Vela la - Parrocchia di Ospedaletto Lodigiano

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Vela la N.21 aprile 2019 Pro Manuscripto Periodico d’informazione della Parrocchia SS.Pietro e Paolo di Ospedaletto Lodigiano Santa Pasqua 2019

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Velala N.21 aprile 2019

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Periodico d’informazione della Parrocchia SS. Pietro e Paolo di Ospedaletto Lodigiano

Santa Pasqua 2019

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PROGRAMMA DELLE FUNZIONI RELIGIOSE

Domenica delle Palme 14 aprileOre 10.15 Ritrovo davanti all’oratorio Inizio della Processione con i rami di ulivo verso la chiesa parrocchiale

Giovedì Santo 18 AprileOre 10.00 Lodi CattedraleS. Messa con tutti i Sacerdoti della Diocesi con benedizione degli olii

Ore 21.00 Ospedaletto S. Messa in Coena Domini con la partecipazione di tutti i ragazzi che quest’anno riceveranno i Sacramenti, accompagnati dai loro genitori

Venerdì Santo 19 AprileOre 9.00 Ufficio delle Letture con LodiOre 15.00 Via Crucis con bacio della CroceOre 20.30 Ritrovo parcheggio di Via Balbi e Processione verso la ChiesaOre 21.00 Azione Liturgica

Sabato Santo 20 AprileOre 9.00 Ufficio delle Letture con LodiOre 21.30 Solenne Veglia Pasquale

Domenica di Pasqua 21 AprileOre 8.00 - 10.30 Sante Messe per la Comunità

Lunedì dell’Angelo 22 AprileOre 8.00 - 10.30 Sante Messe

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Cappella Sacro Monte di Varese

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Una pietra rotolata dall’amore

La Pasqua anche per i cristiani, che celebrano la Crocifissione e la Risurrezione

di Cristo, significa passaggio. Festeggiano il passaggio dalla

morte alla vita. Passaggio che è il fondamento della nostra fede: la Risurrezione non è un miracolo, ma un mistero di fede. Per testimoniare l’autenticità di un miracolo sarebbe assurdo per un cristiano affrontare il martirio, ma, grazie alla fede, per lui è un privilegio donare la propria vita per dire al mondo che Gesù è vivo. Tanti cristiani, nello scorrere dei secoli hanno affrontato torture, hanno subito la morte sbranati dai leoni, si sono lasciati mettere in croce, lodando il Signore e addirittura opponendosi a quelli che li volevano salvare da morte certa. Aspiravano vivamente a unirsi al Risorto. Proclamavano tacitamente quanto un po’ ovunque vado ripetendo: “Una tomba è troppo piccola per contenere il mio amore. Risorgerò”. A Mosca, agli inizi della rivoluzione bolscevica, è indetto un dibattito pubblico per dimostrare

scientificamente che Dio non esiste. La precedenza è data al professore ateo, orgoglioso di poter porre basi irrefutabili per demolire la fede. Finita la lunga arringa, un pope ( un vescovo ortodosso) è chiamato sul palco, per un’eventuale confutazione

della tesi del docente. L’uomo di Dio accarezza la folla con lo sguardo e si limita a sussurrare: «Christòs anesti (Cristo è risorto)», e tutto il popolo, a viva voce risponde: «Alethés anesti (È veramente risorto)»... Chi vuole sradicare Dio dal cuore dell’uomo, assieme

a Dio gli sradica il cuore. Ma al di là di ogni tentativo di indurre all’ateismo, al di là delle maschere che impone il regime o il “politicamente corretto”, un po’ ovunque prevalgono il buon senso e la fede. Dio, Cristo, Risurrezione, vita eterna: di queste realtà ha sete l’umanità. Chi indossa un abito clericale, chi non si vergogna di fare il segno della croce, chi non teme di mostrarsi con il Vangelo in mano e di frequentare la Messa domenicale, scoprirà

auguri

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auguri

quanto sia facile e bello trovare interlocutori interessati a iniziare una discussione sulla ricerca di Dio, e sul nostro bisogno di lasciarci da Lui cercare. E si accorgerà che molte persone non smetterebbero mai d’interpellarlo sulla fede, sulla morale e sulla Risurrezione.

Vorranno approfondire quest’idea di Pasqua-passaggio che ha fatto dire al Cardinale Newman: “Vivere significa cambiare, e si arriva alla perfezione cambiando continuamente”. Un aiuto per avvicinarsi alla perfezione è offerto dalle celebrazioni annuali della Pasqua e da nostri quotidiani cambiamenti. Cambiamenti vitali nella misura in cui portano a correre verso il domani,

volgendosi al passato solo per ricordare esperienze belle, che servono a farci godere del presente e a tenere viva la speranza di un futuro migliore. Ed è bello camminare aiutati dal Risorto, sperimentando che nessuna pietra sepolcrale è tanto pesante da non poter essere ribaltata dall’ Amore.Come i cristiani orientali ortodossi si salutano con l’espressione: “Cristo è risorto”. “Sì, è veramente risorto”, così i cattolici potrebbero sperimentare un’intima pace, se reciprocamente si scambiassero questo augurio: “Buon cammino. Buon passaggio. Buona Pasqua. Buona Risurrezione”. Certo la morte fa paura, ma essa ci aiuta a meditare che, siccome siamo mortali, occorre che ci aggrappiamo all’Eterno. Siccome siamo deboli, occorre cercare forza nella preghiera. Siccome possiamo morire da un momento all’altro, non attendiamo che sia troppo tardi per esprimere il nostro amore. Sono questi i miei auguri pasquali a tutta la comunità.Non aspettare la partenza per dire: «Ti amo». Non aspettare la lontananza per scrivere: «Ti amo». Non aspettare la morte per esprimere con le lacrime: «Ti amo».Buon cammino. Buon passaggio. Buona Pasqua. Buona Risurrezione!

don Luca

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l’eredità di Gesù

IL SERVIZIOFondamento della Chiesa

Nel vangelo di Giovanni (16-20) «Gesù si congeda» dagli apostoli prima della

passione, è un momento triste, di angoscia, quello in

cui Gesù, che «sa cosa acca-drà», Gesù allora si congeda «con quel discorso lungo, bello, dei capitoli di Giovanni», che precede le ore del Getsemani e della passione.In questo congedo il Signore compie due gesti, che sono istituzioni: due gesti per i di-scepoli e per tutta la Chiesa che verrà. Due gesti che sono il fondamento, per così dire, del suo insegnamento: l’istituzione dell’Eucaristia e la lavanda dei piedi. Da questi gesti nascono i due comandamenti: i due comandamenti che faranno crescere la Chiesa se noi siamo fedeli.

I due comandamentiIl «primo comandamento» che è quello «dell’amore». Ed è «nuovo» perché c’era il co-mandamento dell’amore amare il prossimo come me stesso, ma questo dà un passo in più: amare il prossimo come io vi ho amato. Quindi: Gesù ci sta parlando di un “amore senza limiti”, senza il quale la Chiesa non va avanti,

la Chiesa non respira. Senza l’amore, non cresce, si trasfor-ma in una istituzione vuota, di apparenze, di gesti senza fecondità». Con l’Eucaristia, in cui Gesù «dà da mangiare il suo corpo e da bere il suo sangue», egli «dice come noi dobbiamo amare, fino alla fine».Vi è poi l’altro gesto, quello della lavanda dei piedi, in cui Gesù ci insegna il servizio, come strada del cristiano. Infatti, il cristiano esiste per servire, non per essere servito. Ed è una regola che vale «tutta la vita». Tutto è racchiuso lì: infatti «tanti uomini e donne nella storia», che l’hanno «presa sul serio», hanno lasciato «tracce di veri cristiani: di amore e di servizio».L’eredità di Gesù è questa: “Amatevi come io ho amato” e “servite gli uni gli altri”. Lavate i piedi gli uni agli altri, come io ho lavato a voi i piedi.Durante l’ultima cena, quindi, il Signore ha lasciato i due comandamenti dell’amore e del servizio, e poi un’avverten-za: «Voi dovete amare come servi, dovete servire, perché siete servi». E la spiegazione di queste parole è anche una regola di vita: “In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone,

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l’eredità di Gesù

né un inviato è più grande di chi lo ha mandato”. Cioè: “Voi potrete celebrare l’Eucaristia, voi potete servire, ma inviati da me, mandati da me. Voi non siete più grandi di me. Si tratta, in sostanza, dell’atteg-giamento dell’umiltà semplice, non dell’umiltà finta: dell’umiltà che viene dalla consapevolezza

che Lui è più grande di tutti noi, e noi siamo servi, e non possiamo oltrepassare Gesù, non possiamo usare Gesù. Lui è il Signore, non noi. Lui è il Signore.Ecco quindi il testamento del Signore. Si dà da mangiare e bere, e ci dice: amatevi così. Lava i piedi, e ci dice: servitevi così, ma state attenti, un servo

mai è più grande di quello che lo invia. In poche righe il «fon-damento della Chiesa».

Il servizio nell’Antico TestamentoIl servizio non è una delle tante cose necessarie per costituire il popolo del Signore, è l’essenza, è lo scopo.Ricordate il racconto dell’Eso-do: il popolo di Dio nasce con la liberazione dall’Egitto. Ora, che cosa ha significato la liberazione dall’Egitto? Secondo l’Esodo, fondamental-mente, è la vocazione di Israele è servire il Signore. E la formula è: lascia partire Isra-ele mio figlio, perché mi serva. E il Signore libera Israele, per-ché Israele, liberato, possa fare, in piena libertà, questa scelta di servire il Signore.La Chiesa, come popolo di Dio, ha le sue radici qui.Un’osservazione da fare è che la storia di Israele, concreta-mente, può essere vista proprio come la difficoltà, la fatica a servire veramente il Signore.Quindi teniamo presente: que-sto popolo è nato per servire il Signore. Ad un certo momento si rende conto che fa fatica a servire il Signore.

Il Nuovo Testamento: Gesù realizza la figura del ServoQuando ebbe lavato loro i pie-di, riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate

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l’eredità di Gesù

Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io il Signore e Maestro ho lavato a voi i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, per-ché come ho fatto io facciate anche voi (Gv 13,12-15).È un episodio importantissimo nel Vangelo di Giovanni: la sua vita si sta compiendo, adesso si gioca il senso vero della sua vita, ma anche della nostra vita.Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine (Gv 13,1).Il modo di passare al Padre è morire per amore: li amò sino alla fine.La sua vita si compie nel mo-mento in cui Gesù è trasformato totalmente in amore; non gli rimane più niente, tutto quello che aveva lo dona. Trasformata in amore, la sua vita passa da questo mondo al Padre.Gesù sapendo - Giovanni in questo capitolo 13 sottolinea spesso con l’espressione “sa-pendo” che Gesù è consapevo-le – che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani. Il Padre gli ha dato tutto nelle mani e lui prende nelle sue mani i piedi, questo è il suo potere! Gesù è padrone della situazione. Sta per amare i suoi fino alla fine. Che cosa sarà quella morte del venerdì santo? Sarà il servizio di Gesù ai suoi. Gesù ha scelto liberamente di servire, di lavare i piedi, ma il

vero servizio non è lavare i piedi, il vero servizio è dare la vita. Di questo il lavare i piedi è sim-bolo, un segno, una profezia.Il vero servizio non è lì nel cenacolo, il vero servizio è sul Calvario, è lì che si compirà tutto.E di fatti, il buon Pietro gli dirà: Tu lavi i piedi a me? Questo non lo capisci, gli dirà Gesù, lo capirai dopo!Quante volte Gesù ha detto: Chi vede me, vede il Padre!Ecco chi è il nostro Padre: un servo. Gesù dunque che si fa servo, esprime la rivelazione del Pa-dre, di Dio. È Dio che manifesta sé stesso così.Se vuoi veramente sapere com’è fatto Dio, devi guardare Gesù.E se uno vuole accettare Dio – il Dio della Rivelazione del nuovo Testamento – deve accettare un Dio che si è fatto suo servo.Se mi lascio servire da Dio, se riconosco che il volto di Dio è fondamentalmente quello del servizio, io non posso imposta-re la mia vita se non nella logica del servizio. Come Gesù è servo per nascita, il cristiano è servo per il battesimo, più che un atto, per il cristiano il servizio è una situazione di disponibilità permanente. Se uno, pertanto, vuole es-sere discepolo di Cristo deve riprodurre l’esempio di Gesù, diventando come Lui “servo”.

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SERmIG da arsenale di morte ad arsenale di pace

campo invernale adolescenti

Noi giovanissimi dell’ora-torio abbiamo deciso di trascorrere i primi giorni di

questo 2019 a Torino. Non è stata una vacanza come

tante, come tanti campi scuola che avevamo già frequentato. È stata un’esperienza nuova ed unica. Il Sermig - Servizio Missionario Giovani - è nato nel 1964 da un’intuizione di Ernesto Olivero e da un sogno condiviso con molti giovani: sconfiggere la fame con opere di giustizia e di sviluppo, vivere la solidarietà verso i più poveri e dare una speciale attenzione ai giovani, per creare vie di pace. Il vec-chio arsenale militare di Torino

Venti giovanissimi della parrocchia hanno partecipato dal 3 al 6 Gennaio 2019 ad un campo presso il Sermig di Torino, accompagnati da don Luca, Sofia, Chiara e Arianna.

che durante la guerra aveva fabbricato le armi per l’esercito italiano, è stato trasformato così da arsenale di morte ad arsenale di pace. Oltre a promuovere progetti di sviluppo in tutto il mondo e inviare aiuti umanitari l’Arsenale, che sorge in un quartiere dove emarginazione, intolleranza, povertà non sono solo parole, ha sentito il dovere di aiutare tutte quelle persone bisognose che bussavano alla sua porta. La fraternità è aperta all’acco-glienza 24 ore su 24 e tutti sono disponibili ad aiutare qualsiasi donna o uomo che, con sincerità, voglia uscire da qualsiasi situa-

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campo invernale adolescenti

zione di degrado, purché accetti un metodo, una famiglia, una severità. L’Arsenale non è solo dentro l’Arsenale, è anche fuori: le nostre fraternità sono persone che vanno tra le persone, per condividere ed essere condivisi.Tra i tanti progetti in atto è presente un servizio medico che fornisce cure mediche a persone in difficoltà, gestendo più di 45.000 cartelle cliniche. Vi operano medici specialisti nei vari settori della medicina, farmacisti, infermieri, nonché volontari per l’accoglienza, per lo smistamento delle medicine, per le pulizie.

Luogo di accoglienzaL’Arsenale è anche un luogo che offre accoglienza notturna a persone - italiane o straniere - che non hanno una dimora. È gestito esclusivamente da volontari che si alternano ogni notte, tenendo aperte le due accoglienze, maschile e fem-minile, trecentosessantacinque giorni all’anno.Questi pochi giorni ci hanno proiettato nel mondo facendoci riflettere sulle realtà che esisto-no a mille e mille chilometri di distanza da noi, come la guerra, la fame. Abbiamo trascorso le nostre giornate riflettendo su questi temi e svolgendo alcuni servizi, come il doposcuola per bambini in difficoltà o l’aiuto in cucina. È un’esperienza che ci ha colpito e che vogliamo sicuramente ripetere.

Abbiamo anche riflettuto sul tema della pace e delle guerre che ci sono nel mondo, anche vicino a noi e attraverso un gioco di ruolo abbiamo rappresentato il mondo in una sala, con tutti i problemi e gli squilibri che esistono e abbiamo capito che non possiamo essere felici se chi sta accanto a me non lo è. Abbiamo im-parato questo anche grazie al progetto Arsenale della piazza: a Torino le porte dell’Arsenale della Pace si sono aperte sulla piazza anti-stante e i giovani del Sermig hanno iniziato ad abitare la piazza incontrando bambini e ragazzi dai sei ai diciotto anni, marocchini, tunisini, egiziani, albanesi, rumeni, somali, ghanesi, nigeriani, ivoriani, congolesi, iraniani, cinesi, peruviani, venezuela-ni… Ma i bambini avevano bisogno di un posto in cui

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trovarsi e crescere insieme; così dentro l’Arsenale della Pace è nata Felicizia: il posto dove possono ritrovarsi ogni giorno per giocare e stare insieme, dove possono imparare a volersi e a trattarsi bene, dove tutti accettano di rispettare le stesse regole e di parlare in italiano per fare diventare le diversità una ricchezza.

Giovani della PaceNegli anni è nato intorno agli Arsenali il movimento internazionale dei “Giovani della Pace”, che si riconoscono in un impegno comune: io ci sto, ci metto la mia faccia per la pace, per un mondo che sconfigga la fame e la sete; ci metto la mia faccia per un mondo dove posso so-gnare una vita migliore non solo per me. Un momento a cui tutti i giovani sono in-vitati a partecipare è il 6° appuntamento dei giovani della pace che quest’anno si svolgerà a Bergamo l’11 maggio 2019. Non sarà una manifestazione di piazza, ma un’occasione in cui gli adulti e le istituzioni possono ascoltare i giovani. Una città, una piazza, testimonianze di pace, decine di migliaia di giovani da tutta Italia e delegazioni da altre Nazioni, nel segno del dialogo, della solidarietà, dell’impegno a costruire un mondo migliore. Giovani e adulti insieme per chiedere pace in un mondo segnato da conflitti, per viverla in una società sempre più divisa, anche nelle relazioni personali.

In quei pochi giorni abbiamo creato delle reti di amicizia e collaborazione che con il passare del tempo diventano sempre più forti. Non ci resta che invitarvi a To-rino per conoscere meglio questa bella realtà e a informarvi sui progetti che si stanno attuando. Ci vediamo a Bergamo!

Una città, una piazza, testi-monianze di pace, decine di migliaia di giovani da tutta Italia e delegazioni da altre Nazioni, nel segno del dialogo, della soli-darietà, dell’impegno a costruire un mondo migliore. Giovani e adulti insieme per chiedere pace in un mondo segnato da conflitti, per viverla in una società sempre più divisa, anche nelle relazioni personali.A breve info per poter parte-cipare…

CARTA DEI GIOVANI Patto tra generazioni

L’odio non ci fermerà. Ripartia-mo dall’amore.L’amore non è utopia. È un fatto, una scelta per il bene, un sì detto alla vita, alla giustizia e alla pace. Mai come oggi, noi, giovani e adulti insieme: 

Sosteniamo la VITAAccogliamo la vita in ogni sua stagione, fragilità, diversità. Uccidere è sempre sbagliato, qualunque sia la motivazione.Promuoviamo la GIUSTIZIA L’ingiustizia alimenta povertà,

6° AppuntamentoGIOVANI DELLA PACEBergamo 11 maggio 2019

campo invernale adolescenti

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odio, guerra. Ognuno ha diritto alla stessa dignità. Ci impegniamo per un mondo in cui tutti abbiano accesso a cibo, casa, cure, scuola, lavoro e in cui tutti possano vedere tutelati il diritto alla libertà di reli-gione, di pensiero, di espressione. 

Costruiamo la PACELa pace parte da ognuno di noi, dai nostri gesti concreti. Pronti a chiedere e dare perdono, aboliamo dalla nostra vita parole come odio, nemico, infedele. Un mon-do in pace conviene a tutti.   

Ricerchiamo il DIALOGOSiamo disponi-bili a incontrare donne e uomini di ogni cultura, religione, etnia, senza pregiudizi. Siamo pronti a cambiare le no-stre idee  per costruire i l bene comune. Usiamo la rete come strumento per comunicare e non per diffondere odio e disprezzo. 

Puntiamo sul DISARMOChiediamo che le armi non siano più costruite perché uccidono, sprecano risorse e intelligenze, provocano vendetta, segnano per sempre la vita dei sopravvissuti. 

Custodiamo la TERRAPreserviamo la natura, viviamo

con semplicità e sobrietà. Ci edu-chiamo a non sprecare le risorse naturali, perché la vita di tutti i popoli possa crescere oggi e nelle generazioni future. Favoriamo la ricerca per aprire nuove strade di sviluppo. 

Mettiamo al centro il SERVIZIOIn ogni  ambito della vita ci im-pegniamo a mettere in gioco le nostre potenzialità. Qualunque sia il nostro ruolo, ci impegniamo a vivere con onestà e trasparenza, a fare di ogni responsabilità un servizio reso alla comunità e mai uno strumento di potere fine a se stesso. 

Scegliamo la BONTÀLa bontà è una scelta dell’in-telligenza e del cuore. La bontà disarma, dà speranza, ci fa essere persone sincere e amici veri. Ci fa scoprire che il segreto della felicità è fare felici gli altri. La bontà è luce che annulla il buio. 

Ascoltiamo la COSCIENZASolo la coscienza ci rende  liberi di valutare ciò che è bene e ciò che è male e di scegliere con responsabilità. Ci rende liberi da dipendenze e schiavitù, capaci di amare. 

Risvegliamo la SETE DI INFINITOCi impegniamo a ricercare in ogni momento il senso della vita e restiamo aperti verso l’Infinito che vive in noi.

incontro giovani

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accoglienza

Un semplice gestopuò cambiare l’atmosfera

Sono dei ragazzi disabili, ci hanno detto; fanno parte dell’ADI (Associa-

zione Disabili Insieme) di Casalpusterlengo ac-

compagnati da Ivan il loro educatore. Qualcuno sta se-duto e osserva guardandosi intorno, qualcuno sorride e cammina. A noi era stato chiesto di intrattenerli, farli divertire, ma come? Non sono ragazzi e basta, hanno età molto diverse e modi di fare molto diversi, noi stiamo lì davanti a loro, sorridiamo

senza sapere come muoverci; alla fine è un solo, semplice gesto che cambia totalmente l’atmosfera: Sofia si avvicina al computer e dalle casse au-dio escono le note e le parole di “Azzurro”… quale can-zone migliore per unire un gruppo di italiani di tutte le età? Tutto d’un tratto stiamo ballando facendo un trenino, decisamente scoordinato, c’è chi canta al microfono e chi, pur rimanendo, seduto sor-ride e batte le mani a ritmo. A questo punto anche Giada,

Arianna ed io iniziamo a scioglierci e a muoverci. Un signore, sui sessantacinque anni, un berretto grigio in testa, pochi denti in bocca, ma un sorriso furbo sulle labbra, si avvicina e inizia a ballare con Giada; e poi a tur-no ballerà con tutte quante noi. C’è poi un ragazzo, alto e magro con un maglione rosso acceso che, superata in parte la timidezza si unisce al trenino con tutti noi e inizia a parlare, per poi andarsene e infine tornare. Una signora invece, ci confessa di voler ascoltare qualche canzone di Cristina D’Avena e quando la musica parte canta spen-sierata come una bambina, spargendo il buon umore. Un altro ragazzo vuole ballare in compagnia, si avvicina, parlando con fatica chiede il nostro nome e tiene le braccia pronte a ballare, lo fa per qualche secondo per poi andare via. Non tutti sono così vivaci e pieni di voglia (e di coraggio) di muoversi, c’è anche chi sta

Qualche settimana fa, una domenica, intorno alle 16, il salone dell’Oratorio si è riempito di persone che nessuna di noi conosceva. Arianna, Giada, Lucia e Sofia hanno trascorso il pomeriggio in allegria insieme a questi amici.

13n.21 aprile 2019 - la Vela

Grest 2019

solo seduto a guardare senza avere intenzione di alzarsi, sta lì a godersi il relax e lo spettacolo; tra loro c’è anche qualcuno combattuto tra il vo-lersi unire alle danze e la forte timidezza o chi, data la nostra grande insistenza ci concede un ballo, un girotondo, ma

poi torna a godersi la vista dalla sedia… Fino ad arrivare alla conclusione di questo pomeriggio particolare, una dolce merenda tutti insieme, accompagnata da bevande di cui tutti abbiamo bisogno date le performances di ballo e canto. Tra fette di torta e

bicchieri di bibite arriva la fine di un paio d’ore che, però ci hanno insegnato che con un po’ di musica, tanta semplicità e in compagnia ci si diverte più che con tante altre cose e che non importa che tutti facciano discorsi lunghi e complicati, basta un sorriso!

Ogni uomo che nasce sulla terra riceve una missione speciale: fare della propria vita una storia, d’amore. Una storia, magari avventurosa e travagliata, il cui compi-mento è, però, già stato scritto dalla vita di Gesù. Raccontare vivendo è scegliere che il nostro tempo, le nostre energie, i nostri talenti e i nostri desideri raccontino di un amore, di una passione, di una pre-cisa direzione con cui abbiamo provato a vivere ogni attimo la nostra esistenza. Abbiamo un’intera estate per scoprire che la vocazione è la storia della vita di ognuno. È l’ultimo passo di un cammino iniziato tre estati fa. Ogni azione dell’uomo nel mondo si realizza in tutta la sua potente bellezza solo se inscritta in un orizzonte orientato ad una vita buona, che è il miglior compimento dei doni che il Creatore ha fatto all’umanità. Sarà l’estate delle storie, le nostre e quelle di uomini e donne che ci hanno preceduto o che esistono grazie al genio letterario di qualche scrittore. Ne abbiamo scelte quattro, anzi cinque (una + quattro) per mettere a fuoco ciò che è importante consegnare a bambini e

preadolescenti durante il Grest. La prima storia siamo noi, nei nostri oratori, nei giorni di questa estate. È una biografia, anzi un’autobiografia che racconta la vita di una comunità che si prende cura dei più piccoli e racconta loro storie buone da ascoltare. Seguono poi un racconto biblico, uno stralcio di cronaca, una storia antica che viene dall’Oriente, una riflessio-ne. Ce le propone Giusi Quarenghi, che le ha scritte per noi. Sono parole di vita e di fantasia, di salvezza e di sapienza cariche di promesse e di futuro. Bella l’estate, belle le vacanze, bello questo tempo insieme, da vivere e da inventare. Un tempo della storia che ognuno di noi è, della storia che possiamo costruire insieme, che vogliamo e possiamo riconoscere come nostra; e quindi farla, e raccontarla. Nel gesto meraviglioso, riconoscente, generoso e consapevole, di ricevere, portare, passare la fiaccola accesa della vita. Buon cammino, allora, in questa storia della vita che è nascere, crescere, avere desideri, fare progetti, realizzarli, fare realtà.

La bella storia della vita di ognuno

14 la Vela - n.21 aprile 2019

Una vita fatta di terra e di cielo, vissuta in compagnia di Dio

Sono stati tre giorni in cui abbiamo fatto silenzio, lon-tani dalla frenesia di tutti i

giorni, per poter “ricaricare le pile” e “ritornare in noi”,

nella nostra interiorità. Siamo stati accompagnati da don Rossano Quercini, vice-rettore del seminario di Como e da don Luca. Sono stati giorni che hanno lasciato un segno e che abbiamo potuto vivere insieme a tanti altri giovani della diocesi. Abbiamo voluto metterci in gioco per una vita dal Dio: dandoci una regola! La vita spirituale non è l’opposto di una vita incarnata, nel mondo, concreta. Ha piuttosto il signi-ficato di una vita “secondo lo Spirito”, sull’esempio di Gesù, sulla strada del Vangelo. Una vita fatta di terra e di cielo, vissuta in compagnia di Dio; una vita che punta verso l’alto, ma per le vie del mondo. Tutte le rela-zioni hanno bisogno di cura, di tempo, di incontro e, allo stesso modo, anche la vita spirituale ha bisogno di cura, perché è una relazione. C’è quindi ’’esigenza di mettere dei punti fissi nella nostra vita, di una regola, di un

modo concreto che ognuno di noi si dà per arrivare alla meta desiderata. La meta della vita spirituale è la relazione con il Signore e con l’uomo, per una vita piena e umanissima, a “tre dimensioni”. Quando si sceglie di camminare non si procede a caso, ma camminare significa sapere dove si è, da dove si viene, dove si va e per quale via. È necessario fare quindi discer-nimento, per prendere decisioni e orientare le proprie azioni in situazioni di incertezza e di fronte a spinte contrastanti. Nel documento preparatorio del Sinodo dei vescovi sui giovani, esso è declinato in tre parole: riconoscere, interpretare e scegliere. “Il riconoscimento riguarda innanzi tutto gli effetti che gli avvenimenti della mia vita, le persone che incontro, le parole che ascolto o che leggo produ-cono sulla mia interiorità: una varietà di «desideri, sentimenti, emozioni» di segno molto diver-so: tristezza, oscurità, pienezza, paura, gioia, pace, senso di vuo-to, tenerezza, rabbia, speranza, tiepidezza, ecc. Riconoscere

Dal 15 al 17 Marzo, Anna, Chiara, Filippo, Ilaria e Sofia hanno vissuto tre giorni di esercizi spirituali a Lenno (CO) nella casa delle Suore adoratrici del SS. Sacramento.

esercizi spirituali

15n.21 aprile 2019 - la Vela

esercizi spirituali

richiede di far affiorare questa ricchezza emotiva e nominare queste passioni senza giudicar-le. Richiede anche di cogliere il “gusto” che lasciano, cioè la consonanza o dissonanza fra ciò che sperimento e ciò che c’è di più profondo in me. Non basta riconoscere ciò che si è provato: occorre “interpretarlo”, o, in altre parole, comprendere a che cosa lo Spirito sta chiamando attraverso ciò che suscita in ciascuno. Tante volte ci si ferma a raccontare un’esperienza, sot-tolineando che “mi ha colpito molto”. Più difficile è cogliere l’origine e il senso dei desideri e delle emozioni provate e va-lutare se ci stanno orientando in una direzione costruttiva o se invece ci stanno portando a ripiegarci su noi stessi. Questa fase di interpretazione è molto

delicata; richiede pazienza, vigilanza e anche un certo ap-prendimento. Questo lavoro di interpretazione si svolge in un dialogo interiore con il Signore. Una volta riconosciu-to e interpretato il mondo dei desideri e delle passioni, l’atto di decidere diventa esercizio di autentica libertà umana e di responsabilità personale. La scelta non può restare impri-gionata in una interiorità che rischia di rimanere virtuale, ma è chiamata a tradursi in azione, a prendere carne, a dare inizio a un percorso, accettando il rischio di confrontarsi con quella realtà che aveva messo in moto desideri ed emozioni. Per questo è importante “uscire”, anche dalla paura di sbagliare che, come abbiamo visto, può diventare paralizzante.

16 la Vela - n.21 aprile 2019

esortazione apostolica

Il Papa ai giovani: Cristo è vivo e vi vuole vivi

«Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella gio-vinezza di questo mondo.

Tutto ciò che Lui tocca diven-ta giovane, diventa nuovo, si

riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano so-no: Lui vive e ti vuole vivo!». Sono le parole di papa France-sco nell’esordio dell’esortazione apostolica che chiude il lungo percorso del Sinodo sui gio-vani, la fede e il discernimento vocazionale dell’ottobre scorso. Il documento pontificio, che come da tradizione prende il titolo dalle parole del testo in latino,  Christus vivit, è com-posto da  nove capitoli oltre a una breve introduzione che sembra quasi una professione di fede di Bergoglio nella presenza vivificante di Cristo nella storia e un accorato appello ai giovani a lasciarsi toccare dall’incontro con Gesù. «Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai», scrive il Papa. «Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori,

le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza».Il desiderio di farsi capire da una generazione ormai lontana anni luce dal linguaggio ecclesiale emerge tutto nella frase in cui Francesco dichiara: «A tutti i gio-vani cristiani scrivo con affetto questa Esortazione apostolica», e subito si premura di aggiun-

Sono le parole di papa Francesco nell’esordio dell’esortazione apostolica che chiude il lungo percorso del Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale, dell’ottobre scorso.

17n.21 aprile 2019 - la Vela

esortazione apostolica

«Lui è in te, Lui è

con te e non se ne

va mai»

gere: «vale a dire una lettera che richiama alcune convinzioni della nostra fede e, nello stesso tempo, incoraggia a crescere nella santità e nell’impegno per la propria vocazione».Nel primo dei nove capitoli papa Bergoglio spiega «cosa dice la parola di Dio sui giovani» passando in rassegna numerosi personaggi del Antico e Nuovo Testamento, per poi addentrarsi nel capitolo successivo sulla figura di Gesù Cristo «la cui giovinezza di illumina».Il Papa avverte che «se per molti giovani Dio, la religione e la Chiesa appaiono parole vuote, essi sono sensibili alla figura di Gesù, quando viene presentata in modo attraente ed efficace».

Il Pontefice ammette che quan-do «un numero consistente di giovani non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esisten-za» o «chiedono espressamente di essere lasciati in pace», non lo fanno solo per «disprezzo acritico e impulsivo», ma anche per «ragioni serie e rispettabili»: «scandali sessuali ed economi-ci», l’impreparazione dei preti, «la fatica della Chiesa di rendere ragione delle proprie posizioni dottrinali».Altri giovani, invece, «chiedono una Chiesa che ascolti di più, che non stia continuamente a condannare il mondo» e «non vogliono vedere una Chiesa si-lenziosa e timida, ma nemmeno sempre in guerra per due o tre temi che la ossessionano», per-ché, benché la Chiesa «possieda la verità del Vangelo, questo non significa che l’abbia compresa pienamente».«Non possiamo limitarci a dire che i giovani sono il futuro del mondo», scrive il Papa nel terzo capitolo, essi «sono il presente, lo stanno arricchendo con il loro contributo» e quindi occorre dare loro fiducia riconoscendo ciò che portano di positivo. «In alcuni giovani riconosciamo un desiderio di Dio, anche se non con tutti i contorni del Dio rivela-to. In altri possiamo intravedere un sogno di fraternità, che non è poco. In molti ci può essere un reale desiderio di sviluppare le capacità di cui sono dotati per

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offrire qualcosa al mondo. In alcuni vediamo una particolare sensibilità artistica, o una ricerca di armonia con la natura. In altri ci può essere forse un grande bisogno di comunicazione. In molti di loro troveremo un profondo desiderio di una vita diversa.  Sono autentici punti di partenza, energie interiori che attendono con apertura una parola di stimolo, di luce e di incoraggiamento».Il Papa si sofferma anche su alcuni fenomeni globali della contemporaneità che hanno un importante affetto sulle nuove generazioni. Definisce il mondo digitale, «un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico», mette in guardia dalla possibile disumanizzazione che può scaturire dalle relazioni virtuali ma incoraggia anche ad usare il web per l’evangelizza-zione. Quale annuncio di fede propor-re oggi ai giovani è il tema del quarto capitolo. Francesco lo sintetizza in tre punti: «Dio ti ama, non dubitarne mai»; «Cri-

sto ti salva» e lo fa «gratuitamen-te»; infine, «egli vive», adesso, e «questo è una garanzia che il bene può farsi strada nella nostra vita».«Qualsiasi altra soluzione risul-terà debole e temporanea». Il capitolo successivo tratta della giovinezza come fase della vita in cui completare la formazione e prendere delle decisioni de-finitive per il futuro, ma senza rinunciare a vivere il presente, senza ripiegarsi su se stessi, non facendosi omologare e diven-tando «missionari coraggiosi».Il capitolo sesto Bergoglio lo dedica al tema dell’importanza delle «radici», al rapporto tra le generazioni e in particolare alla forza dei giovani e alla saggezza degli anziani che insieme posso-no fare grandi cose.Della «pastorale dei giovani» parla il capitolo settimo. Fran-cesco parte da due premesse: «È l’intera comunità» che evan-gelizza i giovani ma ai giovani si deve dare più spazio per essere protagonisti nelle proposte pa-storali. Auspica poi che si faccia tesoro di «buone pratiche» che funzionano: «Quelle metodo-logie, quei linguaggi, quelle

esortazione apostolica

19n.21 aprile 2019 - la Vela

motivazioni che sono risultati effettivamente attraenti per avvicinare i giovani a Cristo e alla Chiesa. Non importa di che colore siano, se “conservatori o progressisti”, se “di destra o di sinistra”». Due le linee d’azione che indica: «Una è la ricerca, l’invito, la chiamata che attiri nuovi giovani verso l’esperienza del Signore. L’altra è la crescita, lo sviluppo di un percorso di maturazione di chi ha già vissuto quell’esperienza».E comunque, secondo il Papa, la pastorale giovanile deve esse-re «popolare»: cioè «si tratta prima di tutto di non porre tanti ostacoli, norme, controlli e inquadramenti obbligatori». «Non è nemmeno necessario che uno accetti completamen-te tutti gli insegnamenti della Chiesa per poter partecipare ad alcuni dei nostri spazi dedicati ai giovani. Basta un atteggiamento aperto verso tutti quelli che han-no il desiderio e la disponibilità a lasciarsi incontrare dalla verità rivelata da Dio».Infine Francesco affronta la vocazione e il discernimento. «Credere che nulla può essere definitivo è un inganno e una

menzogna», come anche vivere in uno «zapping costante», av-verte il Papa. Che poi si sofferma sulla bellezza del Matrimonio, della vita consacrata e anche sulla condizione di chi non è chiamato a nessuna di queste due scelte.  Anche il lavoro, aggiunge, è una vocazione.Per discernere, Francesco offre un consiglio d’oro: «Tante volte, nella vita, perdiamo tempo a do-mandarci: “Ma chi sono io?”. Tu puoi domandarti chi sei tu e fare tutta una vita cercando chi sei tu. Ma domandati: “Per chi sono io?”».La conclusione è un vero e pro-prio mandato di fiducia: «Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte “attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci”».

esortazione apostolica

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SCONFINATI- Se la storia diventasse l’esperienza di un viaggio da vivere?

Abbiamo colto subito l’occasione e ci siamo “imbarcati” in questa

esperienza. La locandina di presentazione ci invitava

ad un gioco di ruolo, anche se in realtà non aveva niente a che fare con un gioco… Sì, perché la proposta della Caritas Ambrosiana in collaborazione con la Ca-ritas diocesana, dal titolo “Sconfinati”, ci ha coinvolti in una realtà di cui vediamo e sentiamo parlare ogni giorno in tv, sui giornali e sui social, ma che non pos-siamo dire di conoscere e capire fino in fondo. Provare per credere! “Sconfinati”, perché il tema delle migra-zioni non riguarda solo chi lascia la propria terra. Ha a

che fare con gli equilibri e i dialoghi tra persone e Paesi, chiama in causa governanti, politiche internazionali e nazionali, organizzazioni impegnate a difendere i diritti umani a livello globale e nelle comunità locali e dei singoli cittadini come noi che, per il solo fatto di esistere, dovremmo sentirci protagonisti della nostra vita e di quella altrui. Con un gruppetto di giovanis-simi della nostra comunità abbiamo voluto sperimen-tare sulla nostra pelle la millesima parte di quel che vive e prova un migrante che scappa dal proprio Paese d’origine, da tutti quei Paesi dove guerra, povertà o gli effetti dei cambiamenti cli-

matici rendono impossibile la sopravvivenza. Dietro la finzione e la simulazione c’è la sofferenza stampata sui volti di persone vere, persone che quel percorso che noi abbiamo compiuto in soli 30 minuti, loro lo han-no vissuto tremendamente per mesi e anni. Inizialmente abbiamo ricevuto un pas-saporto, un’identità e dei soldi che ci sono serviti per assicurarci un passaggio di fortuna verso la libertà. Con urla e minacce, i trafficanti di esseri umani ci hanno derubato e costretto a salire a bordo di una vera barca… Il tempo della traversata, seppur breve, ci è sembrato un’eternità: mare agitato, urla, canti sofferenti in una

esperienza di vita

21n.21 aprile 2019 - la Vela

esperienza di vita

lingua sconosciuta e incom-prensibile, buio profondo interrotto da lampi improv-visi ed accecanti e poi… Poi finalmente lo sbarco… Alcuni di noi sono riusciti a sopravvivere alla traver-sata, altri purtroppo non ce l’hanno fatta. I migranti che ci hanno accompagnato in questa esperienza tanto coinvolgente quanto toc-cante, sono riusciti a supe-rare la loro sofferenza e le loro sciagure e a raccontarci di persona le loro storie e i loro drammi. L’emozione di entrambe è stata palesi e non si poteva nascondere. Il messaggio esplicito lungo tutto il percorso è stato quello di sentirci in fondo tutti sulla stessa barca, i muri materiali e mentali non servono a nulla e mai sono serviti, ce lo insegna la storia, ce lo insegnano le persone.

Cosa succede a chi lascia la propria terra?Oggi in Italia i canali di ingresso regolare per sog-giorni di lungo periodo sono molto limitati. A parte alcuni ingressi per motivi di lavoro in situazioni spe-cifiche (es. oriundi italiani), le uniche possibilità sono limitate ai ricongiungimen-ti familiari e ai motivi di studio. Da anni non viene adottato un decreto che

fissi delle quote d’ingresso per motivi di lavoro subor-dinato. In generale quindi, tenuto conto delle statisti-che e di altri fattori, si può affermare che l’unico canale aperto per il soggiorno di lungo periodo in Italia è la richiesta di protezione internazionale (asilo).

Cosa succede dopo che una persona ha fatto la richiesta di asilo?A seguito della riforma legislativa di fine 2018 l’accoglienza in Italia pre-vede, oltre al vitto (3 pasti al giorno nel rispetto del-le esigenze alimentari) e all’alloggio (e quindi anche lenzuola, vestiti, prodotti per l’igiene personale, …):– il sostegno al disbrigo

delle pratiche per il rico-noscimento del diritto a soggiornare in Italia;

– l’assistenza sanitaria– la possibilità di comunica-

re telefonicamente con i propri cari;

– un pocket money pari a €2,50 pro die/pro capite fino ad un massimo di €7,50 pro die/ pro capite in caso di famiglie.

Sono stati esclusi tutti i servizi, quali ad esempio l’insegnamento della lingua italiana, necessari a favorire il percorso di inclusione sociale dei richiedenti asilo in Italia.

Cosa succede a una per-sona che non ha i requisiti per l’asilo?Alle persone a cui viene notificato il rigetto della do-manda di asilo viene ritirato il permesso di soggiorno e viene lasciato loro il tempo necessario per presentare l’eventuale ricorso al tribu-nale. Scaduti i termini per la presentazione del ricorso, se vengono fermati dalla polizia vengono espulsi dall’Italia. Se invece hanno presentato ricorso al tri-bunale possono richiedere un nuovo permesso di soggiorno in attesa della sentenza del tribunale. Al-tre persone che non hanno i requisiti nemmeno per avanzare per la prima volta la richiesta di asilo, viene consegnato un decreto di espulsione e sono accom-pagnati alla frontiera. Se non è possibile accompa-gnarli direttamente sono obbligati a lasciare l’Italia con mezzi propri entro sette giorni. Chi non lascia l’Italia entro i sette giorni previsti nel caso in cui venisse fer-mato dalla polizia, verrebbe processato e riceverebbe un nuovo decreto di espul-sione. Questa situazione di fatto è spesso il presuppo-sto per una permanenza irregolare che espone la persona ad emarginazione e criminalità.

22 la Vela - n.21 aprile 2019

riflessione

IL DISCERNImENTO Cosa è veramente?

Non è la vocazione a sposarsi o diventare prete! Ma tutt’al-tro... «Per discernimento non

si intende capire se uno si deve sposare o fare prete, per carità

di Dio. Quella è una fase seconda di una esistenza che è già impa-stata nella comunione con Dio. Che disastro che stiamo facendo a non fare questa distinzione!».

Una dinamica che guida l’uomoPer discernimento intendiamo quella dinamica che guida in-teriormente  colui che vive al

cospetto del Signore, come il Signore Gesù sta al cospetto del Padre. È l’orientamento profondo dell’essere. Non è una scelta singola, sussiste in tutte le scelte.  È la pasta della vita nuova che il Signore Gesù ha inaugurato nella carne umana.

“Fiutando” la presenza di Dio PadreUn gatto è sempre un latente predatore, e quando svolge l’attività predatoria è semplice-mente se stesso; un cane è un latente segugio, e quando fiuta

23n.21 aprile 2019 - la Vela

riflessione

e punta non è un’attività “spe-ciale”, è la sua propria attività.Allo stesso modo, un figlio di Dio non ha discernimento sulla volontà di Dio perché ha letto un libro o perché si è sentito centinaia di catechesi, ma perché “fiuta” il Padre nelle cose, visto che lo conosce. Il discernimento non è una abilità.È un’identità redenta messa in atto, è la relazione da figli con il Padre che diventa sensibilità, occhio acuto, orecchio intonato. Il discernimento, anche quello iniziale, ripetiamolo, si fa in dialogo con il Signore, perché il discernimento non è un’abili-tà, è una relazione.

Una relazione che non si improvvisa!Quando si parte senza luce si pensa di poter improvvisare il discernimento, e senza disci-plina, ed è frequente a questo punto pensare di guardare alle cose e saper distinguere, e sud-dividere a senso, a impressione, a istinto. Senza alcun addestra-mento. Non funziona cosìPerlomeno ci vuole uno zero or-togonale. Ci vuole un parametro. Altrimenti ogni valutazione ha le gambe corte, è occasionale, ormonale, metereopatica. Non si può campare così. E non si può ricominciare a casaccio.

La vita benedettaIl discernimento sulla propria vocazione, cioè in questa rela-zione quotidiana con il Signo-

re, non finisce con la gioventù, ma si dovrà affrontare in tutta l’esistenza!Ogni giornata dobbiamo capire a cosa ci chiama Dio. Capire la vocazione della vecchiaia, della maturità, la vocazione del lavoro, dell’amicizia. E si tratta di non stare in una progettua-lità sterile, in utopie piccole e grandi, ma nella realtà, nell’ob-bedienza alla vita.Ossia? Assecondare la vita per come Dio l’ha stabilita. Bisogna entrare nelle venature della vita, saperla assecondare per come è. Ci è consegnata la vita benedetta. Questo è comando di Dio. La sua volontà è: obbe-dienza a questa benedizione. È vitale rinvenire, accogliere e assecondare la benedizione di Dio nella nostra esistenza.

Dio come mi salva?C’è, nella prassi del discerni-mento, una legge della continu-ità: c’è un modo che Dio ha per salvarmi che ha la sua coerenza.Mi prende in genere  per una linea di grazia, per una chiave di salvezza. Eterna è la sua mi-sericordia, e la via del Signore è diritta, non è contraddittoria.Voglio costruire il bene? Voglio ricominciare? Questa è una del-le cose principali: focalizzare come Dio salva proprio me.

I luoghi del PadreQualcuno ha detto che  Dio si avvicina con passi di persona conosciuta, si muove in un modo

24 la Vela - n.21 aprile 2019

che è percepito come riconosci-bile. Lo Spirito del Signore ha il suo modo di entrare nel cuore di ognuno.Mille volte mi è servito tornare sui passi delle mie grazie, rin-tracciare la tana del bene nel mio territorio, ricordare i luoghi abituali del mio lasciarmi ritrova-re dal Padre. So che ci sono cose che se le faccio, mi fanno bene, mi hanno sempre fatto bene.

Generare vita!Lo stadio ultimo del discerni-mento di primo livello è genera-re vita. Il parametro estremo di tutto questo percorso è la vita altrui. Ogni cosa è un cammino dalla solitudine alla relazione. Ogni cosa che farai, per ricomin-ciare, ha un termine che valuta tutto: controllare se ti porta a generare la vita.

Un movimento d’amoreL’amore è la luce che guida nel riconoscere le prime evidenze, e l’amore è la vera priorità. Ogni ispi-razione è un movimento d’amore, perché viene dallo Spirito Santo che è amore; le umiliazioni, se accolte, rendono capaci di atti pasquali, che sono atti d’amore; le proprie bene-dizioni si identificano mettendosi sulle tracce della manifestazione dell’amore nella nostra vita. Insom-ma: il parametro di tutto è la vita altrui. È la fecondità. Se sto facendo un buon percorso non lo dico io, lo dicono quelli che stanno dalle mie parti. È a loro che va chiesto. Perché la mia essenza di uomo è la mia capacità di ge-nerare vita.

Per chi sono?Dunque la fecondità è il più nitido dei principi di discernimento.

Una delle cose più inutili è fare discerni-mento per arrivare a capire chi sono, ma la vera domanda è: per chi sono? Essere con-tento di me stesso - per me stesso e basta - sarà il mio orrore. Se alla fine non mi apro a nessuno, neanche io sono nessuno.Ecco l’esercizio per arrivare al bersaglio: farsi inchiodare dal-la domanda io per chi sono?  Guardarsi intorno, e iniziare a rispondere.

riflessione

25n.21 aprile 2019 - la Vela

Give me Fire! Ricevi il sigillo dello Spirito Santo

Sicuramente qualche

ragazzo avrebbe voluto

stare a casa sul divano

a giocare con la Play.

Invece eravamo

più di 1.500.

Che forza ragazzi!

Abbiamo pregato anche

per papa Francesco,

perchè il Signore lo

sostenga nella

sua missione. E poi un

grande applauso...

Mi sono lasciata

coinvolgere dalla musica,

dai balli, dalle preghiere e

dalle parole del Vescovo.

È stato veramente un bel

pomeriggio passato

in allegria.

Bellissima festa, grande divertimento,

sventolavamo foulard gialli, arancioni e rossi

per simboleggiare il fuoco. Appunto il titolo:

Give me fire!

È stata un’esperienza fantastica, poi quando

abbiamo acceso le torce dei cellulari, sembrava

di avere in testa tante fiammelle, proprio come lo Spirito Santo.

A me è piaciuto molto perchè ancora una volta sono stato insieme ai miei amici del gruppo di catechesi, ma non

semplicemente per giocare ma per fare qualcosa di importante.

Striscioni e fazzoletti

colorati, torce dei cellulari

accese a ritmare l’inno

“Hd. Vita ad alta

definizione nello Spirito

Santo”. Abbiamo cantato,

ballato e pregato. Eravamo in tantissimi,

tante parrocchie che

non avevo mai sentito

nominare. Ma allora ci

sono tanti ragazzi della

mia età che credono

veramente in Gesù!

Domenica 17 marzo al “PalaCastellotti di Lodi” grande Festa dei cresimandi di tutta la diocesi. Anche quest’anno tutti i ragazzi che si preparano a ricevere il Sacramento della Cresima sono stati invitati al grande incontro con il Vescovo Maurizio. Costantino, Sofia, Maria, Federica, Eleonora, Matteo, Riccardo, Christian, Andrea, Greta, Andrea, Gabriele, Arianna, Giulia con le catechiste Silvia e Teresa hanno partecipato con gioia. Ecco i loro commenti...

Il Vescovo, ci ha salutato con queste parole: «Le orme di Gesù sono in tutto il mondo, perché i suoi

apostoli sono andati in tutto il mondo e non si sono ancora fermati...»

Festa diocesana cresimandi

26 la Vela - n.21 aprile 2019

Domenica 3 febbraio 2019

Nuovi ministranti

oratorio e dintorni

Sono entrati a far parte del gruppo dei ministranti, da sinistra, Andrea Salvia, Nicolò Giannelli, Paolo Esposito. Nella foto con Diego Malusardi, Monsignor Dario Maggi e don Luca.

27n.21 aprile 2019 - la Vela

CarnevaleDomenica 24 febbraio 2019

Carnevale

oratorio e dintorni

28 la Vela - n.21 aprile 2019

San Giovanni BoscoVenerdì-Sabato-Domenica 25-27 gennaio 2019

oratorio e dintorni

I festeggiamenti, per ricordare San Giovanni Bosco fondatore degli oratori, sono iniziati nella serata di venerdì 25 Gennaio con una gara di karaoke. Ben 19 le esibizioni, seguite con attenzione dal numeroso pubblico e dalla giuria, guidata dal maestro Liu Jing. Solo un punto di distacco tra i primi tre classificati: primo

Alphonse con la canzone “Emozioni”, seguito da Rocco che ha cantato “Halle-lujah” e Alice con “Mondiali”. Prima degli adulti hanno gareggiato i bambini: ha vinto Chiara emozionando tutti con la canzone dello Zecchino d’Oro “Il domani”. La festa è proseguita nei giorni successivi: sabato 26 serata di giochi per i ragazzi di prima e

29n.21 aprile 2019 - la Vela

Serata Karaoke

oratorio e dintorni

seconda media, mentre domenica 27, dopo la Santa Messa animata dai ragazzi, per i più piccoli e le famiglie pranzo in oratorio a base di hamburger e patatine e pomeriggio di divertimento con il mago David. Ultimo appuntamento domenica 3 Febbraio per gli adolescenti, col pattinaggio sul ghiaccio e al bowling e a seguire una pizzata tutti insieme.

Primo classificato, Alphonse

con don Luca

Chiara, la prima classificata tra i bambini con don Luca e Liu Jing

30 la Vela - n.21 aprile 2019

Santa LuciaDomenica 9 dicembre 2018

oratorio e dintorni

EpifaniaSabato 6 gennaio 2019

31n.21 aprile 2019 - la Vela

“La Vela” - n. 21 aprile 2019. Parrocchia SS. Pietro e Paolo OSPEDALETTO LODIGIANO.Direttore responsabile: Mario Borra - Direttore editoriale: Don Luca PomatiHanno collaborato: Francesca Boffelli, Giusi Campagnoli, Giovanna Danelli, Giada Donelli, Enrico Galli, Sofia Galli, Gruppo cresimandi, don Fabio Rosini, Antonietta Scaramuccia, Simona Tomasi, Lucia Volpi Fotografie: Umberto Brizzolari, Simona Tomasi, Silvia ZinzaliniProgetto grafico e impaginazione: Giografica - Stampa: Sollicitudo (Lodi)

Velala

oratorio e dintorni

Nella tradizionale elevazione musicale natalizia si sono esibiti la Schola Cantorum S. Cecilia diretta da Liu Jing, il Piccolo coro San Giovanni Bosco, il soprano: Silvia Fiumi. Hanno suonato, ottavino: Liu Jing, flauto traverso: Sofia Galli, violino: Rossana Ferrari, tromba: Angelo Paganini, chitarra: Lorenzo Cattabriga, organo: Filippo Cipolla e Marco Lazzarini.

Note di luce Elevazione musicale natalizia

Sabato 22 dicembre 2018

Il presepe

32 la Vela - n.21 aprile 2019

prossimi appuntamenti

domenica 14 aprile 2019PRIMA CONFESSIONEOre 15.00 in chiesa parrocchiale

giovedì 18 aprile 2019 GIOVEDÌ SANTOIstituzione dell’Eucarestia - I ragazzi con i loro genitori saranno presenti alla S.Messa delle ore 21.00 in chiesa parrocchiale

maggio 2019S. ROSARIO - Il mese dedicato a Maria ci troverà impegnati nella preghiera con la recita del S. Rosario alle ore 20.45

domenica 12 maggio 2019S. CRESIMAOre 10.30 in chiesa parrocchiale

TEMPO PER LE CONFESSIONI

Lunedì 15 aprile a Orio Litta21.00 Confessioni adulti

Martedì 16 aprile a Ospedaletto15.00 Confessioni anziani e casalinghe 17.30 Confessioni elementari, medie ed adolescenti 21.00 Confessioni adulti

Mercoledì 17 aprile a Livraga21.00 Confessioni adulti

domenica 19 maggio 2019S. MESSA DI PRIMA COMUNIONEOre 10.30 in chiesa parrocchiale

domenica 26 maggio 2019CHIUSURA ANNO CATECHISTICO

domenica 9 giugno 2019 - PentecostePROFESSIONE DI FEDE 14enni e 18enniOre 10.30 in chiesa parrocchiale

domenica 23 giugno 2019SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINISanta Messa solenne alle ore 20.30 seguirà la processione per le vie del paese

giugno 2019 TEMPO DI GREST

luglio 2019CAMPISCUOLA I ragazzi vivranno l’esperienza del campo scuola insieme ai loro coetanei dell’unità pastorale (Livraga-Orio Litta-Ospedaletto). ELEMENTARI - 1/7 luglio a Torgnon (AO)MEDIE - 6/13 luglio a Carisolo (TN)GIOVANISSIMI - 29 luglio/3 agosto al Sermig di Torino

La parrocchia dei Santi Pietro e Paolo

e l’oratorio San Giovanni Bosco augurano a tutti

una serena S.Pasqua