Vampirismi La bella e le bestie

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www.gorgonmagazine.com LA BELLA E LE BESTIE VAMPIRI, LICANTROPI, AMORI E IDEOLOGIE TRA New Moon E Underworld iv vampirismi La croce e la delizia del vampiro mito d’oggi issn 2036~8267

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VAMPIRI, LICANTROPI, AMORI E IDEOLOGIE TRA New Moon E Underworld

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LA BELLA E LE BESTIEVAMPIRI, LICANTROPI, AMORI E

IDEOLOGIE TRA New Moon E Underworld

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La figura del lupo mannaro nella produzione cinema-tografica è interessante non solo per la sua specificità, ma anche perché permette di osservare i modi in cui si configura il rapporto fra vampirismo e licantropia nell’immaginario contemporaneo. Poco importa, in fondo, che la scusa per affrontare questo tema sia New Moon, il secondo capitolo della saga di Twilight, il film di Catherine Hardwicke ispirato alla saga letteraria di Stephenie Meyer.

New Moon, diretto stavolta da Chris Weitz - già regista di pellicole come La bussola d’oro e American Pie – è uscito proprio in questi giorni. Ancor prima di affrontare il discorso della licantropia, che affronte-remo partendo da questo film per esaminare alcu-ni classici del genere, è però necessario sottolineare come il secondo capitolo cinematografico della storia di Bella ed Edward risulti forse, esteticamente e con-cettualmente, ancora più insulso del primo.

fEuDI DI SANGuE, fEuDI D’AMORE

Il Twilight della Hardwicke, con tutti i suoi limiti, quan-tomeno non aveva la pretesa di giocherellare impune-mente con gli elementi classici del vampire movie: cercava almeno di reinventare – comunque con l’esito, a mio avviso, di decontestualizzare e banalizzare – il mito vampirico per le giovani generazioni.

Weitz con New Moon, invece, forte della presenza nel romanzo di un elemento vampirico più tradizionale, rappresentato dai «volturi», tenta – con esiti ancor più spiacevoli – di dare al film un’impostazione più «classi-ca» o «di genere», almeno da un punto di vista estetico.

I colori dominanti non sono più solo il grigio, il blu ed il verde, ma anche il marrone e il nero. Il protago-nista Edward e la sua famiglia, i Cullen, iniziano qui a inscurire il guardaroba. Il primo inizia ad avere un atteggiamento e un look da «Principe delle Tenebre» adolescente, ricordando in alcune scene il Lestat di Queen of the Damned (di Michael Rymer, 2002).

La stessa Bella appare più «dark». Viene eliminato in buona parte il fastidioso abuso del ralenti e il montag-gio si fa un tantino più lento, ma gli inserti onirici risultano più banali e inseriti nel tessuto visivo, senza soluzione di continuità con le altre scene. In defini-tiva, non si può dire se fosse peggio l’approccio kitsch e banalmente orientato al videoclip della regista di Twilight oppure questo, che sembra una versione an-nacquata del primo.

Da un punto di vista dei contenuti narrativi il film si riallaccia perfettamente a Twilight, ripartendo da dove il primo film si era interrotto. Dunque se Twilight rac-contava, secondo i canoni della serie televisiva, la nasci-ta della solita storia d’amore tormentata, New Moon ci racconta perché questa storia è tormentata. Il problema principale sembra essere che Edward non si sente in

vampirismi ~ La croce e la delizia del vampiro mito d’oggiNon v’è epoca o periodo in cui non si affermi uno dei volti del vampiro.

In perenne trasformazione, il succhiasangue svela inquietudini e pulsioni ancestrali. vampirismi esplora le metamorfosi di un mito cangiante, ma antico quanto l’uomo.

LA BELLA E LE BESTIEdi vampiri contro licantropi e di amori e ideologieal cinema e in romanzo tra New Moon e Underworld

a cura di Luciano Attinà e con una scheda bibliografica di Francesca Barbalace

« Come Twilight, anche New Moon snatura il vampirismo (e stavolta anche

la licantropia) rivelandosi un grigio inno alla repressione degli istinti, al

conformismo etico e morale »

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Titolo ~ A cura di Luciano Attinà

« Nella serie di Underworld la licantropia è vista come una forza distruttiva della natura, che viene domata e sottomessa dai succhiasangue»

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grado di garantire la sicurezza di Bella, e dunque la lascia. La giovane donna allora non trova di meglio da fare che dedicarsi ad esperienze estreme, come il mo-tocross, i tuffi dalle scogliere ripide e, soprattutto, il flirt con l’amico d’infanzia, l’indiano d’America Jacob, divenuto ormai un palestrato giovanotto capace di tra-sformarsi a suo piacimento in un lupo, come tutti gli altri ragazzi appartenenti alla sua tribù.

è proprio attraverso questi elementi, com’era prevedibile, che il resto del film può incentrarsi sul-lo scontro, prima a distanza e infine faccia a faccia, tra la figura di Jackob e quella di Edward – i quali, guarda caso, sono rispettivamente un licantropo e un vampiro; ed è attraverso questa soluzione narra-tiva che la contrapposizione amorosa dei pretenden-ti della love story può essere rivestita di una patina sovrannaturale.

LE BESTIE CONTRO I PRINCIPI

New Moon innesta il plot amoroso sulla contrapposi-zione tra vampiro e licantropo. Tradizionalmente li-cantropia e vampirismo sono le facce di una stessa medaglia, fenomeni culturali ugualmente legati a cre-denze sulle trasformazioni degli uomini in animali. Tali credenze sono antiche e si trovano in culture an-che molto distanti tra loro. Spesso sono messe in re-lazione con valori negativi – come l’effrazione di un tabù, che causa la punizione divina – ma altre volte si legano a valori positivi, come quelli guerrieri ( a tal proposito si veda l’introduzione di A. M. di Nola al volume di Erberto Petoia, Vampiri e lupi mannari, New-ton e Compton, Roma, 2003)

Semplificando, si potrebbe dire che vampirismo e licantropia sono le forme più note assunte da tali cre-denze all’interno della cultura occidentale, soprattut-to dall’affermarsi del cristianesimo in poi (cfr. Petoia, cit., pp. 19-26). Il cristianesimo, inoltre, cancella qual-siasi carattere di complessità da tali fenomeni cultu-rali e ne evidenzia solo i caratteri negativi, facendo di vampirismo e licantropia delle mere metafore degli effetti (punizioni) derivanti dell’azione del male (e quindi del Diavolo) sull’uomo. Quando la letteratura di consumo si inizia ad interessare a tali fenomeni, tende a unificarli. Molti autori di romanzi gotici, per esempio, li vedono come aspetti diversi dello scate-narsi degli istinti primordiali nell’uomo. Bram Stoker è uno di questi autori, tanto che il suo Dracula si trasforma sì in volatile notturno, ma anche in lupo.

Al cinema, invece, i due fenomeni tendono a mani-festarsi sin da subito in maniera indipendente e anzi sono spesso antitetici (con qualche eccezione, come un accenno alla metamorfosi in lupo nel Dracula di Tod Browning del 1931).

Il vampiro cinematografico, infatti, è visto per lo più come un essere non umano o come una reifica-zione del male. Tale creatura può rappresentare sì gli istinti primordiali scatenati nell’uomo, ma il loro sca-tenarsi è sempre ricercato e voluto dalla creatura – un tempo umana e ormai non morta – colpevole di aver sfidato la divinità.

Il licantropo di celluloide, invece, è inteso come una vittima di istinti che si scatenano indipendente-mente da lui, quasi sempre contro la sua volontà – è quindi il fato che, nei film della Universal sull’uomo lupo (partendo dal primo The Wolf Man di George Waggner, 1941, fino ad arrivare a Abbott & Costello Meet Frankenstein di Charles Barton, 1948), si accanisce con-tro il povero Larry Talbot, rendendolo vittima della maledizione del licantropo.

Nel cinema moderno questa contrapposizione è andata sempre più accentuandosi, mentre il contrasto tra le due creature delle tenebre è andato a caricarsi sempre più spesso di significati e metafore sociali. Un esempio è il Van Helsing di Stephen Sommers (2004) in cui i licantropi appaiono come dei mercenari–servi dei vampiri.

Un’altra saga cinematografica che si occupa più ap-profonditamente di quest’idea è quella di Underworld, che sviluppa lo scontro tra licantropia e vampirismo come metafora dello scontro di classe. Riallacciandosi a modo loro alle metafore «marxiste» del vampirismo come sfruttamento del proletariato a opera dei nobili prima e dei capitalisti poi (si veda a tale riguardo la metafora del capitale–lavoro morto, che succhia lavoro vivo, presente proprio nel Capitale di Karl Marx), Wi-seman e Tatopoulos paragonano il proletariato che si ribella e lo scatenamento della forza distruttiva delle masse alla potenza della natura rappresentata dai lican-tropi di Underworld (cfr. il box nella pagina seguente).

« I giovani lupi mannari di New Moon sono macchiette stereotipate dell’immaginario

mediatico: ragazzotti di provincia un po’ montanari, posti a simbolo di una classe

sociale inferiore ai vampiri alto borghesi »

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La bella e le bestie ~ A cura di Luciano Attinà e Francesca Barbalace

LOTTE DI CLASSE NEL CIRCO MEDIATICO

Rispetto alla metafora di classe di Un-derworld, in New Moon le cose sono mol-to diverse. Abbiamo già visto come il vampirismo in Twilight fosse metafora di una condizione adolescenziale e come questa si riveli in fondo un gri-gio inno alla repressione degli istinti e al conformismo etico e morale.

Purtroppo anche i licantropi, in New Moon, subiscono la stessa sorte. L’unica differenza tra i due gruppi rivali è de-terminata proprio dall’immagine socia-le. Immagine che però appare priva di qualsiasi riferimento a un reale contesto sociale, anche rispetto al semplicistico e didascalico Rise of the Lycans.

In New Moon, infatti, vampiri e lupi buoni condividono gli stessi valori etici e sociali – riassumibili nel triste trinomio di dio (o anima), patria (o comunità dove si vive) e famiglia. La differenza sta nella mera immagine, nel fatto che essi rappresentino rispet-tivamente non tanto i ricchi ed i pove-ri, quanto la rappresentazione media-tica dei ricchi e dei poveri.

Così, mentre in Twilight la famiglia Cullen appariva come un’immagine vampirica della famiglia medio borghe-se americana, qui i Cullen, e i vampiri in generale, risultano far parte di un mondo fortemente gerarchizzato, in cui vigono ancora comportamenti da corte rinasci-mentale – il cui paradigma ci è offerto dai Volturi, setta di potenti vampiri che vivono in un signorile palazzo italiano abbigliati come principi dipinti da un Van Eyck. è allora evidente che Edward ed i suoi rappresentano l’aristocrazia, così come ci ha abituati a pensare l’aristocra-zia un certo stereotipo narrativo. Inoltre questa aristocrazia per essere accettabile nella più americana delle tradizioni – dal pubblico e da Bella – decide di adottare uno stile di vita borghese.

La licantropia invece viene vista come una condizione più vicina alla na-

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Licantropi di tutto il mondo, unitevi. La saga di Under-world legge il contrasto tra vampiri e lupi mannari sotto una metafora dei rapporti di classe. La prima pellicola della serie (Len Wiseman, 2003) è ambientata in una città fittizia, un po’ Praga e un po’ New York, e mette in scena uno scontro tra vampiri e licantropi dei nostri giorni. In questo scontro i vampiri appaiono come aristocratici goths, mentre i lupi man-nari sono rappresentati come una specie «metallari» di più bassa estrazione sociale.

In Underworld e nel sequel Underworld: Evolution (Id., 2006), la connotazione dei due gruppi rimane un mero prestesto per mostrare uno scontro un po’ forzato tra le rappresentazioni fantastiche di due tipi di gang o sottoculture giovanili, che hanno molti punti di contatto, ma anche parecchie differenze.

Nel terzo capitolo Underworld: Rise of the Lycans, un prequel di ambientazione fantasy (P. Tatopoulus, 2009) la connota-zione sociale è fondamentale e si lega a doppio filo all’altra tematica portante del film, l’amore contrastato fra Sonja (Rona Mithra), figlia dell’aristocratico capo vampiro Viktor (Bill Naghy), e Lucian (Michael Sheen), schiavo licantropo, che diverrà il capo della ribellione degli uomini lupo. In Rise of the Lycans nulla è lasciato all’intuizione. I vampiri sono i ricchi e potenti, mentre i licantropi sono schiavi, usati come forza lavoro. Per la prima volta nella serie, inoltre, si accenna ad un rapporto più diretto con gli umani. Nei precedenti due film il mondo dei comuni mortali era un campo di battaglia per vampiri e lupi, e questi entravano nella storia solo come un elemento con cui in teoria il pubblico avrebbe dovuto identificarsi – principalmente attraverso l’umano Michael Corvin (Scott Speedman), il coprotagonista di Underworld ed Evolution, diventato qui un ibrido tra vampiro e licantropo. In Lycans, invece, il mondo è medievaleggiante, fatto di castelli e foreste, e gli umani servono solo come contrappunto e riflesso dei protagonisti. I vampiri hanno fatto un patto con le loro controparti umane, ricchi signori feudali che offrono loro argento e schiavi da trasformare i licantropi. Il popolo è invece doppiamente vittima: dei padroni umani, prima, e dei padroni vampiri, dopo.

In questo contesto la licantropia è vista come una forza distruttiva della natura, che viene domata dai succhiasangue. Sarà proprio la riscoperta interiore di questa forza – causata dall’uccisione dell’amata Sonja da parte di Viktor – a spingere Lucian ad accettare la propria natura e a reclamare la propria libertà e dignità, mettendosi a capo della ribellione contro i vampiri – non solo degli uomini lupo, ma anche degli umani.

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« New Moon, il secondo capitolo cinematografico della storia di Bella ed Edward, è forse ancora più insulso del primo... »

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La bella e le bestie ~ A cura di Luciano Attinà e Francesca Barbalace

tura, accostata a quella degli indiani d’America, e cioè a un popolo di oppressi. Peccato che in questo film gli oppressi non si sentano tali, anzi: essi convivono pacifi-camente con gli umani wasp e li proteggono anche dai vampiri malvagi, esattamente come fanno i Cullen.

Così Jackob ed i suoi amici se ne vanno in giro a torso nudo per i boschi e praticano sport pericolosi. Inoltre, pur trasformandosi in bestie ringhianti, essi mantengono sempre la loro coscienza e anche loro non attaccano gli umani. Come già argomentato, la diffe-renza con i vampiri buoni sta nella rappresentazione. I giovani lupi mannari ed il loro essere dei «figli della natura» rappresentano più che altro una tipica figura dell’immaginario mediatico americano contempora-neo: quella del ragazzo di provincia e un po’ montana-ro, non molto istruito, ma dai saldi valori tradizionali, glorificato anche attraverso l’abilità nelle attività fisiche – un’immagine che si presta a simbolo di una classe sociale inferiore rispetto agli aristocratici vampiri.

A questo punto si noti come in ragione del fatto che i due principali esponenti delle diverse specie si contendono Bella, vale a dire l’elemento migliore del-la media borghesia, lo scontro fra licantropi e vampiri possa esser visto in questo film non tanto come un’an-nacquata metafora della lotta di classe, quanto come la metafora di un’annacquata lotta di immagini che ha come contenzioso il predominio della visione del mondo e dei rapporti sociali.

In New Moon i licantropi sponsorizzano una visione della vita di tipo arcaicizzante, mentre i vampiri ne of-frono una moderna e capitalista. Va da sé che la lotta è solo apparente: essendo in fondo i valori di Edward e dei vampiri gli stessi di quelli di Jackob e dei lupi, superato il livello superficiale un’immagine vale l’altra. Meglio il moderno giovane un po’ blasé, che gode di tutti i privilegi del consumismo tecnologico e ama i televisori al plasma e le auto veloci, o il sempreverde ragazzotto di provincia, a cui interessa più nuotare e correre nel bosco, e che della tecnologia apprezza solo le motociclette e gli strumenti da lavoro?

Chiunque vinca, Bella sarà sposata da qualcuno e vivrà felice e contenta in una natura–mondo sì peri-colosa, ma pur sempre amica. A onor di cronaca vin-ce Edward, perchè del povero è meglio che non vinca nemmeno la patinata rappresentazione mediatica. Il male, invece, e con esso qualsiasi forma di vita alterna-tiva alla democrazia capitalista occidentale, resta legato agli emarginati, come il vampiro di colore e la vaga-bonda Victoria, o ai meri retaggi storici, come i Volturi della vecchia Europa. (Luciano Attinà)

New Moon: LA SCOMPARSA

DEI VAMPIRI Con New Moon (Fazi Editore, pp. 446, € 19) siamo al secondo capitolo della saga della scrittrice americana Stephenie Meyer, che stando alla vulgata avrebbe dif-fuso tra i giovani di oggi il mito del vampiro.

Leggendo il seguito di Twilight, però, ci si pone ben presto un quesito dal sapore paradossale: dove sono finiti i vampiri?

Non si tratta solo di mettere in dubbio la coerenza del libro con il mito del vampirismo, ma anche di rilevare come nel corso di quasi tutto il romanzo i vampiri siano presenti solo nei ricordi di Bella, la protagonista umana. L’affascinante vampiro Edward è ridotto a una voce che, di tanto in tanto, si insinua nei pensieri della ragazza. Infatti, dopo una disastrosa festa di compleanno, in cui Bella rischia di diventare cibo per gli immortali, il bel vampiro Edward rompe la sua relazione con la goffa amante mortale – che rischia di commettere simili «sciocchezze» – e abbandona la cittadina di Forks con tutta la sua famiglia di vampiri belli, buoni e

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vampirismi è un supplemento a Gorgòn – Rivista di cultura polimorfa ~ issn 2036~8267, reg. trib. bologna 7990 Editor: Marco Benoit Carbone ~ www.gorgonmagazine.com ~ Diritti di riproduzione dei testi riservati

«speciali» (non bevono, infatti, sangue umano, e cercano di proteggere e aiutare gli esseri mortali). Tra paranoie, insensatezze e pose da eroina tragica, il tratteggio del personaggio di Bella segue i suoi tentativi di superare il dolore dell’abbandono e di ritrovare un contatto con Edward.

Su questo sfondo di gri-gia tristezza e di giornate (e pagine) sempre uguali, la Meyer fa comparire nuove creature leggendarie, i na-turali avversari dei vampiri: i licantropi, incarnati da cinque ragazzotti della ri-serva indiana vicina a Forks. Anche i licantropi, però, proprio come i vampiri, sono stravolti dalla Meyer, e ridotti a figure che, nelle sue mani, non hanno più nulla della loro aura mitologica.

Sebbene acerrimi nemici dei vampiri, i licantropi della Meyer presentano le loro stesse caratteristiche per così dire ideologiche. Nel descriverli, l’autrice re-cupera tutte le soluzioni che aveva già utilizzato per i vampiri: l’apparente ordinari età della vita, l’ideale della «famiglia», l’istinto protettivo nei confronti di Bella e, soprattutto, la bontà e la moralità. Anche i licantropi della Meyer uccidono solo dopo essersi ac-certati che le loro vittime vampiriche abbiano inten-zioni malvagie. Dal canto loro, i Cullen continuano a risparmiare gli esseri umani e a tal fine reprimono la propria naturale inclinazione di spietati assassini, an-dando alla ricerca di una redenzione. I Cullen, infatti, amano Dio, confermando il reiterato trionfo dei buo-ni sentimenti e della morale di abnegazione cristiana dei romanzi della Meyer.

I vampiri compaiono stabilmente sulla scena solo negli ultimi capitoli del libro, e i Cullen, i «vampiri buoni», non sono soli. Insieme a loro, infatti, ci sono anche i crudeli vampiri della famiglia dei Volturi, gli unici esseri immortali dipinti dalla Meyer in cui pa-iono riecheggiare – seppure alla lontana e in maniera stereotipata – i tratti di grandezza e potenza dei vam-piri più celebri della storia della letteratura. Ai poten-ti Volturi, signori di Volterra e «famiglia reale» dei vampiri, ci conduce Edward, novello Romeo, presso di loro perché ostinato a morire, incapace di vivere senza l’amata Bella, creduta morta. Così, fra oscure cripte, torrette medievali e sinistri vampiri vestiti di nero, Stephenie Meyer pare intraprendere un’atmo-sfera da romanzo gotico: cupa, opprimente e carica di tensione. Tuttavia, l’autrice abbandona sbrigativa-mente questa strada, probabilmente del tutto inattesa

dal lettore, per riprendere quella ormai familiare del romanzo d’amore. Edward, il vampiro-adolescente innamorato dal bagaglio di frasi precotte, romantiche e stucchevoli, ritrova Bella e le dichiara il suo amo-re eterno. Le spiega, com’è chiaro, quell’abbandono

dettato solo dal tentativo di proteggere l’amata dai rischi connessi alla sua natura di vampiro. Tra queste figure pseudo fiabesche la prota-gonista femminile e narra-trice appare un personaggio

oscillante tra l’insulso e il superficiale o al massimo, ponendosi al livello della narrazione, irresponsabile. Sebbene sia nuovamente e inspiegabilmente in pe-ricolo, Bella è concentrata solo sulla sua sofferenza amorosa e pronta a gesti estremi pur di ritrovare un contatto con l’amore perduto.

Ancora una volta l’amore si rivela rifugio per la scrittrice che – tra licantropi, vampiri e riferimenti alla tragedia shakespeariana Romeo e Giulietta – tra-smette disagio, e non pare in grado di gestire adegua-tamente l’ampia materia. Tutto quanto è riadattato e rimasticato per essere funzionale alla rappresen-tazione della storia d’amore perfetta e esemplare di Bella ed Edward. I vampiri e i licantropi sono solo strumenti di rivestimento che, edulcorati e svuotati della loro carica eversiva, servono a dare un sapore fresco e commerciabile a un romanzo d’amore banale. Tra baci, tenerezze, melense dichiarazioni d’amore e un’improbabile proposta di matrimonio, il lettore è condotto a un nuovo e prevedibile lieto fine, in atte-sa delle «tragedie» che inevitabilmente attendono la coppietta al varco del terzo libro della saga.

è completamente inutile ricercare in queste fi-gure il mito di quelle creature leggendarie di cui vestono i panni. Sono solo ragazzi e ragazze come i lettori e le lettrici del libro, ed è forse per que-sto piacciono tanto; lasciando il dubbio se il loro potenziale effetto «di traino» verso opere più me-ritorie attraverso il tema dei vampiri possa davvero tradursi in un beneficio. (Francesca Barbalace)

luciano attinà si è laureato al DAMS, è un vampiro e ritiene che il cinema sia l’arte necrofila per eccellenza.

francesca barbalace, laureanda in Lettere Moderne, si nutre sin dall’infanzia di letteratura gotica e vampi-rica, stregoneria, mitologia nordica e tradizioni celtiche.

« Vampiri e i licantropi, edulcorati e svuotati della loro carica eversiva, sono meri simulacri, a rivestimento di un

banale romanzo d’amore »