Valutazione degli esiti del trattamento con EMDR mediante...

108
1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Dipartimento di Psicologia Generale Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica Tesi di Laurea Magistrale Valutazione degli esiti del trattamento con EMDR mediante il test CBA-VE Evaluation of EMDR treatment outcome using CBA-OE Relatore Prof. Paolo Michielin Correlatore Dott.ssa Nilla Verzolatto Laureanda: Silvia Scalingi Matricola: 1080707 Anno accademico 2015/2016

Transcript of Valutazione degli esiti del trattamento con EMDR mediante...

1

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

Dipartimento di Psicologia Generale

Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica

Tesi di Laurea Magistrale

Valutazione degli esiti del trattamento con EMDR

mediante il test CBA-VE

Evaluation of EMDR treatment outcome using CBA-OE

Relatore

Prof. Paolo Michielin

Correlatore

Dott.ssa Nilla Verzolatto

Laureanda: Silvia Scalingi

Matricola: 1080707

Anno accademico 2015/2016

2

3

A nonno Totti e Zio Meme.

4

5

INDICE

Introduzione…………………………………………………………………………….7

CAPITOLO I: L’EMDR……………………………………………………………...11

1.1 Basi teoriche dell’EMDR: Eyes Movement Desensitization and Reprocessing…...11

1.2 Le fasi del trattamento……………………………………………………………...17

1.2.1 Prima fase: la storia del paziente…………………………………………20

1.2.2 Seconda fase: Preparazione………………………………………………22

1.2.3 Terza fase: Assessment…………………………………………………...23

1.2.4 Quarta fase: Desensibilizzazione…………………………………………25

1.2.5 Quinta fase: Installazione………………………………………………....26

1.2.6 Sesta fase: Scansione corporea…………………………………………...26

1.2.7 Settima fase: Chiusura……………………………………………………27

1.2.8 Ottava fase: Rivalutazione………………………………………………..27

1.3 I movimenti oculari: le ipotesi……………………………………………………...28

1.3.1 Ipotesi della sincronizzazione emisferica………………………………...28

1.3.2 Ipotesi del sonno REM…………………………………………………...29

1.3.3 Altre ipotesi……………………………………………………………….30

CAPITOLO II: EFFICACIA TEORICA DELL’EMDR E DI ATRE TECNICHE

TERAPEUTICHE NEI SINGOLI DISTURBI……………………………………...33

2.1 I Disturbi d’Ansia…………………………………………………………………..33

2.1.1 Il Disturbo d’Ansia Generalizzato…………………………………………...34

2.1.2 Il Disturbo di Panico…………………………………………………………38

2.2 I Disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti………………………………..41

2.2.1 Il Disturbo Acuto da Stress…………………………………………………..42

2.2.2 Il Disturbo Post Traumatico da Stress……………………...………………..46

2.2.3 Il Disturbo dell’Adattamento e e il Lutto Traumatico……………………….50

6

CAPITOLO III: EMDR, STUDI DI EFFICACIA NELLA PRATICA CLINICA.57

3.1 L’efficacia clinica…………………………………………………………………..57

3.2 L’efficacia clinica dell’Emdr nel Disturbo d’Ansia Generalizzato………………...60

3.3 L’efficacia clinica dell’Emdr nel Disturbo di Panico………………………………61

3.4 L’efficaia clinica dell’Emdr nel Disturbo Post Traumatico da Stress………………62

3.5 L’efficacia clinica dell’Emdr nel Disturbo Acuto da stress………………………...63

3.6 L’Efficacia clinica dell’Emdr nel Lutto traumatico………………………………...64

CAPITOLO IV: LA RICERCA………………………………………………………67

4.1 Obiettivi e ipotesi…………………………………………………………………...67

4.2 Metodo……………………………………………………………………………...68

4.2.1 Campione…………………………………………………………………......69

4.2.2 Procedura……………………………………………………………………..71

4.2.3 Strumenti di valutazione……………………………………………………...72

4.3 Analisi statistica…………………………………………………………………….73

4.4 Discussione dei risultati………………………………………………………….....82

4.5 Conclusioni, limiti e prospettive future…………………………………………….90

BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………...93

APPENDICE A………………………………………………………………………103

7

INTRODUZIONE

[…] credo che non bisogni vegliare troppo nella vita,

cioè aspettare ogni giorno il tempo che arriva con

una specie di rancore, un’ansia di avvenimenti e di soluzioni.

Bisogna forse abbandonarsi ad una specie di sonno,

cioè lasciarsi vivere e cadere alle sole cose che sono vere

e che maturano da sé fatalmente se non si cercano con avidità e rabbia:

il lavoro e l’amore. Il primo è forse la cosa più vera

e se si crede in lui senza fretta né smanie

finisce sempre per mantenere le sue promesse.

Il secondo arriva, ma cercarlo è inutile e volerlo anche…

Elsa Morante, 20 Maggio 1937

Il presente lavoro di tesi si è concentrato sulla valutazione degli esiti del trattamento

terapeutico mediante EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) in un

campione di 38 pazienti trattati presso il Servizio di Psicologia clinica U.O.S dell’Ulss

10 ‘’Veneto Orientale’’, Presidio Ospedaliero di Portogruaro. L’EMDR è una tecnica

innovativa integrata, messa a punto da Francine Shapiro nel 1989, che sfrutta i

movimenti oculari da stimolazione bilaterale alternata, in grado di accelerare la

desensibilizzazione e l’elaborazione di eventi traumatici disturbanti e che integra

modelli teorici derivanti da diversi orientamenti psicologici. Inizialmente impiegata per

la risoluzione di traumi gravi e complessi, con il passare del tempo, sempre maggiori

ricerche in ambito clinico, hanno portato all’impiego di questa tecnica in tutte quelle

situazioni negative e di disagio che impediscono alla persona di raggiungere uno stato di

8

salute e benessere ottimali. Partendo dal concetto di elaborazione accelerata

dell’informazione come sistema innato, infatti, la Shapiro ha teorizzato e sperimentato

un metodo che potesse facilitare l’elaborazione di informazioni rimaste bloccate in

seguito ad esperienze traumatiche. La formazione di memorie disfunzionali porterebbe

infatti attivare nel paziente stili di risposta disadattivi e, a lungo termine, sfociare in

sintomi psicopatologici. In questo modo, attraverso un protocollo a otto fasi, l’EMDR

sembra riattivare il normale processo di elaborazione, portando questi ricordi ad una

integrazione nella memoria tale da condurre il paziente ad interpretare l’esperienza in

modo costruttivo e positivo. Ciò che viene riprocessato, sono tutte quelle informazioni

costitutive dell’evento traumatico che, in seguito a fenomeni dissociazione traumatica,

rimangono isolate dal resto della rete mnestica neurale e private della integrazione con

le altre presenti in memoria. Queste informazioni posso essere riassunte in quattro

categorie: aspetti percettivi, considerando l’immagine peggiore dell’evento, le

cognizioni ed emozioni negative innescate e le sensazioni fisiche disturbanti.

Nell’ultimo decennio, l’EMDR ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali,

che lo hanno accreditato come una terapia breve elettiva per il Disturbo da Stress Post-

Traumatico ed un grande lavoro sperimentale è attualmente in corso per indagare il

‘’potenziale d’azione’’ dell’EMDR nel trattamento di altri disturbi (disturbi d’ansia,

alimentari e dell’umore). La ricerca inoltre, è interessata sempre di più a spiegare i

meccanismi fisiologici sottostanti il funzionamento di questa tecnica, con attenzione

maggiore al ruolo dei movimenti oculari.

Monitorare gli esiti di un trattamento psicologico assume un’estrema importanza nel

panorama clinico e la valutazione degli effetti prodotti dalla psicoterapia dovrebbe

guidare sempre più la pratica clinica, per determinare se e quanto si riscontri un

9

miglioramento in termini di riduzione dei sintomi ed incremento del benessere nei

pazienti. L’obiettivo di questa ricerca risiede, dunque, nel rilevare le differenze nei

punteggi, prima e dopo il trattamento, nelle cinque scale del test CBA-VE (Cognitive

Behavioural Assessment) di valutazione degli esiti in pazienti che hanno seguito un

percorso di psicoterapia con EMDR. Atro tipo di valutazione è avvenuta considerando il

livello delle due scale di controllo VOC e SUD (validità della cognizione positiva e

unità di disagio soggettivo), caratteristiche del protocollo standard; i punteggi sono stati

raccolti all’inizio e alla fine della terapia in merito ad uno specifico target traumatico. In

aggiunta, è stata registrata la percentuale soggettiva di miglioramento espressa dalla

psicoterapeuta, al fine di dare rilievo anche alla percezione di cambiamento e di

raggiungimento degli obiettivi terapeutici. In seconda istanza, dato l’interesse

scientifico emergente negli ultimi anni circa le potenzialità e l’efficacia di questo

intervento terapeutico anche per disturbi diversi dal PTSD, altro scopo del seguente

studio è confermare l’ipotesi di efficacia clinica dell’EMDR anche per i disturbi d’ansia,

valutando la presenza del miglioramento e la presenza di eventuali differenze di

punteggi. Nel seguente studio, infatti sono presi in considerazione i disturbi ansiosi tra

cui il Disturbo d’Ansia Generalizzata e il Disturbo di Panico, ed i disturbi correlati ad

eventi stressanti e traumatici tra cui il Disturbo Post Traumatico da Stress, il Disturbo

Acuto da stress, il Disturbo dell’Adattamento ed il Lutto Traumatico. Per motivi

riguardanti la numerosità del campione ed in particolare a causa della scarsa numerosità

di soggetti per le diverse diagnosi considerate, è stato utile suddividere il campione in

due gruppi: disturbi ansiosi e disturbi traumatici, coerentemente con la nuova

suddivisione del Manuale Diagnostico DSM-5.

10

Nel primo capitolo è descritto l’approccio EMDR in tutte le sue otto fasi, con la

presentazione degli assunti teorici e pratici e le ipotesi circa i meccanismi di

funzionamento. Nel secondo capitolo sono presentati gli studi riguardanti l’efficacia

teorica dell’EMDR e di altri approcci terapeutici per i disturbi considerati nella seguente

ricerca, in riferimento alle evidenze scientifiche odierne. Nel terzo capitolo, dopo una

breve introduzione sul ruolo e l’importanza dell’efficacia clinica nel panorama

psicoterapico e psicologico clinico e una descrizione degli strumenti utilizzati a tale

scopo (tra cui il CBA-VE), sono presentati alcuni studi esemplificativi circa l’efficacia

clinica dell’EMDR negli specifici disturbi. Infine, nel quarto ed ultimo capitolo, sarà

presentata la ricerca di tipo osservazionale per la valutazione degli esiti, eseguita

mediante la somministrazione e la successiva raccolta dei punteggi ottenuti al test CBA-

VE prima e dopo il trattamento. Nell’Appendice A saranno riportati gli item del test in

versione integrale.

11

CAPITOLO I

L’EMDR

1.1 BASI TEORICHE DELL' EMDR: EYES MOVEMENT DESENSIZATION AND

REPROCESSING

L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e

Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è una tecnica innovativa ideata da

Francine Shapiro, oggi largamente utilizzata per la risoluzione dei traumi psicologici.

Nel 2004 è stata inserita nelle linee guida APA come trattamento evidence based per il

disturbo Post Traumatico da Stress e le continue ricerche confermano la sua validità per

i disturbi a base traumatica. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’agosto

del 2013, ha riconosciuto l’EMDR come trattamento efficace per la cura del trauma e

dei disturbi ad esso correlati. Questa metodologia fu introdotta nel 1989 con dei primi

studi controllati che valutavano gli effetti di una sessione di trattamento con veterani di

guerra o persone che avevano subito abusi sessuali (Shapiro, 1989) e si è da subito

dimostrata efficace nell’alleviare lo stress e i sintomi associati ai ricordi traumatici.

Quest'articolata procedura terapeutica è rivolta al trattamento di pazienti che presentano

una condizione generale di distress psicologico dovuta a un evento traumatico, recente o

remoto, particolarmente rilevante a livello emotivo. L'EMDR a oggi rivela una notevole

efficacia clinica e non solo ha raggiunto un ampio riconoscimento internazionale come

trattamento di prima linea per il disturbo Post Traumatico da Stress, ma la sua

applicazione produce effetti significativi di benessere per una vasta gamma di problemi

clinici trauma- correlati. L’efficacia sembra non essere circoscritta unicamente ai traumi

12

che rientrano nella definizione del DSM, ‘’ il soggetto ha provato, assistito o si è trovato

di fronte ad un elevato pericolo di morte o di gravi ferite, o a una minaccia alla propria

integrità fisica o a quella degli altri; la risposta del soggetto comprende paura,

vulnerabilità o orrore intensi’’ o dell’ICD-10 ‘’eventi di natura eccezionalmente

minacciosa o catastrofica, in grado di provocare malessere in quasi tutte le persone’’,

ma può essere estesa anche a traumi di minore gravità, che hanno comunque un impatto

sull'individuo. In entrambi i manuali è evidenziata maggiormente la natura dell’evento e

la sua gravità, rispetto all’elaborazione soggettiva dell’evento stesso. Pertanto, una

diagnosi di disturbo traumatico non dovrebbe basarsi esclusivamente sulla sola gravità

dell’evento (Lingiardi, 2004). Il trauma, più che essere connesso in modo privilegiato al

PTSD, sembra doversi considerare un elemento trasversale di parte significativa della

psicopatologia (Bremner, Vermetten, Southwich, Krystal, Charney, 1998; Briere, 1997;

Williams, Joseph, 1999). Secondo l’autore Van der Kolk esposizioni ripetute e

cumulative sono un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi psichiatrici quali

depressione e disturbo di panico, attaccando l’identità del soggetto e la prevedibilità del

mondo. L’autore afferma inoltre come la patologia traumatica possa nascere non solo

come reazione a eventi straordinari, ma anche eventi comuni e di minore intensità. La

Shapiro riprendendo questo concetto, suddivide i traumi in due categorie: quelli con la T

maiuscola (esperienze traumatiche intense e/o protratte nel tempo) e quelli con la t

minuscola (esperienze traumatiche di minore intensità e soggettivamente disturbanti) ed

evidenzia come possono portare allo stesso quadro sintomatologico (Shapiro, 1995). In

generale si può affermare che ‘’il rischio traumatico è tanto maggiore quanto più

l’evento è forte, ma anche quanto più esso è protratto e ripetuto, quanto più coglie la

13

persona sola e impreparata, quanto più esso colpisce in età infantile ’’ (Fernandez, I., &

Giovannozzi, G., 2012).

Le evidenze sperimentali sempre crescenti riportano un’efficacia della terapia con

EMDR nel supporto di tutte le esperienze negative, che pur non mettendo in pericolo la

vita della persona sono molto stressanti o generano sintomi post traumatici. Presupposto

teorico dell’EMDR è che qualunque reazione disfunzionale attuale sia sempre il

risultato di un’esperienza precedente e non necessariamente infantile ed il lavoro si

concentra sul ricordo traumatico, su come l’individuo interpreta le informazioni ad esso

connesse e su tutte le sue componenti soggettive con particolare attenzione all’emotività

ed alla conseguente reattività a stimoli semanticamente simili al ricordo originario

(Simonetta, 2010). Inizialmente questo metodo assunse un orientamento prettamente

comportamentale, uno strumento utile alla sola desensibilizzazione dell’ansia: infatti,

l’acronimo iniziale ‘’EMD’’ si rivolgeva all’aspetto ansiogeno e invasivo del ricordo e

l’utilizzo dei movimenti oculari sembrava produrre effetti decondizionanti nei confronti

delle memorie traumatiche con conseguente diminuzione del disturbo. In seguito la

metodica è stata via via affinata concettualmente ed empiricamente, mutando il nome in

"EMDR" nel momento in cui la Shapiro si è resa conto che la procedura da lei

sviluppata produceva molto di più di una semplice desensibilizzazione, modificando

profondamente la rete d’informazioni e ricordi connessa al trauma oggetto

dell'intervento e determinando una vera e propria rielaborazione cognitiva (Shapiro,

1995). L’EMDR poggia le sue basi sul sistema intrinseco di elaborazione delle

informazioni e sui meccanismi d’immagazzinamento della memoria: la ricerca ha

dimostrato come alcuni tipi di stimolazione prodotti dal terapeuta attivino il processo

elaborativo ed in particolare i movimenti oculari sono stati il primo tipo di stimolazione

14

individuati utili a questo scopo. I movimenti oculari tipici dell’EMDR, infatti, sono solo

un tipo di stimolazione bilaterale alternata (destra-sinistra). Questo tipo di stimolazione

è definita duale o divisa, poiché durante la procedura il paziente presta attenzione

all’immagine più disturbante dell’esperienza traumatica, alle convinzioni negative, nota

il disturbo emotivo localizzandolo a livello corporeo, e contemporaneamente presta

attenzione ad uno stimolo esterno ritmico bilaterale proposto dal terapeuta. Tale

stimolazione alternata può assumere diverse forme sensoriali: i movimenti oculari,

movimenti tattili o stimoli uditivi consistono rispettivamente nel muovere gli occhi da

destra a sinistra seguendo le dita del terapeuta, un tamburellamento (alternando destra a

sinistra) su alcune parti del corpo, principalmente sul dorso delle mani o l’ascolto di

suoni alternati (da destra a sinistra) presentati alle orecchie. Nonostante l’efficacia di

tutte queste modalità d’input, la stimolazione oculare è maggiormente utilizzata, in

quanto gode di notevole flessibilità applicativa; il terapeuta, infatti, può adattarle al

paziente e modificare l’andamento dei movimenti in base alla sua comunicazione meta-

verbale. Questi movimenti sembrano accelerare la desensibilizzazione di eventi

traumatici disturbanti riavviando l’elaborazione del materiale mnestico rimasto bloccato

in seguito ad un trauma. La correlazione tra movimenti oculari ed elaborazione

d’informazioni fu scoperta casualmente da Francine Shapiro nel 1987 ed il grande

merito della ricercatrice è stato quello di aver dato vita a un’imponente ricerca

scientifica su questa correlazione ed averne intuito l’applicabilità clinica mettendo a

punto un protocollo d’intervento per l’elaborazione del trauma (Fernandez, Giovannozzi

2012). Al momento non ci sono risposte univoche circa il meccanismo di

funzionamento dei movimenti oculari, ma più avanti saranno prese in considerazione

alcune ipotesi. Il lavoro con EMDR si focalizza quindi sul ricordo disturbante

15

mantenuto in memoria in modo non funzionale, per riattivarne e completarne

l’elaborazione interrotta, ricollegando il materiale bloccato al resto delle informazioni

immagazzinate. In questo modo l’insieme delle convinzioni negative, delle emozioni e

delle sensazioni corporee, che era rimasto in forma implicita nel cervello, è esplicitato,

reso consapevole e integrabile con l’intero sistema, generando un’esperienza integrata

in uno schema emotivo e cognitivo positivo (Fernandez, 2012). Inseguito al trattamento

con EMDR gli stessi ricordi, si presentano con immagini meno disturbanti, con pensieri

più positivi e con un’emotività adeguata (Arnone, Orrico, D’Aquino,Di Munzio, 2012).

Durante le sedute EMDR si attivano entrambi i processi (desensibilizzazione e

rielaborazione) man mano che si procede con i movimenti oculari: la

desensibilizzazione nei confronti del ricordo dell’evento traumatico e la sua

rielaborazione a livello emotivo, cognitivo e corporeo. I movimenti oculari

rappresentano solo un aspetto di una procedura ben più articolata e complessa e possono

essere definiti come dei ‘’facilitatori dell’elaborazione’’ (Fernandez, 2012). La ricerca

sta impiegando molte energie per chiarire i meccanismi sottostanti questa tecnica e

ancora oggi non sono esaustivi. Attualmente il paradigma utilizzato in modo euristico

per spiegare gli effetti terapeutici dell’EMDR è il Modello di Elaborazione Accelerata

dell’informazione elaborato dalla ricercatrice Francine Shapiro. Il modello è stato

sviluppato per spiegare la rapidità con la quale erano raggiunti i risultati terapeutici,

attraverso la costante applicazione della procedura in ambito clinico. L’AIP suppone

l’esistenza nel cervello di un sistema di elaborazione dei dati, che assimila nuove

esperienze in memoria in reti mnestiche già esistenti; queste reti di memoria sono un

insieme associato d’informazioni alla base di percezione, attitudini e comportamenti;

così percezioni di situazioni attuali sono collegate a reti associative di memoria

16

(Buchanan, 2007). Quando il sistema lavora in modo appropriato, le percezioni

sensoriali in arrivo sono integrate e collegate alle informazioni correlate già

immagazzinate in reti mnestiche, le quali consentono di dare significato all’esperienza.

In questo modo, dunque, ciò che è utile viene appreso e memorizzato in reti di memoria

con le emozioni appropriate ed è messo a disposizione per guidare la persona nel futuro

(Shapiro, 2001). Secondo questo modello, la patologia subentra qualora un’esperienza

sia processata in modo inadeguato; questa, infatti, potrebbe restare ‘’congelata’’ nelle

reti neurali, incapace di ricollegarsi alle altre reti che contengono le informazioni

adattive, generando circuiti di memoria disfunzionali. Nel caso di un ricordo

immagazzinato in modo disfunzionale, i diversi aspetti dell’esperienza sono

frammentati e possono riattivarsi in modo del tutto involontario con flashback, pensieri

automatici, immagini intrusive ecc), assumendo quindi un carattere disadattivo

(Fernandez, 2012). Secondo questa teoria il principio essenziale sottostante dell’EMDR

è che ‘’esiste un sistema insito in ogni persona che fisiologicamente è in grado di

elaborare le informazioni fino al raggiungimento di uno stato di salute mentale. Tale

risoluzione adattiva comporta la liberazione dalle emozioni negative e l’attivazione di

un processo di apprendimento, adeguatamente integrato e disponibile per usi futuri’’

(Shapiro, 2000). Quando un trauma o uno stressor sbilanciano questo sistema in

qualsiasi momento della vita, intervenire con l’EMDR determina la desensibilizzazione

e la ristrutturazione cognitiva conseguenti ad un cambiamento adattivo che avviene a

livello neurofisiologico. Il terapeuta rappresenta solamente un facilitatore di un processo

che il paziente gestisce in modo completamente autonomo. Si presume, cioè, che il

paziente possieda potenzialmente tutte le risorse necessarie per rielaborare

emotivamente e cognitivamente un evento traumatico. In realtà, in molte situazioni

17

cliniche un intervento terapeutico risulta indispensabile laddove la rielaborazione del

target d’intervento non proceda autonomamente ed efficacemente (Manfield, 1998,

Parnell, 1999). Infatti, un evento traumatico può bloccare questo meccanismo di

elaborazione naturale e in questo modo l’informazione legata ad esso potrebbe rimanere

isolata dalle altre memorie autobiografiche anche a livello neurofisiologico. Ciò che

viene conservato dell’evento sono le informazioni sensoriali originarie (suoni, odori,

immagini, ecc.) legate al momento del trauma, senza una piena elaborazione cognitivo-

affettiva consapevole. L’ipotesi del modello è confermata da recenti teorie

neurobiologiche di ri-consolidamento della memoria: i processi biologici coinvolti nel

ri-consolidamento sono differenti da quelli dell’estinzione, in cui l’obiettivo è creare

una nuova memoria sostitutiva (Cahill & McGaugh, 1998; Suzuki et al., 2004). Queste

differenze sono alla base del divario tra il modello AIP e le terapie basate

sull’esposizione (Brewin, 2006; McCleery & Harvey, 2004). La ricerca suggerisce che

in terapie basate sull’estinzione, si osserva una minore generalizzazione per eventi

simili all’originale a differenza del trattamento con EMDR, in cui il miglioramento

appare generalizzabile a eventi futuri, suggerendo il meccanismo del ri-consolidamento

(Solomon, Shapiro, 2008). La terapia multifattoriale con EMDR inoltre, potrebbe

aiutare la persona a sviluppare una migliore resilienza e un maggiore controllo

nell’affrontare eventi simili (Rost, Hoffman, e Wheeler, Zaghout-Hodali, Alissa, e

Dodgson, 2009).

1.2 LE FASI DEL TRATTAMENTO

L’EMDR è una terapia breve caratterizzata da una metodologia complessa applicabile a

una vasta gamma di disturbi. Lutti, stress prolungato ed eventi negativi sono un fattore

di rischio per tutta la psicopatologia, e questa terapia s’inserisce in un quadro preventivo

18

oltre che risolutivo per patologie depressive, ansiose fino ai disturbi di personalità. I

protocolli di trattamento EMDR (Shapiro 1995, 2001, 2006) hanno subito nel corso di

questi anni notevoli variazioni in seguito all’attenta osservazione clinica e a molteplici

studi sull’efficacia. Il protocollo standard per il PTSD, adatto ad adulti e adolescenti, è

connesso ad un singolo evento traumatico ed è il più validato e consolidato

scientificamente, tanto che i protocolli d’intervento rivolti ad altre patologie, sono un

adattamento dell’originale (Giannantonio, 2001). L’approccio EMDR come accennato

in precedenza, non è semplicemente l’applicazione di movimenti oculari, ma è

un’impalcatura costituita da diversi elementi e queste parole possono descriverne la

complessità: ‘’l’EMDR integra elementi delle teorie psicologiche (affetti, attaccamento,

aspetti comportamentali, elaborazione della bio-informazione, sistemi familiari,

elementi cognitivi, umanistici psicodinamici e somatici) ed elementi psicoterapeutici

(psicosomatici, cognitivo- comportamentali, interpersonali, incentrati sulla persona) in

un unico insieme di procedure standardizzate e di protocolli clinici’’ (Luber, 2015).

Inoltre, lo Standard EMDR Protocol sottolinea la necessità di lavorare sulle questioni

del presente, del passato e del futuro che hanno un collegamento con il problema preso

in considerazione. Infatti, il lavoro terapeutico prende in considerazione target passati (i

più precoci), i presenti (gli eventi scatenanti) e quelli futuri (gli scenari del paziente). Il

protocollo pone l’obbligo di rispettare gli undici step nelle varie fasi del trattamento:

immagine, cognizione negativa, cognizione positiva, validità della cognizione,

emozioni, unità soggettiva del disturbo, identificazione della parte del corpo in cui la

sensazione è percepita, desensibilizzazione, installazione, scansione corporea, chiusura

(Luber, 2015). I terapeuti che usano l’EMDR riportano che l’uso di protocolli strutturati

in poche sedute, può ‘’ripulire un’area di disfunzioni che può essere sembrata in

19

precedenza resistente a mesi di terapia’’ (Shapiro, 2000). L’EMDR viene considerata

una terapia ‘’svincolata dal tempo’’, gli effetti terapeutici registrati infatti non

dipendono dal numero di eventi disturbanti e dalla loro cronicità. I ricordi disfunzionali

simili tendono ad associarsi in reti neurali, in questo modo accedere a un ricordo può

attivare anche quelli semanticamente o emozionalmente affini.

La brevità del trattamento dunque potrebbe dipendere da diversi fattori:

- I ricordi possono essere affrontati in gruppi

- Si ha un accesso al materiale disfunzionale originale (connotato emotivamente e

cognitivamente)

- Sono usati protocolli mirati

- Si ha un coinvolgimento anche del piano fisiologico, circa il passaggio delle

tracce traumatiche a connotazione prevalentemente emotiva. Infatti la

risoluzione del trauma veicola queste tracce alla corteccia prefrontale dove

queste acquistano una simbolizzazione ed una ricognizione verbale.

L’EMDR è stata la prima psicoterapia a non fondarsi sulla parola: il focus

dell’attenzione è infatti rivolto a tutte le esperienze e le sensazioni fisiche, senza che

debba necessariamente spiegare al terapeuta cosa stia accadendo. In questo senso il

terapeuta deve essere ben formato per saper riconoscere quegli indicatori somatici nel

paziente che indicano la presenza di tracce traumatiche o di una elaborazione in atto.

L’accesso al ricordo avviene attraverso l’uso di target, definiti come qualsiasi elemento

che è associato al ricordo iniziale in grado di stimolare le reti mnestiche bloccate (un

sogno, un comportamento, un’emozione ecc.). Una volta attivato il processo di

20

elaborazione d’informazioni, gli stessi target saranno elaborati e associati a materiale

più adattivo, portando a manifestazioni negative sempre più sfocate e positive più

vivide. ‘’Ciò che cambia è la prospettiva con cui il soggetto guarda all’evento, cambia il

meccanismo e la qualità di risposta somatica ed emotiva collegate al ricordo e cambiano

le convinzioni nucleari negative su di sé che riguardano identità, responsabilità,

sicurezza e scelta’’ (L’area dell’emergenza-urgenza e della psicotraumatologia

oncologica, 2010). La natura associativa delle reti mnestiche consente la

generalizzazione degli effetti terapeutici ottenuti, conducendo in breve tempo alla

risoluzione dei sintomi. La terapia EMDR, approccio totalmente concentrato sul

paziente, prevede otto fasi essenziali ed è importante sottolineare che il numero di

sedute dedicate a ciascuna fase varia da paziente a paziente (Shapiro, 2000).

1.2.1 Prima fase: la storia del paziente

La prima fase è tra le più critiche e prevede l’iniziale valutazione d’idoneità del

paziente e la successiva raccolta anamnestica. A questo livello avviene la valutazione

dell’idoneità psico- fisica della persona ad essere sottoposta alle sedute e la sua capacità

nel gestire situazioni sfavorevoli. Il terapeuta deve infatti accertare la stabilità del

paziente nel sopportare una continua esposizione al ricordo traumatico. Il riaffiorare del

ricordo o delle immagini connesse potrebbe far emergere sensazioni fisiche o emozioni

associate spiacevoli, e questo potrebbe portare a una ri-traumatizzazione. In questa fase

iniziale avviene inoltre la valutazione dello stile di attaccamento che fornisce

informazioni importanti circa le modalità relazionali e il grado di predisposizione

dell’individuo alla patologia.

Per la valutazione dell’idoneità sono considerati i seguenti fattori:

21

- Il livello di rapporto con il terapeuta: i pazienti dovrebbero essere in grado d

sentirsi a proprio agio nello sperimentare un elevato livello di vulnerabilità ed

essere disposti a dire quello che provano senza omissioni, soprattutto riguardo

alle emozioni esperite e alla loro intensità. In questa sede il terapeuta dovrà

essere abile nel trasmettere messaggi di sicurezza e sottolineare quanto la verità

sia alla base di una buona alleanza terapeutica.

- Disturbi emotivi: Il terapeuta deve assicurarsi che il paziente riesca a

fronteggiare l’emergere di emozioni forti e disturbanti nel corso delle sedute e

tra una seduta e la successiva. A questo scopo è utile addestrare i pazienti a

tecniche di autocontrollo e di rilassamento. Si sottolinea tuttavia che il Terapeuta

EMDR è addestrato a gestire eventuali abreazioni in seduta.

- Stabilità e adeguati supporti: il terapeuta deve indagare la capacità del paziente

nella gestione di possibili abreazioni e l’assenza di pressioni esterne al paziente

che ne incrementano la fragilità. Inoltre è importante che i pazienti abbiano

adeguati rapporti sociali e legami di supporto, in caso contrario, il terapeuta

procederà con maggiore cautela.

- Salute fisica generale: Il terapeuta deve escludere ogni tipo di patologia connessa

al sistema respiratorio o cardiaco. Inoltre, è importante sottolineare che in

nessun caso l’EMDR deve essere proseguito se i pazienti riportano di provare

dolore agli occhi (Shapiro, 2000).

Se la persona è giudicata idonea, il professionista EMDR inizia con la raccolta

d’informazioni anamnestiche. L’anamnesi comprende un ricco quadro clinico:

comportamenti disfunzionali, sintomi, durata e caratteristiche salienti del paziente. In

22

questa fase è importante che si comprenda la storia del problema, la causa primaria, la

gravità e i collegamenti con altri fatti. Per la progettazione del piano terapeutico e la

stipulazione degli obiettivi, i terapeuti devono determinare quali problemi è necessario

affrontare con tecniche di training, problem solving o gestione dello stress e quali sono

basati su informazioni disfunzionali che ne richiedono l’elaborazione (Shapiro, 2000).

Infine sono considerati gli avvenimenti che hanno scatenato la patologia, le cause attuali

e i tipi di comportamenti positivi necessari per la risoluzione futura e si costruisce una

sequenzialità di trattamento, sempre modificabile nel corso delle sedute.

1.2.2 Seconda fase: preparazione

La seconda fase facilita notevolmente l’instaurarsi dell’alleanza terapeutica e prevede

l’impostazione del setting terapeutico. Il livello di fiducia tra paziente e terapeuta è un

presupposto necessario per la riuscita dell’intervento e molti pazienti potrebbero aver

bisogno di molto tempo. In questa fase è spiegato al paziente in cosa consiste il

trattamento con EMDR, fornendo alcune informazioni circa i movimenti oculari e il loro

riscontro empirico; dare informazioni accurate favorisce il grado di controllo del

paziente su ciò che affronterà, ponendolo in una condizione di sicurezza e protezione. Si

avvisa inoltre il paziente che sarà sottoposto ad una prova dei movimenti oculari, per

individuare la distanza ottimale delle dita dagli occhi, la velocità idonea e verificare

eventuali difficoltà di applicazione; è importante ribadire che può fermare la procedura

in qualunque momento.

Un fattore protettivo che consente al paziente di riportare il proprio stato emotivo a un

livello accettabile, è fornito attraverso l’identificazione di un posto al sicuro in cui lui

stesso crea nella propria immaginazione un posto positivo utile per la gestione di

23

materiale disturbante emerso durante la seduta. Puntare sulle risorse del paziente e dei

suoi ricordi positivi sembra ottimizzare l’elaborazione ed evitare una devastazione

emotiva. Sempre in questo step si delineano le aspettative del soggetto, è chiesto di

firmare il consenso informato e sono presi in considerazione eventuali dubbi e paure.

1.2.3 Terza fase: Assessment

In questo momento della terapia, avviene il vero e proprio accesso al ricordo stimolando

le informazioni memorizzate al tempo del trauma. Il professionista EMDR inizia

insieme al paziente l’analisi di tutte le componenti emotive, cognitive, sensoriali e

fisiche del ricordo target selezionato, consapevole del forte impatto che queste possono

avere. Al paziente è chiesto di esprimere il maggior numero di elementi connessi al

ricordo traumatico che sarà elaborato in seguito. La determinazione delle componenti

segue un iter preciso e questo aiuta il terapeuta a monitorare i cambiamenti progressivi

nella codifica delle informazioni. Come punto di partenza è chiesto al paziente di

scegliere un’immagine che rappresenti l’intero evento. In seguito avviene

l’identificazione della cognizione negativa; la rievocazione di un’immagine legata

all’evento spesso causa il riemergere di disagio e di autoconvinzioni negative della

persona. La formula usata è la seguente: ‘’Quali parole accompagnano l'immagine ed

esprimono una convinzione negativa su di lei o sulla sua esperienza in questo

momento?’’. L’uso della cognizione negativa aiuta a far emergere alla consapevolezza

del paziente la sua irrazionalità nel dare giudizi a se stesso.

In modo analogo gli è chiesto di esprimere una convinzione positiva desiderata su di se:

‘’Quando pensa all'immagine, che cosa le piacerebbe credere di sé in questo momento?

‘’Che cosa vorrebbe chiedere in relazione all’evento o a se stesso? ’’. La cognizione

24

positiva ha il potente ruolo di incorporare una sensazione di autovalutazione,

proponendogli un’alternativa valida alle cognizioni negative e conducendolo ad una

maggiore generalizzazione attraverso le reti associative. Una volta determinata la

cognizione positiva è chiesto al soggetto di determinare quanto è vera in quel momento

quella cognizione, tenendo a mente l’evento originario di partenza. Il valore da

attribuire varia da 1 a 7, dove 1 rappresenta completamente falso e 7 completamente

vero. La scala in questione prende il nome di scala VOC (Validità della Cognizione).

Per stimolare ulteriormente il materiale disfunzionale, è chiesto al paziente di prestare

contemporaneamente attenzione alla cognizione negativa e all’immagine dell’evento

scelta inizialmente. Il paziente dovrà in questo caso definire il tipo di emozione provata

e stabilire il grado di disturbo che gli provoca. La scala SUD (Unità Soggettiva di

Disturbo) assume valori da 0 a 10, dove zero indica totale assenza di disturbo legato

all’emozione e 10 è il massimo. Strettamente legato all’emozione esperita dal paziente,

è il manifestarsi di sensazioni fisiche connesse. A questo punto, infatti, il terapeuta

chiede: ‘’Dove sente questa emozione nel suo corpo? ’’. La richiesta di localizzazione e

non di verbalizzazione delle sensazioni fisiche sembra agevolare ulteriormente

l’elaborazione, liberando il paziente dall’immagine dolorosa o dalle connotazioni

negative. Le due scale SUD E VOC, sono dati quantitativi informativi sul percorso che

paziente e terapeuta affrontano. La scomposizione in componenti sposta il ruolo del

paziente, da soggetto passivo ad attivo e capace di comprendere, controllare e

distanziarsi progressivamente dai sintomi. Nella terza fase si sperimentano già piccole

dosi di esposizione all’evento target e il senso di controllo facilita il decondizionamento.

Questo dimostra che l’elaborazione è già iniziata, anche in assenza dei movimenti

oculari.

25

1.2.4 Quarta fase: Desensibilizzazone

L’elaborazione del ricordo target procede a questo livello passando per la

desensibilizzazione. Affinché l’elaborazione avvenga in modo efficiente, il terapeuta

deve sottolineare al paziente l’importanza di riferire qualsiasi informazione emergente

durante il processo, anche se questa può apparire scollegata o lontana a livello

temporale. Il terapeuta invita il paziente a tenere a mente l’immagine, la cognizione

negativa connessa e la sensazione corporea seguendo la seguente formula: ‘’Richiami

alla mente l’immagine e le parole che esprimono la sua cognizione negativa e noti dove

la sente nel suo corpo. Ora segua le dita con gli occhi’’. Le tre componenti da ritenere

durante il set dei movimenti oculari, sono lo strumento necessario per entrare nella rete

mnestica disfunzionale ed intensificare le reazioni del paziente. Il numero di movimenti

oculari previsto per il primo set è di 24, al termine dei quali viene chiesto al paziente di

chiudere gli occhi e fare un respiro profondo, permettendo così lo spostamento

dell’attenzione, il riposo e la preparazione per la successiva verbalizzazione. Quando il

terapeuta lo ritiene necessario, domanda al paziente cosa accade in quel momento e cosa

nota. Il paziente riferisce generalmente nuove immagini, emozioni o sensazioni utili per

continuare l’elaborazione. La quarta fase si conclude quando il disturbo emotivo del

paziente registrato con la scala SUD è pari a 0 o a 1. La diminuzione del disturbo è

imprescindibile dalla elaborazione del materiale disfunzionale, quindi si può affermare

che desensibilizzazione e rielaborazione procedono in modo complementare durante il

corso delle sedute. Ad ogni intervallo tra un set e l’altro emergeranno nuove

informazioni che diventeranno il focus della successiva elaborazione. Una volta

elaborati tutti gli elementi associati al target di partenza, si chiede al paziente di

ritornare all’evento target originale. Quando il coinvolgimento emotivo è notevolmente

26

ridotto o eliminato viene riportato un SUD pari a 0 o a 1, ciò indica la corretta

desensibilizzazione del target e la possibilità di procedere alla ristrutturazione cognitiva

delle cognizioni disfunzionali nella fase di installazione. Molti pazienti in riferimento al

ricordo iniziale esperiscono sensazioni sfocate e di lontananza dello stesso.

1.2.5 Quinta fase: Installazione

Il lavoro si concentra sulla cognizione positiva e sul cambiamento di prospettiva

riguardo il rapporto tra il sé e l’evento. Il terapeuta chiede al paziente di valutare

l’adeguatezza della cognizione positiva scelta durante la fase di assessment. In questo

momento il paziente potrebbe riportare cognizioni positive diverse, addirittura

rafforzate. Compito del terapeuta è guidare la persona ad identificare quale sia la

cognizione positiva più significativa in quel momento, chiedendo di valutarla con la

scala VOC. Il successivo step comprende l’associazione dell’immagine originale con la

cognizione positiva scelta mentre si esegue un altro set di movimenti oculari. I set

continueranno finché non sarà raggiunto il livello massimo di VOC (indicatore di

benessere soggettivo).

1.2.6 Sesta Fase: Scansione corporea

Come già anticipato, un elemento costitutivo dell’EMDR è il prestare attenzione alle

sensazioni fisiche oltre che ad aspetti cognitivi ed emotivi. Il collegamento tra materiale

disfunzionale e reazioni corporee è evidente anche se spesso il soggetto ne è

inconsapevole. Per tale ragione il terapeuta chiede al paziente di ripensare all’evento

traumatico, alle convinzioni positive su di sé e di ripercorrere tutto il suo corpo per

verificare se ci sono ancora delle tensioni o delle sensazioni disturbanti a livello fisico.

Nel caso in cui ci siano sensazioni fisiche particolari, si procede nuovamente con la

27

stimolazione bilaterale, fino alla loro scomparsa. Questa fase può definirsi conclusa

quando è in grado di esplorare mentalmente il proprio corpo senza esperire tensioni.

1.2.7 Settima fase: Chiusura

In questa fase il terapeuta stabilizza il paziente. Portata a termine o meno la totale

rielaborazione, sarà necessario dare un feedback e delle informazioni su ciò che è

accaduto in seduta. Si informa il paziente che l’elaborazione potrebbe continuare anche

nei giorni successivi e che potrebbero affiorare pensieri, ricordi e sogni disturbanti.

Potrebbe essere utile a questo punto suggerire di tenere un diario in cui appuntare tutto

ciò che ritiene opportuno così da monitorare maggiormente il flusso di pensieri.

1.2.8 Ottava fase: Rivalutazione

Nella fase conclusiva del protocollo, il terapeuta mira a verificare la completa

elaborazione del target e in caso positivo a rafforzare i risultati ottenuti nella seduta

precedente. I risultati dovranno essere valutati tenendo in considerazione le tre

dimensioni del Protocollo Standard: in che misura il paziente si sente svincolato dal

passato, rafforzato nel presente, e con un buon senso di autoefficacia per il futuro.

In conclusione, dopo una seduta di EMDR il paziente riporta generalmente una

diminuzione dei sintomi disfunzionali accompagnata da un cambiamento di prospettiva

verso il ricordo, verso se stesso, ma anche nelle relazioni sociali.

28

1.3 I MOVIMENTI OCULARI: LE IPOTESI

I movimenti oculari rappresentano l’aspetto più discusso della tecnica EMDR e la

ricerca è impegnata soprattutto nello spiegare l’effetto terapeutico a livello fisiologico.

Ci sono ad oggi varie teorie che spiegano il coinvolgimento dei movimenti oculari

(Solomon, Shapiro, 2008) e non si esclude possano essere interconnesse.

1.3.1 Ipotesi della sincronizzazione emisferica

Come reso noto nei precedenti paragrafi, l’intervento con EMDR prevede procedure

strutturate e multifattoriali che determinano una stimolazione di reti disfunzionali di

memoria e un coinvolgimento di reti associative adattive che avviene durante le fasi di

desensibilizzazione e installazione. La stimolazione bilaterale è parte integrante di

questo processo e consente un passaggio di informazioni provenienti da altre reti

neurali. La peculiarità del sistema mnestico è che le informazioni immagazzinate

possono essere recuperate secondo un gradiente di probabilità, per cui l’accesso

dipenderà da quanto queste informazioni sono attivate a livello neurale. Nel caso dei

disturbi traumatici, i ricordi vengono archiviati nella memoria emotiva implicita sotto

forma di stati affettivi, sensazioni fisiche e sensomotorie facilmente attivabili. Le

immagini intrusive e i flashback tipici del PTSD sarebbero in tal senso un fenomeno

riconducibile alla memoria emotiva. Una forte attivazione dell’amigdala, deputata all’

interpretazione della valenza emotiva, interferisce con il lavoro di contestualizzazione

tipico dell’ippocampo, ostacolando inoltre una rappresentazione verbale delle emozioni.

Diversi studi che utilizzano la PET (tomografia ad emissione di positroni) dimostrano

una maggiore attività emisferica destra in caso di esposizione a racconti traumatici, in

particolare l’attivazione delle aree limbiche coinvolte nell’emotività. Secondo una prima

29

ipotesi, l’azione dei movimenti oculari si inserirebbe in questa cornice: alla base della

riduzione della vividezza delle immagini del ricordo traumatico, dei pensieri intrusivi,

delle emozioni invasive e di un incremento della flessibilità cognitiva, sembra esserci la

ri-sincronizzazione emisferica. In uno studio post trattamento con strumentazione

SPECT è stata registrata una maggiore attivazione delle aree emisferiche sinistre (Levin,

Lazrove, Van der Kolk, 1999); anche le registrazioni EEG al termine di una seduta

EMDR indicano uno spostamento di segnale elettrico verso regioni corticali con ruolo

prettamente cognitivo, confermando questa ipotesi (Pagani, Di Lorenzo, et al., 2011). La

caratteristica di generalizzazione dell’elaborazione dell’evento trattato può essere

spiegato in termini di passaggio da memoria sensoriale implicita ad episodica per

arrivare in memoria semantica (Siegel, 2002; Stickgold, 2002). L’autore Siegel scrive:

‘’E’ indispensabile l’integrazione dei due emisferi per leggere in modo adeguato i

problemi emotivi e sociali, e lo sviluppo e il funzionamento delle connessioni

interemisferiche è favorito o inibito dalle relazioni di attaccamento; perdite o traumi

soprattutto in età infantile possono interrompere i flussi di informazione tra le due parti,

favorendo la strutturazione di personalità fragili e incapaci di relazioni sintone ’’ (Siegel,

2010).

1.3.2 Ipotesi del sonno REM

Una delle prime idee fu quella di paragonare i movimenti oculari EMDR a quelli

fisiologicamente presenti durante la fare REM del sonno. I Rapid Eye Movenent, sono

movimenti oculari saccadici, associati ad attività neuronale intensa e sogni; secondo

molti autori questi movimenti porterebbero ad una maggiore attivazione dei due

emisferi e ad effetti sulla memoria (Onofri, 2012).

30

Le informazioni, nella fase REM del sonno, si ritiene siano processate con una

maggiore efficienza, portando anche ad un minor isolamento dell’emisfero destro

(Gabel, 1987). Anche studi sulla ritenzione in memoria, hanno rivelato una maggiore

capacità di memorizzazione durante periodi lunghi di fase REM e la preferenza per

stimoli a valenza emotiva, confermando una preminente attivazione dell’amigdala

(Wagner, Ullrich, Steffen Gais, and Jan Born, 2001). Anche se si presume uno

spostamento fisiologico di materiale emotivo/ cognitivo, questo rappresenta solo una

parte di ciò che avviene a livello cosciente (Shapiro, 2000). Sono auspicabili ulteriori

studi per chiarire questi meccanismi.

1.3.3 Altre ipotesi:

-La stimolazione bilaterare può condurre al ri-orientamento (misurato attraverso la

conduttanza cutanea) e ad una riduzione del livello di arousal (MacCulloch, M. J., &

Feldman, P., 1996) in grado di inibire o modificare la risposta d’ansia appresa

(Barrowcliff, Gray, MacCulloch, Freeman, Mac- Culloch, 2003).

- Il focus diviso dell’attenzione potrebbe ridurre l’esposizione del paziente al materiale

traumatico (Lee, C. W., Taylor, G., & Drummond, P. D., 2006).

- Si possono verificare cambiamenti sinaptici legati alla elaborazione dei ricordi (Arai,

A., & Lynch, G. 1992; Larson, J., Wong, D., & Lynch, G. (1986). La stimolazione

bilaterale interviene direttamente sulla memoria lavoro, frammentandola, rendendo così

possibile giungere ad una riduzione della vividezza e/o dell’intensità emotiva dei ricordi

stressanti o traumatici (Andrade, Kavanagh e Baddley, 1997; Engelhard, van Uijen e

van den Hout, 2010; Maxfield, Melnyk e Hayman, 2008; Sharpley, Montgomery e

Scalzo, 1996; van de Hout et al.,2001; van den Hout et al., 2011).

31

- Si possono elicitare risposte di rilassamento inseguito all’attivazione del sistema

parasimpatico, con conseguente inibizione del sistema Simpatico e desensibilizzazione

della risposta ansiosa.

- Si possono verificare cambiamenti a livello fisiologico (rallentamento del battito

cardiaco e riduzione conduttanza termica (Christman, S. D., Garvey, K. J., Propper, R.

E., & Phaneuf, K. A., 2003).

- L’EMDR può portare ad una possibile normalizzazione dei livelli di cortisolo (.Heber,

R., Kellner, M., & Yehuda, R., 2002).

32

33

CAPITOLO II

EFFICACIA TEORICA DELL'EMDR E DI ALTRE TECNICHE

TERAPEUTICHE NEI SINGOLI DISTURBI

2.1 I DISTURBI D'ANSIA

'' Nel processo evolutivo di ogni individuo, l'ansia rappresenta uno degli affetti centrali

nella regolazione dei rapporti interpersonali, oltre a svolgere un ruolo fondamentale

nella costruzione del Sè coeso e capace di agire in maniera adattiva agli stimoli

dell'ambiente esterno '' (Zennaro, 2015 p 261). L’Ansia è un’emozione secondaria che

assume ruolo adattivo, come reazione proporzionata e che insorge ogni qualvolta ci si

trovi in una situazione di pericolo e può essere più o meno razionale. Questa risposta

complessa dell'organismo si manifesta attraverso tre sistemi: psicofisiologico,

comportamentale e cognitivo. A differenza della paura, definita un’emozione primaria di

risposta ad un pericolo effettivo, l’ansia ‘’è una sensazione di disagio e tensione che si

innesca durante la previsione di quel pericolo’’ (Galassi, 2009 p. 13). L’ansia diventa

disadattiva quando provoca nella persona una reazione non adeguata alla natura dello

stimolo, con un continuo rimugino e preoccupazione verso possibili pericoli futuri e

conseguente stato di allerta prolungato. A livello cognitivo l’ansia porta il soggetto a

sentirsi impotente verso la situazione o l’evento, portandolo all’ipervigilanza e

all’evitamento. I disturbi d’ansia dunque, possono essere considerati come risposte

emotive di ansia e paura che non riescono ad essere gestite in modo adeguato,

assumendo un carattere intrusivo e debilitante per la vita della persona ed interferendo

34

negativamente nelle relazioni interpersonali oltre che sulla salute fisica e psichica

dell'individuo. Questi disturbi sono stati classicamente considerati come disturbi da

stress (Davis, 2002), in quanto, nonostante differenti eziopatogenesi, in tutti i disturbi

d'ansia si riscontra un coinvolgimento del circuito biologico di risposta allo stress. Il

mondo psichiatrico prevede due classificazioni principali e maggiormente utilizzate, una

proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e una proposta dall’American

Psychiatric Association. L’attuale edizione del Diagnostic and Statistical Manual of

Mental Disorders, DSM-5 (APA, 2013), riporta 9 disturbi d’ansia e circa le stesse

categorie si ritrovano anche nell’International Classification of Impairments,

Disabilities and Handicap, decima revisione (ICD-10; World Healt Organisation, 2006).

In questo capitolo verranno presi in considerazione il disturbo d’ansia generalizzato ed

il disturbo di panico.

2.1.1 IL DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO

Il Disturbo d’ansia generalizzato è definito dal DSM-5 come una eccessiva ed

incontrollabile preoccupazione per un elevato numero di eventi differenti,

accompagnata da sintomi somatici tipici dell’ansia come: agitazione, facile

affaticabilità, difficoltà di concentrazione, irritabilità, tensione muscolare o disturbi del

sonno. Questa condizione di apprensione diffusa rende la persona in uno stato di

costante vigilanza e tensione, che deriva dall'attivazione del sistema nervoso autonomo

(Rapoport et Ismond, 1996). Lo stile cognitivo tipico del GAD è caratterizzato da

credenze negative anticipatorie che riguardano la fiducia in se stessi, le relazioni

interpersonali e da preoccupazioni varie. (Breinholtz, Johansson et Ost, 1999). Lo stato

di preoccupazione (Worry) ed il rimuginio, che interessano vari ambiti della vita

35

quotidiana, vengono stimati dal soggetto come eccessivi per intensità e durata. La

preoccupazione è la componente principale dell’ansia e studi che hanno indagato la

differenza tra ‘’worry’’ e ansia, hanno mostrato che molto spesso la preoccupazione

porta all’ansia e non il contrario (Gana K, Martin B, Canouet MD, 2002). Alcuni autori

hanno definito il ‘worry’’ un fenomeno cognitivo con contenuto verbale negativo

(Borkovec,Ray, et Stober, 1998), un meccanismo messo in atto per evitare l’insorgere di

immagini negative relative alla situazione minacciosa percepita e allo stato emotivo

associato. Se la preoccupazione è una forma cognitiva di evitamento, questo impedisce

una corretta elaborazione emotiva necessaria per superare l’ansia anticipatoria

(Borkovec, Alcaine,et Behar, 2004; Dugas, Gagnon, Ladouceur, et Freeston, 1998;

Roemer, Salters, Raffa, & Orsillo, 2005); e così una eccessiva preoccupazione

determinerà un distress emotivo che sarà un fattore precipitante del worry patologico.

Nella tabella sono riportati i criteri diagnostici del DAG:

A. Ansia e preoccupazione (attesa apprensiva) eccessive, che si manifestano per la maggior

parte dei giorni per almeno 6 mesi, relative a una quantità di eventi o di attività (come

prestazioni lavorative o scolastiche).

B. L'individuo ha difficoltà nel controllare la preoccupazione.

C. L'ansia e la preoccupazione sono associate a tre o più dei seguenti sintomi (con almeno

alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6 mesi).

1. Irrequietezza, o sentirsi tesi/e, ''con i nervi a fior di pelle''.

2. Facile affaticamento.

3. Difficoltà a concentrarsi.

4. Irritabilità.

5. Tensione muscolare.

6. Alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e

insoddisfacente.

D. L'ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o

compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

36

E. La condizione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un'altra condizione

medica.

F. Il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale.

(DSM-5)

Il modello eziologico prevede l’intervento di più variabili responsabili dello sviluppo e

del mantenimento del GAD tra cui: situazioni di stress acuto o cronico, inclusi eventi

traumatici, uno stile genitoriale iperprotettivo o controllante, apprendimento di uno stile

evitante dalle figure adulte di riferimento, familiarità con il disturbo, perdita di un

genitore (morte o divorzio) o inversione di ruolo genitore-figlio durante l’infanzia o

l’adolescenza (Zennaro, 2015). Inoltre è importante sottolineare come non siano solo gli

eventi stressanti della vita a determinare l’insorgenza del disturbo, ma anche le credenze

individuali circa il possesso o meno delle risorse necessarie per affrontare una

determinata situazione (Chorpita et Barlow, 1998). ''Bandura ritiene che le persone con

disturbi d'ansia abbiano un basso senso di autoefficacia riferito sia a specifici ambiti e

situazioni sia alla propria capacità di gestire l'ansia, e considera indispensabile nel

trattamento terapeutico sperimentare capacità di fronteggiare con successo quelle stesse

situazioni e promuovere esperienze che possano rinforzare l'autoefficacia'' (Michielin,

2016 p.14). Le evidenze di efficacia teorica dell’EMDR nella risoluzione dei problemi

di memoria critici per il mantenimento e il progredire del PTSD, in linea teorica,

possono essere valide anche per i diversi tipi di disturbi d'ansia sviluppati inseguito ad

eventi stressanti. Secondo il modello AIP esposto nel precedente capitolo, le reti

associative di memoria possono guidare nella formulazione del caso in termini di

relazione tra memoria di eventi disturbanti e sintomi ansiosi. In questa cornice, il clinico

professionista EMDR cerca di identificare l’esperienza negativa che ha innescato il

problema conducendo il paziente alla risoluzione di queste memorie disfunzionali

37

(Solomon, Shapiro, 2008). Gli studiosi di matrice cognitiva ritengono che le distorsioni

dei processi attentivi e mnestici rappresentino degli importanti fattori eziologici per i

disturbi d'ansia aumentando la vulnerabilità, la probabilità di sviluppo ed il

mantenimento del disturbo. Studi sui disturbi d'ansia rivelano che L’EMDR risulta più

efficace rispetto a controlli con assenza di trattamento o di trattamento non specificato,

ma meno efficace rispetto ai trattamenti evidence based. Nel Disturbo D'ansia

Generalizzata, sono ancora pochi gli studi dimostrano l’efficacia teorica dell'EMDR (de

Jongh, A., & Broeke, E. T., 2009). Attualmente un unico studio preliminare condotto su

4 soggetti con diagnosi di GAD sottoposti a 15 sedute di EMDR, ha riportato l’effettiva

riduzione delle preoccupazioni del paziente, delle credenze negative e l’ansia associata,

con una remissione totale in due pazienti, confermando l’ipotesi di un contributo

dell’EMDR nella riduzione della sintomatologia e dell’eccessivo worry. Inoltre in un

follow-up di 2 mesi, tutti e quattro i pazienti non manifestarono più una diagnosi da

Disturbo d’Ansia Generalizzata. (Gauvreau, Bouchard, 2008). Ad oggi le terapie

psicologiche evidence-based per il trattamento del Disturbo d'Ansia generalizzato sono

la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) e il training di rilassamento. Gli

interventi self-help e i gruppi psicoeducativi sono condotti ugualmente secondo un

orientamento di terapia cognitiva. Le componenti principali del trattamento sono la

ristrutturazione delle convinzioni catastrofizzanti riferite a molti aspetti della vita

quotidiana e la modifica degli errori cognitivi, la riduzione del rimuginio, il

superamento dei comportamento di evitamento e di controllo, l'esposizione graduale alle

situazioni temute e le tecniche di rilassamento. L'efficacia derivante dalle meta-analisi

indica che poco più della metà dei pazienti ottiene dal trattamento un miglioramento

clinicamente significativo (Michielin, 2016).

38

2.1.2 IL DISTURBO DI PANICO

Il disturbo di panico compare ufficialmente nel 1980 con il DSM-III. Un attacco di

panico è una manifestazione improvvisa di ansia intensa, breve e transitoria,

caratterizzata da paura, apprensione e preoccupazione, accompagnati da sintomi

somatici (palpitazioni, tremore, sensazione di soffocamento) e cognitivi

(depersonalizzazione, derealizzazione). Generalmente la durata varia da alcuni secondi

a 20 minuti circa, raggiungendo il picco massimo nell'arco di pochi minuti. La violenza

con cui si manifestano gli attacchi di panico lascia un segno nella memoria somatica del

soggetto, determinando una costante preoccupazione di avere altri attacchi (ansia

anticipatoria) o un cambiamento di comportamento disattattivo (tendenza

all'evitamento). Spesso la persona, una volta avvertite le prime manifestazioni ansiose,

inizia a iperventilare incrementando così la paura di ''stare per avere un attacco di

panico''; ''proprio l'interpretazione catastrofica dei sintomi somatici costituisce un

ulteriore meccanismo che rinforza il circolo vizioso e aumenta il livello di ansia, fino

allo scatenarsi di un vero e proprio attacco di panico '' (Michielin, 2016 p.16).

Sono riportati i criteri diagnostici per il Disturbo di panico.

A. Ricorrenti attacchi di panico inaspettati. Un attacco di panico consiste nella comparsa

improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti, periodo durante il

quale si verificano quattro o più dei seguenti sintomi:

1. Palpitazioni.

2. Sudorazione.

3. Tremori fini o grandi scosse.

4. Dispnea o sensazione di soffocamento.

5. Sensazione di asfissia.

6. Dolore o fastidio al petto.

39

7. Nausea o disturbi addominali.

8. Sensazione di vertigine, di instabilità, di ''testa leggera'' o svenimento.

9. Brividi o vampate di calore.

10. Parestesie.

11. Derealizzazione.

12. Paura di perdere il controllo.

13. Paura di morire.

B. Almeno uno degli attacchi è stato seguito da un mese (o più) di uno o entrambi i seguenti

sintomi:

1. Preoccupazione persistente per l'insorgere di altri attacchi o per le loro conseguenze.

2. Significativa alterazione disadattiva del comportamento correlata agli attacchi.

C. L' alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un'altra condizione

medica.

D. Gli attacchi di panico non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale.

(DSM-5)

Tra i fattori di rischio per lo sviluppo di un Disturbo di Panico troviamo un’affettività

negativa e una sensibilità all'ansia, intesa come disposizione a credere che i sintomi

dell'ansia siano nocivi, esperienze di vita stressanti identificabili nei mesi precedenti il

primo attacco di panico spesso infatti vengono riferite esperienze di lutto o malattie,

separazioni e altre difficoltà nelle relazioni interpersonali (Faretta, 2012). Infine

troviamo fattori genetici e fisiologici come vulnerabilità al disturbo (DSM-5).

Il trattamento più efficace per il Disturbo di panico, secondo le linee-guida

internazionali NICE, sembra essere quello Cognitivo-comportamentale (CBT) che

risulta significativamente efficace nella remissione dei sintomi acuti e nel mantenimento

dei risultati fino a sei mesi dopo la fine della terapia (Galassi, F., Quercioli, S.,

Charismas, D., Niccolai, V., & Barciulli, E., 2007). I programmi di trattamento che

prevedono una prima parte di psico-educazione sull'ansia e il panico, la modifica dei

40

pensieri disfunzionali e tecniche di rilassamento riportano un'efficacia media/elevata ed

il 78% dei pazienti presenta un miglioramento clinicamente significativo che si

mantiene nel tempo (Michielin, 2016). Nell'ambito degli studi sulle potenzialità

terapeutiche offerte dall'EMDR nelle diverse patologie, è emerso un possibile contributo

nell'alleviare alcuni sintomi del disturbo da panico. Il primo studio sull'efficacia

dell'EMDR nel DAP risale al 1997. Golstein e Feske compararono un gruppo di pazienti

trattati con EMDR, con EMDR senza movimenti oculari ed un gruppo in lista d'attesa. I

risultati hanno rilevato che i pazienti trattati con EMDR riportavano una riduzione dei

sintomi legati al Disturbo di panico, inoltre i pazienti trattati con i movimenti oculari

hanno riportato risultati migliori rispetto ai pazienti trattati senza, risultato non

confermato dopo un follow-up di 3 mesi. Uno studio controllato ha mostrato un

decremento della frequenza degli attacchi, dell'ansia anticipatoria e delle sensazioni

corporee in pazienti trattati con EMDR, ma la differenza con il gruppo di controllo

trattato con il placebo risulta statisticamente significativa per alcune misure (gravità di

ansia, di panico, agorafobia) e non per altre (frequenza di attacchi di panico e aspetti

cognitivi legati all'ansia) (Goldstein AJ, de-Beurs E, Chambless DL, Wilson KA, 2000).

Un primo studio del 1999 ha confrontato l'EMDR e la CBT, indicando che i pazienti che

avevano seguito una terapia cognitivo-comportamentale hanno ottenuto risultati

migliori già dalle prime sessioni di trattamento (Muris e Merckelbach). Tuttavia altre

ricerche sottolinenano come i risultati siano efficaci per entrambi gli approcci. (Faretta

E, Fernandez I, 2003). Altri studi evidenziano come l'esposizione e la terapia cognitiva

da sole possano portare al miglioramento (Arntz A, 2002). Riguardo i follow-up,

l'EMDR e la CBT hanno mostrato una sostanziale equivalenza. Una ricerca del 2012 ha

indagato la differenza di efficacia di un trattamento per il disturbo da panico con/senza

41

agorafobia attraverso un confronto tra EMDR e CBT con un campione di 20 soggetti.

Ciò che è emerso, è stato un miglioramento dei sintomi più rapido e mantenuto nel

tempo, in particolare dell'ansia anticipatoria nei pazienti trattati con EMDR (Faretta,

2012). Questi risultati sono stati riconfermati da un successivo studio di Faretta (2013)

in cui sono stati ottenuti risultati analoghi in pazienti trattati con EMDR e CBT, con una

maggiore efficacia dell'EMDR nel ridurre la frequenza degli attacchi di panico. Ad un

follow-up di un anno non sono emerse differenze tra i due gruppi, entrambi hanno

mantenuto gli effetti positivi del trattamento. L''EMDR sembra portare alla riduzione

della gravità degli attacchi di panico, tuttavia la ricerca deve ancora definire questo

strumento come terapia di prima scelta anche per questo tipo di disturbo (Giannantonio

M, 2001). Sono auspicabili ulteriori studi per confermare questi risultati. Da un punto di

vista teorico, l'EMDR potrebbe giocare un ruolo nei disturbi di panico inseguito ad un

evento stressante, riducendo la vulnerabilità al disturbo (Faretta, 2012). Inoltre si

ipotizza possa avere un effetto sugli attacchi di panico (decremento della frequenza,

dell'ansia anticipatoria e delle sensazioni corporee) considerati essi stessi come possibili

eventi traumatici; evidenze sperimentali suggeriscono infatti che un disturbo di panico

può determinare successivi sintomi post traumatici (McNally, Lukach, 1992).

2.2 I DISTURBI CORRELATI AD EVENTI TRAUMATICI E STRESSANTI

Nel panorama psicologico, il trauma può essere definito '' una ferita della psiche umana,

un attacco al senso de Sè del soggetto e alla prevedibilità del mondo, associati ad un

senso di impotenza, a un sentimento di inadeguatezza e alla minaccia alla vita

dell'individuo (Zennaro, 2015). Con il concetto di ''disturbo post- traumatico da stress,

42

la psichiatria ha proposto un quadro psicologico in cui il trauma compare tra i criteri

diagnostici come fattore eziologico. Nel nuovo manuale diagnostico DSM-5 i disturbi

correlati a eventi traumatici e stressanti comprendono non solo quei disturbi in cui

l'esposizione a un evento traumatico o stressante è elencata esplicitamente come criterio

diagnostico del PTSD, ma vengono considerati anche aventi stressanti e traumatici che

non soddisfano tutti i criteri della specifica classe diagnostica; la definizione di trauma

offerta dal DSM, tuttavia, lascia fuori molte forme di trauma interpersonale

(trascuratezza emotiva, abuso psicologico, separazione dai genitori, l’assistere a

violenza familiare) che possono essere considerate traumatiche in quanto capaci di

compromettere il senso di integrità del Sé (Zennaro, 2015). L'inserimento di questo

capitolo nell'economia del DSM-5, indica la necessità di differenziare pazienti con

traumi correlati ad eventi traumatici o stressanti da quelli con disturbi d'ansia che non

richiedono necessariamente un'esposizione al trauma, ma possono ugualmente essere

innescati da un fattore traumatico o stressante (Manuale di Psichiatria, 2013). La

variabilità dell'espressione della sofferenza clinica che si verifica inseguito

all'esperienza di vissuti catastrofici o avversi si esplicita in una eterogeneità dei sintomi:

dall'ansia alla paura fino a manifestazioni disforiche, aggressive o dissociative.

In questo paragrafo verranno presi in considerazione il disturbo post traumatico da

stress, il disturbo acuto da stress, il disturbo dell'adattamento ed il lutto traumatico.

2.2.1 1L DISTURBO ACUTO DA STRESS

Il Disturbo acuto da stress fu introdotto nel DSM-IV per evidenziare la situazione di

forte sofferenza provata durante un'esperienza traumatica e la presenza di sintomi

43

dissociativi, che possono portare ad un successivo sviluppo di un disturbo post

traumatico da stress. Tipicamente i sintomi iniziano immediatamente dopo il trauma, ma

è necessaria la persistenza per almeno 3 giorni e fino a 1 mese per soddisfare i criteri del

disturbo (DSM-5). Sul piano clinico il DAS si presenta con sintomi ansiosi che portano

la persona a rivivere l'evento traumatico o ad essere particolarmente reattiva. In alcuni

casi possono predominare sintomi dissociativi e di distacco, in altri una maggiore

attivazione emozionale e fisiologica inseguito al ricordo del trauma. Gli stimoli

ambientali infatti sono processati in una dimensione correlata al pericolo e alla paura

(Bryant & Harvey, 1997) per la formazione di credenze disfunzionali collegate al

trauma.

Sono riportati i criteri diagnostici del DSM-5.

A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione oppure violenza sessuale in uno

o più dei seguenti modi:

1. Fare esperienza diretta dell'evento/i traumatico/i.

2. Assistere direttamente a un evento/i traumatico/i accaduto ad altri.

3.Venire a conoscenza di un evento/i traumatico/i accaduto a un membro della famiglia oppure

ad un amico stretto. In caso di morte reale o minaccia di morte di un membro della famiglia o di

un amico, l'evento/i deve essere stato violento o accidentale.

4. Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli avversivi dell'evento/i

traumatico/i.

B. Presenza di nove (o più) dei seguenti sintomi di ciascuna delle cinque categorie relative a

intrusione, umore negativo, dissociazione, evitamento e arousal, che sono iniziati o peggiorati

dopo l'evento/i traumatico/i:

SINTOMI DI INTRUSIONE

1.Ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell'evento/u traumatico/i.

2.Ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati

all'evento/i traumatico/i

3. Reazioni dissociative (per es., flashback) in cui il soggetto sente o agisce come se l'evento/i

traumatico/i si stesse ripresentando.

4. Intensa o prolungata sofferenza psicologica oppure marcate reazioni fisiologiche in risposta a

44

fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto

dell'evento/i traumatico/i.

UMORE NEGATIVO

5. Persistente incapacità di provare emozioni positive (per es., incapacità i provare felicità,

soddisfazione o sentimenti d'amore).

SINTOMI DISSOCIATIVI

6. Alterato senso di realtà del proprio ambiente o di se stessi (per es., vedere se stesso da

un'altra prospettiva, essere in stato confusionale, rallentamento del tempo).

7. Incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell'evento/i traumatico/i (dovuta

tipicamente ad amnesia dissociativa e non ad altri fattori come trauma cranico, alcol o droghe).

SINTOMI DI EVITAMENTO

8. Tentativi di evitare ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente associati

all'evento traumatico/i.

9. Tentativi di evitare fattori esterni che suscitano ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti

relativi o strettamente associati all'evento/i traumatico/i

SINTOMI DI AROUSAL

10. Difficoltà relative al sonno

11. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia tipicamente espressi nella forma di

aggressione verbale o fisica nei confronti di persone o oggetti.

12. Ipervigilanza

13. Problemi di concentrazione.

14. Esagerate risposte di allarme.

C. la durata dell'alterazione (sintomi del criterio B) va da 3 giorni a 1 mese dell'esposizione al

trauma.

D. L'alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del

funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

E. L'alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza a un'altra condizione

medica, e non è meglio spiegato da un disturbo psicotico breve.

L'influenza ambientale, a risposta comportamentale, emotiva e cognitiva del soggetto

sono componenti evidenti di questo quadro clinico, inoltre le compromissioni si

estendono a tutti i livelli della vita della persona, funzionamento in ambito sociale

interpersonale e lavorativo.

45

Tra i fattori di rischio temperamentali sono stati evidenziati alti livelli di affettività

negativa, uno stile di coping evitante e tendenza alla catastrofizzazione sono fortemente

predittive per lo sviluppo del disturbo. Attualmente non si riscontrano in letteratura

evidenze esaustive per il trattamento del Disturbo Acuto da Stress e nonostante studi

siano attualmente in corso, nessuna grande ricerca è stata completata per il trattamento

dell’ASD dalla pubblicazione delle linee guida 2004 (Benedek, D. M., Friedman, M. J.,

Zatzick, D., & Ursano, R. J., 2009). I trattamenti efficaci per i sintomi ASD

comprendono psicofarmacologia, psicoterapia, psico-educazione e altre misure di

supporto; dalla ricerca emerge inoltre come sia utile fornire al paziente un sostegno

precoce ai pazienti. Non si raccomanda l’utilizzo di tecniche di debriefing psicologici o

single session in quanto possono aumentare i sintomi e sembrano essere inefficaci nel

trattamento di persone con ASD e nella prevenzione PTSD (APA, 2004). Attualmente

non si riscontrano evidenze circa una reale efficacia teorica dell’EMDR come intervento

precoce e preventivo nel disturbo acuto da stress, mentre risultano maggiormente

efficaci la terapia Cognitivo-Comportamentale focalizzata sul trauma (CBT-TF)

(Ponniah, K., & Hollon, S. D., 2009) e terapie basate sull’esposizione (Bryant, R. A.,

Mastrodomenico, J., Felmingham, K. L., Hopwood, S., Kenny, L., Kandris, E., &

Creamer, M., 2008). Uno studio del 2008 ha confermato l’efficacia della CBT-TF per

questo disturbo ed ha inoltre identificato la Terapia di scrittura strutturato (SWT) come

possibile alternativa (Van Emmerik, A. A., Kamphuis, J. H., & Emmelkamp, P. M.,

2008). Ulteriori studi sono necessari per confermare i risultati di questi studi e

determinare se i miglioramenti siano mantenuti nel tempo. Inoltre sono auspicabili

ricerche controllate per approfondire il ruolo, ad oggi potenziale, dell’EMDR nel

trattamento del trauma acuto.

46

2.2.2 IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS

Il Disturbo post traumatico da stress è stato inserito ufficialmente nel manuale

diagnostico dell’American Psychiatric Association (DSM) nel 1980 e nel corso degli

anni i criteri diagnostici sono stati modificati fino ad arrivare all’attuale DSM-5; il

disturbo post-traumatico, dapprima inserito nella sezione dei disturbi d’ansia, nel nuovo

manuale viene ad essere collocato in una nuova categoria di disturbi: quelli derivanti da

esperienze stressanti e traumatiche. Il PTSD è un disturbo psichiatrico che determina

sintomi tipici che si sviluppano inseguito all’esposizione ad uno o più eventi traumatici.

Tipica è l’incapacità di integrare l’esperienza traumatica vissuta all’interno del Sé e del

mondo. Questo porta le persone a sentirsi incastrati nel ricordo ed incapaci di

concentrarsi sul presente. Si caratterizza inoltre per la forte attivazione fisiologica che

consegue il ricordo doloroso con conseguenti tentativi da parte della persona di non far

riemergere immagini e sensazioni disturbanti e la messa in atto di strategie di

evitamento che portano ad un peggioramento dei sintomi.

Qui di seguito sono riportati i criteri diagnostici per la diagnosi di PTSD.

A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in

uno (o più) dei seguenti modi:

1. Fare esperienza diretta dell'evento/i traumatico/i

2. Assistere direttamente a un evento/i traumatico/i accaduto ad altri.

3. Venire a conoscenza di u evento/i traumatico/i accaduto a un membro della famiglia oppure

ad un amico stretto. In caso di morte reale o minaccia di morte di un membro della famiglia o

di un amico, l'evento/i deve essere stato violento o accidentale.

4. Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell'evento/i

traumatico/i.

B. Presenza di uno (o più) dei seguenti sintomi intrusivi associati all'eveto7i traumatico/i, che

ha inizio successivamente all'evento/i traumatico/i:

1. Ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell'evento/i traumatico/i.

47

2. Ricorrenti sogni spiacevoli i cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati

all'evento/i traumatico/i.

3. Reazioni dissociative (per es., flashback) in cui il soggetto sete o agisce come se l'evento/i

traumatico/i si stesse ripresentando.

4. Intensa o prolungata sofferenza psicologica all'esposizione a fattori scatenanti interi o esterni

che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento/i traumatico/i.

5. Marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interi o esteri che simboleggiano o

assomigliano a qualche aspetto dell'eveto7i traumatico/i

C. Evitamento persistete degli stimoli associati all'evento/i traumatico/i, iniziato dopo l'evento/i

traumatico/i, come evidenziato da uno o entrambi i seguenti criteri:

1. Evitamento o tentativi di evitare ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o

strettamente associati all'evento/i traumatico/i.

2. Evitamento o tentativi di evitare fattori esteri (persone, luoghi, conversazioni, attività,

oggetti, situazioni) che suscitano ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente

associati all'evento/i traumatico/i.

D. Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all'evento/i traumatico/i iniziate o

peggiorate dopo l'evento/i traumatico/i come evidenziato da due (o più) dei seguenti criteri:

1. Incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell'evento/i traumatico/i.

2. Persistenti ed esagerate convinzioni o aspettative negative relative a se stessi, ad altri o al

mondo.

3. Persistenti, distorti pensieri relativi alla causa o alle conseguenze dell'evento/i traumatico/i

che portano l'individuo a dare la colpa a se stesso oppure agli altri.

4. Persistente stato emotivo negativo.

5. Marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività significative.

6. Sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri.

7. Persistete incapacità di trovare emozioni positive.

E. Marcate alterazioni dell'arousal e della reattività associati all'evento/i traumatico/i, come

evidenziato da due (o più) dei seguenti criteri:

1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia tipicamente espressi nella forma di

aggressione verbale o fisica nei confronti di persone o oggetti.

2. Comportamento spericolato o autodistruttivo.

3. Ipervigilanza.

4. Esagerate risposte di allarme.

5. Problemi di concentrazione.

6. Difficoltà relative al sono.

48

F. La durata delle alterazioni è superiore a 1 mese.

G. L'alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del

funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

H. L'alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un'altra condizione

medica.

Specificare quale:

Con sintomi dissociativi: I sintomi dell'individuo soddisfano i criteri per u disturbo post-

traumatico e, inoltre, i risposta all'evento stressate, l'individuo fa esperienza di sintomi

persistenti o ricorrenti di uno dei seguenti criteri:

1. Depersonalizzazione: Persistenti o ricorrenti esperienze di sentirsi distaccato dai propri

processi mentali o dal proprio corpo.

2. Derealizzazione: Persistenti o ricorrenti esperienze di irrealtà dell'ambiente circostante.

Con espressione ritardata: Se i criteri diagnostici non sono soddisfatti appieno entro 6 mesi

dall'evento.

(DSM-5)

I fattori di rischio pre-traumatici comprendono problemi emotivi avuti nell’infanzia e

precedenti disturbi mentali. La gravità del trauma e la minaccia percepita giocano un

ruolo significativo nello sviluppo di un PTSD per cui maggiore è l’entità del trauma e

della minaccia percepita, maggiore è la possibilità di sviluppare questo disturbo (APA,

2013); anche la natura e frequenza del trauma influisce nell’esacerbazione del disturbo:

i traumi possono essere singoli o multipli (tipi differenti di trauma e/o ripetizione dello

stesso trauma) ed una serie di traumi cumulativi possono predisporre una certa

vulnerabilità. I fattori di rischio post traumatici infine, comprendono valutazioni

negative e strategie di coping inappropriate oltre alla possibile ri-traumatizzazione

conseguente all’esposizione a fattori che suscitano ricordi collegati al trauma. Ad oggi

le terapie più efficaci per il PTSD sono la Terapia Cognitivo-comportamentale

focalizzata sul trauma (CBT- TF) e l’Eye Movement Desensibilization and

Reprocessing. Questi due approcci evidence-based sono attualmente raccomandati nelle

49

linee guida internazionali sul trattamento delle condizioni specificamente correlate allo

stress (OMS, 2013). L'EMDR è stata riconosciuta per il trattamento del PTSD da

numerose associazioni internazionali. Le linee guide APA indicano che ci sono

sufficienti dati per considerare questo trattamento efficace per questo disturbo, così

come le linee guida dell'Intenational Society for Traumatic Stress Studies in cui l'EMDR

è supportato da una ricerca maggiore di quasi tutte le altre terapie per il PTSD. Scopo

del trattamento è la riduzione del forte impatto emozionale e dei sintomi legati

all’evento traumatico. Il clinico guida il paziente nel gestire il distress nell’immediato

promuovendo le abilità di discriminare gli elementi traumatici appartenenti al passato

rispetto al presente e stili di risposta adattivi per il futuro. Ulteriore scopo del

trattamento è migliorare le alterazioni neurobiologiche che conseguono il PTSD. Sia

l’EMDR che la CBT- TF sono approcci terapeutici focalizzati sul trauma e risultano

entrambi efficaci nella riduzione dei sintomi. L'EMDR è una tecnica con notevoli

influenze cognitivo comportamentali ed espositive, ma può essere considerata un

approccio integrativo in quanto combina elementi appartenenti a più orientamenti

terapeutici: racchiude in sé aspetti della teoria dell'attaccamento con particolare

attenzione ai ricordi infantili e come la CBT-TF utilizza tecniche di esposizione

immaginativa. Molte ricerche hanno dimostrato una efficacia dello stesso livello tra

EMDR e CBT-TF. Alcuni studi hanno però mostrato come l'EMDR sia più efficace nel

diminuire i sintomi in minor tempo rispetto alla terapia cognitivo comportamentale

standard (Jaberghaderi et al., 2004; Van Etten & Taylor, 1998) e risulti una terapia

maggiormente tollerata dai pazienti rispetto all'esposizione prolungata (Taylor S,

Thordarson DS, Maxfield L, Fedoroff IC, Lovell K, Ogrodniczuk J., 2003). Una recente

review ha selezionato 15 studi controllati. Questi studi hanno confrontato l'EMDR con

50

altri interventi non specifici, lista di attesa o terapie specifiche tra cui: esposizione

immaginativa prolungata, rilassamento muscolare con biofeedback, CBT-TF,

esposizione prolungata con ristrutturazione cognitiva, trattamento farmacologico,

tecnica di espressione emotiva e terapia eclettica breve). I risultati confermano la sua

efficacia nel trattamento del PTSD al pari della CBT-TF (Novo, N. P., Landin-Romero,

R., Guardiola-Wanden-Berghe, R., Moreno-Alcázar, A., Valiente-Gómez, A., Lupo, W.,

... & Amann, B. L., 2016). Entrambe le terapie evidence- based per questo disturbo

necessitano ulteriori ricerche per confermare se i risultati vengano mantenuti nel tempo.

La ricerca sull'efficacia delle sotto componenti della tecnica EMDR è ancora in fase di

sviluppo; alcuni studi circa il ruolo dei movimenti oculari indicano come questi siano

necessari, ma non sufficienti per la riuscita del trattamento (Maxfield L, Hyer L, 2002;

Hembree, E. A., Foa, E. B., Dorfan, N. M., Street, G. P., Kowalski, J., & Tu, X., 2003),

ma questi risultati sono controversi.

Studi psicofiosiologici e neurobiologici condotti dopo e durante sedute EMDR hanno

inoltre indicato un significativo de-arousal, significativi cambiamenti corticali,

attivazione limbica e incremento del volume ippocampale.

2.2.3 IL DISTURBO DELL'ADATTAMENTO E IL LUTTO TRAUMATICO

Il disturbo dell'adattamento è una condizione patologica introdotta per la prima volta

nel DSM-III ed è stata identificata come una condizione transitoria. Ad oggi nel DSM-5

è stata inserita nel capitolo adibito agli eventi stressanti e di natura traumatica in quanto

è la presenza di un evento stressante a determinare l'insorgenza di sintomi emotivi, quali

ansia, depressione irritabilità, e comportamentali clinicamente significativi. (Manuale di

51

psichiatria, 2013). La difficoltà del clinico nella diagnosi sarà quindi nel differenziare

una normale risposta di stress rispetto al sorgere di un disturbo di adattamento. Gli

eventi stressanti che possono determinare la nascita del disturbo possono essere di vario

tipo: fine di una relazione, perdita del lavoro, crisi economica o un lutto. Queste

difficoltà di adattarsi ad un cambiamento causano disagio in molti abiti della vita, da

quello sociale a quello occupazionale.

Qui di seguito sono riportati i criteri diagnostici del DSM-5

A. Lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più eventi stressati

identificabili che si manifesta entro 3 mesi dell'insorgenza dell'evento/i stressate/i.

B. Questi sintomi o comportamenti sono clinicamente significativi, come evidenziato da uno o

entrambi dei seguenti criteri:

1. Marcata sofferenza che sia sproporzionata rispetto alla gravità o intensità dell'evento

stressante, tenendo conto del contesto estero e dei fattori culturali che possono influenzare la

gravità e la manifestazione dei sintomi.

2. Compromissione significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre

importanti aree.

C. Il disturbo correlato con lo stress non soddisfa i criteri per un altro disturbo mentale e on

rappresenta solo u aggravamento di u disturbo mentale preesistente.

D. I sintomi non corrispondono a u lutto normale.

E. Una volta che l'evento stressante o le sue conseguenze sono superati, i sintomi non persistono

più di altri 6 mesi.

Specificare quale:

Con umore depresso: Umore basso, facilità al iato o disperazione sono predominanti.

Con ansia: Nervosismo, inquietudine, agitazione o ansia di separazione sono predominanti.

Con ansia e umore depresso misti: Una combinazione di ansia e depressione è predominante.

Con alterazione della condotta: Un'alterazione della condotta è predominante.

Con alterazione mista dell'emotività e della condotta: Sia sintomi emotivi sia un'alterazione

della condotta sono predominanti.

Non specificati: Per le reazioni disadattive che non sono classificabili come uno dei sottotipi

specifici di u disturbo dell'adattamento.

Specificare se:

52

Acuto: se il disturbo dura meno di 6 mesi.

Persistente: Se il disturbo dura 6 mesi o più.

Tra i fattori di rischio per lo sviluppo della patologia troviamo i fattori ambientali; gli

individui che vivono in condizioni svantaggiate infatti, potrebbero sviluppare con

maggiore probabilità il disturbo. Alcune ricerche hanno sottolineato il ruolo cruciale che

rivestono le esperienze infantili della vittima; quindi, uno stress in età precoce (tra cui

l'abuso) rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di questo quadro

sintomatologico (Hales et al., 2008). Nonostante ad oggi le evidenze scientifiche circa il

trattamento di questo disturbo siano limitate a causa della remissione spontanea dei

sintomi, le terapie brevi sembrano essere i trattamenti psicologici più appropriati (Casey

e Bailey, 2011). Inoltre le terapie efficaci per altri disturbi stress- correlati potrebbero

contribuire alla risoluzione dei sintomi. Obiettivo principale del trattamento è la

riduzione dello stressor, migliorare le strategie di coping in relazione allo stressor e

sviluppare emozioni positive adattive. Uno studio controllato ha valutato l’efficacia

teorica dell’EMDR nel trattamento di traumi con la ‘’t minuscola’’ che non

soddisfavano i criteri diagnostici per un PTSD (Cvetek, R., 2008). Lo studio ha

confrontato soggetti sottoposti a 3 ore di trattamento EMDR, tre ore di placebo con

ascolto attivo e lista di attesa. I risultati sui 90 partecipanti hanno mostrato che l'EMDR

ha prodotto punteggi significativamente più bassi alla IES-R (Impact Event scale)

rispetto al gruppo di ascolto attivo o lista d'attesa. L’EMDR ha portato anche a un

significativo aumento al test State-Trait Anxiety Inventory.

53

Il disturbo da lutto persistente e complicato, inserito nel DSM-5 nella sezione

''Condizioni che necessitano ulteriori studi'', è uno stato di cordoglio cronico che si

sviluppa a causa di una mancata evoluzione dalla fase del lutto cronico a quella del lutto

integrato, per cui il lutto acuto si prolunga nel tempo per un periodo almeno pari o

superiore ai sei mesi o per un tempo indefinito (Zisook S, Shear C., 2009). La

rielaborazione del lutto viene intesa come un processo fisiologico, che può bloccarsi e

determinare nella persona uno stato di sofferenza prolungata (Lombardo, L., Lai, C.,

Luciani, M., Morelli, E., Buttinelli, E., Aceto, P., ... & Penco, I., 2014). La perdita di una

persona significativa diventa una perdita traumatica nella misura in cui genera sintomi

che esprimono una inadeguata integrazione della perdita. Secondo l'OMS il lutto

diventa patologico quando ha una durata superiore ai 12 mesi e comporta la messa in

atto di comportamenti patologici con la presenza di rituali. I sintomi manifesti

comprendono soprattutto una persistenza dell'umore depresso, atteggiamenti di rabbia

rivolti verso il sé, disperazione e senso di colpa, ritiro sociale e perdita di interesse per

tutte o quasi tutte le attività, e disturbi del sonno.

Di seguito sono elencati i criteri diagnostici.

A. L'individuo ha vissuto la morte di qualcuno con cui aveva una relazione stretta.

B. Dal momento della morte, almeno uno dei seguenti sintomi è stato presente per un numero

di giorni superiore a quello in cui non è stato presente e a un livello di gravità clinicamente

significativo, ed è perdurato negli adulti per almeno 12 mesi.

1. Un persistente desiderio/nostalgia della persona deceduta.

2. Tristezza e dolore emotivo intensi in seguito alla morte.

3. Preoccupazione per il deceduto.

4. Preoccupazione per le circostanze della morte.

C. Dal momento della morte, almeno sei dei seguenti sintomi sono stati presenti per un numero

di giorni superiore a quello in cui non sono stati presenti e ad un livello di gravità clinicamente

54

significativo, e sono perdurati negli adulti per almeno 12 mesi:

Sofferenza reattiva alla morte

1. Marcata difficoltà nell'accettare la morte.

2. Provare incredulità o torpore riguardo alla perdita.

3. Difficoltà ad abbandonarsi a ricordi positivi che riguardano il deceduto.

4. Amarezza o rabbia in relazione alla perdita.

5. Valutazione negativa di sé in relazione al deceduto o alla morte.

6. Eccessivo evitamento di ricordi della perdita.

Disordine sociale/dell'identità

7. Desiderio di morire per essere vicini al deceduto.

8. Dal momento della morte, difficoltà nel provare fiducia verso gli altri.

9. Dal momento della morte, sensazione di essere soli o distaccati dagli altri.

10. Sensazione che la vita sia vuota o priva di senso senza il deceduto, o pensiero di non

farcela senza il deceduto.

11. Confusione circa il proprio ruolo nella vita, o diminuito senso della propria identità.

12. Dal momento della perdita, difficoltà o riluttanza nel perseguire i propri interessi o nel fare

piani per il futuro.

D. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in

ambito sociale, lavorativo on in altre aree importanti.

E. La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali e religiose o

appropriate all'età.

Specificare se:

Con lutto traumatico: Lutto dovuto a omicidio o suicidio con persistenti pensieri gravosi

riguardo alla natura traumatica della morte, tra cui ultimi momenti del deceduto, il grado di

sofferenza e delle ferite, o la natura dolorosa o intenzionale della morte.

(DSM-5)

Tra i fattori di vulnerabilità troviamo il grado di dipendenza della persona deceduta. La

letteratura è concorde nell’affermare come una psicoterapia mirata costituisca

l’intervento ideale per il lutto traumatico. La Complicated Grief Therapy (CGT) si

focalizza sull’identificazione e sulla risoluzione di tutto ciò che interferisce con il

55

processo di guarigione in modo da far ripartire l’elaborazione del lutto. Questo

approccio si è dimostrato molto più efficace della psicoterapia interpersonale, che

invece si concentra soprattutto sui problemi di relazione. Uno studio controllato ha

supportato l'efficacia teorica della Terapia per il Lutto Complicato (Shear, K., Frank, E.,

Houck, P. R., & Reynolds, C. F., 2005). Coerentemente con alcuni modelli psicologici

considerano il lutto come un evento stressante e sottolineano “lo sconvolgimento del

mondo degli assunti personali”, un lutto o qualsiasi altro trauma può intaccare

profondamente gli assunti adattativi che danno struttura e significato alla vita di

ciascuno di noi (Janoff-Bulman, 1992), gli interventi terapeutici come l'EMDR si

concentrano sui i disturbi appartenenti al cosiddetto “spettro post-traumatico”. Uno

studio controllato con lo scopo di determinare gli effetti differenziali di trattamento su

una sintomatologia conseguente ad un lutto, che comprendeva dolore, disturbo post-

traumatico da stress (PTSD), ansia e bassa autostima, ha confrontato il trattamento

EMDR e la terapia del Lutto Guidato (GM). I 23 pazienti EMDR e i 27 pazienti trattati

con GM sono stati valutati sia prima che dopo il trattamento e in un periodo di follow-

up di 9 mesi. I risultati hanno mostrato che sia il disagio, sia i punteggi ai test Ansia di

Stato, Impact Event Scale, indice di autostima, sono risultati essere significativamente

influenzati dal tipo di trattamento previsto: i pazienti EMDR hanno riportato una

maggiore riduzione di sintomi di PTSD rispetto a quelli trattati con GM. I dati delle

misure comportamentali hanno rivelato risultati simili (Sprang, G., 2001).

56

57

CAPITOLO III

EMDR: STUDI DI EFFICACIA NELLA PRATICA CLINICA

3.1 L' EFFICACIA CLINICA

Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva integrazione della pratica basata

sull’evidenza teorica (efficacy), che si avvale essenzialmente di studi clinici

randomizzati e controllati, con l’evidenza basata sulla pratica (effectiveness) dei

trattamenti psicologici e psicoterapeutici. La valutazione degli esiti degli interventi

psicologici sta assumendo un rilievo sempre maggiore anche in Italia, soprattutto

nell’ambito del servizio pubblico. Il suo ruolo è di fondamentale importanza con il fine

di verificare se un determinato trattamento, dimostratosi teoricamente efficace, è

effettivamente applicabile, utile e funzionale nella pratica clinica (Michielin, P., &

Bettinardi, O., 2004). La valutazione di efficacia nella pratica, è quella che si osserva

nel lavoro giornaliero di routine con soggetti non selezionati, con una elevata

eterogeneità e multi -problematicità e si concentra sui trattamenti così come vengono

svolti nella pratica dei servizi; si seguono infatti modalità e tempi di trattamento in base

alle caratteristiche individuali del paziente e alla specificità del disturbo che riporta. Le

ricerche di effectiveness sono rivolte inoltre alla valutazione della generabilità nella

pratica clinica, della facilità di applicazione ed i costi-benefici del trattamento in

questione. Rispetto all’efficacia teorica e sperimentale, quella clinica presenta un minor

rigore metodologico e una minore validità interna. I trattamenti non hanno una durata

fissa, si adattano e si auto correggono in base alle esigenze del paziente e non

riguardano solamente la risoluzione dei sintomi, ma anche il miglioramento del

58

funzionamento generale (qualità della vita, funzionamento sociale), acquisizione di

nuove abilità di coping ed il raggiungimento di un buon livello di benessere. Inoltre i

pazienti spesso non soffrono di un disturbo unico, ma presentano quadri clinici più

complessi rispetto all’inquadramento diagnostico del DSM. Una metodologia di ricerca

utile ad evidenziare i cambiamenti nella condizione psicologica verificatasi nel corso

del trattamento sono gli studi osservazionali e gli studi di casi singoli. Non richiedendo

un gruppo di controllo, questi studi non sono però in grado di attribuire il miglioramento

in modo esclusivo al trattamento effettuato; potrebbero infatti intervenire altre variabili

come il miglioramento spontaneo o l’effetto placebo. Per queste ragioni sono necessari

sempre di più strumenti ad ampio spettro in grado di valutare con metodi oggettivi, non

solamente il grado psicopatologico dei pazienti, ma anche la parte di funzionamento e di

cambiamento nel corso del tempo; strumenti che siano ripetibili, sensibili, validi e che

mostrino relazioni con gli strumenti utilizzati per la misurazione di costrutti e aspetti

rilevanti in ambito clinico. Altra caratteristica di un buon strumento valutativo di

efficacia clinica è la brevità dello strumento e la facilità di somministrazione. In Italia

questa tendenza è giunta molto in ritardo rispetto al panorama internazionale e la

mancanza di uno strumento di outcome ha portato dapprima all’utilizzo della scala

SCL-90R ed inseguito all’importazione dall’Inghilterra del sistema CORE. La prova

SCL-90R, originariamente utilizzata a scopo diagnostico, ha però il limite di non

indagare i costrutti positivi, per tale ragione è stata messa a punto la batteria CORE-

Clinical Outcomes in Routine Evaluation (Barkham, Evans et al, 1998), utilizzata

ampiamento nel Regno Unito e tradotta recentemente in italiano. Si tratta di un Sistema

di valutazione per i servizi di psicoterapia costituito da 3 strumenti interdipendenti:

CORE-OM (Outcome measure), CORE-A (Assessment), End of Therapy Form

59

(Barkham et al, 1998; Evans et al. 2000). Il CORE-OM è un questionario a 34 items

compilato dal paziente, in cui ogni affermazione viene valutata su una scala a 5 punti

(da Mai a Molto spesso o sempre). Gli items del CORE si riferiscono a quattro domini:

benessere soggettivo (4 items), sintomi/problemi (12 items), funzionamento (12 items),

rischio (6 items). Questa batteria gode di una buona consistenza interna, sensibilità al

cambiamento, e di discriminare tra popolazione normale e clinica. Negli ultimi anni il

CORE-OM è stato tradotto in lingua italiana e somministrato ad un gruppo di 263

soggetti normali e 647 soggetti clinici (Palmieri, Evans et al., 2007). Più recentemente è

stato messo a punto un nuovo test di valutazione degli esiti: IL CBA-VE (Cognitive

Behavioural Assessment- Valutazione Esiti). Questo test trae origine dal test CBA forma

giovani ed è stato sviluppato dal gruppo Cognitive Behavioural Assessment in lingua

italiana. Si compone di 80 item che fanno riferimento alla condizione psicologica del

paziente negli ultimi 15 giorni. Questi item esplorano 5 aree fondamentali che

corrispondono alle 5 scale: 1) Ansia (14 item), 2) Benessere (15 item), 3) Percezione di

cambiamento positivo (11 item), 4) Depressione (19 item), 5) Disagio (21 item). Anche

in questo test, come per il CORE-OM, troviamo una scala Likert a 5 punti (per nulla,

poco, abbastanza, molto, moltissimo). Il punteggio più alto è sempre indicativo di una

maggiore intensità del costrutto che si indaga, sia per le scale ‘’positive’’, che per quelle

‘’negative’’. A differenza del CORE-OM il CBA-VE presenta l’introduzione della scala

sulla percezione di cambiamento e sostegno, un numero maggiore di item per il

Benessere e la distinzione tra sintomatologia ansiosa e depressiva. Il CBA-VE ha

mostrato di possedere buone qualità psicometriche con una soddisfacente coerenza

interna per ciascuna dimensione indagata e una sensibilità al cambiamento dimostrata

anche dalle correlazioni tra il giudizio clinico di raggiungimento degli obiettivi del

60

trattamento e le variazioni nelle 3 scale sintomatologiche (ansia, Depressione, Disagio).

Un recente studio (Bertolotti, G., Michielin, P., Vidotto, G., Sanavio, E., Bottesi, G.,

Bettinardi, O., & Zotti, A. M., 2015) ha confermato le eccellenti proprietà psicometriche

dello strumento per la valutazione degli esiti.

3.2 EFFICACIA CLINICA DELL’EMDR NEL DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO

Come detto precedentemente, sono pochi gli studi che hanno indagato il ruolo

dell’EMDR nel trattamento del disturbo d’ansia generalizzato. In questo paragrafo verrà

riportato un recente studio in cui è stata indagata l’efficacia clinica dell’EMDR nella

riduzione del ‘’worry’’ patologico nei pazienti con diagnosi GAD. In questo studio di

casi singoli (Farima, R., Dowlatabadi, S., & Behzadi, S., 2015), sono state selezionate

tre ragazze con diagnosi GAD a cui sono stati sottoposti prima dell’intervento il test

Generalized Anxiety Disorder Questionaire (GADQ-IV), il Pennsylvania State Worry

Questionnaire (PSWQ), Il Worry Domaine Questionaire (EDQ), il Intollerance of

Uncertainty Scale, (IUS) ed il Cognitive Avoidance Questionnaire (CAQ),

somministrati prima del trattamento, dopo una sessione di trattamento e dopo l’ultima

seduta ed infine ad un follow up di un mese. I risultati mostrano un significativo

miglioramento delle pazienti: i punteggi dei relativi test risultano notevolmente

diminuiti, anche dopo un mese. Questi risultati dimostrano che durante il trattamento

con EMDR, immagini, emozioni e cognizioni negative perdono di significato, lasciando

il posto a quelle positive. In particolare, le pazienti hanno mostrato una minore tendenza

all’evitamento e una minore preoccupazione. Questi risultati dovrebbero essere ripetuti.

61

3.3 EFFICACIA CLINICA DELL’EMDR NEL DISTURBO DI PANICO

Il primo studio sull'efficacia clinica dell'EMDR nel DAP risale al 1994 ad opera di

Golstein e Feske, i quali riportano una serie di casi in cui avvenne una riduzione della

frequenza degli attacchi, della paura di avere un attacco e della paura delle sensazioni

corporee dopo 5 sedute di trattamento. Riguardo questo studio si è avanzata l’ipotesi

che una fase più lunga di preparazione avrebbe portato a risultati migliori (Shapiro,

1999). Questa tesi è supportata da uno studio di Fernandez e Faretta (2007) che

riportarono il caso di una donna con disturbo di panico con agorafobia, la cui storia

clinica ha rivelato il contributo esperienziale nell’insorgenza degli attacchi. Il

trattamento comprendeva una fase di preparazione di 6 sedute e un trattamento di 15

sedute EMDR. I risultati finali riportarono una remissione completa dei sintomi e un

mantenimento dei comportamenti ad un follow-up di 1 anno. La paziente ha riportato

inoltre una diminuzione dell’ansia anticipatoria, cambiamenti emotivi e comportamenti

funzionali, coerentemente con gli obiettivi del trattamento. Questi risultati dimostrano

come sia utile lavorare sulle esperienze di vita che sono talvolta la causa dell’attuale

disturbo e rafforzare una prospettiva futura adattiva per affrontare situazioni legate ai

sintomi. Il lavoro clinico proposto dall’approccio EMDR, mira a desensibilizzare e

rielaborare convinzioni, comportamenti, emozioni e sensazioni corporee legate alla

paura fino a farle rientrare all’interno di un sistema di convinzioni più gestibile, in modo

da permettere al paziente di affrontare le situazioni precedentemente temute e quindi

evitate.

62

3.4 L'EFFICACIA CLINICA DELL’EMDR NEL DISTURBO POST TRAUMATICO DA

STRESS

Sempre più studi, anche in ambito clinico sostengono l'impiego dell'EMDR nei pazienti

affetti da disturbo da stress post traumatico. In questo paragrafo verrà presentato uno

studio esemplificativo sulla valutazione dell'efficacia clinica e neurobiologica

dell'EMDR nel trattamento di questo disturbo. In un recente studio italiano (Bossini, L.,

Casolaro, I., Santarnecchi, E., Caterini, C., Koukouna, D., Fernandez, I., & Fagiolini,

A., 2012) è stata valutata l'efficacia clinica e neurobiologico-strutturale in 29 pazienti

con diagnosi di PTSD senza comorbilità con altri disturbi tramite una doppia

valutazione clinica e neurobiologica al tempo T0 (prima valutazione) e T1 (dopo 12

sedute). I tipi di trauma esperiti dai pazienti erano molteplici (morte improvvisa di un

familiare, incidenti, aggressioni) I pazienti sono stati trattati con sessioni individuali di

EMDR di 90 minuti ciascuna, una volta a settimana per 12 settimane da psicoterapeuti

esperti. Dei 18 pazienti che hanno portato a termine la psicoterapia, 15 hanno mostrato

una risoluzione completa dei sintomi con incremento bilaterale del volume

ippocampale.

Uno studio attuale (Raboni, M. R., Tufik, S., & Suchecki, D., 2006) ha confermato il

ruolo dell'EMDR nel ridurre alcuni sintomi negativi tipici del PTSD quali disturbi del

sonno, depressione, ansia, flashback e una scarsa qualità della vita. La maggiore

efficienza del sonno e la riduzione dello stress generale, sociale ed emotivo sono fattori

determinanti per i pazienti di percepire il miglioramento della loro qualità di vita e del

benessere. In conclusione questo tipo di terapia è efficace per il trattamento di molti dei

sintomi di PTSD che possono compromettere le attività della vita quotidiana delle

persone. L'Efficacia del protocollo EMDR per eventi traumatici è confermata da altri

63

studi che hanno valutato il mantenimento degli effetti positivi del trattamento anche ad

un follow-up di 3 e 5 mesi (Jarero, I., & Uribe, S., 2012).

3.5 L'EFFICACIA CLINICA DELL’EMDR NEL DISTURBO ACUTO DA STRESS

Uno studio recente (Buydens, S. L., Wilensky, M., & Hensley, B. J., 2014) ha valutato

l'efficacia clinica del protocollo EMDR degli eventi recenti per il trattamento del

disturbo acuto da stress. Dopo alcune settimane 7 adulti con diagnosi di disturbo acuto

da stress sono stati sottoposti a sessioni multiple del protocollo EMDR per eventi

traumatici recenti, una versione estesa del protocollo standard di terapia EMDR. Questo

protocollo è stato sviluppato come un intervento di psicoterapia per ridurre o eliminare i

sintomi derivanti dai ricordi traumatici recenti irrisolti (Shapiro, 1995, 2001). Alla fine

delle sessioni i pazienti hanno mostrato una riduzione media ai punteggi della IES - R

del 71,8 %, con i punteggi decrescenti da una media di 65 pre-trattamento ad una media

di 19. Dopo il trattamento, i pazienti sono stati in grado di riprendere la loro vita

normale. Gli esiti positivi dell'intervento suggeriscono che il protocollo EMDR per gli

eventi traumatici recenti può essere un mezzo efficace per fornire un trattamento

precoce per le vittime di traumi, impedendo potenzialmente lo sviluppo dei più gravi

sintomi di disordine da stress post-traumatico. Inoltre il lavoro dell’EMDR su questo

tipo di disturbo può influire positivamente nello sbloccare l’elaborazione dei vissuti e

nel rendere maggiormente consapevoli i pazienti di come questo blocco sia un

meccanismo di difesa ed al tempo stesso un fattore di mantenimento dei sintomi.

64

3.6 L’EFFICACIA CLINICA DELL’EMDR NEL LUTTO TRAUMATICO

Esperienze traumatiche o avverse possono costruire una complicanza per l'elaborazione

del lutto. Una componente importante per l'elaborazione adattiva del lutto è avere

accesso ai ricordi della persona amata (Solomon e Rando, 2007). Quando si è in

circostanze spiacevoli, i sintomi intrusivi possono bloccare l'accesso alle reti associative

di memoria interferendo anche con l'elaborazione del lutto. L'utilizzo dell'EMDR per il

trattamento del lutto traumatico sembra condurre all'emergere dei ricordi positivi della

persona deceduta, facilitando la formazione di una rappresentazione interna adattiva. Il

protocollo per il trattamento per ''l'eccessivo dolore'' è tratto dal ''Eye Movement

Desensitization and Reprocessing (EMDR) Scripted Protocols: Basics and Special

Situations'' ed illustra i 5 passaggi necessari per l’assimilazione adattiva della perdita

(Luber, M., 2012). Questo protocollo prevede 5 fasi in cui vengono affrontati molteplici

aspetti del dolore dovuto alla perdita di una persona cara: il paziente viene guidato dal

terapeuta dapprima all'elaborazione dell'evento attuale, ovvero la perdita e la sofferenza

che ne deriva, delle immagini intrusive e incubi, per poi passare all'elaborazione degli

stimoli associati con il lutto e ad affrontare i temi di responsabilità e di colpa o

precedenti morti irrisolte. Obiettivo finale del trattamento è arrivare all'accettazione

della perdita avendo accesso ad una vasta gamma di sensazioni ed esperienze positive

condivise insieme alla persona persa. Il caso clinico preso in considerazione riguarda

una paziente che ha perso suo figlio durante un attacco terroristico. Alla madre non è

stato permesso di vedere il corpo del bambino, ma le è stato comunicato che aveva una

ferita alla testa. Due mesi dopo la madre riportava ricordi ed immagini associate al

bambino che riguardavano questa ferita e non riusciva ad avere accesso ad altri ricordi.

La paziente è stata trattata con il protocollo standard EMDR. All'inizio della terapia la

65

paziente ha esperito il dolore della perdita e altri ricordi collegati al bambino che sono

emersi durante l'elaborazione. Alla fine del trattamento, due settimane dopo, la madre ha

riportato sentimenti positivi durante il ricordo del figlio, accompagnati da immagini

positive (Solomon, R. M., & Rando, T. A., 2012). Un studio non randommizato

(Sprang, G., 2001) ha riportato inoltre un'efficacia clinica dell'EMDR equivalente a

quella del trattamento Guided Mourning con una riduzione dei sintomi post traumatici.

66

67

CAPITOLO IV

LA RICERCA

4.1 OBIETTIVI E IPOTESI

Sulla base di quanto riportato nei capitoli precedenti riguardo l’efficacia teorica e clinica

dell’EMDR per il trattamento dei disturbi d’ansia e legati a condizioni stressanti e

traumatiche, è evidente come questo approccio stia ottenendo buoni risultati. Con

L’EMDR la trasformazione dell’informazione disturbante, nel senso di rielaborazione

adattiva della stessa, produce effetti positivi sulla struttura cognitiva, sul comportamento

e sull’emotività, favorendo inoltre il miglioramento del senso di autostima e di

autoefficacia del paziente (Arnone R, Orrico A, D’Aquino G, Di Munzio W, 2012). Il

presente lavoro nasce dall’intento di monitorare gli esiti del trattamento con EMDR

forniti in un contesto ospedaliero e in terapia individuale. Come descritto nel precedente

capitolo, una delle critiche mosse agli studi controllati è che, per garantire la correttezza

metodologica (campione omogeneo, assegnazione casuale alle diverse condizioni, ecc),

si hanno delle restrizioni nella scelta del campione; ad esempio si auto escludono i

pazienti che non accettano il rischio di un’assegnazione al gruppo di controllo. Questo

studio di efficacia clinica riguarda un gruppo di pazienti con diagnosi eterogenee

(disturbi post traumatici da stress, disturbi dell’adattamento, disturbi acuti da stress, lutti

traumatici, disturbi d’ansia generalizzata e disturbi di panico), non selezionati, reclutati

in base al criterio di presa in carico da parte del servizio di psicologia clinica

ospedaliera. Scopo del seguente lavoro è valutare il grado di miglioramento e di

benessere riportato al paziente dopo la terapia attraverso la somministrazione di uno

68

strumento per la valutazione degli esiti prima e dopo il trattamento (CBA-VE), delle

scale di controllo EMDR (SUD e VOC) e la misurazione della percentuale di

miglioramento soggettiva espressa dal terapeuta. Ad oggi L’EMDR è una metodologia

terapeutica sempre più validata scientificamente per il PTSD e numerosi studi

supportano l’efficacia teorica e clinica dell’EMDR per una più ampia gamma di disturbi

clinici; ulteriore scopo di questa ricerca è verificare, in linea con l’emergente letteratura

in ambito clinico, se questo trattamento può portare benefici anche a pazienti affetti da

disturbi psicologici diversi dal PTSD. Si registra infatti, nella pratica clinica, un uso

massivo dell’EMDR anche per il trattamento di alcuni disturbi d’ansia e tutt’oggi molti

studi sono in corso per sancirne la validazione. Ci si aspetta dunque un miglioramento

ed una riduzione dei sintomi anche per i disturbi ansiosi. Inoltre, in linea con i modelli

teorici (Shapiro, 1995) non si attende una differenza di efficacia in relazione alla

cronicità del disturbo e al numero di sedute effettivamente completate dal paziente; si

aspettano infatti cambiamenti profondi e rapidi indipendentemente dal numero di anni

trascorsi dall’evento traumatico, così come dal numero di sedute terapeutiche

(Jaberghaderi N, Greenwald R, Rubin A, Dolatabadim S, Zand SO., 2004; Shapiro,

1995) In ultima analisi verrà valutata la dimensione dell’effetto per ciascuna scala del

CBA-VE per verificare quali aspetti sintomatici e non, sono maggiormente sensibili al

cambiamento.

4.2 METODO

Il presente studio è stato condotto durante un’esperienza di tirocinio presso il servizio di

Psicologia clinica U.O.S del Presidio Ospedaliero di Portogruaro dell’Azienda ULSS n.

69

10 ‘’Veneto Orientale’’. Il lavoro di ricerca è stato possibile grazie all’autorizzazione

per la raccolta dati direttamente dalle cartelle cliniche dei pazienti. L’intervallo

temporale delle prestazioni ambulatoriali raccolte va dal 2013 al 2015 ed il trattamento

terapeutico è stato effettuato dalla Psicologa psicoterapeuta EMDR accredit consultant

and supervisor responsabile del servizio.

4.2.1 Campione

Il campione preso in esame nello studio è comporto da 38 soggetti, omogenei per

genere, di 31 femmine e 7 maschi di età compresa tra i 21 e i 64 anni (M= 42 DS=

12,7). Di tutte le prestazioni offerte dal servizio ambulatoriale ospedaliero

nell’intervallo temporale sopra menzionato, sono stati inclusi i dati di 38 pazienti utili al

seguente lavoro in quanto altri (in totale, 15 pazienti) non risultavano idonei per i

seguenti motivi:

- Alcuni pazienti hanno abbandonato la terapia per motivazioni personali esterne

alla terapia (es. trasferimento di residenza).

- Alcuni pazienti presentavano punteggi bassi al CBA-VE iniziale rendendo di

fatto poco significativa la rivalutazione finale per verificare una normalizzazione

dei punteggi. Si è notato che ciò accadeva in pazienti con iniziale dissociazione

strutturale.

- In alcuni casi è mancata la somministrazione del test valutazione esiti post

trattamento, nei casi in cui i pazienti non si presentavano alla seduta di chiusura

della terapia.

I criteri di inclusione comprendono dunque tutti i pazienti che hanno compilato

entrambi i test di valutazione iniziale e finale. I soggetti sottoposti a trattamento

ambulatoriale ed inclusi in questo studio sulla valutazione degli esiti, presentano una

eterogeneità di disturbi, riconducibili a due categorie diagnostiche ben definite: i

70

disturbi d’ansia (18 soggetti) e i disturbi a base traumatica e da stress (20); la

classificazione è coerente con il nuovo manuale diagnostico DSM-5. Il campione è stato

inoltre suddiviso in base alla durata del disturbo (inferiore o superiore ad un anno),

durata del trattamento in termini temporali (inferiore o superiore a sei mesi) e numero di

sedute (superiore o inferiore a 8); un numero di 8 sedute è quello contemplato per un

ciclo previsto con il ticket LEA regionali. Nella Tabella 1 sono riportati i dati descrittivi

del campione e le frequenze per ciascun disturbo.

Tabella 1: Dati descrittivi del campione

Numero soggetti: 38

Sesso: 31 Femmine, 7 Maschi

Età= (M= 42 DS= 12,7)

Diagnosi: 10 soggetti con Disturbo d’Ansia Generalizzato

8 soggetti con Disturbo di Panico

9 soggetti con Disturbo dell’Adattamento

5 soggetti con Lutto Traumatico

4 soggetti con Disturbo Acuto da Stress

2 soggetti con Disturbo Post traumatico da stress

Durata del disturbo: 21 soggetti disturbo con un tempo inferiore o uguale ad un anno

16 soggetti disturbo con un tempo maggiore di un anno.

12 soggetti presentavano un disturbo da un tempo inferiore o uguale a 5 mesi, 8 soggetti

da un tempo compreso tra 6 mesi e 12 mesi,12 soggetti tra 13 mesi e 10 anni e 5 per un

tempo maggiore a 10 anni.

Durata del trattamento: 18 soggetti hanno seguito la psicoterapia per un tempo inferiore

o uguale a 6 mesi.

20 soggetti hanno seguito la psicoterapia per un tempo maggiore di 6 mesi. Tempo

minimo: 1 mese di terapia; tempo massimo: 1 anno.

Numero di sedute: 22 soggetti hanno effettuato un numero minore o uguale a 8 sedute

16 soggetti hanno effettuale un numero maggiore a 8 sedute.

Il numero più basso di sedute è 4, il più alto è 13.

71

4.2.2 Procedura

Ai pazienti che hanno preso contatto con il servizio di psicologia dell’ospedale di

Portogruaro, è stato dato appuntamento per il primo colloquio di assessment ed in base

alle risultanze di questo, se indicato e necessario, è stato proposto un primo ciclo di

sedute per un massimo di 8, come previsto dalle normative (e dal ticket sanitario).

Considerando il campione preso in esame nel seguente lavoro, il numero di sedute e la

durata del trattamento è eterogenea, da un minimo di 4 sedute, escluso il colloquio

iniziale, ad un massimo di 13 sedute. Le frequenze sono riportate nella Tabella 1. Le

diagnosi dei disturbi, sono state effettuate in fase di assessment in accordo con i criteri

diagnostici dell’ICD-10 (International Statistical Classification of Diseases – che

rappresenta il sistema standard utilizzato nel servizio sanitario italiano), attraverso un

colloquio clinico dello psicoterapeuta responsabile del servizio esperto nella diagnosi e

nel trattamento di tali disturbi. Il colloquio psicologico clinico prevedeva una

valutazione dei sintomi presentati dalla persona, del grado di compromissione del

normale funzionamento e della cronicità del disturbo. In questa fase veniva

somministrato il test di valutazione degli esiti CBA-VE per monitorare la baseline della

persona (vedere la sezione relativa agli strumenti) oltre ad altre indagini testistiche se

ritenute utili (IES-R, STAI-X, BDI..). Qualora risultasse opportuna la presa in carico

della persona, nelle sedute successive era prevista la raccolta del consenso informato e

l’inizio del trattamento con EMDR secondo le fasi del protocollo standard descritte nel

capitolo I. Al termine del trattamento (in ultima seduta o nel follow-up) per ciascun

paziente è stato somministrato nuovamente il CBA-VE secondo le stesse modalità della

72

prima rilevazione. In sede di screening sono stati annotati i valori di ogni item e sono

stati elaborati i punteggi delle 5 scale mediante il programma computerizzato del test. In

sede di ricerca, sono stati raccolti i dati circa la valutazione dello psicoterapeuta del

grado di miglioramento del paziente, in termini di percentuale di raggiungimento degli

obiettivi concordati con il paziente. Nel paragrafo dei risultati è riportata la media delle

percentuali.

4.2.3 Strumenti di valutazione

Per la valutazione dell’andamento dei disturbi presentati dai pazienti nel corso del

trattamento è stato utilizzato un test ad hoc: il CBA-VE (Cognitive Behavioural

Assessment- Valutazione dell’Esito). Come descritto nel capitolo riguardante l’efficacia

clinica, questo test di valutazione dell’esito gode di una buona capacità discriminate tra

soggetti ‘’normali’’ e clinici e di una buona sensibilità al cambiamento. Il questionario

può essere somministrato a persone con età superiore a 16 anni e con sufficienti capacità

di lettura e di comprensione verbale. Lo psicologo psicoterapeuta chiede al soggetto di

compilare il questionario facendo riferimento a ‘’come si è sentito’’ negli ultimi 15

giorni con risposta su scala a 5 punti (per nulla, poco, abbastanza, molto, moltissimo). I

punteggi ottenuti nelle 5 scale del test (Ansia, Benessere, Percezione del cambiamento

positivo, Depressione, Disagio psicologico), hanno un diverso andamento atteso e una

diversa rappresentazione grafica; mentre per le scale sintomatologiche ci si attende una

riduzione nel corso dell’intervento, per le scale Benessere e Cambiamento ci si attende

una crescita. Per fornire una rappresentazione coerente e immediatamente leggibile, i

punteggi delle due scale positive sono disposti in direzione inversa rispetto alle altre

(crescono dal basso verso l’alto), in modo che un valore posto nella parte alta sia

73

indicativo di una condizione psicologica negativa per tutte e cinque le scale (Michielin

P, Bertolotti G, Sanavio E, Vidotto G, Zotti AM, 2009). Inoltre, all’inizio e al termine di

ciascuna seduta EMDR e su ogni target sono stati raccolti, secondo il protocollo di

trattamento, i punteggi SUD (Scala dell’Unità soggettiva del Disturbo) che va da 0 a 10,

dove 0 indica assenza assoluta di disturbo) e VOC (La scala di Validità di Cognizione

Positiva) che va da 1 a 7, dove 1 indica ‘’cognizione completamente falsa’’ e 7

‘’cognizione completamente vera’’. Per l’analisi statistica è stata calcolata la media dei

punteggi SUD e VOC ottenuti da ogni paziente per ogni target.

4.3 ANALISI STATISTICA

Per l’analisi statistica è stato utilizzato il programma SPSS. In prima battuta sono state

effettuate delle analisi descrittive del campione e della normalità dello stesso. Le

frequenze e le medie sono riportate nella Tabella 1. Considerando i punteggi ottenuti da

ciascun paziente al CBA-VE prima e dopo il trattamento è stata calcolata la variazione

del punteggio per ciascuna scala tramite un t-test per campioni appaiati. I risultati

mostrano una diminuzione statisticamente significativa dei punteggi tra il prima e il

dopo per le scale di ansia, depressione e disagio, ed un aumento statisticamente

significativo per le scale positive di benessere e cambiamento. Da un preliminare

confronto descrittivo tra le medie inoltre emergono con chiarezza le differenze delle

medie dei punteggi tra il prima e dopo (Figura 1). Nella Tabella 2 sono riportati i

risultati.

74

Tabella 2. Media, Deviazione standard e risultati t- test per campioni appaiati per i

punteggi di ciascuna scala del CBA-VE prima (T0) e dopo il trattamento (T1).

Coppia 1: Ansia T0- Ansia T1

Pre-trattamento (M = 32.72; DS = 11.103); Post trattamento (M = 9.87; DS = 6.139)

[t(37) = 12,095, p < .001]

Coppia 2: Benessere T0- Benessere T1

Pre-trattamento (M = 15.34; DS = 5.552); Post trattamento (M = 31.95; DS = 9.194)

[t(37) = -10.384, p < .001]

Coppia 3: Cambiamento T0- Cambiamento T1

Pre-trattamento (M = 17.63; DS = 6.914); Post trattamento (M = 27.13; DS = 5.653)

[t(37) = -7.131, p < .001]

Coppia 4: Depressione T0- Depressione T1

Pre-trattamento (M = 33.42; DS = 13.953); Post trattamento (M = 10.45; DS = 6.459)

[t(37) = 9.715, p < .001]

Coppia 5: Disagio T0- Disagio T1

Pre-trattamento (M = 28.95; DS = 13.420); Post trattamento (M = 7.92; DS = 6.231)

[t(37 )= 9.442, p < .001]

Figura 1. Confronto delle Medie dei punteggi alle singole scale del CBA-VE prima

e dopo il trattamento.

75

Attraverso l’indice d di Cohen per il confronto di due medie di gruppo è stata calcolata

inoltre la dimensione dell’effetto del trattamento per ciascuna scala.

Formula: Cohen's d = M1 - M2 / media di

dove la media di =√[( 12+ 2

2) / 2]

Un valore superiore a .50 è indicativo di una moderata dimensione dell’effetto, mentre

un valore superiore a .80 testimonia un effetto consistente e chiaro.

L’effetto risulta grande per tutte le scale, maggiore per le scale Ansia, Benessere,

Depressione e Disagio. Nella Tabella 3 sono riportati i rispettivi valori.

76

Tabella.3: risultati del d di Cohen per ciascuna scala del CBA-VE

TEST

RETEST

DELTA TEST-

RETEST

D DI COHEN

M DS M DS M DS

ANSIA 32.74

11.103

9.87

6.139

22.868 11.655 -2.05

BENESSERE 15.34

5.552

31.95

9.194

-16.605 9.857 2.18

CAMBIAMENTO 17.63

6.914

27.13

5.653

-9.500 8.213 1.50

DEPRESSIONE 33,42

13,953 10,45

6,459

22.974 14.578 -2.11

DISAGIO 28,95

13,420

7,92 6,231 21.026 13.728 -2.01

Data la suddivisione del campione in due gruppi distinti, soggetti con diagnosi di

disturbo d’ansia (18) e diagnosi di disturbo collegato ad aventi stressanti e traumatici

(20), mediante una ANOVA a misure ripetute con disegno misto 2x2 è stato indagato

per ciascuna scala, se il fattore entro i soggetti (cambiamento dei valori nelle scale

prima e dopo il trattamento) avesse un’interazione statisticamente significativa con il

fattore ‘’diagnosi’’ tra i soggetti. Per la scala ansia i risultati indicano un effetto di

interazione non statisticamente significativo tra il cambiamento dei punteggi della scala

e la diversa diagnosi, questo indica che i punteggi diminuiscono similmente (F(1) =

1.626, p > .05). Anche per le scale Benessere, Cambiamento, Depressione e Disagio si

riscontra un effetto di interazione non statisticamente significativo (F(1) = .01, p > .05,

F(1) = 1.235, p > .05, F(1) = .06, p > .05, F(1) = 1.697, p >.05). Di seguito sono riportati

i grafici.

77

36,167

10,77

29,65

9,05

0

5

10

15

20

25

30

35

40

T0 T1

SCALA ANSIA

Diagnosi disturbi d'ansia Diagnosi disturbi traumatici

15,389

31,944

15,3

31,95

0

5

10

15

20

25

30

35

T0 T1

SCALA BENESSERE

Diagnosi disturbi d'ansia Diagnosi disturbi traumatici

In questo caso, nella scala Benessere i punteggi prima-dopo il trattamento si sovrappongono.

78

19,3

27,4

15,778

26,883

0

5

10

15

20

25

30

T0 T1

SCALA CAMBIAMENTO

Diagnosi disturbi d'ansia Diagnosi disturbi traumatici

34,889

12,111

32,1

8,95

0

5

10

15

20

25

30

35

40

T0 T1

SCALA DEPRESSIONE

Diagnosi disturbi d'ansia Diagnosi disturbi traumatici

79

32,389

8,333

25,85

7,55

0

5

10

15

20

25

30

35

T0 T1

SCALA DISAGIO

Diagnosi disturbi d'ansia Diagnosi disturbi traumatici

In una successiva analisi ANOVA a misure ripetute con disegno misto è stata valutata

l’influenza della durata del disturbo sul cambiamento di ciascuna scala. Il campione è

stato infatti suddiviso in due gruppi: pazienti che riportavano la sintomatologia per un

tempo inferiore ad un anno e pazienti che la riportavano per un tempo maggiore di un

anno (in questo gruppo sono stati inclusi alcuni pazienti che hanno riportato sofferenza

psichica derivante dal disturbo per tutta la vita). Nella scala Ansia si riscontra una

influenza statisticamente significativa della variabile durata del disturbo nel

cambiamento dei punteggi, in particolare i pazienti con disturbo cronico (> di 1 anno)

che nel pre-trattamento hanno riportato punteggi maggiori nella scala Ansia, nel post

trattamento riportano punteggi che si avvicinano ai pazienti con disturbo non cronico (<

di 1 anno), (F(1) = 6.875, p < .05), Il miglioramento è quindi più evidente per i pazienti

con disturbo cronico. Qui di seguito è riportato il grafico.

80

In questo caso, la differenza tra i punteggi prima e dopo il trattamento, risulta statisticamente

significativa, con un abbassamento maggiore dei punteggi per i pazienti con una durata del

disturbo maggiore di un anno.

Questo effetto di interazione sinergica non è presente per le altre scale, in cui i punteggi

diminuiscono similmente per entrambi i gruppi: scala Benessere (F(1) = .006, p > .05),

scala Cambiamento (F (1) = .110, p > .05), scala Disagio (F (1) = 1.486, p > .05) e scala

Depressione (F (1) = 3.327, p > .05). Per quest'ultima scala è stato trovato un effetto

gruppo, i punteggi nella scala depressione nel gruppo con un disturbo cronico è sempre

più alta rispetto al secondo gruppo anche al tempo 1. La differenza risulta

statisticamente significativa (F (1) = 4.743, p < .001).

Un’ulteriore analisi ANOVA è stata svolta per determinare l’influenza del numero di

sedute svolte dai pazienti (minore- uguale o maggiore di 8) nel cambiamento delle scale.

Per tutte le scale non si riscontra un effetto interazione statisticamente significativo del

numero di sedute sul cambiamento dei punteggi, i quali decrescono similmente al tempo

1. Nella Tabella di seguito sono riportati i risultati

81

Scala Ansia* Numero sedute: F (1) = .228, p > .05

Scala Benessere* Numero sedute: F(1) = .082, p > .05

Scala Cambiamento* Numero sedute: F(1) = .89, p > .05

Scala Depressione*Numero sedute: F(1) = 1.098, p > .05

Scala Disagio*Numero di sedute: F(1) = 2.336, p > .05

In modo analogo è stata valutata l’interferenza tra la durata del trattamento in termini

temporali (minore- uguale o maggiore di sei mesi) nel cambiamento delle scale, ed

anche in questo caso il fattore temporale non interferisce in modo statisticamente

significativo con il cambiamento dei punteggi per tutte le scale. Nella tabella di seguito

sono riportati i risultati.

Scala Ansia*Durata trattamento: F(1) = .070, p > .05

Scala Benessere*Durata del trattamento: F(1) = .018, p > .05

Scala Cambiamento*Durata del trattamento: F(1) = .006, p > .05

Scala Depressione*Durata del trattamento: F(1) = .054, p > .05

Scala Disagio*Durata del trattamento: F(1) = .230, p > .05

Al fine di valutare una correlazione tra le variabili -numero di sedute e durata del

disturbo- è stata svolta una statistica bivariata. Risulta una correlazione non

statisticamente significativa tra durata del disturbo e numero di sedute: r =. 119, p > .05.

In modo analogo non risulta una correlazione statisticamente significativa tra durata del

disturbo e durata del trattamento in termini temporali: r = .086, p > .05.

In ultima analisi, attraverso un t- test per campioni appaiati è stata confrontata la media

dei punteggi ottenuti nelle scale SUD e VOC prima e dopo l’intervento. Risulta una

differenza statisticamente significativa tra il punteggio complessivo in entrambe le

scale, registrato prima e dopo l’intervento (SUD: t(37) = 19.330 p < .001; VOC: t(37) =

82

-9.874, p < .001. Per la scala negativa SUD, i punteggi sono più elevati prima

dell’intervento e si riducono successivamente (M = 8.92 vs. M = 1.03); nella scala

positiva VOC aumentano (M = 2.55 vs. M = 6.29).

Riguardo le percentuali circa il raggiungimento degli obiettivi terapeutici per ciascun

paziente, considerando l’intero percorso terapeutico, queste non sono mai al di sotto del

60%. Di seguito sono riassunte le percentuali (M = 92 %)

4.4 DISCUSSIONE DEI RISULTATI

I risultati emersi nella seguente ricerca indicano, già dalle prime analisi, un chiaro

miglioramento sia sintomatico (riduzione dei punteggi post trattamento nelle scale

Ansia, Depressione e Disagio) che non sintomatico (aumento dei punteggi nella scale

Benessere e Cambiamento percepito) per tutti i soggetti considerati nel campione e per

le diverse diagnosi (Disturbo d’Ansia Generalizzato, Disturbo di Panico, Disturbo Post

Traumatico da Stress, Disturbo Acuto da stress, Disturbo dell’Adattamento e Lutto

Traumatico). Uno dei momenti fondamentali della terapia con EMDR è l’identificazione

del problema specifico che ha determinato le vulnerabilità del paziente e che mantiene

attivati i sintomi. Con il paziente, che ha sempre un ruolo attivo, si esplora la storia dei

sintomi e degli stimoli che li riattivano, con le immagini, le emozioni, le reazioni

neurovegetative ed i pensieri disfunzionali ad essi collegati, i quali interferiscono spesso

% Raggiungimento

obiettivi Frequenza Percentuale

60 % 4 10.5 %

70 % 2 5.3 %

80 % 3 7.9 %

90 2 5.3 %

100 27 71.1%

Totale 38 100.0

83

con il funzionamento ottimale. Aspetto caratteristico della terapia inoltre, è

l’individuazione dei pensieri e delle azioni desiderabili per il futuro per affrontare

situazioni stressanti o traumatiche. Le ripercussioni del trattamento nella risoluzione

dei sintomi e nella percezione di cambiamento e benessere, sono da ricondursi dunque,

alla peculiarità dell’EMDR nel rimuovere un ‘’blocco’’ presente nella vita del paziente

che ne impedisce il movimento naturale verso la salute ed il cambiamento. Ciò permette

una riattivazione del meccanismo di autoguarigione innato e una mobilitazione delle

risorse residue dell’individuo. Con il progredire del processo di elaborazione

dell’informazione, i pazienti sperimentano atteggiamenti, pensieri e sensazioni più

adattive, che influiscono positivamente anche sul senso di autostima e autoefficacia

(Shapiro, 2000). Negli ultimi anni, molte ricerche hanno confermato come questo

metodo favorisca una rapida elaborazione dei ricordi e delle credenze che agiscono

negativamente sulla persona, consentendo una riduzione dei sintomi e permettendo il

raggiungimento di uno stile di vita equilibrato e soddisfacente. I risultati ottimali di

risoluzione sintomatica e non sintomatica, potrebbero risiedere inoltre, non solo

nell’attenzione dell’EMDR posta sui ricordi del passato che contribuiscono al problema

e sulle situazioni attuali stressanti, ma anche sulle competenze future utili al paziente

per fronteggiare in modo adattivo situazioni temute (Shapiro e Forrest, 2001). Questa

attenzione al futuro potrebbe incentivare il benessere esperito dai pazienti, in quanto i

risultati positivi ottenuti per il singolo target traumatico, attraverso le reti associative di

memoria, si estendono ai target simili. Come spiegato nel capitolo I e ribadito

precedentemente, quando si elabora un ricordo vengono considerate le diverse

componenti, dalle immagini alle sensazioni corporee immagazzinate al tempo del

trauma o dell’evento spiacevole. In termini di breve esposizione si chiede al paziente di

84

focalizzare l’attenzione sia sull’evento (insieme alle sensazioni fisiche, alle emozioni e

alle sensazioni corporee), che sulle dita del terapeuta, così da elicitare le associazioni e

riavviare il processo di apprendimento dell’evento, immagazzinato in una nuova forma,

meno disagevole. Questo avviene in quanto si ha un ri-processamento del ricordo, nella

memoria emotiva, in modo adattivo e non più disfunzionale. L’attenzione posta

dall’EMDR su aspetti cognitivi, fisiologici e fisici durante le fasi del trattamento nell’

elaborazione delle memorie traumatiche, porta all’estendersi dei benefici in tutte queste

componenti (cognitive, emozionali e fisiologiche). L’influenza delle emozioni e dei

disturbi emozionali sull’elaborazione delle informazioni (attenzione, memoria...) è

ormai ampiamente studiata. La sana regolazione emotiva diventa fondamentale per la

salute e il benessere mentale. L’EMDR, attraverso l’identificazione dell’emozione

disturbante, porta il paziente ad acquisire una maggiore consapevolezza e lo porta ad un

progressivo mutamento delle emozioni che diventano qualitativamente più adattive

(Nolen-Hoeksema 1991; Teasdale 1988). Anche il lavoro sulle cognizioni, di matrice

cognitivo- comportamentale rappresenta una componente determinante nella risoluzione

dei sintomi. Inoltre, il lavoro sulle sensazioni corporee aiuta il paziente ad acquisire la

padronanza e la gestione di quello che accade a livello somatico. Un’ altra possibile

interpretazione del miglioramento nei punteggi al CBA-VE in tutte scale, potrebbe

derivare dall’assunto teorico per cui la sintomatologia depressiva tende a concentrarsi

sul rimuginio del passato, mentre quella ansiosa sulle preoccupazioni legate al futuro;

strettamente legate al presente sono invece le percezioni di cambiamento, disagio e

benessere. Il lavoro terapeutico tipico dell’EMDR su queste tre dimensioni temporali

potrebbe essere un aspetto determinante per un esito positivo di trattamento. Allo stesso

modo, una diminuzione nella scala Disagio evidenzia la diminuzione del disagio

85

psicologico connesso ai sintomi nel presente. Il miglioramento dei punteggi della scala

Depressione per le differenti diagnosi (disturbi legati ad eventi stressanti e traumatici e

disturbi d’ansia) può essere spiegata considerando la componente ruminativa tipica dei

sintomi depressivi e rintracciabile sia nei disturbi traumatici che ansiosi. In una recente

ricerca, infatti, è emerso come ruminare (in termini di pensieri ripetitivi e intrusivi) in

modo astratto sulle memorie traumatiche porti al prolungamento dei sintomi post

traumatici e mantenga attivi i pensieri legati all’esperienza traumatica (Santa Maria, A.,

Reichert, F., Hummel, S.B. & Ehring, T., 2012). La risoluzione del trauma dunque

ridurrebbe anche queste tendenze disadattive. Anche i miglioramenti della scala Ansia

potrebbero essere ricondotti al lavoro sul rimuginio e sulle preoccupazioni legate a

molteplici aspetti della vita e ad eventi futuri, attuate dai pazienti con lo scopo di

prevedere e prevenire tali eventi. La diminuzione dei punteggi nella scala Ansia,

maggiormente evidente per i pazienti con disturbo cronico, potrebbe essere spiegata da

una maggiore elicitazione e cronicizzazione dei sintomi ansiosi con il passare del

tempo; per i traumi recenti il paziente è più dominato dalla sintomatologia post

traumatica che porta alla possibile copertura di quella ansiosa. L’ansia infatti potrebbe

venire incanalata in altre manifestazioni comportamentali, come i flashback o

l’evitamento della situazione. Nel caso di ansia cronica dunque, il paziente potrebbe

essere più consapevole dei propri sintomi ansiosi. La diminuzione similare in tutte le

altre scale del CBA-VE sia per disturbi cronici che per disturbi non cronici potrebbe

derivare dall’utilizzo nel trattamento con EMDR di protocolli differenziati per il

trattamento di traumi recenti e traumi complessi e di traumi con la ‘’t minuscola’’ e con

la ‘’T maiuscola’’ (Shapiro, 1995). I ‘’t minuscola’’ sono da ricondursi a traumi

relazionali, esperienze oggettivamente non così drammatiche, ma che se si ripetono nel

86

tempo possono risultare altamente disturbanti, soprattutto in età evolutiva, i secondi ad

esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, violenza sessuale propria

o delle persone care. Più avanti, quando si parlerà di ogni disturbo nel dettaglio, sarà

chiarito meglio questo concetto. Le evidenze di efficacia teorica e clinica dell’EMDR

nel trattamento dei disturbi traumatici e ansiosi riportati nei capitoli II e III, sono in

linea con i risultati trovati in questo studio. L’EMDR infatti, tecnica ormai ampiamente

validata per il trattamento del PTSD, è diventato uno strumento importante per

l’elaborazione di quegli eventi di vita negativi che spesso rappresentano un importante

fattore d’insorgenza o di scompenso per molti disturbi psicopatologici. Anche in questo

studio il miglioramento post terapia è evidente in entrambi i gruppi. Nello specifico, per

il disturbo d’ansia generalizzato, l’EMDR determina una diminuzione del worry

patologico attraverso il lavoro sul ricordo di alcune esperienze che possono aver

contribuito all’insorgenza del disturbo e sul ricordo delle prime esperienze in cui si è

provata ansia; in alcuni casi infatti posso emergere catene associative di ricordi legati ad

esperienze spiacevoli legati all’infanzia e cognizioni negative. Il paziente viene portato

così ad acquisire un senso di competenza e di fronteggiamento degli eventi stressanti

(Gauvreau e Bouchard, 2008). Altre ricerche sono necessarie per confermare questi

risultati. Per il disturbo di panico le ricerche emergenti portano ad ipotizzare che alla

base del cambiamento profondo ci sia la valutazione non solo del livello dei sintomi, ma

anche quello delle reazioni agli eventi scatenanti. Infatti anche per il trattamento di

questi disturbi, recenti ricerche hanno dimostrato come l’attenzione rivolta all’

individuazione ed elaborazione dei ricordi traumatici legati alla storia personale del

paziente e l’elaborazione del ricordo traumatico degli attacchi precedenti porta alla

riduzione dei sintomi (Goldstein et al., 2000; Faretta, 2013). Riguardo i disturbi

87

collegati ad eventi stressanti e traumatici, l’efficacia dell’EMDR per il trattamento del

PTSD è ormai ampiamente riconosciuta (Gillies, Taylor, Gray, O’Brien, & D’Abrew,

2013; Watts et al., 2013). Diversi studi (capitoli I e II) hanno mostrato che nel caso di

vittime con un trauma singolo, vi è una percentuale di remissione dell'84% fino al

100%, nel giro di 5 ore di trattamento. Sintomi intrusivi, di evitamento, iperarousal e

confusione legati al ricordo dell’esperienza traumatica vengono risolti attraverso il

lavoro di desensibilizzazione, in cui il ricordo perde di vividezza. Per il trattamento del

disturbo Acuto da Stress, in cui il trauma è ancora frammentato e non integrato

totalmente l’interno di un evento coerente, attraverso il protocollo specifico EMDR per

eventi recenti (Recent Traumatic Episodi Protocol; R-TEP), il lavoro terapeutico si

focalizza dapprima sulla ricostruzione dell’evento, seguendo l’ordine cronologico degli

eventi disturbanti. Il paziente rielaborerà poi progressivamente l’intera sequenza.

Ricerche emergenti validano sempre più questo protocollo e confermano la riduzione

dei sintomi da stress acuto, (capitoli I e II) anche se sono ancora poche le evidenze

rispetto a quelle presenti per l’efficacia dell’EMDR nel trattamento di traumi cronici e

di vecchie memorie traumatiche. Anche per il disturbo dell’adattamento, caratterizzato

per la presenza di traumi con la ‘’t minuscola’’, ci sono delle prime evidenze di efficacia

(Cvetek, R., 2008) ed il lavoro con EMDR si concentra maggiormente sui ricordi che

generano nel paziente un eccessivo livello di ansia e sugli eventi che causano un

profondo distress, nonostante non siano soddisfatti i criteri per diagnosticare un PTSD.

Presumibilmente questi individui hanno incontrato nel corso della vita situazioni e

stimoli relati alle esperienze spiacevoli, determinando una costante attivazione di

elementi associati all’esperienza. L’aumento dell’ansia in questi pazienti dunque

potrebbe rilevarsi disfunzionale, perché al tempo presente non c’è alcun motivo di

88

esperire quest’ansia anticipatoria (Shapiro, 1995, 2001; van der Kolk, van der Hart, &

Burbridge, 1995). Anche un lutto rientra nelle esperienze di vita stressanti, e se non

elaborato correttamente, può costituire un trauma non risolto e non integrato nelle reti di

memoria. L’EMDR si è rivelato efficace anche nel trattamento dei lutti complicati

(Sprang, G., 2001). L’obiettivo principale della terapia è portare all’emergere di

immagini, sensazioni ed emozioni positive dapprima surclassate dall’angoscia della

perdita. I risultati di questo studio confermano l’efficacia clinica del trattamento EMDR

anche per i lutti non risolti.

Nel corso della terapia con EMDR, i target traumatici vengono selezionati ed elaborati

progressivamente; in questa ricerca si osserva un miglioramento dei punteggi nelle due

scale SUD e VOC. Per effettuare le analisi statistiche, è stata calcolata la media dei

valori espressi dal paziente di tutti target individuati in ogni seduta. Esempi di target

sono riportati di seguito.

‘’Relazione conflittuale’’, ‘’Attaccamento con il padre’’, ‘’Malattia’’, ‘’Incidente sul

lavoro’’, ‘’Lutto materno improvviso’’, ‘’Abuso sessuale’’, ‘’Aggressione’’.

Questo dato evidenzia come i target traumatici abbiano un peso rilevante come possibili

fattori d’insorgenza e mantenimento del disturbo. Elaborare i target determina un

cambiamento in termini di percezione di una minore invasività del disturbo e di

mutamento delle cognizioni in positivo. Inoltre, l’effetto grande di miglioramento in

tutte le scale del CBA-VE, misurato attraverso l’indice d di Cohen è completamente

coerente con le percentuali soggettive di raggiungimento degli obiettivi terapeutici

espressi dallo psicoterapeuta. Come si può notare infatti i valori del d di Cohen in tutte

le scale superano di molto il .80 e gli obiettivi terapeutici sono percepiti come raggiunti

con una media del 92%. Le analisi riguardanti l’assenza di interazione tra numero di

89

sedute e durata del trattamento in termini temporali e cambiamento dei punteggi in tutte

le scale prima e dopo il trattamento con EMDR, indica come i punteggi siano migliorati

indipendentemente dal numero di sedute svolte dal paziente e dalla durata della terapia

in termini temporali. Altro importante risultato è che i pazienti con disturbo cronico non

hanno eseguito più sedute rispetto ai pazienti con disturbo non cronico. Questi risultati,

in linea con alcune ricerche riportate nei capitoli II e III, possono essere spiegati

partendo dal modello teorico di Elaborazione Accelerata dell’Informazione (AIP)

sottostante questa tecnica. Come ha sottolineato la stessa Shapiro, l’EMDR è una

tecnica che considera la guarigione ‘’svincolata dal tempo’’ perché i rapidi effetti

terapeutici possono essere osservati non solo indipendentemente dal numero di eventi

disturbanti e dal tempo trascorso dal loro avvenimento, ma presumibilmente anche dal

numero di sedute svolte dal paziente. Quando si elabora un ricordo/evento target infatti,

attraverso le reti associative di memoria, si riattivano anche tutti gli eventi simili e le

nuove cognizioni ed emozioni positive possono estendersi a tutti gli eventi raggruppati

nella rete neurale. Il tempo necessario per il trattamento dipende dal numero di ricordi

che devono essere elaborati, ma non è necessario elaborare ogni singolo evento, solo

perché connesso al ricordo; se ne sceglie uno che rappresenta l'intero gruppo, ottenendo

un effetto di generalizzazione. Il numero di sedute potrebbe dipendere quindi, dal

numero di associazioni che si riattivano nel paziente durante la singola seduta e dal

raggruppamento di eventi semanticamente correlati che possono essere affrontati

insieme. Inoltre, il passaggio rapido delle informazioni che avviene durante le sedute

EMDR può essere paragonato a quello che avviene durante la fase REM del sonno,

caratterizzato da un rapido spostamento fisiologico del materiale cognitivo ed emotivo.

Il cambiamento in questo modo avviene rapidamente ed anche per queste ragioni

90

l’EMDR è inclusa nelle terapie brevi. Nonostante queste spiegazioni, i meccanismi

sottostanti il funzionamento di questa tecnica sono ancora sconosciuti e al momento

possono solo essere avanzate delle ipotesi. Questi dati sono in linea con le evidenze

scientifiche circa il rapporto dose-effetto in psicoterapia. Studi controllati indicano come

una dose ottimale di sedute di psicoterapia possa facilitare un significativo cambiamento

nel paziente. Da alcune ricerche è emerso come piccole dosi di trattamento sono legate a

tassi relativamente rapidi di cambiamento, mentre grandi dosi di trattamento sono

correlate a tassi più lenti di cambiamento (Baldwin, S.A., Berkeljon, a., Atkins, D.C.,

Olsen, J.A., & Nielsen, S.L., 2009). Studi hanno rivelato un frequente miglioramento

nelle prime fasi della psicoterapia, che avviene in percentuale elevata

indipendentemente dalla lunghezza complessiva del trattamento psicoterapeutico

(Howard et al.,1986; Budman e Gurman, 1988); inoltre c'è consenso generale nel

ritenere che un numero tra 13 e 18 sedute sono necessarie per ottenere un miglioramento

del 50%. La letteratura indica che in trattamenti scrupolosamente controllati ed attuati, il

57,6% e il 67,2 % dei pazienti migliora entro una media di 12,7 sedute (Hansen, N.B.,

Lambert, M.J., & Forman, E.M., 2002).

4.5 CONCLUSIONI, LIMITI E PROSPETTIVE FUTURE

Dai risultati statistici di questo studio si può evincere come l’EMDR abbia portato al

miglioramento della condizione sintomatica, misurata dalle scale Ansia, Depressione e

Disagio del CBA-VE e del benessere psicologico, misurato dalle scale Benessere e

percezione del Cambiamento. Ciò che risulta soddisfacente quindi, non è solo la

remissione dei sintomi, ma anche quanto il soggetto percepisca che in se stesso e in

relazione al contesto qualcosa è cambiato. Questo dovrebbe essere il primo obiettivo di

91

una psicoterapia. I risultati estremamente promettenti confermano le assodate evidenze

presenti in letteratura per il trattamento dei disturbi traumatici e ne rappresentano una

ulteriore prova. Inoltre, i risultati positivi di miglioramento della sintomatologia ansiosa,

sottolineano le potenzialità di questa tecnica terapeutica anche per patologie non

esplicitamente riferibili ad eventi traumatici. L’EMDR è un protocollo che, mediante

l’azione su schemi disfunzionali, interviene sulle memorie autobiografiche più

direttamente collegate alla patologia attuale. La struttura stessa dell’intervento e

l’attenzione posta a tutti i canali di informazione favoriscono questa elaborazione. I

pazienti diventano maggiormente consapevoli di ciò che accade, limitando la tendenza

al rimuginio. Inoltre, l’attenzione posta sul sé e su ciò che il paziente esperisce in seduta

e non sulla terapia, rende meno gravosa l’elaborazione del trauma, favorendo la

cooperazione e l’alleanza terapeutica. I dati ottenuti sostengono la necessità di

continuare con la ricerca per la valutazione dell’efficacia clinica del trattamento con

EMDR, ampliando il campione indagato e includendo anche un numero omogeneo di

maschi e di femmine al fine di confermare ulteriormente i risultati presenti. Un limite

della ricerca risiede infatti, oltre che alla dimensione del campione, anche ad una

prevalenza del sesso femminile tra i partecipanti. Altro importante limite riguarda la

numerosità delle singole diagnosi incluse nello studio. Infatti, per mancanza di un

numero omogeneo di soggetti per ciascuna diagnosi, si è reso necessario suddividere il

campione in due categorie diagnostiche, anche se coerenti con la nuova suddivisione

diagnostica del DSM-5. Un aspetto importante potrebbe essere quello di raccogliere più

soggetti per ciascuna diagnosi in modo da poterli confrontare e confermare l’efficacia

clinica dell’EMDR per altri disturbi oltre il disturbo post traumatico da stress. Altro

limite è la mancata somministrazione ulteriore del CBA-VE ad un follow-up successivo

92

a distanza di mesi dall’intervento. Una successiva ricerca è auspicabile in questo senso

per valutare il mantenimento degli effetti terapeutici a lungo termine. Aspetto

interessante potrebbe essere quello di valutare il cambiamento anche nel corso della

terapia, somministrando il CBA-VE al tempo 0 e dopo ogni seduta, per monitorare

progressivamente il cambiamento di ogni scala. Il seguente studio dimostra chiaramente

come il miglioramento sia indipendente dal numero di sedute e dalla cronicità del

disturbo, aspetto fondamentale per le terapie brevi oltre che presupposto dell’EMDR; tra

l’altro, questo sembra dimostrare che la terapeuta, sulla base della sua lunga esperienza,

ha correttamente deciso (all'inizio o nel corso del trattamento) il numero necessario (e

sufficiente) di sedute. Questi risultati dovrebbero stimolare successive ricerche per

confermare come si possano ottenere risultati positivi in pazienti con disturbi cronici e

complessi nel giro di poche sedute. Date le crescenti evidenze circa l’effettiva efficacia

sia teorica che pratica dell’EMDR, è necessario che la ricerca continui con il lavoro di

validazione. Nonostante attualmente non ci sia chiarezza sui meccanismi sottostanti il

suo funzionamento e manchino ancora spiegazioni esaustive sul perché questa tecnica

porti a dei risultati positivi, si può concludere dicendo che ‘’l’EMDR può essere

integrato nei programmi terapeutici, qualunque sia l’orientamento teorico di chi lo

applica, aumentandone l’efficacia’’ (Fernandez, 2001). Infatti sempre più persone in

tutto il mondo continuano a beneficiarne.

93

BIBLIOGRAFIA

Brown, T. A., Chorpita, B. F., & Barlow, D. H. (1998). Structural relationships among

dimensions of the DSM-IV anxiety and mood disorders and dimensions of negative

affect, positive affect, and autonomic arousal. Journal of abnormal psychology, 107(2),

179.

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental

disorders (DSM-5®). American Psychiatric Pub.

Andrade, J., Kavanagh, D., & Baddeley, A. (1997). Eye‐movements and visual imagery:

A working memory approach to the treatment of post‐traumatic stress disorder. British

Journal of Clinical Psychology, 36(2), 209-223.

Arai, A., & Lynch, G. (1992). Factors regulating the magnitude of long-term

potentiation induced by theta pattern stimulation. Brain research, 598(1), 173-184.

Arnone, R., Orrico, A., D’aquino, G., & Di Munzio, W. (2012). EMDR e terapia

psicofarmacologica nel trattamento del disturbo da stress post-traumatico.Rivista di

Psichiatria, 47(2).

Arnone, R., Orrico, A., D’aquino, G., & Di Munzio, W. (2012). EMDR e terapia

psicofarmacologica nel trattamento del disturbo da stress post-traumatico.Rivista di

Psichiatria, 47(2).

Arntz, A. (2002). Cognitive therapy versus interoceptive exposure as treatment of panic

disorder without agoraphobia. Behaviour Research and Therapy, 40(3), 325-341.

Baldwin, S. A., Berkeljon, A., Atkins, D. C., Olsen, J. A., & Nielsen, S. L. (2009). Rates

of change in naturalistic psychotherapy: Contrasting dose–effect and good-enough level

models of change. Journal of consulting and clinical psychology, 77(2), 203.

Barkham, M., Evans, C., Margison, F., & McGrath, G. (1998). The rationale for

developing and implementing core outcome batteries for routine use in service settings

and psychotherapy outcome research. Journal of Mental Health, 7(1), 35.

Benedek, D. M., Friedman, M. J., Zatzick, D., & Ursano, R. J. (2009). Guideline watch

(March 2009): Practice guideline for the treatment of patients with acute stress disorder

and posttraumatic stress disorder. Focus.

Bertolotti, G., Michielin, P., Vidotto, G., Sanavio, E., Bottesi, G., Bettinardi, O., & Zotti,

A. M. (2015). Metric qualities of the cognitive behavioral assessment for outcome

evaluation to estimate psychological treatment effects.Neuropsychiatric disease and

treatment, 11, 2449.

94

Biondi, M., Carpiniello, B., Muscettola, G., Placidi, G., Rossi, A., & Scarone, S.

(2013). Manuale di psichiatria. Elsevier srl.

Borkovec, T. D., Alcaine, O., & Behar, E. (2004). Avoidance theory of worry and

generalized anxiety disorder. Generalized anxiety disorder: Advances in research and

practice, 2004.

Bossini, L., Casolaro, I., Santarnecchi, E., Caterini, C., Koukouna, D., Fernandez, I., &

Fagiolini, A. (2012). Studio di valutazione dell’efficacia clinica e neurobiologica

dell’EMDR in pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico. Rivista di

Psichiatria, 47(2), 12-15.

Bossini, L., Casolaro, I., Santarnecchi, E., Caterini, C., Koukouna, D., Fernandez, I., &

Fagiolini, A. (2012). Studio di valutazione dell’efficacia clinica e neurobiologica

dell’EMDR in pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico. Rivista di

Psichiatria, 47(2), 12-15.

Bower, J. K., Hales, D. P., Tate, D. F., Rubin, D. A., Benjamin, S. E., & Ward, D. S.

(2008). The childcare environment and children’s physical activity.American journal of

preventive medicine, 34(1), 23-29.

Brenner, JD., Vermetten, E., Southwick, S.m., Krystal, J.H. & Charney, D.S (1998b).

Trauma, memory and dissociation: an integrative formulation. In Trauma, Memory and

Dissociation, ed. J.D Bremner & C. Marmar, pp.365-402. Washington, DC: American

Psychiatric Association Press.

Brewin, C. R. (2006). Understanding cognitive behaviour therapy: A retrieval

competition account. Behaviour research and therapy, 44(6), 765-784.

Bryant, R. A., Mastrodomenico, J., Felmingham, K. L., Hopwood, S., Kenny, L.,

Kandris, E., ... & Creamer, M. (2008). Treatment of acute stress disorder: a randomized

controlled trial. Archives of general psychiatry, 65(6), 659-667.

Buchanan, T. (2007). The impact of the Spanish Civil War on Britain: war, loss and

memory. Sussex Academic Press.

Budman e Gurman (1988). Theory and practice in brief therapy. New York. Guilford.

Buydens, S. L., Wilensky, M., & Hensley, B. J. (2014). Effects of the EMDR protocol

for recent traumatic events on acute stress disorder: A case series.Journal of EMDR

Practice and Research, 8(1), 2-12.

Cahill, L., & McGaugh, J. L. (1998). Mechanisms of emotional arousal and lasting

declarative memory. Trends in neurosciences, 21(7), 294-299.

95

Carnelley, K. B., & Janoff-Bulman, R. (1992). Optimism about love relationships:

General vs specific lessons from one's personal experiences.Journal of Social and

Personal Relationships, 9(1), 5-20.

Casey, P., & Bailey, S. (2011). Adjustment disorders: the state of the art. World

Psychiatry, 10(1), 11-18.

Christman, S. D., Garvey, K. J., Propper, R. E., & Phaneuf, K. A. (2003). Bilateral eye

movements enhance the retrieval of episodic memories.Neuropsychology, 17(2), 221.

Cvetek, R. (2008). EMDR treatment of distressful experiences that fail to meet the

criteria for PTSD. Journal of EMDR Practice and Research, 2(1), 2-14.

Cvetek, R. (2008). EMDR treatment of distressful experiences that fail to meet the

criteria for PTSD. Journal of EMDR Practice and Research, 2(1), 2-14.

Davis, M. (2002). Neural circuitry of anxiety and stress

disorders.Neuropsychopharmacology: the fifth generation of progress, 931-951.

de Jongh, A., & Broeke, E. T. (2009). EMDR and the anxiety disorders: Exploring the

current status. Journal of EMDR Practice and Research, 3(3), 133-140.

Engelhard, I. M., van Uijen, S. L., & van den Hout, M. A. (2010). The impact of taxing

working memory on negative and positive memories. European Journal of

Psychotraumatology, 1.

Evans, John Mellor-Clark, Frank Margison, Michael Barkham, Kerry Audin, Janice

Connell, Graeme McGrath, C. (2000). CORE: clinical outcomes in routine

evaluation. Journal of Mental Health, 9(3), 247-255.

Faretta, E. (2012). EMDR e terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento del

disturbo di panico: un confronto. Rivista di Psichiatria, 47(2), 19-25.

Faretta, E. (2012). EMDR e terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento del

disturbo di panico: un confronto. Rivista di Psichiatria, 47(2), 19-25.

Faretta, E., & Fernandez, I. (2003). L’integrazione dell’EMDR nel trattamento del

disturbo da attacchi di panico [Integration of EMDR in the treatment of panic attack

disorder]. Panico: Origini, dinamiche, terapie, 469-487.

Farima, R., Dowlatabadi, S., & Behzadi, S. (2015). The effectiveness of eye movement

desensitization and reprocessing (EMDR) in reducing pathological worry in patients

with generalized anxiety disorder: a preliminary study.Archives of Psychiatry and

Psychotherapy, 1, 33-43.

Farima, R., Dowlatabadi, S., & Behzadi, S. (2015). The effectiveness of eye movement

desensitization and reprocessing (EMDR) in reducing pathological worry in patients

with generalized anxiety disorder: a preliminary study.Archives of Psychiatry and

Psychotherapy, 1, 33-43.

96

Fernandez, I., & Faretta, E. (2007). Eye movement desensitization and reprocessing in

the treatment of panic disorder with agoraphobia. Clinical Case Studies, 6(1), 44-63.

Fernandez, I., & Giovannozzi, G. (2012). EMDR ed elaborazione adattiva

dell’informazione. La psicoterapia come stimolazione dei processi psicologici

autoriparativi. Rivista di Psichiatria, 47(2), 4-7.

Fernandez, I., & Giovannozzi, G. (2012). EMDR ed elaborazione adattiva

dell’informazione. La psicoterapia come stimolazione dei processi psicologici

autoriparativi. Rivista di Psichiatria, 47(2), 4-7.

Feske, U., & Goldstein, A. J. (1997). Eye movement desensitization and reprocessing

treatment for panic disorder: A controlled outcome and partial dismantling

study. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 65(6), 1026.

Gabel, S. (1987). Information processing in rapid eye movement sleep: Possible

neurophysiological, neuropsychological, and clinical correlates. The Journal of nervous

and mental disease, 175(4), 193-200.

Galassi, F. (2009). La Terapia Integrata dei Disturbi d’Ansia. FrancoAngeli.

Galassi, F., Quercioli, S., Charismas, D., Niccolai, V., & Barciulli, E. (2007).

Cognitive‐Behavioral group treatment for panic disorder with agoraphobia.Journal of

clinical psychology, 63(4), 409-416.

Gana, K., Martin, B., & Canouet, M. D. (2002). Worry and anxiety: is there a causal

relationship?. Psychopathology, 34(5), 221-229.

Gauvreau, P., & Bouchard, S. (2008). Preliminary evidence for the efficacy of EMDR in

treating generalized anxiety disorder. Journal of EMDR Practice and Research, 2(1),

26-40.

Gauvreau, P., & Bouchard, S. (2008). Preliminary evidence for the efficacy of EMDR in

treating generalized anxiety disorder. Journal of EMDR Practice and Research, 2(1),

26-40.

Giannantonio, M. (2001). Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) e

psicoterapia del Disturbo Post-traumatico da Stress: considerazioni critiche e linee di

tendenza. Rivista di psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 1, 5-23.

Giannantonio, M. (2001). Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) e

psicoterapia del Disturbo Post-traumatico da Stress: considerazioni critiche e linee di

tendenza. Rivista di psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 1, 5-23.

Gillies, D., Taylor, F., Gray, C., O'Brien, L., & D'Abrew, N. (2013). Psychological

therapies for the treatment of post‐traumatic stress disorder in children and adolescents

(Review). Evidence‐Based Child Health: A Cochrane Review Journal, 8(3), 1004-1116.

97

Goldstein, A. J., De Beurs, E., Chambless, D. L., & Wilson, K. A. (2000). EMDR for

panic disorder with agoraphobia: Comparison with waiting list and credible attention-

placebo control conditions. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 68(6), 947.

Hansen, N. B., Lambert, M. J., & Forman, E. M. (2002). The psychotherapy

dose‐response effect and its implications for treatment delivery services.Clinical

Psychology: science and practice, 9(3), 329-343.

Heber, R., Kellner, M., & Yehuda, R. (2002). Salivary cortisol levels and the cortisol

response to dexamethasone before and after EMDR: a case report.Journal of clinical

psychology, 58(12), 1521-1530.

Hembree, E. A., Foa, E. B., Dorfan, N. M., Street, G. P., Kowalski, J., & Tu, X. (2003).

Do patients drop out prematurely from exposure therapy for PTSD?.Journal of

traumatic stress, 16(6), 555-562.

Howard et al. (1986), the dose-effect relationship in psychotherapy. American

Psychologist, 41, 159-164.

Jaberghaderi, N., Greenwald, R., Rubin, A., Zand, S. O., & Dolatabadi, S. (2004). A

comparison of CBT and EMDR for sexually‐abused Iranian girls.Clinical Psychology &

Psychotherapy, 11(5), 358-368.

Jaberghaderi, N., Greenwald, R., Rubin, A., Zand, S. O., & Dolatabadi, S. (2004). A

comparison of CBT and EMDR for sexually‐abused Iranian girls.Clinical Psychology &

Psychotherapy, 11(5), 358-368.

Jarero, I., & Uribe, S. (2012). The EMDR protocol for recent critical incidents: Follow-

up report of an application in a human massacre situation. Journal of EMDR Practice

and Research, 6(2), 50-61.

LA PERSONA, E. L’area dell’emergenza-urgenza e della psicotraumatologia

oncologica (2010).

Larson, J., Wong, D., & Lynch, G. (1986). Patterned stimulation at the theta frequency is

optimal for the induction of hippocampal long-term potentiation.Brain research, 368(2),

347-350.

(Lee, C. W., Taylor, G., & Drummond, P. D. (2006). The active ingredient in EMDR: Is

it traditional exposure or dual focus of attention?. Clinical psychology &

psychotherapy, 13(2), 97-107)

Leeds, A. M., & Shapiro, F. (2000). EMDR and resource installation: Principles and

procedures for enhancing current functioning and resolving traumatic experiences. Brief

therapy strategies with individuals and couples, 469-534.

98

Levin P., Lazrove S., van der Kolk B. (1999), What Psychological Testing and

Neuroimaging Tell Us about the Treatment of Posttraumatic Stress Disorder by Eye

Movement Desensitization and Reprocessing, “Journal of Anxiety Disorders”,

Giannantonio, M. (2000).

Lingiardi V. (2004), “La personalità e i suoi disturbi”, Milano: Il saggiatore

Lombardo, L., Lai, C., Luciani, M., Morelli, E., Buttinelli, E., Aceto, P., ... & Penco, I.

(2014). Eventi di perdita e lutto complicato: verso una definizione di disturbo da

sofferenza prolungata per il DSM-5. Rivista di Psichiatria, 49(3), 106-114.

Luber, M. (Ed.). (2015). Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)

Therapy Scripted Protocols and Summary Sheets: Treating Anxiety, Obsessive-

Compulsive, and Mood-Related Conditions. Springer Publishing Company.

MacCulloch, M. J., & Feldman, P. (1996). Eye movement desensitisation treatment

utilises the positive visceral element of the investigatory reflex to inhibit the memories

of post-traumatic stress disorder: a theoretical analysis.The British Journal of

Psychiatry, 169(5), 571-579.

Manfield, P. (1998). Extending EMDR.

Maxfield, L., & Hyer, L. (2002). The relationship between efficacy and methodology in

studies investigating EMDR treatment of PTSD. Journal of clinical psychology, 58(1),

23-41.

Maxfield, L., Melnyk, W. T., & Hayman, G. C. (2008). A working memory explanation

for the effects of eye movements in EMDR. Journal of EMDR Practice and

Research, 2(4), 247-261.

McCleery, J. M., & Harvey, A. G. (2004). Integration of psychological and biological

approaches to trauma memory: implications for pharmacological prevention of

PTSD. Journal of traumatic stress, 17(6), 485-496.

McNally, R. J., & Lukach, B. M. (1992). Are panic attacks traumatic stressors?. The

American journal of psychiatry.

McNally, R. J., Riemann, B. C., Louro, C. E., Lukach, B. M., & Kim, E. (1992).

Cognitive processing of emotional information in panic disorder. Behaviour research

and therapy, 30(2), 143-149.

Michielin, P., (2016). Interventi strutturati brevi in psicologia clinica. Domeneghini

Editore.

Michielin, P. A. O. L. O., & Bettinardi, O. R. N. E. L. L. A. (2004). Prove di efficacia e

linee guida per i trattamenti psicologici e le psicoterapie. Link Rivista Scientifica di

Psicologia, (05), 6-26.

99

Nolen-Hoeksema, S. (1991). Responses to depression and their effects on the duration

of depressive episodes. Journal of abnormal psychology, 100(4), 569.

Nolen-Hoeksema, S., & Morrow, J. (1991). A prospective study of depression and

posttraumatic stress symptoms after a natural disaster: the 1989 Loma Prieta

Earthquake. Journal of personality and social psychology, 61(1), 115.

Novo, N. P., Landin-Romero, R., Guardiola-Wanden-Berghe, R., Moreno-Alcázar, A.,

Valiente-Gómez, A., Lupo, W., ... & Amann, B. L. (2016). 25 years of Eye Movement

Desensitization and Reprocessing (EMDR): The EMDR therapy protocol, hypotheses of

its mechanism of action and a systematic review of its efficacy in the treatment of post-

traumatic stress disorder. Revista de psiquiatria y salud mental.

Onofri, A. (2012). EMDR in psichiatria. Introduzione al supplemento. Rivista di

psichiatria, 47(2), 1-3.

Pagani, M., Di Lorenzo, G., Monaco, L., Niolu, C., Siracusano, A., Verardo, A. R., ... &

Ammaniti, M. (2011). Pretreatment, intratreatment, and posttreatment EEG imaging of

EMDR: Methodology and preliminary results from a single case. Journal of EMDR

Practice and Research, 5(2), 42-56.

Pagani, M., Högberg, G., Salmaso, D., Nardo, D., Sundin, Ö., Jonsson, C., ... &

Hällström, T. (2007). Effects of EMDR psychotherapy on 99mTc-HMPAO distribution

in occupation-related post-traumatic stress disorder. Nuclear Medicine

Communications, 28(10), 757-765.

Palmieri, G., Margison, F., Guthrie, E., Moorey, J., Hardy, G., Evans, C., ... & Rigatelli,

M. (2007). A preliminary study of a measure of role‐play competence in psychodynamic

interpersonal therapy. Psychology and Psychotherapy: Theory, Research and

Practice, 80(2), 327-331.

Parnell, L. (1999). EMDR in the treatment of adults abused as children. WW Norton.

Ponniah, K., & Hollon, S. D. (2009). Empirically supported psychological treatments

for adult acute stress disorder and posttraumatic stress disorder: A review. Depression

and anxiety, 26(12), 1086-1109.

Raboni, M. R., Tufik, S., & Suchecki, D. (2006). Treatment of PTSD by eye movement

desensitization reprocessing (EMDR) improves sleep quality, quality of life, and

perception of stress. Annals of the New York Academy of Sciences, 1071(1), 508-513.

Raboni, M. R., Tufik, S., & Suchecki, D. (2006). Treatment of PTSD by eye movement

desensitization reprocessing (EMDR) improves sleep quality, quality of life, and

perception of stress. Annals of the New York Academy of Sciences, 1071(1), 508-513.

Rapoport, J. L., & Ismond, D. R. (1996). DSM-IV training guide for diagnosis of

childhood disorders. Psychology Press.

100

Rost, C., Hofmann, A., & Wheeler, K. (2009). EMDR Treatment of Workplace Trauma

A Case Series. Journal of EMDR Practice and Research, 3(2), 80-90.

Santa Maria, A., Reichert, F., Hummel, S. B., & Ehring, T. (2012). Effects of rumination

on intrusive memories: does processing mode matter?. Journal of behavior therapy and

experimental psychiatry, 43(3), 901-909.

Severeijns, R., Vlaeyen, J. W., van den Hout, M. A., & Weber, W. E. (2001). Pain

catastrophizing predicts pain intensity, disability, and psychological distress independent

of the level of physical impairment. The Clinical journal of pain, 17(2), 165-172.

Shapiro F. (1995), ‘’EMDR, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti

oculari’’, Milano: McGraw-Hill

Shapiro, F. (1999). Eye movement desensitization and reprocessing (EMDR) and the

anxiety disorders: Clinical and research implications of an integrated psychotherapy

treatment. Journal of Anxiety disorders, 13(1), 35-67.

Shapiro, F. (2002). EMDR 12 years after its introduction: past and future

research. Journal of clinical psychology, 58(1), 1-22.

Shapiro, F., & Forrest, M. S. (2001). EMDR: Eye movement desensitization and

reprocessing. New York: Guilford.

Shapiro, F., & Forrest, M. S. (2001). EMDR: Eye movement desensitization and

reprocessing. New York: Guilford.

Sharpley, C. F., Montgomery, J. M., & Scalzo, L. A. (1996). Comparative efficacy of

EMDR and alternative procedures in reducing the vividness of mental

images. Cognitive Behaviour Therapy, 25(1), 37-42.

Shear, K., Frank, E., Houck, P. R., & Reynolds, C. F. (2005). Treatment of complicated

grief: a randomized controlled trial. Jama, 293(21), 2601-2608.

Shear, M. K., Simon, N., Wall, M., Zisook, S., Neimeyer, R., Duan, N., ... & Gorscak,

B. (2011). Complicated grief and related bereavement issues for DSM‐5. Depression

and anxiety, 28(2), 103-117.

Siegel, D. J. (2002). The developing mind and the resolution of trauma: Some ideas

about information processing and an interpersonal neurobiology of psychotherapy.

Siegel, D. J. (2010). Mindsight: The new science of personal transformation. Bantam

Dell Publishing Group.

Simonetta, E. (Ed.). (2010). Esperienze traumatiche di vita in età evolutiva. EMDR

come terapia. FrancoAngeli.

101

Solomon, R. M., & Rando, T. A. (2007). Utilization of EMDR in the treatment of grief

and mourning. Journal of EMDR Practice and research, 1(2), 109-117.

Solomon, R. M., & Rando, T. A. (2012). Treatment of grief and mourning through

EMDR: conceptual considerations and clinical guidelines. Revue Européenne de

Psychologie Appliquée/European Review of Applied Psychology, 62(4), 231-239.

Solomon, R. M., & Shapiro, F. (2008). EMDR and the adaptive information processing

modelpotential mechanisms of change. Journal of EMDR practice and Research, 2(4),

315-325.

Sprang, G. (2001). The use of eye movement desensitization and reprocessing (EMDR)

in the treatment of traumatic stress and complicated mourning: Psychological and

behavioral outcomes. Research on Social Work Practice,11(3), 300-320.

Stickgold, R. (2002). EMDR: A putative neurobiological mechanism of action.Journal

of clinical psychology, 58(1), 61-75.

Stickgold, R. (2002). EMDR: A putative neurobiological mechanism of action.Journal

of clinical psychology, 58(1), 61-75.

Stöber, J. (1998). Worry, problem elaboration and suppression of imagery: The role of

concreteness. Behaviour research and therapy, 36(7), 751-756.

Suzuki, A., Josselyn, S. A., Frankland, P. W., Masushige, S., Silva, A. J., & Kida, S.

(2004). Memory reconsolidation and extinction have distinct temporal and biochemical

signatures. The Journal of neuroscience, 24(20), 4787-4795.

Taylor, S., Thordarson, D. S., Maxfield, L., Fedoroff, I. C., Lovell, K., & Ogrodniczuk,

J. (2003). Comparative efficacy, speed, and adverse effects of three PTSD treatments:

exposure therapy, EMDR, and relaxation training.Journal of consulting and clinical

psychology, 71(2), 330.

Teasdale, J. D. (1988). Cognitive vulnerability to persistent depression.Cognition &

Emotion, 2(3), 247-274.

Trauma, psicopatologia e psicoterapia. L’efficacia della psicoterapia ipnotica e dell’Eye

Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR). Attualità in psicologia, 3, 336-

345.Vol. 13, N° 1-2, pp. 159-172

van Dam, D., Ehring, T., Vedel, E., & Emmelkamp, P. M. (2013). Trauma-focused

treatment for posttraumatic stress disorder combined with CBT for severe substance use

disorder: a randomized controlled trial. BMC psychiatry,13(1), 1.

van den Hout, M. A., Engelhard, I. M., Rijkeboer, M. M., Koekebakker, J., Hornsveld,

H., Leer, A., ... & Akse, N. (2011). EMDR: Eye movements superior to beeps in taxing

working memory and reducing vividness of recollections.Behaviour Research and

Therapy, 49(2), 92-98.

102

Van Etten, M. L., & Taylor, S. (1998). Comparative efficacy of treatments for post-

traumatic stress disorder: a meta-analysis.

Wagner, U., Gais, S., & Born, J. (2001). Emotional memory formation is enhanced

across sleep intervals with high amounts of rapid eye movement sleep. Learning &

Memory, 8(2), 112-119.

World Health Organization. (2006). Multiaxiales Klassifikationsschema für psychische

Störungen des Kindes-und Jugendalters nach ICD-10 der WHO: Mit einem

synoptischen Vergleich von ICD-10 und DSM-IV. H. Remschmidt (Ed.). Huber.

Zabukovec, J., Lazrove, S., & Shapiro, F. (2000). Self-healing aspects of EMDR: The

therapeutic change process and perspectives of integrated psychotherapies. Journal of

Psychotherapy Integration, 10(2), 189.

Zennaro, A. (2015). Lo sviluppo della psicopatologia. Il Mulino.

Zisook, S., & Shear, K. (2009). Grief and bereavement: what psychiatrists need to

know. World Psychiatry, 8(2), 67-74.

Zotti, A. M., Bertolotti, G., Michielin, P., Sanavio, E., & Vidotto, G. (2009). Il CBA

Forma HOSPITAL. Manuale. OS: Firenze.

103

APPENDICE A

CBA-VE

Cognitive Behavioral Assessment- Valutazione dell’Esito

Istruzioni:

Leggi le seguenti frasi e per ognuna segni la risposta che meglio descrive come si è sentito in questo

periodo.

Faccia riferimento agli ultimi 15 giorni, compreso oggi, e scelga la sua risposta tra queste:

o Per nulla

o Poco

o Abbastanza

o Molto

o Moltissimo

104

Per

nu

lla

Poco

Ab

ba

sta

nza

Molt

o

Molt

issi

mo

1. Mi sono turbato per cose di poco conto

2. Ho dormito bene e mi sono svegliato riposato

3. Ho provato fastidio quando la gente parlava di me

4. Mi sono goduto la vita

5. Ho sentito l’impulso a colpire o a far del male a

qualcuno

6. Tutto mi è sembrato assurdo, irreale

7. La vita merita di essere vissuta

8. Mi è piaciuto fare qualcosa di pericoloso

9. Mi è capitato di bere troppo e di ubriacarmi

10. Sono stato sul punto di piangere

11. Ho gustato il sapore dei cibi

12. Sono stato preoccupato per possibili disgrazie

13. Mi è pesato prendere qualsiasi decisione

14. Stare solo mi ha fatto paura

15. Ho avuto momenti di rabbia

16. Vedevo possibilità di soluzione ai miei problemi

17. Sono stato tormentato dai sensi di colpa

18. Ho sentito un nodo alla gola

19. Tutto mi è sembrato senza scopo

20. Mi è venuto da prendere a calci o a schiaffi qualcuno

21. Sono riuscito a parlare con gli altri

22. Ho fatto cose che mi hanno interessato e coinvolto

23. Mi sono preoccupato per cose di poca importanza

24. Ho perso il controllo di me stesso

25. Avrei voluto essere morto

26. Mi è successo di lamentarmi

27. Ho cercato di affrontare le difficoltà anziché evitarle

28. Ho fatto cose che mi hanno dato soddisfazione

29. Ho capito che qualcosa non funzionava nella mia

testa

30. Qualcuno mi ha aiutato a risolvere i miei problemi

personali

31. Pensieri di scarsa importanza mi hanno infastidito

32. Avrei voluto avere il coraggio di togliermi la vita

33. Mi sono abbuffato di cibo

34. Ho fatto sogni spaventosi

35. Mi sono irritato

36. Ho pensato cose molto brutte, da non poterne parlare

37. Il futuro mi riserva qualcosa di buono

38. Alla mattina mi sono sentito fiacco e senza forze

39. Sono stato sul punto di fare del male a me stesso

40. Sono soddisfatto degli obiettivi che ho raggiunto o

che sto per raggiungere

105

Negli ultimi 15 giorni, MI SONO SENTITO

Per

nu

lla

Poco

Ab

ba

sta

nza

Molt

o

Molt

issi

mo

41. in forma

42. allegro e spensierato

43. aiutato dagli altri

44. calmo

45. turbato

46. agitato

47. abbandonato

48. svalutato o preso in giro

49. stanco senza motivo

50. tranquillo

51. sicuro di me

52. giù

53. capito dagli altri

54. ansioso

55. contento

106

Negli ultimi 15 giorni, MI SONO SENTITO

Per

nu

lla

Poco

Ab

ba

sta

nza

Molt

o

Molt

issi

mo

56. bene

57. nervoso

58. travolgere dalle difficoltà

59. riposato

60. in grado di reagire anche a difficoltà e fallimenti

61. depresso

62. respinto o rifiutato dagli altri

63. rilassato

64. teso

65. di peso agli altri

66. solo

107

Negli ultimi 15 giorni, HO AVUTO

(P. Michielin, G. Bartolotti, E. Sanavio, G. Vidotto, A.M Zotti, 2009)

Per

nu

lla

Poco

Ab

ba

sta

nza

Molt

o

Molt

issi

mo

67. preoccupazioni che non riesco a togliermi dalla

testa

68. delle delusioni

69. difficoltà ad addormentarmi

70. sbalzi d’umore

71. la sensazione che il peggio fosse ormai superato

72. difficoltà a concentrarmi

73. momenti di panico

74. la sensazione di non poterne proprio più

75. sensi di vuoto o confusione alla testa

76. interesse per il sesso

77. la percezione che qualcuno controllasse i miei

pensieri

78. un buon appetito

79. sensazioni di peso e stretta allo stomaco

80. fiducia in me stesso

108