a sud della DigaSud della Bocca di Malamocco.Come si vede dallo schema, perrealizzarlo basta prolungarel’attuale Diga Nord e farne par-tire un’altra da un convenientepunto dell’isola di Pellestrina.Detta diga, ben attrezzata per illavoro dalla parte interna e per ibagni e il turismo da quellaesterna, dopo essersi portata allargo e quasi all’estremità diquella del Lido, lascia un’im-boccatura a buona agibilità ognitempo, come l’attuale, creandoun ampio bacino nel quale lenavi possono ben manovrare eattraccare a banchine da rinfuse,container e passeggeri, al me-glio delle esigenze e della spedi-tezza operativa.Appare evidente che un talepor to consente alle navi di usci-re ed entrare anche in condizio-ni di nebbia, eliminando ognidiseconomia e tutto ciò che siverifica attualmente in Laguna aseguito della giusta chiusura delporto per cattivo tempo o ritardiper basse maree o formazione diconvogli nell’attuale Canale deiPetroli che spesso si interra eche è a senso unico.Quest’opera, da collegarsi allater raferma con un artistico pon -te ferroviario e stradale, creaquel ridosso navale per emer-genze che ora non esiste e nelcontempo mette la inutilizzataconca in grado di funzionare.Da un punto di vista ecologico,ambientale e delle bellezze pae-saggistiche, al suo centro, casoestetico unico al mondo, reste-rebbero il tanto verde e le stori-che esistenti strutture. La palada delle ceppe – in prossi-mità della diga foranea di Mala-mocco – non sarebbe più neces-saria e la sua relativa voraginedi testa con dannosi fondalianche superiori ai 40 metri, po-trebbe essere colmata con grossaghiaia con il vantaggio di nonfacilitare la velocità della corren-te di marea entrante.Le dighe, composte da modulisimili a quelli fatti proprio lì peril mose, avranno all’esternodegli anfratti per ripopolamentiittiologici e una conformazionea scivolo in modo che dallaforza orizzontale di abbattimen-to delle onde si generi una com-ponente verticale stabilizzatrice.Siamo di fronte a una opera co-stosa, qualificante, durevole mache ha il pregio di: • Consentire un risanamentodella Laguna, ora rovinata dai

fumi di troppe ciminiere, dal -l’impatto termico delle grandicarene che riscaldano i nostri li-mitati corpi idrici con gli scam-biatori di calore dei motori Die-sel e rilasciano in acque e fonda-li i veleni delle vernici antivege-tative e le particelle di piombo ealtri metalli pesanti costituentigli anodi sacrificali contro lecorrenti galvaniche. • Evitare l’innegabile danno daescavi di nuovi canali e allarga-menti di bacini di evoluzione. • togliere tutti quei fumi, can-cerogene particelle pm10 e resi-dui solforosi dall’aria che respi-riamo e che ci fa ammalare, eche purtroppo gessifica anche lanostra monumentalità lapidea,cioè il nostro singolare bene cul-turale che deve essere tutelatoin assoluto. • Eliminare la necessità di argi-nare il Canale dei Petroli con co-stose, pesanti e dannose palan-colate di ferro e scogliere, tantopiù che i dossi sui fondali del ci-tato canale artificiale, mal dise-gnato come il Vittorio Emanue-le, si formano per erosione disponde e gengive di barene daeffetto stantuffo delle careneavanzanti in canali stretti e argi-nati e non con materiali di piùlontana provenienza. • Costruire comunque un gran-de porto vicino al mare come do-verosa infrastruttura al posto ditante altre evitabili perché consu-mano prezioso suolo coltivabilee destinato a verde in questitempi di gravi cambiamenti cli-matici e trombe d’aria provocateda troppe concentrazioni di ci-

miniere di terra e di mare, comeè il caso della Marittima, di Mar-ghera, di Piazzale Roma e del -l’Aeroporto di tessera.• Da notare che per ora e nono-stante i discutibili e sconsigliabi-li lavori in Laguna, nessunagrande nave tipo quelle già na-viganti come la Independence ofthe Seas di metri 339 per 56 o laoasis of the Seas di metri 356 per66 e altre simili possono entrarein Laguna. • E allora scaviamo, rettifichia-mo canali e allarghiamo bacini emettiamo giù scogli e palancoleper ricevere le vecchie e più pic-cole e più impattanti fumosecarrette? • Da notare poi che, anche senon si vede bene il fumo, dalleciminiere navali esce tanto calo-re da condizionatori e, comun-que e sempre, tanta tossica ani-dride carbonica che è il gasmaggior responsabile dell’effet-to serra. • Resta beninteso che all’ipotiz-zato Porto di Santa Maria delMare possono entrare e operarele maggiori e inquinanti naviportacontainer di una pompatavia della seta marittima che èdestinata a essere sostituita daquella ferroviaria. Già moltitreni vanno dalla Cina al NordEuropa e al Nord Italia in soli 15giorni mentre le navi ne impie-gano 30. • Volendo si potrebbero riceve-re i più grandi navoni da vacan-zieri allestendo in banchine supali in gengiva dell’isola diSant'Erasmo, con prua a nord,di fronte all’abitato di treporti e

a ridosso del Mose, oppure alato dell’isola della Certosa, difronte alla Chiesa di San Nicolò,o ancora a lato dell’isola delLido nel tratto compreso tral’abitato di Alberoni e il borgostorico di Malamocco. In quelcanale, io stesso per incaricodell’ammiraglio Vignani ho ela-borato piani, steso catenarie eormeggiato navi in disarmo perla crisi dei noli del 1975 da ben250 mila tonnellate di portata edella misura di metri 330 per48,50, come le gemelle Anita ecaterina monti.In questi casi siamo dentro laLaguna, ma abbastanza lontanidal delicato Centro Storico sullacui integrità devono vegliare atutto tondo i ministri dei Beniculturali e dell’Ambiente, vistoche gli eletti civici amministra-tori locali hanno già fatto tantievidenti danni come ne sono tri-ste esempio: A - l’eccessivo inurbamento del -l’isola del Lido con un esageratoPip da capannoni e cementifica-zioni di ben 80 mila metri qua-drati di suolo pubblico fronteLaguna, invece di farci un belbosco purificatore e distensivoper la nostra gente e anche diquegli operai con pochi soldiche vengono al Lido in bicicletta.B - il pestifero inceneritore dadiossina nientemeno che a SaccaFisola, poi fortunatamente de-molito. C - l’abbattimento della storicapineta per farci un abortito me -ga palazzo o Sasso del Cinemadalle tante diseducative fictiondi violenze spari e sesso esaspe-

rato e fasullo. D - la vendita, ora, anche del belpolmone verde detto della Fa-vorita del Lido. Insomma, mentre le autorità lo-cali e gli industriali chiamanonavi inquinanti in Laguna persalvare posti di lavoro, invece dipiantar alberi per la salute dellagente della città serenissima edel circondario, consentono chese ne taglino per fare e fare efare case e stabili consuma suolo enuovi stadi nella privilegiataterraferma da voti.

Il fatto più grave, se non tragico,è proprio quello di voler navi inLaguna, anche 5-6 alla volta, chebruciano continuamente appe-stante gasolio, mentre i venezia-ni devono andare a gas e nonpossono neppure cuocersi qual-che buona pizza con i forni alegna per non inquinare! Perchéc’è chi non ha mai voluto orga-nizzarsi per fornire energia elet-trica da terra alle navi ormeggia-te in maniera che possano fer-mare i loro gruppi elettrogeni.Questo è il punto dolente origi-nato da gravissime colpe.La nostra Laguna è tutta ungrande porto da quando, forsemalauguratamente, sono statirotti gli scanni sabbiosi foraneiche frenavano l’entrata delmare, quando spinto da ventied eccezionali maree e marositraslanti come accade nei bassifondali.Ora, e ormai da tanti anni, le seidighe del grande Paleocapa, incoppia, alle tre bocche di porto,agiscono da archibugio per spa-rare fuori la dosana ai fini delmantenimento dei fondali diprogetto delle canalette esterne.Contro l’evidente degrado diVenezia che si spopola, che è inbalia di troppo turismo mal ge-stito, di troppa sporcizia da canicome da frequenti lettere di pro-teste alla stampa, e di un rovi-noso moto ondoso che demotivaanche ai tradizionali sport dellavoga e della vela, si deve pensa-re alla grande. Bisogna convin-cersi che un monumentale abi-tato sorto e cresciuto ai tempidei piccoli scafi a vela e a remi econ edifici su pali piantati nelfango e poggiati sul caranto,deve intelligentemente spostarei suoi moli in riva al mare.Intanto quale democratico con-tributo di idee consiglio di ri-portare il Canale dei Petroli alfondale di meno 11,50 non stoc-cando costosamente da qualcheparte il materiale di risulta, masparandolo a oltre 100 metri didistanza ai due lati del canalestesso mediante le ossigenantipompe delle draghe.

Cap. Ferruccio Falconigià Capo Pilota del Porto

SEGUE DA PAGINA 2

Omaggio a Eugenio Vittoria

Ecco alcuni famosi detti vene-ziani tratti dal libro Detti vene-ziani, sottotitolo a Venezia si diceancora così…

andemo bever un’ombra(il decimo di litro servito al l’om bradel campanile)

il vien da Mazzorbo(per dire una persona miope)

no ti se bon neanche da far triaca(la teriaca era una pozione con 64sostanze capace di guarire tutti imali)

andar a Patrasso con tutto (sconfitta dell’ammiraglio cappellonel 1497 all’isola di Negroponte)

ti capisci el bergamo(per intendere quando ci si accorgedi un inganno)

secco incandio(un uomo magro)

saver che ora che xe(le esecuzioni capitali venivano ese-guite tra le colonne di mar co e To-daro: dopo la costruzione dellaTorre dell’orologio, dunque, i con-dannati, come ultima cosa, vedeva-no l’ora)

Bibliografia delle opere di Euge-nio Vittoria pubblicate a Veneziacon la sua casa editrice EViDetti Veneziani, ovvero A Venezia sidice ancora così, 1967Antologia della lirica veneziana, 1968

Storia cronologica di Venezia e succes-sione dei Dogi, 1969Le strane pietre di Venezia e curiosità,1969I cavalli di Venezia, 1972Giacomo casanova e gli Inquisitori diStato, 1973Festa della madonna della Salute, 1975Festa del Redentore, 1975Storia di mestre, 1977Il gondoliere e la sua gondola, 1979Festa del carnevale, 1980chiesa di San Giovanni in Bragora,1981 piccolo Dizionario Veneziano-Italiano,1983

curiosando Venezia, 1983

titoli pubblicati sempre a Veneziacon l’Editore Benedetti: Tour Venezia Jesolo (Venezia e dintor-ni), 1973Venezia – palazzo Ducale, 1974

Altri titoli pubblicati come editore:Rinaldo Fulin, Breve sommario di sto-ria veneta, 1963Ugo Facco De Lagarda, morte del -l’im piraperle, 1967Mario Hellmann, Venezia mia, 1970Fortunato Massaro, melodia Vene-ziana, 1981

PER RidURRE l'iNqUiNAmENtO E lE EROSiONi dEllA lAgUNA lE gRANdi NAVi VANNO RicEVUtE iN RiVA Al mARE

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Il gesto di conoscenza odi amicizia che più ri-corre oggi è quello di

stringersi la mano. ci tra-smettiamo così, reciproca-mente, una serie di sensa-zioni e/o sentimenti di rico-noscenza, di stima, di ami-cizia, affetto o altro ancoracon questo semplice e ata-vico gesto che ormai, quasiautomaticamente, compia-mo ogni giorno.

Attraverso la parte termina-le del nostro braccio, nor-malmente il destro, comuni-chiamo anche quello che, di-versamente, sarebbe difficiletrasmettere o segnalare senon con una grande diffi-coltà e qualche volta con uncerto imbarazzo. La mano,quindi, anche in questa cir-costanza interviene in no-stro soccorso, ci aiuta a ri-solvere indirettamenteun’altra serie di problemi oquestioni che esulano forsedalle incombenze naturaliper cui il buon Dio ha volu-to che facesse parte del no-stro corpo.

Per la verità un tempo lemani erano solo uno stru-mento del l’uomo per realiz-zare o costruire. Oggi, sonocertamente poche le situa-zioni in cui, per capacità ecompetenza, possiamo direha le mani d’oro, perché sem-pre più rare sono diventatequelle professionalità comeil falegname, il fabbro, ilmuratore e molti altri, chefanno della manualità laloro fonte di sostentamento.

Il semplice significato eti-mologico della parola manonon può essere, di conse-guenza, relegato a uno steri-le termine anatomico soloperché parte del nostrocorpo. Essa, infatti, può rac-chiudere e interpretare,spiegare, caratterizzare,unire, rafforzare, distrugge-re, costruire e molto altroancora a seconda delle si-tuazioni e circostanze.

Poche altre parole, comemano, possono fregiarsi diquesta peculiarità cama-leontica di essere adoperatein ogni occasione, per ognicircostanza e, lasciatemelodire, di poter fare la diffe-renza in ogni nostra azione,in ogni nostro discorso.

Venire alle mani , darsi lamano , sono, per esempio,due diverse azioni certa-mente di opposto significa-to, di conflittualità nelprimo, di amicizia e vici-nanza nel secondo. Ma lemani possono anche essereper esempio bucate , ossianon capaci di contenere

quello che si è guadagnato,quindi spendere troppo eoltre misura. Possono esseresporche o pulite e qui il dop-pio riferimento all’igiene ealla moralità è chiaro ed evi-dente. Chi non ricorda quelfamoso film Le mani sullacittà di Francesco Rosi,quale denuncia del malaffa-re e della speculazione edili-zia nell’Italia degli anni Ses-santa del Novecento?

Ma la mano può essere an -che tesa, di aiu to, di confor-to. Possiamo mettercela sulcuore, con tutta la sincerità,per cercare di fare del nostromeglio in una qualche parti-colare circostanza. Si puòanche stare però con le maniin mano , ossia senza farenulla e nemmeno cercare difare qualcosa.

È possibile cedere la mano,quindi dare la precedenza,cosa che però non accadetutti i giorni.

Nel gioco delle carte possia-mo passare la mano così comeè possibile acquistare, per

esempio, un’auto nuova o diseconda mano.

Utilizziamo la parola mano omani insomma, attribuendo-le ogni qualvolta un signifi-cato o valore diverso, oppo-sto, contrario. Ed è così che,una mano lava l’altra e tutte edue lavano il viso. Ma la manola possiamo anche calcare fi-nendo, il più delle volte, peravere il risultato opposto. Lemani ce le mettiamo nei capel-l i , usiamo dire, quandosiamo in preda allo sconfor-to o alla disperazione o, inaltri casi, finiamo per mor-derci le mani per questa oquella opportunità noncolta, per pentirci o sfogarela nostra rabbia.

Quante cose ci facciamo conqueste mani, quante cose cidicono, quante cose ci tra-smettono. Le mani possiamometterle avanti per cautelarcie premunirci, possiamoavere la mano pesante, esseretroppo duri, troppo severi.O addirittura le mani inpasta, termine italianissimoper indicare di essere bene

introdotti o avere buone co-noscenze.

Si passa, insomma, da unagrande quantità di cose chepossono fare le nostre mani aimolteplici e svariati significa-ti di questa parola, sia essaadoperata al singolare o alplurale. Per viaggiare leggeriil bagaglio si preferisce a mano,così come, per passeggiare, lofacciamo molto spes so con lapersona amata, mano nellamano. Le mani le alziamoquando dobbiamo menarle o,in segno di resa davanti alnemico. Le mani possiamo la-varcele e non solo affinchésiano pulite, ma anche perscrollarci di dosso responsa-bilità che non vogliamo, cosìcome fece Ponzio Pilato nellastolta decisione di non deci-dere. Le mani possono esseregiunte per pregare, unite perbere l’ac qua alla fonte o chie-dere qualcosa.

Per Michelangelo, nellaCappella Sistina, la Genesinon è altro che il contattotra due mani: quella di Dio equella di Ada mo.

Nelle mani del Capo delloStato giurano il premier e iministri della Repubblica.Nelle mani del Capo delloStato il primo ministro ri-mette il suo mandato.

tutto o quasi tutto accadecon le mani, per le mani o at-traverso le mani . Perfinoquando, compiendo unaazione disonesta, il mariuo-lo viene scoperto in flagran-za, si dice che è stato presocon le mani nel sacco o con lemani nella marmellata. In altricasi, addirittura, dopo chetutto il possibile è stato ar-raffato, ci risulta naturaledire e pensare che è statafatta man bassa.

Ormai la mano, o le mani, lemettiamo dappertutto. Lemettiamo in ogni luogo e inogni dove, meno che intasca. Addirittura sul bus, intram o in vaporetto, luoghinotoriamente affollati, c’èspesso qualcuno che la mano… la fa morta. E quando, co-stretti ad affidarci a qualchestruttura o qualche studiospecializzato per risolvere ipiù disparati problemi, ciaccorgiamo dell’incapacità oinaffidabilità degli stessi,siamo soliti affermare in chemani siamo capitati. È acca-duto poi, recentemente indiretta tV, che un ministrodella Repubblica denuncias-se l’intervento di una mani-na misteriosa che, nottetempo, aveva modificato ilcontenuto di un decretolegge. Inedita ed esclusival’affermazione dello stessoministro giù le mani dal de-creto.

Povera mano, è il caso di di -re, cosa non le facciamo piùfare, dire, interpretare? E pensare che una volta, lamano della nostra amata, do-vevamo chiederla. Oggi nonsi fa più, non si usa più.Oggi la mano si prende e silascia alla velocità della luceper poi magari riprenderneun’altra e lasciare anchequesta con altrettanta faci-lità. Anche quello che era ilpiù grande gesto di galante-ria nei confronti di una si-gnora, il baciamano, sembraessere fuori tempo, fuoriluogo, un gesto al quale nonsiamo più abituati.

Ma di cosa ti vai a occupare,dico sempre a me stesso, so-prattutto quando, presacarta e penna, rendo indele-bili, da bravo amanuense, lemie riflessioni? Cosa volete farci è semprecolpa mia. Il fatto, ormai risa-puto, è che non sono certo iltipo che riesce a stare con lemani in mano. Una dote, però,una sola, dovete riconoscer-mela, ed è quella di essere untipo molto alla mano.

detti e Contraddetti 4 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 inverno 2019

LA MANOdi teodoro Russo

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CittÀ inverno 2019 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 – 5

thEtiSSocietà veneziana con sedeall’Arsenale di Venezia, in Asso-ciazione temporanea di Impre-se (Ati) con la Società Kostrutti-va S.c.p.a., ha ricevuto dal Con-sorzio Venezia Nuova, bracciooperativo del Provveditoratoalle Opere Pubbliche del trive-neto, ex Magistrato alle Acquedi Venezia, il prestigioso incari-co della progettazione funziona-le alla realizzazione delle operedi salvaguardia dell’Insula diSan Marco dalle alte maree.L’attività prevede una primafase di acquisizione dati e dianalisi tecnico-conoscitiva suquanto prodotto in precedenzain merito all’Insula di SanMarco, in relazione anche alprecedente progetto esecutivopredisposto e approvato nelgiugno del 1998. Una secondafase invece prevede la realizza-zione del Progetto di Fattibilitàe infine la terza e ultima fase ri-guarda la redazione del proget-to definitivo. Da segnalare che ilprogetto si avvale anche dellaconsulenza per le parti geotecni-che e idrauliche dell’Universitàdi Padova e per gli aspetti archi-tettonici dell’Università Iuav diVenezia.Un lavoro molto importante maanche delicato, vista la straordi-naria valenza monumentale delsito ove si va a intervenire. I la-vori prenderanno il via nellaprimavera del 2019 e prevedonola messa in sicurezza della Piaz-za San Marco dalle acque altefino alla quota di salvaguardiadi 110 cm sul livello medio ma-rino. Costeranno 20 milioni,circa 30 milioni in meno rispettoal ricordato progetto del 1998elaborato dal Consorzio VeneziaNuova presieduto in quel perio-do da Giovanni Mazzacurati. Ilprogetto, seguito per gli aspettirelativi alla tutela e al restaurodall’arch. Francesco Lanza (the-tis), mentre per gli aspetti idrau-lici dall’ing. Lino Pollastri (Ko-struttiva), prevede, rispetto alprogetto precedente, meno rial-zi e meno interventi di imper-meabilizzazione, e più interven-ti di restauro e ripristino dellavecchia rete fognaria, dei varicunicoli, dove verranno applica-te delle valvole che dovrannoimpedire l’entrata dell’acqua. Un intervento che tiene contodell’esperienza maturata grazieai lavori, diretti anche questi dathetis, presso il nartece dellaBasilica di San Marco, oggi infase avanzata, e che hanno fattoparlare di sé grazie ai ritrova-menti dei due scheletri vicinoalla Porta della Carta lato suddella Basilica. Alla fine di que -st’anno e agli inizi del 2019 ter-minerà la citata fase di studiotecnico-conoscitivo e verrà pre-sentato il progetto definitivo cheandrà in Conferenza dei Serviziper l’approvazione. tutti gli in-terventi avverranno per stralcicon cantieri che occuperannosolo 10 metri quadrati di Piazzaalla volta, per non impattaresulla vita del Cuore Storico diVenezia e sulle diverse attivitàcommerciali che saranno co-munque costantemente in for -mate in merito allo svolgimentodei lavori.

Giannandrea Mencini

APPEllO A TUTTE LE ASSocIAZIoNI pER LA VITA DI VENEZIA

Per VENEZiA e Rialtodi Andrea Vio

Salve a tutti voi, noi operatoridel Mercato di Rialto con diver-se entità associative portiamoavanti un movimento teso a sal-vaguardare la vita stessa di Ve-nezia. Noi lottiamo per Rialto eil suo Mercato, e Rialto come

simbolo della città soffre deimali dello stesso tessuto urba-no: spopolamento, sofferenzadei mestieri tradizionali che co-stituiscono il tessuto vitale econnettivo della città, piccolocommercio, artigianato, man-canza di alloggi per i residenti,esodo delle attività lavorative,mancanza di spazi ai venezianisottratti per esigenze turistiche.

IL TEmpo pER coLTIVARE ILpRopRIo oRTIcELLo È FINITo

Ogni Associazione nel cui ambi-to ci sia la cura, la tutela, la pre-servazione della città e delle tra-dizioni è chiamata a unirsi e for-mare un unico movimento, per-ché la posta in gioco è LA VITASTESSA DI VENEZIA. Voi come entità associative sietel’humus della città, la terra ferti-le su cui far germogliare il futu-ro di Venezia, ognuno con i ca-rismi e le proprie potenzialità.Ognuno di noi vede con i suoiocchi la città che cambia moltovelocemente e il panorama è de-solante: da abitazioni di fami-glia a B&B, da laboratori a takeaway, da negozi di vicinato abazar di chincaglierie, quelloche una volta avveniva in diecianni ora succede in uno. La glo-balizzazione non può e nondeve fagocitare Venezia, perchéVenezia è una città unica almondo con le sue strade d’ac -

qua. La gente si incontra neicam pi e nelle calli, e si raccontal’amore per la città.

VENEXIA XE UN pESSE ERIALTo EL So cUoR E coLSE FERmA VENEXIA moR

MERCATo Di RiAlToPESChERiA (boZZA Di REViSioNE)• Riduzione dei costi delle utenze,Veritas, Enel, spazi acquei per glioperatori del mercato• Trasformazione del prodotto itti-co di mare e laguna, preparazioneguidata e piccola degustazione.(Stesso iter per la parte agricola,

prodotti dei nostri orti, S. Erasmo eisole Treportine ecc.)• Istituzione del museo di Rialto,“Venezia dai suoi albori” • percorso guidato dalla degusta-zione alla visita al museo (bonusper la visita e degustazione al barmuseo-terrazza sul canal Grande)• L’artigianato della città espone almercato di Rialto, visibilità alle atti-vità tradizionali a sostegno del tes-suto artistico e artigianale della città

MiGlioRiE NECESSARiE PER il MERCATo Di RiAlTo• Bagni pubblici, riapertura• Ripristino camminamento, anti-scivolo, barriere architettoniche, ecc.• Istituzione del servizio continuodi pulizia e prelievo rifiuti, durantel’orario di mercato• Viabilità: sensi di transito pertrasportatori e rifornimentiall’esterno dei banchi di vendita• Divieto nell’area di mercato amendicanti molesti, musicisti abu-sivi, DJ set, rave party durantel’orario di vendita• Referente unico per la segnala-zione di danni a strutture e arredidel mercato• organizzazione di feste private se-rali nelle logge: dichiarazione di re-sponsabilità degli organizzatori peril ripristino allo stato originale distrutture e arredi, riordino e puliziasuperfici, pavimentazione e colonne• Nell’ambito del riordino dei ban-chi di frutta e verdura, dovrà esseredata precedenza agli espositori di

prodotti tipici lagunari e tipici deinostri orti• Istituzione di rastrelliere vertica-li all’interno dei banchi, così da evi-tare lo sconfinamento nelle aree dicamminamento clienti• Tendone unico di copertura a tu-tela di clienti e operatori• Tende parietali amovibili (latoriva) a protezione intemperie• Illuminazione adeguata con luciled

MuSEo Di RiAlToPRoPoSTA PRoGETTo• Rivoalto: percorso interattivosugli eventi che hanno dato luogoalla fondazione di Venezia

• Ricostruzione delle dinamiche efasi determinanti dello sviluppo ededificazione concentrica successiva• Storia e percorso delle merci:provenienza, arrivo, trattamenti edestinazioni finali delle tipologiemerceologiche in passaggio a Rialtonella Venezia delle varie epoche• Fondazione area mercato e inte-razione con la città• Il lavoro: tipologie e ruoli, moda-lità e abbigliamento, ecc.• Amministrazione: regolamenti,custodia e mantenimento delle atti-vità dell’area mercatale• Assetto fisico del mercato invarie epoche (cambiamenti)• Edificazione finale (attuale) dellelogge della pescheria• Usi e costumi gastronomici dellevarie epoche, video e dimostrazionidi ricette tipiche tradizionali dellacucina veneziana• Esposizione di materiale fotogra-fico e artistico della storia, fonda-zione, evoluzione dell’area Realtina• Studio morfologico, caratteristi-che e ricostruzioni delle fisionomiedel veneziano tipo (uomo-donna)della Venezia antica in relazione alclima, regime di lavoro e dinami-che di sopravvivenza a cui era sot-toposta la popolazione dell’epoca• Bar e terrazza sul canal Grande,fruizione facilitata a chi acquistanell’area sottostante (bonus)

Operatori del mercato di Rial-to, gruppo 25 Aprile, Venes-sia.com, Venezia è il mio futu-

ro, Viva S. marco, comitato cit-tadini campo Rialto Nuovo eadiacenze

Egr. Sig. raSiamo una comunità di Associa-zioni cittadine a cui sta a cuorela vita di Venezia, ci rivolgiamoa Lei in quanto persona sensibi-le al destino della città.Il tessuto connettivo sta suben-do contraccolpi molto probabil-mente “letali” da una invasioneturistica che sta privando lacittà stessa della linfa vitale po-polare, togliendo alla comunitàgli spazi abitativi, lavorativi eludici indispensabili per la con-tinuità della vita urbana.

Il Mercato di Rialto, cuore pul-sante della città, dopo oltre mil -le anni di storia è in agonia evive solo il riflesso di una tradi-zione che in passato ha raggiun-to vette altissime. Ma Rialtosimbolo stesso di Venezia soffrela stessa malattia della sua città:spopolamento, impoverimentodella trama commerciale, arti-gianale e produttiva, sottrazio-ne di spazi abitativi, lavorativi,culturali per destinarli a uso tu-ristico. tutto ciò senza una re-golamentazione adeguata daparte dell’Amministrazione ren-derà la città come il fantasma disé stessa, un’entità vuota, fago-citata dalla globalizzazione.

mA VENEZIA È ANomALA,NoN RIENTRA IN NESSUNoSTANDARD pREVISTo pER-cHÉ È UNIcA AL moNDo

E un adeguamento ai criteri dellaglobalizzazione decreterebbe lamorte di gran parte del suo tessu-to, poi di tutto il popolo. Ab -biamo bisogno di condividere lelegittime aspirazioni dei cittadiniche vogliono vivere la vita dellacittà con personalità della cultura,comunicazione, spettacolo, musi-ca, mondo associativo, sportivo,associazioni di categoria e tutte leentità sensibili alla vita di Vene-zia, pRImA cHE SIA TRoppoTARDI E cHE ANcHE L’ULTI-mo DI NoI ABBANDoNI VE-NEZIA.

RiCEViAMo E PubbliChiAMo

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dopo la prima puntata (Nexus106) dedicata a marcel Proust,che di Venezia aveva una vene-razione, e di cui molto ha scritto,e dopo la poco conosciuta lette-ra di Francesco Petrarca a Pietroda bologna retore, intorno allavittoria dei veneziani e alle ceri-monie e alle feste che si tennero acausa essa (Nexus 107), ecco laterza proposta: un estratto delsaggio di Francesco carnelutti(Udine 1879-milano 1965), unodei più celebri avvocati penali-sti del suo tempo, richiamato daEnciclopedia storica di Veneziadi giovanni distefano.carnelutti abitava dalle partidi San Polo e si era formato aVenezia. dal 1894 al 1896 stu-diò al liceo marco Foscarini,frequentato al tempo da quasiuna trentina di allievi, dove in-segnavano, tra gli altri, il lati-nista giovanni Zenoni, il lette-rato Angelo tomaselli, lo stori-co Pietro Orsi, il naturalista Et-tore de toni. carnelutti eraanche un finissimo scrittore eil brano proposto è tratto dalsaggio intitolato “Venezia altempo della mia fanciullezza”pubblicato in Storia della ci-viltà veneziana (vol. 8) Venezianel l’unità d’italia, Firenze1962. in questo saggio, dopoaver lamentato che con la finedella Repubblica, Veneziacessò di essere una città-Statoper rimanere soltanto città,perdendo anche quella regalitàche possedeva, l’Autore invitaa ricordare il passato perché diquello si possono ritrovaregermi nel futuro. Poi raccontala sua giovinezza a Venezia traOttocento e Novecento.

«Il primo degli aspetti del qual-cosa che non c’è più, a Veneziaè un aspetto fisico: il silenzio. Ilquale [...] non è il segno dellamorte, ma il segno della vita[...]. Il rumore delle città moder-ne procede dal veicolo. Il veico-lo di allora, a Venezia, era sol-tanto la barca a remi. C’erano,bensì, i vaporini sul CanalGran de; ma lenti e radi, conquel tanto di rumore, che valevaa punteggiare il silenzio, ditanto in tanto. Il silenzio di Ve-nezia era un incanto. Quantaparte ha avuto questo silenzionei miei anni giovanili! [...] Lebarche scivolavano tacite el’acqua, per il tuffo del remo,

appena si moveva. Perfino inCanal Grande quel moto lievecarezzava le case anzi che leschiaffeggiasse. Il silenzio di Ve-nezia era custodito dalla circo-stante laguna, attraverso laquale solo il ponte della ferroviaallacciava, come un cordoneombelicale, la città incantata allaterraferma. Le isole del -l’estuario, con l’eccezione diMurano e di Burano, eranocampagna. Al Lido cominciavauna vita balneare, limitata ai ve-neziani e a qualche provinciale.Mestre era poco più che un vil-laggio, al quale si arrivava, senon con la ferrovia, con un va-porino, e poi, da San Giuliano,con un tram a cavalli. PortoMarghera non esisteva. La viaverso Padova, per chi non ci an-dava col treno, era ancora quel-la, che percorrevano i nostrivecchi in burchiello: una carreg-giabile di fianco al canale [...].Ora in quel silenzio e in quellacintura [...] di quella Venezia, laquale non è più, purtroppo, laVenezia di og gi, non rumorosa,certo, come Roma o Milano, maormai turbata, soprattutto nel

suo cuore, che è il Canal Gran-de, dal rombo dei motori e, delresto, anche nelle sue calli daltumulto dei forestieri, almenonella bella stagione. Perché nelsilenzio sta il segreto della co-municazione tra uomo e uomo eVenezia era allora e comincia anon essere più oggi, la città piùcomunicativa, che io abbia maiconosciuta.«Piuttosto che la negazionedella parola, il silenzio è l’atmo-sfera senza la quale la parolanon può respirare [...] Purtrop-po nell’ambiente fisico dellecittà moderne la parola è soffo-cata dal rumore. La stessa musi-calità del popolo veneziano ècondizionata dal silenzio, poi-ché i suoni non fanno che conte-nere il silenzio, nel quale tutti sifondono come i colori nella luce[...]. Oggi Venezia comincia asentir battere il ritmo possentedi Porto Marghera, le calli rigur-gitano di turisti durante la sta-gione, le carovane si moltiplica-no su e giù per il Canal Grande,ma le gondole non hanno più ilfelze né le donne lo scialle, chene suggellava la bellezza.»

Più avanti Carnelutti scrive cheil commercio soffriva per laconcorrenza di trieste, che ilturismo ancora non esisteva aparte una élite di forestieri, so-prattutto inglesi. Gli impiantiindustriali privati si contavanosulle dita: il Cotonificio Vene-ziano, la fabbrica di Conterie aMurano, mentre lo Stato impie-gava ma no d’o pe ra maschileall’Arsenale e mano d’operafemminile al la Fabbrica dei ta-bacchi. L’artigianato era fioren-te: vetri artistici a Murano,merletti a Burano, costruttori digondole in più squeri. C’eranoallora tre quotidiani e per unbreve tempo quattro e un setti-manale: la Difesa, giornale cat-tolico diretto da Domenico Sac-cardo; la Gazzetta di Venezia,conservatore, con FerruccioMacola e poi con Felice Caval-lotti; il Giornale di Venezia, gui-dato da Luciano Zuccoli;l’Adriatico, diretto da Sebastia-no tecchio; il Secolo nuovo, set-timanale socialista diretto daMarangoni. Carnelutti accenna poi al fattostraordinario, che, nato come

fatto locale, assunse caratterenazionale: in Laguna c’era unagrande vitalità dell’azione poli-tica e i cattolici finirono per en-trare in quella minore attivitàpolitica che è l’amministrazionedel Comune e della Provincia.In questa operazione la figuradominante era quella del pa-triarca di Venezia, poi Pio X,c’erano pure personaggi di altis-sima statura, come il conte Pa-ganuzzi e l’avvocato tagliapie-tra, i quali con il giornalista Sac-cardo guidavano l’estrema de-stra che si chiamava allora parti-to clericale; accanto a loro alcentro destra altri uomini saggialla testa dei quali stavano l’av-vocato Ettore Sorger e il patrizioFilippo Grimani. Fu attraversol’alleanza di queste due correntidella destra che si realizzò l’en-trata dei cattolici nell’ammini-strazione del Comune e dellaProvincia; e con questa la costi-tuzione di una destra che potéequilibrare la sinistra rappre-sentata dal partito radicale e chenelle sue fila aveva nomi insignicome Riccardo Selvatico, Gio-vanni Bordiga, Prospero Ascoli,Renato Manzato. Lo schiera-mento allora era all’inglese, fon-dato sulla dialettica tra progres-so e conservazione.Parlando della vita intellettualedel tempo, Francesco Carnelutticita il commediografo GiacintoGallina e il suo maggiore inter-prete Ferruccio Benini, cita Et-tore tito per aver affrescato ilsoffitto della Chiesa dei Scalzi,Riccardo Selvatico e Attilio Sar-fatti per le loro poesie, le ora-zioni di Fradeletto e del Mol-menti, due grandi avvocaticome Leopoldo Bizio e AdrianoDiena, un architetto, Luigi Ma-rangoni. Infine ci regala unanota di colore, ci dice che al Flo-rian si riunivano i letterati, Ric-cardo Selvatico, Pompeo Mol-menti, Giuseppe Bordiga, Anto-nio Fradeletto e, paulo minores,Nando Calzavara o Pep pe Luz-zatto. Il cenacolo dei pittoriaveva invece il suo centro alCaffè del Campo Santa Marghe-rita con l’eccezione di Alessan-dro Milesi, che preferiva il Flo-rian. A Santa Margherita dun-que i pittori, ma anche il vec-chio Martini, il medico CesareMusatti, l’anatomo-patologoGiuseppe Jona.

Pagine memorabili su Venezia – 3CittÀ

6 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 inverno 2019

A proposito dell’articolo “Scri-vere in veneziano, proposte peruna grafia comune” di Sergiochieregato, apparso su Nexusn. 106. Quaderno n. 16, ricevia-mo e volentieri pubblichiamola lettera di gianluigi Belloni.

Al Sig. Direttore della rivista Nexus

Ho letto con particolare interes-se l’articolo pubblicato sul n. 16della rivista Nexus, dal titolo“Scrivere in veneziano”. Plaudoall’iniziativa culturalmente inte-ressante ed approfitto per ini-ziare un dialogo che ritengo co-struttivo esprimendo alcune os-servazioni.La lingua italiana si evolve neltempo; ci sono vocaboli in disu-so, altri dimenticati, altri ancorasostituiti da nuovi lemmi chemeglio esprimono un dato con-cetto. Ciò che non muta sono i

simboli, i suoni e la punteggia-tura.Leggo nell’articolo citato che laparola Venezia non va scrittacon la doppia s. Forse ciò è giu-stificato dal punto di vista este-tico, ma il suono lo richiedereb-be; questo lo considero nonesatto poiché la s tra due vocaliva letta con pronuncia dolce,cioè col suono di “casa”, “vaso”,“camisa”. Forse sarebbe megliousare la x, ma anche in questocaso ci sarebbe un errore: nellaseconda e nella terza personasingolare presente del verbo“essere” troviamo una x conaltro suono, quello di “zogia”,“zogar”, “zente”, quindi non èpossibile che uno steso carattereabbia suoni diversi. Riterrei piùappropriato usare la x per Ve-nexia, maurixio, Letixia, ecc. e laz per il verbo essere (ti ti ze, lu elze, lori i ze) come usa Goldonidando voce a Gasparina nellacommedia Il campiello.

Per quanto riguarda la correttascrittura della parola “schiona”ed altre simili, eliminerei l’usodel trattino perché divide la pa-rola in due tronconi. Altri vor-rebbero usare l’apostrofo, maquesto segno toglie e si sostitui-sce a ciò che ha già tolto, ma quinon c’è nulla da togliere e nullada aggiungere. Qualche esem-pio: ca(sa) Dario, ca(sa) Farsetti,un po(co), a mo(do), la primaguerra mondiale (19)15-(19)18.Poporrei quindi di rispettareBoerio, Contarini, Nalin e so-prattutto Goldoni.

Per quanto riguarda il trattinosulla lettera l sono d’accordo,ma ciò si può realizzare solo sucomponimenti scritti a mano,non su quelli a stampa [macchi-na da scrivere ndr].

Distinti saluti

PERChÉVolANo i TAPPETi…

Questo è il titolo della mostra Verdeaqua alla Galleria delle Cornici, aconclusione del suo lavoro di ricerca creativa guidato dall’artistaAnna Moro-Lin.

Il tema del tappeto, connotato da orientali fantasie – il tappetovolante – prezioso, ricchissimo di rimandi storico-etnografici, offreinnumerevoli stimoli.

Innanzitutto, l’ambiguità linguistica contenuta nel titolo – do-manda o affermazione? – rivela la dimensione immaginativa e lu-dica del progetto: creare il proprio tappeto volante, mez zo metafo-rico di conoscenza di mondi lontani, e preconizza la varietà delleinterpretazioni e delle proposte espressive.

Definiti gli aspetti formali fondamentali delle opere: dimensionie proporzioni, qualità del supporto (collage di alcuni strati di cartae/o di garza), si procede all’organizzazione dei significati all’inter-no di cornici. Come nei tappeti tradizionali carichi di simboli, disegni referenziali e di disegni evocatori di storie, si “tramano” rac-conti personali o fiabe e persino visioni cosmologiche.

Vettore veloce, il tappeto ha spinto ognuno dei partecipantiverso un fantastico viaggio in spazi sconosciuti, la cui avventurapersonalizzata e fantasiosa risiede nella trama dei lavori esposti.

Yolande thierry

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chi APRE E chi chiUdE Al liDo APRE bluE DRoP

chi non ricorda l'eleganza dell'agen-zia Trident proprio all’ingresso delGran Viale S.m. Elisabetta del Lido?per moltissimi anni è stata l'agenziaviaggi di riferimento per molti Li-densi e non solo. Era nata dall'ideadel compianto dr. Renzo polacco che,insieme alla moglie Itala, la figlia ealcune dipendenti, la gestiva offrendouna pluralità di servizi che oggi, gra-zie a internet, riusciamo ad assicu-rarci autonomamente. Ed è così che,dopo un periodo di chiusura, la figlia

Barbara ha deciso di convertire l'a-zienda in un luogo di degustazionedi caffè, drink e ristorazione all'inse-gna del genuinità, della freschezzadei prodotti, dell'eleganza e dell'otti-mo rapporto qualità-prezzo.Aperto fino a tarda ora, è un luogoideale in cui trascorrere una piacevo-le serata in compagnia, ma anche pergustare primizie e prelibatezze diuna cucina semplice e allo stessotem po esclusiva e altisonante.Le ampie vetrate consentono di gode-re degli imperdibili tramonti sullaLaguna e la cortesia del personale in-voglia a soffermarsi per gustare quel-l'atmosfera semplice ma raffinata pergusto e calore umano.Blue Drop quindi, goccia blu, questoil nome di questo nuovo posto magi-co da non perdere e dove non è possi-bile non entrare.

nero lavaGnainverno 2019 neXus – 108 — Quaderno n. 18 – 7

Corte Muazzo si trova a Castello. Dalcentro della corte si possono ammira-re alcune tra le case più alte di Vene-zia, un po’ come nel Ghetto e, cosa cu-riosa, il palazzo che vediamo di fron-te a noi, una volta entrati nella corte,ha 4 piani, mentre il suo omologo sul-la sinistra ne ha ben 8 !I Muazzo, da cui il nome della corte edella calle, erano una antica famigliaproveniente da torcello, assunta alpatriziato con la Serrata del MaggiorConsiglio, ebbe un senatore e un pro-curatore (Anzollo Muazzo), eletto il 7gennaio 1323. Presente in MC nel1797, la famiglia risulta oggi estinta.L’antico capitello si trova sulla colon-na centrale situata alla fine del soto-portego da cui si accede in corte: è or-nato con foglie e teste di arieti, deiquali nella notte dei tempi si sono per-se le corna arrotolate. Per secoli la suaprovenienza è rimasta ignota, e si so-no fatte le più diverse congetture e da-tazioni, ma ora credo di essere riusci-to a svelare il mistero.Durante una recente visita al MuseoArcivescovile di Ravenna, infatti, misono trovato di fronte a 4 capitelli bi-zantini del VI secolo quasi identici aquello di Corte Muazzo! Ho chiesto lumi al dott. Filippo trerédell’Opera di Religione dell’Arcidio-cesi di Ravenna, il quale mi ha infor-mato che due di essi, i più simili al no-stro, provengono dalla Chiesa di SanMarco, gli altri provengono da Man-tova e da Sant’Apollinare in Classe.Di quale Chiesa di San Marco sto par-lando? Non della Basilica di San Mar-co, bensì della chiesa fatta costruiredai Veneziani a Ravenna. Sotto il do-gado di Francesco Foscari, infatti, Ve-nezia conquista Ravenna nel 1441 e,durante il dominio di Venezia sullacittà adriatica, già molto nota ai tempidei Romani perché l’imperatore Cesa-re Ottaviano Augusto dislocò qui laflotta militare dell’Alto Adriatico, iVe neziani costruirono vari palazzi,oltre alla Rocca Brancaleone (dal no-me dell’architetto che la disegnò), al -l’ingresso della quale si può ancoraammirare il leone alato. La Chiesa diSan Marco di Ravenna venne edifica-ta nel 1491, accanto alla preesistenteChiesa di San Sebastiano, nell’attualePiazza del Popolo. Entrambe le chie-se, poi sconsacrate, furono demolitenel 1925. La decorazione a foglie allabase dei capitelli e gli arieti agli ango-li sono praticamente identici se con-frontiamo gli esemplari esposti alMuseo Arcivescovile di Ravenna, equello misterioso di Corte Muazzo aVenezia, al punto che sembrano pro-

prio provenire dalla stessa mano.Alla luce di quanto visto, è facile sup-porre che, alla fine del XV secolo, du-rante i lavori di costruzione dellachiesa a Ravenna, un capitello abbiapreso la strada verso Venezia, finen-do dove lo possiamo ammirare ora.Sarebbe interessante anche sapere dadove avessero origine i capitelli cheora si trovano nel Museo Arcivescovi-le di Ravenna, prima che venisseroriutilizzati come materiale di recupe-ro per la Chiesa di San Marco, inquanto dalla data presunta della lorofabbricazione (VI sec.) a quando ven-nero posti nella Chiesa di San Marcodi Ravenna passano ben 8 secoli! Di seguito la risposta, esaustiva e in-teressantissima, del dott. treré:

Gentile sig. marc,in merito ai quattro capitelli (V-VI sec.)conservati nel museo Arcivescovile diRavenna, le confermo che tali sculturepresentano quattro diverse provenienze.I primi due capitelli provengono dallasoppressa chiesa di San marco in piazzadel popolo. per l’archeologa paola Nova-ra, in un suo documentato volume sullacattedrale di Ravenna, in base ad un ap-punto dello studioso odoardo Gardella, sirende noto che un capitello fu trasferitonegli anni 1836-38 per volontà dell’arci-vescovo chiarissimo Falconieri dall’ex

chiesa di San marco all’Arcivescovado. Ilsecondo capitello fu poi ceduto al museoNazionale. Un terzo fu trovato negli sca-vi di Sant’Apollinare in classe e l’ultimoproviene dal museo di mantova. Sempresecondo le indagini di paola Novara, do-po l’inventario del museo Arcivescoviledel 1931 sappiamo che i quattro capitellierano tutti nel museo Arcivescovile. Ri-sale proprio a quel periodo la proposta del -l’insigne cultore di archeologia ravennatecorrado Ricci, sulla scorta di  un’anticadescrizione dello storico ravennate Giro-lamo Rossi (1606), di attribuire i quattrocapitelli al primitivo arredo architettonicodella Basilica Ursiana (la prima cattedra-le di Ravenna). Ed è sempre lo studioso ra-vennate, grazie alle sue ricerche, che riu -scì a risalire all’origine ravennate anchedel capitello di mantova. Esso era statovenduto negli anni 1778-83 dal cardinalelegato a Ravenna Luigi Valenti Gonzaga.Allo stato attuale delle ricerche, come avràanche letto nel pannello che spiega la saladei capitelli nel museo, la proposta di cor-rado Ricci è stata messa in discussione.proprio per l’eterogenea origine dei quat-tro manufatti.per quanto riguarda la storia della chiesadi San marco essa fu costruita dal gover-no veneziano nel 1491, ristrutturando ac-canto quella più antica di San Ruffillo (poiSan Sebastiano risalente al X sec.). Le duechiese erano unite da un portico interno di

passaggio. Nel 1785 l’architetto ravenna-te camillo morigia ne modificò la primi-tiva facciata in stile lombardesco (forseproprio progettata da pietro Lombardo)con un disegno neoclassico. Dopo l’inva-sione napoleonica la chiesa, assieme aquella di San Sebastiano, fu sconsacrata enel tempo adibita a vari usi (dogana, mer - cato del pollame, cinema, spaccio di ge nerialimentari). Le confermo che nel 1925 idue edifici furono demoliti. Si salvò solo lafacciata morigiana inglobata in un nuovopalazzo adibito a casa del Fascio e in se-guito a banca. Purtroppo non è possibile stabilireda quale fabbrica provenissero origi-nariamente i due capitelli di SanMarco. Lo stesso problema archeologico è adesempio riscontrabile nei capitelli che so-stengono, sempre in piazza del popolo, ilvicino palazzo del podestà veneziano ter-minato nel 1463. Essi presentano un mo-nogramma di Teoderico. Alcuni studiosipensano che tali capitelli provengano dauna chiesa di età ostrogota ora scomparsa(Sant’Andrea dei Goti). ma quello che voglio dirle è questo: la tra-dizione del reimpiego di edifici bizantiniin età veneziana rientrava nella Serenis-sima come a Ravenna in un mirato pro-getto politico e culturale di  Instauratiourbis, cioè di rinnovo e deciso legame conl’eredità bizantina delle due città. A tal fi-ne oltre alle pagine dal volume di paolaNovara aggiungo anche due saggi dellostudioso Vincenzo Fontana sull’intrecciofra il Rinascimento veneziano e Ravennacon il loro passato bizantino e medievale.

Bibliografia essenziale:- W. BENDAZZI, R. RICCI, Ravenna. mosai-ci, arte, storia, archeologia, monumenti, mu-sei, Ravenna 1987, pp. 80-81, 162;- V. FONtANA, De instauratione Urbis Ra-vennae. Architettura e urbanistica durante ladominazione veneziana, in Ravenna in età ve-neziana, atti del convegno di studi, a curadi D. Bolognesi, Ravenna 1986, pp. 295-304 (particolarm. pp. 295-298) (allego quianche il suo articolo Architetture adriatichedel rinascimento. Ravenna e Venezia);- M. MAZZOttI, San Sebastiano e San mar-co, in Itinerari della Sacra Visita. chiese diRavenna scomparse, a cura di G. Rabotti,Ravenna 2003, pp. 236-237;- P. NOVARA, La cattedrale di Ravenna. Sto-ria e archeologia, Ravenna 1997, pp. 70-78(particolarmente pp. 72, 74) (con tutta labibliografia precedente);-  P. NOVARA, in Le collezioni del museoArcivescovile di Ravenna, a cura dell’Ope-ra di Religione della Diocesi di Ravenna,Ravenna 2011, pp. 99-100;- C. RICCI, Guida di Ravenna, VI ed., Ra-venna 1923, pp. 15, 47;- C. RICCI, L’antico duomo di Ravenna, “Fe-lix Ravenna”, n.s., II, 1, XXXVII (1931),pp. 16-28.

RiCEViAMo E PubbliChiAMo

il CANAlE MAlEDETToPRoblEMA Di VENEZiA È confermato da studi scientifici che lacausa principale dell’acqua alta a Veneziaè il canale dei petroli, modificato per ope-ra dell’uomo nel 1960: il suo tracciato di-ventò da sinuoso a rettilineo: si praticò,nel cuore della Laguna un profondo tagliocesareo per portare il petrolio direttamen-te alle industrie di marghera, ma si portòanche un braccio di mare in Laguna.Il canale è diventato diverso da tutti gli al-tri canali lagunari che sono sinuosi comeli vuole l’ambiente che li crea poco profon-di. Esso è la causa principale delle mag-giori frequenze e altezze della marea. Bi-sogna riportarlo al suo originario livello,come detta la Legge Speciale: lo stesso li-vello delle altre bocche di Lido e chioggia. Lo scavo del canale maledetto (portato da7 m di profondità a 12), ha stravolto il de-licato equilibrio idraulico perché la mareaentra dalla Bocca di malamocco con mag-gior potenza che dalle altre due.Già nel 1968 ciò si era rilevato dannosoalla Laguna. E la perizia di Supino,idraulico di fama internazionale, mai re-sa pubblica, consegnata al comitatone emessa all’ordine del giorno nella sedutadel 9 luglio 1970 a ca’ Giustinian, fusemplicemente ignorata e messa nel di-menticatoio. Supino (interpellato dalloStato) dichiarava allora: “l’approfon-dimento del canale ha prodotto lospostamento dello spartiacque ver-so San Marco e aumentato la quan-tità d’acqua e velocità di corrente suquesto bacino vicinissimo alla ba-silica che per prima viene sommersa(milioni di metri cubi ad ogni in-gresso di marea) differentementedalle altre due bocche dove entrasempre la stessa quantità d’acqua.” Altri moniti, contrari agli scavi, si alza-rono da importanti studiosi della Laguna,fra i quali D’Alpaos, ordinario di Idrauli-ca all’Università di padova, uno dei mas-simi esperti il quale dice: “Si sta distrug-gendo la laguna” e conferma che “biso-gna fare qualcosa in direzione contra-ria a quanto si è sempre fatto.”Italia Nostra, con la presidente nazionalemaria Rita Signorini, ha rivolto un ap-pello ai ministri competenti, Toninelli(Infrastrutture), costa (Ambiente), Boni-soli (Beni culturali) chiedendo di sospen-dere la decisione di mettere delle scoglierenel canale dei petroli, sostenendo: “oc-corre cambiare rotta e incidere sullecause dello squilibrio e delle acqueal te in laguna. Chiediamo che si con-vochi al più presto un grande conve-gno scientifico per discutere tuttoquesto in modo trasparente”.La Serenissima ha drasticamente difesola Laguna con le ferree leggi emanate daDogi e magistrati scolpite sulla pietra eha deviato il corso di tre fiumi, per assi-curare a Venezia la sua sopravvivenza.In questi ultimi anni, invece, si è soloprovveduto a scavare canali sconvol-gendo il prezioso equilibrio creato dallasaggezza dei Savi, capolavoro che haretto per secoli. Tuttora si continua ot-tusamente a proporre modifiche al deli-cato ambiente in cui viviamo, aggra-vando l’errore anziché eliminarlo comeindicato dagli “indirizzi governativi”della Legge Speciale per Venezia.L’ultima mareggiata ci ha dimostrato che,con un’altezza dichiarata di 1,56 m – siapure più modesta rispetto a quella del1966 – l’acqua alta ha raggiunto l’am-piezza e violenza di allora, coprendo qua-si tutta la città, invadendo anche il Lido,le isole e zone limitrofe della gronda lagu-nare. Dopo 52 anni Venezia è ancora“sotto l’onda di sessa”. Davanti a questamortificante realtà, constatiamo che sicontinuano a chiedere lavori di sviluppoportuale per assicurare “un porto supercrocieristico” in Laguna: questo è un as-surdo. L’avidità di pochi speculatori statrasformando la Laguna in un piccolo ma-re. “Ancora una volta, non è VENE-ZiA che si pensa di salvaguardare,ma precisi interessi di chi sfruttal’ambiente a proprio uso e consumo”.Al contrario, in tutto il mondo i porti daibassi fondali hanno spostato le GRANDINAVI in mare, fuori dalle loro lagune.

Yvonne Girardello

Piccoli ma reali e non inventati misteri venezianiil miStERiOSO cAPitEllO di cORtE mUAZZO

di Marc De Tollenaere

PERchÉ il REdditO dicittAdiNANZA È UmANi-tARiO E SOPRAttUttOgENiAlE ?

È giusto che l’Italia salvi i migrantiin mare? È giusto e sacrosanto.

È giusto che l’Italia porti i migrantia terra, offra loro un tetto e li sfami?È giusto e sacrosanto.

Quanto costa questa operazione di sal-vataggio e mantenimento? Non losappiamo di preciso, sappiamo peròche per ogni migrante l’Italia, cosìscrivono i giornali, assicura l’esborsodi 35 euro al giorno per migrante perun totale di 1.050 euro al mese. Quin-di un povero migrante, a parte le spesedi salvataggio e trasporto al sicuro,com’è giusto e sacrosanto, costaall’Italia 1.050 euro al mese.Se tutto questo è giusto e sacrosanto, elo è, sarà anche giusto dare un tetto esfamare i poveri italiani, che un tettosotto cui ripararsi non ce l’hanno, eche non riescono a sbarcare il lunario?Ecco allora che l’Italia, come le altrena zioni civili, sembra decisa a varareil così detto Reddito di cittadinanza,che non arriva ai 1.050 euro stabiliti

per i migranti, ma ad appena 780 eu roo forse meno. ci sarebbe da obiettareche c’è una bella differenza di tratta-mento tra poveri migranti e poveriitaliani, ma non è questo il punto chequi si vuole argomentare. Qui si vuolesostenere che il Reddito di cittadinan-za è, per l’economia italiana, geniale.Il Reddito di cittadinanza è, come di-cono alcuni esperti purtroppo pocoascoltati, un intervento umanitario inprimis, ma soprattutto una sorta dishock economico per il paese. Il governo vuole assegnare il Redditodi cittadinanza a chi perde il lavoro, achi è senza lavoro, a chi cerca un lavo-ro: è un reddito che mira a dare di-gnità perché il lavoro è fondamentaleper la dignità della donna e dell’uomo.che poi ne possano beneficiare anche ifannulloni, gli imbroglioni e i delin-quenti, poco importa: intanto quelreddito garantisce un vitto a chi è po-vero in canna, cosa quindi giusta e sa-crosanta, ma la genialità sta nel fattoche il governo immette nel mercatonazionale 7 miliardi, che vengonospesi dai poveri italiani e che sonotutti incassati dalle imprese, le qualibeneficiando dell’aumento straordina-rio della domanda, devono mantenerealta l’offerta e per farlo devono assu-mere più lavoratori! (gidi)

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Le isole dei mari si sono semprecontraddistinte per la predisposizio-ne naturale a creare il proprio tipicoe riconoscibile paesaggio edificato.Attente al limite e all’equilibrio peresprimere una visione estetica. perle isole, il limite tra terra e acquanon è solo un limite morfologico egeografico al quale rapportarsi. Di-venta parte insita culturale ed eco-logica. Il mare è assieme il luogoprivilegiato di una naturale predi-sposizione al “confronto”, a scopri-re l’ignoto oltre la percezione visiva,una proiezione spontanea versol’esterno in un un orizzonte altro.Questa predisposizione naturale sitraduce in un riconoscibile paesag-gio. Questo paesaggio però non èsolo espressione di disegno di archi-tetti, in un’isola diventa l’essenza ela funzione a prevalere sull’espres-sione formale, un valore quindi piùessenziale e spontaneo.Bernard Rudosfky coniava il termi-ne inglese “non-pedigree architec-ture” cioè architettura spontanea,ossia quelle forme e architetture cheben appartengono all’attività arcai-ca e primaria dell’uomo. creare unrifugio, un riparo con materiali ti-picamente autoctoni della zona,spesso poveri, in molti casi di recu-pero e senza che vi sia appunto,l’aiuto del disegno degli architetti.paul olivier, storico dell’architet-tura inglese, nell’opera “The Ency-clopedia of Vernacular Architectu-re of the World” scrive: “L’archi-tettura vernacolare si può definirecome il linguaggio architettonicodelle persone, composto da dialettietnici, regionali e locali.” Aggiun-gerei, niente di più vero.A dimostrazione di questo assunto,nei luoghi marittimi e familiari dellegenti lagunari la costruzione si èespressa con forme povere. È’ suc-cesso ai “murazzi” del Lido di Ve-nezia, dove si possono ammirare al-cuni esercizi di architettura sponta-nei, anonimi ed effimeri, per questovernacolari, dell’umano costruire.L’impronta di questa architetturaspontanea diventa così archetipo. Ilgesto manuale di creare uno spazioa propria dimensione, per ripararsi,coprirsi, dall’esterno e dagli eventiatmosferici naturali. Una spintasensibile verso l’antropsichico comelo definirebbe il vocabolario dellapsicoanalisi, simile alla caverna cheproteggeva l’uomo preistorico dallepaure estreme, il riparo primario delriposo, accanto al calore del fuoco.In altre parole, oggi, la nostra se-

conda pelle come lo definisce la“bioarchitettura”, cioè l’esigenza diriunirsi al significato primarioprofondo che l’uomo ha nel rappor-to tra natura e spazio antropico.Tutte definizioni che perimetrano ilgesto di costruire il nostro habitatvicino. L’architettura vernacolarepoi mette in rilievo le forme essen-ziali che sono sempre legate al dia-logo col paesaggio e che si ispiranoall’ambiente circostante. Fin daquando l’uomo era forzato a usarerisorse e materie naturali circo-scritte, questo processo si sviluppanei millenni e si affina con le formein armonia attorno lui.Non a caso l’igloo dell’artico, cioèla sintesi applicata in un ambienteestremo, rappresenta forse l’equili-brio perfetto di questo gesto arcai-co, consapevole ed esperto.A seconda della geografia l’eserci-zio costruttivo composto dai mate-riali autoctoni, ha in vari modi det-tato la forma. La roccia, il sasso,l’argilla cruda, il legno, i canneti,la paglia sono stati i materiali na-turali assemblati che hanno decisol’architettura, sempre dettata da ra-gioni pratiche più o meno duraturaa seconda del clima e dell’esperien-za manuale.Il tepee delle nazioni dei nativi delnord America, un altro esempio didimora che contiene una caratteri-stica di precarietà propria del no-madismo, in rapporto permanente ein armonia con la diversa naturadell’ambiente. Una dimora che sitrasporta e segue a presso. L’essen-ziale leggerezza diventa il fonda-mento del disegno per rimanere inarmonia col luogo che si abita.

L’isola del Lido di Venezia, mag-giore litorale e spartiacque tra maree Laguna, ha avuto una storia edili-zia oggetto di interventi massiccid’ingegneria civile per la protezio-ne dalle acque del mare. come ripa-rarsi e proteggersi dal mare, reiteraquel gesto primordiale dell’uomo edè tradotto con alcune connotazioniformali più recenti.I così detti “murazzi” – la diga disassi di pietra d’Istria – furono larisposta, verso la fine della Repub-blica Serenissima, non solo all’ero-sione dei litorali in particolare delLido, ma anche di tutto l’arco a sude a nord dell’isola. Si costituironoper fasi successive proprio per il ri-spetto e l’attenzione alla gradua-lità, all’esperimento e alla reversibi-lità. principi antichi ma di illumi-

nante concezione, validi oggi comeallora data la loro lunga previsione.più recente, ortogonalmente ai“murazzi”, fu la sequenza di petti-ni di cemento proiettati verso ilmare per mantenere costanti i livel-li di basso fondale e circondati aprotezione con scogli in pietra.L’isola del Lido si è per decenniprestata a luogo privilegiato di vil-leggiatura. come sia evoluto questoluogo lo si capisce anche dalla pre-senza spontanea dell’uomo, che loha gradualmente occupato in modoprovvisorio e stagionale special-mente nel periodo estivo.Sopra ai “murazzi” o in questi pet-tini a difesa sono timidamente ap-parse alcune architetture sponta-nee, incerte ed effimere, fatte con imateriali provenienti dal mare. Laforma di quest’architettura verna-colare e spontanea disegna e ag-giunge un valore a questo spazio li-mitrofo di aggregazione, di svago epassa tempo, di intimo diletto e diosservazione privilegiata del pae-saggio marino. I materiali di cui ècomposta quest’architettura desti-nata a disfarsi, si armonizza e dia-loga con l’ambiente circostante. Faparte delle forme d’ispirazione no-made, provvisorie, estemporanee,che poi scompaiono per poi ricrearsia seconda delle stagioni dei luoghi edegli usi.potremmo dire che il fattore clima-tico ambientale aiuti questo spon-taneo esercizio creativo. I materialileggeri provenienti dal mare, recu-perati e fissati tra gli scogli, hannodato vita a forme e acuito l’eserci-zio con una giusta sensibilità for-male. I canneti retrostanti alladiga sono diventati la materia pri-maria naturale usata per la lorocopertura.c’è una armonia delle forme essen-ziali che si affina, alcuni dettaglicome i gradini, accuratamente stu-diati per salire facilmente sopra imassi. c’è stato anche il bisogno diqualche ulteriore studio e artificioper la loro messa a punto, a voltecon l’aiuto di materiale ricavato damateriali da pesca o reti sintetiche,abbandonate e di scarto, trovate neiparaggi.L’incastro degli elementi verticaliportanti, il più delle volte ricavatida fusti d’alberi alla deriva, si acco-sta a tavole orizzontali o rami elegni essiccati dal sole e poi levigatidal vento formando il piano di cal-pestio.La limitatezza e povertà di questimateriali ha spinto l’ingegno dipiccole strutture suggerendo laforma di rudimentali ponti, conce-piti come piccoli passaggi per oltre-passare più agevolmente in sicurez-za i grandi massi irregolari. Non èmancata qualche piccola opera incemento e ghiaia per solidificare lastruttura. Nei casi in cui si è potu-to adoperare più spazio nel retrodei “murazzi” l’immaginazione siè spinta nella costruzione di giochiper i più piccoli o fino alla messa apunto di un campo da gioco dellebocce, con il terreno fatto di conchi-glie recuperate. Non manca l’abbel-limento con piante spontanee rac-colte per affinare l’arredo.

Varie terrazze belvedere a mare la-sciano piena libertà ai costruttori inuna competizione di interessantebricolage. Si formano così piccoliluoghi privilegiati dove poter con-templare il paesaggio, il rumore del -le onde, il sole nel suo mutevole pas-saggio giornaliero, intravedendo dispalle alla sera il calare del tramontotra i canneti. Forme a struttura pre-caria, che con l’arrivo di eventi at-

mosferici eccezionali o in presenzadi mareggiate accompagnate da fortiventi a volte non regge la forza delleonde che la sovrasta, mettendola de-finitivamente in crisi.Una rottura che determina spesso ouna demolizione definitiva ritor-nando all’integro paesaggio origi-nale o un ripristino o forse un nuo -vo disegno. Tutto ciò collabora coldelicato equilibrio ecologico delluogo.Questo spontaneo livello costrutti-vo rimane l’esercizio antropologicoche l’uomo ha da sempre cercato diesprimere con modi e con forme di-verse tra loro. Il recupero dei mate-riali ci riconduce all’essenza di unalibertà costruttiva. Lavorare con lepoche disponibilità acuisce lo spiritoe diversifica e arricchisce le soluzio-ni formali. L’introduzione limitatadel colore a volte esprime una vo-lontà artistica interpretativa del -l’artificio. Queste architetture spon-tanee in alcuni ca si raggiungonoottimi gradi di raffinatezza costrut-tiva con una attenzione alle lineesemplici primitive curve, dandosfogo a un minimalismo quasi zen.Questi esempi esprimono in sé informa più semplice, o in forma piùarticolata, una dichiarata necessitàdi occupare lo spazio e modificarloa proprio uso. Forme spontanee di-ventano luoghi di aggregazione e illoro uso trasforma il linguaggio delterritorio. Si fissa nella memoria ediventa uso e costume profonda-mente libero al di fuori di qualsiasiregola. potremmo definire questicome luoghi privilegiati della li-bertà d’e spres sione che oggi vienesempre più ristretta anche quandopensiamo ai graffiti o all’arte dei“tromp l’oeil”.

Questi esercizi stanno colonizzandoun’area che si trasforma piano pianoin luogo di scambio e al tem po stessoanche di singolare intima meditazio-ne, ma anche di sfogo e rigenerazio-ne dall’ansia quotidiana. Il dialogocon la natura rimane alla fine ilsegno privilegiato e necessario diquesto utile collettivo esercizio. All’opposto, non lontano da que -st’area, alle due estremità dell’isola,il gesto semplice dell’architetturaspontanea si trasforma nella suaantitesi. Una vera aggressione al -l’ambiente naturale di pregio innome di un’architettura moderna,spesso autoreferenziale, inserita aforza in un paesaggio naturalisticodi oasi di prim’ordine. Qui l’azionedell’architetto perde la sua essenzae si pone in netto contrasto.Questa dicotomia ci dimostra come,in luoghi assai sensibili, l’arrogan-za di forme architettoniche spinte eirreversibili sia talmente distanteda quel dialogo di cui ci siamo oc-cupati fin qui. Questo dialogo siperde e quel concetto del limite del -l’isola si disintegra in nome di una

dimensione avulsa dal luogo. Si in-nesca così un’operazione di meratecnica più da esercizio ingegneri-stico che formale architettonico.L’uso di materiali industriali defla-gra nell’ambito naturale e lo tra-sforma in luogo estraneo, lo conta-mina nel vero senso del termine,perdendo di qualsiasi significatooriginario. Questo intervento mas-siccio, in netto contrasto e in oppo-sizione con le architetture sponta-nee che abbiamo visto, sembrapercor rere un tempo che ha sciolto,liquefatto la memoria, abbandonan-do completamente l’intrinseco pri-migenio valore dell’architettura.Gli edifici costruiti alle bocche diporto, sia a nord che a sud del l’i -sola, ci portano lontano dal rappor-to antropologico con lo spazio.L’obiettivo di primaria armonizza-zione e dialogo con la natura vienestravolto da forme che non possonoessere concepite per questi luoghi eche non hanno nulla di realmenterapportabile con la tipicità localedella Laguna di Venezia, e cheancor meno sono inserite nel pae-saggio circostante o sono a mitiga-zione del loro impatto.Architetture troppo specificata-mente funzionali che potrebberostare in qualsiasi altrove e che nonsi prestano nemmeno a mitigarel’ingegneria idraulica che pretendo-no di camuffare. Sublimano solo lavalenza certificata della specie“homo sapiens sapiens” entrandoin conflitto con la diversità e lacomplessità della natura prossima.come se la nostra specie fosse laspecie dominante che assoggetta lanatura a suo unico uso invece chelavorare in armonia con essa, ri-spettando tutta la complessità bio-

logica presente. La dignità dellamateria, pur povera e di recupero, èil principio del nostro stesso mecca-nismo psichico, è parte dei nostriprimordi e della nostra origine evo-lutiva.

Questo esercizio che ci siamo porta-ti avanti per millenni della nostraesistenza, dovrebbe tener presentequesto punto nodale e riporlo alcentro. potremmo iniziare a pensa-re che abbiamo distorto troppo la le-zione dei vecchi lumi e ci siamo fo-calizzati talmente nella visione uo-mocentrica a tal punto da dimenti-care che siamo ospiti di questo pia-neta quanto lo sono le altre specie.Se avessimo questo paradigma co -me unico riferimento, certo lasce-remmo solo un segno catastroficoirreparabile, a conferma così chesiamo l’unica specie in natura ca-pace di distruggere l’ambiente.

Sandro Castagna

ponte di rialto8 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 inverno 2019

ABItARE IL MAREESERCiZi Di ARChiTETTuRA VERNAColARE

Sui MuRAZZi DEl liDo Di VENEZiA

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Che l’elzeviro letterario, la rim-pianta “terza pagina” dei quoti-diani – più o meno sostituita, enon certo con la medesima misu-ra critica, da inserti e supple-menti culturali – abbia un valoreincommensurabile, lo dimostraquesto Libri da non dimenticare,ovvero Inviti alla lettura, Superno-va 2018, in cui Federico Fonta-nella ha raccolto 58 suoi inter-venti mensili, usciti sulla rivistaDuemila dal 2009 al 2014. Idea felice, che ci consente di cir-coscrivere non solo le preferenzeletterarie dell’autore – scrittorieuropei, per lo più italiani o fran-cesi (anche se non mancanosplendidi camei dedicati a tho-mas Mann, Henrik Ibsen o Geor-ge Orwell, per citarne solo alcu-ni), con l’unica eccezione dellostatunitense thornton Wilder –,

ma un ambiente culturale im-portante e troppo spesso misco-nosciuto: in particolar modo,quello degli autori del Novecen-to italiano (Soldati, Chiara, Buz-zati, Comisso, Ugo Facco de La-garda) e del fondarsi nelle co-scienze di una nuova Nazionedemocratica.Filo unificante, in questi “pezzi”costruiti elegantemente ma sen-za inutili nozionismi, sembra es-sere la ricerca di un “bene comu-ne”, di cui la buona letteraturasarebbe portatrice sana: radici difelicità o di pietas cristiana, disentimenti gentili o di amorevo-le cura nei confronti del prossi-mo. Così l’elzeviro letterario, vo-lontariamente, assume in Fonta-nella una valenza morale intrin-seca, non dogmatica certo, mapregnante. Allo stesso modo, au-

tori ancor troppo poco indagati –soprattutto poeti come DiegoValeri, Ugo Fasolo e, non menoimportante, caro all’autore, AldoVianello – vengono riportati allamemoria del lettore. Ritrovanovigore le vicende dell’Anonimoveneziano di Giuseppe Berto, au-tentiche chicche come Elogio deigiudici scritto da un avvocato diPiero Calamandrei, l’opera poe-tica di Angelo Barile o l’ultimo li-bro di Natalia Ginzburg, Serenacruz o la vera giustizia, su un fat-to di cronaca che divise l’opinio-ne pubblica alla fine degli anniOttanta. Come dice il titolo dellaraccolta, per non dimenticareche la letteratura aiuta a vivere.

Francesca Brandes

appuntamenti Culturaliinverno 2019 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 – 9

BiStROt dE VENiSEMartedì 5 febbraio – ore 17:00

giovanni distefano e mariuccia Regina

presentano

Silenzi di Conchiglia(Supernova 2018)

di Aldo Vianello

Martedì 19 marzo – ore 17:00

giovanni distefano e letizia lanza

presentano D’Annunzio a Venezia e

Casanova. il ritorno a Venezia(Supernova 2018-19)

di Virgilio Boccardi

...E VISSERO tUttI FELICI E CONtENtI

C’era una volta, tanto tempo fain un paese lontano…

Così iniziavano le fiabe di unavolta, quelle che, da bambini, lamamma o la nonna ci narravanoprima di andare a letto.

Sembrava, mia nonna, che leg-gesse su un libro invisibile percome le raccontava, con tutte leparole appropriate, una dopol’altra, senza errori o tentenna-menti. Era come se le conoscessea memoria. Come facesse non loso ma, era così brava e così benedescriveva luoghi, fatti e perso-naggi, che tutto, ai miei occhi,appariva vicino e reale. Sognavoad occhi aperti e non mi accor-gevo che, piano piano, gli occhisi chiudevano per dare spazioin consciamente a un sonno pro -fondo e ristoratore. Ed è così checi si addormentava, con il sorri-so sulle labbra, per svegliarsi almattino sereni e pronti ad af-frontare un nuovo giorno nellaspensieratezza tipica di quel -l’età, alla quale tanti di noi vor-rebbero ritornare.

Erano, quelle fiabe, non solodei racconti fantastici e immagi-nari che conciliavano il sonno;erano racconti talvolta anche po-polari con un alto profilo didat-tico che, forse inconsapevolmen-te per i narratori, mamma o non -na che fossero, si proponevanodi insegnarci attraverso la lettu-ra e il racconto questa o quellamorale. Favole, fiabe, raccontiinsomma, quali elementi indi-spensabili e direi insostituibili

per lo sviluppo, la formazione ecaratterizzazione del bambino odel ragazzo in quel determinatomomento della sua vita.

Un vero e proprio periodo pe-dagogico che gettava le basi diun percorso di vita, sano e ri-spettoso della natura, dell’am-biente, del prossimo e che facevadei doveri non già momenti difatica e costrizione, ma li eleva-va a traguardi significativi e im-portanti. Assolvere quei doverisignificava essere cresciuti, esse-re diventati adulti.

Il rispetto, l’obbedienza, la sin-cerità, l’amicizia erano spesso, inquei racconti, il filo conduttore el’invisibile corollario di ogni inse-gnamento. Inoltre, quei raccontiunivano ancor di più, accresceva-no e rafforzavano, rendendolosplendente e indissolubile, quelgià naturale legame tra genitori efigli, tra nonni e nipotini.

Oggi è tutto così cambiato, co -sì diverso! Soprattutto agli occhidi chi, come me, ha avuto un’in-fanzia così semplice e che, perquesto, non può non cedere allatentazione di fare paragoni oconfronti tra oggi e allora.

Ed è così che Biancaneve e iSette nani, Cenerentola e Cap-puccetto Rosso sono andati inpensione, dimenticati, forseanche scherniti dai moderni ge-nitori. Peggio è accaduto a Polli-cino, alla Bella Addormentatanel bosco, e alla Principessa sulpisello, di cui non si è più senti-to parlare. tutte le altre fiabe, lefavole e i racconti con i quali sia -mo cresciuti sono finiti nel l’obliodell’indifferenza e della disaffe-zione. Pinocchio, resiste ancorasolo grazie a una moltitudine dirappresentazioni televisive e ci-nematografiche.

Di Emilio Salgari, Giulio

Verne, Edmondo De Amicis coni loro scritti, pilastri portantidella letteratura per ragazzi, so -lo per ricordarne alcuni, non sene conosce nemmeno l’esisten-za. Sono stati soppiantati tutti,che piaccia o meno, dai video-giochi, dai tablet, dai telefonini.I videogiochi ci stanno portandovia i figli e i nipoti, senza accor-gercene o forse, pur rendendo-cene conto, ci lasciano inermidavanti a questa “Rivoluzioneculturale” che rende un po’ piùliberi i genitori, già ultraimpe-gnati, ma sempre più prigionierii nostri ragazzi.

Potrò sembrare anche catastro-fista e retrogrado con questa af-fermazione così forte ma, sem-pre più, si consolida la teoriascientifica che l’uso smodato ditali strumenti elettronici creaseri rischi di dipendenza e allon-tanamento dalla vita reale. Pas-sano i nostri ragazzi ore a com-battere guerre, uccidere mostri einventarsi altre diavolerie digi-tali che, in alcuni gravi casi,creano degli automi, apatici e in-capaci di avere una vita sociale.La prolungata immobilità a cui igiochi sul telefonino li costringo-no, li rende in alcune circostanzegoffi anche nei movimenti. Sem-bra impossibile ma è quello cheaccade, con addirittura qualcu-no che, malgrado ciò, li conside-ra anche uno strumento di ap-prendimento didattico ritenen-doli del tutto istruttivi, creativi,educativi. La pubblicità ingan-nevole, poi, alla stregua del pec-cato originale, spinge anche noia cogliere quel frutto proibitoper regalarlo ai nostri figli o ni-potini. D’altra parte, supermer-cati e centri commerciali hannonei loro scaffali centinaia di ap-

parecchi elettronici di ogni tipoe per ogni età, a partire dall’in-fanzia, per meglio trasmetterequesto “nuovo modello educati-vo” che a parer mio, come per lesigarette, dovrebbe riportarescritto sulle confezioni la frase“L’uso incontrollato nuoce gra-vemente alla salute”.

Purtroppo non possiamo néabolirli né distruggerli, fannoparte del nostro tempo. E nonvorrei sembrare il RobinsonCrusoe dell’elettronica, ma pos-siamo solamente sperare che ilbuon senso e la perseveranza ciaiutino a far comprendere ai no-stri piccoli come correttamenteconsiderarli, come non abusar-ne, cioè a non lasciarsi dominareda questa imperante ludicizza-zione elettronica. Occorrerebbeche, con molta pazienza, spie-gassimo loro come l’uso smoda-to, incontrollato, ingiustificato ditali strumenti, erroneamentechiamati “giochi”, danneggi lapsiche uma na. È certamente una“battaglia dura e difficile” allaquale questa volta sì, non pos-siamo e non dobbiamo sottrarci.

Ed è proprio in queste occasio-ni e in queste circostanze che,più convinti che mai, dobbiamoricordare il nostro “C’era unavolta...” quale insegnamentodell’essere adulti: come qualcu-no ha detto “Conservare lo spiri-to dell’infanzia dentro di sé vuoldire mantenere per tutta la vitala curiosità di conoscere il piace-re di capire, la voglia di comuni-care.”

Sono sicuro che, così facendo,potremmo un giorno dire: “Evissero tutti felici e contenti.”

Teodoro Russo

Breslavia, chi spinge chi frena, foto di Salvatore tumino

lA PoliTiCA iTAliANA oGGi

“tsivaeri” in greco significa te-soro, cosa preziosa. Si chiamacosì un canto tradizionale che hasapore di nostalgia, caro agliemigranti lontani dalla ma -drepatria. Cose pre ziose, tesoridell’anima sono i brevi raccontiche Annamaria Redolfi de Zanha raccolto in Il profumo dell’esta-te, Supernova 2018: la storia del-le sue due famiglie d’origine,una veneziana e greco ortodossa(che, al posto dell’idioma lagu -nare, parlava in greco) e unafriulana, di Aviano, che – tro -vandosi a Venezia – parlava so-lo italiano.

L’autrice, conosciuta soprattut-to come artista visiva per le sueopere di alto valore concettuale(colorate reti tessute con il pun-to dei pescatori, tessuti matericinelle tinte del sangue e del mare,incredibili burqua di metallo os-sidato e rigide maglie), utilizzaper il suo narrare un linguaggiolimpido e piano, soffuso di luci-da tenerezza per le persone e lecose; inventario delle storie pri-vate che si fa specchio di un piùampio trascorrere degli eventi. Ne scaturiscono personaggiamati e indimenticabili: l’indi-pendente zia Gina, l’unica deifratelli Gurato a essere andata inGrecia; lo zio Gianni e il dono diuna cassapanca, che assumerànel racconto un ruolo simbolicosignificativo; l’affascinante non-na Maria. Intorno – come testi-moniano le altrettanto preziosetestimonianze fotografiche cheaccompagnano i testi – scenariveneziani (il Campo dei Greci,percorsi in gondola, l’area Saffaprima della trasformazione) evisioni collinari: la casa di cam-pagna a Zuel, l’albero di oleafragrans, il giardino della zia Ar-gi a Noale.

Un mondo segreto, dalla linguaa tratti sconosciuta, popola i so-gni di Annamaria fin da bambi-na e, contemporaneamente, raf -forza in lei il senso di apparte-nenza a un clima, a una culturache con la città lagunare ha sem-pre intrecciato simbiosi profon-de. È per questo che Il profumodell’estate – da cui è stato anchetratto uno spettacolo, campo deiGreci. Racconto per immagini,sempre a cura di Annamaria Re-dolfi de Zan, andato in scena aCasa Goldoni nello scorso no-vembre, per la regia di AndreaSantini, voce narrante Sara Laz-zaro – rappresenta un’originalechiave di lettura, una di più, delpanorama veneziano nelle suemolteplici declinazioni.

Francesca brandes

Presentazioni di libri

liBRERiA gOldONiMartedì 15 gennaio – ore 18:00

daniela Zamburlinpresenta

Frammenti di tempo lineare(Supernova 2018)

di matteo matteuzzzi

milANO SAlONE dEl liBRO

Sabato 19 e domenica 20 gennaio

Presentazione del catalogo di Supernova

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10 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 inverno 2019

ponte dei sospiri

Fratelli e amici, vi lascio l’oblioche amai più voltenella danza dei tini.

Obliando il fine che avvicina l’addiosi rallegrano le Muse, deplorandola pretensione degli altari.

da Raccogliendo silenzi di conchiglia (Supernova 2018)

PAROLA MIAAldo Vianello

[Venezia Multimediale]

la Gazzetta Veneta di gasparo gozzi in formato digitaledanilo Reato

“Tutti gli uomini per lo più s’ingannano in quello, che vanno cercando lon-tanissime cose per trarne utilità, o diletto, quando hanno ogni cosa nel pro-prio paese. ma il difetto non viene dal popolo no, viene dagli Scrittori, i qua-li correndo dietro a’ trovati nuovi, e alle invenzioni strane, e fantastiche,scrivono mille bagattelluzze, che a leggerle tutte non se ne cava un’onciad’utile all’umana vita.”Un insegnamento alle future generazioni di giornalisti, quello che ilconte Gasparo Gozzi affidava alle pagine d’esordio della sua fortu-nata Gazzetta Veneta, il 7 febbraio 1760, che oggi possiamo godere ap-pieno nella sua interezza, grazie all’opera meritoria dell’Istituto Ve-neto di Scienze, Lettere ed Arti che, raccogliendo in un pregiato vo-lume gli atti del convegno Gasparo Gozzi e la sua famiglia (1713-1786),svoltosi presso lo stesso Istituto nel 2014, ha ritenuto opportuno offri-re ai lettori curiosi un piccolo gioiello in più, un Cd-rom da interro-gare con le più moderne tecnologie. La veste digitale apre nuove fron-tiere agli studiosi, come sottolinea, in un secondo apposito volu metto,accluso agli atti del convegno, Angela Fabris: “ora che appare final-mente accessibile nella sua veste integrale, sarà possibile valutare l’interaportata di un foglio capace di associare, oltre al diletto e alla morale … anchele sezioni di pubblica utilità.” Ma, aggiungiamo noi, è utile anche al con-fronto con la Gazzetta Veneta di Pietro Chiari che raccolse nel 1761 ilnon facile testimone, abbandonato dallo stesso conte Gozzi impegna-to in nuovi esperimenti pubblicistici con l’osservatore Veneto. Gli atti del convegno ci permettono di indagare a fondo non solo sul-la figura del barnaboto conte Gasparo, raffinato letterato, gazzettierepolemista, fondatore dei primi periodici veneziani, uomo però sem-pre costantemente insoddisfatto, con una vita spesa nella vana ricer-ca di un’affermazione che si mostrerà tanto avara nei suoi confrontie un finale triste e sconsolato, funestato pure da un maldestro tenta-tivo di suicidio, come ben evidenzia Giuseppe Gullino: “morì da soloin una sorta di virtuale esilio dopo il fallimento”. Viene ulteriormente ampliata anche l’indagine critica e i rapporti colfratello Carlo e la sua polemica posizione nei confronti della riformadella commedia, attuata da Carlo Goldoni, ma soprattutto questi ul-timi studi servono anche a riscattare un altro membro importantedel la famiglia: la moglie di Gasparo, Luisa Bergalli, spesso accusataingiustamente dalla critica del passato di essere la causa primariadel la rovina e della decadenza economica della famiglia. Luisa Ber-galli è stata infatti una letterata di rilievo dalla vasta produzione tea-trale, sotto l’egida del potente Apostolo Zeno che ne aveva subito ri-conosciuto le innegabili doti, in un’epoca in cui le donne spesso oscil-lavano solo tra amori adulterini, il libertinaggio più sfrenato o vive-vano in un limbo di ignoranza e placida vita domestica, obbedendoallo stereotipo ben condensato nell’adagio popolare: “che la piasa, chela tasa, che la staga in casa.” E, infine, se si rivelò fallimentare l’avven-tura teatrale dei coniugi Gozzi nella gestione del teatro Sant’Angelonel 1747-1748, fortemente sostenuta dalla Bergalli, non si può na-scondere la indubbia novità di certe proposte, fatte forse a un pub-blico poco incline ad accoglierle. In conclusione, l’indagine del librospazia a tutto campo e questo grazie al contributo degli specialisti didiscipline storiche, letterarie e artistiche che insieme ci offrono, nonsola la vita di un’importante famiglia di intellettuali, ma uno spacca-to ampio ed esaustivo su tutta la cultura settecentesca veneziana.

Gasparo Gozzi e la sua famiglia (1713-1786), a cura di M. Pastore Stocchi -G. Pizzamiglio, Venezia, Istituto Veneto di Scienze , Lettere ed Arti, 2 tomi +Cd-rom; prezzo 33 Euro.

Scampagnata lagunare di metà Novecento, courtesy Collezione Costantini G.

il VENEZiANO FRANcEScO dA mOStOE i SUOi dOcUmENtARiSU VENEZiA

Rai 5 ha trasmesso dei filma-ti della BBC girati dal vene-ziano Francesco Da Mosto,perfetti dal punto di vista ci-nematografico e fedeli neldescrivere Venezia, le sueisole e la Laguna, con a piùriprese l’immagine del regi-sta che guida il suo moto-scafo bleu nelle acque dei ca-nali.

Pur essendo architetto, il ve-neziano Francesco Da Mostoè oramai famoso per i suoiriusciti documentari realiz-zati per la BBC. In particola-re i programmi televisiviFrancesco’s mediterraneanVoyage e Francesco’s Italy Topto Toe.

È a Londra che da oltre diecianni miete successi, alla BBCcome detto, ma anche all’Isti-tuto Italiano di cultura, inter-prete raffinato della culturaitaliana, spaziando tra arte,architettura, opera, storia,cucina, vino, teatro (interpre-te di Romeo e Giulietta).

Erede della famiglia patriziaveneziana, è anche scrittore,giornalista e storico, espri-mendo così il suo apprezzatoeclettismo, sempre miratoalla descrizione del paesag-gio inteso in senso ampio,specie architettonico. Uneclettismo tipico della cultu-ra veneziana intrisa di riferi-menti al passato, ai contattidella Serenissima, agli influs-si mediorientali, arabi, greco-turchi, orientali. Le colonnesonore di Anonimo veneziano,la musica classica che si co-niuga con il paesaggio lagu-nare, la luce che si riflette suipalazzi del Canal Grande.

La lingua inglese usata neifilmati si alterna all’italiano,rendendo Shakespeare vici-no a noi, in una costruzionescenica che utilizza le perso-ne dentro una prospettivaquasi teatrale, rivelando laricca personalità di DaMosto, sensibile a trasmette-re impulsi come segnali dellainnovazione, in una continuatrasfigurazione felliniana,dove realtà e fantasia siconfondono. In un video gi-rato a Roma campeggia la fi-gura di Gigi Proietti, e l’in-glese sovrasta la colonna so-nora, con un continuo inter-calare di lingua italiana.

La macchina da presa com-pare continuamente, tra unesterno e un interno di mu -seo, tra una visione del mer-cante di Venezia, Romeo e Giu-lietta, la presenza del teatroLa Fenice. Da Mosto dominala Laguna con il suo moto-scafo in cui ospita la troupe,nel segno dell’ospitalità cheVenezia ha sempre manife-stato con i popoli del mondointero.

Elena Paola Fontana Perulli

QUANDO L’UOMO INCONtRÓ LA BELLEZZA

Migliaia di anni fa il nostro antenato preistorico percuoteva la selceper ottenere strumenti bifacciali che utilizzava per tagliare, raschia-re, cacciare. Secondo i paleontologi la cura che poneva nella sceltadei colori dei ciottoli e la fattura manuale, particolarmente abile eraffinata, evidenziano non solo la funzionalità dei bifacciali, maanche un senso estetico volto alla ricerca della bellezza. A Lescaux(Francia ) il nostro antenato, circa 25.000-30.000 anni fa, lascia sullepareti di una caverna numerose figurazioni pittografiche degli ani-mali che cacciava. Ci mostrano l’alto grado di evoluzione artisticaraggiunto consapevolmente. Sono opere del genere che inducono asostenere che la Bellezza è associata all’Arte. Frequentavo l’Accademia d’Arte a Venezia e, durante una visitad’istruzione agli Uffizi a Firenze, suscitai una serie di bonarie “co-gionature” dei miei colleghi di studio per non essere in grado di di-stogliermi dal nudo della Venere del Botticelli per il tempo necessa-rio a rispettare l’orario della partenza del treno che ci avrebbe ri-portato a Venezia. La figura di Venere musicalmente flessuosa su-blimata dai colori perlacei e trasparenti mi convinceva di trovarminell’istante preciso in cui sgorgava la sorgente della Bellezza checome un fiume in piena avrebbe coinvolto per i secoli successivi ilgenere umano.Oggi, però, nel campo dell’arte figurativa sta avvenendo uno stra-volgimento di quel patrimonio motivato dalla necessità di rinnova-re il linguaggio espressivo in sintonia ai condizionamenti sociali. Pertanto l’operatore artistico contemporaneo, all’azione degli artistidel passato, volta a fare emergere dalla realtà l’intrinseca bellezza,contrappone la dissociazione dal retaggio di quella tradizione checercava nel mondo la fonte dell’armonia. Per esempio: il movimen-to Dada sorto in Svizzera, sulla soglia della prima guerra mondiale,trasmette una traumatica frattura nei confronti con l’estetica delpassato. Gli artisti si orientano verso un linguaggio espressivo ten-dente al nichilismo. L’arte è intesa come gioco e improvvisazione.Mutano le tecniche e i materiali. Entrano in gioco collage, fotomon-taggi, oggetti spazzatura. È l’invenzione di un nuovo modo di farearte che sarà il trampolino di lancio per certi movimenti artistici deinostri giorni. Mi riferisco in particolare alla Body Art sorta in Ame-rica qualche decennio fa, alla quale imputo un tasso di volgaritàche sollecita lo spettatore a non restare impassibile davanti all’espo-sizione di immagini fotomontate di corpi nudi sanguinolenti, mar-toriati, tatuati, vere sculture viventi.È questa la strada che l’arte ha scelto di percorrere motivata dallacrisi umanitaria che investe il mondo contemporaneo e suscita an-goscia e una rivolta ringhiosa verso quella tradizione artistica asse-condata dal potere costituito che non vuole o non può porre fine aldegrado della società.Dunque, non conta più l’estetica della Bellezza, ma il disimpegno apercorrere la strada verso la ricerca dell’Armonia, negata, oggi,dagli eventi tragici, ma che aveva arricchito, ieri, l’esistenza dei no-stri padri a beneficio dell’Umanità.

Giovanni Talamini

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CronaCa e CuriositÀinverno 2019 neXus – n. 108 — Quaderno n. 18 – 11

Direzione e RedazioneG. DIStEFANO (dir. ed.), N. FALCONI (dir. resp.), D. ZAMBURLIN (cond.)

L. LANZA (red.), M. REGINA (red.)

Hanno collaborato a questo numero

FRANCO AVICOLLI, GIANLUIGI BELLONI, FRANCESCA BRANDES, SANDRO CAStAGNA,MARC DE tOLLENAERE, GIOVANNI DIStEFANO, FERRUCCIO FALCONI,

ELENA PAOLA FONtANA PERULLI, LEtIZIA LANZA, GIANNANDREA MENCINI, tAZIA NUVOLARI, DANILO REAtO, tEODORO RUSSO, GIOVANNI tALAMINI

YOLANDE tHIERRY, SALVAtORE tUMINO, ALDO VIANELLO, ANDREA VIO, DANIELA ZAMBURLIN DESCOVICH

REDAZIONE, AMMINIStRAZIONE

SUPERNOVA EDIZIONI srl, Via Orso Partecipazio, 24 – 30126 Venezia-Lido

tel/fax 041.5265027 – cell. 3491481059email: [email protected]

website: www.supernovaedizioni.it

StAMPA: Grafiche Biesse s.a.s. – Scorzè (Venezia)

I Quaderni di Nexus continuano a tenere in vita le idee di quello che è stato ininter-rottamente per oltre 24 anni ormai il periodico culturale veneziano sorto con auto-rizzazione del tribunale di Venezia n. 1114 il 23.3.93

Le opinioni espresse nei testi firmati impegnano esclusivamente i rispettivi autori

comunicAzione, culturA e AttuAlitA nellA cittA metropolitAnA di VeneziA

Anno XXV n. 107 – Quaderno n. 17

INVERNO 2019 ***

Cari lettori, assieme alla redazione diNexus, porgo a tutti voi gli auguri piùaffettuosi di pace e prosperità per ilNuovo Anno. Diamo ora uno sguardoai transiti planetari più rilevantidell’inverno 2019, segno per segno:

Ariete. Cari amici dell’Ariete af-fronterete i rigori dell’inverno conun alleato d’ec cezione: Giove che,dal segno a mi co del Sagittario,darà una marcia in più alla vostraenergia sostenendovi nel quoti-diano come nelle attività più im-pegnative e ambiziose.

Toro. Sarà un inverno nel com-plesso discreto, al riparo da oppo-sizioni e quadrature pesanti. Final-mente, in un quadro astrale favo-

revole, potrete togliervi qualchesoddisfazione e guardare al futurocon più ottimismo.

Gemelli. L’opposizione di Giove,accompagnata alla quadratura diNettuno, può comportare, specieper un Sole effervescente come ilvostro, il rischio di prendere deci-sioni un po’ avventate, lasciandosiammaliare dal canto delle sirene. Ilmessaggio delle stelle raccomandaquindi prudenza e ponderatezza.

Cancro. Come ogni anno le stelleinvernali sono un po’ freddine, magià da marzo i transiti pescini por-teranno un dolce tepore al vostrosegno, fer mo restando il supportodel lento Nettuno che vi daràconforto e ispirazione durante gliimpegni saturniani.

Leone. A parte i transiti veloci difebbraio dal segno oppostodell’Aquario, direi che l’invernosarà benevolo con voi, con quelmagnifico Giove in postazione su-per favorevole. Praticamente ognimossa partirà con la gamba giusta:sarete intraprendenti nella vita direlazione come negli affari. Sfrut-tate il momento con fiducia.

Vergine. La quadratura di Giove,unita all’opposizione di Nettuno,potrebbero farvi vedere luccioleper lanterne, mettendo a dura pro-va anche un segno razionale comeil vostro. Solo per quest’'anno, sie-te autorizzati a perseverare nellavostra caratteristica di voler teneretutto sotto controllo. Sarà un’effi-cacissima arma di difesa.

Bilancia. I transiti dal Capricorno

quest’anno saranno particolarmen-te impegnativi e non tanto per viadel passaggio veloce di Sole Mercu-rio e Venere in aspetto dissonante,quanto per l’influsso dei più lenti,e più tosti, Saturno e Plutone.Niente paura: Giove dal segnoamico del Sagittario vi aiuterà atrovare il bandolo della matassa, ri-servandovi appoggio e protezione.

Scorpione. Buone stelle cari scor-pionidi, dato che per il vostro Solenon sono previsti transiti lenti pro-blematici. E, anche se non mancheràun po’ di nervosismo a marzo, per viadell’opposizione veloce di Marte,sarà un inverno più che gradevole.

Sagittario. Sarete voi il re della festa,cari centauri. Avere Giove di transi-to nel segno del Sole di nascita è unagrande opportunità, che si ripeteuna volta ogni 12 anni. Se a questosi aggiunge l’aspetto armonico deglialtri pianeti, lenti o veloci che siano,non vi resta che aprire le danze.

Capricorno. I transiti invernali, co-

me ogni anno, vi favoriscono e vi re-galano piccole gioie e attimi di sere-nità. La presenza di due pianeti len-ti impegnativi nel segno, tuttavia, fasì che ve la dobbiate sudare e che nonpossiate affrontare le responsabilitàdel periodo a cuor leggero. Ma anchestavolta, come vi piace, sicuramentescalerete la roccia fino alla vetta.

Aquario. Per il vostro Sole si pro-spetta un inverno baciato dallestelle. Sappiatene gioire e appro-fittate del favore degli astri per en-trare più in armonia con voi stessie col mondo che vi circonda.

Pesci. La maggior parte dell’arco ce-leste si trova in postazione favorevo-le al vostro Sole. L’unica dissonanza èla quadratura di Giove che, per unsegno così evanescente come il vo-stro, potrebbe farvi indulgere versoentusiasmi eccessivi, valutazioni af-frettate e lotte contro i mulini a ven-to. Meglio stare coi piedi per terra.

Avviso ai gentili lettori: le previsioniconsiderano i transiti unicamente ri-spetto al Sole di nascita.

le stelle di taziaˆ ˆ

ˆˆˆˆ

Settembre 201814 Lo spopolamento di Venezia si ferma,si inverte la rotta, afferma il vicesindaco. 18 Presentato alal Querini Stampalia ildocumentario che racconta le fasi del re-stauro del Caffè Quadri curato dall’archi-star Philippe Starck. 22 Chiude la Libreria Ohana in Fonda-menta del Gaffaro.A San Nicolò dei Mendicoli i funerali peril 13enne Cristiano Lucchini travolto daun muletto nel cantiere alla Scomenzera.In rappresentanza dei veneziani il sindacoBrugnaro.25 Marghera: la ruspa demolisce l’exMonteverdi, già edificio scolastico e poicovo di sbandati e spacciatori. Al suoposto sorgerà la Questura di terraferma.27 Passa in Giunta la riqualificazione delTronchetto con il nuovo progetto che pre-vede anche la Caserma dei Carabinieriforse per scoraggiare la criminalità cheprospera nella zona da quasi mezzo secoloritenuta il Far West veneziano.29 Venezia: Si celebrano i 90 anni dallamorte dell’aviatore Pieluigi Penzo.30 Imbrattato con vernice rossa uno deiLeoncini della Piazzetta: gli autori studia-no all’Accademia di Belle Arti. Si sono au-tofatto uno sfregio loro poveri incompeten-ti di arte e di storia. Fortunatamento illeoncino è stati ripulito a tempo di rcord.

Ottobre 20181° Mestre: da oggi parcheggi numerati eun’app ti aiuta a trovare il posto libero.Lido: la ruspa inizia l’opera di abbattimen-to della passarella del Blue Moon invisa aimolti e peraltro inagibile e fatiscente. Aquando l’abbattimento del complesso sortosulla spiaggia e collegato alla passerella iltutto in barba alla legge che prevede unadistanza di 150 metri dal mare?6 Lido: ritrovamento di ossa umane nelalpineta di San Nicolò del Lido7 Mestre: prove generli per la’ertura, pre-vista il 1° dicembre, dell’M9, il Museo delNovecento in Via Poerio, con pannelli in-terattivi da guardare e cuffie per ascoltaresuoni e voci del secolo scorso. Il museo sisviluppa in due piani, con 8 sezioni cheognuno puà visitare per conto suo e amodo suo. Al primo piano la storia degliitaliani al secondo quella dell’Italia ovveroun profilo della nazione sulel trasforma-zioni del territorio e delle istituzioni. Indefinitiva l’M9 dovrebbe spiegarci comeeravamo e come siamo diventati o cambia-ti nel corso del Novecento.20 Mestre: bimbo di 5 anni annega nelloscolmatore che taglia il bosco dell’Oselli-no dal quartiere Pertini. In quel canale nel2014 un ragazzo in moto vi era finito den-tro trovandovi la morte e altrettanto eraaccaduto fatto qualche anno prima a unanziono che portava a spasso il cane.21 Venezia: Festa della Salute e tripudiodi gente.22 Muore Gilberto Benetton a 77 anni. A

Venezia aveva forti legami economici: nel1992 aveva acquistato tutto il complessodi Calle Vallaresso che dall’Hotel Monacoarriva all’ex Cinema San Marco; nel 1999il 40% di Grandi Stazioni e in seguito ilFontego dei Tedeschi... A fondo perdutoaveva donato un milione all’anno per 4anni alla Fenice.Secondo una ricerca Venezia è in cima allalista rischi dei siti patrimonio dell’uma-nità a causa del cambiamento climatico. 26 Sulla stampa l’esito del vertice mini-steriale per decidere sulle grandi navi: ilministro Toninelli comunica che “Veneziadeve restare primario porto italiano per lecrociere.”28 Si corre la Venice Marathon (7milaconcorrenti) con l’acqua alta per cui èstato evitato il giro in Piazza San Marco. 29 Il sindaco chiede un colloquio col Go-verno per via dell’eccezionale acqua alta, laquarta di tutti i tempi, pari soltanto aquella del 2008: 156 cm. A quest’acquaalta eccezionale corrisponde un record dibassa marea che si è attestata a 119 cm, lapiù alta della storia. La bassa marea è al-trettanto pericolosa di quella alta perché siabbassa la spinta dell’acqua che non bilan-cia più quella di terra... Il 4 novembre1966 la minima fu di 116 cm, ma il 1°novembre del 2012 toccò 117 cm. Unaltro record di questa acqua alta è stata ladurata del morto d’acqua: l’acqua è statasopra i 120 cm per ben 14 ore posizionan-dosi al primo posto nella storia, equipa-rando cioè il 1966. Alla sera l’acqua alta èstata di 148 cm, la 6. della storia.

Novembre 2 Muore a 89 anni Franco Semenzato,l’uo mo che negli anni ‘50 aveva dato vitaalla San Marco Casa d’Aste poi fallita nel2010.4 Favaro festeggia Italia Libera Sbrogiòche compie 100 anni. Auguri!7 Veritas fa un bilancio positivo dei dueanni della raccolta porta a porta dei rifiutiper eliminare i sacchetti dalle calli: calanoto pi e gabbiani, ma restano i soliti male-ducati. Il servizio porta a porta vienecompletato in tutta la città con l’estensio-ne alla Giudecca dal 15 novembre. Lemulte partono da 167 euro, i trasgressorisono avvisati.8 Arrestati i ladri di Palazzo Ducale (3gennaio 2018): una banda di croati.14 Ripartono gli scavi in umido dei riiper consentire il pescaggio a 1m e 80 cm.Interessati i rii di tutti i sestieri tranneDorsoduro. Gli ultimi scavi dei rii a seccosono stati realizzati tra la fine degli anniNovanta e i primi del Duemila.15 Secondo la Capitaneria di Porto il Ca-nale dei Petroli ha perduto circa un metroe mezzo di pescaggio.Mestre: davanti alla fermata del bus al -l’Ospedale dell’Angelo un romeno è ac-coltellato da un connazionale. 17 Mestre: entra oggi in azione l’unitàspeciale della Polizia locale dalle 15:00alle 20:00 con 13 pattuglie per un totaledi 40 agenti.18 Muore a 87 anni l’artista Leone Frollo,architetto, disegnatore e fumettista digrande valore: nato nel 1931 aveva esor-

dito appena 17enne su un mensile locale esi era particolarmente imposto per il suostile raffinato nel campo dell’erotismo.19 I passanti vedono il cadavere seminudodi un uomo tra i 30/40anni nel rio allaCelestia. Non è stato identificato.Tre giovinastri molestano una ragazza sul4L intorno alle 21:00, intervengono l’au-tista e un passeggero, ma sono entrambipicchiati. I responsabili fuggono e pren-dono un bus diretto a Piazzale Roma equi vengono bloccati e identificati. 23 Mestre: due senzatetto vittime dell’in-cendio scoppiato in una struttura di legnodiventata rifugio per sbandati.24 Mestre: il campo Sinti voluto da Cac-ciari nel 2009 cade sotto le ruspe.25 Marghera: tunisino entra in un hotelcon un’ascia in mano e obbliga l’addettaalla reception ad aprire la cassaforte. Scattala caccia al ladro che viene preso a Mestre.Mestre: raid in una tabaccheria con pisto-la alla mano. Si cerca inutilmente il ban-dito. 29 Cuoco 26enne sparito da due settima-ne viene trovato annegato nel Canale diCannaregio.

Dicembre 1 Mestre: apre l’M9 con successo.Venezia: Confcommercio premia 56 ne-gozianti di Venezia e provincia che resi-stono. Al Conservatorio si inaugura ilpiano nobile restaurato.8 Mestre: si inaugura la prima area dedi-cata ai cani e si pensa anche aun cimiteroper animali..

tra i sacri edifici lagunari di rilie-vo per il culto mariano si distin-gue, nel sestiere di S. Marco, laChiesa di S. Samuele Profeta, fon-data nell’anno 1000 nel campielloprospiciente il Canal Grande, checonserva la Vergine ortocosta, unabella tavola a encausto veneratadagli imperatori d’Oriente, giun-ta a Venezia da Costantinopolinel 1541. Nel sestiere di Dorsodu-ro (= terra solida, compatta, a mo’ didorso) un’autorevole figura mu-liebre sembra all’origine dellaChiesa dell’Angelo Raffaele, se èvero che Adriana, moglie di Ge-nusio Ruteno signore di Padova,nel fuggire di fronte ad Attila in-vasore giunge in Laguna e decidedi fermarsi su quest’isola, crean-do qui il primo insediamento egettando le sacre fondamenta(416). La data però, come l’originedella fondazione, sono controver-se. Altri esempi rilevanti, semprea Dorsoduro, sono la ScuolaGrande di Santa Maria del Car-

melo, eretta alla fine del Cinque-cento, in origine sede delle pizzoc-chere dei Carmini devote alla Ver-gine e impegnate nel lavoro degliscapolari (= pazienze), usati dai lai-ci della confraternita, dalla cui de-nominazione deriva pure il nomedella vicina Calle de le Pazienze, ecosì pure la Chiesa di Santa Mar-ta annessa al convento delle orso-line, luogo di istruzione per gio-vani meritevoli ma non patrizie,come Moderata Fonte. Sempre aDorsoduro da ricordare il com-plesso delle Eremite del 1693, cosìdenominato a seguito dell’ospita-lità concessa ad alcune monacheagostiniane: dopo la soppressionedel convento, nel 1863 Maddale-na di Canossa vi istituisce unascuola femminile. Nel medesimosestiere c’è pure la Chiesa delleterese o di Santa teresa, edificataassieme al convento omonimo(1660-1688) grazie a Maria Ferraz-zo – rimasta orfana nella peste del1630 e sostenuta con generose ele-

mosine – per accogliere le carme-litane (= Terese). Nel successivosestiere di S. Polo, fondamentaleper il culto mariano spicca laChiesa di Santa Maria Gloriosadei Frari in stile gotico e con for-me grandiose, completata a trenavate nel 1478 e così chiamatacon riferimento all’Assunzionedella Vergine in Cielo. tra le ope-re d’arte, la celebre Assunta di ti-ziano; tra le reliquie, alcune stilledel sangue di Cristo, con partedell’unguento odoroso offerto daMaddalena al divino corpo mor-to. Nel sestiere di Santa Croce sidistingue la Chiesa di S. Andreade la Zirada –così definita perchésituata nella curva che disegna ilCanale di Santa Chiara – in origi-ne un oratorio trecentesco per po-vere donne voluto da quattro no-bili matrone veneziane: FrancescaCornaro, Elisabetta Gradenigo,Elisabetta Soranzo, MaddalenaMalipiero.

letizia lanza

REligiOSitÀ VENEZiANA

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Page 12: Venezia: libri alla mano - supernovaedizioni.it · ca e specializzandosi poi in pianoforte e organo. È quasi alla fine del servizio militare quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale

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