VALUTAZIONE DEGLI OSA SICUREZZA ALIMENTARE FAD 2020: 2 ...

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2 Anno XXII ISSN: 1827-8582. Marzo 2020 DOSSIER Impresa 4.0 e Blockchain a garanzia della tracciabilità VALUTAZIONE DEGLI OSA Controlli ufficiali: prime riflessioni sul rating INFORMAZIONE AL CONSUMATORE Attenti… al semaforo SICUREZZA ALIMENTARE L’approccio vincente è la multidisciplinarità FAD 2020: 2° APPUNTAMENTO Origine territoriale: la speciale tutela italiana

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2Anno XXII

ISSN

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Marzo 2020

DOSSIERImpresa 4.0 e Blockchaina garanzia della tracciabilità

VALUTAZIONE DEGLI OSAControlli ufficiali:prime riflessioni sul rating

INFORMAZIONEAL CONSUMATOREAttenti… al semaforo

SICUREZZA ALIMENTAREL’approccio vincenteè la multidisciplinarità

FAD 2020: 2° APPUNTAMENTOOrigine territoriale: la speciale tutela italiana

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editoriale

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

REATI AGROALIMENTARIUN PASSO AVANTI VERSO LA RIFORMA

Proprio un anno fa scrivevamo su queste pagi-ne dell’adozione, da parte del Consiglio dei

Ministri, di un provvedimento che delegava al Governo il riordino della disciplina delle frodi agro-alimentari (oltreché la revisione di quella sanziona-toria in materia di regimi di qualità e l’istituzione di un Sistema Unico di Controlli).Delega arrivata a quasi tre anni e mezzo dall’ela-

borazione dello schema di disegno di legge sulle nuove norme in materia di reati agroalimentari, ad opera della Commissione guidata dall’ex pro-curatore Giancarlo Caselli ed istituita, nell’aprile 2015, presso l’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia, su proposta dell’allora ministro Andrea Orlando. Lavoro che non si era ancora trasformato in nulla di concreto.“In realtà – come scrivevamo lo scorso anno – il 1° dicembre 2017, il Consiglio dei Ministri, su proposta dell’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, recepì il lavoro della Commissione in un

disegno di legge. Un atto, però, sembrato simboli-co: si era ormai a fine legislatura (il 4 marzo 2018 ci furono le elezioni politiche), con un tempo a disposizione troppo ridotto per portare a termine l’iter di approvazione”.Il 25 febbraio scorso, però, proprio qualche giorno dopo la fine del Festival del Giornalismo alimentare di Torino, durante il quale, in un videomessaggio

registrato, Caselli ha sottolineato l’interesse dimostrato dall’attuale ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, per il “suo” progetto di riforma dei reati agroalimentari, è arrivata la notizia (la trovate a pagina 12) dell’adozione da par-te del Consiglio dei Ministri, su proposta proprio di Bonafede e del ministro delle Politiche agri-cole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, del disegno di legge sulle “nuove norme in materia di illeciti agroalimentari”.“Il testo – si legge nel comunicato diffuso dal Consiglio dei Ministri – interviene sul codice penale e sul-la legislazione speciale del settore agroalimentare, con riguardo alla tutela penale della salute pubblica e della sicurezza degli alimenti,

nonché in materia di frode nel commercio di pro-dotti alimentari”.“Nelle successive fasi di esame politico a livello governativo e parlamentare, potrà subire delle modifiche, anche sostanziali”, precisa, sul sito Gift, l’avvocato e giornalista nonché nostro col-laboratore, Dario Dongo, ma comunque un passo avanti è stato compiuto verso il varo di una rifor-ma annunciata da troppo tempo e ancora mai concretizzata.

Emanuela Giorgi

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in questo numero

editoriale1 Emanuela Giorgi Reati agroalimentari. Un passo avanti verso la riforma

17 Carlo Correra Informazione al consumatore. Attenti… al semaforo

23 Paola Cane Sicurezza alimentare. L’approccio vincente è la multidisciplinarità

31 Emanuela Giorgi Eccellenze. Nuovo Centro su allergie e intolleranze

37 Gaetano Forte Valutazione degli Osa. Rifl essioni sul rating

44 Sara Checchi Blockchain e smart contract. Aiuto o soluzione?

49 Armando Martin Dlt e blockchain nell’alimentare. Principi e applicazioni

53 Emanuela Giorgi Cioccolato di Modica. Un passaporto digitale contro le frodi71

Impresa 4.0 e Blockchain a garanzia della tracciabilitàdossier

VIENI A TROVARCI SU:www.alimentibevande.it

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rubriche

79 Giurisprudenza alimentare - a cura di Vincenzo Pacileo Commento giuridico alle più recenti e significative sentenze in materia agroalimentare

82 Rassegna della normativa - a cura della Redazione L’elenco degli ultimi provvedimenti normativi pubblicati su G.U. e su G.U.U.E.

83 Focus normativo - a cura di Cristina La Corte Analisi dei principali e più recenti provvedimenti legislativi in materia agroalimentare

5 Scadenzario - a cura di Raffaella Flammia Le scadenze per gli obblighi previsti in materia di igiene, sicurezza e controlli

11 Notizie - a cura di Emanuela Giorgi Attualità in tema di igiene, sicurezza e controlli

71 Finestra sull’Europa - a cura di Dario Dongo Novità del settore che giungono da Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio UE

91 Filo diretto con l’esperto Le risposte ai quesiti dei lettori

67 Carlo e Corinna Correra Origine territoriale. La speciale tutela italiana

normativa

formazione a distanza“Origine” degli alimenti, l’attuale quadro normativo UE e italiano

inserto lab

58 Giovanni Abramo Tracciabilità genetica, dalla “vecchia” PCR alle tecnologie NGS

63 Gabriella Carcassola labNews

Tecnologie per la tracciabilità

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L’arrivo del 14 dicembre 2019, giorno in cui è diventato attuativo in massima parte l’articolato normativo del regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli uffi ciali e alle altre attività uffi ciali eff ettuati per ga-rantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fi tosanitari, ha sollecitato la realizzazione del presente volume inerente al regolamento stesso.Il testo raccoglie gli articoli dedicati al regolamento (UE) 2017/625, pubblicati sulla rivista “Alimenti&Bevande” nel periodo ottobre 2017 - novembre/dicembre 2019, per un totale di 16 articoli, a cui, a com-pletamento, ne è stato aggiunto un altro.Nel complesso, gli argomenti trattati sono i seguenti:• gli aspetti legislativi e la tempistica di attuazione, l’oggetto e l’ambito

di applicazione del regolamento (UE) 2017/625;• il tema della terminologia (concetti, termini e defi nizioni) utilizzata

nel regolamento (UE) 2017/625;• il sistema di controllo che le autorità competenti devono porre in es-

sere per garantire un effi cace svolgimento delle attività e dei processi inerenti alle attività di controllo uffi ciale;

• i metodi e le tecniche dei controlli uffi ciali;• la documentazione scritta dei controlli uffi ciali;• l’audit degli operatori della fi liera agroalimentare;• la certifi cazione uffi ciale;• la formazione del personale addetto ai controllori uffi ciali;• la verifi ca dell’effi cacia dei controlli uffi ciali;• il campionamento per l’analisi, i laboratori uffi ciali e l’attività di la-

boratorio;

• i laboratori di riferimento europei e nazionali;• le azioni esecutive ad opera delle autorità di controllo degli Stati

membri e della Commissione;• le basi giuridiche, contenute nel regolamento (UE) 2017/625, inerenti

al contrasto delle “pratiche fraudolente o ingannevoli” mediante l’e-secuzione dei controlli uffi ciali;

• le pratiche commerciali sleali/scorrette tra imprese e consumatori nella fi liera agroalimentare e l’esecuzione di controlli uffi ciali, con riferimento ad alimenti e mangimi, volti a verifi care la conformità alla normativa emanata dall’Unione europea in materia di pratiche commerciali leali, e le interconnessioni con la normativa relativa alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori;

• l’esecuzione dei controlli uffi ciali secondo procedure documentate.

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CONTROLLI UFFICIALI IL NUOVO REGOLAMENTO (UE) 2017/625

Edizione: Dicembre 2019A cura di: Antonio Menditto, Anna Giovanna FermaniPagine: 291

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SCADENZARIO

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Informazione ai consumatori, l’indicazione di origine o provenienzadell’ingrediente primario

Applicabilità 1° aprile 2020

Riferimenti normativi • Regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 della Commissione del 28 maggio 2018 recan-te modalità di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, per quanto riguarda le norme sull’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento.

Adempimenti Il regolamento (UE) 2018/775 stabilisce le modalità di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011.

Qualora il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento sia indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche (ad eccezione delle indicazioni geografiche protette a norma dei regolamenti (UE) 1151/2012, 1308/2013, 110/2008, 251/2014 o in virtù di accordi internazionali, e dei marchi di impresa registrati, laddove questi ultimi costituiscano un’indicazione dell’origine, in attesa dell’adozione di norme specifiche riguardanti l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3) e non sia lo stesso di quello del suo ingrediente primario:

• è indicato anche il Paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario oppure

• il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.

Le scadenze per gli obblighi previstidalla legislazione in materia di igiene,sicurezza e controlli nel settore agroalimentare.Puoi consultare le scadenze anche su:www.alimentibevande.it/scadenzario.aspx(servizio riservato agli abbonati On lineo con Formula Plus)

a cura di Raffaella FlammiaAvvocato ed Esperta di Legislazione degli Alimenti

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scadenzario

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Per “ingrediente primario” s’intende, in base all’articolo 2, comma 2, lettera q), del regolamento (UE) 1169/2011, «l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa».

Prodotti fitosanitari, versamento dei contributi per la sicurezza alimentare

Scadenza 15 luglio 2020

Riferimenti normativi • Legge 488/1999 “Sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità”, articolo 59, comma 1.

• Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 “Contributo per la sicurezza alimentare, ai sensi dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 - Finanziaria 2000”.

Adempimenti L’articolo 123, comma 1, della legge 388/2000 ha modificato il comma 1 dell’ar-ticolo 59 della legge 488/1999 nel modo se-guente: «Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione a-gricola di qualità ed eco-compatibile e di perseguire l’obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l’ambiente, a decorrere dal 1° gennaio 2001, è istituito un contributo annuale per la sicurezza alimentare nella misura del 2% del fatturato dell’anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari, autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 194/1995, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei presidi sanitari di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1255/1968, etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24, R23. Con decreti dei ministri della Sanità e delle Politiche agricole e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determinato ed aggiornato l’elenco dei prodotti di cui al presente comma».

Il contributo di cui al comma 1 è corrisposto in rate semestrali con scadenza il giorno 15 del mese successivo con le modalità stabilite con decreto del Mi-nistro delle Politiche agricole e forestali di concerto con il ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica.

Con il decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 è stato stabilito: «Il contributo di cui all’articolo 59, comma 1, della legge 488/1999 deve essere versato dai soggetti indicati nel comma medesimo al

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bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo di entrata 3583 del Capo XVII, presso la Sezione di Tesoreria provinciale dello Stato territorialmente competen-te, direttamente ovvero tramite il conto corrente postale intestato alla Sezione stessa, con indicazione della causale del versamento, del Capo e del Capitolo di imputazione. Il contributo di cui all’articolo 1 deve essere effettuato in due rate semestrali scadenti rispettivamente il 15 luglio ed il 15 gennaio, a partire dalla semestralità scadente il 15 luglio 2000 e si riferisce al fatturato annuo dei prodotti di cui al richiamato articolo 59, comma 1, della legge 488/1999, relativo all’anno precedente».

Periodicità Semestrale

Acrilammide, il monitoraggiodella sua presenza in determinati alimenti

Scadenza 1° ottobre 2020

Riferimenti normativi • Raccomandazione (UE) 2019/1888 della Commissione del 7 novembre 2019 sul monitoraggio della presenza di acrilammide in determinati alimenti.

Adempimenti La raccomandazione (UE) 2019/1888 prevede come – fatti salvi gli obblighi stabiliti

a norma dei regolamenti (CE) 882/2004 e (UE) 2017/2158 – sia opportuno che le autorità competenti e gli operatori del settore alimentare negli Stati membri procedano al monitoraggio continuo della presenza di acrilammide e i suoi tenori negli alimenti, in particolare nei prodotti di cui in allegato alla raccomandazione.

Gli Stati membri e gli operatori del settore alimentare dovranno trasmettere all’Autorità europea per la Sicurezza alimentare (Efsa), entro il 1° ottobre di ogni anno, i dati di monitoraggio raccolti nel corso dell’esercizio precedente, ai fini del loro inserimento in una banca dati, in conformità alle prescrizioni degli orientamenti sulla descrizione standardizzata del campione (Ssd) per gli alimenti e i mangimi e agli ulteriori obblighi di informazione specifica.

Periodicità Annuale

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Enti affidatari di animali

Scadenza 25 novembre 2020

Riferimenti normativi • Decreto del Ministero della Salute del 2 novembre 2006 “Individuazione delle associazioni e degli enti affidatari di animali oggetto di provvedi-mento di sequestro o di confisca, nonché determinazione dei criteri di riparto delle entrate derivanti dall’applicazione di sanzioni pecuniarie”, articolo 2, comma 2.

Adempimenti Il Ministro della Salute ripartisce alle associazioni o agli enti che intendono essere individuati ai fini di affidamento di animali oggetto di provvedimen-to di sequestro o di confisca le entrate derivanti dall’applicazio-ne delle sanzioni pecuniarie sta-bilite dalla leg-ge 189/2004, le quali, a tale scopo, sono ras-segnate a detto Ministero. Tali ripartizioni sono effettuate, entro il 25 novembre di ogni anno, sulla base delle entrate disponibili e saranno corrisposte in rapporto propor-zionale alle spese sostenute da ciascuna associazione o da ciascun ente per le attività svolte nell’anno considerato, tenuto conto della specie e del numero degli animali affidati.

Periodicità Annuale

Prodotti biologici: produzione ed etichettatura

Applicabilità 1° gennaio 2021

Riferimenti normativi • Regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) 834/2007 del Consiglio.

Adempimenti Il regolamento (UE) 2018/848 rappresenta il riferimento legislativo u-nionale per la produzione biologica che si applicherà dopo il 1° gennaio 2021, sostituendo il previgente regolamento (CE) 834/2007.

I prodotti ottenuti in conformità del regolamento (CE) 834/2007 prima del 1° gennaio 2021 possono essere immessi sul mercato dopo tale data

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fino all’esaurimento delle scorte. Il regolamento (UE) 2018/848 fissa i principi della produzione biologi-

ca, stabilisce le norme relative alla produzione biologica, alla relativa certificazione e all’uso di indicazioni riferite alla produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità, nonché le norme relative ai controlli aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dal regolamento (UE) 2017/625.

Prodotti fitosanitari, versamento dei contributi per la sicurezza alimentare

Scadenza 15 gennaio 2021

Riferimenti normativi • Legge 488/1999 “Sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità”, articolo 59, comma 1.

• Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 “Contributo per la sicurezza alimentare, ai sensi dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 - Finanziaria 2000”.

Adempimenti L’articolo 123, comma 1, della legge 388/2000 ha modificato il com-ma 1 dell’articolo 59 della legge 488/1999 nel modo seguente: «Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed eco-compatibile e di perseguire l’obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l’ambiente, a decorrere dal 1° gennaio 2001, è istituito un contributo annuale per la sicurezza alimentare nella misura del 2% del fatturato dell’anno pre-cedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari, autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 194/1995, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei presidi sanitari di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1255/1968, etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24,

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

R23. Con decreti dei ministri della Sanità e delle Politiche agricole e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determi-nato ed aggiornato l’elenco dei prodotti di cui al presente comma».

Il contributo di cui al comma 1 è corrisposto in rate semestrali con scadenza il giorno 15 del mese successivo con le modalità stabilite con decreto del Ministro delle Politiche agricole e forestali di concerto con il ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica.

Con il decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 è stato stabilito: «Il contributo di cui all’articolo 59, comma 1, della legge 488/1999 deve essere versato dai soggetti indicati nel comma medesimo al bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo di entrata 3583 del Capo XVII, presso la Sezione di Tesoreria provinciale dello Stato territorialmente competente, direttamente ovvero tramite il conto corrente postale intestato alla Sezione stessa, con indicazione della causale del versamento, del Capo e del Capitolo di imputazione.

Il contributo di cui all’articolo 1 deve essere effettuato in due rate se-mestrali scadenti rispettivamente il 15 luglio ed il 15 gennaio, a partire dalla semestralità scadente il 15 luglio 2000 e si riferisce al fatturato annuo dei prodotti di cui al richiamato articolo 59, comma 1, della legge 488/1999, relativo all’anno precedente».

Periodicità Semestrale

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NOTIZIE

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Attualità in tema di igiene, sicurezzae controlli dei prodotti alimentari.

a cura di Emanuela Giorgi

Controlli ufficiali all’import, istituiti i Posti di controllo frontalieri

Il 14 dicembre 2019 è entrato in vigore il  regolamento (UE) 2017/625, che prevede un nuo-vo assetto dei controlli sanitari ai confini dell’Unione europea, al fine di semplificare, armonizzare e unificare il quadro normativo unionale sui controlli ufficiali nel settore dell’importazione di ani-mali e merci nell’UE provenienti da Paesi terzi. La nuova organiz-zazione dei controlli ha previsto l’istituzione dei Posti di control-lo frontalieri (Pcf) in sostituzio-ne delle precedenti strutture di controllo rappresentate dai Posti d’ispezione frontalieri (Pif), i Punti di entrata designati (Ped) e i Punti designati per l’importazione (Pdi), nonché i requisiti minimi previsti per la designazione di tali Pcf1.

(Fonte: Ministero della Salute)

Sicurezza alimentare e veterinaria, accordo Protezione Civile - Nas

I l capo del la Protez ione Civile, Angelo Borrelli, e il co-mandante dei Nas, Adelmo

Lusi, hanno firmato un program-ma operativo per accrescere il livello di assistenza alla popola-zione in contesti emergenziali2. Firmato il 3 febbraio scorso, la collaborazione riguarderà princi-palmente l’individuazione di aree funzionali da adibire, in situazioni di emergenza, alle seguenti attività:

• Sicurezza alimentare: - somministrazione dei pasti; - depositi per le derrate ali-

mentari; - depositi per la pulizia/deter-

sione; - depositi di vettovaglie mo-

nouso; - celle frigorifere; - stoccaggio rifiuti e scarti sa-

nitari e farmaceutici; - rivenditori ambulanti.• Sicurezza veterinaria: - allevamenti; - aree destinate ad animali

randagi o d’affezione. Le parti, inoltre, si sono impegnate a condividere le reciproche capa-cità di intervento, ad organizzare

1 Vedi www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_4076_0_file.pdf2 Vedi www.protezionecivile.gov.it/documents/20182/823803/protocollo+dpc+nas/d1ef8984-bd2d-4ffe-8573-9f767aaeaead

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notizie

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

eventi e ad incentivare percorsi di formazione dedicati al personale del Dipartimento della Protezione Civile e alle organizzazioni di vo-lontariato presenti sul territorio, con particolare riguardo alla si-tuazione igienico-sanitaria della popolazione, i livelli quali-quan-titativi degli alimenti destinati alle operazione di soccorso e stoccag-gio, la somministrazione di pasti, la dispensazione di farmaci e le condizioni di stazionamento e di ricovero di animali da reddito e d’affezione.

(Fonte: @nmvi Oggi)

Vino spacciato per Prosecco Dop, Bellanova ringrazia Icqrf e Consorzio “Le nostre imprese e i nostri Consorzi che lavorano dura-mente e nelle regole si dimo-strano ancora una volta i nostri alleati più preziosi per la lotta alle frodi alimentari. Abbiamo un sistema di controlli tra i migliori al mondo e questo lo dobbiamo innanzitutto proprio all’incessante lavoro di collabo-razione tra Ispettorato centrale

della Tutela della Qualità e della Repressione frodi dei Prodotti agroalimentari e i produttori”. Così la ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, ha commen-tato la rimozione delle macchi-ne di distribuzione automatiche di vino bianco frizzante italia-no, spacciato per Prosecco Dop, comparse lo scorso febbraio a Londra. “Bene – ha aggiunto – il prezioso e centrale ruolo di vigilanza del Consorzio di Tutela del Prosecco Dop, che ha immediatamente denunciato

Illeciti agroalimentari, il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge Il 25 febbraio scorso, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, ha approvato il disegno di legge sulle “nuove norme in materia di illeciti agroalimentari”.Il testo interviene sul codice penale e sulla legislazione speciale del settore agroalimentare, con riguardo alla tutela penale della salute pubblica e della sicurezza degli alimenti, nonché in materia di frode nel commercio di prodotti alimentari.Tra gli obiettivi principali:

• la riorganizzazione sistematica della categoria dei reati in materia alimentare, per garantire l’effettiva tutela dei beni giuridici di riferimento, che richiedono spesso anche l’anticipazione delle incriminazioni già alla soglia del rischio, nonché l’elaborazione di un sistema di intervento a tutele crescenti;

• la rielaborazione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, con la finalità di offrire risposte concrete e differenziate in ragione dell’effettivo grado di offensività delle condotte;

• la sistemazione organica per l’intero settore dei reati in materia alimentare della responsabilità delle persone giuridiche.

Il provvedimento detta una disciplina più compiuta in relazione alla produzione e alla commercializzazione di alimenti che non costituiscono un pericolo immediato ed imminente, ma tendono a manifestare la propria peri-colosità nel medio e lungo periodo e rielabora l’ambito di tutela penale contro le frodi alimentari, con particolare riferimento all’emergente realtà di organizzazioni complesse ed alla responsabilità delle persone giuridiche che sono divenute ormai, nella dimensione allargata degli scambi commerciali, il principale referente criminologico, così da aprire la strada a nuove fattispecie incriminatrici, differenziate sia a livello normativo-precettivo che a livello sanzionatorio, in ragione dell’effettivo grado di offensività.“Con questo testo che prende le mosse da una proposta della Commissione Caselli – afferma la ministra Bel-lanova – si garantisce l’effettiva tutela dei prodotti alimentari, si rielabora il sistema delle sanzioni, si amplia la sfera delle tutele. Non a caso, fin dal mio insediamento al Ministero ho sostenuto la necessità di rafforzare ulteriormente il sistema di controlli, che già oggi ci pone fra i migliori al mondo per poter tutelare di più e meglio le nostre indicazioni geografiche e i nostri marchi e sconfiggere la concorrenza sleale che avvelena le filiere e produce distorsioni inaccettabili di mercato. Per questo un grazie a Giancarlo Caselli e a tutti i componenti dell’Osservatorio Agromafie, che con il loro lavoro hanno contribuito in modo determinante alla definizione delle nuove norme”.

(Fonti: Consiglio dei Ministri e Mipaaf)

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l’accaduto e messo fine a que-sta frode ai danni dei consuma-tori inglesi”.

(Fonte: Mipaaf)

Benessere animale, l’Università di Milano partecipa al progetto “ClearFarm”

L’Università degli Studi di Milano partecipa al progetto europeo “ClearFarm”3. Ne ha dato notizia l’Ateneo milanese.Tale progetto prevede l’utilizzo di sensori disponibili sul mercato per monitorare una vasta gamma di indicatori relativi al benessere di animali da allevamento: compor-tamento, stato di salute, impatto

Controlli ufficiali, pubblicato il report 2019 dell’Icqrf È stato pubblicato sul sito del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali il report 20191 dell’attività operativa dell’Ispettorato centrale della Tutela della qualità e Repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf).Lo scorso anno l’Icqrf ha effettuato 55.539 controlli, di cui 41.462 ispettivi e 14.077 analitici. Gli operatori ispezionati sono stati 27.683 e i prodotti controllati 51.289. Le irregolarità hanno riguardato il 17,5% degli operatori, l’11,4% dei prodotti mentre il 10% dei campioni analizzati sono risultati irregolari. Le notizie di reato sono state 395, 4.446 le contestazioni amministrative (+6%), a cui si aggiungono 2.034 diffide emesse nei confronti di operatori del settore alimentare, circa 72 milioni di kg di merce sequestrata, per un valore dei sequestri di oltre 301 milioni di euro, e 513 interventi effettuati fuori dei confini nazionali e sul web (340) a tutela del Made in Italy agroalimentare.Con riferimento ai singoli comparti agroalimentari, 18.179 controlli hanno interessato il settore vitivinicolo, 6.875 l’oleario, 5.434 il lattiero-caseario, 4.117 l’ortofrutta, 3.542 le conserve vegetali, 2.831 i cereali e derivati, 2.588 il settore della carne, 1.180 il miele, 596 le uova, 517 le bevande spiritose, 391 le sostanze zuccherine e 2.767 altri settori.I controlli, ispettivi e analitici, sui mezzi tecnici in agricoltura sono stati nel complesso 6.522.

(Fonte: Mipaaf)

1 Vedi www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15037

3 Visita il sito del progetto all’indirizzo web www.clearfarm.eu

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ambientale e produttività. Inoltre, elaborerà, svilupperà e validerà una piattaforma software allo scopo di raccogliere tali dati, che saranno messi a disposizione degli allevatori e dei consumatori per aiutarli nelle loro scelte decisionali:

• gli allevatori saranno in grado di vedere in formato digitale le informazioni aggiornate in tem-po reale sullo stato di benessere degli animali; in particolare, ver-ranno allertati ai primi segnali che indicano la presenza di un problema in modo da interveni-re prima che il problema possa influire sullo stato di benessere degli animali;

• i consumatori saranno in grado di conoscere lo stato di benes-sere degli animali da cui deriva un prodotto scansionando, ad

esempio, il codice QR inserito in etichetta.

La piattaforma software sarà testata in diversi allevamenti di suini e bovi-ne da latte di diversi Paesi europei. ClearFarm organizzerà, inoltre, al-cuni workshop aperti a consumatori e produttori, per indagare le loro esigenze e preferenze in relazio-ne al benessere degli animali e le migliori soluzioni per affrontarlo. Il progetto, finanziato dalla Commissione europea, è coordi-nato dall’Università Autonoma di Barcellona (Spagna) e vede la partecipazione di 5 università e centri di ricerca europei: oltre all’Università degli Studi di Milano, l’Università di Murcia (Spagna), l’A-arhus Universitet (Danimarca), la Wageningen University (Paesi Bassi) e la Lluonnonvarakeskus (Finlandia).

Coinvolte anche 5 piccole e me-die imprese – ELPOZO Alimentos SA e Cooperativa Ganadera del Valle de los Pedroches (Spagna), Hämeenlinnan Osuusmeijeri (Finlandia), As Glyngore - Luto Sensores e (Danimarca), Cattle Watch Ltd (Israele) – e 3 gran-di aziende: Syntesa Partners and Associates A/S (Spagna); CONNECTERRA BV e Eshuis BV (Paesi Bassi).

(Fonte: @nmvi Oggi)

Vigilanza e controllo, il Ministero della Salute invia al Parlamento la relazione 2018

Il 27 gennaio scorso il Ministero della Salute ha trasmesso al Parlamento la relazione “Vigilanza e controllo degli alimenti e delle bevande in Italia - anno 2018”1 inerente sia ai prodotti alimentari destinati ad essere commercializzati sul territorio nazionale, sia a quelli destinati ad essere spediti in un altro Stato dell’Unione europea oppure esportati in uno Stato terzo.Questi i dati principali, tutti relativi al 2018, che emergono dalla relazione:

• sono stati prelevati 50.481 campioni di prodotti alimentari, comprese le bevande, su cui sono state effettuate 129.504 analisi, con una media di circa 2,6 ricerche analitiche per campione. Dei 129.504 controlli analitici effettuati è risultato irregolare circa l’1,14% delle analisi. Le non conformità si concentrano prevalentemente nei prodotti di origine animale e sono principalmente di tipo microbiologico;

• le ricerche microbiologiche sono state complessivamente 78.055 e hanno riguardato microrganismi, parassiti, lieviti e muffe. Sul totale complessivo delle ricerche per batteri, le percentuali più alte di controllo si osserva-no per Salmonella con il 26,92%, seguita da Listeria monocytogenes (19,32%) e Escherichia coli, incluso il gruppo degli Escherichia coli STEC (7,14%);

• i Servizi Igiene degli Alimenti e Nutrizione e i Servizi Veterinari dei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl hanno complessivamente ispezionato 144.916 stabilimenti, dei quali 30.690 hanno mostrato infrazioni durante le ispezioni (pari al 21%); complessivamente sono state effettuate 467.128 ispezioni.

(Fonte: Ministero della Salute)

1 Vedi www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2901_allegato.pdf

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Questo pratico manuale, pur nella sua limitatezza, consente di acquisire le conoscenze di base (teoriche) e appli-cative delle lavorazioni legate al cacao e cioccolato che permettono di poter operare nel settore, sia nelle piccole realtà artigianali, sia nell’industria medio/grande.Il testo non ha la pretesa di essere completamente esaustivo e cer-tamente, per coloro che operano nel settore da anni, potrebbe presentare anche inevitabili banalità, ma si è voluto dare una visione più o meno completa delle diverse tecnologie e soprattutto delle esperienze acquisite in quasi 45 anni di personale attività.I tecnologi e gli artigiani da poco attivi nel settore saranno, senza dubbio, tra quelli che

i molteplici aspetti del loro lavoro quotidiano: tecniche corrette e (magari) nuove dei processi, gestione e controlli inerenti delle linee produttive lungo tutto il ciclo di lavorazione.Per gli studenti intenzionati a seguire questo per-

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Al via il sistema “Nutri-Score” in due ristoranti aziendali parigini

“Rivoluzione francese” in campo ali-mentare, anzi, più esattamente, nel campo dell’etichettatura alimentare.

Dal 2020, infatti, si avvia l’esperimento del si-stema “Nutri-Score”, volgarmente noto anche come “etichetta a semaforo”, in due ristoranti aziendali di Parigi. Ci siamo allora?Il Governo di Parigi, dunque, decide di fare da apripista per l’applicazione di questo metodo “colorato” per dare “suggerimenti salutistici” al consumatore: suggerimenti che, però, guar-da caso, spesso portano a criminalizzare (con il

“rosso”) i cibi migliori e più gustosi e, (anche) per questo, giustamente apprezzati.Soprattutto alimenti Dop ed Igp, tra i quali quelli italiani sono a tutt’oggi in numero prevalente. Seguiti paradossalmente proprio dai prodot-ti francesi, peraltro nostri antagonisti storici. Prodotti, dunque, di qualità “riconosciuta”, ma per molti dei quali è già stato preventivato il “semaforo rosso”: insomma, i nostri prodotti Dop, formaggi in testa, saranno pure buoni, ma – per il “Nutri-Score” almeno – farebbero male!Ordunque, contro il crescente successo degli “alimenti di qualità”, per i quali proprio l’Italia vanta un clamoroso primato (certificato ad oggi da ben 299 alimenti “riconosciuti” – tra Dop, Igp e STG – su di un totale europeo di 1.432), comincia a farsi strada, grazie ad un “semaforo rosso”, la modesta, quando non mediocre, qua-lità dei prodotti della concorrenza, prodotti che magari non sono tanto “buoni” per il palato, ma che non farebbero male alla salute!Ma è poi tanto sicuro che sia proprio così?È proprio sicuro, per esempio, che il nostro “olio extra vergine di oliva” e tutta la restante bella compagnia della celebrata “Dieta Mediterranea” insidino la salute? O, piuttosto, non la insidia-no, ad esempio, i concorrenti grassi di origine animale?Ma, di grazia, non era esattamente il contrario fino a pochi giorni fa?

Informazione al consumatoreAttenti… al semaforo

di Carlo Correra Avvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti

L’utilizzo del sistema di etichettatura “Nutri-Score”, noto come “etichetta a semaforo”, si scontra con il rispetto del principio comunitario della libera circolazione delle merci e con quello della leale informazione del consumatore.Alcune riflessioni

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Le risposte “salutistiche” certamente non spetta-no all’operatore del diritto, però costui qualche prima riflessione, giuridica e non, a questo punto può e deve cominciare a farla.

La compatibilità giuridica del “semaforo”

Prima ed al di là di ogni – pur legittima – riflessione sulla genesi “politico/economica” di questa inizia-tiva “semaforica” francese, è infatti doverosa una valutazione giuridica per verificare se, ed in quale misura, questa nuova “indicazione” di etichettatura sia “lecita” ovvero compatibile con l’ordinamento generale dei Trattati comunitari e poi, in particolare, se e quanto lo sia con i regolamenti che disciplinano l’etichettatura dei prodotti alimentari.Iniziamo allora proprio da quest’ultimo esame osservando che:

• trattasi di una cosiddetta “indicazione vo-lontaria”;

• è in effetti un’indicazione di carattere “sa-lutistico-nutrizionale”;

• è un’iniziativa da valutare anche rispetto al generale “principio della libera circolazione delle merci”, principio sancito dall’articolo 36 del Trattato istitutivo della Comunità e-conomica europea.

Il sistema “Nutri-Score” come informazione volontaria

Il “semaforo” del sistema “Nutri-Score”, rap-portato alla generale disciplina sull’etichettatura (presentazione e pubblicità) degli alimenti, non v’è

dubbio che deve essere ricondotto alla disciplina del Capo V “Informazioni volontarie sugli alimen-ti” del regolamento (UE) 1169/2011.In particolare, questa nuova indicazione va valutata alla luce di quanto prevedono i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 36 del suddetto regolamento:

«1. Nel caso in cui siano fornite su base volontaria, le informazioni sugli alimenti di cui all’articolo 9 e all’articolo 10 devono essere conformi ai requisiti stabiliti al Capo IV, Sezioni 2 e 3.2. Le informazioni sugli alimenti fornite su base volontaria soddisfano i seguenti requisiti:a) non inducono in errore il consumatore, come descritto all’articolo 7;b) non sono ambigue né confuse per il consu-matore; ec) sono, se del caso, basate sui dati scientifici pertinenti».

Ebbene, il sistema “Nutri-Score” è fortemente sospettabile di porsi in violazione dell’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/2011, in quanto si pre-senta come un’indicazione capace concretamente di indurre in errore il consumatore.

Il sistema “Nutri-Score” si presenta come un’indicazione capace concretamente di indurre in errore il consumatore

Invero, quel sistema (o qualsivoglia altro ad esso equivalente) sembra dimenticare una premessa

Il logo del sistema di etichettatura “Nutri-Score”.

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assoluta e generale ovvero una premessa valida per ogni tipo di “alimento” immesso al consu-mo: la premessa della sua assoluta, obbligatoria “innocuità”.Le norme, ormai di natura e di respiro UE prima ancora che nazionali, in tema di “sicurezza ed igiene” degli alimenti – come è noto – obbligano, infatti, l’operatore del settore alimentare (Osa), e con serie e gravi sanzioni penali in caso di una violazione anche soltanto colposa, a porre in com-mercio soltanto alimenti assolutamente “innocui”.Una loro controindicazione sul piano della “salu-te” del consumatore, pertanto, non potrà essere assoluta, ma soltanto “relativa” ovvero ricondu-cibile solo a peculiari esigenze e limiti salutistici e nutrizionali del singolo consumatore e, quindi, in quanto tali, conoscibili e valutabili solo dal con-sumatore medesimo.Avere la pretesa – mediante la collocazione di un colore di “allarme”, quale il colore “rosso” nel caso del “Nutri-Score”, ovvero un segnale di “ri-schio” se non addirittura di “danno” per la salute del consumatore –di sconsigliare o, al contrario,

di sollecitare (con il “verde”) il consumo di un alimento piuttosto che di un altro, e questo a prescindere dalle condizioni di salute fisica e di età del singolo soggetto, costituisce, a nostro avviso, un suggerimento “salutistico” del tutto astratto ed arbitrario e, quindi, in quanto tale, “ingannevole”, se non addirittura pericoloso per la salute di ogni virtuale consumatore. Costui, infatti, viene orien-tato “alla cieca” nel suo consumo ovvero viene orientato prescindendo totalmente da quelle che sono le sue effettive esigenze alimentari, effettive sia in senso positivo che in senso negativo.

Il sistema “Nutri-Score” come indicazione sulla salute

In realtà, oltre che una corretta formulazione del-la “dichiarazione nutrizionale” (ormai obbligatoria grazie al regolamento (UE) 1169/2011), anche il corretto ricorso ai claim salutistici è tassativamente disciplinato dal legislatore comunitario.Il regolamento (CE) 1924/2006 (e successive

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integrazioni e modifiche) garantisce, infatti, già da tempo un sistema di seria e neutrale informazione del consumatore sulle caratteristiche salutistiche di un alimento.Il suo articolo 2, invero, fornisce la definizione legale di “indicazione sulla salute” nei seguenti termini:

«Articolo 2Definizioni

[…] Si applicano, inoltre, le seguenti definizioni:1) “indicazione”: qualunque messaggio o rappre-sentazione non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o nazionale, comprese le rappresenta-zioni figurative, grafiche o simboliche in qualsiasi forma, che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari caratteristiche;[…]5) “indicazioni sulla salute”: qualunque indicazio-ne che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute; […]».

Orbene, alla luce delle definizioni legali appena ri-portate, il sistema cosiddetto “Nutri-Score” si pre-senta come vera e propria indicazione sulla salute e, pertanto, soggetto alla disciplina del regolamento (CE) 1924/2006.

Sennonché questo messaggio salutistico “a semafo-ro”, in quanto si risolve in un vero e proprio “giudizio di valore” (contrario o favorevole che sia) circa l’in-cidenza di uno specifico alimento sulla salute di un generico o astratto consumatore, si pone – a parer nostro – in contrasto con la disciplina dei claim salu-tistici quale si ricava dall’articolo 10 del regolamento (CE) 1924/2006.Quest’ultimo, infatti, ha previsto un regime giuri-dico di “autorizzazione” per l’uso di “indicazioni sulla salute” ovvero consente all’Osa l’impiego in etichettatura solo dei claim tassativamente previsti dal regolamento (UE) 432/2012 oppure di claim di volta in volta autorizzati a seguito dell’apposita procedura attivata dallo stesso Osa:

«Articolo 10Condizioni specifiche

1. Le indicazioni sulla salute sono vietate, a meno che non siano conformi ai requisiti generali del Capo II e ai requisiti specifici del presente Capo e non siano autorizzate a norma del presente regolamento e incluse nell’elenco delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14.2. Le indicazioni sulla salute sono consentite solo se sull’etichettatura o, in mancanza di etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità sono comprese le seguenti informazioni:

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a) una dicitura relativa all’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano;b) la quantità dell’alimento e le modalità di consumo necessarie per ottenere l’effetto benefico indicato;c) se del caso, una dicitura rivolta alle persone che dovrebbero evitare di consumare l’alimento, ed) un’appropriata avvertenza per i prodotti che po-trebbero presentare un rischio per la salute se con-sumati in quantità eccessive.3. Il riferimento a benefici generali e non specifici della sostanza nutritiva o dell’alimento per la buona salute complessiva o per il benessere derivante dallo stato di salute è consentito soltanto se accompagnato da un’indicazione specifica sulla salute inclusa negli elenchi di cui agli articoli 13 o 14.4. Se del caso, possono essere adottate linee guida per l’attuazione del presente articolo secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2 e, se necessario, in consultazione con le parti interessa-te, in particolare operatori del settore alimentare e associazioni di consumatori».

L’adozione di un sistema del tipo “etichetta a se-maforo” (e ogni altro similare per semplificazione dell’indicazione salutistica), dunque, non si concilia – né nella lettera né nello spirito – con l’obiettivo della corretta informazione del consumatore cui, invece, è ispirata l’intera legislazione UE.

L’adozione del sistema “Nutri-Score” non si concilia con l’obiettivo della corretta informazione del consumatorecui è ispirata l’intera legislazione UE

In particolare, tale sistema si traduce in un vero e proprio “suggerimento” a favore o contro il consu-mo di un particolare alimento ovvero in una drastica bocciatura (“con il “rosso”) o approvazione (con il “verde”) del tutto però svincolata dalla reale condi-zione di salute dello specifico consumatore.

Senza cadere nella tentazione di un giudizio “po-litico” ovvero complottistico sull’iniziativa francese

del sistema “Nutri-Score” e attenendoci solo agli oggettivi rilievi sopra illustrati, reputiamo doverosa conclusione quella di una, quantomeno, discutibi-le compatibilità di tale indicazione volontaria sia rispetto al principio della “libera circolazione delle merci” nel mercato comunitario, sia rispetto al principio delle “pratiche leali di informazione” da parte dell’Osa nei confronti del consumatore dei prodotti alimentari. Ed è proprio su tale ultimo piano che non possiamo tacere riguardo al carattere “diseducativo” del co-siddetto “semaforo” in etichetta o di qualsivoglia altro sistema similare di “semplificata” informazione salutistica. In tal modo, infatti, il consumatore viene orientato ovvero “pilotato” nei suoi acquisti alimen-tari – a nostro giudizio – “senza cognizione di causa” sulle qualità salutistico-nutrizionali dell’alimento che gli viene offerto al consumo. In altri termini, egli deciderà per il “sì” o per il “no” fidandosi – “cieca-mente” è il caso di dire – del colore che gli è stato evidenziato in etichetta e tutto ciò con “tanti saluti” a quell’“educazione alimentare” che invece le direttive comunitarie degli anni ‘90 del secolo scorso avevano sbandierato tra gli obbiettivi primari della legislazione alimentare comunitaria.In realtà, il sistema “Nutri-Score” non si rivolge ad un consumatore “educato ad una corretta alimen-tazione” e, quindi, “informato e consapevole” sulla compatibilità dello specifico alimento rispetto alle sue peculiari condizioni di salute e alle sue specifiche esigenze alimentari, ma presuppone un consumatore che si fida acriticamente di chi quelle compatibilità ha già valutato per lui, però senza neppure conoscere le sue specifiche esigenze alimentari.Il “semaforo” in etichetta (ovvero, qualsiasi altro sistema equivalente) finisce, dunque, per divenire uno strumento di “manipolazione” della domanda alimentare ovvero uno strumento per “pilotare” il mercato verso un o un altro tipo di alimento. Insomma, un sistema quantomeno “politicamente scorretto” nei confronti delle aziende produttrici di alimenti di maggior pregio qualitativo, spesso più facilmente esposti al rischio del “rosso” per le maggiori dotazioni qualitative.Un sistema scorretto anche e soprattutto nei con-fronti del consumatore.Un sistema in ogni caso – a nostro giudizio – ille-gale per le violazioni dei regolamenti e dei Trattati comunitari sopra illustrati e, perciò, come tale inaccettabile.

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Questo agile e pratico manuale si rivolge a tutti gli operatoridella filiera alimentare che intendono veicolare al consumato-re finale alimenti che contengono allergeni o sostanze atte aindurre intolleranza.Tali sostanze, ora disciplinate in modo chiaro ed esaustivo alivello comunitario, sono sempre più al centro dell’interessedei consumatori, che fanno sempre più ricorso ad alimentipronti e al “fuori casa”.Al contempo, l’aumento della sensibilità analitica degli stru-menti, unitamente alla maggiore consapevolezza del ruolo dialcune sostanze alimentari in soggetti predisposti, hanno resopiù apertamente visibile la portata del problema. Gli allergenirappresentano quindi uno dei punti centrali del nuovo appa-rato normativo europeo sull'informazione alimentare ai con-sumatori: il regolamento (UE) 1169/2011. A seconda dellanatura del prodotto, preconfezionato, preincartato o sfuso,sono infatti presenti diverse disposizioni circa le modalità diindicazione, tra gli altri ingredienti, degli allergeni. Scopo del presente manuale è quello di fornire, con un tagliopratico, una casistica corredata da esempi concreti e formatgrafici a supporto delle aziende agroalimentari, con una visio-ne integrata che va dall’analisi del rischio fino alla gestione esuccessiva comunicazione ai consumatori, anche tramite eti-chettatura.

Allergeni: una linea guida per le imprese alimentari

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Il tema della sicurezza alimentare è sempre più complesso

Se la necessità di mangiare cibo sano e genuino è antica almeno quanto l’uomo, la sicurezza alimentare, che negli ultimi decenni ha as-

sunto una crescente rilevanza politica, sociale ed economica, è una scienza moderna e in costante

e rapida evoluzione, tanto da richiedere agli ope-ratori un continuo sforzo di implementazione e aggiornamento.Da principio, sebbene molti dei patogeni conosciuti siano il frutto delle ricerche risalenti ai primi del Novecento, gran parte della microbiologia alimen-tare si sviluppò spinta dalla necessità di risolvere problematiche legate a produttività e shelf life, piuttosto che per far fronte a necessità di sicurezza alimentare. Il metodo Haccp, che ancora oggi rappresenta il principale strumento di gestione del rischio nelle industrie alimentari, fu sviluppato solo a partire dagli anni ‘70. Lo stesso “Pacchetto Igiene”, che ha dotato l’Europa di uno dei sistemi di sicurezza alimentare più complessi, strutturati ed efficienti al mondo, ha una ventina d’anni scarsi ed è frutto di una delle opere di integrazione più difficili nella storia comunitaria. Se pensiamo in prospettiva storica, si può dire che diritto e tecnologie alimentari abbiano subito non solo un’evoluzione, ma una radicale inversione di obiettivi e motivazioni solo negli ultimi vent’anni.La legislazione alimentare della Comunità europea (ora Unione europea) era stata, infatti, origina-riamente concepita come un insieme di regole dettate dal desiderio di eliminare gli ostacoli com-merciali all’interno del Mercato comune europeo: il quadro legislativo alimentare era progettato per garantire la libera circolazione dei prodotti e

Sicurezza alimentare L’approccio vincenteè la multidisciplinarità

di Paola CaneConsulente alimentare

Le nuove sfide in ambito di sicurezza alimentare richiedono un approccio semprepiù olistico e sistemico, non limitato ai principi Haccp, ma che estenda prevenzioni e controlli a nuovi ambitie coinvolga competenze multidisciplinari,che vanno dal diritto alimentare alle scienze sociali, fino alla criminologia, senza mai perderel’approccio Science Based

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prevenire distorsioni della concorrenza, piuttosto che nell’interesse della salute pubblica. I primi interventi di legislazione alimentare co-munitaria si concretizzarono in una cinquantina di direttive “verticali”, volte a stabilire standard compositivi per i singoli alimenti trasformati (le cosiddette “norme ricetta”) con le quali si sta-bilivano regole concernenti le ricette dei prodot-ti. Il primo intervento, costituito dalla direttiva 73/241/CEE sui prodotti di cacao e di cioccolato, aveva l’obiettivo dichiarato di rimuovere le dispa-rità tra le legislazioni nazionali che di fatto osta-colavano la libera circolazione di questi prodotti e avevano un’incidenza diretta sull’instaurazione e il funzionamento del Mercato comune.Non che oltreoceano la situazione fosse più arti-colata: negli Usa, negli anni ‘70, furono emanati gli standard di identità che stabilivano le proprietà, le caratteristiche e gli specifici requisiti di etichet-tatura a cui i vari prodotti alimentari dovevano adeguarsi per poter essere identificati con una spe-cifica denominazione legale. Tuttavia, gli standard

statunitensi miravano principalmente a prevenire le frodi in commercio ed erano concepiti, a diffe-renza delle norme europee, non come strumento di promozione del commercio, ma piuttosto come strumento di protezione dei consumatori. Anche quando, nel 1985, la Commissione euro-pea abbandonò lo sforzo titanico di introdurre una ricetta per ogni categoria di alimenti, ab-bracciando il cosiddetto “nuovo approccio”, basato sul principio del mutuo riconoscimento formulato nella sentenza Cassis de Dijon1, la sua attività in campo alimentare rimase orientata pre-valentemente a tutelare gli interessi del mercato.

La sicurezza alimentare moderna

La nascita della sicurezza alimentare modernamen-te intesa e formalmente normata risale solo ai pri-mi anni ’90 ed è legata, in Europa, come negli Usa, all’insorgenza della Bse, da un lato, e al focolaio

1 Si tratta della sentenza della Corte di Giustizia della Comunità europea n. 120 del 20 febbraio 1979, con cui è stato sancito che gli articoli prodotti conformemente alle norme legali di uno Stato membro della Comunità europea (ora Unione europea) possono in genere essere venduti negli altri Stati membri.

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di Escherichia coli scaturito nella catena Jack in the Box (1992) dall’altro. Tali eventi mostrarono drammaticamente a istituzioni e opinione pubblica l’inidoneità di un sistema alimentare concepito attraverso la lente del mercato e non concentrato sulla tutela della salute pubblica.

I sistemi tradizionali di sicurezza alimentare non sono più adeguati a far fronte agli scenari odierni, articolatie in continua evoluzione

Solo a quel punto, la protezione della salute pubblica divenne centrale nel settore alimentare e prese forma con il cosiddetto “Pacchetto Igiene”, la cui pietra miliare è ancora oggi il regolamento (CE) 178/2002, che dotò la Comunità europea di uno dei sistemi di sicurezza alimentare più evoluti al mondo.Nonostante la sua giovane età, la sicurezza alimen-tare si è trasformata notevolmente in questi ultimi vent’anni e, accanto alla tradizionale distinzione tra “Food Safety” e “Food Security”, ha acco-stato e sviluppato i concetti più recenti di “Food Defence” e “Food Fraud Mitigation” che, assie-me alla più ampia “Food Quality” costituiscono una gamma di strumenti intesi a promuovere la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari (vedi l’immagine in alto).Un’evoluzione che certamente non è ancora arriva-ta al suo apice, ma che si è resa necessaria perché i sistemi tradizionali di sicurezza alimentare non

sono più adeguati a far fronte agli scenari odierni, articolati e in continua evoluzione: il commercio globale, la crescita economica, la struttura delle filiere agroalimentari, le innovazioni tecnologiche, gli Ogm, i cambiamenti climatici, la crescita della popolazione mondiale rendono il tema della sicu-rezza alimentare sempre più complesso.In questo contesto di continua evoluzione, l’Autorità europea per la Sicurezza alimentare (Efsa) ha recentemente annunciato l’inclusione di sociologi nel processo scientifico di analisi del rischio e l’uso dell’intelligenza artificiale per lo studio della complessità nella catena alimentare. Negli Stati Uniti, nell’ottobre 2019, il vice com-missario della Food and Drug Administration (Fda) per la Politica alimentare, sulla scia della legge sulla modernizzazione della sicurezza ali-mentare (Food Safety Modernisation Act, Fsma), firmata nel 2011 da Barack Obama, ha presen-tato il tavolo sulla “nuova era della sicurezza ali-mentare”, definita Smarter Food Safety e incen-trata «su molto di più che scienza e tecnologia, ma anche su leadership e creatività, su approcci e processi più semplici, più efficaci e moderni».

Un cambiamento necessario anche nell’Industria

Il cambiamento è necessario anche nell’indu-stria, dove ad oggi il metodo Haccp rappresenta il modo principale, se non il solo, strumento per implementare la gestione del rischio di sicurezza alimentare. L’identificazione e la definizione del-le priorità dei pericoli come risultato del primo principio dell’Haccp sono, infatti, limitate ai rischi di contaminazioni accidentali chimiche, fisiche

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e microbiologiche e spesso non sono sufficienti per identificare in modo completo i pericoli che durante tutte le fasi del processo di produzione contribuiscono in modo significativo e critico alla sicurezza alimentare. È così che accanto alla si-curezza alimentare in senso stretto, dedicata alla prevenzione dei rischi da contaminazione non intenzionale, si sono sviluppati altri rami dedicati

alla prevenzione delle contaminazioni intenzionali e alla mitigazione del rischio frodi. Il Piano Haccp è stato associato alla predisposizio-ne dei Piani Vaccp (Vulneranility Analysis Critical Control Points) e Taccp (Treats Analysis Critical Control Points) che identificano e hanno lo scopo di mitigare, rispettivamente, i rischi dovuti ad alte-razioni fraudolente e contaminazioni intenzionali

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dei prodotti alimentari e per i quali la scienza a-limentare spesso deve essere affiancata da com-petenze ulteriori, che riguardano soprattutto la sfera delle scienze comportamentali. Vista la complessità della filiera, inoltre, anche le attività tradizionalmente relegate alla gestione della supply chain, e quindi delle forniture e della movimentazione delle merci, sono spesso intima-mente connesse con la sicurezza degli alimenti in senso lato e hanno bisogno di essere riviste in ottica di tutela dell’integrità degli alimenti.È così che il metodo Haccp si è evoluto, recente-mente, negli Usa, nel più complesso Harpc (Hazard Analysis and Risk-Based Preventive Controls for Human or Animal Food), strumento previsto per ottemperare i requisiti definiti dalla Fsma, neces-sario solamente per gli Osa operanti negli Stati Uniti. A differenza dell’Haccp, il sistema Harpc racchiude in sé il concetto della prevenzione e della valutazione non solo dei tradizionali rischi fisici, chimici e microbiologici, che si possono definire convenzionali, ma anche i rischi da contaminazioni tecnicamente inevitabili (tossine naturali, pesticidi, fitofarmaci, allergeni, conservanti e coloranti), quelli derivanti dai pericoli presenti in natura, quelli ingenerati da comportamenti non intenzionali legati all’interazione tra l’elemento umano e le strumentazioni, i macchinari, le procedure, e quelli introdotti da atti di contaminazione o alterazio-ne intenzionali, compresi gli atti di bioterrorismo alimentare e la mitigazione del rischio delle frodi alimentari (vedi la Tabella nella pagina accanto).Sebbene l’adozione di un modello Harpc sia attual-mente una prerogativa esclusiva degli operatori statunitensi, anche i nostri operatori del settore alimentare, per tenere il passo con le nuove e complesse sfide, dovranno adottare un approccio sempre più multidisciplinare, olistico e sistemati-co che richiede agli addetti, e in primo ruolo ai tecnologi alimentari, di estendere le proprie com-petenze alla perfetta comprensione e conoscenza del processo organizzativo e decisionale aziendale, degli aspetti di negoziazione contrattuale, fino a includere l’approfondita conoscenza di diritto alimentare, scienze sociali e persino di criminolo-gia, senza mai perdere l’approccio Science Based.L’approccio multidisciplinare, compatibile e persino complementare all’approccio tradizionale rappre-senta, per i produttori e i trasformatori di alimenti che possono farvi affidamento, uno strumento

di supporto fondamentale per prendere decisio-ni consapevoli a 360°, a partire dal processo di qualifica e selezione dei fornitori fino ad arrivare alla comunicazione e al marketing di prodotto, dai quali il tecnologo alimentare non solo non dovrebbe essere escluso, ma può trarre numero-se informazioni rilevanti e fornire una chiave di lettura orientata al raggiungimento dell’obiettivo di garantire cibi sani, sicuri e genuini nell’ottica di un sistema di sicurezza alimentare completo.Spesso, nel campo della sicurezza alimenta-re, si sente utilizzare l’espressione “Sistema di Gestione della Sicurezza alimentare”, solitamen-te riferita ad un complesso di strumenti che in-cludono piani e buone pratiche di fabbricazione, processi e procedure che si reputano correlati, ma dei quali raramente viene enfatizzata una caratteristica fondamentale: la capacità di in-fluenzarsi tra loro. Al contrario, le numerose attività e i processi che coinvolgono un alimento dalla terra alla tavola non sono solo collegati, ma anche capaci di influenzarsi (positivamente o negativamente).

Le numerose attività e i processi che coinvolgono un alimento dalla terra alla tavola non sono solo collegati, ma anche capaci di influenzarsi

L’influenza positiva e la creazione di un vero sistema di sicurezza alimentare si avranno non solo se il tecnologo alimentare sarà capace di affiancare alle sue competenze scientifiche la capacità di comprendere a fondo e intervenire nei processi organizzativi aziendali estranei alle scienze alimentari, però capaci di impattare sulla sicurezza del cibo, ma anche se altri ruoli tradi-zionalmente esclusi dalla formazione in campo di sicurezza alimentare acquisiranno maggior sensibilità e responsabilità nell’ottica di conse-guire il comune e prioritario obiettivo di garantire l’integrità dei cibo.

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Esportare in... USA

Il Nord America è l’area geografica dalla quale provengono molte iniziative che influenzano il

settore agroalimentare e, nello specifico, la sicurezza alimentare. Basti pensare al sistema Haccp (Hazard Analysis and Critical Control Point), nato negli Usa nel 1969 e poi divenuto il sistema di prevenzione globale della sicurezza alimentare, mediato dal Codex Alimentarius (un insieme di regole e di normative elaborate dalla Codex Alimentarius Commission, la Commissione permanente sulla Sicurezza alimentare istituita da Fao e Organizzazione mondiale della Sanità) a tutti i Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del Commercio, e dal 1993 in uso cogente nell’Unione europea. Sempre negli Usa, nel 1995 nascono i prerequisiti all’interno del Seafood Haccp (ad esempio, GMPs, SOPs, SSOPs, e PRPs) e nel 2017 si comincia a parlare di Cultura di Sicurezza alimentare (Food Safety Culture), ora pilastro della nuova normativa statunitense e canadese sulla sicurezza alimentare, ma anche nuovo modulo certificabile da parte di schemi afferenti a BRC, BRCGS e IFSSC. Dal 2018 l’attenzione si è poi spostata sugli Smart Tools, che nel giro di un anno sono diventati la vera missione federale ed internazionale dell’Agenzia statunitense per gli Alimenti e i Medicinali (Food and Drug Administration, Fda): il suo nuovo “Commissioner for Food Policy and Response”, Frank Yiannas, ha parlato proprio di “New Era of Smart Tools for Food Safety”, affermando che “la tecnologia è una parte importante della Nuova Era della Smart Food Safety. Si tratta di applicare approcci e processi più semplici, più efficaci e moderni. Si tratta di leadership e creatività. Si tratta, infine, di lavorare all’interno e all’esterno della Fda per promuovere una cultura della sicurezza alimentare che trascende i confini tra il settore pubblico e privato. La sicurezza alimentare più intelligente è guidata dalle persone, basata sul Food Safety Modernization Act

e abilitata alla tecnologia”. La centralità di questi temi è dimostrata da fatto che oggi Fda riconosce le aziende agroalimentari utilizzatrici di Smart Tools come aziende a basso rischio, prevedendo quindi agevolazioni per l’export verso gli Usa e supportando di fatto percorsi di innovazione. Sono Smart Tools: la Blockchain (rintracciabilità tramite tecnologia cifrata derivante dai BitCoin), la Whole Genome Sequencing (Wgs, ossia la decodifica genetica di una ricetta di un prodotto alimentare), i Big Data (la gestione dei dati del web, tramite software ed intelligenza artificiale) e gli Smart Glasses (realtà aumentata utilizzata per formazione, manutenzione o audit). Nel settembre 2018 Claudio Gallottini, riferimento internazionale sulla sicurezza alimentare nordamericana, ha presentato a Chicago, all’interno della sezione Next (Nuove proposte per il futuro) del congresso annuale dei tecnologi statunitensi – l’IFT Annual Conference – un’idea consistente nell’utilizzo di Smart Glasses per condurre audit da remoto in industrie alimentari. L’idea fu premiata tra le migliori proposte innovative negli Usa per il 2018 e Gallottini fu invitato a relazionare la sua idea nello stesso evento.Gli Smart Glasses nascono da uno spin off creato da Google e NSF, chiamato EyeSucceed, a fronte dell’esigenza formativa di McDonald’s. Da qui l’idea di Gallottini di utilizzarlo per uno scopo diverso da quello iniziale.ITA Group ed EyeSucceed hanno stretto un accordo internazionale per poter effettuare, per la prima volta nel settore della trasformazione alimentare, un “Pilot” che preveda l’utilizzo della realtà aumentata

per guidare, tramite Smart Glasses (occhiali intelligenti), auditor da una postazione remota su un gruppo di aziende clienti del network internazionale ITA Group situate in Italia, sotto la supervisione tecnica di Gallottini. Questo Pilot è stato il primo di questo tipo ad essere attivato

La nuova era Smart della sicurezza alimentare

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Claudio Gallottini (il primo da destra) all’IFT Next 2018.

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ufficialmente. Prima del suo avvio, il partner italiano di ITA Group, ESI - Euroservizi Impresa, nella figura del suo Managing Director, Noemi Trombetti, ha ufficializzato l’iniziativa europea/nordamericana in Cina nel principale congresso sulla sicurezza alimentare asiatico, il Cifsq 2019, ricevendo proposte per estendere da subito il Pilot anche in Asia e Oceania.Il vero primato mondiale lo abbiamo raggiunto il 28 febbraio a Parma. Insieme a Marco Pierantoni, direttore del Servizio sanitario Igiene ed Alimenti della Asl di Parma, abbiamo effettuato, presso uno stabilimento di prosciutti di Parma abilitato all’export verso gli Stati Uniti, un audit ispettivo previsto dal Food Safety and Inspection Service per gli impianti abilitati Usa con l’utilizzo di Smart Glasses. Il Pilot in Italia si è concluso nel mese in corso (marzo 2020) e i primi risultati verranno relazionati il 7 aprile in una Technical Presentation nell’ambito della International Association for Food Protection - European Symposium 2020, che si terrà a Monaco di Baviera in Germania, dal 7 al 9 aprile.Il titolo della relazione , che sarà presentata da NoemiTrombetti e il suo team, sarà: “Smart Food Safety: Remote Audit Using Smart Glass in EU FoodIndustries. Results, Limitations and Opportunities”.“È facile immaginare – spiega Trombetti – che grazie a questa tecnologia si potrà da subito con-durre audit da remoto azzerando i costi di trasferta dell’auditor, azzerando l’impatto ambientale degli spostamenti e potenziando le prestazioni dei sin-goli auditor che, da remoto, saranno in grado di effettuare nella stessa giornata più sessioni su aziende localizzate anche in continenti diversi.In una situazione di emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo con la diffusione del Coronavirus, le misure di prevenzione ci impongo-no misure alternative per supportare l’export ed il nostro Made in Italy e di rimanere operativi ed efficienti, lavorando da remoto. Questo progetto pilota mette in primo piano l’utilizzo delle tecno-logie nel settore degli audit alimentari ed è una

risposta ed un supporto per le imprese dell’agroalimentare italiano che devono continua-re a fare export e produrre valore”. L’Italia rafforza di anno in anno nel mondo la presenza dei pro-dotti alimentari, senza rinunciare a qualità e tradizione. Oggi, con questo progetto pilota, possia-mo affermare che il nostro Paese è anche un pioniere nel campo dell’innovazione e nei processi tecnologici applicati al settore agroalimentare.

ESI ed ITA Group sono di fatto il primo polo di consulenza privata altamente specializzato in normative cogenti di sicurezza alimentare di oltre 70 aree geografiche diverse, ma con il primato sul Nord America. Non solo consulenza sulla sicurezza alimentare documentale, ma anche formazione specifica, etichettatura dei prodotti alimentari, logistica, normativa doganale, ricerca e sviluppo di applicazioni Smart. Siamo orgogliosi che l’Italia abbia con noi un ruolo rilevante a livello internazionale e felici di

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Dalle Aziende

Noemi Trombetti al CIFSQ 2019.

Da destra, Marco Pierantoni con indosso gli Smart Glasses e Emanuele Aibino della Asl Parma.

Il team ESI e della Asl Parma durante un audit da remoto presso l’azienda Casale S.p.A..

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Compiti, attività e progetti a quasi un anno dalla sua istituzione

Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del Ministero della Salute del 10 aprile 2019 è stato ufficialmente istituito il

Centro di referenza nazionale per la Rilevazione negli alimenti di sostanze e prodotti che provocano allergie o intolleranze (CReNaRiA), presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, della Liguria e della Valle d’Aosta.Lucia Decastelli è la responsabile del Centro.

• D.ssa Decastelli, quali sono i fattori che hanno determinato l’esigenza di crea-re in Italia un Centro di referenza nazio-nale per la Rilevazione negli alimenti di

sostanze e prodotti che provocano allergie o intolleranze?

L’istituzione del CReNaRiA rappresenta un im-portante riconoscimento per le attività svolte negli anni passati in qualità di Centro regionale Allergie e Intolleranze alimentari (CREALIA), per le conoscenze e competenze acquisite dal gruppo e, soprattutto, un momento importante di avvio di nuove attività coordinate e da condividere a livello nazionale, al fine di garantire la sicurezza e la salute del consumatore.

Ad oggi, non esistono metodi normativi ufficialmentee internazionalmentericonosciuti per la ricerca di tracce di allergeni nascoste negli alimenti

Oggi, il CReNaRiA nasce in un contesto nazionale ed europeo in cui la sicurezza dei consumatori è al centro dell’attenzione del legislatore.Dal punto di vista clinico, gli studi di prevalenza indi-cano che il 2% degli adulti soffre di allergie o intol-leranze alimentari nei Paesi industrializzati e che tale

EccellenzeNuovo Centro su allergie e intolleranze

di Emanuela GiorgiCoordinatrice redazionale “Alimenti&Bevande”

Intervista a Lucia Decastelli, responsabile del Centrodi referenza nazionale per la Rilevazione negli alimenti di sostanze e prodotti che provocano allergie o intolleranze

Intervista

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percentuale sale fino all’8% nel contesto pediatrico. Le indagini sulla presenza di allergeni non dichiarati in etichetta indica che fino al 3% degli alimenti og-getto delle indagini può contenere tracce di allerge-ni nascoste non correttamente indicate nell’elenco degli ingredienti.Dal punto di vista analitico, il pericolo allergeni è relativamente giovane e, ad oggi, non esistono metodi normativi ufficialmente ed internazional-mente riconosciuti per la ricerca di tracce di aller-geni nascoste negli alimenti. Un’armonizzazione delle attività analitiche di controllo risulta, per-tanto, necessaria sia per gli operatori del settore alimentare sia per le autorità competenti.

• Quali sono i compiti del Centro?

I compiti del CReNaRiA sono numerosi: realizzare un sistema strutturato e permanente di referenti all’interno dei singoli Istituti zooprofilattici speri-mentali, al fine di coordinare le attività sul territorio nazionale; fornire assistenza tecnico-scientifica al Ministero della Salute; curare l’organizzazione di corsi di formazione, nell’ambito delle proprie competenze, per il personale del Servizio sanita-rio nazionale e altri operatori di enti competenti;

promuovere e svolgere attività di programmazione scientifica, di valutazione del rischio, di sorveglian-za e analisi epidemiologica; mettere in atto ogni altra utile attività attinente alle proprie compe-tenze, come la collaborazione e il coordinamento con altre amministrazioni, centri e associazioni del settore.

• Quali sono le competenze e le qualifiche professionali delle persone che lavorano nel Centro?

Siamo un gruppo composto da persone con diverse competenze e qualifiche professionali. All’interno del CReNaRiA, infatti, lavorano medici veterinari e biologi impiegati nella gestione del Sistema Qualità, nella coordinazione e supervi-sione delle attività e nello svolgimento di analisi statistiche epidemiologiche degli allergeni e delle allergie. Ci sono poi i tecnici di laboratorio, che svolgono quotidianamente le analisi di routine su campioni prelevati nel contesto di controlli, Piani ufficiali di controllo e indagini di intossicazioni da reazioni allergiche, oltre a ricercatori e borsisti, che svolgono attività di ricerca finalizzate alla messa a punto di nuovi metodi rapidi e alle indagini su nuovi allergeni.

• Quali metodi rapidi state studiando?

Il Centro è da sempre attento e interessato all’ap-plicazione di nuove metodiche per la rilevazio-ne di allergeni alimentari. In particolare, stiamo conducendo attività di ricerca rivolte alla messa a punto di metodologie multi-target innovative, basate su un approccio di biologia molecolare e di sequenziamento di nuova generazione per la rilevazione contemporanea, in un’unica sessione analitica, di più allergeni negli alimenti.

• Ad oggi, quali sono i metodi di anali-si più validi per rilevare negli alimenti so-stanze e prodotti che provocano allergie o intolleranze?

Ad oggi, i metodi di analisi più impiegati per la ricerca degli allergeni alimentari prevedono

Lucia Decastelli, responsabile del CReNaRiA.

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I metodi di analisi più impiegati per la ricerca degli allergeni alimentari prevedono sia un approccio di tipo immunoenzimatico ELISA sia di biologia molecolare, come la Real-Time PCR

sia un approccio di tipo immunoenzimatico “Enzyme-Linked Immunosorbent Assay” (ELISA), basato sulla rilevazione di antigeni (allergeni) da parte di anticorpi specifici, sia di biologia mo-lecolare, quali la Real-Time PCR e la end-point PCR per la ricerca, rispettivamente, quantitativa e qualitativa, di DNA target della sostanza aller-gizzante nelle matrici alimentari. Presso i nostri laboratori, ad esempio, eseguiamo test ELISA per la rilevazione del glutine, delle ovoproteine, delle proteine della soia, delle arachidi, delle nocciole, di caseine e β-lattoglobuline presenti nel latte. La Real-Time PCR viene utilizzata per la ricerca di DNA di pesce, crostacei, molluschi e noci.

Per valutare la presenza del lattosio, invece, uti-lizziamo il metodo enzimatico spettrofotometrico nell’UV e, per alimenti delattosati, la pHmetria differenziale.

• A quasi un anno dall’istituzione del Centro, quali sono i risultati raggiunti?

A partire dalla sua istituzione, il CReNaRiA si è adoperato per la creazione del network dei labo-ratori ufficiali della rete degli Istituti zooprofilattici sperimentali che effettuano analisi per la ricerca degli allergeni nascosti negli alimenti, al fine di formare un gruppo di lavoro coordinato dal Centro stesso, in cui condividere le scelte e collaborare dal punto di vista operativo. Il CReNaRiA si è impegnato, inoltre, per l’indagine sulle analisi accreditate e sulle relative performance dei test disponibili, al fine di verificare se sul terri-torio nazionale siano disponibili metodi accreditati per coprire le 14 classi di allergeni alimentari inclu-se nell’allegato II del regolamento (UE) 1169/2011 e per avviare iter di validazione e accreditamento di metodiche analitiche. A tal proposito, lo scor-so anno abbiamo conseguito la validazione del metodo per la rilevazione del lattosio mediante analisi spettrofotometrica enzimatica nel campo dell’ultravioletto in nuove matrici alimentari.

Lo scorso anno abbiamo conseguito la validazione del metodo per la rilevazione del lattosio medianteanalisi spettrofotometrica enzimatica nel campo dell’ultraviolettoin nuove matrici alimentari

In aggiunta, il CReNaRiA ha partecipato a comitati scientifici, gruppi di lavoro e tavoli tecnici ed è stato considerato come riferimento per consulenze ed emissioni di pareri tecnici. Il Centro ha anche organizzato attività di forma-zione e informazione, rivolte a operatori sia del

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Sistema sanitario nazionale sia del settore alimen-tare in generale, a ragazzi delle scuole primaria e secondaria di primo grado, a insegnanti e al personale dirigente scolastico, relative alla corretta alimentazione, con particolare riferimento alla ristorazione scolastica.

• Quali sono, invece, le iniziative ancora in itinere?

La creazione del network dei laboratori ufficiali della rete degli Istituti zooprofilattici sperimen-tali e il suo attivo coinvolgimento nelle attività istituzionali del Centro rimane una priorità: al fine di avviare una collaborazione, intendiamo creare un database con le informazioni delle analisi disponibili sul territorio nazionale e sulle relative caratteristiche di performance tecniche e dei parametri di validazione. Continueremo, inoltre, ad interessarci all’indagine sulle analisi accreditate e alla valutazione delle relative per-formance dei test disponibili, importante per organizzare proficiency test per la rete di labo-ratori del controllo ufficiale. In aggiunta, il CReNaRiA continuerà le attività in convenzione con enti e associazioni, quali l’Asso-ciazione italiana celiachia o il Laboratorio chimico

della Camera di Commercio, che prevedono ri-spettivamente la ricerca di glutine in campioni gluten-free o a basso contenuto di glutine e la ricerca di allergeni non dichiarati in campioni somministrati nell’ambito dei pasti speciali nella ristorazione collettiva scolastica.Continueranno anche le attività di analisi svolte per conto di altri Istituti zooprofilattici sperimentali laddove tali laboratori non dispongano di prove accreditate o non abbiano un campo di applica-zione idoneo alla matrice da analizzare.Proseguiranno, infine, la partecipazione del Centro al Tavolo tecnico del Ministero della Salute per la valutazione e definizione delle soglie per gli allergeni, l’organizzazione di corsi e training del personale dei laboratori per l’esecuzione delle analisi e le attività di ricerca.

• Ritiene che gli operatori del settore alimen-tare e le autorità di controllo siano sufficien-temente preparati sul tema della rilevazione negli alimenti di sostanze e prodotti che pro-vocano allergie o intolleranze?

Nel corso degli anni il problema delle allergie e intolleranze alimentari è divenuto sempre più im-portante sia perché sono diagnosticati numeri più elevati di allergie alimentari sia perché il quadro normativo ha dettagliato obblighi e criteri per garantire un elevato livello di sicurezza per i con-sumatori allergici.Gli operatori del settore alimentare hanno dovuto affrontare il tema delle allergie garantendo una gestione accurata degli ingredienti allergizzanti e la formazione specifica del personale che produce e trasforma gli alimenti: anche i ristoratori hanno dovuto affrontare un grande cambiamento, do-vendo dichiarare gli ingredienti utilizzati nei piatti e nelle preparazioni somministrati.Il regolamento che disciplina nel dettaglio le ge-stione degli allergeni alimentari e, in generale, il diritto all’informazione dei consumatori è il re-golamento (UE) 1169/2011, che si applica dal dicembre 2013: da allora, le autorità di controllo hanno potuto organizzare dei piani di controllo e verifica della correttezza delle informazioni, che a nostro avviso sono capillari sul territorio e capaci di intercettare campioni non conformi ad oggi in percentili di circa il 2%.

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CONTENUTI

Parte 1

- INTRODUZIONE. Sicurezza alimentare, il legislatoreitaliano in perenne bilico tra prevenzione e re-pressione.- Il controllo ufficiale solo per via analitica: un’indaginepigra e inadeguata per la successiva fase giudiziaria.- Inutilizzabilità probatoria del referto di primaanalisi non impugnato.- Alimenti deteriorabili: il controllo “garantito” delleanalisi di ripetizione.- Per le analisi sul “campione unico” garanziedifensive discutibili e incomplete.- L’analisi sui “reperti” alimentari: per la Cassazionesi applicano le regole e le garanzie processuali enon quelle sulla campionatura amministrativa.- Analisi garantite e perizia: l’assimilazione probatoriae i suoi limiti.- Le indagini analitiche e le garanzie difensive. - Analisi amministrative e analisi giudiziarie: il ruolodel consulente tecnico.- La tassa sulle analisi di revisione come tassa sul“diritto alla difesa”.- Laboratori “non accreditati”: preoccupante orien-tamento della Cassazione.- La nuova disciplina per metodi analisi e laboratoriufficiali nel regolamento (UE) 2017/625 e le inva-sioni di campo della “Riforma Caselli” per i reatialimentari.

Parte 2 - Giurisprudenza commentata

Parte 3 - Appendice legislativa

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Carlo Correra

Analisi sugli alimenti:valore probatorio e limiti

del controllo ufficiale

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Per capirne gli impatti, bisognerà attendere le norme attuative

Il regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli

alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, è divenuto applicabile dallo scorso 14 dicembre 2019.Questo provvedimento rappresenta un testo unico in materia e stabilisce un quadro armonizzato per l’organizzazione dei controlli ufficiali, tenendo conto delle norme del regolamento (UE) 882/2004 – che ha abrogato e sostituito –, della legislazione

settoriale nonché dell’esperienza acquisita con l’applicazione di tali norme. Nello specifico, il regolamento (UE) 2017/625 disciplina:

• l’esecuzione dei controlli ufficiali e delle altre attività ufficiali effettuate dalle autorità com-petenti degli Stati membri;

• il finanziamento dei controlli ufficiali;• l’assistenza amministrativa e la collaborazione

tra gli Stati membri ai fini della corretta appli-cazione delle norme;

• l’esecuzione dei controlli da parte della Com-missione negli Stati membri e nei Paesi terzi;

• l’adozione delle condizioni che devono essere soddisfatte in relazione a animali e merci che entrano nell’Unione da un Paese terzo;

• l’istituzione di un sistema informatico per il trattamento delle informazioni e dei dati relativi ai controlli ufficiali.

Rating (e non solo)

Il regolamento (UE) 2017/625 introduce, inoltre, un sistema di comunicazione di informazioni e di valutazione dell’operatore del settore alimentare (Osa), in cui è ricompreso il rating. All’interno di tale sistema, le autorità competenti, in quanto responsabili nei confronti dell’Osa e del pubblico

Valutazione degli OsaRiflessioni sul rating

di Gaetano ForteAvvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti

Il rating è un giudizio espresso dalle autorità di controllo sulle capacità di un Osa di risultare conforme ai controlli ufficiali cui è sottoposto.Alcune riflessioni su questo strumentodi classificazioneintrodotto dal regolamento (UE) 2017/625

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dell’efficienza e dell’efficacia dei controlli ufficiali da essi svolti, devono garantire l’accesso di tutti gli interessati alle informazioni riguardanti l’organizza-zione e l’esecuzione dei controlli ufficiali. È infatti richiesto alle autorità di pubblicare regolarmente informazioni sui controlli ufficiali e i risultati ottenuti. In particolare, viene espressamente riconosciuto alle autorità il diritto di pubblicare o rendere disponibili le informazioni relative al rating dei singoli Osa in base ai risultati dei controlli ufficiali.In quest’ottica, l’utilizzo del rating è fortemente incoraggiato quale mezzo per accrescere la tra-sparenza nella filiera agroalimentare, a condizione che offra le adeguate garanzie di equità, coerenza, trasparenza e obiettività. A tal fine, è quindi neces-sario garantire la trasparenza dei criteri di rating affinché possano essere raffrontate le migliori prassi e possa essere preso in considerazione, nel tempo, lo sviluppo di un approccio coerente a livello di Unione.Il regolamento (UE) 2017/625, all’articolo 11, de-finisce il rating dell’Osa come «una classificazione degli operatori fondata sulla valutazione della loro corrispondenza ai criteri di rating».

Il rating è una classificazione degli Osafondata sulla valutazione della loro corrispondenza ai criteri di rating

Tuttavia, il regolamento si limita a pochissime disposizioni e occorrerà sicuramente attendere la regolamentazione di dettaglio per avere un quadro del possibile funzionamento di tale ti-po di strumento e per comprende appieno gli impatti che questo potrà avere. In ogni caso, se le informazioni sulle quali si basa il rating sono ottenute in conformità ai criteri previsti (controlli oggettivi, trasparenti e pubblici), è diritto dell’au-torità pubblicarli; essendo difficile immaginare che i controlli ufficiali non possiedano i requisiti di legge, la pubblicazione del rating di un’azienda alimentare diventerà un atto dovuto. Al momento, nella bozza del decreto legislativo di revisione del decreto legislativo 193/2007, che dovrà essere adeguato a quanto previsto dal re-golamento (UE) 2017/625, non è presente alcun

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Un’altra novità introdotta dal regolamento (UE) 2017/625 è la controperizia

articolo dedicato alla regolamentazione dello strumento di rating; mentre, invece, è discipli-nato in dettaglio l’istituto della “controperizia”, un’altra importante novità introdotta dal regola-mento (UE) 2017/625. Questo istituto – previsto dall’articolo 35 – consiste nel riconoscere all’Osa «il diritto di chiedere un esame documentale del campionamento, dell’analisi, della prova o della diagnosi a cura di un altro perito riconosciuto e adeguatamente qualificato». In pratica, si tratta della possibilità dell’Osa di richiedere un accesso documentale ad opera di un perito che deve ve-rificare la correttezza delle operazioni svolte e dei risultati derivanti nonché richiedere lo svolgimento di un’ulteriore analisi.

Prime riflessioni

È fin da ora opportuno mettere in evidenza alcune riflessioni sul nuovo strumento di rating intro-dotto dal regolamento (UE) 2017/625. Secondo quanto indicato nel considerando 39, «l’utilizzo di regimi di rating da parte degli Stati membri dovrebbe essere consentito e incoraggiato quale mezzo per accrescere la trasparenza nella filiera agroalimentare, a condizione che tali regimi of-frano le adeguate garanzie di equità, coerenza, trasparenza e obiettività. Le autorità competenti dovrebbero disporre dei necessari meccanismi che garantiscano che il rating rispecchi accuratamente l’effettivo livello di conformità; in particolare, si dovrebbero incoraggiare le autorità competenti a garantire che il rating si basi sui risultati di vari controlli ufficiali oppure, nel caso in cui il rating si basi sul risultato di un singolo controllo ufficiale e i risultati siano sfavorevoli, che i controlli ufficiali seguenti siano eseguiti entro tempi ragionevoli». Nell’ipotesi in cui il rating possa basarsi sui risul-tati di un solo controllo ufficiale, in caso di esito non regolamentare è evidente che deriverebbero conseguenze negative sulla reputazione dell’Osa,

non solo nei confronti dei consumatori, ma anche nella competizione concorrenziale, nei rapporti interni alla filiera agroalimentare tra grande di-stribuzione organizzata e fornitori o nei confronti degli istituti di credito. Pertanto, se il rating deve rispecchiare l’effettivo livello di conformità dell’Osa, è necessario ga-rantire una certa rappresentatività dell’esito dei controlli ufficiali, al fine di assicurare il rispetto dell’equità che deve caratterizzare lo stesso pro-cesso di classificazione.

Se il rating deve rispecchiare l’effettivo livellodi conformità dell’Osaè necessario garantire una certa rappresentatività dell’esito dei controlli ufficiali

Non è chiaro, poi, se il primo risultato di non con-formità dei controlli ufficiali debba essere divulgato immediatamente o se, invece, si debba attendere la revisione di analisi; invero, nell’ipotesi in cui il secondo esito analitico risulti conforme, in che rapporto si pone con il rating negativo precedente-mente diffuso? È prevista, inoltre, dal regolamento (UE) 2017/625 la possibilità per l’Osa di formulare delle osservazioni nel caso di pubblicazione dei risultati dei controlli ufficiali che lo riguardano, ma non è ben chiaro come l’Osa possa opporsi a provvedimenti pregiudizievoli e quali siano gli strumenti a sua disposizione per richiedere la mo-difica di un rating sfavorevole.Sta di fatto che le osservazioni non “bloccano”la pubblicazione del controllo, ma al più vengono pubblicate unitamente all’esito dello stesso.È poi doveroso osservare che il considerando 39 invoca «la trasparenza dei criteri di rating affinché possano essere raffrontate (nell’esecuzione dei controlli ufficiali, n.d.r.) le migliori prassi e possa es-sere preso in considerazione, nel tempo, lo svilup-po di un approccio coerente a livello di Unione». Ciò che emerge è innanzitutto la mancanza, ad oggi, di un approccio europeo uniforme. Risalta,

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inoltre, il fatto che la coerenza dei controlli ufficiali a livello europeo, ripetutamente evocata come tratto imprescindibile dell’azione delle autorità competenti, non si estenda al rating. Dato che è consentito – e non obbligatorio – utilizzare tale strumento, l’autorità competente di uno Stato membro potrebbe decidere di utilizzarlo, a diffe-renza di quella di un altro.

Ciò che emerge è la mancanza, ad oggi, di un approccio europeo uniforme

Differenze tra rating, rating di legalità e rating di impresa

Il rating previsto dal regolamento (UE) 2017/625 si distingue dal rating di legalità disciplinato dall’Au-torità garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) e dal rating d’impresa di cui all’articolo 50 del decreto legislativo 50/2016.Il primo si configura come un giudizio espresso, da un soggetto esterno e indipendente, sulle capacità

di un Osa di ottenere esiti di conformità dei controlli ufficiali cui è sottoposto; il rating di legalità, invece, è un giudizio sul rispetto della legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta e, più in ge-nerale, sul grado di attenzione riposto nella corretta gestione del proprio business, volto alla promozione e all’introduzione di principi di comportamento etico. Al riconoscimento di un sufficiente livello di ra-ting di legalità – convenzionalmente misurato in “stellette” – l’ordinamento ricollega vantaggi in sede di concessione di finanziamenti pubblici e agevolazioni per l’accesso al credito bancario.Il rating di legalità, di competenza dell’Agcm, non deve poi essere confuso con il “rating di impresa”, gestito dall’Autorità nazionale Anticorruzione (Anac): il primo è un istituto di applicazione generale e, quindi, non limitato alla normativa appalti, mentre il secondo, introdot-to per la prima volta con il decreto legislativo 50/2016, è di applicazione specifica al settore degli appalti pubblici; serve, infatti, a valutare, promuovere e valorizzare la performance contrat-tuale degli operatori economici e la correttezza in fase di esecuzione, prevenendo così il rischio di cattiva esecuzione, con l’effetto di un tendenziale innalzamento della qualità e dell’efficienza del mercato dei contratti pubblici.

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D o s s i e rImpresa 4.0 e Blockchaina garanzia della tracciabilità

Sara Checchi

• Blockchain e smart contract.Aiuto o soluzione?

Armando Martin

• Dlt e blockchain nell’alimentare.Principi e applicazioni

Emanuela Giorgi

• Cioccolato di Modica.Un passaporto digitale contro le frodi

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Dossier

Dall’invenzione della ruota all’avvento di Internet, le grandi scoperte si caratterizza-no per aver rivoluzionato completamente

il modus operandi degli addetti ai lavori. La blockchain si presenta come un’innovazione tec-nologica che, sulla scia delle precedenti, potrebbe essere in grado di sovvertire i processi aziendali in termini di trasparenza e gestione dei dati.

Cosa si intende per blockchain e smart contract

Blockchain – letteralmente “catena di blocchi” – è una tecnologia costituita da una catena di dati e informazioni tra loro collegati in ordine crono-logico, la cui integrità è garantita da un sistema crittografico. La principale caratteristica della blockchain è l’immutabilità del suo contenuto, in quanto una volta scritto non è più modificabile né eliminabile. Il cuore della blockchain è la formazione dei co-siddetti “registri digitali distribuiti”, che creano record affidabili e trasparenti permettendo a più parti di una transazione di verificare in anticipo ciò che verrà inserito su un registro generale, senza che nessuna singola parte possa modificare in seguito le informazioni della transazione. Ogni transazione o “blocco” viene trasmessa a tutti i partecipanti alla rete e deve essere verificata da ciascun “nodo” partecipante che risolve un com-plesso calcolo matematico. Una volta verificato il blocco, viene aggiunto al registro (o alla catena).

La blockchain può soddisfare molteplici esigenze in ambito alimentare: dalla tracciabilità al monitoraggio delle fasi di trasporto.Per formalizzare e rendere sicuri gli accordi presi tra soggetti che la utilizzano, ben si prestano gli smart contract:programmi digitali la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti quando si verificano determinati prerequisiti

di Sara ChecchiAvvocato ed Esperta di Legislazione degli Alimenti

Applicazioni, punti critici e limiti

Blockchain e smart contractAiuto o soluzione?

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Dossier

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La blockchain è dunque una catena di blocchi che registrano delle transazioni validate e corredate di un “marcatore temporale” (timestamp) che associa una data e un’ora garantite e legalmente valide a un documento in formato elettronico. Il registro sfrutta una rete “peer-to-peer” che si collega a un protocollo per la convalida dei blocchi. Qualsiasi “nodo” è in grado di avviare o comple-tare una transazione. I nodi sono fisicamente i server di ciascun partecipante alla blockchain. Ogni blocco contiene più transazioni e costituisce allo stesso tempo un archivio per le transazioni non-ché lo storico per ciascuna. Ogni transazione per essere inserita in un blocco dovrà essere validata (è sufficiente che il gruppo che valida corrisponda al 50% più uno della capacità di mining). Ciascun nodo della catena archivia le stesse infor-mazioni rendendole immodificabili. Solo un’opera-zione che richiede l’approvazione della maggioran-za dei nodi può infatti modificare l’informazione.Dal punto di vista normativo, l’Italia è tra i pri-mi Paesi UE ad aver individuato una definizione di “tecnologie basate su registri distribuiti” e di “smart contract”, delineando la disciplina gene-rale degli effetti giuridici connessi all’utilizzo di tali tecnologie.

L’Italia è tra i primi Paesi UE ad aver delineando la disciplina generale degli effetti giuridici connessi all’utilizzodi tecnologie basatesu registri distribuiti

L’articolo 8-ter del decreto Semplificazioni (il di-segno di legge n. 135/2018, convertito in legge con la legge n. 12/2019) costituisce il riferimento giuridico nella regolamentazione della blockchain:

«1. Si definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, re-plicabile, accessibile simultaneamente, architet-turalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida,

l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili. 2. Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola auto-maticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfa-no il requisito della forma scritta previa identifica-zione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con Linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.3. La memorizzazione di un documento infor-matico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del regolamento (UE) 910/2014.4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Agenzia per l’Italia digitale individua gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti di cui al comma 3».

Ad oggi, però, l’Agenzia per l’Italia digitale non ha ancora emanato le Linee guida che dovevano essere pubblicate entro maggio 2019.

Applicazioni

La blockchain nasce come una tecnologia del set-tore finanziario, ideata da Satoshi Nakamoto per risolvere alcuni problemi relativi alle transazioni elettroniche. In realtà, può essere utilizzata in un’ampia gamma di settori, tra cui quello alimen-tare, ove può soddisfare molteplici esigenze: dalla tracciabilità al controllo della qualità dei prodotti alimentari, dall’approvvigionamento delle mate-rie prime al monitoraggio delle fasi di trasporto, semplicemente inquadrando un QR Code.

Supply chain

In particolare, la blockchain trova applicazione nel-la cosiddetta “supply chain”, costituita da quella

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Dossier

serie di passaggi che il prodotto alimentare compie a partire dal produttore fino al consumatore finale. È infatti possibile registrare tramite blockchain tut-te le fasi relative alla produzione dell’alimento, ad esempio dalla nascita del capo di bestiame o dalla semina, passando per la lavorazione del prodotto fino ad arrivare alla fase di stoccaggio e trasporto al destinatario. In quest’ottica, la blockchain si configura come uno strumento di garanzia e affi-dabilità in grado di fornire ai consumatori tutte le informazioni relative all’origine, alla provenienza e alla qualità del prodotto. In tal senso, ci sono già state diverse applicazioni sia da parte della grande distribuzione organizzata che da parte di operatori del settore alimentare. È

stato sviluppato, ad esempio, un sistema di trac-ciabilità della mozzarella che coinvolge tutti gli attori della filiera, dal caseificio al trasportatore, al fine di fornire ai consumatori informazioni chiare e trasparenti (dal giorno di mungitura al lotto di produzione, dalla data di filatura della mozzarella a quella di consegna al punto vendita finale). È possibile implementare l’uso della blockchain anche soltanto in una specifica fase della catena di approvvigionamento, ad esempio in un “punto critico”, come può essere la fase di trasporto du-rante la quale si verifica l’esigenza di mantenere il prodotto ad una determinata temperatura onde

evitare di metterne a rischio la qualità. A tale sco-po, sarà necessario installare sul mezzo di trasporto dei sensori che registrino la temperatura e in caso di superamento dei valori idonei a garantire la conservazione del prodotto disporre, tramite smart contract, il pagamento di una penale.

Sostituzione della documentazione cartacea con documenti digitali

Un’altra ipotesi applicativa è la sostituzione del-la documentazione cartacea che accompagna la merce durante il trasporto con documenti digitali registrati in blockchain. In questo modo

sarebbe possibile non solo garantire l’integri-tà delle informazioni ivi contenute, ma anche semplificare il sistema dei controlli. Sul pun-to il regolamento (UE) 2017/625 relativo ai controlli ufficiali preve-de la realizzazione di un sistema di controllo integrato tra i diversi Stati membri, al fine di semplificare e rendere più veloci gli accerta-menti. La blockchain potrebbe rispondere a quest’esigenza nonché permettere di realizzare un’effettiva integrazio-ne degli strumenti di

controllo ufficiali, non solo a fine igienico-sanitario, ma anche a salvaguardia della qualità del prodotto.

Maggior protezione dei consumatori dalle contraffazioni

Un ulteriore vantaggio derivante dall’adozione della blockchain nella catena di approvvigio-namento è dato dalla maggior protezione dei consumatori da contraffazioni in quanto le infor-mazioni registrate nella catena dei blocchi pos-sono essere trasferite tramite smart contract e di

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conseguenza garantire l’autenticità del prodotto in modo permanente. Registrando nel registro di-gitale tutti gli ingredienti degli alimenti composti è infatti possibile ricostruire in maniera rapida la rintracciabilità, permettendo al consumatore di risalire in maniera precisa e dettagliata all’origine del prodotto.

Rintracciabilità e tracciabilità

La rintracciabilità degli ingredienti tramite blockchain potrebbe essere particolarmente vantaggiosa per i prodotti Dop e Igp, la cui produzione e lavorazione deve avvenire nel rispetto delle indicazioni contenu-te nel disciplinare (vedi l’intervista a Nino Scivoletto, direttore del Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica Igp, pubblicata alle pagine 54-56). In questo modo, si renderebbe più semplice l’attività di controllo e certificazione dei Consorzi di Tutela e si diminuirebbe il rischio di frodi.Un’efficace applicazione della blockchain nella tracciabilità dei prodotti alimentari, pertanto, po-trebbe essere in grado di realizzare sia una “map-patura logistica” attraverso la registrazione dei movimenti fisici del prodotto attraverso la filiera di produzione e distribuzione sia una “mappa-tura qualitativa” del prodotto, semplificando i controlli e proteggendo i consumatori da truffe e contraffazioni.

Punti critici e limiti

L’applicazione della blockchain presenta, tuttavia, alcuni ostacoli sia di carattere tecnico che pratico.Si pensi al fatto che i prodotti alimentari non na-scono analogici, ma hanno bisogno di una traspo-sizione all’interno del mondo digitale. Pertanto, per poter registrare tramite blockchain la traccia-bilità occorrerebbe implementare i sistemi tec-nologici lungo tutta la filiera, coinvolgendo tutti gli operatori che partecipano alla produzione/lavorazione del prodotto, con un aggravio di costi che si ripercuoterebbe inevitabilmente sul prezzo del prodotto.Un altro limite è costituito dal fatto che per poter sfruttare appieno la blockchain si presup-pone la disponibilità da parte dei consumatori di disporre di tecnologie come smartphone o

tablet e reti di connessione. La mancanza di questi strumenti tecnologici di base potrebbe costituire una barriera all’accesso delle infor-mazioni ivi contenute.

La blockchain è uno strumento di validazione temporale che assicura la non modificabilità dei dati, ma rimaneda chiarire la sua applicazione nell’ambito giudiziale

Dal punto di vista tecnico occorre mettere in evidenza che la blockchain è uno strumento di validazione temporale che assicura l’immodificabilità dei dati.Ne consegue che se viene inserito ab origine un dato non conforme, questo si ripercuoterà lungo tutta la catena di blocchi. Rimane in particolare da chiarire come tali stru-menti potranno entrare nell’ambito giudiziale laddove sorgessero controversie tra gli operatori ovvero per la valutazione, anche penale, della re-sponsabilità degli operatori per le non conformità igienico-sanitarie o per frodi.

Per saperne di più

Sul tema si vedano anche gli articoli:

• “Tecnologie 4.0. Riconoscimenti e risvolti giuridici”, di Chiara Marinuzzi, pubblicato su “Alimenti&Bevande” n. 7/2019, alle pagine 66-68.

• “Blockchain. Come cambierà l’industria alimentare”, di Armando Martin, pubbli-cato su “Alimenti&Bevande” n. 7/2019, alle pagine 70-73.

• “Blockchain. Vantaggi e limiti della sua applicazione”, di Paola Cane, pubblicato su “Alimenti&Bevande” n. 3/2019, alle pagine 46-50.

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COOL-FIT 4.0: il sistema di tubazioni pre-isolate rapido e sicuro per la refrigerazione

Installazione più rapida, produzione più sicura ed efficiente, vantaggi a lungo termine: il sistema di tubazioni pre-isolate in plastica COOL-FIT 4.0

ha chiari vantaggi rispetto ai sistemi tradizionali in metallo. La strategia vincente? Un design rivoluzionario, materiali moderni e una tecnica di giunzione innovativa. Scoprite i vantaggi che vi condurranno alla vittoria:

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Ma COOL-FIT 4.0 può offrire ulteriori vantaggi:

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COOL-FIT 4.0 rappresenta un salto tecnologico, frutto di molti anni di ricerca e sviluppo, migliora in modo significativo la progettazione, il funzio-namento e la vita utile dell’impianto. Il risultato è un sistema dalla massima efficienza, appetibile anche dal punto di vista estetico.COOL-FIT 4.0 è una soluzione di GF Piping System, azienda leader a livello globale nel trasporto sicuro e affidabile di acqua, prodotti chimici e gas, con clienti di oltre 100 Paesi. GF Piping Systems offre sistemi completi in plastica con una gamma di oltre 60.000 pro-dotti ed è in grado di assistervi in tutte le fasi del progetto, dalla progettazione alla messa in esercizio.

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REFRIGERAZIONE

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COOL-FIT 4.0 ha un design rivoluzionario, materiali moderni e una tecnica di giunzione innovativa.

Dalle Aziende

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Solo il 20% delle Pmi conosce le loro potenzialità

Anche in Italia, secondo i dati dell’Osserva-torio Blockchain e Distributed Ledger del-la School of Management del Politecnico

di Milano, il 2019 è stato un anno importante. Abbiamo infatti assistito a un balzo degli investi-menti, pari a un +100% rispetto al 2018, di cui il

30% nel settore agroalimentare. Gli studi rivelano, però, che le imprese sono ancora lontane da una piena consapevolezza: solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle piccole e medie imprese conoscono le possibili applicazioni di blockchain e distributed ledger. E nelle applicazioni pratiche ci troviamo in una fase pionieristica con meno del 2% delle grandi aziende e dell’1% di quelle picco-le e medie che ad oggi ha già avviato dei progetti.Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire perché queste tecnologie meritano la mas-sima attenzione. Attualmente la tracciabilità di un prodotto da parte del consumatore è affidata alle etichette con tutti i loro limiti. Del resto, nu-merosi casi di frodi alimentari, molte delle quali si sono abbattute sul Made in Italy, hanno messo in evidenza i punti deboli della catena di fornitura, in termini di trasparenza e tracciabilità dei dati. In questo quadro, la tecnologia blockchain, con-giuntamente alle nuove potenzialità offerte dall’In-ternet of Things (IoT) e da altre tecnologie digitali, offre ai consumatori la possibilità di conoscere in tempo reale l’origine, gli spostamenti e le attività dei prodotti, evitando di incappare in merce di provenienza incerta. Trattamenti Ogm, lavorazioni, scadenze, stoccaggi possono essere informazioni reperibili grazie alle etichette intelligenti: basteran-no uno smartphone e un codice QR per accedere alle informazioni. Come si arriva a tutto questo? Con l’adozione di un “libro mastro” pubblico,

Dlt e blockchainnell’alimentarePrincipi e applicazioni

di Armando MartinConsulente industriale e Giornalista

Blockchain e Distributed Ledger sono annoveratifra i trend digitali più interessanti dei prossimi anni. Queste tecnologie si candidano a rivoluzionare i metodi per gestire i contratti, i controlli, la sicurezza e la tracciabilità nella filiera agroalimentare. Ma le aziende del settore ancora non sembrano averne compreso appieno le potenzialità

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trasparente e non controllato da una autorità centrale. Questo sistema porterà a standard di sicurezza alimentare più elevati e una maggiore consapevolezza del consumatore sulla filiera e sul cibo consumato.Un’ulteriore innovazione introdotta della blockchain è quella di riuscire a integrare in manie-ra efficace soluzioni di crittografia ben consolidate. L’approdo futuro sarà la creazione della cosiddet-ta Internet of Value: un sistema che permetterà lo scambio di beni di valore senza intermediari in modo programmabile, attraverso i cosiddetti “smart contract” (vedi l’articolo “Smart contract e blockchain. Aiuto o soluzione?” di Sara Checchi, pubblicato alle pagine 44-47).

Aumentare la tracciabilità dei prodotti significa anche intervenire sulla contraffazione, valorizzando il Made in Italy e tutelandoil consumatore finale

Non è un caso che colossi come Walmart, Nestlé, Unilever, Dole e Carrefour stiano già introducendo le prime applicazioni per integrare un nuovo mo-dello di tracciabilità alimentare capace di impostare un modello quantitativo e qualitativo delle infor-mazioni condivise lungo l’intera filiera. Il settore alimentare italiano dovrebbe porsi seriamente il problema: aumentare la tracciabilità dei prodotti significa anche intervenire sulla contraffazione, valorizzando il Made in Italy e tutelando il con-sumatore finale.

Dlt e blockchain

Alla base della blockchain (diventata popolare con l’ascesa dei bitcoin nel 2009) c’è il sistema Distributed Ledger Technology (Dlt). Questa tecnologia ha il potenziale per fornire dati tra-sparenti, immutabili e sicuri ai produttori, ai consumatori e alle autorità di controllo, a patto di operare in un sistema sinergico e in evolu-zione. I dispositivi di controllo IoT, ad esempio, permetteranno di tracciare in modo accurato le condizioni di un prodotto durante l’intera catena produttiva. E anche la maggiore robotizzazione

Figura 1 – Scansione di un QR code con tecnologia blockchain.

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dei sistemi logistici contribuirà a migliorare la precisione delle attività di tracciamento lungo la catena di fornitura. Con l’introduzione delle Distributed Ledger Technology sarà più facile collegare tutti i processi interessati.La tecnologia Dlt è una rete digitale che registra la cronologia dei dati e delle transazioni delle risorse sui nodi decentralizzati. Un nodo si rife-risce in genere a un computer all’interno della rete che convalida e registra queste transazioni in modo simultaneo. Questo meccanismo è assai diverso rispetto agli attuali database centralizzati di grandi aziende e istituzioni. Il concetto di Dlt richiama, dunque, il concetto di libro mastro (le-dger) dove annotare spese, transazioni, entrate e uscite di merci. Esempi di ledger sono i conti correnti, nei quali ogni movimento di denaro viene registrato o piattaforme di editing come

Google Docs, dove un documento può essere condiviso tra più soggetti.Quando si verifica la necessità di scri-vere una nuova transazione all’inter-no del ledger, il richiedente (il nodo) utilizza un algoritmo matematico per il consenso, il quale verificherà la veridicità delle informazioni, chie-dendo conferma agli altri nodi della rete che detengono una copia identica del registro. Per ragioni di sicurezza, ogni record memorizzato sul registro distribuito deve avere un timestamp (identificativo temporale) univoco e una firma crittografica per mantenere la rete sicura e incorruttibile.Le blockchain, appartenenti alla fa-miglia delle Dlt, sono tipi di registri decentralizzati composti da blocchi contenenti informazioni. Grazie a questo sistema di blocchi, vengono tracciate e conservate le transazioni attraverso algoritmi di crittografia e di consenso. Una metafora efficace spesso usata per comprenderne il fun-zionamento è quello di un treno con tanti vagoni nel quale vengono cari-cate merci di ogni tipo (le transazioni). Ogni vagone quando è pieno (ovvero quando il blocco è stato riempito di informazioni) viene sigillato con tutto

il suo contenuto. Le successive transazioni sa-ranno caricate nel blocco successivo.Dunque, a differenza dei sistemi ledger, le blockchain forniscono un elenco continuo di record dove i dati possono solo essere aggiunti. Una volta convalidati, non possono essere can-cellati o alterati. In sostanza, ogni blockchain è un ledger decentrato, ma non tutti i ledger de-centrati si possono considerare come blockchain.Per fare un ulteriore passo avanti, dobbiamo parlare di disintermediazione. Il sistema di blockchain può ridurre gli intermediari, elimi-nando il problema di fiducia verso l’ente pre-posto. Come è noto, grazie a questa tecnolo-gia sono nati sistemi di pagamento basati su valute digitali (ad esempio, i bitcoin) che per-mettono di effettuare transazioni digitalmente

Figura 2 – Modello Logico Distributed Ledger Technology (Dlt).

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inviolabili senza passare attraverso un ente terzo.

Applicazioni

Per monitorare le catene di approvvi-gionamento alimentare e migliorare la sicurezza e la trasparenza verso i con-sumatori, realtà globali come Nestlé, Carrefour, Univeler, Tyson si avvalgo-no della piattaforma Ibm Food Trust, basata a sua volta sulla tecnologia Blockchain Hyperledger, probabilmen-te l’attuale stato dell’arte. Anche Coop Italia ha utilizzato la stessa tecnologia applicandola alla tracciabilità delle proprie uova, che vede coinvolte 2 milioni di galline per oltre 200 milioni di uova prodotte all’anno. Da maggio 2019, scansionando il QR Code stampato sulla nuova confezione e digitando il codice specifi co del lotto, il consu-matore può scoprire la storia del prodotto, risalire all’allevamento, identifi cando il territorio da cui proviene l’uovo e perfi no l’incubatore in cui è nata la gallina.Le applicazioni ledger e blockchain si stanno svilup-pando anche in altre direzioni e su altre piattafor-me. Fenomeni come la contraffazione alimentare e l’“Italian sounding” hanno portato alla ribalta le soluzioni offerte da TrustedChain, il primo network blockchain privato dei Trust Service Providers eu-ropei, progettato dall’italiana Ifi n Sistemi.LorenzoVinci.it, negozio on line di prodotti eno-gastronomici, ha lanciato una piattaforma per tracciarli e certifi carli con la catena dei blocchi. Per ogni prodotto viene defi nito uno specifi co protocollo, che traccia da una parte il metodo produttivo e dall’altra le proprietà organolettiche del prodotto fi nale.La catena di supermercati Carrefour ha applica-to la tecnologia blockchain per il pollo biologico d’Alvernia. Anche in questo caso, attraverso l’uti-lizzo di un QR Code presente sulle confezioni dei prodotti, la catena di supermercati garantisce la possibilità di accedere ai dati di ciascun prodotto con il supporto di una interfaccia a disposizione del consumatore. Princes Industrie Alimentari (PIA), società italiana attiva

nella lavorazione del pomodoro, ha avviato un proget-to pilota sviluppato con Coldiretti, che garantisce la completa tracciabilità del pomodoro dalla raccolta alla lavorazione, fi no alla consegna del prodotto fi nito.Anche il Cioccolato di Modena Igp (vedi l’inter-vista a Nino Scivoletto, direttore del Consorzio di Tutela, pubblicata alle pagine 54-56) e l’Ace-to balsamico di Modena Igp sono sbarcati sulla blockchain per combattere la contraffazione. Lo hanno fatto affi dandosi alla app Trust Your Food, una sorta di passaporto digitale di verifi ca dei dati e della tracciabilità per i prodotti agroalimentari, realizzato in collaborazione con il Poligrafi co dello Stato, la Fondazione Qualivita e l’ente di certifi -cazione Csqa.

Per saperne di più

Sul tema si vedano anche gli articoli:

• “Tecnologie 4.0. Riconoscimenti e risvolti giuridici”, di Chiara Marinuzzi, pubblicato su “Alimenti&Bevande” n. 7/2019, alle pagine 66-68.

• “Blockchain. Come cambierà l’industria alimentare”, di Armando Martin, pubbli-cato su “Alimenti&Bevande” n. 7/2019, alle pagine 70-73.

• “Blockchain. Vantaggi e limiti della sua applicazione”, di Paola Cane, pubblicato su “Alimenti&Bevande” n. 3/2019, alle pagine 46-50.

Figura 3 – Interfaccia dell’app “Trust Your Food”.

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Il Cioccolato di Modica Igp è, dal 15 ottobre 2018, il primo cioccolato inserito nel registro europeo delle Dop e delle Igp. Ma conta anche

un altro primato: è stato il primo prodotto ad indicazione geografica protetta ad utilizzare un “passaporto digitale”, in grado di assicurarne la tracciabilità e contrastarne le frodi.Per saperne di più su questo strumento, abbia-mo intervistato Nino Scivoletto, direttore del Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica Igp.

• Direttore, in cosa consiste il “passaporto digitale”?

Si tratta di un sistema di tracciabilità dei pro-dotti agroalimentari certificati, sviluppato dal Poligrafico dello Stato, in collaborazione con Fondazione Qualivita e l’ente di certificazione

CSQA, per tutelare e valorizzare il settore delle Dop e Igp italiane, su adesione volontaria dei Consorzi e delle aziende del settore.

• Come entra in gioco la tecnologia blockchain?

Una blockchain è una piattaforma tecnologica, un registro pubblico, nel quale sono archiviate in

Intervista a Nino Scivoletto, direttore del Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica Igp

di Emanuela GiorgiCoordinatrice redazionale “Alimenti&Bevande”

Grazie a un sistema di tracciabilità basato sulla blockchain

Cioccolato di Modica Un passaporto digitalecontro le frodi

Nino Scivoletto, direttore del Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica Igp.

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modo sicuro delle informazioni criptate per rac-cogliere notizie e informazioni che non possono essere trasformate né modificate. La registrazione dei codici univoci in apposite banche dati gestite dal Poligrafico e l’integrazione con i dati certificati attraverso la tecnologia blockchain da CSQA, con il coinvolgimento di tutta la filiera, fornisce un sistema di informazione sicuro, completo, orga-nizzato e facilmente consultabile da produttori, consumatori e tutti gli utenti coinvolti.Una soluzione che prevede l’apposizione su ogni singola barretta di Cioccolato di Modica Igp di un marcatore fisico, un contrassegno realizzato con sofisticati elementi di sicurezza, che riporta un codice univocamente associato a ciascuna unità di prodotto.

• Quali sono i vantaggi legati all’utilizzo del “passaporto digitale”?

Il “passaporto digitale” consente l’accesso immediato alle informazioni sul Cioccolato di Modica Igp, garantito grazie al collegamento con l’app gratuita “Trust Your Food”, sviluppata dal Poligrafico per la verifica dei dati di traccia-bilità associati al contrassegno e lo scambio di

informazioni tra tutti gli attori di filiera.L’app è fornita in italiano e in inglese, è pub-blicata sugli Store Apple e Google e permette di interrogare il codice univoco stampato sul contrassegno, scansionando il data Matrix o digitando/dettando il seriale.L’app fornisce, quindi, l’accesso a quattro se-zioni, ciascuna dedicata ad una funzionalità specifica:

- Tracciabilità: permette di interrogare la banca dati del Poligrafico per verificare la corrispon-denza tra i codici mostrati dall’app e quelli stam-pati sul contrassegno apposto sulla barretta di Cioccolato di Modica Igp. In questa sezione sono disponibili, oltre ai dati di tracciabilità del prodotto, le informazioni relative a CSQA e la possibilità di contattarlo direttamente da parte del consumatore;- Prodotto: mostra i dati di prodotto (tra cui disciplinare di produzione, cartografie, infor-mazioni sul territorio) disponibili su Qualigeo, la prima banca dati europea realizzata dalla Fondazione Qualivita e dedicata ai prodotti Dop, Igp e Stg del settore Food, Wine e Spirits;- Produttore: è uno spazio dedicato alla comuni-cazione tra produttore e consumatore. L’utente,

Il Cioccolato di Modica Igp

La denominazione “Cioccolato di Modica” designa esclusivamente il prodotto ottenuto dalla lavorazione della pasta amara di cacao con zucchero.Al momento dell’immissione al consumo, il “Cioccolato di Modica” presenta una forma a parallelepipedo ret-tangolare con i lati rastremati a tronco di piramide ed un peso non superiore a 100 grammi. La pasta è di colore marrone, con evidente granulosità per la presenza di cristalli di zucchero all’interno del prodotto. Il gusto è dolce con note di amaro.Il “Cioccolato di Modica” è commercializzato in confe-zioni monoprodotto o pluriprodotto. Le operazioni di confezionamento devono avvenire entro un massimo di dodici ore dal raffreddamento, all’interno del laboratorio di produzione o dei locali ad esso annessi. Ciò con-sente di evitare possibili contaminazioni batteriche e l’assorbimento di odori estranei che comprometterebbero il profilo organolettico del prodotto. Garantisce, inoltre, che il cioccolato non assorba umidità dall’ambiente esterno, cosa che provocherebbe il rischio di formazione di muffe durante la conservazione, la perdita della caratteristica colorazione marrone della superficie esterna del prodotto.La zona di produzione è rappresentata dall’intero territorio amministrativo del comune di Modica, in provincia di Ragusa.

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infatti, può visualizzare la ragione sociale del produttore, contattarlo direttamente tramite un’apposita funzionalità e accedere ai siti web di riferimento;- Consorzio: analogamente alla sezione “Produttore”, sono mostrati i dati informativi del Consorzio di Tutela del prodotto certificato, la funzionalità di contatto diretto e il collega-mento ai siti web.

• Da quando il “passaporto digitale” è pre-sente sulle barrette in vendita?

Le aziende del Consorzio hanno iniziato ad ap-porre i contrassegni dallo scorso mese di ottobre e al 31 dicembre 2019 sono stati immessi in com-mercio oltre tre milioni di barrette di Cioccolato di Modica Igp con il contrassegno del Poligrafico dello Stato.

Al 31 dicembre 2019 sono stati immessiin commercio oltre tre milioni di barrette di Cioccolato di Modica Igp con il contrassegno del Poligrafico dello Stato

I consumatori, oltre ad avvalersi della app, po-tranno poi avanzare alla direzione del Consorzio qualunque richiesta di informazioni scrivendo a [email protected].

• Oltre al passaporto digitale, quali al-tre misure sono state messe a punto dal Consorzio per contrastare tentavi di frode alimentare?

Il Consorzio mantiene un costante rapporto di collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e con le autorità preposte in generale alla tutela delle denomi-nazioni protette Dop e Igp, segnatamente con l’Ispettorato centrale della Tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, con i Carabinieri della Tutela agroalimentare e del Nucleo Anti Sofisticazioni. Ovviamente, l’intento è quello di combattere la “frode alimentare”, che come è noto rac-chiude in sé diverse condotte illegali finalizzate ad un guadagno illecito, abbattendo i costi di produzione e peggiorando la qualità del pro-dotto alimentare venduto, peraltro senza alcun riguardo per la salute del consumatore.Altrettanto impegno, dunque, è posto contro:

- le sofisticazioni, laddove si ricorre spesso all’aggiunta di sostanze chimiche non consentite che mascherano colori o sapori del Cioccolato di Modica Igp;- le adulterazioni, nella misura in cui modificano anche la composizione originale del prodotto, rispetto a quella prevista dal disciplinare di produ-zione, determinando spesso variazioni consistenti delle sue caratteristiche organolettiche; il rigoroso

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programma di controllo mediante periodiche ana-lisi di laboratorio di campioni di tutte le aziende ammesse al sistema Igp consente di esclude la possibilità di adulterare il cioccolato mediante l’impiego di ingredienti, segnatamente la pasta amara di cacao, di minore qualità;- le contraffazioni, nella misura in cui viene immesso sul mercato cioccolato convenzio-nale, magari di buona qualità, ma composto con ingredienti diversi da quelli prescritti dal disciplinare di produzione o prodotto fuori dal territorio del Comune di Modica e proposto come Cioccolato di Modica Igp.

• Di recente, è stato eletto nuovo presi-dente del network europeo “The Chocolate Way”. Quali sono gli obiettivi che perse-guirà nel corso della sua presidenza?

Sono grato a tutti i soci dell’associazione euro-pea “The Chocolate Way”, per avermi affidato questo delicato incarico e presenterò il mio pro-gramma in occasione di Dolci Portici, l’evento che si terrà a Torino a fine mese.La riproposizione dell’itinerario culturale europeo, scopo principale dell’associazione, ci vedrà im-pegnati, sul piano europeo, in una trattativa con gli organi tecnici del Consiglio europeo e nella valorizzazione del marchio Tcw (The Chocolate Way) per favorire la conoscenza delle produzioni artigianali europee di cioccolato nel mondo; a livello nazionale, invece, lavoreremo per mettere a sistema le produzioni dolciarie italiane, crean-do delle opportunità di internazionalizzazione. Sosterremo, inoltre, tutte le iniziative di valoriz-zazione delle produzioni di cioccolato mediante la certificazione Igp, a cominciare dal progetto “Gianduiotto di Torino Igp”.

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INSERTO

• Tracciabilità genetica, dalla "vecchia" PCRalle tecnologie NGS

• labNews

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Il controllo della qualità e della sicurezza alimentare e la determinazione dell’autenticità di un prodotto stanno trovando, ormai da tempo, un valido strumento nella tracciabilità genetica. Per avere un quadro più completo sull’argomento, “lab” ha intervistato Matteo Busconi, Professore associato presso la Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, del Dipartimento di Scienze delle Produzioni vegetali sostenibili, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

a cura di Giovanni AbramoBiologo

Tracciabilità genetica, dalla “vecchia” PCR alle tecnologie NGS

INSERTOAnno XXII - 2 - Marzo 2020

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TracciabilitàIntervista a | Matteo Busconi, Professore associato, Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali,DI.PRO.VE.S., Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza.

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INSERTO Anno XXI - 3 - Aprile 2019 INSERTO Anno XXII - 2 - Marzo 2020

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lab: Cosa si intende per tracciabilità alimentare e perché la necessità di tracciare un alimento?Matteo Busconi: Secondo la legislazione dell’Ue

(Reg. CE 178/2002), per “tracciabilità” si intende

la possibilità di rintracciare qualsiasi alimento,

mangime, animale per la produzione alimentare

o sostanza destinata ad essere utilizzata per il

consumo, come alimento o mangime, attraverso

tutte le fasi della produzione, trasformazione e

distribuzione. Nonostante l’unico termine avente

valenza legale è “rintracciabilità”, in Italia, sia a

livello divulgativo sia nella letteratura scientifica,

si è diffuso il termine “tracciabilità”. In base ad

alcune definizioni, la tracciabilità sarebbe una

raccolta di informazioni da “monte a valle” mentre

la rintracciabilità sarebbe da “valle a monte”. In

realtà, una suddivisione di questo tipo è scarsamente

supportabile, in quanto tracciare/rintracciare è una

raccolta di informazioni utili per muoversi nella

filiera, ma non in una sola direzione.

L’industria alimentare odierna è una realtà globale

che coinvolge attori sparsi in tutto il mondo. In

questo contesto, anche in conseguenza di crisi

alimentari passate che hanno generato grande

timore presso il pubblico (BSE, contaminazioni di

alimenti con diossina, presenza di batteri patogeni),

i consumatori chiedono sempre più trasparenza e

informazioni sulla reale composizione e sicurezza

degli alimenti. Tuttavia, garantire la tracciabilità

lungo l’intera catena, dalla produzione primaria al

prodotto finale, è una sfida particolarmente impe-

gnativa; infatti, il numero di intermediari e di sedi

geografiche coinvolte nei processi di produzione

crea una rete che richiede i più avanzati sistemi di

tracciabilità, ma anche dal punto di vista analitico

la tracciabilità degli alimenti rimane un argomento

impegnativo.

Nell’ambito della tracciabilità degli alimenti, escluso

l’annoso problema legato alla presenza di materiale

derivante da OGM, i temi più caldi sono:

• l’autenticità alimentare per garantire la corretta

composizione di un prodotto in base alla descrizione

di quel prodotto e a ciò che ci si aspetta che vi sia

incluso, sia in termini di specie (la curcuma può

essere utilizzata per adulterare partite di zafferano)

sia, nell’ambito della specie, in termini di varietà (in

molti casi, in ambito vegetale e animale, il prezzo di

mercato di un prodotto fresco o trasformato è lar-

gamente dipendente dalla varietà/razza utilizzata);

• la sicurezza alimentare per prevenire la possibile

diffusione di intossicazioni causate, tra l’altro, dalla

possibile presenza di microorganismi patogeni (bat-

teri, virus o parassiti, che possono contaminare le

matrici alimentari).

lab: Tra tutti gli strumenti a disposizione per tracciare il percorso di un alimento, la sua storia e le eventuali adulterazioni, parliamo di analisi del DNA. Ritiene che si tratti di un metodo affidabile e in ogni caso riproducibile? Ad esempio, nel caso dell’olio...MB: Riguardo questa domanda non esiste una

risposta univoca, in quanto la riproducibilità e

affidabilità delle analisi del DNA nel settore sono

fortemente inf luenzate dalla matrice alimentare di

partenza e dal risultato finale che si vuole ottenere.

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Tecnologie

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In linea di principio, il DNA può essere ritrovato in

qualsiasi matrice alimentare. Per questo motivo, la

sua analisi è considerata una preziosa fonte di infor-

mazione e molte tecniche sono oggi disponibili per

analizzare il DNA basate sull’utilizzo di marcatori

molecolari.

I metodi basati sul DNA sono però limitati dalla

necessità di ottenere frammenti di DNA con l’in-

tegrità necessaria per eseguire le analisi. In alcuni

prodotti, in particolare quelli altamente processati,

il DNA degli ingredienti può essere estremamente

frammentato, presente in concentrazioni molto basse

o addirittura assente. Quando il DNA è altamente

frammentato, è essenziale garantire che il metodo

basato sul DNA utilizzato permetta l’individuazione

di frammenti di DNA piccoli come 100 coppie di

base, o anche inferiori. Inoltre, in molte matrici,

soprattutto di origine vegetale, assieme al DNA

possono essere co-estratte molecole inibitorie (po-

lifenoli, alcaloidi, tannini, polisaccaridi), per cui

l’amplificazione del DNA può fallire o essere poco

riproducibile. Da qui si può capire come, una delle

fasi più critiche dell’intero processo sia rappresentata

dall’estrazione del DNA.

Una volta che il DNA è stato estratto, le analisi ef-

fettuabili dipendono da quello che si vuole ottenere,

tra cui: l’identificazione della specie o, nell’ambito

della specie, l’identificazione della varietà/razza.

Per identificare la specie, l’uso più noto delle analisi

del DNA per l’autenticità degli alimenti è la stra-

tegia basata sul DNA barcoding, già in uso presso

molti enti normativi del settore negli Stati Uniti e

in Europa. Questa strategia si basa sull’utilizzo di

marcatori del DNA nucleare od organellare (cloro-

plasti o mitocondri), a livello dei quali sono presenti

differenze nella sequenza degli acidi nucleici utili per

identificare la specie: il metodo è stato utilizzato, ad

esempio, per i prodotti a base di pesce, consentendo

l’identificazione delle specie ittiche. L’identificazione

di una specie può avvenire anche mediante l’utilizzo

di marcatori specifici per quella determinata specie.

Per identificare le varietà, sono utili invece altri

marcatori molecolari, come i microsatelliti (Simple Sequence Repeat, SSR) o i polimorfismi di singolo

nucleotide (Single Nucleotide Polymorphism, SNP), che

permettono di ottenere il profilo genetico tipico

della varietà.

L’olio di oliva extravergine è una delle matrici

alimentari più adulterate al mondo, sia mediante

l’aggiunta di oli prodotti da altre specie sia median-

te l’aggiunta di varietà differenti da quelle attese

sulla base dei disciplinari di produzione. L’olio di

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Tecnologie

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INSERTO Anno XXII - 2 - Marzo 2020

oliva è anche una delle matrici più complesse (a

causa della sua composizione e del procedimento

utilizzato per la sua produzione) da cui partire per

isolare il DNA, che è solitamente poco concentrato

e altamente degradato. Numerosi articoli scientifici

hanno affrontato il tema della tracciabilità delle

produzioni di olio giungendo alla conclusione che:

• l’identificazione di specie differenti dall’olivo è

facilmente ottenibile;

• l’identificazione varietale è più complessa, soprat-

tutto in relazione al fatto che molti oli non sono

monovarietali, ma polivarietali.

È comunque importante sottolineare che il DNA per-

mette di riconoscere la specie o la varietà. Differente

è il discorso relativo all’origine geografica; così, ad

esempio, una certa varietà sarà sempre riconosciu-

ta come tale, indipendentemente dal fatto che sia

coltivata in Italia o in Spagna, con lo stesso nome o

con nomi differenti.

lab: Tutto si basa su una banca dati di marcatori molecolari. Questa banca dati è qualcosa di condiviso o rimane all’interno del laboratorio che la mette a punto?MB: La disponibilità di database liberamente

accessibili è di fondamentale importanza nelle

analisi molecolari. Infatti, una sequenza di DNA o

un profilo genetico, se non vengono confrontati con

le informazioni già disponibili, e spesso depositate

in database di libero accesso, non permettono di

sfruttare appieno tutto il potenziale del DNA in

termini di riconoscimento.

Esistono database molto grandi, in cui sono de-

positate moltissime sequenze di DNA e che sono

estremamente utili per l’identificazione delle spe-

cie. In questo caso, la sequenza di DNA, ottenuta

mediante DNA barcoding, può essere analizzata

confrontandola con quanto disponibile presso i

database permettendo così, nella maggior parte dei

casi, l’identificazione della specie.

Esistono poi database specifici per particolari specie

(come nel caso della vite o dell’olivo), in cui sono

depositati i profili genetici, spesso ottenuti con set

predefiniti e validati di marcatori molecolari SSR

(ancora oggi considerati tra i marcatori d’elezione

ai fini della tracciabilità varietale), delle singole

varietà, come nel caso della vite o dell’olivo. Sebbene

la tracciabilità genetica mediante microsatelliti sia

una tecnica potente e comprovata, l’identificazione

di una varietà sconosciuta non è possibile senza un

database di riferimento. Solo in questo caso, infatti,

il profilo genetico ottenuto può essere confrontato

con quelli già disponibili, permettendo l’identifi-

cazione della varietà.

È inoltre fondamentale che questi database siano

continuamente arricchiti mediante l’inserimento di

nuovi profili genetici di differenti varietà o nuove

informazioni di sequenza relative alle differenti

specie.

lab: A che punto sono le metodiche e l’affida-bilità delle stesse?MB: Al giorno d’oggi esistono numerose metodologie

utilizzabili per analizzare i DNA, sia in termini

qualitativi (riconoscimento di specie e varietà) sia in

termini quantitativi (definire la quantità di un certo

DNA e, di conseguenza, di un certo ingrediente).

Le metodiche sono ormai ben standardizzate e al-

tamente affidabili. Molti Dipartimenti universitari

sono attrezzati per offrire conto terzi queste analisi,

sfruttando anche la preparazione e competenza del

personale operativo. Inoltre, esistono anche nume-

rosi laboratori privati che possono offrire questa

tipologia di servizio.

In aggiunta, nuove metodologie vengono conti-

nuamente messe a punto e integrate nel settore

della tracciabilità per migliorare e ottimizzare le

analisi del DNA, come ad esempio la digital PCR o

l’applicazione delle metodologie NGS (Next Generation Sequencing).

La digital PCR rappresenta la nuova frontiera nella

quantificazione degli acidi nucleici, in aggiunta

alla più nota real time PCR, o PCR quantitativa.

Rispetto a quest’ultima, la digital PCR permette

di ottenere più facilmente e in modo più preciso la

quantificazione del DNA in un campione, senza do-

vere ottenere un’estrapolazione del dato da una curva

di taratura, come nel caso della PCR quantitativa.

Uno dei più recenti metodi basati sul DNA, che

sono stati introdotti per l’analisi degli alimenti, è il

sequenziamento NGS. Il metodo NGS si basa sull’a-

nalisi del DNA attraverso il suo sequenziamento ed

è in grado di produrre milioni di sequenze di DNA

individuali, tutte raggruppate in un unico file. Con

l’NGS è possibile produrre sequenze diverse dai vari

DNA che compongono il prodotto alimentare. Ciò

significa che il metodo è appropriato per l’uso in

prodotti contenenti molti ingredienti, visivamente

non identificabili e miscelati. Fondamentalmente,

poiché ogni diverso ingrediente contiene una se-

quenza di DNA unica (la propria impronta digitale),

con l’NGS si sequenzierà virtualmente ciascuna

delle molecole di DNA presenti in un campione per

produrre singole sequenze di DNA per ciascuna.

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Tecnologie

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INSERTO Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Pertanto, a differenza del metodo di sequenziamento

classico, l’NGS sta diventando il metodo di scelta

per l’identificazione dei DNA di prodotti contenenti

più ingredienti.

lab: Infine, cosa vede all’orizzonte?MB: Per il futuro è sempre più probabile una

diffusione maggiore delle tecniche NGS al campo

della tracciabilità alimentare. Questo metodo sta

cambiando radicalmente l ’approccio analitico,

passando dal rilevamento di una o più specie alla

determinazione di tutte le specie in un campione e

ponendosi di fatto come il metodo di elezione per

la corretta identificazione delle specie in alimenti

complessi.

Utilizzando software appropriati, il campo di ap-

plicazione dell’NGS è di fatto senza limitazioni e

può essere utilizzato per qualsiasi tipo di matrice

alimentare, sia che contenga o meno sequenze di

DNA differenti. Ciò significa che è possibile rilevare

qualsiasi tipo di specie, in quanto il metodo analitico

non è più incentrato sul rilevamento di un numero

limitato di specie. Quando un campione viene ana-

lizzato la domanda non è più: “Le specie A, B o C sono presenti nel campione?”. Utilizzando l’NGS, la nuova

domanda è: “Quali specie sono presenti nel campione?”.

Poiché tutte le sequenze ottenute possono essere

confrontate con una specifica banca dati del DNA,

ogni corrispondenza tra le sequenze NGS ottenute

e la banca dati dà origine a un risultato di identifi-

cazione della specie, producendo un elenco di specie

invece di un risultato di presenza/assenza per le

specie mirate. Inoltre, utilizzando programmi appro-

priati, è possibile creare un rapporto di sequenze di

DNA ottenute per ogni specie. A causa della natura

untarget di questo metodo è possibile identificare

anche specie esotiche. Questo metodo può essere

applicato con successo anche all’identificazione

delle specie batteriche presenti in un campione,

facilitando così l’individuazione della presenza di

eventuali patogeni.

Dato il ruolo dell’NGS nella tracciabilità, il primo

workf low relativo all’utilizzo di questa metodica per

l ’identificazione delle specie in alimenti è stato

annunciato per il mercato nel novembre 2018.

Inoltre, il metodo NGS è stato di recente avviato alla

standardizzazione, in particolare a livello ISO, per

iniziare a definire i requisiti minimi relativi a tutte le

analisi pre- e post-bioinformatiche richieste durante

le analisi NGS, includendo, tra l’altro: la definizione

delle regioni di DNA da analizzare, le banche dati di

DNA da utilizzare per l’identificazione delle specie.

Insieme alle questioni di autenticità, le Autorità

di regolamentazione locali rispondono sempre di

più alla crescente preoccupazione per tutto ciò che

può avere un impatto sulla salute umana. Questo

aggiunge ulteriori livelli di regolamentazione ai

mercati alimentari.

Inoltre, i consumatori di oggi sono molto più pre-

occupati per gli ingredienti di un prodotto. Spesso

c’è la preoccupazione di stare pagando per qualcosa

di diverso da quanto etichettato e per cui hanno

pagato. Ulteriori preoccupazioni dei consumatori

riguardano, tra l’altro, gli allergeni, le intolleranze

alimentari, la protezione delle specie e la sostenibilità

delle specie (tutte situazioni per cui una corretta

identificazione della specie o delle varietà può essere

fondamentale). Infine, il contenuto nutrizionale di

un prodotto dipende fortemente dagli ingredienti

utilizzati per la sua produzione e la sostituzione

totale o parziale di qualsiasi ingrediente specifico

può avere un impatto si di esso. Ognuna di queste

preoccupazioni può essere altamente dannosa per un

marchio alimentare, poiché i consumatori possono

perdere rapidamente la fiducia.

Uno dei maggiori vantaggi del metodo NGS è la

sua natura non mirata che consente la piena cono-

scenza del contenuto di DNA di un campione di

cibo. Inoltre, è possibile identificare praticamente

qualsiasi tipo di sequenza di DNA utilizzando gli

strumenti bioinformatici appropriati disponibili.

L’uso di NGS può avere un impatto enorme su tutte

le questioni relative all’integrità degli alimenti, tra

cui l’autenticità, la sicurezza e la tracciabilità.

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Tecnologie

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A cura di Gabriella CarcassolalabNews

INSERTOAnno XXII - 2 - Marzo 2020

◗ Fragole, PROFILAZIONE CHIMICAper studiare l’EFFETTOdelle condizioni di COLTIVAZIONEe delle CULTIVAR

La composizione degli alimenti, in termini di nutrienti, composti bioattivi e altri componenti, è strettamente regolata da molteplici fattori, come il

genotipo, l’origine geografica, i fattori ambientali e le condizioni agronomiche. Tali fattori possono quindi rappresentare potenziali elementi di tracciabilità e autenticazione.In un recente studio1, un team di ricercatori spagnoli ha eseguito una profilazione multi-target per caratterizzare la composizione chimica delle bacche di fragola di cinque cultivar (Aromas, Camarosa, Diamante, Medina e Ventana), coltivate in due sistemi idroponici (cicli chiuso e aperto), durante due campagne consecutive, caratterizzate da diverse condizioni climatiche. I ricercatori hanno analizzato molteplici componenti, strettamente correlate alle caratteristiche sensoriali e alle proprietà nutrizionali di tali “frutti”, tra cui zuccheri, acidi organici, composti fenolici ed elementi minerali essenziali e non essenziali. Sono stati poi utilizzati diversi approcci statistici per selezionare le caratteristiche chimiche identificative delle

diverse cultivar e delle differenti condizioni agronomiche. Antociani, acidi fenolici, saccarosio e acido malico sono risultati essere le variabili più discriminanti tra le cultivar, mentre le condizioni climatiche e il sistema di coltivazione si sono rilevate alla base dei cambiamenti nel contenuto di polifenoli. Questi risultati dimostrano quindi l’utilità di combinare approcci di profilazione chimica multi-target con strumenti chemiometrici avanzati per la ricerca sulla tracciabilità alimentare.

1. González-Domínguez R., Sayago A., Akhatou I., Fernández-Recamales Á. Multi-chemical profiling of strawberry as a traceability tool to investigate the effect of cultivar and cultivation conditions. Foods, 2020;9(1). doi: 10.3390/foods9010096.

◗ MACROALGHE per il consumo umano, FIRME LIPIDOMICHEper individuarne l’ORIGINE

L’aumentata pressione demografica e le risorse altrimenti limitate hanno motivato il mondo a guardare al mare per la ricerca di risposte e soluzioni sostenibili. Tant’è che la coltura di macroalghe destinate al consumo umano sta vivendo uno sviluppo senza precedenti anche in Europa, dove l’alga bruna Saccharina latissimaè la principale rappresentante. Ovviamente, a seconda delle regioni di coltivazione, le condizioni ambientali marine ne influenzano

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INSERTOAnno XXII - 2 - Marzo 2020

labNews

Tuttavia, le grandi quantità di metaboliti a basso peso molecolare presenti negli alimenti, come aminoacidi, acidi organici, vitamine, lipidi e tossine, rendono difficile analizzare la distribuzione spaziale di queste molecole. La Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization Mass Spectrometry (MALDI-MS) imaging è una tecnologia di ionizzazione che consente il rilevamento di piccoli metaboliti in sezioni di tessuto senza richiedere purificazione, estrazione, separazione o marcatura e la sua applicazione nell’analisi degli alimenti migliora la visualizzazione di questi composti, identificando così non solo il contenuto nutrizionale ma anche l’origine geografica dell’alimento. Un recente studio1 descrive tutte le possibili applicazioni della MALDI-MS imaging, dimostrandone i vantaggi e le prospettive rispetto agli approcci convenzionali. E si prevede che, in un prossimo futuro, i continui progressi e miglioramenti di questa tecnologia potranno offrire notevoli benefici a consumatori, ricercatori e produttori di alimenti in termini di tracciabilità, sicurezza alimentare e miglioramento della qualità dei prodotti.

1. Morisasa M., Sato T., Kimura K., Mori T., Goto-Inoue N. Application of matrix-assisted laser desorption/ionization mass spectrometry imaging for food analysis. Foods, 2019;8(12). doi: 10.3390/foods8120633.

la composizione biochimica. Uno studio1 ha confrontato le composizioni elementari, i profili degli acidi grassi e i lipidomi di S. latissimaproveniente da tre località europee (Francia, Norvegia, Regno Unito), trovando differenze significative. Più in particolare, i campioni norvegesi hanno evidenziato un contenuto lipidico pari al doppio di tutti gli altri e un contenuto proteico decisamente inferiore (2,6% vs 6,3% della Francia e 9,1% del Regno Unito). Anche i profili di acidi grassi sono risultati molto differenti, con i campioni del Regno Unito che hanno mostrato un contenuto inferiore di omega-3 (21,6%). Per quanto riguarda il profilo lipidomico, i campioni dalla Francia sono risultati arricchiti in lisolipidi, mentre quelli dalla Norvegia hanno mostrato una firma particolare data da fosfatidilglicerolo, fosfatidilinositolo e fosfatidilcolina. I campioni Regno Unito presentavano livelli più elevati di fosfatidiletanolamina e, in generale, un contenuto inferiore di galattolipidi. Queste differenze evidenziano l’influenza delle condizioni ambientali specifiche del sito nella “creazione” dei fenotipi biochimici delle macroalghe e del loro valore nutrizionale. E le differenze registrate nei lipidomi di S. latissima consentono di individuare specifiche specie lipidiche che potrebbero rappresentare biomarcatori di origine. Questa scoperta è rilevante per le future applicazioni nel campo della tracciabilità dell’origine geografica e nel controllo degli alimenti.

Foto: © Cwmhiraeth, Wikipedia1. Monteiro J.P., Rey F., Melo T., Moreira A.S.P., Arbona J.F.,

Skjermo J., Forbord S., Funderud J., Raposo D., Kerrison P.D. et al. The unique lipidomic signatures of Saccharina latissima can be used to pinpoint their geographic origin. Biomolecules, 2020;10(1). doi: 10.3390/biom10010107.

◗ MALDI-MS imagin gper la TRACCIABILITÀe la SICUREZZA degli alimenti

Gli ingredienti alimentari contengono un’ampia varietà di componenti nutrizionali, come carboidrati, proteine, peptidi, lipidi, minerali, vitamine, aminoacidi e acidi organici. E oltre a queste sostanze possono contenere anche contaminanti più o meno dannosi per la salute.

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DOSSIER N. 1Definizioni.Paese d’origine e luogo di provenienzaAutori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 2Origine territoriale.La speciale tutela italiana Autori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 3Ingrediente primario.La “supplenza” dei decreti italianiAutori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 4Sanzioni amministrative.Sull’Icqrf dubbi di costituzionalità Autori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 5Origine territoriale.Cosa prevedono le norme su Dop e IgpAutori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 6Origine territoriale delle Stg.La normativa UEAutori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 7Tutela del Made in Italy.Le sanzioniAutori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 8Origine. La tardiva soluzione dell’UEAutori: Carlo e Corinna Correra

DOSSIER N. 9Abusi sull’origine.La casistica della Corte di Giustizia Autori: Carlo e Corinna Correra

Abbonati PVI € 48,00Iscritti SIMeVeP e UNPISI € 64,00Non abbonati € 80,00

................................... www.pviformazione.it ................................

Percorso di formazione a distanza (Fad)abbinato ad ALIMENTI&BEVANDE

Crediti ECM: 10Crediti formativi per tecnologi alimentari: 7Validità: 1° marzo 2020 - 28 febbraio 2021

“Origine” degli alimenti, l’attuale quadro normativo UE e italiano

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Responsabile scientifico

Giuseppe De GiovanniGià dirigente del Ministero dello Sviluppo economico

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PERCORSO FAD

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

PERCORSO FAD

Modalità operativeChi sono i destinatari del corso Fad?Il corso, accreditato presso la Conferenza Nazionale per la Formazione Continua e presso il Consiglio dell’Ordine nazionale dei Tecnologi alimentari, è rivolto alla categoria dei Medici Veterinari, Medici Chirurghi (disciplina: Igiene), Tecnici della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, Assistenti Sanitari, Biologi, Chimici, Dietisti.

È importante essere abbonati ad “Alimenti&Bevande” per accedere al corso Fad?No, ma per gli abbonati ad “Alimenti&Bevande” sono previste condizioni riservate e particolarmente vantaggiose.

Come si svolge il corso?Il corso è composto da 9 dossier (materiale formativo) pubblicati in successione su “Alimenti&Bevande” a partire da gennaio/febbraio 2020 (Alimenti&Bevande n. 1) e fino a novembre/dicembre 2020 (Alimenti&Bevande n. 9).

Come si ottengono i crediti ECM e i creditiformativi (per i tecnologi alimentari)?Per ottenere i crediti ECM è necessario seguire questi semplici passaggi:

Registrazione/Login su www.pviformazione.itL’utente deve attivare un account all’indirizzohttp://fad.pviformazione.it/accedi. L’operazione è gratuita e senza obbligo di acquisto. Naturalmente chi avesse già un account su questa piattaforma NON deve crearne uno nuovo, ma può utilizzare quello esistente.

Acquisto del corsoGli abbonati ad “Alimenti&Bevande” possono acquistare dall’account personale il corso al prezzo riservato di € 48,00 (IVA inclusa).

Lettura dei DossierI dossier pubblicati in successione sui numeri di “Alimenti&Bevande” durante il 2020 rappresentano il materiale formativo e di studio.Si presentano come articoli scientifici, contraddistinti sulla pagina da uno specifico richiamo al corso Fad.

Sono consultabili anche in formato digitale sulla piattaforma www.pviformazione.it

Questionario di valutazione dell’apprendimentoI discenti dovranno superare tutti i questionari di valutazione dell’apprendimento riferiti alle nove uscite.

Attestato ECMSuperato il questionario di valutazionedell’apprendimento e compilato il questionario di valutazione della qualità percepita, è possibile dal proprio account effettuare il download dell’attestato con i crediti ECM e i crediti formativi (per i tecnologi alimentari).

Come è composto il questionario?Il questionario verte sui temi trattati dai singoli dossier pubblicati su “Alimenti&Bevande” ed è disponibile soltanto on line.Si compone di 9 test in successione, attivati in contemporanea con l’uscita del dossier a cui si riferiscono. L’ultimo test pubblicato sarà pertanto quello riferito al dossier di Alimenti&Bevande n. 9, novembre/dicembre 2020.Ogni test presenta una serie di domande a risposta quadrupla e scelta singola. Per superare il singolo test è necessario rispondere correttamente almeno all’80% delle domande.Per informazioni dettagliate sul funzionamento dei test, si rimanda alle modalità operative Fad sul sito www.pviformazione.it.Il questionario di valutazione dell’apprendimento si considera concluso una volta superati tutti e 9 i singoli test. Per accedere al download dell’attestato sarà sufficiente a questo punto compilare il form divalutazione della qualità percepita.

Quando termina il corso?La validità del corso abbinato ad “Alimenti&Bevande” termina il 28 febbraio 2021. Dopo la scadenza NON sarà più possibile ottenere i relativi crediti ECM.

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Alimenti biologici - DOSSIER N. 1

Ancor prima del legislatore comunitario con il regolamento (UE) 1169/2011, a dare pie-ne informazioni al consumatore circa il

“luogo di origine o di provenienza” di un alimento si era attivato – “abusivamente” – il legislatore italiano pochi mesi prima con la legge 4/2011, intitolata “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”.“Abusivamente” – dicevamo – in quanto, come è noto, la materia era ed è di competenza esclusiva del legislatore comunitario1, la cui inerzia, però, palesemente danneggiava un Paese membro come l’Italia che vantava e vanta un gran numero di prodotti agroalimentari “di qualità” e dei quali, pertanto, ha tutto l’interesse a evidenziare l’origine territoriale italiana.Peraltro, è il caso di ricordare, la legge in que-stione calava in un quadro normativo generale sull’informazione del consumatore alimentare ancora governata dal decreto legislativo 109/1992 (attuativo delle direttive comunitarie in materia) il quale a sua volta – nell’elenco delle indicazioni obbligatorie (articolo 3, punto m) – annoverava l’indicazione del “luogo di origine o di provenien-za”, ma soltanto per il «caso in cui l’omissione possa indurre in errore l’acquirente circa l’origi-ne o la provenienza del prodotto». Precisazione quest’ultima che – come già illustrato nel dossier n. 1, pubblicato sullo scorso numero alle pagine

“Origine” degli alimenti - DOSSIER N. 2

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Dopo i “viziati”decreti sull’origine, che dal 2011 in poi il Governo italiano ha emanato per disciplinare l’indicazione dell’origine in etichetta, di indicazione dell’origine “territoriale” è tornata a parlare la legge 12/2019. Dove, però, le categorie giuridiche “Paese di origine” e “luogo di provenienza” sembra siano usate come intercambiabili.Mentre il legislatore UEle tiene ben distinte

Origine territorialeLa specialetutela italianaDai decreti sull’origine alla legge di Semplificazione

di Carlo e Corinna Correra Avvocati ed Esperti di Legislazione degli Alimenti

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69-72 – è stata replicata nel vigente regolamento (UE) 1169/2011, in sede di articolo 26, paragrafo 2, lettera a). Inoltre, sempre “abusivamente” a nostro parere, nel disegno di legge 157/2004, convertito nella legge 204/2004, fu introdotto (articolo 1 bis) – così sovrapponendosi e in sostanza abrogando la sopra ricordata norma di cui all’articolo 3, punto m) del decreto legislativo 109/1992 – l’obbligo genera-le di riportare sempre in etichetta l’indicazione dell’“origine” dei prodotti alimentari.Ricordiamo, al riguardo, che nessuna definizione della categoria giuridica di “Paese di origine o di provenienza” veniva fornita nel decreto legislativo 109/1992 suddetto, ferma restando la possibilità di accedere a tali nozioni attingendo al codice doganale (all’epoca quello di cui al regolamento (CEE) 2913/1992).Tornando alla legge 4/2011, l’informazione in etichetta sul “luogo di origine o di provenienza” era prevista nei seguenti termini dal comma 2 dell’articolo 4:

«2. Per i prodotti alimentari non trasformati, l’in-dicazione del luogo di origine o di provenienza riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguar-da il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione

sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti».

A questo punto, è doveroso ricordare che con la legge 12/2019 (cosiddetta “di Semplificazione”), conversione del decreto legge 135/2018, il comma 2 suddetto è stato abrogato, riconoscendosi, da parte del legislatore italiano, definitivamente (ci si augura) la competenza esclusiva in materia da parte del legislatore comunitario.Sennonché, l’articolo 3 bis della legge 12/2019 in questione ha introdotto il comma 3 in sostituzione (abrogandolo) di quello già presente nell’articolo 4 della legge 4/2011 e tanto ha fatto avvalendosi dell’articolo 39, paragrafo 2, del regolamento (UE) 1169/2011, norma che ha aperto la strada ai legislatori dei Paesi membri per «introdurre disposizioni concernenti l’indicazione obbligatoria del Paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti (ma, n.d.r.) solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza».Ad ogni modo, queste disposizioni nazionali do-vranno percorrere – per la loro adozione ed entrata in vigore – la via della “procedura di notifica” di cui all’articolo 45 dello stesso regolamento (UE) 1169/2011 e – continua il paragrafo 2 dell’articolo

FORMAZIONE A DISTANZA

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39 succitato – «al momento di notificare tali dispo-sizioni alla Commissione gli Stati membri fornisco-no elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni».Sennonché, i decreti che dal 2011 in poi il Governo italiano ha emanato per disciplinare l’indicazione dell’origine in etichetta sono stati carenti ovvero “viziati” proprio per il mancato rispetto di tale procedura di notifica.

I decreti che dal 2011in poi il Governo italianoha emanato per disciplinare l’indicazione dell’origine in etichetta sono stati tutti “viziati”, tranne uno, per la mancata notificaalla Commissione UE

Unica eccezione al riguardo è stata quella relativa al decreto 9 dicembre 2016 “Indicazione dell’origi-ne in etichetta della materia prima per il latte e per i prodotti lattieri caseari” – che venne ritualmente notificato alla Commissione europea.Ritornando però al paragrafo 2 (articolo 39) su-indicato va sottolineato che il presupposto “ter-ritoriale” ivi espressamente richiamato – «solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza» – induce inevitabilmente alla riflessione per cui la prova di un siffatto «nesso tra qualità e territorio» verosimilmente dovrebbe indurre il singolo Paese membro ad avviare piuttosto una procedura di “riconoscimento” della denominazione Dop o quantomeno Igp per l’alimento interessato.Comunque, queste disposizioni nazionali dovranno seguire – per la loro adozione ed entrata in vigore – la “procedura di notifica” prevista dall’articolo 45 dello stesso regolamento (UE) 1169/2011 e – continua il paragrafo 2 dell’articolo 39 succi-tato – «al momento di notificare tali disposizioni alla Commissione, gli Stati membri forniscono

elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni».E di questi errori pare che abbia tenuto conto l’attuale legislatore.

La “semplificazione” della legge 12/2019

Invero, con la legge 12/2019 si è intervenuti pro-prio sull’articolo 4 della legge 4/2011, abrogando i commi 1 e 2 e sostituendo il comma 3 con i seguenti commi:

• comma 3: si prevedono decreti interministeriali per definire «per le finalità di cui alle lettere b), c), e d) del paragrafo 1 dell’articolo 39 del medesimo regolamento i casi in cui l’indicazione del luogo di provenienza è obbligatoria» e si precisa espres-samente che questi decreti verranno sottoposti alla “procedura di notifica” alla Commissione UE, secondo quanto previsto dall’articolo 45 del regolamento (UE) 1169/2011.

Ancora una volta, dunque, l’operatività dei nuovi obblighi di indicazione dell’“origine” in etichetta è stata rinviata a futuri atti amministrativi – i decreti interministeriali – e quindi con il concreto rischio di un “sorpasso” da parte del legislatore comunitario e della Commissione UE.

Nel frattempo, suscita perplessità il fatto che la suddetta norma richiami solo il “luogo di prove-nienza” e non anche il “Paese di origine”: due nozioni queste – provenienza e origine – che, come abbiamo già visto nel dossier n. 1, non sono affatto equivalenti, quantomeno in materia di disciplina dell’etichettatura alimentare.

Lo afferma, infatti, testualmente lo stesso re-golamento (UE )1169/2011 laddove – in sede di articolo 2, intitolato “Definizioni” – fornisce (paragrafo 2, lettera g) la seguente nozione del “luogo di provenienza”: «qualunque luogo indi-cato come quello da cui proviene l’alimento, ma che non è il “Paese d’origine” come individuato ai sensi degli articoli da 23 a 26 del regolamento (CEE) 2913/1992: il nome, la ragione sociale o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposto sull’etichetta non costituisce un’indi-cazione del Paese di origine o del luogo di pro-

“Origine” degli alimenti - DOSSIER N. 2

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FORMAZIONE A DISTANZA

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venienza del prodotto alimentare ai sensi del presente regolamento».

Dunque, per il “Paese d’origine” occorre rifarsi al codice doganale (all’epoca, il regolamento (CEE) 2913/1992, oggi il regolamento (UE) 952/2013).

Va, inoltre, osservato che l’articolo 39 prende in considerazione la provenienza (e pure l’origine) solo dell’alimento ovvero del prodotto alimentare finito e non anche quella del suo ingrediente pri-mario: per quest’ultimo, dunque, resta invariata la situazione normativa sopra illustrata ovvero il regime giuridico previsto dall’articolo 26, para-grafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 e dal suo regolamento di esecuzione (UE) 2018/775, la cui applicazione, peraltro, decorre solo dal 1° aprile 2020;

• comma 3 bis: qui si precisa ulteriormente che «con il decreto di cui al comma 3 sono individuate le categorie specifiche di alimenti per le quali è stabilito l’obbligo dell’indicazione del luogo di provenienza».

Ancora una volta, dunque, il riferimento è solo al luogo di provenienza e non anche al Paese d’origine.

Lo stesso comma 3 bis precisa che il futuro decre-to interministeriale (di cui al precedente comma 3) dovrà essere fondato «su appositi studi diretti a individuare la presenza di un nesso comprova-to tra talune qualità degli alimenti e la relativa provenienza nonché a valutare in quale misura sia percepita come significativa l’indicazione re-lativa al luogo di provenienza e quando la sua omissione sia riconosciuta ingannevole».

Orbene, siamo al cospetto di una norma che suscita più di una perplessità ovvero:

- in primo luogo, si è al cospetto di una formula-zione verbosa e ridondante che mal o per nulla si concilia con lo stile (auspicabilmente asciutto e chiaro) proprio della “norma giuridica” quanto piuttosto con quello di una “relazione” che sem-mai accompagna e spiega (al Parlamento prima e ai cittadini poi) le motivazioni e le finalità di un testo normativo;

- in secondo luogo, il ricorso a nozioni decisa-mente vaghe e soggettive (quali la percezione e l’ingannevolezza) fa vacillare uno dei capisaldi del nostro ordinamento giuridico, vale a dire quel-lo della cosiddetta “tipicità” dell’illecito ovvero quello della necessità di contorni netti e precisi

per i comportamenti che si vogliono vietare e sanzionare;

- infine, il collegamento tra luogo di provenienza e qualità degli alimenti ci riconduce inevitabil-mente alle categorie giuridiche degli alimenti Dop e Igp, anche se resta incomprensibile – a questo punto – il mancato richiamo nel testo alla nozione di “Paese di origine”, pur avendo quest’ultimo sicuramente maggior incidenza sul-la qualità dell’alimento che non il suo luogo di provenienza;

• comma 3 ter: ritorna in questo comma il richiamo alla nozione di “Paese di origine “, ma – ad onor del vero – in un contesto la cui complessità si presenta quanto mai lontana da quell’obbiettivo della “semplificazione” che avrebbe dovuto im-prontare l’intero articolato della legge 12/2019. La norma, infatti, così recita:

«3 ter. L’indicazione del luogo di provenienza è sempre obbligatoria, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) 1169/2011, quando sussistano le condizioni di cui all’articolo 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775. La difformità fra il Paese di origine o il luogo di provenienza reale dell’alimento e quello evocato dall’apposizione di informazioni di cui al predetto articolo 1 del regolamento (UE) 2018/775, anche qualora risultino ottemperate le disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011, si configura quale violazione di cui all’articolo 7 del medesimo rego-lamento (UE) 1169/2011, in materia di pratiche leali d’informazione».

Un testo, questo, decisamente faticoso e farra-ginoso per ricondurre alla violazione dei doveri di “leale informazione”, di cui all’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/2011, i casi in cui in e-tichetta sia “evocato” un territorio di origine o provenienza dell’alimento difforme da quello reale.

E a questo punto si ha il forte dubbio che le due categorie giuridiche – “Paese di origine” e “luo-go di provenienza” – nella normativa in esame (articolo 3 della legge 12/2019) siano state usa-te come intercambiabili laddove, come abbiamo sopra ricordato, sono invece tenute ben distinte dal legislatore UE (articolo 2 del regolamento (UE) 1169/2011).

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a cura di Dario DongoAvvocato e PhD in Diritto alimentare

Le novità in materia di igiene, sicurezza e controlli alimentari che giungono da Parlamento europeo,Commissione europea e Consiglio UE.

Olio d’oliva UE, studio della Commissione UE sull’attuazionedei controlli di conformità  

La Direzione generale Agricoltura e Sviluppo rurale della Commissione europea ha pubbli-

cato uno studio sull’attuazione dei controlli di conformità nel settore dell’olio d’oliva nell’UE.L’olio d’oliva è considerato un prodotto alimentare ad alto rischio di non conformità e frode, a causa del suo alto valore economico rispetto ad altri prodotti alimentari.I controlli di conformità effettuati dalle autorità nazionali competenti mirano infatti a garantire il rispetto delle norme di commercializzazione per gli oli d’oliva sul mercato dell’UE.Lo studio pubblicato dalla Commissione ha va-lutato le modalità di attuazione dei controlli di conformità nel settore dell’olio d’oliva a livello degli Stati membri in tutta l’UE, per identificarne problemi e strozzature e proporre soluzioni per migliorarne l’efficacia e l’efficienza.Nello studio viene spiegato come gli Stati membri ritengano generalmente che il sistema di control-lo della conformità dell’UE per gli oli d’oliva sia idoneo allo scopo. Nondimeno, la Commissione ha identificato alcune sfide e difficoltà nell’attua-zione dei controlli di conformità da parte degli Stati membri.Le principali problematiche derivano per lo più da specificità nazionali (ad esempio, più autorità competenti coinvolte nel sistema, finanziamenti insufficienti, mancanza di personale qualifica-to) o preoccupazione per i tempi complessivi per

l’esecuzione dei controlli e, in particolare, la va-lutazione organolettica degli oli d’oliva attraverso giurie di degustazione.Le soluzioni proposte nello studio mirano a: • migliorare la formazione del personale, le

prestazioni della valutazione organolettica e l’etichettatura degli oli d’oliva;

• garantire la tracciabilità nel settore dell’olio d’oliva.

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  UE-Vietnam, il Parlamento UE approva l’accordo di libero scambio  

Nel corso della seduta plenaria del 12 febbra-io scorso, il Parlamento europeo – con 401

voti favorevoli, 192 voti contrari e 40 astensio-ni – ha dato il proprio consenso all’accordo di libero scambio tra l’UE e il Vietnam.L’accordo eliminerà praticamente tutti i dazi doganali tra le parti nei prossimi dieci anni, anche sui principali prodotti europei di espor-tazione verso il Vietnam: macchinari, automo-bili e prodotti chimici. L’accordo si estende a

PFAS, al via la consultazione pubblica sul parere dell’Efsa

L’Efsa ha indetto una consultazione pubblica sul proprio parere sulle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS).È possibile inviare commenti fino al 20 aprile1.I PFAS sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali, tra cui l’acido perfluoroottanoico (PFOA), il perfluoroottano sulfonato (PFOS), l’acido perfluorononanoico (PFNA) e l’acido perfluoroesano sulfonico (PFHxS). Vengono prodotti e utilizzati sin dagli anni ‘40 in tutto il mondo in diversi tipi di applicazioni industriali; alcuni, come PFOA e PFOS, PFNA e PFHxS, non si scompongono nell’ambiente né nell’organismo umano e possono accumularsi nel tempo. L’esposizione ai PFAS può dunque causare effetti nocivi sulla salute. Le persone possono venire esposte ai PFAS in diversi mo-di e uno di questi sono gli alimenti, che possono essere contaminati:

• da terreno e acqua inquinati utilizzati per coltivarli; • dai PFAS concentratisi nell’organismo di animali tramite

mangimi e acqua; • da imballaggi alimentari contenenti PFAS; • da attrezzature contenenti PFAS durante le lavorazioni

alimentari.

Sul sito dell’Efsa è stata pubblicata un’intervista a Tanja Schwerdtle, presidente del gruppo di lavoro che ha coa-diuvato il gruppo di esperti scientifici dell’Efsa sui Contami-nanti nella catena alimentare (Contam) a redigere il parere.Riportiamo, di seguito, il testo dell’intervista.

• Potrebbe descrivere brevemente il lavoro svolto? Quali sono i punti principali?

Abbiamo proposto una dose settimanale tollerabile

di gruppo (Dst) per quattro PFAS principali che si accumulano nell’organismo, individuato i gruppi di popolazione più esposti e l’effetto critico collegato all’esposizione ai PFAS negli animali e nell’uomo. Abbiamo poi individuato gli alimenti che contribui-scono maggiormente all’esposizione a questi quattro PFAS, ovvero: acqua potabile, pesce, frutta, uova e prodotti a base di uova.

• Perché gli esperti hanno creato una Dst di gruppo piuttosto che Dst singole?

Nel nostro precedente parere, quello del 2018, ab-biamo fissato due Dst, una per il PFOS e una per il PFOA. In questo nuovo parere, ancora in bozza, abbiamo valutato nuovamente queste due Dst te-nendo conto delle nuove conoscenze scientifiche che nel frattempo sono emerse, anche quelle sui PFAS diversi da quelli valutati nel 2018. Per fare ciò ci siamo avvalsi delle Linee guida “MixTox”2 dell’Ef-sa, pubblicate l’anno scorso, che ci hanno messo a disposizione metodologie e strumenti per valutare l’esposizione congiunta a più sostanze chimiche compresenti. Di conseguenza, abbiamo impostato una singola Dst di gruppo di 8 ng/kg di peso corpo-reo alla settimana per PFOA, PFNA, PFHxS e PFOS, sulla base degli effetti osservati nell’uomo.

• Per quale motivo gli esperti hanno cambiato l’effetto critico dall’influsso sul colesterolo alla diminuzione della risposta del sistema immu-nitario alle vaccinazioni?

Nel suo parere del 2018 l’Efsa ha considerato l’au-

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servizi come le banche, il trasporto marittimo e le poste, per i quali le aziende dell’UE avranno un migliore accesso. Le imprese UE potranno anche partecipare a gare d’appalto pubbliche del governo vietnamita e di diverse città, tra cui Hanoi.Tra gli elementi principali dell’accordo commer-ciale troviamo interventi in merito a: • la soppressione dei dazi doganali: il 65%

delle esportazioni dell’UE verso il Vietnam sarà immediatamente esente da dazi doga-nali, mentre il resto – compresi motocicli, automobili, prodotti farmaceutici, prodotti chimici, vini, pollo e carne di maiale – sarà gradualmente liberalizzato in un periodo di

dieci anni. Il 71% delle esportazioni vietna-mite verso l’UE sarà esente da dazi già dal primo giorno, mentre il resto lo diventerà nel giro di sette anni. Le esportazioni vietnamite esenti da dazi di prodotti agricoli sensibili, come riso, aglio o uova, saranno in ogni caso limitate;

• le indicazioni geografiche: 169 prodotti em-blematici dell’UE come il Parmigiano Reggia-no, lo Champagne o il vino Rioja godranno di protezione in Vietnam, così come 39 pro-dotti vietnamiti saranno protetti nell’UE;

Una volta che il Consiglio avrà formalmente concluso l’accordo commerciale e le parti si saranno notificate reciprocamente la chiusura

1 Per partecipare www.efsa.europa.eu/en/consultations/call/public-consultation-draft-scientific-opinion-risks-human-health2 Consulta le Linee guida all’indirizzo web www.efsa.europa.eu/it/press/news/190325

mento del colesterolo come l’effetto critico per gli adulti a causa del suo nesso con le malattie car-diovascolari, comune problema di salute pubblica.Nel frattempo, sono emersi nuovi dati sugli effet-ti dei PFAS negli animali e nell’uomo e sono stati pubblicati nuovi studi scientifici che mettono in discussione il legame diretto tra esposizione ai PFAS e aumento dei livelli di colesterolo. Ciò non vale per gli effetti sulla diminuzione della risposta del sistema immunitario alle vaccinazioni, individuata come effetto pertinente anche nella valutazione precedente. La nuova Dst proposta è anche protettiva nei con-fronti di altri eventuali effetti sulla salute, come l’aumento di colesterolo nel sangue.

• Quali sono i gruppi più esposti? Questa Dst è protettiva anche per i neonati?

Secondo la valutazione dell’esposizione dell’Efsa, i neonati, i bambini piccoli e gli altri bambini so-no i più esposti. La gravidanza e l’allattamento al seno sono i principali fattori che contribuiscono all’esposizione dei neonati. La nuova Dst è stata impostata in modo tale da proteggere i neonati da un’esposizione elevata.

• Quali sono le attuali lacune conoscitive e su quali aspetti vi augurate di ricevere maggiori riscontri durante la consultazione pubblica?

Siamo interessati a ricevere riscontri su tutti gli aspetti del nostro parere scientifico. In particolare, sarebbe utile ricevere, per un’ampia serie di gruppi di alimenti, un maggior numero di dati sulla presen-za delle sostanze in questione ottenuti con metodi analitici più sensibili, che permettano di rilevare i PFAS a bassi tenori. Sarebbe auspicabile ricevere anche maggiori informazioni sulla potenza relativa dei 4 PFAS che abbiamo valutato, ma anche di altri rinvenuti negli alimenti.

(Fonte: Efsa)

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delle loro procedure, il testo potrà entrare in vigore.Il Vietnam è il secondo partner commerciale dell’UE nell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean) dopo Singapore, con scambi di merci per 47,6 miliardi di euro all’anno e 3,6 miliardi di euro in servizi.Le esportazioni dell’UE verso il Paese crescono del 5-7% all’anno, eppure il deficit commerciale dell’UE con il Vietnam è stato di 27 miliardi di euro nel 2018.Le principali importazioni dell’UE dal Vietnam comprendono apparecchiature per le telecomu-nicazioni, abbigliamento e prodotti alimentari. In Vietnam, l’UE esporta principalmente beni quali macchinari e attrezzature di trasporto, prodotti chimici e prodotti agricoli.

Caso Airbus-Boeing, l’Italiasalva dalla revisione dei dazi Usa

L’Italia esce indenne dalla revisione della lista dei prodotti soggetti a dazi che gli Usa avevano stabilito a ottobre 2018, a seguito della pronun-cia dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Omc) sul caso Airbus. Si è così scongiurato il rischio di ulteriore aggravio dei dazi supple-mentari (+25%) imposti sulle importazioni in Usa di una serie di prodotti europei, tra i quali il Parmigiano Reggiano Dop.La revisione della lista dei prodotti soggetti a dazi supplementari è stata infatti lieve, con la rimozione del succo di prugna e l’aggiunta dei coltelli da cucina importati da Francia e

Pesticidi, Corte dei Conti UE: l’azione dell’Unione europea ha portato a progressi modesti Secondo una nuova relazione1 della Corte dei Conti europea, i progressi nella misurazione e nella riduzione dei rischi derivanti dall’uso dei pesticidi nell’UE sono stati limitati. Vari Stati membri hanno recepito in ri-tardo l’insieme delle disposizioni della direttiva 2009/128/UE sull’uso sosteni-bile dei pesticidi, mentre gli agricoltori sono ancora poco incentivati ad adot-tare metodi alternativi. In aggiunta, la Commissione europea non ha la possibilità, secondo la Corte, di monitorare con precisione gli effetti o i rischi dovuti all’uso di pesticidi e non ha debitamente verificato la completez-za o l’esattezza del recepimento della direttiva. La Corte riconosce, però, che, a partire dal 2016, la Commissione ha intensificato gli interventi per far rispet-tare la sua attuazione: in linea con la direttiva 2009/128/UE, la difesa integrata è divenuta obbligatoria per gli agricoltori. Essa consiste nel ricorrere ai pesticidi solo se la prevenzione e altri metodi falliscono o non sono efficaci. Non sono però stabiliti criteri chiari o requisiti specifici che aiutino a rendere esecutivo questo obbligo e a verificarne il rispetto. Parallelamente, è stata creata una categoria di “prodotti fitosanitari a basso rischio”. A oggi, tuttavia, sono disponibili all’impiego solo 16 sostanze di questo tipo su 487 (3%) e, secondo la Corte, non sono sufficienti.

(Fonte: Corte dei Conti UE)

1 Vedi www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR20_05/SR_Pesticides_IT.pdf

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Germania, per citare un paio di esempi, nel settore alimentare e dintorni. Washington ha invece deciso soltanto di inasprire i dazi, dal 10 al 15%, sui velivoli Airbus importati dall’Europa a partire dal 18 marzo di quest’anno. L’Ufficio per il Commercio Usa (Ustr) riserva a sé, in ogni caso, la facoltà di cambiare le merci colpite dalle tariffe, secondo il meccanismo “Carousel”.Washington si dichiara comunque disponibile a raggiungere un accordo negoziato sulla disputa relativa ai sussidi ai colossi dell’industria aerea. Ad aprile è infatti attesa un’analoga sentenza dell’Omc sui sussidi pubblici Usa all’americana Boeing, che consentirà all’Unione europea di applicare misure analoghe, se pure per un va-lore inferiore, ai prodotti importati in UE dagli Stati Uniti.Il contenzioso tra Usa e UE presso l’Omc è

Antimicrobico resistenza, “notevoli” i progressidel Piano d’Azione europeo Sono “notevoli” i progressi compiuti dall’Unione europea nell’ultimo anno, ma altrettanti gli impegni da affrontare a partire da quello in corso. Il nuovo report1 della Commissione sulla lotta all’Anti Micro-bial Resistance (Amr) mette in luce l’avanzamento del Piano di Azione 2017-20222 e, in particolare, i risultati conseguiti nel 2019.Il “substantial” avanzamento, spiega la Direzione generale per la Salute e Sicurezza alimentare della Commissione europea, riguarda le attività di supporto agli Stati membri svolte dal Network One Health Amr e Health Security Committee per rafforzare la cooperazione e il coordinamento, attraverso visite di supporto all’attuazione dei piani One Health nazionali.Altre “pietre miliari” includono la pubblicazione di due rapporti, uno sull’uso prudente di antimicrobici negli animali3 e l’altro sugli audit condotti nel 2017 e nel 2018 per monitorare la resistenza antimicro-bica nei batteri zoonotici e commensali in alcuni animali produttori di alimenti e prodotti alimentari4.Il Piano prevede che nel 2020 sia adottata la nuova legislazione sul monitoraggio dell’Amr nei batteri zoonotici e commensali.Nel corso dell’anno proseguirà, inoltre, lo sviluppo di politiche di biosicurezza e di valutazione dell’impatto ambientale dei medicinali e saranno calendarizzati presso l’agenzia europea per i Medicinali incontri sulla disponibilità di antibiotici veterinari e sul loro uso prudente. Su quest’ultimo tema è prevista una conferenza internazionale con tutti gli addetti ai lavori.Nel 2020, inoltre, per il terzo anno consecutivo il tema dell’Amr sarà nell’agenda del G20.La prossima relazione, la quinta sullo stato di avanzamento del Piano, sarà pubblicata entro la fine del 2020.

(Fonte: @nmvi Oggi)

1 Vedi https://ec.europa.eu/health/amr/sites/amr/files/amr_2018-2022_actionplan_progressreport_en.pdf2 Vedi https://ec.europa.eu/health/amr/sites/health/files/antimicrobial_resistance/docs/amr_2017_action-plan.pdf3 Vedi https://eaphm.org/sites/default/files/file-upload/2019 DG Health and Food Safety Measures to tackle AMR.pdf4 https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/bf59a2db-b1aa-11e9-9d01-01aa75ed71a1/language-en/format-PDF

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iniziato nel 2004, con reciproche accuse di sus-sidi pubblici illeciti a favore di Airbus e Boeing. Nel 2011 l’Omc si pronunciava a favore degli Usa, rilevando che i sussidi europei al Consorzio Airbus hanno causato danni e perdite di quote di mercato in tutto il mondo per la Boeing. Il processo di valutazione presso l’Omc, dopo i diversi passaggi previsti, si conclude il 2 ottobre

2019 quando l’Omc si pronuncia a favore della posizione statunitense e dà il via libera agli Stati Uniti per l’imposizione di tariffe compensatorie per i danni subiti, fino a un massimo di 7,5 miliardi di dollari all’anno di valore dei prodotti importati dall’UE. Il 9 ottobre 2019 lo Ustr ha quindi pubblicato nel “Federal Register” (la Gazzetta ufficiale statunitense) la “Notice of

DgSante, otto audit in Italia nel 2020 Pubblicato il programma degli audit1 che la Direzione generale della Salute e della Sicurezza alimentare della Commissione europea (DgSante) condurrà negli Stati membri con lo scopo di verificare la corretta attuazione delle norme europee e di promuovere la corretta attuazione dei controlli. Gli audit e le visite programmate per il 2020 riguardano numerose aree della sicurezza alimentare, della salute e del benessere degli animali.Nel nostro Paese, gli ispettori eu-ropei condurranno otto audit in altrettante aree:

• contaminazione microbiologica nella produzione primaria;

• cibi pronti - carni;• gestione delle malattie animali;• benessere degli animali alla ma-

cellazione;• igiene generale dei mangimi;• uso sostenibile dei pesticidi;• indicazioni geografiche (Dop, Igp,

Stg);• focolai di parassiti delle pian-

te (Anoplophora glabripennis, Anoplophora chinensis, Popillia japonica).

La programmazione del 2020 rien-tra in una più ampia strategia plu-riennale, che detta le priorità del periodo 2019-2022. Nella pubblicazione sono descritte le aree individuate dalla DgSante, sulle quali vanno verificati e analizzati i livelli di applicazione e di efficacia dei controlli.La verifica consente di identificare gli eventuali punti deboli e le corrispondenti misure correttive che le autorità competenti devono introdurre.Il programma pluriennale viene riesaminato ogni anno per aggiornarlo alle esigenze di intervento sulle aree a maggior rischio di non conformità con la legislazione europea.

(Fonte: @nmvi Oggi)

1 Vedi www.anmvioggi.it/images/PROGRAMMA_AUDIT_DGSANTE_2020.pdf

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Determination and Action” sull’imposizione dei dazi ritorsivi ai Paesi dell’Unione europea in relazione al caso Airbus. La pubblicazione include l’elenco definitivo delle disposizioni tariffarie e delle aliquote tariffarie.Nella lista dello Ustr compaiono diversi beni e vi è una netta differenziazione in base ai Paesi di provenienza. Inizialmente i dazi aggiuntivi ad valorem erano limitati al 10% su aeromobili ci-vili di grandi dimensioni (da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) e al 25% su un’am-pia serie di prodotti, in prevalenza del settore

agroalimentare, provenienti da altri Paesi UE. Con una differenziazione articolata in gruppi e sezioni di prodotti, nonché Paesi di provenienza. L’Italia non è parte del Consorzio Airbus ed è tuttavia uno dei maggiori esportatori europei verso gli Stati Uniti (l’export italiano di beni verso gli Stati Uniti nel 2018 è stato infatti pari a 54,7 miliardi di dollari). Nello specifico, sono interessate 93 voci doganali, di cui però solo 47, che riguardano essenzialmente tre categorie di prodotti – formaggi, liquori e carni lavorate – hanno un valore positivo di export.

Conigli, pubblicati tre pareri Efsa sul benessere animale

Il benessere dei conigli adulti allevati in gab-bie convenzionali è inferiore a quello dei conigli allevati in altri sistemi di stabulazio-ne utilizzati nell’Unione europea. Il proble-ma principale di benessere che gli animali sperimentano è, inoltre, la limitazione del movimento. Sono queste le risultanze di un confronto tra i diversi sistemi di stabulazione dei conigli in uso nell’UE, riportate in un parere scientifico dell’Efsa1.Tale parere si basa su un’estesa indagine condotta tra esperti di conigli nell’UE e sul loro giudizio, poiché i dati disponibili sull’argomento sono pochi. Tra le sue rac-comandazioni, l’Efsa sottolinea, peraltro, la necessità di raccogliere dati sul benessere dei conigli d’allevamento in tutta l’UE. Sug-gerisce, inoltre, che le gabbie convenzionali vengano ampliate e potenziate da un punto di vista strutturale per migliorare il benessere dei conigli.Gli esperti hanno preso in considerazione una serie di effetti sul benessere animale in termini di salute e com-portamento, come la limitazione del movimento, i problemi di riposo, la sete o la fame prolungata, lo stress termico e i disturbi della pelle.L’allevamento di conigli nell’UE si attua principalmente in cinque Stati membri: Francia, Ungheria, Italia, Por-togallo e Spagna. Le pratiche di allevamento variano notevolmente sia tra questi Paesi che all’interno di essi. Per cogliere tale variabilità, il parere scientifico dell’Efsa si concentra su sei esempi di sistemi di stabulazione: gabbie convenzionali, gabbie arricchite strutturalmente, sistemi a parco, gabbie a pavimento, sistemi all’aperto/parzialmente all’aperto e sistemi biologici.L’Efsa ha pubblicato altri due pareri su questioni di benessere relative all’allevamento dei conigli: uno di essi esamina i metodi di stordimento2, individuando i pericoli per il benessere e gli indici di coscienza durante la macellazione, e propone, quindi, misure correttive. L’altro, invece, tocca questioni sociali associate all’abbatti-mento per motivi diversi dalla produzione di carne (ad esempio, per il controllo delle malattie)3.

(Fonte: Efsa)

1 Vedi il parere dell’Efsa all’indirizzo web www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/59442 Vedi il parere dell’Efsa all’indirizzo web www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/59273 Vedi il parere dell’Efsa all’indirizzo web www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/5943

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Edizione febbraio 2014

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A CURA DI Beniamino Cenci Goga E Anna Giovanna FermaniQuesto volume è il risultatodella prima esperienza di collaborazione tra docenti e discenti di un progetto formativo: il master universitario internazionale in “Sanità pubblica veterinaria e igiene degli alimenti”, dell’Università degli Studi di Perugia. Distinto in quattro parti, ha lo scopo di richiamare l’attenzione del lettore sulle materie professionalizzanti per i veterinari ufficiali e per gli assistenti specializzati ufficiali. Ampio il range di argomenti trattati: dalla normativa sanitaria in tema di igiene degli alimenti agli strumenti di indagine delle dinamiche sanitarie nell’insieme delle popolazioni, dagli animali produttori di alimenti per l’uomo al controllo degli alimenti di origine animale, dai concetti più recenti di analisi del rischio e comunicazione in Sanità pubblica veterinaria all’etichettatura dei prodotti alimentari.

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GIURISPRUDENZAALIMENTARE

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a cura di Vincenzo Pacileo Magistrato, Procura della Repubblicapresso il Tribunale di Torino

Il commento giuridico alle più recenti e significative sentenze in campo alimentare.Per consultare i commenti e le sentenzepubblicati sulla Rivista dal 1999 ad oggi, vai su:www.alimentibevande.it/giurisprudenza.aspx(servizio riservato agli abbonati On lineo con Formula Plus)

Garanzie difensive,se il soggetto cui attribuirel’illecito è ignotonon si possono applicarele regole processuali penali

Tribunale di Torino, ordinanza del 1° ottobre 2019 (riferimenti normativi: articoli 114 e 220 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale)

Le garanzie difensive previste dall’articolo 114 delle disposizioni di attuazione del codice di pro-cedura penale e dal codice della cui omissione le difese si dolgono vengono in rilievo a fronte non della sola sussistenza di indizi di reato, bensì, e lo-gicamente, ove sia possibile l’individuazione di un soggetto cui l’illecito possa essere potenzialmente attribuito sotto il profilo non solo oggettivo, ma anche soggettivo.

Con l’ordinanza in commento torniamo su di un tema di importanza cruciale del modo in

cui i processi per tossinfezione alimentare (d’ora in avanti Mta: malattie tramesse dagli alimenti) devono essere affrontati affinché possano alla fine condurre ad un qualche esito plausibile, senza arenarsi a monte a causa dell’inutilizzabilità delle analisi di laboratorio, che pure abbiano evidenziato la presenza di germi patogeni compatibili con l’infezione contratta.Il caso ha riguardato una Mta di notevoli dimen-sioni (oltre 100 bambini infettati) occorso a seguito della somministrazione di un pasto presso una mensa scolastica in provincia di Torino.

Per collocare la questione processuale nel suo giusto contesto, occorre preliminarmente espor-re, seppure in breve, la complessa consecuzione dei fatti.Nel maggio del 2016 (purtroppo i tempi della “Giustizia” continuano ad essere assai lunghi) l’Asl competente ebbe notizia, fortunatamente tempestiva, del sospetto concreto che vi fosse stata una Mta attraverso l’evidenza che numerosi bambini, che avevano pranzato presso la mensa della scuola, avevano manifestato plurimi disturbi gastrointestinali (in particolare, vomito e diarrea) e alcuni di questi erano stati ricoverati.A seguito dei primi accertamenti, l’Asl apprendeva che il pasto era stato, come al solito, preparato dalla cucina di una nota azienda del settore (che chiameremo A) e che i piatti pronti erano poi stati serviti nel refettorio della scuola.Si mobilitavano le risorse disponibili volte a verifi-care le condizioni igienico-sanitarie delle varie fasi di conservazione, preparazione e trasporto degli alimenti compresi nel menù di un certo giorno. Nel frattempo, venivano recuperati gli avanzi del pa-sto, il cosiddetto “pasto testimonio”, che venivano

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inviati all’Istituto zooprofilattico sperimentale per le analisi microbiologiche, dando gli avvisi di rito, ancora al di fuori del rito processuale, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 123/1993 e, pertanto, con le garanzie della difesa.Gli esiti di tali controlli erano favorevoli, nel senso che non venivano riscontrate carenze igienico-sa-nitarie che potessero essere messe direttamente in relazione causale con l’evento. Erano negative anche le analisi di laboratorio. A seguito dell’indagine epidemiologica si indi-viduava, statisticamente, come il più probabile alimento contaminato potesse essere del manzo cotto, non prodotto dall’azienda che lo aveva somministrato, ma fornito da un’altra azienda (che chiameremo B), che aveva lavorato la carne, commercializzandola in confezioni sigillate. Il per-sonale dell’azienda che aveva vinto l’appalto per la mensa si era limitato a conservare il prodotto per qualche tempo e l’aveva poi proposto nel menù della giornata, limitandosi a condirlo con olio e limone.L’attenzione si spostava, dunque, sul produttore del manzo cotto, che era di competenza di un’altra Asl territoriale. Questo secondo organo di vigilanza iniziava, perciò, i controlli sulla nuova azienda, a distanza, peraltro, di alcune settimane dai fatti.Nel frattempo, era stata individuata presso A una seconda confezione di manzo, ancora intatta, appartenente al medesimo lotto del manzo som-ministrato in mensa.Le analisi di laboratorio, ancora eseguite ai sensi dell’articolo 4 citato, identificavano questa volta la presenza di Listeria.Le analisi dei tamponi prelevati presso il reparto di lavorazione del manzo evidenziavano la presenza di Listeria sul pulsante della taglierina utilizzata per il porzionamento della carne.Il cerchio probatorio si chiudeva quando il se-quenziamento del Dna permetteva di certificare la parentela genetica tra la Listeria rinvenuta nelle feci dei bambini ricoverati, quella del manzo con-fezionato e della pulsantiera.Venivano rinviati a giudizio i responsabili del Controllo dell’azienda A, gli amministratori con cariche operative, la responsabile della Qualità e i responsabili di Reparto dell’azienda B.In sede dibattimentale, le difese di tutti gli imputati eccepivano l’invalidità delle analisi di laborato-rio per il mancato rispetto dell’articolo 220 delle

disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, in virtù del quale, quando nel corso di attività ispettiva dell’organo di vigilanza emergono estremi di reato, l’attività deve proseguire secondo le regole processuali penali, in particolare quanto alle garanzie difensive.Il giudice ha respinto l’eccezione, osservando che, sebbene la giurisprudenza abbia affermato che dalla “mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto [...] a prescindere dal-la circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata” (Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza n. 45477 del 20 dicem-bre 2001) deriva l’applicazione del codice di rito, un’interpretazione sistematica impone di ritenere logicamente che le garanzie difensive previste dagli articoli 114 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale e 360 del codice di procedura penale (accertamenti tecnici irripe-tibili, nella specie le analisi microbiologiche) non possano essere applicate se non in presenza di un soggetto già individuato come indagato, cioè di un almeno potenziale responsabile del reato. Questo è il punto cruciale da mettere a fuoco.Non c’è dubbio che sulla base dei dati che fin dall’inizio erano in possesso dell’Asl emergevano indizi di un reato (articoli 444 e 452 del codice pe-nale), tanto è vero che era stata tempestivamente inoltrata la correlativa comunicazione alla Procura della Repubblica, ma - si badi - a carico di ignoti, poiché solo col tempo si erano prima individuati in base all’organigramma aziendale i responsabili dell’azienda A e diverso tempo dopo anche quelli dell’azienda B.Ora, si noti che gli articoli del codice più sopra menzionati non possono che riguardare un sog-getto determinato: non è proprio possibile ap-plicare le garanzie difensive a un ignoto! Tutto il sistema del codice è in questo senso. E si noti pure che nel caso preso in esame dalle Sezioni Unite, che pure hanno espresso – un po’ fretto-losamente, ad avviso di chi scrive – un principio diverso, era stato identificato un indagato. Quindi, come minimo quel principio non si attagliava al caso concreto.Ma c’è di più. Infatti, a ragionare diversamente da come ha poi fatto il giudice nell’ordinanza in com-mento ne sarebbe derivato, paradossalmente, che nessuna garanzia si sarebbe potuta dare a chic-chessia, in mancanza di un soggetto identificabile

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all’epoca come indagabile (salvo “inventarsene” uno per la bisogna!). Quando, invece, proprio seguendo la procedura amministrativa dell’articolo 4 del decreto legislativo 123/1993 i diritti della difesa erano stati garantiti, e perfino i consulenti della parte privata avevano partecipato alle analisi, con la conseguenza che neppure da un punto di vista sostanziale quei diritti erano stati lesi.La questione resta, comunque, spinosa e bisognerà vedere come verrà affrontata nello specifico in Cassazione, sempre che il reato non vada prima in prescrizione. Resta, comunque, che a causa di quella che è – a mio avviso – una svista, o una scarsa ponderazione, di quella lontana sentenza (e, per la verità, anche di un paio di altre sentenze successive, che però avevano comunque a che fare con un indagato già individuato), si è creata una grande e grave incertezza operativa, che rischia di compromettere una piana e coerente investiga-zione, pur rispettosa della difesa, in una materia molto delicata per l’attacco alla salute collettiva che reati del genere comportano.

Uova etichettatenon correttamente, è responsabileanche il distributore

Cassazione civile, ordinanza n. 25330 del 9 ottobre 2019 (udienza del 20 giugno 2019 – riferimen-ti normativi: articoli 2 e 18 del decreto legislati-vo 109/1992; articolo 17 del regolamento (CE) 178/2002; regolamento (CE) 1169/2011)

Anche il rivenditore di prodotti confezionati – quale operatore commerciale appartenente alla relativa filiera – rientra tra i destinatari dell’obbligo di regolare l’etichettatura, con la conseguenza che la violazione di tale obbligo comporta l’applicazio-ne della relativa sanzione amministrativa ai sensi del decreto legislativo 109/1992.

L’organo di vigilanza sanzionò ai sensi degli articoli 2 e 18 del decreto legislativo 109/1992,

vigente all’epoca dei fatti, il distributore di con-fezioni di uova risultate non correttamente eti-chettate (dal produttore) in quanto derivanti da allevamento in gabbia e non da allevamento su terreno all’aperto, come suggeriva l’etichetta.

Il ricorrente in Cassazione ha dedotto che la normativa sull’etichettatura non poteva essergli applicata, dal momento che egli non aveva la re-sponsabilità del contenuto dell’etichetta apposta da altri.La Corte è pervenuta alla reiezione del ricorso, cominciando con l’osservare che l’articolo 17 del regolamento (CE) 178/2002 indica come desti-natari degli obblighi in materia gli operatori del settore alimentare (Osa) senza distinzione di ruoli, precisando, anzi, che essi devono garantire che gli alimenti «soddisfino le disposizioni della legislazio-ne alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte». Si aggiunge che tale interpretazione è avallata dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 23 novembre 2006 nella causa C-315/05.Secondo la Cassazione, l’attribuzione indistinta-mente a tutti gli Osa degli obblighi discendenti dalla legislazione sull’etichettatura si spiega con il rilievo che questa assume per la completa e corretta informazione del consumatore, affinché questi possa effettuare consapevolmente le proprie scelte economiche, senza essere indotto in errore da indicazioni ingannevoli.L’ordinanza, nel respingere l’impugnazione, afferma che l’azienda commerciale avrebbe dovuto prendere conoscenza della natura e del-la qualità dei prodotti messi in vendita “e, di conseguenza, sarebbe stata tenuta al controllo delle etichettature, in modo tale da verificarne la conformità alla normativa disciplinatrice del settore alimentare, onde evitare l’induzione in errore dell’acquirente-consumatore finale, alla cui tutela è, in definitiva, preposta la richiamata normativa”.Si direbbe che la decisione sarebbe stata diversa se avesse trovato applicazione il regolamento (UE) 1169/2011. L’articolo 8 stabilisce, infatti, che l’Osa responsabile delle informazioni al consumatore non è genericamente qualunque soggetto della filiera, bensì soltanto colui con il cui nome o ragio-ne sociale è commercializzato il prodotto. Peraltro, l’Osa che non interviene sull’etichettatura è, però, tenuto a non immettere in commercio prodotti di cui conosce o presume, in base alle notizie in suo possesso, l’irregolarità delle informazioni che li accompagnano.

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RASSEGNADELLA NORMATIVA

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Regolamento di esecuzione (UE) 2020/198 della Commissione del 13 febbraio 2020, recante moda-lità di applicazione del regolamento (UE) 251/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la creazione del registro delle indicazioni geografiche protette nel settore dei prodotti vitivinicoli aroma-tizzati e l’inserimento in tale registro delle denominazioni geografiche esistenti.

(G.U.U.E. L 42 del 14 febbraio 2020)

Regolamento (UE) 2020/205 della Commissione del 14 febbraio 2020, che modifica il regolamento (CE) 2073/2005 per quanto riguarda la Salmonella nelle carni di rettili.

(G.U.U.E. L 43 del 17 febbraio 2020)

Regolamento di esecuzione (UE) 2020/206 della Commissione del 14 febbraio 2020, che autorizza l’im-missione sul mercato della polpa, del succo di polpa e del succo concentrato di polpa del frutto di Theobroma cacao L. quale alimento tradizionale da un Paese terzo a norma del regolamento (UE) 2015/2283 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2017/2470.

(G.U.U.E. L 43 del 17 febbraio 2020)

Decreto 10 febbraio 2020 – Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Aggiornamento dell’elenco nazionale dei prodotti agro-alimentari tradizionali ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n. 238.

(G.U. n. 42 del 20 febbraio 2020 - Supplemento ordinario n. 9)

Regolamento di esecuzione (UE) 2020/236

della Commissione del 14 febbraio 2020, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette “Huile d’olive de Provence” (Dop).

(G.U.U.E. L 48 del 21 febbraio 2020)

Regolamento di esecuzione (UE) 2020/237 della Commissione del 14 febbraio 2020, recante iscrizione di un nome nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette “Bjelovarski kvargl” (Igp).

(G.U.U.E. L 48 del 21 febbraio 2020)

Regolamento di esecuzione (UE) 2020/247 della Commissione del 18 febbraio 2020, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette (“Queso Castellano” (Igp)).

(G.U.U.E. L 51 del 25 febbraio 2020)

Regolamento (UE) 2020/268 della Commissione del 26 febbraio 2020, che modifica l’allegato III del regolamento (CE) 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’uso dell’a-cido sorbico (E 200) nelle preparazioni liquide di colo-ranti per la colorazione decorativa dei gusci d’uovo.

(G.U.U.E. L 56 del 27 febbraio 2020)

Regolamento (UE) 2020/279 della Commissione del 27 febbraio 2020, che modi-fica l’allegato II del regolamento (CE) 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’uso dell’emicellulosa di soia (E 426).

(G.U.U.E. L 59 del 28 febbraio 2020)

Segnalazione di normativa e provvedimentirelativi al settore alimentare pubblicatisulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italianae sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.Consulta la nostra banca dati di normativa su:www.alimentibevande.it/normativa.aspx(servizio riservato agli abbonati On lineo con Formula Plus)

a cura della Redazione

Periodo di riferimento:11 febbraio - 3 marzo 2020

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FOCUSNORMATIVO

Analisi dei più recenti e significativi provvedimenti legislativi, relativi al settore agroalimentare.

a cura di Cristina La CorteAvvocato ed Espertadi Legislazione degli Alimenti

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Indicazione dell’ingrediente primario, pubblicatele “Domande e Risposte” della Commissione UE

Comunicazione C/2020/428della Commissione sull’applicazione delle di-sposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011.(G.U.U.E. C 32 del 31 gennaio 2020)

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’U-nione Europea C 32 del 31 gennaio scorso

l’attesa comunicazione della Commissione UE sull’applicazione delle disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011.Tali disposizioni, le cui modalità di applicazione sono contenute nel regolamento (UE) 2018/775, prevedono che «quando il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario:

a) è indicato anche il Paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure b) il Paese d’origine o il luogo di provenienza

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dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento».

Come indicato nella parte introduttiva del testo, la comunicazione «ha lo scopo di fornire agli operatori del settore alimentare e alle autorità nazionali alcuni orientamenti sull’applicazione delle disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011. Essa deve essere letta alla luce di altre disposizioni per-tinenti del regolamento (UE) 1169/2011 e del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775. In particolare, i presenti orientamenti lasciano im-pregiudicato il divieto di fornire informazioni ingannevoli ai consumatori, sancito dall’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/2011. La presen-te comunicazione chiarisce le disposizioni già contenute nella normativa applicabile. Essa non estende in alcun modo gli obblighi derivanti da tale normativa né introduce requisiti aggiuntivi per gli operatori interessati e le autorità compe-tenti. La presente comunicazione è unicamen-te intesa ad assistere i cittadini, gli operatori del settore e le autorità nazionali competenti nell’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 nonché del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775. Solo la Corte di Giustizia dell’Unione europea è competente a fornire un’interpretazione vin-colante del diritto dell’Unione. I pareri espressi nella presente comunicazione non sono tali da pregiudicare la posizione che la Commissione europea può assumere dinanzi agli organi giu-risdizionali nazionali e dell’Unione».Strutturato sotto forma di domande e risposte, dopo una parte introduttiva, il documento forni-sce risposta a domande riconducibili alle seguenti aree tematiche:

• quesiti relativi all’ambito di applicazione dell’ar-ticolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011;

• identificazione dell’ingrediente primario;• livelli geografici;

• collocazione e presentazione.

Come sopra riportato, l’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 si applica in presenza di due requisiti concorrenti:

• in etichetta è riportata un’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza del pro-dotto finito (ad esempio “prodotto in Italia” o la bandiera italiana);

• la dichiarazione di origine o provenienza non coincide con quella dell’ingrediente primario.

In linea generale, la Commissione rileva che, ai fini della corretta applicazione della norma, deve essere tenuta in considerazione la presen-tazione complessiva del prodotto ed il Paese di commercializzazione e che, pertanto, la va-lutazione finale è spesso rimessa ad un’analisi caso per caso. Senza pretesa di esaustività, tra gli aspetti trattati nel documento interpretativo in esame si segnala-no, in particolare, quelli riportati di seguito.

Nome e ragione sociale dell’Osa

Le informazioni relative a nome, ragione sociale e indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposte sull’etichetta non costituiscono un’in-dicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto alimentare ai sensi del regolamento (UE) 1169/2011. I riferimenti all’entità giuridica dell’operato-re del settore commerciale non determinano, pertanto, in linea di principio, l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011. Tuttavia, anche tali indicazioni potrebbero in-durre in errore, sulla base dell’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/20111, laddove fossero particolarmente enfatizzate ed evidenziate e tale origine o provenienza non corrispondano a quella dell’ingrediente primario dell’alimento.«Le autorità nazionali competenti – recita la

1 Tale articolo così recita: «Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare: a) per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il Paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione; […]».

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comunicazione – dovrebbero valutare tali casi tenendo conto di tutte le informazioni fornite sull’etichetta e dell’intera presentazione del prodotto».

Marchi d’impresa (registrati e non)

L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 precisa che non rientrano nell’ambito di applicazione di tale regolamento di esecuzione le indicazioni geo-grafiche protette a norma dei regolamenti (UE) 1151/2012, (UE) 1308/2013, (CE) 110/2008 o (UE) 251/2014, o protette in virtù di accordi internazionali, né i marchi d’impresa, registrati, laddove questi ultimi costituiscano un’indica-zione dell’origine. Il considerando 6 del regolamento (UE) 2018/775 chiarisce, con riferimento a questa seconda eccezione, che sebbene l’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 debba applicarsi, in linea di principio, anche ai casi che rientrano in questa seconda deroga, le specifiche modalità di attuazione devono essere esaminate ulteriormente e saranno adottate in

una fase successiva con una regolamentazione ad hoc.La Commissione precisa che «viceversa i nomi commerciali contenenti indicazioni geogra-fiche, i quali costituiscono marchi d’impresa non registrati, non rientrano in questa deroga temporanea e pertanto ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento di esecuzione, oltre ad essere soggetti agli obblighi derivanti dall’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011».

Denominazioni usuali

L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di esecu-zione (UE) 2018/775 precisa che il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento può essere indicato «attraverso qualunque mezzo, come di-citure, illustrazioni, simboli o termini che si riferi-scono a luoghi o zone geografiche, ad eccezione dei termini geografici figuranti in denominazioni usuali e generiche, quando tali termini indicano letteralmente l’origine, ma la cui interpretazione comune non è un’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza».

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Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera o), del regolamento (UE) 1169/2011, è definita “usuale” «una denominazione che è accettata quale nome dell’alimento dai consumatori dello Stato membro nel quale tale alimento è venduto, senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni». Generalmente tali denominazioni si riferiscono a un luogo geografico, a una regione o a un Paese nel quale l’alimento radica le sue origini stori-che, ma la cui produzione, nel corso del tempo, si è diffusa in altre zone, assurgendo pertanto a denominazione generica identificativa di un determinato alimento.A condizione che tali designazioni generiche e denominazioni usuali non creino nel consumatore la percezione di una specifica origine geografica dell’alimento in questione, il loro impiego non determina l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011. La Commissione conclude rilevando che esisto-no nell’UE notevoli differenze nella percezione dei consumatori riguardo a tali denominazioni usuali ed è pertanto necessario valutare caso per caso se possano essere chiaramente inter-pretate dal consumatore come a denomina-zioni generiche/usuali e non anche d’origine dell’alimento.L’unico esempio fornito in relazione a tale tipolo-gia di denominazioni usuali e generiche, escluse

dall’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011, è “Salsiccia di Francoforte”.

“Made in”

Indicazioni riferite al processo di produzione quali “prodotto di …” (così come “prodotto in”, “fatto in”, “Made in”), seguite da un’indicazione geogra-fica, sono da considerarsi, in linea di principio, in-dicazione dell’origine o provenienza dell’alimento. A tal proposito, la Commissione aggiunge che «è anche probabile che l’espressione “prodotto di” suggerisca al consumatore che l’intero prodotto alimentare, compresi i suoi ingredienti, proviene dal Paese indicato sull’etichetta».

Diciture quali “genere”, “tipo”, “stile”, “ricetta”, “ispirato a” o “alla” contenenti un’indicazione geografica

Le diciture quali “genere”, “tipo”, “stile”, “ricetta”, “ispirato a” o “alla” evocano gene-ralmente una ricettazione tipica o specifiche caratteristiche dell’alimento e, come tali, non dovrebbero essere considerate un’indicazione dell’origine.Tuttavia, nel valutare l’eventuale ingannevolez-za della dicitura per quanto riguarda la reale

Ispezione ante mortem in casodi macellazione d’urgenza, nota ministeriale

Le disposizioni per le attività di ispezione ante mortem in caso di macellazione d’urgenza continuano ad essere in capo al veterinario ufficiale della Asl territorialmente competente. La Asl, ove non fosse in grado di «soddisfare la richiesta al di fuori degli orari di servizio ricorrendo all’istituto della pronta reperibilità, in via assolutamente straordinaria, fornirà al proprietario/detentore il nominativo del ve-terinario iscritto nell’apposito elenco della Asl dopo averne escluso l’incompatibilità”.Questo quanto si legge nella nota ministeriale1 della Direzione ge-nerale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione e della Direzione generale della Sanità animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute n. 4577 dell’11 febbraio 2020, che prosegue evidenziando che «tale ricorso è ritenuto assolutamente temporaneo, solo dopo aver esperito tutti gli istituti contrattuali previsti».

(Fonte: Fnovi)

1 Vedi www.fnovi.it/sites/default/files/Documento_Principale_0004577-11_02_2020-DGISAN-MDS-P.pdf

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origine o provenienza dell’alimento occorre te-nere conto dell’imballaggio nel suo complesso. Occorre, inoltre, rilevare che le diciture in og-getto sono giustificate soltanto se l’alimen-to cui si riferiscono rispetta effettivamente la tipica ricettazione e/o possiede le particolari caratteristiche oppure è stato sottoposto a uno specifico processo di produzione, che determina l’asserito legame con il luogo geografico indi-cato sull’etichetta.

Biologico

Alla domanda “Qual è l’interazione tra le di-sposizioni dell’atto di esecuzione e la norma-tiva UE in materia di alimenti biologici?” la Commissione fornisce la seguente risposta: «Il regolamento (CE) 834/2007 fornisce un quadro normativo generale per la produzione biologica che comprende disposizioni relative all’uso di termini riferiti a questo tipo di produzione. Tale regolamento definisce, inoltre, le condizioni per l’etichettatura dei prodotti biologici e l’uso del logo UE e stabilisce che, quando viene usato tale logo, deve essere fornita un’indicazione del luogo di provenienza in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto. Tali norme forniranno al consumato-re informazioni equivalenti a quelle contemplate dall’articolo 26, paragrafo 3. Conformemente all’articolo 1, paragrafo 4, del

regolamento (UE) 1169/2011, questo si applica fatti salvi i requisiti di etichettatura stabiliti da specifiche disposizioni dell’Unione per parti-colari alimenti. In tale contesto, le disposizioni del regolamento (CE) 834/2007 devono essere considerate come lex specialis e prevalgono sull’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011. Pertanto, ogni qual volta sia utilizzato il logo UE per i prodotti biologici, l’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 non è applicabile».Ciò posto, si osserva che l’esenzione dei pro-dotti biologici dall’ambito di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamen-to (UE) 1169/2011 non emerge dal testo del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 e, inoltre, la vigente normativa sul biologico richie-de un’indicazione del luogo in cui sono state coltivate tutte le materie prime agricole di cui il prodotto è composto e non solo dell’ingre-diente primario.

Livelli geografici

Si segnala, infine, che, abbandonando una stretta e letterale interpretazione del testo del regolamento (UE) 2018/775, allo scopo di con-sentire una maggiore trasparenza per il consu-matore, alla domanda “Si potrebbe indicare il Paese d’origine o il luogo di provenienza dello stesso ingrediente primario facendo riferimento

Prodotti vitivinicoli aromatizzati, creato il registro elettronico delle indicazioni geografiche

«È creato, mediante un sistema digitale che la Commissione rende accessibile al pubblico, il registro elettronico delle indicazioni geografiche per i prodotti vitivini-coli aromatizzati, come richiesto dall’articolo 21 del regolamento (UE) 251/2014». È quanto stabilito dall’articolo 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2020/198, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 42 del 14 febbraio scorso.Tale registro elenca il nome (o i nomi) dei prodotti vitivinicoli aromatizzati protetti in quanto indicazioni geografiche.Le seguenti denominazioni geografiche preesistenti sono elencate nel registro in quanto indicazioni geografiche protette:

• “Nürnberger Glühwein”;• “Samoborski bermet”;• “Thüringer Glühwein”;• “Vermut di Torino”/”Vermouth di Torino”;• “Vino Naranja del Condado de Huelva”.

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a livelli geografici diversi (ad esempio, “UE e Svizzera”)?” è stato risposto che: «L’articolo 2 del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 fornisce un elenco di zone geografiche a cui dovrebbe fare riferimento l’indicazione dell’in-grediente primario. Al fine di ottemperare alle prescrizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011, gli operatori del settore alimentare devono scegliere una delle zone geografiche elencate all’articolo 2, lettera a), del regolamento di esecuzione (UE) 2018/775. Dalla formulazione di detta disposizione si e-vince che il regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 non prevede la possibilità di com-binare, per un singolo ingrediente primario, diversi livelli geografici ivi elencati.Di seguito alcuni esempi:

• “Svizzera” corrisponde alla zona geografica di cui all’articolo 2, lettera a), punto iv), del

regolamento di esecuzione (UE) 2018/775. Viceversa, “UE” corrisponde alla zona geografica di cui all’articolo 2, lettera a), punto i). La possibilità di combinare le due zone geografiche non è infine contemplata dall’articolo 2, lettera a).

Tuttavia, gli operatori del settore alimentare potrebbero completare le indicazioni “UE” e “non UE” con informazioni aggiuntive pur-ché queste siano conformi ai requisiti gene-rali stabiliti nel regolamento (UE) 1169/2011 per quanto concerne le informazioni volon-tarie sugli alimenti (articolo 36). In particola-re, tali informazioni non dovrebbero indurre in errore o in confusione. In tale contesto gli operatori del settore alimentare potran-no indicare “Svizzera” come informazione volontaria aggiuntiva a integrazione della dicitura “non UE”.

• “UE e non UE (Svizzera)”. • “UE (Spagna) e non UE (Svizzera)”.

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DI Corinna Correra

Negli ultimi decenni si è modificato lo scenario nor­mativo della legislazione alimentare attraverso lascelta del legislatore comunitario di disciplinare lamateria prevalentemente con lo strumento norma­tivo dei regolamenti rispetto alle direttive che tantohanno affollato in passato la legislazione alimen­tare.Il presente lavoro si propone lo scopo di armoniz­zare, nei limiti del possibile, un quadro normativofrastagliato, quale è quello di due profili così deli­cati: dichiarazioni nutrizionali e claims salutisticidell’etichettatura dei prodotti alimentari e di indi­care anche le ricadute sanzionatorie dei prevedibili“abusi” da parte degli operatori del settore.Per fare ciò quest’autrice darà una chiave interpre­tativa delle più recenti normative, senza trascurareil commento delle più recenti sentenze in materia,il tutto in una chiave ­ per quanto le è stato possibile­ di semplificazione della materia per i fruitori deltesto.

Dichiarazioni nutrizionali e claims salutistici: usi e abusi nell’etichettatura degli alimenti

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Aldo GrasselliPresidente Emerito della Società Italiana

di Medicina Veterinaria PreventivaSegretario Nazionale del Sindacato Italiano

dei Veterinari di Medicina Pubblica

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Vendita di fave, il consumatore deve essere informato solose sono sfuse e se la vendita avviene al chiuso

Il cartello che informa il consumatore della vendi-ta, in un esercizio commerciale, di fave sfuse e/o preconfezionate va esposto solo in presenza di fave fresche sfuse o anche in caso di fave fresche preconfezionate?

Risponde Giuseppe De GiovanniEsperto di Etichettatura degli Alimenti

Il favismo è un fenomeno diffuso in due regioni: Lazio e Sardegna. In occasione del recepimento

della prima direttiva sugli allergeni – la n. 2003/89/CE – vennero fatti dei tentativi per inserire nello schema di decreto legislativo an-che le fave, ma non fu possibile trovare una soluzione a riguardo. Il favismo, infatti, oltre ad essere un fenomeno limitato, si può mani-festare nei soggetti allergici anche solo a causa del profumo o dell’odore emanato dalle fave, mentre gli allergeni indicati nell’allegato II del regolamento (UE) 1169/2011 devono essere ingeriti. Il problema, in altri termini, non è né comunitario né nazionale.Che fare nel frattempo? La grande distribuzione organizzata ha dato il buon esempio, preveden-do, all’ingresso dei supermercati del Lazio e della Sardegna, un messaggio col quale i consumatori

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Anno XXII - 2 - Marzo 2020

Trovano spazio in questa rubrica le numerose richieste di chiarimenti e di consigli che giungono alla nostra Rivista. Le risposte sono date, a seconda del contenuto dei quesiti, da personalità del mondo dell’avvocatura, della consulenza o degli organismi preposti al controllo. Invia il tuo quesito scrivendo [email protected] utilizzando il format pubblicato sul nostro sitowww.alimentibevande.it/quesiti.aspx

a cura della Redazione

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sono avvertiti della vendita delle fave sfuse. Il problema si pone solo per la vendita in ambienti chiusi. Occorrendo, dunque, proteggere la salute umana, in caso di fave vendute allo stato sfuso in ambien-ti chiusi è necessario informare il consumatore con un’indicazione del tipo: “In questo locale si vendono fave sfuse”, anche in mancanza di una norma nazionale che lo prescriva. Per le fave preconfezionate, invece, non è necessario fornire alcuna informazione.

Vendita di baccalà“bagnato” e temperaturadi conservazione

Con la sentenza n. 348 del 7 gennaio 2019, la III Sezione Penale della Cassazione ha sancito che il baccalà nei mercati rionali può essere detenuto per la vendita anche a temperature ambientali superiori a +8 °C. La pratica di detenere del baccalà a pezzi, a temperatura ambiente, in am-mollo in un secchio rientra in quanto sancito dalla sentenza oppure si tratta di una pratica scorretta del pescivendolo che, nei mercati rio-nali, andrebbe vietata?

Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia

La sentenza n. 348 del 7 gennaio 2019 della III Sezione Penale della Cassazione offre numerosi spunti di interesse. Nel rigettare il ricorso della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti avverso la sentenza di proscioglimento di un dettagliante che aveva posto in vendita del baccalà “bagnato” ad una temperatura superiore ai +6 °C, quando l’etichetta originale apposta sul prodotto riportava una temperatura di conservazione che non avrebbe dovuto su-perare i +4 °C, la Cassazione ha argomentato la propria decisione in ragione del mancato “accertamento sul fatto che le modalità di conservazione fossero in concreto idonee a determinare un pericolo”. Venendo quindi al quesito, e senza entrare nel merito della decisione, mancando tra l’altro di alcuni elementi fondamentali, quali la temperatura

alla quale era esposto e mantenuto il prodotto, la possibilità di mantenere il prodotto in questione – baccalà parzialmente (?) dissalato – a temperature superiori a +8 °C dipende da numerosi fattori quali, tra gli altri, il contenuto residuo in sale, la temperatura di conservazione e il tempo durante il quale il prodotto è esposto alla temperatura non ritenuta idonea. Certo è che la “legge alimentare” comunitaria stabilisce il principio in base al quale è l’operatore economico del settore alimentare (Osa) che deve fornire le garanzie in merito all’igiene dei prodotti lavorati, trasformati, conservati, trasportati, com-mercializzati. In assenza di specifici requisiti legali di temperatura, non rinvenibili per questo tipo di prodotto, dovrà quindi essere quest’ultimo a forni-re adeguate giustificazioni in merito alle procedure di conservazione/esposizione adottate. Appare per contro discutibile dal punto di vista tecnico, in assenza di maggiori dati, in particolare quanto al contenuto in sale del prodotto, l’affermazione in base alla quale “è solo oltre il superamento della soglia di 15 °C che è profilabile il rischio di deterioramento”.

Elaborazione del Manuale di corretta Prassi igienica, i requisitidel consulente esterno

Quali requisiti deve possedere il consulente esterno di un’industria alimentare incaricato di redigere il Manuale di corretta Prassi igienica?

Risponde Dario Dongo Avvocato e PhD in Diritto alimentare

La materia è purtroppo priva di una disciplina specifica armonizzata a livello nazionale, poiché – a seguito della riforma dell’articolo 114 della Costituzione della Repubblica Italiana, interve-nuta nel 2001 – vige la legislazione concorrente delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. Vale perciò la pena richiamare i crite-ri generali di responsabilità degli operatori della filiera alimentare affermati nel regolamento (CE) 178/2002, nonché i criteri di igiene definiti nel regolamento (CE) 852/2004 per condurre alcune semplici considerazioni.

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I consulenti esterni delle industrie alimentari in-caricati di redigere Piani di autocontrollo e altri documenti che rilevano ai fini di igiene e sicurezza delle produzioni dovrebbero disporre, quanto-meno, di un titolo di laurea in grado di compro-vare l’effettiva competenza tecnico-scientifica a tal uopo richiesta. Tenuto anche conto del ruolo dell’operatore nella filiera, ci si dovrebbe perciò rivolgere ad agronomi o biologi, chimici, tecnici della prevenzione, tecnologi alimentari, medici o veterinari. Ai fini della consulenza in tema di informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari, viceversa, i lavori dovrebbero sempre venire co-ordinati da laureati in giurisprudenza provvisti di titoli specifici che attestino una comprovata com-petenza in materia di diritto alimentare. Un lucido esempio del ruolo essenziale della formazione universitaria, di per sé irrinunciabile, ad avviso di chi scrive, quale premessa per l’attribuzione dei predetti compiti e responsabilità, si può ricavare anche dalla recente deliberazione della Giunta regionale Emilia-Romagna n. 311 del 4 marzo 2019, «relativamente ai criteri e alle modalità per l’organizzazione dei corsi di formazione e

aggiornamento in materia di igiene degli alimenti per gli alimentaristi».

Svolgimento di due diverse attività in uno stesso locale

Una ditta individuale che svolge attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio di ge-neri alimentari (salumi, formaggi, baccalà) è in possesso dell’autorizzazione sanitaria per “lavorazione e trasformazione di prodotti della pesca”. Il laboratorio appositamente predisposto per svolgere tale attività, comunicata anche tramite Scia, viene attualmente utilizzato per lo stoccaggio delle merci, in quanto, al momento, l’azienda non lavora e trasforma i prodotti della pesca, ma vorrebbe solo dissalare ed ammol-lare il baccalà. All’interno del locale è presente un altro laboratorio per il porzionamento di salumi e formaggi (all’interno del quale l’area riservata al porzionamento del formaggio è separata da quella riservata ai salumi da muro e porta a soffietto, il soffitto è aperto, l’area

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è pavimentata e piastrellata ed è presente un lavabo con acqua calda e fredda). Nel predetto laboratorio, inserendo una cella frigorifero, è possibile procedere a dissalare ed ammollare il baccalà? È necessario fare un’ulteriore comu-nicazione tramite Scia? Per quanto riguarda lo scarico delle acque del lavabo, è necessario che all’esterno dello stabile sia presente un pozzetto di ispezione per permettere il prelievo dei cam-pioni da analizzare?

Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia

Nel quesito vi sono diversi aspetti che necessi-tano un inquadramento. Le attività di commercio al dettaglio non sono più soggette ad autorizzazione sanitaria ex ar-ticolo 2 della legge 283/1962, abrogato con il decreto legislativo 193/2007, ma i relativi sta-bilimenti e le attività che vi vengono condotte devono essere notificate all’autorità competente a mezzo Scia, come nel caso prospettato. Gli stabilimenti impiegati per l’esercizio del commercio all’ingrosso di alimenti di origine animale per i quali l’allegato III al regolamento (CE) 853/2004 stabilisce requisiti (ad esempio, carni fresche e preparazioni di carne, prodotti a base di carne, prodotti della pesca) sono sogget-ti a riconoscimento per l’attività effettivamente esercitata (per esempio, sezionamento carni, e-laborazione di preparazioni di carni, lavorazione o trasformazione dei prodotti della pesca, depo-sito in condizioni di temperatura controllata di tali alimenti). In tutti i casi in cui il regolamento (CE) 853/2004 prevede il riconoscimento dello stabilimento, questo non può iniziare a lavorare prima che l’autorità competente non l’abbia riconosciuto a seguito di almeno un sopralluo-go, al fine di verificare il rispetto dei pertinenti requisiti regolamentari. Detto questo, al momento dell’inoltro della do-manda di riconoscimento o della presentazione della Scia, l’operatore del settore alimentare (Osa) deve comunicare le attività che intende condurre in rapporto agli spazi, agli impianti e alle attrezzature disponibili. Ogni eventua-le successiva modifica delle attività condotte dovrà parimenti essere notificata all’autorità

competente. Nel caso in cui la comunicazione riferisca dell’aggiunta di un’attività non prece-dentemente inserita nel decreto di riconosci-mento (per esempio, nel caso in cui, rispetto all’attività di sezionamento e riconfezionamento di salumi e formaggi, si intenda procedere anche alla lavorazione di prodotti ittici), l’autorità com-petente effettuerà l’aggiornamento dell’atto di riconoscimento con l’inserimento della nuova attività, previo sopralluogo. Venendo quindi al nocciolo del quesito, si pro-spettano due situazioni distinte. Nel caso di attività soggette alla sola registrazione (per e-sempio, un esercizio di vendita al dettaglio), nel presentare la Scia con l’aggiornamento delle attività condotte, l’Osa dichiara di ottemperare a tutti i requisiti e i criteri normativi. L’effettiva osservanza verrà verificata in occasione dei controlli ufficiali. Nel caso in cui sia necessario richiedere un’estensione del riconoscimento, l’attività potrà essere iniziata solo dopo che l’autorità competente abbia aggiornato il ri-conoscimento (si tratta di un’autorizzazione preventiva) a seguito di sopralluogo. Quanto alla possibilità di condurre attività di-verse negli stessi locali, è responsabilità dell’Osa dimostrare alle autorità competenti che le mo-dalità di svolgimento delle diverse attività non comportino rischi di contaminazione o di altera-zione degli alimenti. Questo obiettivo può essere assicurato anche garantendo la separazione delle diverse attività nel tempo, inframmezzan-dole, se necessario, con opportuni interventi di pulizia e disinfezione.

Controlli ufficiali e visita ante e post mortem in un mattatoio di carni rosse

Quali sono le novità in materia di visita ante e post mortem previste per un mattatoio di carni rosse, in seguito all’entrata in applicazione, lo scorso 14 dicembre, del regolamento (UE) 2017/625 sui controlli ufficiali?

Rispondono Anna Giovanna Fermani*

e Antonio Menditto**

* Dipartimento di Prevenzione, Asl Latina** Istituto superiore di Sanità

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Il regolamento (UE) 2017/625 (di seguito, “Rcu”) sui controlli ufficiali, che disciplina le attività uf-ficiali di controllo lungo la filiera agroalimentare, ha abrogato il regolamento (CE) 854/2004, con effetto dal 14 dicembre 2019. I controlli ufficiali presso gli stabilimenti di macellazione di ungulati domestici vengono, pertanto, ad essere disciplinati dalle norme contenute nel Rcu stesso e dai requisiti aggiuntivi stabiliti dalla Commissione mediante atti delegati e di esecuzione (articolo 16 del Rcu). Il paragrafo 1 dell’articolo 18 del Rcu stabilisce che per i prodotti di origine animale destinati al consumo umano, i controlli ufficiali comprendono, a seconda dei casi, la verifica della conformità alle prescrizioni di cui ai regolamenti (CE) 852/2004, 853/2004, 1069/2009 e 1099/2009. Il successi-vo paragrafo, interamente dedicato ai controlli ufficiali effettuati sulla produzione delle carni, descrive l’insieme dei controlli ufficiali: ispezione ante mortem e post mortem; altri controlli ufficiali in materia di igiene della produzione delle car-ni, ricerca della presenza di residui di medicinali veterinari e contaminanti nei prodotti di origine

animale destinati al consumo umano, audit delle buone prassi igieniche e delle procedure basate sui principi Haccp, prove di laboratorio per rilevare la presenza di agenti zoonotici e malattie animali, verifica della conformità ai criteri microbiologici, come definiti all’articolo 2, lettera b), del regola-mento (CE) 2073/2005; trattamento e smaltimen-to di sottoprodotti di origine animale e di materiale specifico a rischio; salute e benessere degli animali. Nel paragrafo 3 sono contenute le condizioni alle quali le autorità competenti possono consentire al personale del macello di assistere il veterina-rio ufficiale nell’esecuzione di specificati compiti. Questi, per i macelli di pollame e lagomorfi, con-sistono nell’assistenza nei controlli ufficiali, già citati, previsti dal paragrafo 2, mentre nei macelli per altre specie consistono in specifici compiti di campionamento e analisi.Le condizioni stabilite nel paragrafo 3 prevedono che:

• l’autorità di controllo svolga un’analisi del ri-schio;

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• il personale che assiste nei controlli ufficiali operi in maniera indipendente dal personale del reparto di produzione e che abbia ricevuto una formazione adeguata a svolgere i compiti che gli vengono assegnati;

• il veterinario ufficiale o l’assistente ufficiale siano presenti durante lo svolgimento dei com-piti affinché possano fornire istruzioni che il personale del macello deve seguire.

Alla data di pubblicazione di questo scritto (2 marzo 2020, n.d.r.), i regolamenti delegati o di esecuzione adottati dalla Commissione in materia di controlli ufficiali nella filiera carni – in ottempe-ranza a quanto previsto dall’articolo 18, paragrafi 7 e 8, del Rcu – sono:

• il regolamento delegato (UE) 2019/624, re-cante norme specifiche per l’esecuzione dei controlli ufficiali sulla produzione di carni [ ] in conformità al regolamento (UE) 2017/625;

• il regolamento di esecuzione (UE) 2019/627, che stabilisce modalità pratiche uniformi per l’esecuzione dei controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano in conformità al regolamento (UE) 2017/625 [ ], che modifica il regolamento (CE) n. 2074/2005 della Commissione per quanto riguarda i con-trolli ufficiali;

• il regolamento di esecuzione (UE) 2019/1139, che modifica il regolamento (CE) 2074/2005 per quanto riguarda i controlli ufficiali sugli alimenti di origine animale relativamente ai requisiti concernenti le informazioni sulla catena alimentare e i prodotti della pesca e al riferimento ai metodi di analisi ricono-sciuti per le biotossine marine e ai metodi di prova relativi al latte crudo e al latte vaccino trattato termicamente.

Con riferimento alle norme introdotte dal rego-lamento delegato (UE) 2019/624, in particolare con l’articolo 4 – rubricato “Criteri e condizioni per determinare quando le ispezioni ante mortem

possono essere effettuate al di fuori del macello in caso di macellazione d’urgenza” – si segnala che il Ministero della Salute ha emanato, nel merito, specifiche disposizioni1.

Sequestro di novellame, prodotti della pesca e tracciabilità

Si legge spesso sui giornali di sequestri di novel-lame di pesce azzurro effettuati dalla Guardia Costiera congiuntamente al Servizio Veterinario. Tale novellame, essendo sprovvisto di tracciabilità e essendone vietata la pesca, viene spesso ributtato in mare. A chi spetta verificare che i prodotti della pesca siano tracciati?

Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia

La Guardia Costiera e il Servizio Veterinario o-perano congiuntamente per l’effettuazione di controlli, ciascuno nel proprio campo di compe-tenza. Nel caso in oggetto, il Servizio Veterinario interviene per verificare le condizioni dell’igiene degli alimenti (il pescato) ai sensi della “legge alimentare”, mentre la Guardia Costiera verifica la corretta applicazione della normativa in mate-ria di Politica comune della Pesca (regolamento (CE) 1224/2009 e regolamento (UE) 404/2011), compresi i requisiti di tracciabilità e, se del caso, irroga le sanzioni previste dalla normativa na-zionale alla luce delle disposizioni comunitarie. Si noti che, mentre la “legge alimentare” prevede che l’operatore del settore alimentare disponga di sistemi e procedure per permettere di “rintraccia-re” soltanto il fornitore degli alimenti/materie pri-me da lui/lei trattati e il cliente al quale tali alimenti sono stati ceduti (nel rispetto del principio “un passo indietro e un passo avanti”), la normativa in materia di pesca chiede una completa tracciabilità del prodotto, dal momento del prelievo.

1 Vedi www.ordineveterinarireggioemilia.it/userfiles/files/11_02_2020_Nota_MinSal_MSU.pdf

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Additivi, per essere utilizzati devono essere presenti nell’“elenco ufficiale” e rispondere a cinque criteri

È possibile utilizzare il sorbato di potassio (E202) nella produzione di tofu sulle cui confezioni è indicato “da consumare previa cottura”?

Risponde Giuseppe De GiovanniEsperto di Etichettatura degli Alimenti

L’utilizzo degli additivi nella produzione di ali-menti è regolato dall’allegato II del regolamento (CE) 1333/2008, che utilizza una terminolo-gia generica delle categorie di prodotto cui fa riferimento. È pertanto cura dei produttori individuare la categoria nella quale si situa il proprio prodotto. Ad avviso di chi scrive, dunque, l’E202 è am-messo nei “prodotti analoghi al formaggio a base di proteine”, nei quali è compreso il tofu.Prima di utilizzare un additivo, però, è neces-sario verificare se effettivamente ne ricorrono

le condizioni d’uso. A tal fine, il regolamento (CE) 1333/2008 prescrive che l’uso degli additivi debba rispondere a precisi e rigorosi criteri, di seguito indicati:

1) devono essere autorizzati e possedere i re-quisiti di purezza prescritti; 2) devono rispondere ad una necessità tecnologica;3) non devono indurre in errore il consumatore, anzi devono presentare un vantaggio; 4) possono essere utilizzati nei casi e con le dosi massime consentite; 5) devono essere etichettati in conformi-tà a quanto previsto dal regolamento (UE) 1169/2011 e successive ulteriori integrazioni e modifiche.

Questi criteri fanno sì che un additivo, pur fi-gurando nelle liste ufficiali, non possa essere utilizzato se non è conforme agli altri criteri prescritti. Se, ad esempio, non v’è necessità tec-nologica, l’uso di un additivo va evitato, perché in contrasto con il secondo e il terzo criterio.

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Condizioni per il trasporto di carni fresche

Per il trasporto di mezzene di carne fresca dal macello ad un laboratorio di sezionamento, che distano l’uno dall’altro solo poche centinaia di metri, è sufficiente utilizzare un contenitore iso-termico, al cui interno porre un datalogger per il monitoraggio della temperatura, oppure è neces-sario disporre di un vano di carico isotermico con Atp in corso di validità?

Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia

Le condizioni per il trasporto delle carni fresche sono quelle stabilite in via generale dal Capitolo IV dell’allegato II al regolamento (CE) 852/2004 (requisiti per il trasporto di tutti gli alimenti) e in via specifica dal Capitolo VII, Sezione I, dell’allegato III al regolamento (CE) 853/2004.Premesso che nel caso prospettato non si ritiene possano ricorrere le condizioni per il raffredda-mento delle mezzene in itinere di cui al punto 3, lettera b), del medesimo Capitolo VII, in nessuno dei due regolamenti si fa menzione dell’obbligo di disporre di vani di carico refrigerati per il tra-sporto delle carni. Il requisito riguarda, invece, la temperatura delle carni che deve essere raggiunta prima e mantenuta durante il trasporto (+7 °C per le carni degli ungulati domestici, +4 °C per le carni di pollame, +3 °C per le frattaglie). Il requisito di disporre di un vano di carico isotermi-co con Atp in corso di validità scatterebbe, quindi, nel caso in cui in condizioni diverse l’operatore non fosse in grado di garantire il rispetto delle condizioni di trasporto sopra menzionate.

Modello 4 informatizzato, il periodo di conservazione presso gli stabilimenti per gli animali avviatiai macelli è rimasto invariato

Con l’introduzione del Modello 4 informatizzato, è cambiato il periodo di conservazione presso gli stabilimenti per gli animali avviati ai macelli? Per quanto riguarda la “vecchia” documentazione

(il passaporto bovino rispetto a quello equino), è cambiato il periodo di conservazione presso lo stabilimento di macellazione?

Risponde Gianluigi ValsecchiDirigente Medico Veterinario, Ats Brianza

Non risulta variato, per gli animali avviati ai macelli, il periodo di conservazione del Modello 4 presso gli stabilimenti. Tale periodo è disciplinato dal de-creto legislativo 158/2006, tuttora in vigore, che stabilisce, al comma 6 dell’articolo 15, che «tutti gli animali introdotti negli stabilimenti di macella-zione, pubblici e privati, a scopo di macellazione debbono essere scortati da una dichiarazione del titolare dell’allevamento di origine (Modello 4), che deve essere conservata nello stabilimento di macellazione per un periodo non inferiore ad un anno». Anche per quanto riguarda la “vecchia” do-cumentazione (il passaporto bovino rispetto a quello equino), il periodo di conservazione pres-so lo stabilimento di macellazione è regolamen-tato rispettivamente, per gli equidi macellati, dal decreto del 26 settembre 2011, emanato di concerto tra il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero della Salute, inerente all’“approvazione del Manuale opera-tivo per la Gestione dell’anagrafe degli equidi”. Il punto 24.2 di detto Manuale cita che: “Il veterinario ufficiale annulla il passaporto, con apposito timbro sulla prima pagina del passa-porto stesso, che viene conservato presso lo stabilimento di macellazione per 5 anni. Per gli equidi iscritti ai libri genealogici o registri anagrafici, i passaporti annullati sono restituiti all’organizzazione che li ha emessi, su richie-sta della stessa”. In questo caso, deve essere conservata una copia del frontespizio del pas-saporto presso lo stabilimento di macellazione per cinque anni. Per la conservazione del passaporto dei bovini macellati è regolamentata, invece, rispettiva-mente dal decreto ministeriale 13 ottobre 2004 che, al comma 2 dell’articolo 10, cita: «I Servizi Veterinari di ciascuna azienda unità sanitaria locale, che effettuano l’ispezione e la vigilanza negli stabilimenti di macellazione, controllano l’avvenuta distruzione dei marchi auricolari, preventivamente tagliati a cura del responsabile

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dello stabilimento e custodiscono per tre anni ai sensi del regolamento (CE) 1760/2000 i pas-saporti degli animali debitamente annullati» e dalla Conferenza permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano che, con provvedimento del 26 maggio 2005, recante “Approvazione del manuale operativo per la gestione dell’anagrafe bovina”, al punto 15.1 di detto Manuale indica che «il Servizio Veterinario competente deve custodire i passaporti e renderli disponibili per ogni ispezione delle autorità nazionali o comu-nitarie per tre anni».Da quanto sopradescritto, si evince chiaramente che, ai fini prettamente legislativi, il Modello 4 di scorta degli animali introdotti nei macelli deve essere conservato nello stabilimento di macellazione per un periodo non inferiore ad un anno, indipendentemente dalla specie ani-male cui si riferisce. Occorre comunque tener presente che l’attuale normativa prevede che gli operatori che gestiscono stabilimenti di macel-lazione devono richiedere, ricevere e controllare le informazioni sulla catena alimentare per tutti gli animali conferiti presso i propri macelli. Tali informazioni relative alla catena alimentare, puramente per un aspetto pratico, al fine di ridurre per quanto più possibile la modulistica di scorta degli animali introdotti negli impianti di macellazione, vengono ricomprese nel Modello 4. La normativa stabilisce che le informazioni sulla catena alimentare vanno conservate presso il macello per assicurare la rintracciabilità alme-no per un periodo pari alla durabilità delle carni. Pertanto, nel caso tali informazioni fossero ripor-tate nel Modello 4, come attualmente avviene, e la durabilità delle carni dovesse superare tale periodo, la conservazione dovrà corrispondere a tale durabilità.

“Fresco”, “refrigerato”,“congelato” e “surgelato”:differenze se si tratta di carne o di prodotti della pesca

Mentre per le carni fresche degli animali macellati si parla di carne fresca, anche se congelata o sur-gelata, per i prodotti della pesca questa distinzione non si applica, in quanto tali prodotti vengono

distinti in freschi e congelati o surgelati. Qual è la spiegazione di questa differente terminologia?

Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia

Dal punto di vista igienico-sanitario, il regola-mento (CE) 853/2004 definisce le carni fresche come «carni che non hanno subito alcun tratta-mento salvo la refrigerazione, il congelamento o la surgelazione (quick- freezing), comprese quelle confezionate sotto vuoto o in atmosfera controllata». Con questa definizione, coeren-temente con quanto statuito dal regolamen-to (CE) 852/2004, all’articolo 2, lettera n), il regolamento pone sullo stesso piano le carni sottoposte a refrigerazione, quelle congelate o surgelate (deep frozen), per le quali, questo è l’aspetto più singolare, non vengono stabilite temperature massime di conservazione.Nel caso dei prodotti della pesca, il legislatore comunitario ha invece ritenuto di dovere rimarcare le differenti modalità di conservazione dei pro-dotti della pesca “freschi” da mantenere a «una temperatura che si avvicini a quella del ghiaccio fondente» e dei prodotti congelati, per i quali vengono stabilite temperature di -18 °C, per i prodotti destinati a essere immessi sul mercato come tali, o di -9 °C, nel caso dei pesci interi inizialmente congelati in salamoia destinati alla fabbricazione di conserve . Quando si consideri la normativa in materia di Politica comune della Pesca, il regolamento (CE) 1224/2009 include nel concetto di “trasforma-zione” anche il prodotto congelato (oltre che sfi-lettato e sottoposto a vari trattamenti) e prevede che lo stato di scongelamento del prodotto venga comunicato al consumatore (articolo 35 del rego-lamento (UE) 1379/2013). Chiaramente, il diverso approccio seguito dal le-gislatore comunitario nei due casi è legato alle finalità perseguite: sanitarie, in un caso, com-merciali nell’altro. Quindi, se da un punto di vista della sicurezza degli alimenti non c’è differenza tra prodotto refrigerato e congelato (fatte salve le temperature di conservazione), non è così dal punto di vista del valore commerciale, legato si-curamente anche alla possibilità di estendere la durabilità del prodotto.

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Indicazione degli ingredienti in etichetta

Sull’etichetta di un prodotto alimentare sono elen-cati i seguenti ingredienti: manzo cucinato (86%), manzo (10%), sale, zucchero e “preservativo” (E250). Tale etichetta è conforme alla normativa vigente?

Risponde Stefano SenatoreAvvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti

Va premesso che la presente valutazione giuridi-ca deve, ovviamente, limitarsi a considerare gli aspetti formali dell’elenco ingredienti fornito, non essendo noto di quale tipo di prodotto alimentare si tratti, né quale sia la sua reale composizione.Tanto precisato, nell’etichetta in esame si riscontra la presenza di alcune non conformità.In primo luogo, l’indicazione “manzo” è ecces-sivamente generica e, pertanto, a parere di chi scrive, andrebbe sostituita con la denominazio-ne “carne di manzo”, conformemente a quanto previsto dall’allegato VII, Parte B, punto 17, del regolamento (UE) 1169/2011.Anche la dicitura “cucinato” non appare ade-guatamente chiara per il consumatore, in quanto suggerisce che l’alimento possa essere stato sotto-posto, oltre alla cottura, ad ulteriori preparazioni non meglio precisate.Appare quindi più corretto utilizzare l’indicazione “carne di manzo cotta”.Fermo restando che, qualora la carne di manzo, oltre alla cottura, avesse subito ulteriori trattamenti e/o l’aggiunta di altri ingredienti per la sua pre-parazione, questi dovrebbero essere chiaramente specificati.Da ultimo, si rileva che neppure la presenza dell’additivo “nitrito di sodio” (E 250) è rappre-sentata correttamente in etichetta.Secondo l’allegato VII, Parte C, del regolamen-to (UE) 1169/2011, infatti, gli additivi alimentari vanno designati nell’elenco degli ingredienti, in-dicando la categoria funzionale cui appartengo-no, individuata tra quelle espressamente elencate nell’allegato (e seguita dal nome specifico dell’ad-ditivo o dal suo numero E). Malgrado ciò, in etichetta figura la dicitura “pre-servativo”, che non corrisponde ad alcuna delle

categorie funzionali citate dal regolamento. Si impone, quindi, la sua sostituzione con l’indica-zione corretta di “conservante”. In definitiva, alla luce dei precedenti rilievi, lo scri-vente ritiene che l’elenco degli ingredienti andreb-be sostituito come segue: “carne di manzo cotta (86%), carne di manzo (10%), sale, zucchero, conservante: E 250”.

Smaltimento di sottoprodotti di origine animale

Una macelleria, che chiameremo “macelleria 1”, posta in un determinato Comune, trasporta i sot-toprodotti di origine animale di categoria 3 ad una macelleria, che denomineremo “macelleria 1 bis”, con stessa ragione sociale, posta in un altro Comune confinante. Nella macelleria 1 bis avviene la consegna alla ditta che effettua lo smaltimento e, inoltre, vengono conservati i documenti com-merciali. La procedura seguita è corretta? Il mezzo che trasporta i sottoprodotti dalla macelleria 1 alla macelleria 1 bis deve essere in possesso di una particolare registrazione? La macelleria 1, che, come precisato, non detiene nessun documento commerciale, è in regola?

Risponde Gianluigi ValsecchiDirigente Medico Veterinario, Ats Brianza

Formalmente la procedura seguita non è corretta rispetto a quanto prescritto dal regolamento (CE) 1069/2009. Per essere correttamente effettuata, infatti, dovrebbe essere integrata con adempimenti formali e requisiti che sono impraticabili nel que-sito posto per i seguenti motivi:

• mancanza dei documenti commerciali per il trasporto dei materiali di categoria 3 dalla ma-celleria 1 alla macelleria 1 bis (la macelleria 1, dunque, non detenendo nessun documento commerciale non è in regola);

• il mezzo o contenitore che trasporta i sottopro-dotti di origine alimentare dalla macelleria 1 alla macelleria 1 bis deve essere identificato con un cartello idoneo, provvisto di numerazione progressiva assegnata dal Servizio Veterinario e “scortato”, durante il trasporto, dai documenti commerciali sopracitati.

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Si precisa, però, che, se la quantità di sottoprodotti di origine alimentare prodotti dalla macelleria 1 sono in quantità limitata, può essere richiesto, alla ditta che si occupa della raccolta dei rifiuti urbani, tramite gli Uffici comunali competenti, di poter assimilare tali sottoprodotti ai rifiuti urbani e, pertanto, poterli smaltire, tramite la ditta che si occupa della raccolta dei rifiuti urbani, non co-me materiale di categoria 3, ma, appunto, come rifiuti urbani.

Etichettatura, il termine“salmonata” non riguardala genetica del pesce

Il Servizio Veterinario ha contestato un’etichet-ta applicata a dei filetti di trota iridea salmo-nata in quanto la denominazione scientifica “Oncorhynchus mykiss” non corrisponderebbe alla denominazione commerciale “trota iridea salmo-nata”. È stato, pertanto, richiesto di rietichettare i prodotti. Tale richiesta è lecita?

Risponde Dario Dongo Avvocato e PhD in Diritto alimentare

La trota salmonata non ha un nome scientifico specifico. La denominazione commerciale e il nome scientifico da riportare in etichetta, ai sen-si dell’articolo 35 del regolamento (UE) 1379/13, sono perciò quelli di “trota iridea (Oncorhynchus mykiss)”.La salmonatura è peraltro frutto di un processo produttivo distintivo, che può venire legittima-mente indicato quale informazione supplemen-tare relativa al processo di produzione ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera g), del citato regolamento. Tale informazione ha il preciso scopo di aiu-tare il consumatore a distinguere la trota ali-mentata con apporto di carotenoidi, in linea con gli obiettivi generali del regolamento (UE) 1169/2011, e non ha nulla a che fare con la genetica del pesce. È perciò da escludere ogni ipotesi di rietichettatura del prodotto.Vale la pena aggiungere che la dicitura “sal-monata” è correntemente utilizzato nelle transazioni commerciali, spesso con la de-finizione del “range” cromatico desiderato (secondo la scala colorimetrica della Roche) e compare anche sui banchi di vendita del prodotto sfuso.

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Formaggi e salumi,indicazione del prezzo e unità di misura di riferimento

Una gastronomia è autorizzata ad apporre su formaggi e salumi cartelli in cui viene indicato esclusivamente il prezzo all’etto?

Risponde Giuseppe De GiovanniEsperto di Etichettatura degli Alimenti

Il prezzo in parola è chiamato “prezzo unitario” oppure “prezzo per unità di misura”. Esso è attualmente disciplinato dal decreto legislativo 206/2005 (il cosiddetto “codice del consumo), che, all’articolo 13, comma 1, lettera b), lo definisce come «il prezzo finale, comprensivo dell’Iva e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente per la commercializzazione di prodotti specifici».Tale definizione riguarda tutti i prodotti e non solo quelli alimentari.Come si evince da questa definizione, per i salami

e i formaggi, che sono prodotti solidi, il prezzo va indicato facendo riferimento ad un chilogrammo.L’articolo 15 del codice del consumo, nel precisare le modalità di indicazione, ammette, al comma 4, l’uso di multipli e sottomultipli decimali delle unità di misura, nel rispetto delle abitudini e degli usi. Molte volte non viene considerato il signifi-cato della parola “decimali” che, invece, è molto importante e fa capire se un determinato uso è ammesso o meno.Nel caso specifico, la regola è la determinazione del prezzo per unità di misura calcolato in chi-logrammo, ma è anche consentito l’uso di un sottomultiplo decimale.Il primo valore decimale che si ha come sottomul-tiplo di 1 kg è “100 g”, vale a dire 1.000 g/10 = 100 g.Tutta questa discussione mira a precisare che la regola generale, nel caso specifico, di realizzazione del prezzo per unità di misura è fatta con riferi-mento a 1.000 g o 1 kg, ma l’azienda interessata può indicarlo anche solamente con riferimento a 100 g.Un riferimento a valori intermedi, quali 200 g o 500 g, è vietato perché questi valori non sono sottomultipli decimali del chilogrammo.

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Si aggiunge che la dicitura “etto” non esiste, an-che se è molto diffusa nel linguaggio popolare. Quella corretta, dal punto di vista metrologico, è “100 g”.

Pesce fresco sequestrato e rigettato in mare

Del pescato fresco sequestrato dal Servizio Veterinario della Asl competente per territorio e in buono stato igienico può essere rigettato in mare alla presenza dell’autorità che ha ef-fettuato il sequestro?

Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia

Il quesito posto non è di facile interpretazione in quanto mancano alcuni elementi necessari al fine di esprimere un parere. Innanzitutto, chi ha effettuato il sequestro e per quali motivi? Alla

luce di quanto riferito circa le buone condizioni igieniche del pescato, si dovrebbe desumere che non sia stata l’Autorità sanitaria a disporre il sequestro e la successiva distruzione della merce (potrebbe essere stato un sequestro disposto dalla Capitaneria di Porto a seguito di violazione delle norme in materia di politica della pesca). A meno che il Servizio Veterinario, differentemen-te da quanto esposto, non avesse ritenuto che le condizioni igieniche dei prodotti non fossero idonee, il Veterinario Ufficiale è l’unico titolato a esprimere un parere in tal senso. Le azioni successive al sequestro e le disposizio-ni in merito al destino delle merci sequestrato (confisca o restituzione al detentore) competono comunque all’Autorità che ha disposto il seque-stro o, se del caso, al magistrato competente. Quanto al fatto se sia legittimo ributtare in mare il pescato fresco, bisognerebbe capire di cosa si tratta: di animali vivi e vitali che possono essere restituiti al proprio ambiente di vita o di prodotti ormai privi di vita assimilabili pertanto a sottoprodotti di origine animale? O ancora

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di molluschi bivalvi vivi che potrebbero essere reimmessi in acqua solo in corrispondenza di un’area di stabulazione approvata? Come si vede, le situazioni possono essere molto diversificate e una valutazione di un singolo fatto senza la conoscenza completa del contesto nel quale si sono svolti i fatti non può permet-tere, al di là delle considerazioni effettuate, di esprimere un giudizio definitivo.

La pasta fresca deve essere sottopostaad un trattamento termico equivalente almenoalla pastorizzazione

Sull’etichetta di una confezione di pasta fresca è riportata la dicitura “Non pastorizzato. Più salutare”.Tale indicazione può essere utilizzata?

Risponde Giuseppe De GiovanniEsperto di Etichettatura degli Alimenti

Il decreto del Presidente della Repubblica n. 187/2001 prescrive che la pasta fresca sia sot-toposta ad un trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione.Enunciare, pertanto, la dicitura “Non pastoriz-zato. Più salutare” significa contravvenire a una disposizione di legge.

Sconfezionamento,porzionaturae riconfezionamentodi salumi e formaggi

Un’azienda che svolge attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari con annesso laboratorio di porzionamento ed imbustamento di salumi e formaggi (regolar-mente denunciato tramite Scia al Comune e all’Asl) può procedere a porzionare o affettare salumi e formaggi prodotti da altre aziende, togliendoli dall’involucro originale (sottovuoto) e mettendoli a pezzi o affettati sottovuoto o in vaschette con pellicola termosigillata, ovvia-mente riportando sull’etichetta gli ingredienti, i valori nutrizionali, la scadenza, il bollo CE del produttore così come riportato sull’etichetta originale e il nominativo e l’indirizzo dell’azienda che lo ha porzionato? L’azienda che effettua il porzionamento ed il riconfezionamento è tenuta a chiedere il bollo CE, considerato che si tratta di attività marginale e per la vendita al dettaglio? Il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e il Pecorino Romano Dop possono essere preven-tivamente porzionati e “preimballati” (messi sottovuoto) all’interno del laboratorio in assenza del dettagliante o del consumatore finale?

Risponde Stefano SenatoreAvvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti

In linea di principio, salvo diversi vincoli contrat-tuali assunti con i propri fornitori, l’operatore del settore alimentare (Osa) che acquista salumi e formaggi preimballati può procedere al loro sconfezionamento, alla porzionatura e al suc-cessivo riconfezionamento ai fini della vendita al dettaglio.Resta fermo che, qualora la commercializzazione riguardi prodotti alimentari a denominazione di origine protetta (Dop), eventuali restrizioni al riconfezionamento potrebbero derivare dai singoli disciplinari di produzione.A titolo esemplificativo, si consideri il disciplinare del Parmigiano Reggiano Dop, laddove impo-ne che qualunque operazione di porzionatura, grattugiatura e confezionamento venga effet-tuata, esclusivamente, da Osa situati nella zona

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di origine e sottoposti al sistema di controllo.In senso analogo, prevede anche il disciplina-re del Grana Padano Dop, secondo il quale le attività di condizionamento del prodotto sono riservate ai soli soggetti muniti di autorizzazione del Consorzio di Tutela.Le suddette limitazioni, sia per il Parmigiano Reggiano che per il Grana Padano, non si ap-plicano tuttavia ai dettaglianti che vendono il prodotto direttamente al consumatore finale. Questi potranno, pertanto, porzionare e con-fezionare i formaggi a prescindere dalla collo-cazione geografica del loro stabilimento, senza doversi assoggettare al sistema dei controlli né dover conseguire specifiche autorizzazioni.Molti altri disciplinari – come quello del Pecorino romano Dop – non prevedono invece alcun limite per le attività oggetto del quesito, che rimangono quindi liberamente realizzabili.In merito alle modalità con cui devono essere poste in essere le operazioni di porzionatura e riconfezionamento, la disciplina applicabile

differisce a seconda che la vendita al dettaglio sia rivolta ai consumatori finali oppure ad altri operatori (va evidenziato, infatti, che il rego-lamento (CE) 178/2002 intende la “vendita al dettaglio” in un’accezione ampia, comprensiva di entrambe le predette tipologie di fornitura).In particolare, nel caso in cui le operazioni siano svolte nel punto vendita per la fornitura diretta al consumatore finale, l’Osa non è soggetto agli obblighi previsti dal regolamento (CE) 853/2004, in forza dell’esenzione espressamente prevista dal suo articolo 1, paragrafo 5, lettera a).Di conseguenza, il dettagliante non deve, tra l’altro, né chiedere il riconoscimento dello sta-bilimento, né apporre il marchio di identifica-zione (il cosiddetto “bollo CE”) sui prodotti venduti. Ai fini dell’etichettatura, inoltre, gli alimenti ven-gono equiparati ai prodotti non preimballati. Le uniche informazioni da fornire obbligatoriamente sono, quindi, quelle stabilite dal decreto legislativo 231/2017, ossia, per quanto qui rileva:

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• la denominazione dell’alimento;• l’elenco degli ingredienti, salvo i casi di

esenzione previsti dal regolamento (UE) 1169/2011 (al riguardo, si ricorda che ai sensi dell’articolo 19 è possibile omettere l’indicazione degli ingredienti dei formaggi, purché non siano stati aggiunti ingredienti diversi dai prodotti derivati dal latte, gli en-zimi alimentari, le colture di microrganismi necessari alla fabbricazione ed il sale);

• le modalità di conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili, ove ne-cessario.

Diversamente, qualora porzionatura e riconfe-zionamento siano finalizzati alla vendita ad altri operatori, l’Osa è tenuto a conformarsi anche alla disciplina igienica per i prodotti di origine animale di cui al regolamento (CE) 853/2004, compresi l’obbligo di riconoscimento degli sta-bilimenti e di apposizione della marchiatura di identificazione (“bollo CE”).Va peraltro precisato che il citato regolamento (CE) 853/2004, come stabilito dal suo articolo 1, paragrafo 5, lettera b), non si applica alla fornitura ad altri operatori che sia «effettuata unicamente da un laboratorio annesso all’e-sercizio di commercio al dettaglio ad un altro laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio e, conformemente alla legislazione nazionale, tale fornitura costituisce un’attività marginale, localizzata e ristretta».La suddetta eccezione – come interpretata dalla Conferenza Stato-Regioni in sede di Intesa 253/Csr del 17 dicembre 2009 – è destinata ad ope-rare laddove la fornitura sia rivolta a dettaglianti con sede nell’ambito della stessa Provincia e delle Province contermini e che non rappresenti l’attività prevalente dell’impresa alimentare in termini di volumi.Nell’ipotesi in cui sussista l’obbligo di apposi-zione del “marchio di identificazione”, va chia-rito che – diversamente da quanto prospettato nel quesito – l’Osa che rimuova la confezione originale e riconfezioni l’alimento non può ri-portare il “bollo CE” del produttore, ma deve obbligatoriamente applicare un nuovo bollo CE recante il numero di riconoscimento del proprio stabilimento (vedi l’allegato II, Sezione I, Parte A, del regolamento (CE) 853/2004).

Per quanto concerne, infine, gli obblighi di eti-chettatura, i prodotti venduti ad altri operatori devono essere accompagnati da tutte le indi-cazioni obbligatorie stabilite, per gli alimenti preimballati, dagli articoli 9 e 10 del regola-mento (UE) 1169/2011, alla cui lettura si rinvia per esigenze di sintesi.Con riguardo ai formaggi, peraltro, alle pre-dette informazioni dovrà aggiungersi anche l’indicazione dell’origine del latte usato come ingrediente, conformemente a quanto previsto dal decreto ministeriale del 9 dicembre 2016.Va precisato tuttavia che – salvo sopravvenienze normative dell’ultima ora – la disciplina da ultimo citata è destinata a trovare applicazione solo fino al 31 marzo 2020.A partire dal 1° aprile 2020, infatti, subentreranno le diverse norme sull’indicazione del Paese d’ori-gine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario contenute nel regolamento di esecuzione (UE) 2018/775.Si ritiene, inoltre, utile evidenziare che, nel de-terminare il periodo di durabilità del prodotto (data di scadenza o termine minimo di conserva-zione), l’Osa che procede al riconfezionamento non potrà limitarsi a riportare, acriticamente, il medesimo termine già stabilito dal produttore, posto che quest’ultimo si riferisce all’alimen-to mantenuto nel suo imballaggio originale. Il dettagliante sarà, invece, tenuto ad individuare autonomamente il termine di durabilità, assu-mendosi la responsabilità della scelta, sulla base delle informazioni a sua disposizione.

Esportazione di pasta seccain UE e Usa, le caratteristiche del metal detector

Quali caratteristiche deve avere un metal detec-tor utilizzato in un’industria che produce pasta secca affinché i suoi prodotti possano essere esportati nei Paesi UE e negli Usa?

Risponde Ferruccio MarelloMedico Veterinario e Consulente

I rilevatori di metalli sono onnipresenti negli stabilimenti di produzione alimentare e vengono di norma utilizzati alla fine della linea produttiva,

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come ultima linea di difesa a supporto della qua-lità e della sicurezza degli alimenti, prima che un prodotto confezionato arrivi al consumatore. La tecnologia di base ha sempre presentato limi-tazioni e compromessi, come i disturbi che pos-sono interferire con i segnali, e con l’effetto del prodotto, che può far sì che, per esempio, un prodotto umido venga confuso con un metallo.Mentre nel corso degli anni la tecnologia di rilevamento dei metalli si è lentamente evoluta, le sfide incontrate dalle industrie di produzioni alimentare sono notevolmente cambiate.Perché è così difficile rilevare i metalli negli ali-menti? Il rilevamento dei metalli è facile, quan-do funziona. Il problema è che, purtroppo, non funziona sempre. Esistono barriere fondamentali all’ottenimento di prodotti privi di metalli al 100%:

• il rilevatore di metalli deve essere in grado di trovare tutto, ovunque, in qualsiasi pro-dotto, sempre. Ciò può essere scoraggiante, considerando il volume della produzione di ogni singola linea in un giorno e i pezzi di tutte le diverse tipologie di metallo che sono presenti in una fabbrica o che si possono trovare negli ingredienti;

• i rilevatori di metalli utilizzano campi elet-tromagnetici per trovare oggetti che sono magnetici e conduttivi. La maggior parte dei prodotti alimentari umidi contengono sale o minerali che, quando sottoposti a cam-pi elettromagnetici, appaiono magnetici e

conduttivi. Ignorare il prodotto e trovare i metalli non è così facile come sembra;

• gli oggetti metallici estranei di piccole di-mensioni presentano segnali molto piccoli e il rilevatore di metalli opera in fabbriche con molte fonti possibili di disturbo ambientale, che possono confondere i componenti elet-tronici e il software del rilevatore.

Non esiste una frequenza di funzionamento “migliore” per un rilevatore di metalli. È ampia-mente noto che il ferro è il metallo più semplice da rilevare a causa delle sue proprietà magne-tiche. I magneti attraggono il ferro. Un campo elettromagnetico reagisce maggiormente in presenza di un metallo ferroso al suo interno e più bassa è la frequenza, maggiore è la reazione.Al contrario, l’acciaio inossidabile, che contiene solo una piccola quantità di metallo ferroso, possiede poca o nessuna proprietà magnetica. Trovare acciaio inossidabile con un rilevatore di metalli richiede l’uso di frequenze alte, perché il campo ad alta frequenza induce una corren-te nell’acciaio inossidabile, creando un nuovo campo, il che interagisce con il campo originale nel rilevatore di metalli, generando un segnale.La conclusione logica potrebbe essere che il miglior rilevatore di metalli è quello in grado di operare ad una frequenza bassa e ad una alta, ma la questione non è così semplice: dimensio-ni diverse dello stesso metallo hanno reazioni magnetiche e conduttive diverse; le leghe di

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filo diretto con l’esperto

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metallo, inoltre, hanno anche loro reazioni dif-ferenti; la forma, l’orientamento e la posizione del metallo, infine, possono cambiare i segnali risultanti in un rilevatore di metalli.Quale sarà, quindi, la frequenza “migliore” per tutte le applicazioni relative al rilevamento dei metalli? Al momento dell’acquisto è generalmente pos-sibile scegliere un insieme di frequenze, da 50 kHz a 1.000 kHz, ottenendo risultati differenti e bisognosi di specifici test da effettuare sullo spe-cifico prodotto, che andrà scansionato, in tutte le sue pezzature finali e nell’imballaggio, in cui andrà inviato a destinazione, purché le modalità di sigillatura dell’imballaggio non prevedano parti chiudenti in metallo. Si avrà così il vantaggio di usare una frequenza vicina a quella ideale per qualsiasi tipo di metallo che si può incontrare. Il risultato è che la probabilità di rilevamento cre-sce in maniera esponenziale e le contaminazioni scompaiono. La sensibilità risulta ottimizzata in quanto si utilizza la frequenza ottimale per ciascun tipo di metallo di interesse.I rilevatori di metalli utilizzano una tecnica per ignorare gli effetti magnetici e conduttivi dei pro-dotti chiamata “fase”. Qualsiasi prodotto passi attraverso il rilevatore di metalli con un rapporto noto tra segnale magnetico e segnale conduttivo al di sotto di una certa soglia viene ignorato. Il problema è che i segnali generati in un rilevato-re di metalli da pezzi casuali di metallo possono variare molto. Prima o poi, il loro angolo di fase combacia esattamente con l’angolo di fase del prodotto. Poiché il segnale del metallo è molto piccolo rispetto al prodotto, il metallo non viene rilevato.Molto importante è vincere i disturbi per rilevare pezzi di metallo di piccole dimensioni, perché tutti gli strumenti che cercano di individuare piccoli cambi di segnale, come un rilevatore di metalli che cerca di trovare un frammento di metallo del diametro di 1 mm in una pagnotta di pane appena sfornato, hanno bisogno di un ambiente di lavoro “tranquillo”, in modo da potersi concentrare nella ricerca del “segnale” del metallo. Gli ingegneri lo chiamano rapporto segnale/disturbo. Più grande è, meglio è.Le bobine o l’antenna del rilevatore di me-talli dovrebbero essere stampate in materiale

estremamente rigido, in modo che non si muovano in relazione alla struttura in acciaio inossidabile, evento che creerebbe piccoli falsi segnali.L’elettronica interna dovrebbe essere protetta da più livelli di schermatura e assicurare che eventua-li campi elettromagnetici esterni non penetrino all’interno, compromettendo il rilevamento. L’alimentatore dovrebbe essere progettato per respingere il disturbo presente nella rete dell’ali-mentazione elettrica e, per essere sicuri, dovreb-be anche essere stato incluso un filtro di linea supplementare. L’apparato dovrebbe poi essere corredato di provini certificati da utilizzare per la calibrazione quotidiana, rappresentati da sfere, bacchette, piastrine o altri supporti assimilabili certificati, in ragione di almeno un ferroso, un non ferroso e un acciaio inox.La dimensione dei test certificati per l’utilizzo nell’Unione europea non dovrebbe superare i 2-2,5 mm, mentre per il mercato Usa, la Food and Drug Administration (Fda), l’Agenzia statunitense per gli Alimenti e i Medicinali, considera pericoloso un corpo estraneo di dimensione compresa fra i 3,5 e i 7 mm, sottintendendo l’innocuità per il par-ticolato inferiore a 3,5 o superiore a 7. Regolando le prove sullo standard UE, si può, dunque, esser sicuri di ottemperare anche allo standard Fda, di per sé meno restrittivo.Standard volontari come quelli BRC e IFS, nonché diversi capitolati di fornitura di grandi distributori internazionali, prescrivono anche la presenza di espulsori automatici delle confezioni rilevate so-spette non conformi, non risultando più adeguate le soluzioni precedentemente molto diffuse, come l’arresto della linea, l’attivazione di un allarme sonoro o l’accensione di una luce di allarme.Questi espulsori devono materialmente allonta-nare le confezioni sospette dalla linea per spinta laterale o per caduta, prevedendo un conteni-tore a lato o al di sotto del nastro, chiuso con chiave e, quindi, non apribile dall’operatore, al fine di ottenere una maggiore garanzia di impossibile riutilizzo involontario ed erroneo delle confezioni scartate.In ultimo, va richiesta alla ditta venditrice e instal-latrice dell’apparato un certificato di taratura, col-laudo e calibrazione del metal detector al “tempo 0”, in seguito al cui ricevimento inizieranno poi le verifiche quotidiane da parte degli utilizzatori.

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Il testo è rivolto sia agli studenti, sia agli operatori del Sistema Sanitario Nazionale, nonché ai professionistiche si occupano di tecnologie e sicurezza degli alimenti.

CONTENUTI

PARTE GENERALE• L’igiene e le tecnologie alimentari nelle filiere dei prodotti di origine animale• La conservazione degli alimenti• Il confezionamento degli alimenti• L’etichettatura dei prodotti alimentari• La sanificazione nelle industrie alimentari

PARTE SPECIALE• Igiene e tecnologie dei prodotti carnei• Igiene e tecnologie del latte, del colostro e dei prodotti derivati• Igiene e tecnologie dei prodotti della pesca freschi e trasformati• I prodotti dell’alveare• Uova e ovoprodotti• Diagnostica analitica degli alimenti• Principali malattie trasmesse con gli alimenti di origine animale

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