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Bollettino Soc. Naturalisti “Silvia Zenari”, Pordenone 40/2017- 2018 pp. 119- 146 ISSN 1720-0245 Guido Perin Venezia e le Grandi Navi Premessa Questo lavoro è mirato all’analisi delle problematiche dovute al passaggio delle navi da crociera nella laguna di Venezia. Sempre più spesso infatti si vedono quelli che si possono definire “palazzi galleggianti” percorrere il Canale della Giudecca per dirigersi verso la bocca di porto del Lido alla volta del mare aperto o viceversa. Il contrasto tra le dimensioni di queste navi e quelle della città è impressionante. Introduzione Il turismo costituisce un settore dell’economia internazionale ed, in particolare, europea di vasta importanza. A livello mondiale, gli Stati hanno dato al turismo un maggiore peso nelle loro politiche, adottando un approccio integrato, dal momento in cui presenta prospettive positive per il suo sviluppo futuro. Si prevede, dunque, una espansione del turismo al fine di fare diventare tale attività la prima industria del XXI secolo. Tuttavia, ciò desta qualche preoccupazione sul fronte ambientale poiché il turismo, pur contribuendo al raggiungimento di scopi socioeconomici e culturali, può anche essere causa del degrado ambientale e della perdita delle identità locali. Lo sviluppo sostenibile del turismo pone alla base del proprio sviluppo un piano mirato a garantire la redditività del territorio di una località turistica in una prospettiva di lungo periodo con obiettivi di compatibilità ecologica, socioculturale ed economica. La sostenibilità ha un valore di immediato interesse economico, infatti, le località turistiche devono la loro popolarità all’integrità delle bellezze naturali, se questa si degrada oltre una certa soglia, i flussi turistici sono destinati al declino. Alla promozione del turismo basata unicamente sull’offerta turistica e sulla 119

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Bollettino Soc. Naturalisti “Silvia Zenari”, Pordenone 40/2017- 2018 pp. 119- 146 ISSN 1720-0245

Guido Perin

Venezia e le Grandi Navi

Premessa Questo lavoro è mirato all’analisi delle problematiche dovute al passaggio

delle navi da crociera nella laguna di Venezia. Sempre più spesso infatti si vedono quelli che si possono definire “palazzi galleggianti” percorrere il Canale della Giudecca per dirigersi verso la bocca di porto del Lido alla volta del mare aperto o viceversa. Il contrasto tra le dimensioni di queste navi e quelle della città è impressionante.

Introduzione Il turismo costituisce un settore dell’economia internazionale ed, in

particolare, europea di vasta importanza. A livello mondiale, gli Stati hanno dato al turismo un maggiore peso nelle loro politiche, adottando un approccio integrato, dal momento in cui presenta prospettive positive per il suo sviluppo futuro. Si prevede, dunque, una espansione del turismo al fine di fare diventare tale attività la prima industria del XXI secolo.

Tuttavia, ciò desta qualche preoccupazione sul fronte ambientale poiché il turismo, pur contribuendo al raggiungimento di scopi socioeconomici e culturali, può anche essere causa del degrado ambientale e della perdita delle identità locali.

Lo sviluppo sostenibile del turismo pone alla base del proprio sviluppo un piano mirato a garantire la redditività del territorio di una località turistica in una prospettiva di lungo periodo con obiettivi di compatibilità ecologica, socioculturale ed economica. La sostenibilità ha un valore di immediato interesse economico, infatti, le località turistiche devono la loro popolarità all’integrità delle bellezze naturali, se questa si degrada oltre una certa soglia, i flussi turistici sono destinati al declino.

Alla promozione del turismo basata unicamente sull’offerta turistica e sulla

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concorrenza dei prezzi, si contrappone una politica basata soprattutto sulla qualità, intesa come qualità ambientale e culturale.

Occorre adottare una nuova forma di economia che, pur garantendo il profitto, non deve anteporlo alla qualità dell’ambiente e al diritto di godere anche in futuro del patrimonio naturale e paesaggistico. Ad oggi le navi da crociera attraccano in Marittima, cioè in città, entrando e uscendo dalla bocca di porto di Lido: ciò significa che a ogni toccata esse passano per due volte in Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, nel centro storico di Venezia, a 150 metri da Piazza San Marco (Fig.1).

Le navi che passano sono molto più grandi dei palazzi: 300 metri di lunghezza, 50 di larghezza, 60 d'altezza e stazzano migliaia di tonnellate. E aumenteranno ancora, di numero e di dimensioni. Per fare un esempio il 2 giugno 2012 è arrivata in Marittima la Msc Divina, la nave più grande mai entrata in laguna: 333 metri di lunghezza per 139 mila tonnellate di stazza lorda. Negli ultimi 15 anni il traffico crocieristico è cresciuto a Venezia in maniera esponenziale: i passeggeri sono aumentati del 439% e il numero delle toccate (gli attracchi delle navi) è passato da 206 nel 1997 a 655 nel 2011 (1418 toccate complessive calcolando anche traghetti e navi veloci). Con un milione e 795 mila passeggeri imbarcati o sbarcati (dati del 2011), le navi da crociera sono dei veri e propri alberghi viaggianti e sono da tenere in dovuta considerazione sia per la natura puntuale dell’inquinamento prodotto, sia perché spesso impattano su delle zone assai delicate soprattutto dal punto di vista naturalistico.

Le navi da crociera di ultima produzione sono cresciute in dimensioni e dunque i problemi pratici legati ad esempio alla gestione dei rifiuti della comunità viaggiante (fino a 4000 passeggeri) diventano un problema ambientale serio.

La quantità di rifiuti, di acque nere e grigie prodotte sono impressionanti, così come la quantità di combustibile utilizzato per produrre energia per gli impianti di climatizzazione, nonché per i servizi legati all’attività alberghiera della nave, e ovviamente, per il trasporto dei passeggeri nelle varie destinazioni (Camarsa, 2003).

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Fig. 1 - “Mostro marino” in navigazione sul Canale della Giudecca

Fig. 2 - La prua del “mostro” a ridosso dello sbocco di via Garibaldi.

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Fig. 3 – Nave da crociera in transito davanti al Ponte dei Sospiri

Fig. - 4 - ... e davanti al Rio del Ponte Longo.

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Fig. 6 - Nave passeggeri in uscita da Viale Garibaldi (Venezia Centro storico), al Ponte dei Sospiri.

Fig. 7 - I “mostri” ormeggiati alla Stazione Marittima e in navigazione sul Canal Grande.

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Fig. 8 - Le nuove gondole (da Vox Art Work 2013 mod.)

Un particolare delicato ecosistema: La Laguna di Venezia La Laguna di Venezia è un ecosistema estremamente sensibile, molteplici

sono i danni che le grandi navi causano, sia nel comparto marino, sia terrestre, sia atmosferico.

Alle navi da crociera, veri e propri paesi galleggianti, il rapporto Getting a Grip on Cruise Ship Pollution di Ross A. Klein per Friends of the Earth, addebita emissioni quotidiane che per una sola nave da crociera sono paragonabili a quelle di circa 12.000 automobili (altre stime parlano addirittura di 14.000): «Una nave come Explorer of the Seas di Royal Caribbean International produce ogni giorno oltre 150.000 litri di acque reflue e ben 19 tonnellate di rifiuti solidi». I fumi delle navi, che in assenza di venti, creano una vera e propria nuvola sui porti molto visibile da lontano, emanando talvolta un odore acre nell’aria, sono stati percepiti come una vera e propria minaccia anche dagli stessi cittadini delle città portuali.

Sull’onda delle proteste, un’associazione locale AmbienteVenezia ha pubblicato un dossier che evidenzia i danni in laguna causati dal moto ondoso delle navi che passano a pochi metri da piazza San Marco, ma anche le emissioni di fumi nocivi che ricadono sulla città e, purtroppo, nonostante qualche Autorità portuale sbandieri progetti di “Green Port” si tratta solo di buoni propositi. E rimane valida la domanda su come si possa risolvere un problema di inquinamento ambientale quando ben 8 navi da crociera siano ormeggiate in un porto, contemporaneamente ad altri traghetti e navi da carico. Ammesso infatti che il carburante utilizzato sia conforme alle normative, è il numero e la dimensione delle navi che complessivamente genera una situazione

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insostenibile. Da qualche tempo a questa parte la laguna di Venezia sta sperimentando in

modo sempre più evidente gli aspetti negativi di intensi processi erosivi, particolarmente nella parte centrale del suo bacino all’interno del perimetro formato dai grandi canali che si dipartono dalle bocche di Lido e di Malamocco e dai canali realizzati dall’uomo nel corso del XX secolo per permettere alle navi moderne di maggiore pescaggio l’accesso ai porti interni.

Come conseguenza di tali fenomeni, la laguna va perdendo le sue forme originali, caratterizzate da fondali poco profondi, innervati da una potente rete di canali che, penetrando dalle bocche verso l’interno con successive e sempre più minute ramificazioni, giunge fin quasi ai suoi margini, portandovi i benefici effetti del periodico alternarsi delle maree e contribuendo in modo decisivo al ricambio delle acque.

Un tempo la fascia della laguna più prossima alla conterminazione, la cosiddetta “laguna morta” era ricca di barene. Tra le barene, solcate da una miriade di piccoli canali, si interponevano chiari d’acqua poco profondi, creando un tessuto morfologico estremamente articolato, a sua volta funzionale ad accrescere, dal punto di vista idrodinamico, il ruolo dei fenomeni dispersivi e, quindi, a favorire un migliore ricambio delle acque nelle zone idraulicamente più lontane dalle bocche.

Queste sono condizioni che oggi stanno scomparendo. La laguna, anche a causa dell’azione congiunta dell’innalzamento del livello

medio del mare e della subsidenza del suolo, ma non solo, ha visto drasticamente ridursi soprattutto durante l’ultimo secolo le superfici occupate dalle barene. Parallelamente si sono incrementate le profondità delle velme, termine del dialetto veneziano (derivato da “melma”) usato anche in ambito scientifico per indicare una porzione di fondale lagunare poco profondo ma comunque normalmente sommerso, che tuttavia emerge in particolari condizioni di bassa marea. Sono per questo prive di vegetazione, a differenzia delle barene che sono sommerse solo durante le alte maree. Traggono origine dai sedimenti trasportati da correnti marine e fluviali che poi si depositano sui fondali bassi. al punto di vista ecologico, anche le velme sono particolarmente interessanti, in quanto le forti variazioni di salinità e ossigenazione a cui sono soggette durante le emersioni e le successive sommersioni le rendono un

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ambiente ancor più selettivo di quello barenicolo. Ad esempio, il substrato (costituito soprattutto da fango e sabbia) offre riparo a policheti e molluschi durante la bassa marea. Diversamente da un passato nemmeno tanto lontano, oggi i bassifondi della “laguna viva” non si scoprono più nemmeno durante gli stati di bassa marea eccezionale.

Il fenomeno risulta essere più accentuato nella laguna centrale tra i grandi canali navigabili.

Qui il processo erosivo si va diffondendo, favorito proprio dalla presenza dell’ultima via d’acqua scavata dall’uomo, con effetti che sono incontrovertibili all’altezza della grande curva di Porto S. Leonardo, a testimonianza del ruolo non secondario del nuovo canale sugli importanti impatti ambientali osservati che stanno influenzando in senso negativo la morfologia della laguna (D’Alpaos, 2010).

All’interno di questo particolare sistema, si colloca il porto veneziano (fig. 9).

Fig. 9 - Localizzazione dell’area portuale (immagine tratta da Costa, 2011).

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Il Settore Crocieristico e il Porto Veneziano Il Porto di Venezia è da sempre elemento di sviluppo dell’intero territorio veneziano e centro padano: nella sua moderna concezione, è nato nei primi anni del secolo scorso non più per sostenere l’antica funzione di città-emporio, bensì con l’obiettivo strategico dell’approvvigionamento di materie prime necessarie alla prima industrializzazione della Regione.

Nel corso del Novecento le varie tappe evolutive del porto hanno scandito il passo della crescita urbana e industriale della Regione. Al di là del petrolio e del carbone per soddisfare la domanda energetica, si pensi alle produzioni storiche del Veneto: il traffico del cotone ha alimentato le manifatture tessili, quello delle pelli le concerie, quello del legname pregiato i mobilifici, quello delle granaglie i mangimifici, i metalli e minerali le acciaierie e gli stabilimenti elettrometallurgici ecc..

Il Porto di Venezia, come il Porto di Trieste e tutti i porti dell’Alto Adriatico da Ravenna a Capodistria a Fiume, si trova, e si troverà sempre più nei prossimi anni, a godere di una centralità geografica che sarà compito delle imprese e della politica saper trasformare in centralità economica.

Basti pensare allo spostamento del baricentro produttivo europeo da ovest ad est, dopo l’allargamento dell’Unione Europea del 2004 e del 2006; alla sostanziale inclusione nello spazio economico europeo dell’area balcanica; all’infittirsi delle relazioni intra-mediterranee con la crescita economica del bordo africano, oltre che asiatico, del Mar Mediterraneo.

L’enorme pressione che il commercio mondiale esercita su tutti i porti europei oggi impone, per convenienza economica e per esigenza ambientale, una maggior alimentazione da sud, ossia dal Mediterraneo, dell’intera economia europea storicamente servita dai porti del Mare del Nord e del Mar Baltico. Decisiva sarà la realizzazione del collegamento est-ovest al di sotto delle Alpi, il cosiddetto Corridoio V che, provenendo dalla penisola iberica e attraversando le Alpi sotto il Frejus, prosegue da Torino verso la Slovenia, l’Ungheria e il confine ucraino, toccando in Italia il mare a Venezia e a Trieste. Insomma, tutte condizioni economiche e infrastrutturali che rendono di facile previsione un incremento della domanda di servizi portuali in un’area che va oltre il nord-est italiano per coinvolgere la bassa Germania, l’Austria, la Slovenia, la Cechia, l’Ungheria e i Paesi balcanici. Domanda che ha come naturale sbocco

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l’Adriatico, un mare destinato sempre più a passare da cul-de-sac, da alimentare al più con navi feeder servite dalle linee giramondo, a punto più avanzato di penetrazione del mare verso il cuore dell’economia europea.

Di fronte a questo scenario tutti i porti alto-adriatici, Venezia compresa, devono ridefinire il proprio ruolo e attrezzarsi per guadagnare, ognuno e tutti assieme, quei consistenti incrementi di traffico che sono alla loro portata. Ciò non solo a servizio dell’economia regionale retrostante, ma anche a servizio di mercati non nazionali, il che realizzerebbe finalmente l’idea dell’Italia come banchina d’Europa. I porti alto-adriatici, come sistema e ognuno per conto proprio, sono nella condizione di produrre ed esportare un credibile volume di servizi portuali (Bernardi, 2010).

Il Porto e la sua organizzazione

Il Porto si articola in due zone principali: Marittima e Marghera. Lo scalo lagunare è caratterizzato da traffici differenziati e si colloca ad un livello di eccellenza all’interno del bacino adriatico per il trasporto di rinfuse secche, merci in colli, prodotti liquidi e petroliferi, nonché è leader nel traffico container e passeggeri (ferry e crociere). Al funzionamento del sistema portuale concorrono diversi Enti/Istituzioni e soggetti privati: Autorità Portuale, Agenzia delle Dogane, Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Polizia di Frontiera, Ufficio di Sanità Marittima, terminalisti, imprese di servizi, ecc.

L’Autorità Portuale ha, in sintesi, i compiti3 di: indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali, nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni dell’ambito portuale.

Il Porto inoltre, sul territorio si relaziona costantemente con: Magistrato alle Acque, Regione del Veneto, Provincia di Venezia, Comune di Mira, Comune di Cavallino-Treporti, Camera di Commercio di Venezia e Comune di Venezia.

Per quanto riguarda l’accesso marittimo, l’installazione del Mose alle bocche del Lido, di Malamocco e di Chioggia renderà il Porto di Venezia un porto ad accesso regolato.

La gestione dell’accesso dovrà contemplare le esigenze della salvaguardia fisica degli specchi acquei e degli insediamenti, della sicurezza della navigazione e della miglior funzionalità delle attività portuali utili alle economie internazionali, nazionali e regionali servite dal Porto di Venezia.

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La Marittima, in città antica, è ora destinata esclusivamente al traffico passeggeri, mentre l’organizzazione e la gestione del settore merci (sia di carattere commerciale che industriale) è concentrata a Porto Marghera.

La superficie destinata ai passeggeri è di 266.000 mq di cui 47.267 coperti e 6 terminal; il bacino acqueo misura 123.700 mq ed esistono 3.277 m lineari di banchine.

A Venezia, nel 2009, sono approdati 1.420.980 crocieristi, con un incremento di quasi il 17% sull’anno precedente e con un andamento complessivo che ha visto quadruplicare nel corso di un decennio il numero dei crocieristi.

La componente crocieristica del Porto di Venezia è una realtà consolidata, che conta su attività di supporto che occupano circa 1.600 addetti, ed è destinata ad ulteriori sviluppi: la realizzazione del nuovo terminal traghetti a Fusina lascerà infatti alla Marittima la possibilità di dedicarsi completamente al mercato delle crociere. La progettata installazione di impianti fotovoltaici in Marittima permetterà di fornire alle navi energia in banchina, contenendo le emissioni dei generatori di bordo, è parte di un ambizioso programma che punta a trasformare Venezia nel primo scalo “carbon neutral”.

Va anche ricordata la gestione degli ormeggi dei megayacht che nel 2009 hanno effettuato trecento “toccate” a Venezia lasciando ciascuno in media 10.000 euro il giorno.

Fig. 10 – Nave da crociera in navigazione sul canale della Giudecca davanti alle fondamenta Zattere

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Fig.11 – Altra nave da crociera davanti a Riva degli Schiavoni, a un centinaio di metri da Piazza S.Marco.

Nei programmi del Porto, che intende attrezzarsi per accogliere anche le navi di ultima generazione impossibilitate dalle loro stesse dimensioni ad accedere a Venezia, c’è la realizzazione di un nuovo terminal crociere a Sant’Angelo di Mira.

Fig. 12 – Stazione marittima di Venezia: l’affollato terminal delle navi da crociera.

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La definizione di aree specializzate nei diversi traffici ha declinato da sempre un’importanza strategica per le aree di Porto Marghera (Bernardi, 2010). L'Autorità Portuale è direttamente impegnata nella promozione e nello sviluppo a Porto Marghera di attività logistiche, incentivando investimenti in questa vasta area dalla decennale vocazione industriale. Tra queste, l’iniziativa più recente e rilevante è rappresentata dal progetto di terminal traghetti (Autostrada del Mare, che verrà in seguito trattata) nell’area ex Sava presso Fusina. Pertanto, in generale, le politiche portuali pongono attualmente in primo piano investimenti infrastrutturali e patrimoniali tesi a favorire una crescita sostenibile dei traffici a beneficio delle economie del nord est e delle vicine regioni centroeuropee, in coerenza con la progressiva ripresa di centralità del Mediterraneo nei flussi di traffico marittimo (Bernardi, 2010).

Il porto veneziano è considerato uno tra i maggiori italiani e rientra inoltre tra i 10 maggiori porti europei.

Fig. 13 - Veduta satellitare del porto veneziano destinato alle navi da crociera (da Googlemap, elaborata).

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Il settore crocieristico sta vivendo un momento di forte espansione, confermandosi come il comparto che registra la crescita maggiore nel business del turismo. Tra il 1995 e il 2006 la domanda di crociere a livello mondiale è quasi triplicata, passando da 5,7 a 15,15 milioni di passeggeri.

Problemi causati dal passaggio delle grandi navi Molte navi da crociera hanno scali plurisettimanali che possono portare tra i mille e i duemila passeggeri. Alle navi viene permesso di passare per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca, con il risultato di immensi spostamenti d’acqua, inquinamento ambientale e acustico, pericolo di incidenti gravissimi per il patrimonio architettonico. Veneziani e turisti restano immancabilmente sospesi a fissare il loro passaggio, surreale a causa della sproporzione con le minuscole case delle rive adiacenti. Dal porto d’attracco i croceristi vengono poi trasportati al centro storico a mezzo di taxi, creando maremoto nei canali (Lanapoppi, 2011). I principali problemi sono dati da:

Incidenti

Il passaggio delle grandi navi nel canale della Giudecca può essere causa di incidenti; in particolare questi possono essere causati da errate manovre, da possibili avarie o da negligenza dei comandanti.

In passato si è verificato un “incidente” dovuto alla fitta nebbia presente in laguna. Questa ha portato la nave, che si stava dirigendo verso la Stazione Marittima, a sbandare e ad arenarsi a causa del basso fondale. Fortunatamente presente. Anche nel 2010 l’accaduto ha rischiato di ripetersi. Più precisamente, si trattava di una nave da crociera inglese che ha rischiato di incagliarsi durante le manovre di attracco in Riva Sette Martiri

Un altro fatto legato alla possibilità di incidenti è legato al fatto che molte navi non rispettano i limiti di velocità. Sempre nel 2010 una nave da crociera è stata multata poiché la sua velocità era di 16 nodi all’ingresso della bocca di porto del bacino di San Marco. La Guardia Costiera attua molto spesso controlli sulle velocità in quanto anche altre volte si sono rilevate velocità anche fino a 30 nodi (Galliolo, 2010).

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L’ultimo incidente accaduto in laguna risale al 24 aprile 2011 nella bocca di porto del Lido: a causa della nebbia, il traghetto “Lefka Ori” si è scontrato con una barca a vela. Le fonti riferiscono che il traghetto viaggiasse alla velocità di 12 nodi (circa 20 Km/h) («Il Gazzettino», 2011).

Il Moto Ondoso

Questo fenomeno è da attribuirsi sia all’azione del vento, sia ai natanti. Le onde così generate si propagano all'interno della laguna per tratti molto estesi, subendo da parte degli ostacoli che esse incontrano processi di diffrazione, rifrazione e riflessione parziale o totale e sovrapposizioni associate ad effetti di rinforzo o di attenuazione a seconda della fase che le caratterizza.

Il risultato che si determina è una costante agitazione della superficie liquida del bacino lagunare, anche in condizioni in cui apparentemente nessuna causa di perturbazione sembra essere presente (Protecno S.r.l., 2009).

Su questo problema si identificano due linee di tendenza: la prima lega il fenomeno del moto ondoso anche al passaggio delle grandi navi.

Il moto ondoso provoca una modifica della forma del fondo della laguna e, nel caso delle grandi navi che apparentemente non creano un moto ondoso in superficie ma in profondità, determina la penetrazione nelle fessure delle strutture della città rimuovendo la porzione di sabbia sottile con la conseguente creazione di voragini che inizialmente non si vedono, ma che poi si evidenziano con dei crolli o crepe (Ponte della Paglia). La seconda invece non identifica un sostanziale legame tra il moto ondoso provocato dalle grandi navi e i problemi legati al fenomeno.

Tra il 1999 e il 2003 sono stati effettuati degli studi sul moto ondoso provocato dal passaggio delle grandi navi. La conclusione cui hanno portato le misure eseguite è che le grandi navi non modificano in modo apprezzabile il moto ondoso di per sé rilevante che attualmente è presente negli specchi d'acqua esaminati, per cui non vi è alcun maggior pericolo per la stabilità delle fondamenta adiacenti.

Le misure hanno rivelato un altro fenomeno: al passaggio della nave di grande tonnellaggio si verifica un abbassamento del pelo libero che, in dipendenza delle caratteristiche del passaggio, si è mostrato variare da alcuni centimetri a 18 centimetri. D'altra parte, la variazione percentuale della sezione del canale per effetto di tale abbassamento è di qualche unità percentuale e

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perciò i suoi effetti sulle velocità della corrente, sono da ritenersi trascurabili. Il moto ondoso generato dal passaggio delle navi di grande tonnellaggio si è rivelato molto contenuto, tale da non poter essere distinto dal resto del moto ondoso.

Gli effetti di tale agitazione sulle opere di conterminazione di recente realizzazione e costituite da muri in cemento armato fondati su pali, appaiono del tutto trascurabili. Il passaggio della carena di queste navi comporta un abbassamento medio della superficie libera nei canali di transito che non comporta effetti apprezzabili vicino alle rive.

Da una prima analisi delle misure sperimentali si è osservato che l’abbassamento del pelo libero registrato nello studio precedente, lungo le sponde del Canale della Giudecca e del Bacino S. Marco, è con buona approssimazione confrontabile a quello restituito dalle misure all'interno dei canali minori limitrofi.

L'abbassamento di livello, una volta arrivato alla sezione iniziale dei canali minori, genera un'onda negativa che si propaga lungo i canali stessi, provocando un abbassamento del pelo libero e un incremento della velocità della corrente. Le variazioni di livello sono sempre minori di 20 cm e di difficile percezione diretta.

Le variazioni di velocità sono anch'esse contenute in limiti tali da essere confrontabili con le normali velocità di marea e da non provocare pericoli per i marginamenti o erosioni del fondo; esse possono essere percepite soltanto a bordo di una piccola barca a remi e possono comportare spostamenti visibili del materiale galleggiante presente nel canale (Autorità Portuale di Venezia, 2010).

Nel 2008, l’Autorità Portuale di Venezia ha promosso un nuovo studio sul moto ondoso utilizzando una tecnica definita “stereo-fotogrammetrica”, valutando non solo l’ampiezza dell’onda, ma anche la sua direzione di propagazione, ottenendo così la distribuzione spazio-temporale del moto ondoso, a partire dalle navi che lo generano fino alla linea di riva. La tecnologia adottata utilizza un sistema di visione stereoscopico costituito da due telecamere digitali installate in posizioni vicine tra loro che inquadrano la stessa porzione di superficie di mare.

Tra i risultati dell’indagine sono state anche prodotte alcune mappe

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tridimensionali, rappresentanti l’evoluzione della superficie dell’acqua nel tempo legata transito dei natanti.

Viene sostanzialmente confermato, anche in questo caso, quanto emerso nel corso degli studi precedenti.

Le misure eseguite e le riprese effettuate hanno evidenziato che il moto ondoso nel canale della Giudecca è caratterizzato da onde di breve periodo, con altezze massime fino a 1 m. Le navi ed i traghetti non concorrono a tale moto, principalmente invece è dovuto alle imbarcazioni, pubbliche e private, di piccola stazza e veloci, che certamente transitano ad una velocità molto più elevata rispetto a quella delle grandi navi.

Dalle analisi eseguite è emerso che l’effetto principale del passaggio delle navi e dei traghetti attraverso il canale della Giudecca è quello di generare un abbassamento del piano medio dell’acqua che dalla chiglia della nave si propaga verso le sponde del canale.

In generale questo abbassamento dipende dal rapporto tra la sezione corrente della nave e la sezione e liquida del canale, dalla velocità della nave e dalla profondità del canale (Autorità Portuale di Venezia, 2010).

A supporto di questa tesi si aggiunge il fatto che le navi di ultima generazione hanno soluzioni tecnologiche di avanguardia. Secondo questa linea di “pensiero”, le navi non entrano nel canale della Giudecca con i motori accesi ma vengono trascinate dai rimorchiatori. Di conseguenza la mole della nave non crea autonomamente fenomeni meccanici in profondità anche perché le chiglie sono pressoché piatte (Codello, 2008).

L’ inquinamento atmosferico Le emissioni prodotte in un giorno da una singola nave da crociera sono

state stimate equivalenti a quelle prodotte da 12.000 automobili e consistono in vapor acqueo, anidride carbonica, anidride solforosa, ossidi di azoto e particelle sospese (PM10 e PM2,5)

Le emissioni di CO2 alla ciminiera sono inevitabilmente proporzionali al consumo di combustibile, quindi, limitabili solo con la maggior efficienza dei motori e della nave, soprattutto in prospettiva di velocità.

Le emissioni di SO2 dipendono dalla qualità del combustibile navale, cioè da un suo alto contenuto di zolfo mentre le emissioni di NOx dipendono dalla

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qualità della combustione: sono limitabili a bordo con tecniche HAM (humid air motor) o con dispositivi SCR (selective catalitic reduction) installati a monte delle turbosoffianti.

L'ARPAV ha dimostrato che il traffico croceristico è a Venezia il maggior produttore di inquinamento atmosferico: la produzione di polveri sottili è praticamente pari a quella prodotta dal traffico automobilistico di Mestre («Apice, Common Mediterranean strategy and local practical Actions for the mitigation of Port, Industries and Cities Emissions, Modelli e Metodi per l'indagine», tab. 19 pag. 30).

Ogni nave inquina moltissimo e soprattutto quando è all'ormeggio; il tenore di zolfo nel carburante di queste navi è del 3.5% in navigazione e solo dal 20 maggio 2012 è stato ridotto allo 0,1% in laguna com’era da qualche tempo all'ormeggio (per capire, il tenore di zolfo nel diesel delle automobili è dello 0.001%, cioè 3500 volte inferiore al limite in navigazione e 100 volte inferiore al limite lagunare), inoltre l’eccessivo zolfo è ulteriormente impattante a Venezia a causa dell'anidride solforosa che trasforma in gesso i marmi dei monumenti veneziani e danneggia malte ed intonaci.

Lo studio dell’ARPAV rileva che a San Basilio c’è un pesante inquinamento (medio) con il superamento dei limiti per due inquinanti importanti: Ossidi di Azoto e PM10: questi inquinanti sono al di fuori dei limiti di legge, le autorità pubbliche (in particolare il sindaco) e l'Asl dovrebbero urgentemente attivarsi a tutela e difesa della salute dei cittadini.

Il Biossido di Azoto è superiore come media annua del 20% rispetto al valore limite per la protezione della salute. Gli Ossidi di azoto sono superiori del 300% rispetto al limite richiesto per la protezione degli ecosistemi.

Il particolato sospeso (PM10) supera abbondantemente la soglia giornaliera per un numero di volte ben superiore alle 35 indicate come limite annuo per la protezione della salute (una ventina di volte solo nei 35 giorni di indagine invernale e tre volte in quella estiva: in 365 giorni i superamenti saranno dunque circa 120, poco meno del 400% rispetto al limite).

L’inquinamento atmosferico deriva da due principali fonti: 1. Inceneritori: Grande varietà di rifiuti, ovvero rifiuti pericolosi, oli, fanghi oleosi o di depurazione, plastiche, metalli, vetro. Una nave da crociera può bruciare da 1 a 2,5 t/day di fanghi oleosi;

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2. Motori: In base al combustibile utilizzato e al regime di navigazione vengonoemessi diversi inquinanti. Il totale combustibile è di circa 280 milioni di tonnellate/anno.

Figg. 14, 15 – Esempi di emissioni di fumi inquinanti da un traghetto (a sinistra) e da una nave da crociera (a destra).

Gli inquinanti emessi sono: Biossido di Carbonio (CO2), Ossidi di Azoto (NOx), Monossido di Carbonio (CO), Ossidi di Zolfo (SOx), Composti Organici Volatili (VOC), Particolato (PM),Idrocarburi incombusti (HC) e IPA (Idrocarburi policiclici aromatici alcuni dei quali cancerogeni) , Diossine e Metalli tossici e pesanti (D. Contini et al., 2011). Ogni anno le navi di grandi dimensioni emettono circa: 1.2 – 1.6 Mt di PM con diametro inferiore a 10 μm (<PM10) 4.7 – 6.5 Mt di SOx (5-9%) 5 – 6.9 Mt di NOx (15-30%) 800 Mt di CO2 (3%) E si stima un incremento del 40- 50% entro il 2020. La Legislazione in materia di controllo delle emissioni di inquinanti del traffico marittimo è entrata in vigore con estremo ritardo rispetto a quella del traffico terrestre; è molto più “permissiva” e consente l’uso di carburanti molto più sporchi di quelli usati nel trasporto terreste. Così, i carburanti più puliti usati dalle navi sono circa 100 volte più sporchi di quelli terrestri. Il traffico delle Grandi Navi dal 2005 ad oggi è aumentato notevolmente; c’è stato un aumento del 41% sul traffico del 2010 e del 60% sul traffico per tutto il 2011, anche tenuto conto delle autoriduzioni previste dall’accordo Blue Flag3 e di alcuni limiti più restrittivi per i contenuti di zolfo sui carburanti imposti dal

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2010 per le navi in fase di ormeggio e per le navi passeggeri di linea che collegano porti CEE. Ricordiamo solo alcuni numeri relativi all’inquinamento prodotto da Navi da Crociera e Traghetti nel Centro Storico di Venezia (ARPAV, 2011): - Ossidi di Azoto: 1.083 tonnellate /anno - Biossido di Zolfo: 1.158 tonnellate /anno - Biossido di carbonio: 69.985 tonnellate/anno - Idrocarburi: 104 tonnellate/anno - Polveri: 180 tonnellate/anno

Fig. 16 – Altro esempio di fumi inquinanti emessi da una nave passeggeri.

Tutti i dati esaminati dall’ ARPAV, non sono da considerarsi definitivi e vanno presi con le pinze poiché è difficile riuscire a capire la provenienza precisa degli inquinanti nell’atmosfera; ed è difficile riuscire a separare le emissioni marittime da quelle urbane e stradali a causa dei fenomeni meteorologici che trasportano e disperdono gli inquinanti e dei processi chimico-fisici, che trasformano i composti (es. Aerosol secondario

La Commissione Europea afferma che in futuro la situazione peggiorerà ancora di più nonostante l’introduzione delle norme restrittive per alcuni inquinanti; rispetto ai valori del 2000 nel 2020 le emissioni di biossido di zolfo (SO2) e biossido di azoto (NO2) risulteranno accresciuti rispettivamente del

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41% e del 49%. Nel 2017 le emissioni di SO2 prodotte dalla navigazione supereranno quelle prodotte da fonti terrestri e nel 2020 ci sarà il superamento anche per gli ossidi di azoto (NOx) . Ciò è dovuto non solo alla crescita tendenziale delle emissioni marittime (3.5% l’anno) ma anche dalla riduzione delle emissioni nei settori terrestri sotto la spinta della legislazione UE.

I risultati dello studio effettuato, sintetizzati nella tabella 1, si riferiscono al contributo diretto delle emissioni dei vari inquinanti dovuti al traffico navale passeggeri della Stazione Marittima di Venezia nel periodo estivo. ll contributo diretto delle grandi navi alle polveri sottili è stimato essere compreso fra il 2% e 8% durante il transito, e il 14%-15% durante lo stazionamento. A ciò si aggiunge il 10% per gli IPA e 15% per anidride solforosa.

L’inquinamento da prodotti chimici antifouling Esistono rischi associati agli impatti delle sostanze chimiche antifouling ossia

che impediscono la proliferazione adesa allo scafo di biomassa vegetale ed animale marina che vengono, di routine, aggiunti alle vernici utilizzate per le navi. Il loro uso è dettato dal fatto che i depositi di organismi marini e di biomassa diminuiscono la manovrabilità del natante, fanno aumentare il consumo di carburante e aumentano il rischio di trasportare organismi esotici indesiderati in nuove aree. Queste sostanze chimiche possono diventare un problema ambientale ed eco tossicologico quando la nave è stazionata in laguna per un tempo lungo, o quando lo scafo venga ripulito o trattato per ridipingerlo.

Il prodotto utilizzato da sempre per questi scopi è Il tributilstagno (TBT) è un composto organico dello stagno mescolato, fin dagli anni Sessanta, nelle pitture marine con scopo antivegetativo. Alla fine degli anni Settanta, si cominciò a notare come il TBT provocasse effetti negativi sulla fauna marina, in particolare sulle lumache marine. Successivamente4 si scoperse come il TBT agisse come un interferente endocrino per le specie bersaglio, ma causasse anche sterilizzazione ed alterazioni nella sessualità degli animali marini con sviluppo di organi sessuali maschili (o imposex) su femmine di molti tipi di molluschi in tutto il mondo, pur anche se presente in concentrazioni molto basse.

Gli effetti dannosi per l’ambiente del TBT furono notati, sempre negli anni ’70, negli allevamenti francesi di ostriche sulla costa Atlantica. Da allora, sono

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state ritrovate quantità sempre maggiori di composti organostannici negli organismi marini di tutto il mondo fino a livelli più alti della catena alimentare, come pesci, uccelli marini e mammiferi marini. Queste sostanze hanno un effetto devastante sul sistema ormonale di alcuno specie, e anche gli esseri umani potrebbero correre dei rischi se consumassero pesci contaminati. Si tratta di composti capaci di alterare persino le caratteristiche sessuali degli organismi colpiti, con gravissime ripercussioni sulla riproduzione.

Lungo le coste italiane sono stai ritrovati livelli di TBT di 560 nanogrammi per litro, una “bomba tossica” rispetto alla concentrazione, considerato innocua, di 1 nanogrammo per litro.

Tale alterazione endocrina è stata osservata anche in quattro stazioni situate vicino ai canali che collegano la Laguna di Venezia con il Mare Adriatico (due all'interno della laguna e due al di fuori di essa), in particolare l'imposex (sovrapposizione delle caratteristiche sessuali maschili sulle femmine di gasteropodi Hexaplex trunculus. per valutare la loro contaminazione. (Pelizzato et al., 2004)

Le soluzioni al problema

L’estromissione delle navi dal Bacino di San Marco e dal Canale della Giudecca L’estromissione dalla laguna del traffico passeggeri, delle grandi navi da crociera e del traffico petrolifero si avrebbe con la creazione di un avamporto, come già avviene a Monaco, al fine di poter rialzare i fondali delle bocche di porto e di eliminare il danno prodotto dal passaggio delle navi stesse. La massa d’acqua spostata è infatti pari al dislocamento delle navi stesse: fino a 60.000 tonnellate. Le moderne navi da crociera sono inoltre dotate di enormi eliche trasversali che generano violenti getti subacquei. Lo spostamento di queste grandi masse d’acqua provoca, nel fragile ambiente veneziano, erosione dei fondali lagunari, delle fondazioni delle rive e degli edifici prospicienti i rii che sboccano in Bacino. Ciò al fine di limitare non solo i danni alla città ma anche per combattere il problema delle acque alte.

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La costruzione di un “Porto Rifugio” La necessità di costruire una “base di appoggio” per le navi al di fuori dalla

laguna è strettamente legato alla gestione del traffico marittimo in seguito all’entrata operativa del MoSE.

La piattaforma portuale in acque profonde (20 m) avrà anche la necessaria funzione di “Porto Rifugio”.

In caso di chiusura delle paratoie del sistema MoSE, le navi in attesa di ingresso in laguna potranno essere ospitate all’interno di una struttura protetta atta a far fronte anche a situazioni di emergenza in mare. Questo fa parte di uno dei tre progetti di sviluppo dell’area portuale. Il nuovo terminal delle Autostrade del Mare, a Fusina, avrà una propria piattaforma logistica collegata alla rete ferroviaria e potrà servire fino a 1200 traghetti.

Il progetto prevede la realizzazione all’incrocio del canale industriale Sud e dell’ultimo tratto del canale di Malamocco-Marghera. Il complesso sarà dotato di 2 darsene con 4 banchine capaci di ospitare contemporaneamente 4 navi. Servirà il traffico rotabile, cioè i traghetti che trasportano camion o i loro rimorchi (Ro-Ro) e i traghetti che possono portare anche auto e passeggeri (Ro-Pax).

Oltre all’infrastruttura portuale il progetto prevede anche la realizzazione di una piattaforma logistica dotata di infrastrutture viarie e ferroviarie e di nuovi fabbricati, magazzini, piazzali portuali e parcheggi per un’area complessiva di 36 ettari.

Quindi, la prima parte dell'intervento riguarderà due darsene capaci di ospitare appunto traghetti e una nave da crociera da oltre 300 metri di lunghezza mentre, in un secondo tempo, è in programma una piattaforma logistica da 324 mila metri quadrati per lo stoccaggio e il movimento merci. A pieno regime il terminal movimenterà 850 traghetti e 110 treni all'anno fino a raggiungere gradualmente la quota di 1000 traghetti.

I vantaggi che quindi questo sistema recherebbe alla città riguarda il fatto che la totalità delle navi traghetto che oggi passa per il Canale della Giudecca entrerà in laguna attraverso la bocca di porto di Malamocco, riducendo il traffico di 500 veicoli al giorno sul Ponte della Libertà e di 400 traghetti all’anno nel Canale della Giudecca.

Il progetto mira al recupero di un sito industriale dismesso rientrando così

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nell’ambito delle operazioni di riconversione e bonifica dell’area di Porto Marghera.

Il “Cold Ironing” ENEL e Autorità Portuale di Venezia stanno progettando un sistema per alimentare da terra le navi ormeggiate (Cold Ironing), consentendo di tenere i motori spenti durante la permanenza in porto (il Cold Ironing è già in funzione dal 2010 per i mega-yacht) (Autorità Portuale di Venezia, 2010). Il Cold Ironing è un sistema che permetterebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 30% e quelle di ossidi di zolfo, ossidi di azoto e particolato per oltre il 95%, azzerando, nel contempo, l’inquinamento acustico.

Fig. 17 – Schena per alimentare da terra le navi ormeggiate (Cold Ironing).

Conclusioni Il tema del passaggio delle navi da crociera in laguna si è rivelato essere

molto complesso. Nella trattazione si sono evidenziati due atteggiamenti contrapposti: da una parte l’Autorità Portuale di Venezia, dall’altra si pongono le associazioni come Italia Nostra o Per Venezia che si “battono” per la salvaguardia della città. Deve far riflettere il fatto che le leggi speciali per Venezia prescrivono da quaranta cinque anni (legge n. 171 del 1973)

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l'estromissione per lo meno del traffico petrolifero dalla laguna, ma finora non vi si è ottemperato e solo oggi ci si ripensa realmente, non solo a merito di ragioni ambientali ma soprattutto per adeguare la portualità ai nuovi traffici in crescita e per temperare gli intralci e i ritardi all'entrata delle navi in laguna che il “Mose” comporterà. Proprio su questo punto può nascere un compromesso tra sostenibilità ambientale ed economica, la ricerca di un progetto adeguato deve vertere sul fatto che sia possibile accontentare entrambe le esigenze.

Se si estromettessero anche le navi da crociera, per la prima volta da duecento anni a questa parte si potrebbe cominciare a pensare di invertire davvero il degrado della laguna, arrivando forse in futuro alla chiusura del Canale dei Petroli, rimuovendo cioè le cause del dissesto morfologico così come prescritto dalle leggi speciali (legge n. 798 del 1984). Ma dal Decreto Clini-Passera per Venezia, non abbiamo ancora alcun risultato concreto. Speriamo che al più presto si trovi una soluzione affinché le grandi navi non creino più rischi a Venezia e alla laguna, senza mettere in crisi un settore importante dell’economia città.

A questo punto è necessario soffermarsi su ciò che è veramente importane: puntare sul risvolto economico di questo tipo di turismo che sta incidendo irrimediabilmente sulla laguna o salvaguardare la città anche per le generazioni future? Venezia è una città unica al mondo ed unica è la possibilità di giungere in città con la nave avendo ai propri occhi la vista dall’alto della città e della laguna; ma proprio per la sua unicità, Venezia necessita di particolari attenzioni che mirino alla sua protezione. Proprio per questo, un progetto di un Terminal delle Autostrade del Mare fuoir dalla laguna avrebbe un duplice effetto: venire incontro alla giusta richiesta dei veneziani affinché venga ridotto il traffico navale nel centro storico e la grande opportunità di promuovere l’area industriale di Marghera, rilanciarla e riqualificarla con nuovi obiettivi diversi da quelli della chimica del passato ora non più attuabili.

Ringraziamenti Questo lavoro si basa sulle tesine per la Laurea in Scienze Ambientali di

Francesca Benetello e di Francesca Zennaro che si ringraziano per la collaborazione.

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