Vasariano 20

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#20 RIVISTA DI STORIE E NOTIZIE FIORENTINE E TOSCANE E ALTRO

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RIVISTA DI STORIE E NOTIZIE FIORENTINE E TOSCANE E ALTRO

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#20 Rivista di storie e notizie fiorentine e toscane N. 20— Settembre 2014 Trasmesso a 4000 indirizzi e-mail e assai più diffuso a cascata

Direttore Responsabile LILLY MAGI

Vicedirettore

FABIO M. FABRIZIO

Hanno collaborato STEFANO BANDINELLI

MARZIA BARTOLOMEI CORSI ARISTARCO DE PINOLIS

FRANCO MORALDI COSIMO DAMIANO NICOLETTI

ROBERTO VACCA

Coordinamento editoriale PIER LODOVICO RUPI

IL VASARIANO è edito da Associazione “Il Vasariano”

Via Bottego, 30—Arezzo Reg. Trib. n. 4/11 RS

Sito con tutti i numeri del Vasariano

www.ilvasariano.it

Indirizzo della redazione

[email protected]

1782 - 1824 Ritratto di Maria Luisa di Lucca autore ignoto

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Costume EPISTEMOLOGIA DEL GESTO

Cultura ARRICCHIAMO IL LINGUAGGIO

Urbanistica FIRENZE PRIMA E ADESSO

Pittura MARC CHAGALL

Antropologia MASCHIO E FEMMINA

di A. de Pinolis

Sport PALLAVOLO FIORENTINA

di S. Bandinelli

Personaggi ITALO BALBO

Cinema ALIDA VALLI di F. Moraldi

Costume CALCIO E SCARAMENZIA

di F. Moraldi

Industria SHALE GAS

Sviluppo IMPOSTE SULLA CASA

Curiosità SPIGOLATURE

Linguistica IO

Economia MINIBOND

di M. Bartolomei Corsi

Auto FERRARI

Narrativa L’OROLOGIO DI PALAZZO VECCHIO

di R. Vacca

Toscani ARTEMIO FRANCHI

di C. D. Nicoletti

Poesia LA LUNA di Saffo

IL VASARIANO SOMMARIO

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La gioia di Federica Mogherini

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EPISTEMOLOGIA DEL GESTO

La Chiesa ha sempre rinforzato la comunicazione con gesti liturgici molto precisi Papa Francesco ne ha ampliato il vocabolario

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I gesti sono comprimari del linguaggio, ne sintetizzano il senso. Meno controllati della parole, rivelano meglio il pensiero retrostante. Si deve a Desmond Morris e al suo testo “L’uomo e i suoi gesti” il primo approfondimento significativo della gestualità. Citiamo solo un passaggio curioso: la bugia stimola la produzione di catecolamine che agiscono sulla mucosa nasale e spingono a strofinarsi il naso. Il Collodi aveva bene intuito nel porre nel naso di Pinocchio il recettore della bugia.

Anche Berlusconi ha arricchito di forte contenuto comunicativo il vocabolario del linguaggio politico introducendo una gestualità burlesca che, al di là degli scandalizzati d’ufficio, soddisfa il desiderio popolare di smitizzare l’autorità. Quanto siamo lontani da Moro o da De Gasperi!

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Il linguaggio gestuale di Grillo è coerente con il programma di contrapposizione globale alla classe politica, sintetizzato nelle parole con il “vaffa”

Accanto a Grillo, il linguaggio dei gesti di Casini spicca per contrasto: studiato, controllato, elegante, ma, anche per questo, poco popolare.

Non ha imparato molto dal suo ex capo, salvo nel vestimento sempre inappuntabile. I gesti sono troppo aggressivi e il volto sempre truce. Ma Alfano non sorride mai?

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La posizione delle mani sempre bilanciata, simmetrica: l’equilibrio, la mediazione sono certamente la sua arma politica preferita

La sua gestualità, come protesa ad arraffare, ai proprietari di case ricorderà l’IMU. Ma lui, nonostante l’intensità messa nell’espressione, è rimasto con un pugno di mosche.

Si rimbocca le maniche oppure……. I gesti sono plateali e si raccordano bene ai discorsi zeppi di grasse similitudini popolari emiliane. Quale distanza dall’”erre moscia” e dal guardaroba di Bertinotti!

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Letta, o dell’indeciosione: Ici, Imu, Tari, Tasi, Tares, Tarsu, Taser, Trise, Tuc, Iuc? Rivelatore sarà l’atteggiamento indispettito, quando passerà la carica di Presidente a Renzi

Renzi, il birichino che ha inventato un modo nuovo di far politica. Quello di raccontare le cose con semplicità, parlando come uno qualunque. Rammenta la favola di Andersen de “il Re è nudo”. Inutile dire che uno così, all’autore di queste note resta simpatico.

Soffia e sbuffa il cavallo di razza del PCI. Ma il suo tempo è passato e lui ha ballato una sola estate

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MARC CHAGALL (Moishe Segal 1887-1985)

Umberto Eco

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In una atmosfera evanescente, Chagall interpreta a modo proprio due correnti pittoriche emergenti: il “fauvismo” propugnatore di un’arte primitiva e istintiva che approda nell’uso violento del colore; e il “cubismo” che si contrappone alla diffusione della tecnica della fotografia, trascendendo la rappresentazione di ciò che si vede e raffigurando l’immagine mentale con un procedimento di decostruzione della prospettiva e di moltiplicazione dei punti di vista. Ma a tutto ciò, Chagall aggiunge, in un clima onirico e rarefatto, l’intensa nostalgia per i borghi e i luoghi della natìa Russa: diafane e fiabesche immagini della memoria si accavallano come in un sogno e comunicano il rimpianto struggente di luoghi e di tempi che furono.

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Personaggi della Storia

ITALO BALBO

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Italo Balbo, giovane ferrarese, di ricca famiglia e di scarse letture, organizza il fascio locale con un gruppo di amici, tra i quali alcuni ebrei. Cosicché, quando Mussolini presenterà in Gran Consiglio le leggi razziali, sarà l’unico a protestare.

Risulterà sempre un uomo libero e di coraggio, ma soprattutto si rivelerà un grande organizzatore.

Quando Balbo è nominato ministro dell’aeronautica, in poco tempo mette in piedi una aviazione a quell’epoca eccezionale e con 25 idrovolanti trasvola due volte l’atlantico mentre il mondo assiste entusiasta.

Negli Stati Uniti, a Chicago, c’è ancora Balbo Avenue, mantenuta anche dopo che gli dichiarammo guerra.

Ma il successo di Balbo, oltretutto personalità magnetica, di forte carisma, fa ombra al Duce.

Tornato dalla trasvolata, Mussolini gli toglie l’incarico nell’aeronautica che, come dice il nome, era stata già subordinata alla marina, e lo caccia dal governo.

Sette anni dopo, quando entriamo in guerra, mentre i tedeschi hanno gli Stuka e i Messerschmitt, noi abbiamo ancora gli aeroplanini a doppia ala.

Ma Mussolini non vuole rischiare che Balbo primeggi ancora e lo manda in Libia. Qui, il 28 giugno 1940, Balbo, di ritorno dall’Egitto su un trimotore SM 79, sarà abbattuto, secondo la versione ufficiale, dal

“fuoco amico” della nave Sangiorgio, o più probabilmente, dallo Scirè, un sommergibile per missioni speciali e segrete che, arrivato in rada la sera prima, riparte un’ora dopo l’abbattimento.

La vedova, Emanuela Florio, rifiuterà platealmente le condoglianze provenienti dalle autorità fasciste, sostenendo pubblicamente la versione del mandante Mussolini a causa della vivace ostilità di Balbo all’entrata in guerra dell’Italia.

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E’ stato recentemente accertato che giacimenti di rocce argillose tra i 2000 e i 4000 metri di profondità possono contenere intrappolato al loro interno metano. Questo gas può essere estratto insufflando grandi quantità di acqua a fortissima pressione nelle rocce che lo contengono. In USA e in Canada, dove la proprietà del sottosuolo è di chi possiede il terreno soprastante, la corsa allo shale gas è già iniziata da parte di singoli proprietari attraverso jhon venture, company o altro tipo di società, e sta

facendo passi velocissimi, come successe nel Texas con il petrolio. Tuttavia, la corsa allo shale gas si scontra con le proteste degli ambientalisti che sostengono che il processo di estrazione (fracking) possa provocare terremoti. Da noi, come in Europa, lo Stato è proprietario di tutto quello che sta sotto la superficie del terreno, e sarà difficile tener dietro ad USA e Canadà. Potrà succedere solo quando nascerà un nuovo Enrico Mattei e si determineranno le condizioni che lo portarono alla ribalta.

SHALE GAS - metano estratto da argille

IO io nei paesi anglosassoni si scrive sempre maiuscolo “I”. Anche in tedesco “Ich” si scrive sempre maiuscolo, ma qui la regola vale per molti sostantivi Indicare maiuscolo il pronome “io” significa concedere rispetto e importanza alla singola persona. Anche questo particolare è la spia di una diversa considerazione dell’individuo rispetto all’Italia, dove il cittadino è depauperato dalle tasse, controllato nei risparmi e nelle spese, intercettato e sottoposto a mille vincoli e burocrazie. A riprova, nei paesi anglosassoni l’italiano “Stato” obbligatoriamente maiuscolo, si traduce “state”

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Lo chiamavano tutti VP – non per Vice President, ma per Vice Padrino. Era sicuro di sé. Lo temevano da Las Vegas a Miami, da Como a Capo Passero. E lo obbedivano. Disse:

“L’agente speciale Patrick O’Cuillenain mi è venuto dietro anche in Italia. Questo dannato irlandese dice che sta qui as a tourist. Ma dà troppa noia. I’ll waste him myself – lo elimino io. Personalmente.”

Suo cugino obiettò: “VP, no. Non ti esporre. Mandiamo

uno dei ragazzi.” “No. Faccio io. Ormai è cosa

personale. O’Cuillenain era contento della sua

scorta. Jack Ryan era un vecchio amico: irlandese anche lui e parlava bene l’italiano. Anche con Carlo Guarducci, il carabiniere fiorentino, aveva fatto subito amicizia. Lo aveva giudicato subito: intelligente, affidabile, sicuro. Erano andati a mangiare in un ottimo ristorante a Trastevere. Verso le 15:30 lo avevano portato a San Pietro. L’irlandese girava lo sguardo sull’enorme colonnato. Voleva cercare il punto da cui tutte le colonne di uno dei semicerchi si vedono allineate come se ce ne fosse una sola. Girò ancora lo sguardo e rimase gelato. Davanti alle

colonne VP gli sorrideva da una decina di metri di distanza,

L’enorme mano di VP era avvolta attorno alla grossa pistola calibro 45. L’impugnatura di legno pregiato era stata disegnata apposta per lui. Sparò due colpi soli in rapida successione. I 10 grammi di ciascun proiettile attraversarono il torace di O’Cuillenain uccidendolo. Ryan e Guarducci fissarono per un attimoil volto di VP e stavano per rispondere al fuoco, ma un grosso SUV grigio arrivò ad alta velocità e frenò di colpo togliendogli la visuale. Ripartì di scatto, portando via VP che era balzato a bordo. Ryan e Guarducci spararono insieme al veicolo che si eclissò subito in direzione della via Aurelia. Videro che l’agente irlandese era morto. Guarducci chiamò la centrale dettando la targa del SUV e fornendo i dati sull’accaduto.

Mentre correvano verso l’Alfa di servizio, Guarducci chiese:

“Riconosciuto? “Sure!” – rispose Ryan – “VP è

troppo noto. Patrick lo aveva seguito fin qui. Ho la sua foto. Falla girare e blocchiamo aeroporti, stazioni e frontiere.”

Guarducci prese il cellulare dell’americano e trasmise la foto. Azionò la sirena e partì sgommando. Gridò:

“Andiamo a Fiumicino. Dobbiamo

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L’OROLOGIO DI PALAZZO VECCHIO E IL DETECTIVE FIORENTINO

di Roberto Vacca

Invece del solito articolo di divulgazione scientifica, questa volta pubblichiamo un giallo che ha come chiave una curiosità fiorentina

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beccarlo.” Ryan commentò: “Questa volta non si difende. Lo

abbiamo visto red handed – con in mano la pistola fumante. Sarà estradato in Texas, dove c’è ancora la pena di morte. Con la nostra testimonianza è finito. Ricorda bene l’ora: three fifty PM – come dite in italiano? Quindici e cinquanta del 21 giugno.”

VP non si presentò in nessun aeroporto e in nessuna stazione. Fu arrestato parecchie ore dopo in un grande albergo a Firenze in Piazza Santa Maria Novella. Era accompagnato da un suo famoso avvocato.

Ryan arrivò per primo al carcere di Firenze e rese la sua testimonianza. Il TAV di Guarducci, invece, aveva ritardo. Il carabiniere arrivò al carcere di Sollicciano e, prima che entrasse, gli venne incontro Ryan.

“Carlo! Non è possibile! C’è l’avvocato di VP. Ha testimoniato che ieri pomeriggio VP stava a Firenze insieme con lui. Ha una fotografia in cui stanno insieme davanti a Palazzo Vecchio. Si vede bene l’orologio che segna proprio l’ora in cui ha sparato a O’Cuillenain – le tre e cinquanta. Si vede anche una signora che passa e ha in mano il giornale di ieri. Che cosa è questa storia? Hanno trovato un sosia qui in Italia?”

Era affranto. Guarducci prese la grande foto e la guardò attentamente. Sorrise.

“Sono proprio bischeri questi vostri gangster! Come speravano di farla franca qui a Firenze? Non la sai la storia?”

“Che storia? La foto mi pare chiara. È un alibi di ferro.”

Guarducci scosse la testa: “No! Leggi la guida Michelin!

L’orologio della Torre in questa foto segna le dieci del mattino! È uno dei rari orologi antichi che hanno una lancetta sola: quella lunga – e segna le ore. Per sapere i minuti, devi stimare a che punto stia fra l’ora precedente e la seguente. La lancetta corta è solo un contrappeso e sta esattamente sullo stesso diametro di quella lunga. Tutti gli stranieri credono che l’orologio sia rotto. Invece no: la lancetta corta segna le 4, ma non conta. Quel bischero di VP si è fatto la foto ieri mattina alle 10 antimeridiane ed era sicuro di imbrogliarvi, ma non ha tenuto conto che nelle forze dell’ordine italiane ci sono anche dei fiorentini.”

Anche Ryan sorrise sollevato. “OK. Ora non ci scappa. Ma che

orologi fate in Italia? Non vi vergognate?” “Certo che dovremmo cambiarlo, ma

qui le cose si correggono con calma. Comunque non lo costruì un italiano, ma un tedesco alla fine del ‘600”.

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ARRICCHIAMO

IL LINGUAGGIO

Disamina Esame meticoloso Opimo Grasso, pingue Atavico Derivante da lontanissimo progenitori Paratia Parete esterna di un natante Pedagna Traversa in legno sul fondo della barca Trinchetto Albero anteriore, a prora della barca Palancola Tavola in legno infissa nel terreno, in sequenza con altre, per sbarramento all’acqua Paranco Sistema di carrucole per sollevare con forza ridotta carichi elevati Diatermico Materiale dotato di buona conducibilità del calore, conduttore termico Cabrata Manovra iniziale del decollo di un aereo Pastorizzazione Igienizzazione degli elementi portandoli tra 60°- 80° Permeanza Capacità di un materiale di farsi attraversare da materia o da energia Pescaggio Dimensione verticale della parte di barca che resta immersa Piattabanda Elemento architettonico lineare che chiude superiormente un’apertura Pirolisi Processo di scomposizione di un materiale ottenuto con il calore Planisfero Carta geografica rappresentante l’intera superficie della terra Subliminale Sensazioni o messaggi che arrivano sotto il livello della coscienza Eristico Ingannevole, usato soprattutto nelle rappresentazioni pittoriche

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MASCHIO E FEMMINA Aristarco de Pinolis

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Per qual motivo la violenza nella storia di qualsiasi civiltà è un dato di genere maschile?

Noi umani siamo vissuti per un milione di anni nelle foreste come nomadi cacciatori e in quel milione di anni si è formato il nostro patrimonio genetico.

Eravamo dunque dei nomadi carnivori, di media taglia tra le diverse creature, e per sopravvivere dovevamo uccidere per mangiare, cosicché le qualità che la Specie ci richiedeva per salvare la pelle e riempire lo stomaco erano la forza fisica e l’abilità guerresca contro le vittime e i concorrenti animali ed umani.

Ma la specie oltre che alla sopravvivenza ci spronava alla continuità e così noi umani sviluppammo quella mirabile specializzazione tra maschio e femmina che dava ai maschi il compito di procacciare il cibo e proteggere la prole, alle femmine il compito di covare la discendenza, allattarla e guidarne i passi iniziali.

E dunque queste furono le qualità che per un milione di anni la Specie richiese agli umani: ai maschi la forza, il vigore vincente nella lotta per l’esistenza, alle femmine le rotondità del corpo atte a covare e allattare la prole.

E’ a ragione di queste primordiali esigenze che ancor oggi le femmine amano nei maschi anzitutto le qualità del vincitore, cioè, oggi, il potere e la ricchezza e i maschi amano nelle femmine anzitutto la bellezza delle forme.

E così non stupisca vedere uomini ricchi e potenti, ancorché brutti e attempati, circondati e sinceramente amati da donne bellissime, né stupisca vedere che donne bellissime, anche se supremamente stupide, facciano ugualmente impazzare le torme dei maschi.

Ma diecimila anni fa (un attimo a confronto del milione di anni precedente

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George Grosz 1893-1959

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e un nulla per modificare quegli istinti) qualcuno si accorse che un piccolo seme, nascosto per qualche mese sotto la terra, poteva far nascere una pianta robusta e che questa pianta poteva fornire altrettanto cibo di una feroce scorribanda di caccia nella foresta: era nata l’agricoltura e di lì a poco l’industria e dalla foresta si passò a vivere nelle città.

Quel giorno il patrimonio genetico dei maschi divenne del tutto inservibile ai fini della sopravvivenza, anzi, ingombrante e dannoso, ma i maschi non si dettero per vinti e per giustificare in qualche modo le loro arcaiche pulsioni inventarono un trucco formidabile che consentisse loro di utilizzare ancora quelle qualità maschili che si erano formate nella foresta: i maschi infatti inventarono La Storia e con essa una sfilza interminabile di belle parole da declinare al maschile: eroismo, ardimento, forza, onore, decoro, audacia, gloria, fama, fierezza e chi più ne ha più ne metta: tutta roba che in città serviva da pretesto a darsi maschie botte da orbi. Questo mentre per campare gli sarebbe bastato coltivare il loro campicello, e ce ne sarebbe stato per tutti.

Così in questi diecimila anni i maschi sono stati capaci di combinare tutto quel pandemonio di guerre, stragi, disastri, violenze chiamato, appunto, La Storia, al solo scopo di rimandare di qualche

millennio la data dell’aborrito pensionamento dei loro istinti primordiali.

Questo mentre le femmine non han dovuto subire il medesimo trauma, perché la nuova civiltà agricola si addiceva al loro patrimonio genetico, dato che l’accudire alla terra, seguirne il dischiudersi, raccoglierne i frutti, curare amorosamente gli animali domestici, erano da sempre gesti femminili.

E che somma ingenuità quella di sperare che le femmine vengano in aiuto ai maschi facendosi simili a loro e subentrando nei loro ruoli! Non sarà questo l’esito finale. La fine non consisterà nell’aver sulla scena tutte le femmine travestite da maschi, ma verrà quando tutta la Società dovrà mettersi in abiti femminili, perché sarà chiara a tutti l’inutilità della parte fin qui recitata dai maschi e la pericolosità del loro patrimonio genetico.

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Alida Valli, questo è almeno il nome con cui tutti conosciamo questa attrice, ricordata per la bellezza intensa e per un fascino aristocratico cui sicuramente contribuì l’anagrafe che alla nascita a Pola - figlia di una pianista e di un barone critico musicale - la registrò come Alida Maria Von Altenburger, baronessa Von Markenstein und Frauenberg del Sacro Impero Germanico.

Famiglia e generalità evidentemente perfette per la società mitteleuropea ma non altrettanto adeguate per il cartellone di un film, se alla seconda pellicola la nostra Alida si “semplificò” il cognome in Valli, sembra aprendo a caso l’elenco del telefono ed adottando il primo cognome trovato: un certo piglio decisionista non le

dovette certo fare difetto se, decisa a fare l’attrice, a 14 anni andò da sola a Milano per un provino, comprando il biglietto del treno con quanto racimolato dalla vendita dei regalini della Cresima ed esordendo poi nel cinema a soli 15 anni.

Pare incredibi le che quel la quindicenne istriana sia la stessa persona che dopo l’esordio come capricciosa ragazzina in film come “Assenza ingiustificata” e “Ore 9 lezione di chimica” prenda poi il largo recitando come magnetica diva dagli occhi color lavanda nelle pellicole italiane dei “telefoni bianchi” e poi passi a ruoli di protagonista assieme ad icone come Orson Welles, Yves Montand, Frank Sinatra, Gregory Peck, Rex Harrison, eccetera.

ALIDA VALLI baronessa Alida Maria Von Altenburger, Von Markenstein und Frauenberg.

di Franco Moraldi

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Ed è la stessa persona che recita sé stessa in “Siamo donne” su soggetto di Zavattini e, decenni dopo, è protagonista di film di cassetta con Paolo Villaggio, giungendo a fine anni 70, con i capelli arruffati e un turpiloquio ben oltre la caserma, a vestire i panni della ruvida mamma di Benigni e futura sposa di Carlo Monni in quell’opera cult per noi toscani che è “Berlinguer ti voglio bene”, in cui il cuore di mamma può esprimersi anche nel “non sei un omo, sei un lombrico”, urlato allo stralunato adolescente Benigni.

Se poi diamo uno sguardo ai registi che l’hanno diretta in oltre 100 film rischiamo la sindrome di Stendhal: sono monumenti del cinema come Visconti, Antonioni, Pasolini, Soldati, Von Trotta, Dario Argento e tanti altri.. La diresse anche Alfred Hitchcock, che serbò di lei ricordi un po’ perfidi, ma che sul set la riprendeva con 4 telecamere, per non perdere un’inquadratura del suo volto e dei suoi sguardi.

Alida Valli, l’Ingrid Bergman italiana, è stata per 60 anni una primadonna sui set cinematografici e sulle tavole dei palcoscenici (mise in scena Ibsen e Pirandello, D’Annunzio e Tennessee Williams): se la luce della ribalta ne ha sicuramente sottolineato il profilo da diva e primattrice (battezzata dai giornali “fidanzata d’Italia” fu anche negli anni 40 stella popolarissima dei fotoromanzi), la vita non le ha certo riservato un ruolo secondario: fidanzata con un pilota militare caduto in Libia (quasi una trama di Liala), di tanto in tanto accusata di flirtare con i più alti livelli del regime fascista, non ebbe timore nel rifiutare, fra i pochi, di seguire la

Cinecittà che contava verso Salò, rischiando, nascosta a Roma, ritorsioni, fino alla Liberazione.

La Valli fu sì star elegante ed altera, ma anche una donna che visse sentimentalmente con forte e “moderna” personalità: capace di salutare la sera un giovane ed innamorato Dino Risi con un ”ci vediamo domani”, per poi incontrarlo nuovamente…30 anni dopo, trasmetteva un fascino di un magnetismo riconosciuto in piena par condicio: ad un Ingrao che ammise “aveva occhi di ghiaccio, non provai a corteggiarla”, fa da controcanto un epitaffio, velenoso come solo i toscani sanno esserlo, immaginato da Montanelli: “qui per la prima volta Alida Valli giace sola”!

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Per recuperare 10 - 15 miliardi di Euro in più all’anno, Monti ha raddoppiato le tasse sul patrimonio immobiliare degli italiani(1). Ma per effetto di quel brusco aumento, il valore del patrimonio immobiliare ha cominciato a scendere(2) ed è complessivamente diminuito nell’ordine di circa 1.000 miliardi (3). Il risultato è che il possesso di un immobile ha cambiato natura: fino a ieri, un fattore di sicurezza, oggi per buona parte di italiani è diventato un fardello da cui liberarsi, o addirittura un incubo (4), come appalesano i sempre più numerosi “vendesi o affittasi” E l’italiano di media condizione, dalla precedente situazione economica di benessere, si è improvvisamente sentito, come in parte è divenuto, povero e ha tagliato i consumi (5)

1) il raddoppio è avvenuto aumentando i valori catastali del 60%, abbattendo la riduzione forfettaria per la manutenzione dal 15% al 5% e aggiungendo all’IMU la TASI, con il limite, per la somma delle due imposte, dell’11,4 per mille del valore catastale.

2) il fenomeno si è autoalimentato con la crescita dell’offerta e la paralisi della domanda; e si è accentuato per gli edifici produttivi, commerciali e terziari in conseguenza delle dismissioni di attività.

3) da stime di Banca d’Italia, la diminuzione complessiva del valore del patrimonio immobiliare degli italiani corrisponde a circa metà del debito pubblico (2.200 miliardi)

4) preoccupa la delega agli enti locali di introdurre nuovi valori catastali con il vincolo del mantenimento del prelievo complessivo, condizione al cui rispetto non crede nessuno.

5) Effettivamente, i valori catastali sono spesso inferiori ai valori di mercato. Ma si deve considerare che l’aliquota IMU più la TASI, se applicate ai valori di mercato, superano nettamente il reddito reale: ad esempio un appartamento di 100 mq in buona posizione di una cittadina di media grandezza ha un valore (teorico) di mercato di 300.000 Euro, e oggi si affitta (con fatica) a 500 Euro mensili. IMU e TASI, anche se contenute al 10 per mille, rispetto all’11,4 massimo consentito, fanno 3.000 Euro. Le spese condominiali a carico del proprietario non sono meno di 1.000 Euro l’anno. Il paradosso è che l’intero affitto è assoggettato anche all’IRPEF, la cui imposta marginale, per un reddito complessivo medio, è intorno al 35%, comportando ulteriori 2.000 Euro. Il risultato: 500 x12 – (1000 + 3.000 + 2.000) è zero. In realtà, conteggiando i periodi dell’immobile sfitto, le morosità, le manutenzioni interne ecc. si va largamente sotto.

IMPOSTE SULLA CASA

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Con la recente conversione in legge del decreto Destinazione Italia sbarcano sul mercato dei capitali i minibond. Si tratta di strumenti finanziari di debito (cambiali finanziarie o obbligazioni) che possono essere emessi da società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici, con l’unica eccezione di banche e micro imprese. La novità introdotta dal legislatore è di consentire l’utilizzo di uno strumento di autofinanziamento alle società non quotate su mercati regolamentati. L’obiettivo dell’iniziativa, già promossa a partire dal 2012 con il governo Monti, è quella di agevolare l’accesso al credito per le aziende di minori dimensioni creando un’alternativa al finanziamento bancario. È ben noto, infatti, che la persistente crisi economica continua a rendere l’accesso al credito molto difficoltoso per i piccoli imprenditori. Il motivo della stretta creditizia è duplice: da un lato le banche hanno un’esposizione a crediti in sofferenza estremamente elevata, pari, si stima, a circa il 25% del totale dei prestiti alle imprese, e sono pertanto restie a erogare nuova finanza. Dall’altro le imprese italiane, anche per la loro dimensione mediamente ridotta, sono eccessivamente esposte al credito bancario. Quest’ultimo rappresenta il 70% circa dei finanziamenti alle imprese mentre, a titolo di confronto, nei principali paesi europei tale percentuale è intorno al 30%.

La misura, incoraggiata anche dal Fondo Monetario Internazionale, ha portato alla diffusione di fondi chiudi destinati all’acquisto di minibond. Attraverso la sottoscrizione di tali fondi, gli investitori istituzionali – gli unici attualmente autorizzati a investire in questi strumenti – potranno indirettamente acquisire minibond. Oggi in Italia sono oltre venti i fondi operativi o in fase di raccolta e si stima che il numero sia in crescita visto che sono molte le iniziative volte a promuoverne un rapido sviluppo. Dal punto di vista normativo il legislatore ha già rimosso alcuni vincoli importanti: innanzitutto è stata prevista l’applicabilità di tutte la normativa prevista per la cartolarizzazione dei crediti; inoltre, è stato consentito a compagnie di assicurazione e fondi pensione di investire in minibond a copertura delle riserve tecniche. Nonostante l’iniziativa rappresenti un

MINIBOND di Marzia Bartolomei Corsi

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primo passo verso una maggiore apertura del mercato del credito, permangono alcuni limiti. Si tratta, in primis, del fatto che l’attività di prestito alle imprese resta riservata alle banche e alle società finanziarie vigilate e non anche ai fondi chiusi come accade in Inghilterra e Germania. Inoltre, anche dal punto di vista fiscale, è necessario rimuovere alcune discriminazioni: oggi, ad esempio, i fondi esteri che vogliono investire in strumenti di credito italiani sono soggetti a una ritenuta del 20%, cosa che evidentemente è molto penalizzante. Restano molte cose da fare, ma trovo interessante il fatto che questo

provvedimento sia volto a tutelare la piccola imprenditoria. Storicamente la politica italiana è stata, eccessivamente assistenzialista nei confronti delle grandi aziende, in primis le banche, pregiudicando gli interessi delle piccole società. Ma il tessuto industriale italiano è fatto di piccole e medie imprese che soffrono ancora di più in situazioni economiche recessive come la nostra. È necessario quindi supportarle, anche al fine di agevolare, nel medio termine, quel processo di aggregazione tra piccole aziende che è la sola via per assicurare loro una sopravvivenza in un

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PUBBLICITA’, CREDITO E OBSOLESCENZA “Per permettere alla società dei consumi di continuare il suo carosello diabolico sono necessari tre ingredienti: la pubblicità, che crea il desideriodi consumare, il credito, che ne fornisce i mezzi, e l’obsolescenza accelerata e programmata dei prodotti, che ne rinnova la necessità.”

di Serge Latouche

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ARTEMIO FRANCHI di Cosimo Damiano Nicoletti

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Della sua toscanità non c’è davvero da dubitare. Anzi, direi, tanto senesità che fiorentinità in misura sparsa.

Nasce a Firenze nel 1922, ma presto inizia ad essere affascinato dallo spirito contradaiolo fino a diventare nel 1971 capitano della contrada della Torre e restarci per dodici anni. Per amore della sua contrada, che non era mai riuscito a portare alla vittoria, il 12 agosto 1983 si incammina in auto per andare a prendere gli ultimi accordi a casa di “Bastiano”, fantino designato del Palio dell’Assunta. E sull’asfalto bagnato trova sulla strada un camion che interrompe bruscamente la corsa della sua vita, lasciandola tristemente irrisolta.

Presidente della FIGC dal 1967 al 1976, nel 1973 viene nominato all’unanimità presidente UEFA e dal 1974 vicepresidente FIFA: incarichi prestigiosi ed “influenti” che tenne fino allo scontro fatale. Sotto la sua gestione la Nazionale italiana tornò a vincere un trofeo (campionati europei nel 1968) e ad essere annoverata tra le potenze calcistiche (vicecampione del mondo nel 1970).

Alla sua lungimiranza ed amore per il calcio è dovuto lo sviluppo del Centro Tecnico Federale di Coverciano (ideato nel 1958 dal suo maestro, il marchese Luigi Ridolfi), tuttora casa madre dei ritiri della compagine azzurra, che divenne una vera e propria seconda dimora del dirigente fiorentino.

Anche da dirigente europeo (UEFA) e mondiale (FIFA) non dimenticò mai la sua Nazionale, seguendola in ogni dove per auspicarne i successi. Come nel Mundial 1982 di Spagna, con la squadra guidata dal friulano Bearzot che si issa sulla vetta del mondo contro ogni previsione e con il grande Artemio che abbraccia il presidente Pertini in tribuna autorità. “Un italiano che conta”, venne definito dalla stampa internazionale e la sua grandezza, in una terra scandita da sempre dai rintocchi del “campanile”, come la regione Toscana, è sancita dall’aver avuto l’onore di vedere intitolati a sé tanto lo stadio di Firenze che quello di Siena, particolarità forse unica nel panorama mondiale.

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Nella prima immagine, via Calzaioli vista dallo spigolo di Orsamichele guardando verso nord prima dell’allargamento della parte verso piazza del Duomo: a sinistra Orsamichele, a destra la chiesetta di San Michele. All’inizio gli imbocchi di via dei Lamberti e di via dei Cimatori.

Nella seconda immagine, l’allargamento realizzato negli anni 1841-1844 consentirà una adeguata connessione tra piazza del Duomo e piazza della Signoria, la nuova strada assumerà valore simbolico del rapporto tra la presenza della chiesa e il potere politico.

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FIRENZE PRIMA E ADESSO

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QUANDO LA PALLAVOLO FACEVA SOGNARE FIRENZE

di Stefano Bandinelli

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Per raccontare questa storia partiamo dal 1971: al palazzetto Iti, in via Benedetto Dei, si affrontano la Ruini Firenze e la Panini Modena campione d’Italia, il fior fiore della pallavolo italiana a cavallo tra gli anni 60 e 70. Le due squadre sono a pari punti a sole 2 giornate dalla fine del torneo, chi si aggiudica lo scontro in pratica conquista lo scudetto. Il piccolo palazzetto non è in grado di accogliere tutti coloro che vogliono assistere all'incontro, i fortunati che riescono a procurarsi un biglietto sono circa duemilacinquecento mentre altrettanti si accalcano fuori in attesa di un boato liberatorio dal palasport. La febbre di questa partita travalica le mura della città, si calcola che almeno 5000 persone abbiano rinunciato al viaggio a Firenze certe di non riuscire a trovare il prezioso tagliando di ingresso. La partita è trasmessa dalla Rai, il

telecronista designato è un giovane Bruno Vespa; in una palestra adiacente al palasport viene allestito uno spazio con dei televisori a circuito chiuso per consentire a chi è rimasto fuori di seguire la partita, una sorta di megaschermo ante litteram. La Ruini riesce dopo i primi due parziali a portarsi sul 2-0 per la gioia dei supporter locali, ma nessuno puó prevedere quello che sta per accadere: il giocatore modenese Roberto Morandi si infortuna cadendo sul linoleum del palazzetto Iti, reso scivoloso dal fiato di migliaia di spettatori che si accalcano intorno al terreno di gioco. L'allenatore della Panini, infuriato per l’incidente, decide di ritirare il sestetto in campo, cosa mai successa, consegnando lo scudetto nelle mani dei rivali fiorentini, il quarto in soli sette anni. Questo episodio fa parte della

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leggenda pallavolistica delle mitiche ‘Furie Rosse’ della Ruini Firenze, che vide il suo inizio il 17 settembre 1962, quando nacque ufficialmente il "G.S. Otello Ruini", in onore dell'ufficiale deceduto in servizio il 7 dicembre 1958 proprio mentre stava iniziando le pratiche per la fondazione del Gruppo sportivo dei pompieri. Solo un paio di mesi dopo la fondazione la Ruini assorbe la società Alce di Firenze che milita in serie A e acquisisce il diritto di partecipare al massimo campionato. I dieci anni che seguono sono segnati dalla conquista di 5 scudetti, tre secondi posti, due terzi posti, una finale in coppa dei Campioni ed una in Coppa delle Coppe. Il trionfo del 73, l'ultimo della serie, è un altro miracolo sportivo. Al comando della classifica questa volta c’è la Lubiam Bologna, la Ruini insegue ma la rimonta appare impossibile; tuttavia, mentre Mattioli e compagni sono impegnati ad

Atene nella finale della coppa delle Coppe, accade l'inpensabile, da Trieste arriva la notizia della sconfitta a sorpresa della capolista. La Ruini di Mattioli, Fanfani, Vannucci, Martelli, Salemme, Nencini supera i rivali ed è di nuovo campione d’Italia. La parabola della Riuni tuttavia è ormai prossima al suo epilogo: poche settimane dopo la vittoria scompare improvvisamente l’architetto Gherardelli, che era stato presidente ed artefice del miracolo Ruini insieme ad Aldo Bellagambi, carismatico allenatore dei biancorossi. La squadra si sfalda, si fanno avanti nuove realtà come l’Ariccia, che ingaggia prima Mattioli e Salemme, poi Nencini. La retrocessione nel 1974-75 è il primo passo di un rapido viale del tramonto che ai conclude nel 1980 con l'abbandono dell'attività agonistica.

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Il pretesto di queste righe è ancora fresco nella memoria dei tifosi e non: il 14 maggio a Torino (città, guarda un po’, magica) è andata in scena la finale della Europa League che ha visto la squadra portoghese del Benfica perdere ai rigori l’ennesima finale europea (l’ottava!) e confermare ancora una volta la possenza di un sortilegio che aleggia sulla squadra da 52 anni e che probabilmente non l’abbandonerà prima dei prossimi 48: la terribile maledizione di Bela Guttman!! Correva infatti il 1962 quando questo signore allora allenatore del Benfica, furibondo per non aver ottenuto un aumento di stipendio dopo la seconda conquista consecutiva della Coppa dei Campioni, se ne andò sbattendo la porta, non prima di aver vaticinato alla dirigenza che quella squadra non avrebbe vinto più una coppa per 100 anni!

Da allora quella sentenza è diventata granitica: Guttman non è tornato indietro di fronte a nessuna preghiera; non è servito erigere una statua in suo onore nello stadio del Benfica e non produsse effetti neppure il pellegrinaggio che Eusebio, il più grande giocatore portoghese decise di effettuare sulla tomba di Guttman a Vienna nel 1990, in occasione della finale nella città austriaca fra Benfica e Milan: ancora una volta il Benfica perse 1 a 0.

La cabala è davvero una presenza costante nel pallone: non pochi tifosi italiani hanno cadenzato il tifo a Mondiali

forti di qualche curiosa coincidenza che non sarebbe dispiaciuta a Nostradamus, come la regola della “semifinale papale” o della “dozzina”. Un’attenta analisi degli almanacchi ci dice infatti che negli ultimi 2 mondiali vinti dall’Italia, la semifinale ha visto gli azzurri trionfare sulla nazionale dell’allora Papa regnante (la Polonia di Woytyla nel mondiale spagnolo dell’82 e la Germania di Ratzinger proprio nella competizione tedesca del 2006. E che dire rispetto al fatto che da quasi 50 anni l’Italia arriva puntualmente in finale ogni 12 anni, con esiti perfettamente alterni (Messico 70, Spagna 82 , USA 94; Germania 2006..)? Speriamo che quest’ultima cadenza acceleri un po’.

CALCIO E SCARAMANZIA di Franco Moraldi

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L’anima mediterranea dell’Italia poi è seconda a pochi anche nella cura degli aspetti esoterici intorno al campo di gioco: si spazia dalla parapsicologia dell’abbigliamento (alle cravatte gialle di Galliani rispondono le cerate gialle del presidente Spinelli, per tacere del cappotto indossato anche a luglio dall’allenatore Ulivieri o del colbacco sempre calzato dal suo collega Giagnoni) alla musicoterapia di Pesaola (da allenatore della Fiorentina prima del match faceva sempre ascoltare alla squadra una certa canzone: accortosi -durante una trasferta a Genova- di aver dimenticato il prezioso 45 giri a Firenze, non esitò a noleggiare un’auto ed a provvedere personalmente al recupero, con conseguente vittoria viola. E non credete che siano esenti dalla superstizione i freddi e disincantati inglesi: l’allenatore baronetto Sir Alex

Ferguson nel 1996 dopo che una innovazione estetica della maglietta del Manchester United (colore grigio con bordini rossi) produsse 2 sconfitte consecutive, al terzo incontro optò per il ritorno alla precedente tenuta, facendo camb ia re d ivi sa a i g io ca to ri nell’intervallo fra il primo tempo (sotto di 3 goal) ed il secondo!

SPIGOLATURE LE SPIGOLATRICI Le spigolatrici erano le donne dei più poveri alle quali era consentito, dopo la mietitura, di raccogliere nei campi le spighe di grano non mietute, o cadute per terra. IL NOSTRO BENE Tutti vogliono il nostro bene, non fatevelo portare via IL BUONSENSO Il buonsenso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune LA PRIMA IMPRESSIONE Non avrai una seconda occasione di fare la prima impressione 1963 – L’APERTURA A SINISTRA In quell’anno si svolse un vivace dibattito sull’ingresso dei socialisti nel Governo. A Peretola comparve un manifesto che recitava: “Le donne dell’U.D.I. vogliono l’apertura a sinistra” Una mano ignota aggiunse sotto: “ma lasciatela dov’è che ci sta tanto benino”

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FERRARI era Montezemolo

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Tramontata è la luna e le Pleiadi a mezzo della notte anche giovinezza già dilegua, e ora nel mio letto resto sola. Scuote l'anima mia Eros, come vento sul monte che irrompe entro le querce; e scioglie le membra e le agita, dolce amara indomabile belva. Ma a me non ape, non miele; e soffro e desidero.

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Saffo

LA POESIA

LA LUNA

ad una velocità di circa 3.600 chilometri l’ora, in poco più di 27 giorni, la luna compie un giro intorno alla terra secondo un percorso ellittico ad una distanza dal nostro pianeta che varia da 405.000 a 355.000 chilometri. Se la distanza minore coincide con il plenilunio la luna appare più grande. E, con la maggiore vicinanza, aumenta anche la luminosità. Infine, l’effetto “superluna” si esalta se il disco lunare viene a trovarsi vicino all’orizzonte

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IL DECALOGO

• Molto richiesti articoli su persone, cose, eventi minori fiorentini e toscani passati, perché finalità del Vasariano, è anche quella di costituire e diffondere un deposito di memorie cittadine • Gli articoli devono essere lunghi una pagina-una pagina e poco più word carattere 12. Solitamente la redazione integra l’articolo con una o più immag ini da essa stessa scelte • Si chiede semplicità del testo, frasi brevi, linguaggio preciso, ma non tecnico • Gli articoli non possono essere anonimi, né tratti da comunicati stampa o da scritti altrui • Nel caso l’autore si avvalga di fonti altrui, queste devono essere citate • Sono utili eventuali foto esplicative • Gli articoli devono essere consegnati via mail a [email protected] e potranno essere pubblicati in uno dei numeri successivi • La redazione non verifica l’attendibilità degli articoli dei quali resta responsabile l’autore • La redazione si riserva il diritto di non pubblicare, di apportare correzioni formali, di stralciare parti offensive, o di linguaggio greve, o di contenuto d i parte, o suscettibili di querela. La redazione si riserva inoltre il diritto di ridurre e/o sintetizzare gli articoli trasmessi. In questo caso il nome dell’autore sarà preceduto da: “da una nota di…”

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