VENETKENS. Viaggio nella terra dei Veneti antichi

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6 aprile / 17 novembre 2013 Padova / Palazzo della Ragione VIAGGIO NELLA TERRA DEI VENETI ANTICHI Info / Contatti: Assessorato alla Cultura › 049.8205542 - 5543 Segreteria Musei Civici › 049.8204508 | e-mail › [email protected] Segreteria Museo Archeologico › 049.8204572 | e-mail › [email protected] Gruppo icat › 049.8703296 | e-mail› [email protected] venetiantichi.it

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La mostra si propone come viaggio immaginario lungo coordinate spazio-temporali che consentiranno al visitatore di scoprire il mondo dei Veneti antichi, di comprenderne l’evoluzione culturale lungo il I millennio a.C. e di percepirne l’espansione e l’adattamento a un territorio dalla morfologia variegata, corrispondente al Veneto, a parte del Friuli Venezia Giulia e del Trentino. La rilevanza e unicità della mostra, rispetto ad analoghe e pur illustri rassegne espositive realizzate nel passato, è data dal fatto che per la prima volta viene presentata la storia degli antichi Veneti in modo articolato ed esaustivo, grazie a una lettura spazio-temporale (dalle origini dei primi insediamenti fi no al contatto con il mondo romano nei territori del Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino), che raccoglie tutte le conoscenze acquisite negli anni, integrandole con le più recenti scoperte archeologiche e gli ultimi studi sull’argomento. Padova, Palazzo della Ragione 6 aprile - 17 novembre 2013

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6 aprile /17 novembre

2013

Padova /Palazzo della Ragione

Viaggionella teRRa

dei Venetiantichi

info / contatti:

assessorato alla cultura › 049.8205542 - 5543

Segreteria Musei civici › 049.8204508 | e-mail › [email protected]

Segreteria Museo archeologico › 049.8204572 | e-mail › [email protected]

gruppo icat › 049.8703296 | e-mail› [email protected]

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Mostra promossa e organizzata da:

assessorato alla cultura - comune di Padova / Ministero per i Beni culturali - Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto / gruppo icat

in collaborazione con:

Questo opuscolo vuole rappresentare un utile strumento per insegnanti e alunni in

visita alla mostra Venetkens. Viaggio nella terra dei Veneti antichi, che si terrà a

Palazzo della Ragione dal 6 aprile al 17 novembre 2013.

La rilevanza e unicità della mostra, rispetto ad analoghe e pur illustri rassegne

espositive realizzate nel passato, è data dal fatto che per la prima volta viene

presentata la storia degli antichi Veneti in modo articolato ed esaustivo, grazie a

una lettura spazio-temporale (dalle origini dei primi insediamenti fi no al contatto

con il mondo romano nei territori del Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino), che

raccoglie tutte le conoscenze acquisite negli anni, integrandole con le più recenti

scoperte archeologiche e gli ultimi studi sull’argomento.

Oltre alla complessità e all’indubbio valore scientifi co di tale operazione culturale,

che ha coinvolto archeologi, direttori di Musei e Soprintendenze di diverse regioni,

la mostra risulterà particolarmente accattivante anche per il pubblico più giovane

per la particolarità dell’allestimento, che comprende postazioni multimediali,

effetti sensoriali e le ricostruzioni di un’abitazione, di un santuario e di un tumulo

funerario. Sono previsti inoltre percorsi didattici e laboratori.

Visitare la mostra usufruendo della guida di un operatore didattico offre alle

classi l’opportunità di individuare immediatamente l’organizzazione e la logica

del percorso espositivo e di intraprendere un viaggio immaginario nel corso del

quale studenti e insegnanti, condotti con un linguaggio appropriato e adattato

di volta in volta alle diverse età scolastiche, conosceranno i reperti esposti in

mostra e approfondiranno in modo piacevole gli aspetti più signifi cativi che hanno

caratterizzato la storia e la cultura dei Veneti antichi. I laboratori proposti intendono

coinvolgere i ragazzi in divertenti attività pratiche comunque coerenti con gli

argomenti affrontati durante la visita didattica.

. Premessa

Comune di PadovaAssessorato alla Cultura

Andrea Colasio

assessore alla culturadel comune di Padova

Vincenzo Tinè

Soprintendente per i Beni archeologicidel Veneto

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Palazzo della Ragione era l’antica sede dei tribunali cittadini di Padova.

La sua copertura è a forma di carena di nave rovesciata. Il piano superiore è occupato

dalla più grande sala pensile del mondo, il “Salone” (misura 81 metri per 27 e ha

un’altezza di 27 metri).

Gli affreschi originali, realizzati da Giotto, andarono distrutti. Il Salone è ornato da un

grandioso ciclo di affreschi a soggetto astrologico basati sugli studi di Pietro d’Abano.

Nella sala è conservato un cavallo in legno, copia rinascimentale del monumento al

Gattamelata di Donatello.

Il Salone divide le due grandi piazze delle Erbe e della Frutta, sedi dei mercati padovani.

Sotto il Salone, lungo due gallerie parallele, trovano posto numerose e caratteristiche

botteghe di generi alimentari.

. Palazzo della Ragione

Sul fi nire del II millennio a.C., e in modo più articolato nel corso del I, l’Italia nord-

orientale ha visto fi orire la civiltà dei Veneti antichi, una popolazione che il mito vuole

originaria dell’Asia minore, giunta in Occidente per vie non ancora identifi cate con

sicurezza tra XIII e XII secolo a.C., nel periodo cioè che ha visto le grandi migrazioni dei

popoli indoeuropei. È il periodo che le fonti letterarie hanno identifi cato con la guerra

e la caduta di Troia e con le peregrinazioni sui mari delle genti sconfi tte e dei loro

condottieri.

Nonostante la signifi cativa mole di dati che le ricerche degli ultimi decenni hanno

permesso di raccogliere, molte sono ancora oggi le incertezze che, sul piano scientifi co,

persistono a proposito delle dinamiche del popolamento che hanno caratterizzato la

penisola italica in questa fase, coincidente con l’età del Bronzo fi nale.

Più chiara è invece la situazione che va delineandosi subito dopo, a partire dal X-IX

secolo a.C., momento in cui si confi gurano precise realtà etnico-culturali collegate a

specifi che aree territoriali dando inizio alla storia antica d’Italia.

Secondo quanto attesta la tradizione, i Veneti, alleati dei Troiani, dopo la caduta di Troia

sarebbero approdati sulle coste dell’alto Adriatico e qui, cacciate le popolazioni locali -

identifi cate dalle fonti letterarie con gli Euganei - si sarebbero stanziati. I dati archeologici

parlano di una realtà culturale, esito di un processo formativo prevalentemente locale

con importanti infl uenze esterne. Dopo un periodo di crisi tra XII e IX secolo a.C., va

confi gurandosi in modo omogeneo in un esteso e articolato territorio, corrispondente alle

attuali regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e parte del Trentino Alto Adige; un territorio

delimitato da confi ni naturali costituiti dal Po a sud, dal Mincio e dal Garda a ovest, dalla

valle dell’Adige a nord-ovest e dall’arco alpino a nord e nord-est.

Si tratta quindi di una realtà territoriale molto vasta e dalla morfologia eterogenea,

che comprende aree planiziali, collinari e montane, ma anche estesi ambiti paludosi,

concentrati soprattutto nella bassa pianura veneto-friulana prospiciente la gronda

lagunare. Un territorio caratterizzato da pianure fertili e da ampie aree boschive, solcato

da importanti corsi d’acqua e situato in una posizione strategica, data la sua proiezione

verso il centro dell’Europa e data la presenza di una lunga linea litoranea che, grazie alla

presenza delle lagune, garantiva una navigazione sicura e facili approdi. Territori diversi,

dunque, che hanno visto diverse forme di popolamento e di apertura verso le realtà

limitrofe, sia pure nell’ambito di una comune matrice culturale. E se il nucleo centrale

del mondo veneto antico va individuato nella zona euganea, non meno importanti sono

le articolazioni riscontrabili nella valle del Piave, nel Cadore, nei territori più orientali,

al confi ne con l’Istria, e nella zona meridionale, tra Adige e Po, dove i contatti con il

mondo etrusco hanno determinato esiti culturali ancora diversi.

In un quadro così complesso, è però importante rilevare che nell’Italia del I millennio a.C.

i Veneti, si confi gurano come una realtà culturale ben defi nita, stanziata in un territorio

ampio, ma dai confi ni precisamente delineati già dall’VIII sec. a.C., e dotata di uno

spiccato senso della propria identità.

. Veneti antichi Lineamenti storici

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Situla Benvenuti, VI sec. a.C. (Museo Nazionale Atestino – Este)

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oggi si dispone, un quadro che non è finora mai stato offerto al grande pubblico, a

fronte di una produzione scientifica che si è invece negli ultimi anni enormemente

accresciuta.

L’esposizione intende proporre un una visione articolata ed esaustiva del

mondo veneto in cui i vecchi dati risultino integrati con i nuovi. Territorio,

insediamenti, mondo dei vivi e dei morti, commerci, religione, espressioni artistiche:

la civiltà veneta verrà presentata in un percorso che si snoderà attraverso tutte

le possibili articolazioni culturali e con l’esposizione di manufatti abitualmente

conservati nei diversi musei del Veneto e/o nei depositi della Soprintendenza e che,

per questa occasione, verranno riuniti e messi a confronto.

E per reperti che non sarà possibile spostare, e che quindi resteranno esposti nella

loro sede abituale – si pensi ai numerosi Musei nazionali e Civici dislocati nel Veneto

– si potrà pensare alla costituzione di una sorta di “esposizione satellite” rispetto

alla mostra principale.

La mostra sui Veneti sarà dunque caratterizzata da respiro nazionale e avrà grande

attrattività regionale, sarà infatti l’occasione per focalizzare l’attenzione

sulla storia antica del Veneto inteso come grande crocevia del passato,

come territorio aperto agli scambi culturali e non come territorio-fortezza

arroccato entro confini chiusi e invalicabili.

La mostra, infine, è in quanto tale un evento effimero. Tuttavia, oltre alla valenza

scientifica che un’esposizione di questo tipo presuppone, non va dimenticato che

il suo fine ultimo travalica, in realtà, la sua durata come evento espositivo e

consiste nel creare nuove opportunità di conoscenza per il pubblico e nello

stimolare un avvicinamento alle diverse realtà museali.

In definitiva, un evento di questo tipo, nel momento in cui ripropone la conoscenza

del passato, non può che contribuire ad accrescere l’interesse e l’amore per le

proprie radici.

La civiltà dei Veneti antichi è nota solo a partire dal 1876, anno in cui a Este, nel

fondo Boldù-Dolfin, nel corso di operazioni di aratura avvenne la prima, casuale,

scoperta di alcune sepolture, due delle quali caratterizzate da un ricco corredo con

vasellame bronzeo decorato.

Gli anni immediatamente successivi a questo ritrovamento furono caratterizzati da

intense ricerche e studi, i cui risultati confluirono in una pubblicazione del 1882, a

firma di Alessandro Prosdocimi, allora conservatore del Museo Civico di Este, che

costituisce il primo lavoro scientifico su questa cultura e i cui assunti generali sono

tuttora un punto di riferimento per gli studiosi.

È dunque solo dalla fine del XIX secolo che la storia della popolazione presente

nel Veneto preromano assume una fisionomia scientifica, comprovata da dati

archeologici, lasciandosi alle spalle tutto quel complesso di nozioni, a volte destituite

di fondamento, che derivavano dall’erudizione medievale e umanistica e che

partivano dalla convinzione che nulla si fosse conservato delle fasi più antiche della

storia del territorio.

In seguito, con i primi anni del Novecento, la conoscenza della civiltà dei Veneti

divenne sempre più raffinata grazie al susseguirsi delle scoperte, alle relative

pubblicazioni e ai convegni, tanto che nell’arco di pochi decenni agli studiosi fu

chiaro che se Este fu il centro più antico, e per molto tempo il meglio documentato,

esso non fu il solo: accanto a Este le ricerche hanno riportato via via alla luce

le complesse fasi protostoriche di Padova, di molti centri della valle del Piave e

del Cadore, e poi di Vicenza, di Altino, di Treviso, di Oderzo, di Concordia e del

territorio compreso tra Tagliamento e Isonzo, di un territorio, in altre parole, così

vasto da indurre ad abbandonare l’iniziale denominazione di “civiltà atestina”

a favore della più ampia denominazione “civiltà paleoveneta”, a sua volta oggi

sostituita dalla denominazione di “civiltà veneta antica”, nell’intento di recuperare

quel termine “Veneti” (Enetoi) con cui le fonti letterarie hanno indicato in modo

univoco la popolazione residente in questa vasta area prima dell’arrivo dei Romani.

Nel corso del tempo, soprattutto nella seconda metà degli anni Novanta, l’affinarsi

dei metodi di indagine e l’evoluzione disciplinare dell’archeologia hanno portato

a radicali revisioni dei vecchi dati e sono stati quindi pubblicati molti lavori

sistematici con tagli tematici specifici: sono stati avviati studi sulle dinamiche

territoriali e commerciali, sul rapporto gerarchico tra i diversi insediamenti, sulla

loro articolazione topografica, sulle necropoli e l’organizzazione sociale che esse

riflettono, sulla realtà del sacro e la sua proiezione sul territorio, sulla cultura

materiale, sull’evoluzione tipo-cronologica di molte classi di manufatti, sulla lingua e

sulla scrittura dei Veneti antichi.

Gli scavi più recenti, poi, condotti con il rigore scientifico dell’archeologia moderna,

realizzati tanto all’interno dei centri storici quanto nelle aree marginali o periferiche,

hanno gettato nuova luce sulle conoscenze del mondo veneto antico.

L’obiettivo della mostra è di presentare al pubblico la civiltà dei Veneti antichi

offrendo un quadro nuovo, aggiornato e complessivo delle conoscenze di cui

. I Veneti Antichi

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.Fra le nebbie del Delta, gli albori di una civiltà

Il percorso prende avvio dall’area del Delta padano, grande crocevia di culture in area

alto adriatica. Il periodo da cui inizia il viaggio immaginario corrisponde all’età del

bronzo recente e finale (XIII-X secolo a.C.), momento che precede la vera e propria

formazione della civiltà dei Veneti antichi. Un’immagine suggestiva, posta in apertura,

accoglie il visitatore che sta per entrare nel vero e proprio percorso espositivo:

un’immagine del delta del Po, immerso nella nebbia. Un’immagine, dunque, dai

connotati volutamente indefiniti, che deve suggerire un tempo e uno spazio dai

contorni evanescenti.

Questa sezione è finalizzata a contestualizzare il “territorio dei Veneti prima dei

Veneti”: vengono esposti materiali dell’età del bronzo recente (XIII-XI sec. a.C.)

provenienti dai siti del Polesine e dell’area basso-veronese. Si tratta di ceramiche di

paste vitree e di ambre che ben testimoniano la vitalità economica di questa zona,

al centro di scambi con aree anche molto lontane, in periodi che non si riteneva,

fino a qualche anno fa, potessero essere stati così intessuti di contatti commerciali

ad ampio raggio. Questa sezione è caratterizzata dalla presenza di materiali di

piccole dimensioni, ma in molti casi decisamente preziosi. Alcuni effetti speciali sono

perciò necessari per restituire al visitatore la sensazione di questa “preziosità”: a tal

fine, in questo punto, un effetto “pioggia d’ambra”, realizzato mediante semplice

videoproiezione, crea un effetto suggestivo che rievoca, attraverso citazioni degli

autori antichi, il mito di Fetonte e delle sue sorelle, le Eliadi. Racconta infatti il mito

che Fetonte, dopo aver rubato il carro al padre Elios (il Sole) e aver combinato disastri

indicibili sulla terra a causa della sua imperizia nel guidarlo, venne precipitato nel

fiume Eridano (il Po) per scongiurare guai peggiori. Le Eliadi ne piansero a lungo la

morte, fino a che gli dèi, mossi a pietà, le trasformarono in pioppi, mentre le loro

lacrime si mutarono in ambra.

. Il percorso espositivo. Viaggio nella terra dei Veneti antichi

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Pettine in osso dall’abitato di Frattesina, XII-X sec. a.C. (Museo Nazionale di Fratta Polesine – Rovigo)

Collane in pasta vitrea da Fratta Polesine, XII-X sec. a.C. (Museo dei Grandi Fiumi – Rovigo)

Conclude la visita alla sezione una proiezione multimediale che racconta come si

svolgeva il rito di sepoltura di un guerriero.

Vasetto fittile a forma di animale dall’abitato di Frattesina, XII-X sec. a.C. (Museo dei Grandi Fiumi – Rovigo)

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Il viaggio immaginario prosegue quindi dall’area costiera verso l’entroterra, portando

il visitatore nel territorio della pianura, in un graduale avvicinamento agli abitati. Il

viaggio è nello spazio, ma anche nel tempo: da qui infatti, lasciata l’età del bronzo, si

entra nella prima età del ferro (IX-VI sec. a.C.). Ad accogliere il visitatore una grande

immagine simbolica: un fiume ideale che racconta un rapporto di difesa e di garanzia

di sopravvivenza. Sulla parete è collocata una serie di oggetti rinvenuti nelle acque

dei fiumi veneti, una sorta di dono nell’acqua. Conclude l’esposizione degli oggetti

una restituzione grafica di una palificata lignea a testimonianza di come il fiume fosse

elemento indispensabile per la vita di un insediamento, ma al contempo anche una

forza da contenere con apposite strutture spondali.

L’avvicinamento ideale alla città prosegue incontrando dapprima il territorio

“addomesticato” dall’uomo situato in prossimità delle aree urbane: nelle vetrine una

serie di zappette e picconcini in osso-corno da Este, un vomere, alcuni denti di cinghiale,

ami da pesca e lische di lucci, macine e macinelli da vari siti del Veneto raccontano come

si sono sviluppate le pratiche agricole, ma anche l’allevamento, la caccia e la pesca.

Il graduale avvicinamento alla città è, infine, sottolineato da una sezione dedicata

alla metallurgia: la lavorazione dei metalli è infatti ben attestata - a Este, ma anche

a Padova, a Oderzo e nel Veronese – alla periferia dei centri abitati. Nelle vetrine la

fatica di lavorare il metallo è raccontata da una serie di oggetti quali ugelli, matrici,

punteruoli, crogioli, scorie, materiali semilavorati e lingottini di bronzo provenienti da

vari contesti archeologici del Veneto. A corredo una postazione multimediale permetterà

di approfondire le conoscenze sulle varie attività svolte sia all’esterno dei centri abitati sia

al loro interno.

.Verso la città: il fiume generatore di insediamenti .Dentro le “città-isole”

Doni nell’acqua: spada “ad antenne” da Casier, IX-VIII sec. a.C. (Museo Civico di Treviso)

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Lasciato il territorio ai margini della città, si giunge all’interno del centro urbano, o

meglio, di un centro urbano ideale, situato nell’area planiziale.

Gli insediamenti protostorici, a partire dall’VIII sec. a.C., si avviano infatti sempre

più verso una dimensione protourbana: i gruppi di abitazioni, con piccoli scoperti

e aree adibite ad attività artigianali, iniziano ad assumere una precisa articolazione

spaziale, con strade e sentieri di collegamento tra aree distinte. Inizia a profilarsi

una netta separazione tra un “dentro” e un “fuori” rispetto allo spazio abitato; lo

spazio interno, a sua volta, inizia ad assumere una precisa articolazione che ne rivela

un progetto organizzativo. Gli spazi pubblici si distinguono sempre più dagli spazi

privati: un’articolazione spaziale che riflette l’esistenza di una comunità socialmente e

politicamente strutturata e che, sul piano dell’evidenza materiale, è ben comprovata dal

rinvenimento in diversi siti del Veneto di segnacoli di confine: i cippi confinari.

La vita all’interno della città era contrassegnata da aspetti legati alla quotidianità

e da alcune tipiche attività di carattere artigianale, prima fra tutte la lavorazione

dell’argilla per la produzione della ceramica. Una lunga parete sarà pertanto destinata a

presentare la ricchezza delle tipologie, a metterne in luce le peculiarità in base ai centri

di produzione. E la ceramica, nel percorso espositivo, è l’elemento che accompagna

il visitatore fino a uno dei punti più emozionanti della visita: la ricostruzione di alcuni

ambienti di una tipica abitazione protostorica di ambito urbano.

Cippo confinario da Padova, via C. Battisti, V sec. a.C. (Soprintendenza BBAAV – Padova)

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A quattro temi connotativi della vita urbana nel mondo veneto antico, sono dedicate

quattro nicchie situate subito dopo la ricostruzione della casa.

La prima nicchia presenta una serie di alari, oggetti in pietra o terracotta usati in coppia

sul focolare per il sostegno della legna o dello spiedo: tipica espressione del mondo

veneto protostorico sono gli alari conformati a testa di animale (ariete, cavallo, cane),

tuttavia la più antica forma attestata è a mattonella rastremata.

Nella seconda nicchia sono invece collocate le due grandi “fiere” di Oderzo, manufatti

tra loro molto simili, in terracotta, a forma di animale fantastico, accovacciato. Si

tratta di oggetti imponenti, ma di incerto utilizzo: forse erano di elementi di arredo,

ma più verosimilmente si potrebbe trattare di terrecotte architettoniche funzionali alla

decorazione esterna di un edificio monumentale.

La terza nicchia è destinata alla presentazione di alcuni depositi votivi (correntemente

denominati stipi) di ambito domestico: offerte rituali alle divinità al momento della

fondazione della casa, questi depositi sono costituiti da una serie di vasetti miniaturistici

da fuoco e da mensa e piccoli oggetti metallici (solitamente modellini di spiedi, alari,

palette). Venivano per lo più interrati sotto il pavimento e costituiscono uno dei pochi

elementi per la conoscenza della realtà del sacro di ambito privato nel mondo venetico.

Nell’ultima nicchia trova spazio, infine, una serie di ciottoloni, manufatti in porfido

alpino ancora oggi per molti aspetti enigmatici.

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Alare in terracotta a testa di ariete da Este, V sec. a.C. (Museo Nazionale Atestino – Este)“Fiere” in terracotta da Oderzo, V sec. a.C. (Museo Civico Opitergino – Oderzo)

.Temi urbani

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Lasciati i temi legati all’abitare, il visitatore prosegue il suo viaggio immaginario alla

scoperta di quanto gli abitati hanno restituito circa i rapporti dei Veneti antichi con

gli altri popoli: traffici, commerci, contatti e scambi di beni e di idee che fino a non

molti anni addietro si ritenevano complessivamente limitati. Oggi gli scavi archeologici

vanno invece restituendo un panorama più complesso, da cui emergono contatti con

il mondo greco, sia diretto sia mediato dai popoli dell’Italia meridionale, con il mondo

etrusco e con il mondo orientale. Bronzetti, ceramiche, oggetti in pasta vitrea delle più

diverse provenienze denotano l’apertura commerciale del mondo veneto con le realtà

contermini, con ricadute nella vita quotidiana e nella ritualità funeraria.

Bronzetto di fabbricazione etrusco-padana raffigurante Paride arciere, V sec. a.C. (Museo Nazionale di Altino) Situla Benvenuti, particolare. VI sec. a.C. (Museo Nazionale Atestino - Este)

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.I bagliori del bronzo: l’arte delle situle

Un ambiente raccolto, al centro del percorso, introduce a una delle più interessanti

manifestazioni artistiche espresse dai Veneti antichi: l’arte delle situle. Contenitori

bronzei lavorati a sbalzo a forma di secchi, le situle non erano i soli oggetti su cui i

Veneti hanno raccontato, attraverso iconografie suggestive, la loro storia: vi sono

anche cinturoni, elmi, laminette, sulle cui superfici motivi decorativi legati alla vita

quotidiana, ai commerci, alle attività agricole, alla ritualità, alla guerra si intrecciano

con grande naturalezza ad animali fantastici di derivazione orientale, indice di contatti

e scambi culturali attraverso vie non sempre di immediata comprensione. Attestazioni

di arte delle situle sono note in tutto il territorio abitato dai Veneti, fino all’estrema

propaggine orientale, oltre il Friuli (area slovena).

Il visitatore può quindi immergersi nei racconti e nelle immagini di una significativa

serie di manufatti di varia provenienza alcuni dei quali esposti qui per la prima volta.

Al centro della saletta, la situla Benvenuti, il pezzo forse più noto; mentre tutt’intorno,

lungo le pareti, sono riproposti graficamente i repertori decorativi presenti sugli oggetti.

Un filmato proiettato racconterà invece la tecnica con cui venivano lavorate a

sbalzo le superfici di questi eccezionali oggetti.

.Traffici e mercati

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Bronzetto raffigurante la “Dea di Caldevigo”, Este, V sec. a.C. (Museo Nazionale Atestino – Este)

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.Parole dal passato: la scrittura tra insegnamentoe pratica

Lasciato il mondo delle situle, il visitatore incontra un secondo aspetto di grande rilievo

nella cultura dei Veneti antichi: la scrittura e il suo insegnamento, realtà in entrambi

i casi correlate alla dimensione del sacro. Dal santuario di Este dedicato alla dea

Reitia provengono infatti numerose tavolette con alfabetari e centinaia di stili scrittori

(punteruoli utilizzati per incidere le tavolette cerate, con un’estremità a spatola per le

necessarie cancellature), tutti realizzati in bronzo. Si tratta di ex-voto realizzati a partire

da oggetti di effettivo utilizzo e costituiscono una documentazione pressoché unica.

Essi denotano inoltre come, all’interno di talune aree sacre, la scrittura fosse praticata

ma fosse anche oggetto di insegnamento.

Santuario come centro-scrittorio, dunque, e santuario come centro di trasmissione

della conoscenza. Una gigantografia di una delle tavolette alfabetiche rinvenute a

Este sottolinea l’aspetto didattico, abbastanza inusuale nell’antichità. Di fronte, vari

gli oggetti iscritti che raccontano le diverse valenze della scrittura e le particolarità

scrittorie locali: iscrizioni di carattere pubblico, privato, funerario, religioso. Al termine

della sezione, un monitor con la riproduzione dell’alfabeto venetico invita il

visitatore a riprodurre il proprio nome con gli antichi caratteri. Il visitatore,

allontanandosi con il foglio così stampato, è invitato a depositarlo, quasi come

un’offerta votiva, nella sezione successiva, l’area sacra, al cui ingresso trova due

grandi iscrizioni: una dedica agli dèi dei confini, i Termonios deivos, e un’iscrizione che

menziona lo “spazio sacro”.

.Lo splendido privilegio delle offerte e dei sacrifici

L’area destinata al sacro, evocativa del santuario di pianura, è a forma circolare e

delimitata da tubi verticali che richiamano la radura circondata dalla vegetazione:

l’insieme è di grande impatto. Al centro è situato un altare a cenere, la tipica

struttura su cui venivano bruciate le offerte. Tutt’intorno, a terra, frammenti di vasi di

terracotta, ovvero i resti delle offerte votive. A terra una videoproiezione riproduce

l’effetto visivo di un corso d’acqua corrente - l’acqua era infatti molto spesso

presente nelle aree sacre - a cui è abbinato l’effetto sonoro del fluire. Una voce

narrante evoca poi il nome delle divinità e recita alcune preghiere. Sempre a terra,

accanto all’altare, vengono riprodotte, mediante videoproiezione, le impronte

degli animali che venivano portati al sacrificio.

Un velario leggerissimo, adagiato su opportuni sostegni, fa da copertura,

contribuendo a creare un’atmosfera raccolta e suggestiva.

Alcuni dei tubi verticali posti lungo il perimetro, realizzati in plexiglas trasparente,

rievocano l’immagine degli alberi a cui venivano appese le laminetta votive.

Lungo il perimetro dell’area sacra, sono distribuiti oggetti votivi di varia natura,

rinvenuti nelle diverse aree sacre del Veneto: ceramiche per le libagioni (coppe,

tazzine), bronzetti, bronzetti su pilastrini, piccoli cippi, rocchettoni, fusaiole.

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Vaso a bande rosse nere dalla necropoli “Casa di Ricovero” di Este, V sec. a.C. (Museo Nazionale Atestino – Este)

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Il filo conduttore del sacro continua anche nella sezione successiva: una sorta di via

processionale conduce infatti verso il mondo dei morti, con specifico riferimento ai

contesti necropolari di pianura.

Sulla sinistra della via processionale la riproduzione di una serie di sei cippi

monumentali rinvenuti a Este (altezza circa 1.80 m) dà l’idea della separazione degli

spazi: il mondo dei vivi, nell’antichità, era infatti fisicamente distinto dal mondo dei

morti. Sulla destra una videoproiezione a tutta parete propone l’immagine di

una pira funebre, evocativa del più diffuso rito funerario: quello della cremazione.

Lo spazio espositivo dedicato alle necropoli di pianura propone una cospicua serie di

corredi funerari, rinvenuti a Padova, a Este, nel Veronese, ad Altino e a Oderzo.

La sequenza inizia con le più antiche sepolture riferibili al IX-VIII secolo a.C. e prosegue

con sepolture di VII-VI secolo, sia a inumazione sia a incinerazione.

L’esposizione presenta tombe maschili e femminili, di adulti e di bambini, di persone

appartenenti al medesimo gruppo famigliare, mettendo in evidenza come gli oggetti

del corredo connotino il sesso del defunto e la sua appartenenza a un preciso ceto/

rango sociale e come particolari riti di sepoltura siano utili per comprendere le

dinamiche sociali del mondo cui i defunti erano appartenuti in vita.

Il VI secolo a.C. è rappresentato dalle due statue-stele funerarie rinvenute a Gazzo

Veronese, centro situato in corrispondenza del confine sud-occidentale del territorio

veneto. Le statue, situate lungo il percorso espositivo in una posizione di rilievo di

fronte all’ultimo corridoio dedicato alle necropoli, appartenevano in realtà a un

complesso funerario monumentale, il più antico attestato nel Veneto, riferibile a un

gruppo aristocratico locale che doveva avere contatti con il mondo etrusco, così come

lascia desumere la particolare tipologia delle statue che trova confronti con manufatti

simili presenti in Etruria settentrionale. A questa realtà rinvia anche un’ascia bipenne

che ha la medesima provenienza, confrontabile con materiali affini di ambito etrusco,

ma totalmente sconosciuta come tipo di oggetto in area veneta.

Nella parte conclusiva del percorso dedicato alle necropoli di pianura il visitatore

incontra le sepolture del VI e di parte del V secolo a.C., alcune delle quali

caratterizzate dalla presenza di grandi dolii. Alla fine del percorso è situata la

cosiddetta stele di Camin che raffigura una scena di commiato tra un uomo e una

donna: all’uomo, in partenza per il suo viaggio oltremondano, la donna regala un

piccolo volatile, probabile allusione all’anima del defunto.

Lasciato il mondo dei morti, il percorso continua fino alla sezione situata sotto il

grande cavallo ligneo realizzato nel XV secolo per volere di Annibale Capodilista. Qui

il visitatore incontra ancora il mondo dell’oltretomba, ma con una tipica caratteristica

della cultura dei Veneti antichi: la sepoltura del cavallo.

.Oltre la riva delle tenebre: le necropoli di pianura

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Cavallino votivo da Oderzo, V- IV sec. a.C. (Museo Civico Opitergino – Oderzo)

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Lasciato il mondo dei cavalli, inizia la sezione conclusiva del percorso. Da qui in poi, il

filo conduttore è la risalita verso gli abitati di altura, in un orizzonte cronologico che si

estende tra il V e il III secolo a.C., ovvero nella seconda età del ferro. Completamente

diverso è il mondo venetico arroccato sulle alture rispetto a quello, ormai lasciato

alle spalle, stanziato nelle pianure. Un altro tipo di economia, altri tipi di abitazioni,

contatti con altre realtà, sia pure nell’ambito di una stessa matrice culturale.

Un’iscrizione posta all’inizio della sezione ricorda al visitatore che, pur nella diversa

morfologia del terreno, sta ancora viaggiando nella terra dei Veneti: Venetkens, appunto, come recita il testo iscritto proveniente da Isola Vicentina.

Questa sezione è dedicata alla presentazione degli abitati di altura situati nell’area

dei monti Lessini veronesi e vicentini, di cui viene illustrata la vita quotidiana nelle sue

diverse articolazioni. Accanto agli abitati viene presentato il mondo delle necropoli di

cui vengono evidenziati i riti funerari e le peculiarità dei corredi. La ricchezza di alcuni

corredi sia maschili sia femminili (con presenza di materiali celtici per la fase IV-III) e

la raffinatezza di alcuni oggetti - in particolare monili, ma anche fibule, ganci, coltelli

traforati, perle - lasciano pensare, anche per questa realtà collinare, a un mondo

dinamico, in costante dialogo con le realtà contermini, certo non periferico o isolato.

Stele con iscrizione venetica rinvenuta a Isola Vicentina: al centro la parola Venetkens, V-IV sec. a.C. (Museo Naturalistico Archeologico di Santa Corona – Vicenza)

.I signori dei cavalli .La galassia pedemontana

Dalle testimonianze degli autori antichi ben sappiamo che il cavallo, nel mondo dei

Veneti antichi, ha avuto un ruolo importantissimo.

Allevati per la loro valenza economica, i cavalli dei Veneti erano noti anche per la loro

abilità nella corsa e talora erano presenti, sotto forma di ex-voto, nelle aree sacre.

Non di rado venivano anche sacrificati, come si evince dalle testimonianze letterarie

(Strabone, V, parla del sacrificio di un cavallo bianco a Diomede), oltre che dal dato

archeologico: centinaia di bronzetti conformati a cavallo o a cavaliere su cavallo

provengono infatti dai luoghi di culto di tutto il territorio abitato dai Veneti antichi

e in alcuni casi si è visto che al cavallo era riservata una sepoltura in apposite aree

di necropoli. Anzi, sono state addirittura individuate sepolture in cui il cavallo era

deposto assieme all’uomo che di lui si era preso cura durante la vita.

Data la sua ricorrenza in tanti aspetti della vita dei Veneti antichi, non è infrequente

che il cavallo assuma una valenza emblematica e in tal senso compare, come elemento

decorativo, su manufatti di vario tipo.

Il visitatore può in questa sezione ammirare un imponente complesso funerario,

databile al V secolo a.C., rinvenuto nella necropoli orientale di Padova, qui

parzialmente ricostruito: un grande tumulo familiare, comprensivo di 6 sepolture a

incinerazione entro dolio con i relativi corredi, ciascuno composto da circa una ventina

di oggetti fittili e metallici. Ai lati delle tombe sono ubicate due eccezionali sepolture

che appartenevano a questo complesso: una di un cavallo, una seconda di un uomo

e di un cavallo sepolti insieme. Sulla parete di fronte viene esposta una serie di

manufatti funzionali all’utilizzo del cavallo.

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Il viaggio immaginario volge, a questo punto, verso le ultime tappe. Il filo conduttore è

una risalita dai luoghi sacri della fascia pedemontana a quelli dell’area alpina, la cui vita,

iniziata nel corso della seconda età del ferro, si protrae fino ad epoca romana inoltrata.

Una lunga lamina votiva, proveniente da Vittorio Veneto e posta sullo stipite della

parete, costituisce l’elemento introduttivo. A seguire i materiali di recente rinvenimento

(lamine e bronzetti) nel santuario di Villa di Villa. Il percorso culmina, in un’ulteriore

risalita nello spazio, nei santuari dislocati nell’alta valle del Piave, nel Cadore e in Friuli:

Lagole di Calalzo, Monte Calvario di Auronzo e Raveo. Luoghi di culto sorti in territori

ricchi di fascino, in corrispondenza di una sorgente e di un laghetto o situato su un

terrazzamento in prossimità della cima del monte. Una serie di oggetti racconta le

attività che hanno avuto luogo in queste aree sacre: simpula, bronzetti armi e dischi

votivi, tutti oggetti che altro non sono se non offerte, accanto a cui compaiono alcuni

strumenti di macelleria, evocativi di sacrifici in onore delle divinità. Tra tutti questi

oggetti, fanno la loro comparsa elementi che riconducono al mondo romano: dediche

a divinità romane (Apollo), statuette di divinità romane (Mercurio) e monete di età

repubblicana. Il panorama offerto dalla cultura materiale di questi santuari in molti

casi parla di contatti tra popoli diversi, ma anche di una progressiva integrazione con il

mondo romano.

Disco votivo da Montebelluna, VI sec. a.C. (Museo Civico di Treviso) Disco votivo dal santuario del Monte Calvario, III sec. a.C. (Museo di Auronzo di Cadore)

.Alla ricerca di un oracolo per gli uomini .In salita al bosco sacro, folto di alberi

Il viaggio immaginario si dipana ora in quattro piccole nicchie, ciascuna dedicata a

un aspetto peculiare del sacro sulle alture pedemontane: una realtà spesso legata a

pratiche mantiche o oracolari, come lasciano intendere i diffusi ritrovamenti di sortes, ovvero di tavolette/piccoli ossi con iscrizioni da cui si traevano auspici dopo averli

gettati. Con la prima nicchia si sale idealmente al santuario di Magré di Schio, situato

su una collina isolata in località Castello. Databile al III secolo a.C. e dedicato a una

divinità femminile, il luogo di culto ha restituito una significativa serie di corna di cervo,

appositamente forate per essere appese, con iscrizioni retiche.

La seconda nicchia porta alla scoperta di quei luoghi di culto che hanno restituito

dischi votivi in bronzo, decorati a sbalzo secondo la tecnica dell’arte delle situle, di

cui possono essere considerati una tarda espressione: Ponzano, Isola Vicentina, Rosà,

Montebelluna.

La terza e la quarta nicchia portano nel mistero legato alle sortes, rispettivamente sulle

alture di Asolo, dove è attestato un deposito votivo che ha restituito vari ossicini di

maiale iscritti, e sul Monte Summano, nel Vicentino, sulla cui cima è stato rinvenuto un

luogo sacro che ha restituito a sua volta numerose sortes.

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.L’arrivo dei Romani

Ogni viaggio - vero o immaginario che sia - ha un momento conclusivo. Il viaggio

immaginario nella cultura dei Veneti antichi fi nisce quando il mondo venetico

viene assimilato, senza traumi, dalla cultura romana. Roma infatti, a partire dal II

secolo a.C., espande il suo potere politico nei territori della Cisalpina, assorbendo

le realtà locali e dando vita a nuove forme di civiltà. Il Venetorum angulus diviene

quindi mondo romano a tutti gli effetti. Un processo che gli studiosi defi niscono

“romanizzazione”.

L’ultimo oggetto esposto, che accompagna il visitatore all’uscita, è la stele patavina

di Ostiala Gallenia, su cui è raffi gurato, in un’effi cace sintesi, tutto il processo della

romanizzazione. Iconografi a, apparato epigrafi co, resa stilistica: ciascun elemento

parla di un nuovo viaggio, un viaggio verso altri orizzonti: quelli della romanità.

E percorrendo una strada romana - una via silice strata - proiettata sul pavimento il

visitatore esce defi nitivamente dal mondo dei Veneti antichi, sentendo riecheggiare

le parole di Tito Livio, che molto dei Veneti ha raccontato, e i versi di Catullo, che

della romanità ha espresso la più profonda identità.

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Stele di Ostiala Gallenia, II-I sec. a.C. (Musei Civici di Padova - Museo Archeologico)Le riproduzioni di beni di proprietà dello Stato italiano sono state realizzate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata l’ulteriore riproduzione e duplicazione con qualsiasi mezzo.