Valore Crisi Transizione

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Testo di economia politica, analisi della teoria del valore, della crisi, della transizione. Critica degli economisti borghesi contemporanei

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  • homolaicus.com

  • Prima edizione 2014

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  • XEPEL

    VALORE, CRISI, TRANSIZIONELa teoria marxista e lultimo capitalismo

    Si pu ragionevolmente ritenere che chi pensa che il denaro possa tuttosia egli stesso disposto a tutto per il denaro.

    Benjamin Franklin

  • Per contattare lautore: [email protected] Qui il suo sito: www.xepel.altervista.org

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  • Premessa

    Xepel ha contribuito notevolmente alla realizzazione del sitohomolaicus.com e non solo con articoli di economia politica, in cuieccelle, ma anche di storia (persino di storia del cristianesimo), di fi-losofia (sui rapporti, p.es., tra materia e coscienza) e di critica artisti-ca (p.es. su John Lennon, sui Clash, sui Nirvana, su Tolkien e persi-no su Diabolik). Lo ritengo un trotskista intelligente e non dogmati-co: un grande conoscitore dei classici del marxismo. Per formazio-ne un economista e si occupa professionalmente di banche e stabi-lit finanziaria. I suoi interessi prevalenti sono leconomia interna-zionale, la metodologia della scienza economica e la storia economi-ca antica.

    In questo libro vi il meglio di quanto abbia scritto in cam-po economico.

    e. galavotti

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  • Introduzione generale

    Il capitale non mi far guadagnare abbastanza per pagare i sigari che hofumato mentre lo scrivevo. (Marx)

    La teoria marxista onnipotente perch giusta. (Lenin)La storia diventata frettolosa, molto pi frettolosa del nostro pensiero.

    (Trotskij)

    Questa serie di saggi, qui presentati in veste unitaria ancor-ch sostanzialmente nella loro stesura originale, da cui le numeroseripetizioni e difformit stilistiche delle quali mi scuso, ha la pretesadi affrontare alcuni temi fondamentali delleconomia contemporaneaalla luce della teoria marxista.

    Anzitutto si affrontano le controversie legate alla teoria delvalore e in particolare al noto problema della trasformazione so-stenendo che la principale funzione della teoria del valore non for-nire indicazioni sulla formazione dei prezzi relativi ma analizzare ilprocesso di sviluppo economico, partendo dallassunto che sono iprofitti a far muovere il mondo e che landamento della profittabilitsettoriale decide dei cicli di investimento e delle crisi ricorrenti delsistema. Vi dunque un legame analitico in quanto reale tra la teoriadella crisi e la teoria del valore.

    Il secondo aspetto che viene affrontato lutilizzo deglischemi di riproduzione per analizzare lo sviluppo e le crisi del ca-pitalismo. Il concetto delleconomia come flusso circolare e propor-zionato di risorse, creato da Marx partendo da suggerimenti fisiocra-tici, talmente potente da essere poi stato applicato da economisti insvariati ambiti. Citiamo per tutte la teoria delle interdipendenze set-toriali di Leontief e la teoria del circuito monetario di Graziani. Sitratta di un modello proficuo che permette di approfondire con parti-colare efficacia la dinamica economica e la teoria della crisi.

    Uno specifico scritto tratta del tema della moneta e del ruolodelle banche centrali nelleconomia contemporanea. Vengono poi af-frontati alcuni aspetti di metodo concernenti la natura della teoriaeconomica nellambito della complessiva ideologia borghese. Inquesto contesto si analizzano alcune critiche sia storiche sia recenti

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  • al pensiero di Marx. Infine, due saggi si occupano della pianificazio-ne economica e dei problemi della transizione a uneconomia piani-ficata.

    Questi scritti sono stati composti lungo un decennio (thegreat moderation) in cui gli economisti erano particolarmente sod-disfatti e ottimisti sul futuro del loro sistema. Nonostante alcune tur-bolenze, come il crollo delle tigri asiatiche o l11 settembre, tuttosembrava funzionare a meraviglia e qualunque critica al capitalismo,per quanto flebile, veniva sepolta sotto il Muro di Berlino. La crisiche da ormai molti anni attraversa leconomia mondiale ha cambiatotutto, riflettendosi sulle politiche economiche cos come sullatteg-giamento dei media borghesi, sino ad arrivare a copertine come ilWe are all socialist now di Newsweek allinizio del 2009. Da allo-ra la borghesia ha recuperato parte del proprio autocontrollo, ma iproblemi sono solo stati messi sotto al tappeto e torneranno fuori.

    Ancora una volta, la teoria economica borghese si dimostrainutile per capire le cose. Ancora una volta, gli eventi dimostrano lanecessit di ripartire dalla teoria marxista per capire il mondo e tra-sformarlo. Ci auguriamo che la lettura di queste pagine stimoli i let-tori ad approfondire i classici del marxismo e a impegnarsi nellacausa pi importante della nostra epoca: dare un futuro socialista al-lumanit. Come disse un giovane Marx, la teoria si realizza in unpopolo solo in quanto corrisponde alla realizzazione dei suoi biso-gni.

    Milano, settembre 2014

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  • Alcuni appunti suPer la critica delleconomia politica di Karl Marx

    Per la critica delleconomia politica affronta due punti chia-ve della concezione materialistica della storia: il rapporto tra valore emoneta e il concetto di produzione. Il testo risente ancora di una cer-ta dispersivit: occorrer aspettare il Capitale per vedere come Marxnon solo sappia maneggiare con compiuta maestria la storia del pen-siero economico e le connessioni organiche tra le diverse categoriedel modo di produzione borghese, ma sappia anche disporre dellamateria con chiarezza e rigore. Ad ogni modo, vengono qui giesposti il funzionamento della teoria del valore, la teoria dei prezzi, ipunti di forza e di debolezza della scuola classica e la pochezza dellagran parte dei suoi critici, seppure si registri la mancanza di organi-cit espositiva. Non a caso, otto anni dopo Marx ricomincer tutto dacapo. Il capitale non sar la seconda parte di questo libro, come pro-grammato inizialmente, ma esporr nuovamente la materia dal prin-cipio.

    Prefazione

    Nella prefazione, Marx spiega innanzitutto perch decise dinon pubblicare lintroduzione:

    Sopprimo una introduzione generale che avevo abbozzatoperch, dopo aver ben riflettuto, mi pare che ogni anticipazione di ri-sultati ancora da dimostrare disturbi e il lettore che avr deciso di se-guirmi dovr decidere a salire dal particolare al generale.

    LIntroduzione del 57 era troppo astratta, troppo puramenteepistemologica, di metodo, per trovare posto qui. Essa condensava laconcezione materialistica della storia senza dimostrarla e dunquedisturbava. Con ci, Marx fornisce una lezione di metodo: si partedal particolare (astratto) e si giunge al generale (concreto). Peresporre il metodo occorre partire dalla scienza concreta sviluppata apartire dallo stesso, uno scritto di metodo rischia di condurre fuoristrada. Non a caso, Marx non pubblic lIdeologia tedesca n lIn-troduzione.

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  • Subito dopo questo accenno, Marx fa la storia di quindicianni di studi che sintetizza nel passo celeberrimo che commentere-mo sotto. Ora, si pu obiettare che anche qui Marx anticipi risultatida dimostrare. Che cosa c dunque di diverso? Il livello di astrazio-ne. Qui si sintetizza la concezione materialistica della storia, non ilsuo metodo.

    Marx spiega che tali considerazioni sono il risultato genera-le al quale arrivai e che, una volta, acquisito, mi serv da filo condut-tore nei miei studi a indicare che la concezione materialistica dellastoria avrebbe effettivamente preceduto le principali scoperte teori-che di Marx in campo economico ma significa anche che senza quel-le ricerche concrete, di storia, economia, filosofia, la concezione ma-terialistica della storia non si sarebbe mai sviluppata. Infine, occorreosservare che immediatamente prima del brano Marx parla di Hegel,e immediatamente dopo cita Engels. Ovviamente non un caso. Fu-rono le due fonti principali da cui attinse nello sviluppare la sua con-cezione filosofica.

    Nella produzione sociale dellaloro esistenza gli uomini entranoin rapporti determinati, neces-sari, indipendenti dalla loro vo-lont, in rapporti di produzioneche corrispondono a un determi-nato grado di sviluppo delle loroforze produttive materiali.

    Per comprendere ci che luomo in ogni epoca dobbiamo partireda ci che fa: lesistenza delluo-mo si sostanzia nella produzionedelle condizioni materiali di taleesistenza. Non si tratta di studia-re il processo produttivo comestrumento di produzione di beni,quanto piuttosto come produttoredi rapporti (leconomia politicanon tecnologia avverte MarxnellIntroduzione). La produzio-ne sociale la riproduzione so-ciale del modo di produzione do-minante.I rapporti tra gli uomini dipendo-no dal livello di sviluppo delleforze produttive, vi corrispon-dono. La volont delluomonon pu decidere degli uni e del-

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  • le altre, ne invece determinata.Ci che luomo dipende dairapporti che instaura con gli altriuomini, il che, in ultima analisi,dipende dal livello raggiunto dal-le forze produttive.

    Linsieme di questi rapporti diproduzione costituisce la struttu-ra economica della societ, os-sia la base reale sulla quale sieleva una sovrastruttura giuridi-ca e politica e alla quale corri-spondono forme determinatedella coscienza sociale.Il modo di produzione della vitamateriale condiziona, in gene-rale, il processo sociale, politicoe spirituale della vita.

    Qui Marx introduce la divisionetra struttura (linsieme dei rap-porti di produzione) e sovra-struttura. Questultima si elevaa partire dalla base materiale, sisviluppa in accordo con essa, ed formata dai rapporti giuridici,politici e anche ideologici (leforme della coscienza sociale).Marx non parla di subordinazio-ne di queste forme alla strutturaeconomica, ma spiega che talestruttura fornisce la base, la fontedi queste forme.In generale (Marx stemperalapoditticit del brano) lastruttura, cio il modo con cuiluomo sviluppa le condizionimateriali della propria esistenza,che condiziona la sovrastruttura.Tuttavia il legame non estrin-seco ma organico, dialettico. Lasovrastruttura non viene dopoma nasce dalle e con le condizio-ni materiali di vita dellesseresociale. NellIntroduzione Marxsi esprime cos: ogni forma diproduzione produce i suoi proprirapporti giuridici, la sua forma digoverno e spiega anche che sitratta di aspetti connessi organi-

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  • camente che non si possono ri-durre a una connessione nellamente.

    Non la coscienza degli uominiche determina il loro essere, ma, al contrario, il loro essere so-ciale che determina la loro co-scienza.

    Questo il cuore della concezio-ne materialistica della storia. Ciche gli uomini sono, o pensanodi essere, determinato dallecondizioni reali della loro esi-stenza quali articolazioni di undeterminato modo di produzione.In quanto la socialit del lavoroumano un dato di partenza,persino ontogenetico, del cam-mino delluomo, anche la co-scienza degli uomini non puche essere originariamente socia-le. Lessere non esiste se noncome essere sociale, cui con-nessa una coscienza, anchessasociale, fatta di relazioni.

    A un dato punto del loro svilup-po, le forze produttive materialidella societ entrano in contrad-dizione con i rapporti di produ-zione esistenti, cio i rapporti dipropriet (che ne sono soltantolespressione giuridica) dentro iquali tali forze per linnanzi sierano mosse.

    Come nel caso del legame strut-turasovrastruttura, la relazionetra le forze produttive e i rapportidi produzione dialettica. Leforze produttive esistono allin-terno, come sostanza, di determi-nati rapporti di produzione (cioanche di propriet), che le strut-turano e le sviluppano fino alpunto in cui divengono da stru-menti di sviluppo a ostacoli perlo sviluppo stesso.

    Questi rapporti, da forme di svi-luppo delle forze produttive, siconvertono in loro catene. E al-lora subentra unepoca di rivo-

    Quando si realizza questo rove-sciamento storico, si apre une-poca di cambiamenti. Marx uti-lizza un termine che intende un

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  • luzione sociale. lungo lasso di tempo, non limita-to al momento in cui uninsurre-zione politica rovescia lapparatostatale. Il punto fondamentale che le epoche di rivoluzione so-ciale sono processi obiettivi, ra-dicati nella struttura produttivadella societ, allinterno dei qua-li si svolge la lotta di classe.

    Con il cambiamento della baseeconomica si sconvolge pi omeno rapidamente tutta la gi-gantesca sovrastruttura.

    Questa affermazione si riferiscea ci che avviene dopo lepocadi rivoluzione sociale, quando ilrovesciamento dei precedentirapporti di produzione consenteuna nuova fase di sviluppo delleforze produttive a cui deve corri-spondere una nuova forma di re-lazioni politiche, artistiche, cul-turali, ideologiche. La sovra-struttura, pi o meno rapida-mente cambia anchessa.

    Quando si studiano simili scon-volgimenti, indispensabile di-stinguere sempre fra lo sconvol-gimento materiale delle condi-zioni economiche della produ-zione, che pu essere constatatocon la precisione delle scienzenaturali, e le forme giuridiche,politiche, religiose, artistiche ofilosofiche, ossia le forme ideo-logiche che permettono agli uo-mini di concepire questo conflitt-o e di combatterlo.

    Lanalisi dei processi rivoluzio-nari deve partire dalle condizionimateriali che li hanno determina-ti e che si possono studiare conla precisione delle scienze natu-rali. Accanto a questa analisi,occorre approfondire lo studiodelle forme sovrastrutturali chedanno corpo alla lotta di classe.Le ideologie sono strumenti del-la lotta di classe, sorgono inevi-tabilmente da essa per la necessi-t delle classi di spiegarsi il con-flitto, farsene una ragione e tro-varvi il proprio posto. Se si com-prende questo legame tra ideolo-

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  • gia e storia, tra idee e lotta diclasse, diviene possibile com-prendere la parabola, i successi ele eclissi di questa o quella con-cezione del mondo. La storia delpensiero filosofico, scientifico,politico la storia delle rappre-sentazioni filosofiche, scientifi-che, politiche dei rapporti di pro-duzione dominanti e, in ultimaanalisi, del livello di sviluppodelle forze produttive.

    Come non si pu giudicare unuomo dallidea che egli ha di sestesso, cos non si pu giudicareuna simile epoca di sconvolgim-ento dalla coscienza che essa hadi se stessa; occorre invece spie-gare questa coscienza con lecontraddizioni della vita mate-riale, con il conflitto esistentefra le forze produttive della so-ciet e i rapporti di produzione.

    Abbiamo dunque tre livelli dicomprensione del processo stori-co. Il livello fondamentale quello dello sviluppo delle forzeproduttive, che a un dato mo-mento entra in contrasto con irapporti di produzione (e dun-que, anche con i rapporti giuridi-ci, politici, le forme ideo-logiche). Lespressione socialedi questa crisi la lotta di classe.Lespressione politica della crisi,ovvero il fatto che le classi pren-dano coscienza della propria fun-zione storica, la battaglia ideo-logica. Dietro lo scontro delleidee sta il ruolo delle classi qualirappresentanti di diversi gradi disviluppo delle forze produttive.Nei periodi di transizione, sorgeuna coscienza che riflette le con-traddizioni, lo sconvolgimentodellepoca. La coscienza, chenormalmente riflette i passaticambiamenti, ed dunque in ri-

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  • tardo rispetto alle effettive con-dizioni materiali, si porta al pas-so con i tempi, li supera.

    Una formazione sociale non pe-risce finch non si siano svilup-pate tutte le forze produttive acui pu dare corso; nuovi e su-periori rapporti di produzionenon subentrano mai, prima chesiano maturate in seno alla vec-chia societ le condizioni mate-riali della loro esistenza.

    La crisi subentra quando non pi possibile alle forze produtti-ve svilupparsi in base ai rapportidi produzione dominanti. Nonsolo, ma i nuovi e superiori rap-porti di produzione sorgonodalla crisi della vecchia societ,la accelerano. Il livello di svilup-po delle forze produttive ha rag-giunto un nuovo stadio dei rap-porti di produzione che coesisto-no con i vecchi ma la cui espan-sione ostacolata dal dominiodei precedenti rapporti. Propriolo sviluppo dei nuovi rapporti diproduzione rende lo sviluppodelle forze produttive incompati-bile con i vecchi.

    Ecco perch lumanit non sipropone se non quei problemiche pu risolvere, perch a con-siderare le cose dappresso, sitrova sempre che il problemasorge solo quando le condizionimateriali della sua soluzioneesistono gi o almeno sono informazione.

    Una volta che sono poste le basimateriali per la trasformazionerivoluzionaria della societ, ov-vero si aperta unepoca di ri-voluzione sociale, sorgono an-che la coscienza del problema, leforme ideologiche e politicheche prospettano la sua soluzione.Ecco che Marx amplia qui laf-fermazione precedente circa ilrapporto tra struttura e sovra-struttura. Non solo le formeideologiche seguono gli sconvol-gimenti della base materiale, mainiziano a muoversi anche quan-do si entra in una fase di cambia-

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  • mento, ossia le basi materialidella rivoluzione sono in forma-zione. Questa osservazione si applica almarxismo stesso. Il pensiero so-cialista, prima dellorganizzazio-ne storica della classe operaia, ri-maneva una aspirazione essen-zialmente morale e religiosa (sipensi alle correnti radicali dellariforma luterana o della rivolu-zione inglese). Lo sviluppo delcapitalismo implica lo sviluppodi una coscienza rivoluzionaria,che pone allordine del giorno ilproblema da risolvere, lab-battimento del capitalismo. Il so-cialismo si fa da utopia scienza.

    A grandi linee, i modi di produ-zione asiatico, antico, feudale eborghese moderno possono es-sere designati come epoche chemarcano il progresso della for-mazione economica della socie-t. I rapporti di produzione bor-ghese sono lultima forma anta-gonistica del processo di produ-zione sociale... con questa for-mazione sociale si chiude dun-que la preistoria della societumana.

    I ragionamenti svolti sin qui de-rivano dallo studio dei modi diproduzione dati storicamente.Lelencazione che fa Marx vuoleessere una semplice classifica-zione storica, ma ha invece datoluogo, a chi era interessato a ve-dervi una sequenza obbligata,come socialdemocratici e stalini-sti, a una interpretazione mecca-nicista, mentre la deduzione chesi deve trarre dallelenco cheprima del modo di produzioneasiatico non si poteva parlare dirapporti di produzione, perchnon vi era alcuna struttura stataleo mercantile di accumulazionedel sovrappi, e che il capitali-smo la forma finale dellecono-

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  • mia mercantile, la societ chechiude la fase iniziale della vitasociale, quella in cui si sonocreate le condizioni del pienosviluppo umano, il contrario diquanto pretendono i millenaristidi ogni epoca.

    La summa della concezione materialistica della storia cheemerge da questo brano mirabile. In poche frasi, Marx delinea leleggi di movimento della storia in tutte le sue componenti: la struttu-ra sociale, lo scontro politico, le forme ideologiche. Allo stesso tem-po, nella sua sintesi, questo brano indubbiamente deterministicooltre il necessario. Daltra parte, se pensiamo a ci che si considera-va storia (o filosofia della scienza) allepoca, tale enfasi era inevita-bile, per rimarcare i capisaldi della nuova concezione. Il necessarioequilibrio viene dalla lettura complessiva dellopera dei fondatoridella concezione materialistica della storia ed esplicitata in diverselettere di Marx e di Engels.

    Dopo questo brano, Marx descrive la sua produzione scienti-fica precedente e spiega che lui ed Engels lasciarono volentieri allarodente critica dei topi lIdeologia tedesca scritta soprattutto perchiarirsi le idee, sottolineando nuovamente lo scarso peso attribuito aopere ideologiche, di metodo.

    Per la critica delleconomia politica

    Marx parte dalla merce. La struttura cellulare del mondoborghese fatta di merci. Ogni merce ha una duplice natura: valoreduso per le sue caratteristiche qualitative (soggettive, diverse perpersone diverse) ed valore di scambio come porzione del lavorosociale erogato complessivamente. Il valore duso di una merce nonha una connessione necessaria con le caratteristiche sociali della pro-duzione. Il grano lo stesso sia falciato dagli schiavi che da operaisalariati, mentre come merce esso esprime un determinato rapportodi produzione. Nel capitalismo il valore di scambio rappresenta unaquantit di lavoro sociale oggettivato. Si tratta di lavoro astrattamen-te generale, che non considera le caratteristiche peculiari del singolo

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  • produttore per poter permettere lo scambio. Sulla bilancia, venti chilidoro, di gomma o di piombo si equivalgono. il peso che uguagliadifferenti oggetti. Allo stesso modo il tempo di lavoro astratto ugua-glia le diverse merci, le merci non sono che misure di tempo di la-voro coagulato. Ovviamente, nella realt i lavori sono differenti.Essi vengono ridotti non nella mente delleconomista ma nella realta lavoro uguale. La riduzione dunque unastrazione che nel pro-cesso sociale della produzione si compie ogni giorno.

    Anche se storicamente il capitalismo distrugge il lavoro qua-lificato, incorporandone il sapere nel lavoro morto, nelle macchine,in ogni momento vi lavoro di diverso valore. Come le varie merciche a parit di peso occupano un diverso volume, il lavoro qualifica-to lavoro semplice a potenza pi elevata. Anche questa riduzioneha luogo, attraverso la legge del valore. Non il carattere sociale dellavoro a distinguere il capitalismo da altre societ. In ogni epoca illavoro ha un carattere sociale. La differenza che nel capitalismo ilsuo carattere sociale riconosciuto ex post, perch i mezzi di produ-zione sono privati. Solo nel confronto del mercato il lavoro singolo riconosciuto quale lavoro sociale e dunque ha titolo a parte del pro-dotto sociale nella misura di una porzione dellequivalente generale.

    Proprio per la natura non immediatamente sociale del lavoronel capitalismo, i rapporti tra gli uomini sono cristallizzati in merci,cio in cose, dunque il valore di scambio, che rappresenta la divisio-ne sociale del lavoro, il rapporto tra individui celato sotto il velodelle cose.

    Marx spiega che il valore di scambio rappresenta questo rap-porto tra i lavori dei singoli individui, li parifica. dunque tautologi-co dire che il lavoro lunica fonte del valore di scambio, perch in realt lunica cosa che deve regolare. solo in quanto rientra nel-la sfera del lavoro umano che la materia entra nel computo dei valoridi scambio. Marx critica chi prova a difendere la teoria del valorelavoro per via concreta: se prendo una pagnotta e gli tolgo tutti i la-vori singoli (fornaio, mugnaio, falciatore, ecc.) mi rimane un ciuffodi grano. Non questo il punto perch qui ci limitiamo a considerareil lavoro quale produttore di valori duso. Se la pagnotta cadesse dalcielo, dice Marx, avrebbe lo stesso valore duso, ma non dovendolaprodurre, perderebbe valore di scambio. dunque errato dire che illavoro lunica fonte di ricchezza. La natura produce ricchezze im-

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  • mense, dalla frutta degli alberi ai minerali, dallirradiazione solare alvento che spinge le navi. Il punto che il lavoro lunico strumentoper appropriarsi dei risultati della produzione e dunque rende lazio-ne della natura valore.

    Il tempo totale del lavoro sociale impiegato in un determina-to periodo crea il complesso delle merci di una certa societ. Lagrandezza di valore di una merce la parte aliquota di questo tempo.Dunque in astratto, senza considerare il funzionamento specifico delcapitalismo, parti aliquote uguali hanno lo stesso valore. Questa re-gola generale corretta, a questo livello dellanalisi. Quando la mer-ce, in quanto di utilit a qualcuno, viene venduta, dimostra di esse-re parte della produzione sociale e riceve il suo corrispettivo in equi-valente generale. Il valore duso dunque un presupposto per il va-lore di scambio. Finch il lavoro sociale rimane chiuso nelle merci,esso latente. Diviene reale allatto dello scambio e le condizionidello scambio possono alterarne ex post la quantit. Il lavoro socialenon perci un presupposto ma un risultato dello sviluppo sociale.Quando lo sviluppo degli scambi raggiunge unampiezza sufficiente,sorge dal mondo delle merci lequivalente generale, una merce chesi pone come peso fisso su un piatto della bilancia. Infatti, tornandoallanalogia del peso, sempre possibile mettere due oggetti sui piat-ti della bilancia e verificare quale pesa di pi. Ma per giungere a cal-coli pi raffinati, conviene utilizzare un oggetto avente un peso notoe confrontarlo con quello di cui voglio conoscere il peso. Loggettofisso diviene lequivalente generale e la natura di equivalente si legaquale attributo alloggetto usato come termine di paragone. Poniamodi usare come oggetto fisso dei cubi di ferro. Quando si confronta ilpeso di due oggetti, tale peso viene misurato in cubi di ferro (un og-getto pesa 2 cubi, laltro 4 cubi, dunque uno pesa la met dellaltro).I cubi di ferro divengono dunque loggettivazione del peso di tuttigli oggetti, il peso in s per cos dire. Ogni oggetto, nel suo peso,non che un certo quantitativo di cubi di ferro. I cubi di ferro acqui-siscono come valore duso quello di servire alla misurazione delpeso (cio, mutatis mutandis, del valore di scambio) altrui. Nella cir-colazione mercantile, questa merce particolare il denaro. In esso sicristallizzano i valori di scambio delle merci. Per le loro caratteristi-che fisiche e chimiche, hanno assunto questo ruolo i metalli preziosi.

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  • Storicamente, lo scambio nasce ai margini della comunit eacquisisce via via un peso crescente, distruggendo lagricoltura elartigianato di sussistenza. Il mercantilismo, con la sua ossessioneper il tesoreggiamento delloro, riflette la fase dellaccumulazioneprimitiva, quando il capitalista non era ancora signore della produ-zione ma piuttosto si arricchiva nel commercio, negli imbrogli, nellescorrerie.

    Quando i rapporti di produzione borghesi si sviluppano, sisviluppa anche la teoria del valore. Il primo a esporre chiaramente ilrapporto tra lavoro e denaro quale quantum di lavoro sociale fu Ben-jamin Franklin nel 1720, anche se la connessione che istitu tra lavo-ro e denaro era ancora estrinseca. Dopo di lui, i classici, soprattuttoSmith e Ricardo, descrivono con attenzione la grandezza di valore,anche se ne estendono la qualificazione alle societ preadamitiche.Come osserva ironicamente Marx: sembra che i primi pescatori e iprimi cacciatori... consultino le tabelle degli interessi correnti per laBorsa di Londra. Con Ricardo si ha lapogeo delleconomia politicaclassica. Le critiche mosse da Sismondi e altri a Ricardo servono aMarx come spunti per completare la teoria del valore (rendita fon-diaria, concorrenza, circolazione del capitale), ma nel complessoMarx accetta la teoria della grandezza di valore di Ricardo.

    La circolazione delle merci impone lo sviluppo di un equiva-lente generale, il denaro. Con il denaro si comparano i valori discambio nella circolazione. Ma in quanto tali valori appaiono comeprezzi, essi non esistono pi come valori per la societ. La legge delvalore si esprime attraverso i prezzi:

    Il prezzo la forma mutata nella quale appare il valore discambio delle merci in seno al processo di circolazione (p. 47)

    Parlare di prezzi significa parlare di moneta. Nel libro Marxsi occupa a lungo della teoria quantitativa della moneta. Che cosarappresenta questa teoria? Essa fornisce al denaro un ruolo indipen-dente, originario. Le variazioni del denaro producono i cambiamentinella ricchezza di una nazione. Il denaro non pi un equivalente,ma sono le merci a dipendere dal suo valore. Questa teoria dunquelespressione massima del feticismo delle merci, della reificazionecui sottost la mente dellintellettuale borghese. La base del capitali-smo lalienazione del lavoro, cio la necessit dei possessori di for-zalavoro di vendersi (alienarsi, nel suo significato giuridico) ai pro-

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  • prietari dei mezzi di produzione. Questa lessenza dei rapporti bor-ghesi di produzione. Lalienazione giuridica (cio la vendita del pro-prio tempo in cambio di salario) crea una sovrastruttura ideologicanella forma del feticismo delle merci, dellidea che i rapporti econo-mici non siano rapporti tra uomini ma tra cose. Questa lalienazio-ne filosofica, la reificazione cui pone capo il sistema capitalistico.

    Il feticismo delle merci , come detto, massimamente espres-so dallidea che la moneta sia completamente disgiunta dal processodi produzione e scambio delle merci, che sia solo un nome, un nu-merario, un velo. Non a caso tra i primi a sviluppare questa teoria vifu il vescovo Berkeley, massima espressione del suo tempo delli-dealismo filosofico. Ma il primo a esporre con chiarezza la teoriaquantitativa fu Hume, nel 1777. A questo proposito, Marx osservache Hume formul questa teoria generalizzando unilateralmente al-cuni fatti, in contrasto totale con la sua filosofia antiinduttiva. Lacritica principale che si pu fare a questa teoria, che peraltro invoga tuttora, che fa circolare valori duso e non valori di scambio.Non riconosce la natura di merci delle articolazioni dello scambio diquesta societ, inducendo cos a invertire i nessi causali tra cicloeconomico e circolazione monetaria. Osserva infatti Marx: i prezzinon sono quindi alti o bassi perch circola pi o meno denaro, benscircola pi o meno denaro perch i prezzi sono alti o bassi. (p. 86).Ci significa che il denaro, quando i prezzi sono bassi, ovvero ccrisi economica, si ritrae dalla circolazione, viene utilizzato in altromodo (allepoca tesoreggiato, oggi finisce quale capitale fittizio nel-la finanza e in ogni altra forma di speculazione improduttiva). Se idirigenti sindacali comprendessero questo assunto non avrebberofatto propria lidea che stroncare i salari possa rilanciare la produzio-ne.

    Lesplorazione dei legami tra valore e lavoro diede subitoadito a conclusioni politiche. I socialisti ricardiani usarono la teoriadel valore per difendere le ragioni del proletariato. John Gray fu ilprimo, nel 1831, a proporre la teoria della riduzione diretta del prez-zo a lavoro. Visto che i prezzi non sono altro che lavoro socialmentenecessario, perch non eliminarli? Ad esempio, perch non stabilireche un chilo di pane costa 20 minuti? Il punto che i prezzi non rap-presentano direttamente lavoro, in quanto il lavoro erogato nel capi-talismo solo indirettamente sociale. In concreto ci significa che

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  • ogni lavoratore ha una diversa produttivit determinata dalla compo-sizione organica del capitale del proprio settore. Azionando unenor-me macchinario, un operaio pu produrre pi merci e dunque valoredi cento braccianti che raccolgono fieno con un attrezzo agricolo. Senel costo del prodotto che essi creano non si riflettessero questi di-versi gradi di sviluppo, di applicazione della scienza e della tecnolo-gia, di conoscenze, la produzione di merci collasserebbe. Daltraparte, non nemmeno possibile utilizzare il tempo immediato di la-voro come metodo di regolazione della produzione di una societnon mercantile, socialista, come peraltro ipotizzavano i socialisti ri-cardiani, se non quando lo sviluppo delle forze produttive rende irri-levante lo stesso calcolo del tempo di lavoro. Ma finch prevale ilcapitalismo, il denaro rimane, come dice Marx, la forma generaledel lavoro borghese, valore di scambio fattosi indipendente. Que-sta indipendenza necessaria al raccordo degli sforzi di lavoratori aloro volta indipendenti, che non producono in base a un piano socia-le.

    Con due semplici forme Marx esprime il cambiamento stori-co profondo indotto alla produzione dal modo di produzione borghe-se. Prima del capitalismo conta la metamorfosi qualitativa del valoreduso MDM (merce contro denaro contro altra merce). Nel capita-lismo conta laccumulazione del capitale, cio di denaro DMD.Non si scambia per consumare, ma si scambia per accumulare dena-ro. Da dove viene la differenza tra D e D? Questo la circolazionedelle merci non pu dircelo. Perci non pu dircelo la teoria econo-mica borghese. In DMD abbiamo lo scambio di non equivalenti.Ma come pu lo scambio avvenire tra non equivalenti? Non pu. Sulmercato si scambiano solo equivalenti.

    Il denaro equivalente generale perch innanzitutto unamerce particolare. Ma non appena arriva a rappresentare i valori discambio di tutte le merci, tende irresistibilmente a diventare simbo-lo, a entrare in conflitto con la sua esistenza reale. Le esplosionicicliche delle bolle speculative non sono che lultimo prodotto diquesto processo. Lastrazione del denaro contiene in nuce la finan-ziarizzazione del capitalismo, il suo dimenticare la produzione, li-deale utopico del denaro che produce se stesso. Loro gi dallanti-chit diviene puro simbolo, il cui valore stabilito dalla legge. Manessuno Stato, per quanto potente, ha mai potuto impedire i movi-

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  • menti dei metalli preziosi. Oggi, che la produzione capitalistica troppo sviluppata per potersi accontentare delloro, oltre al tesoreg-giamento di metalli preziosi abbiamo i movimenti dei tassi di cam-bio, delle borse, degli spread sulle obbligazioni statali. Non appenaun simbolo circola quale oro, posta la possibilit e subito dopo li-nevitabilit del distacco tra simbolo e realt. Il potere dello Stato didare valore al denaro semplice parvenza, come i molteplici pro-cessi inflattivi del ventesimo secolo dimostrano bene. La carta mo-neta incorpora unulteriore reificazione. Loro circola per il suo va-lore, ma la carta assume valore solo in quanto circola. Sembra cosrovesciare le leggi economiche, e alla mente forzosamente fenome-nica delleconomista appare come monetavelo, moneta puro nume-rario. Le crisi economiche si incaricano di dimostrare che questovelo nasconde alla mente apologetica delleconomista il vero fun-zionamento del modo di produzione borghese.

    Non appena il denaro assume unesistenza indipendente dalsuo valore metallico, divenendo lautorit indipendente delle merci,si origina la possibilit di dividere il momento della vendita e del-lacquisto. possibile acquistare o vendere una merce che ancoranon esiste, pu esistere una merce senza compratori. Questa spacca-tura crea le figure di debitore e creditore ed la base naturale del si-stema del credito. In un certo senso il credito nasce dal maturitymismatch degli agenti. La massa dei pagamenti fornisce la base ini-ziale della massa del denaro circolante, ma luso del credito spezzaquesto rapporto, lo rende flessibile. Il capitalismo si dilata dunqueper effetto del volano del credito, ma anche accrescendo la divisioneinternazionale del lavoro che conduce a livello planetario le contrad-dizioni della natura solo indirettamente sociale del lavoro erogatonel capitalismo. Nello scambio internazionale vengono a interagiresociet a diverso grado di sviluppo delle forze produttive, le cui oredi lavoro si oggettivano dunque in masse diverse di merci e di dena-ro. Cos, tramite il denaro, le societ pi evolute aspirano il plusvalo-re delle nazioni arretrate. In questo senso il cardine dei rapporti im-perialistici contenuto gi nella forma di denaro. Studiando il dena-ro si pu anticipare lo sviluppo del mercato mondiale. In propositoMarx cita uno scritto di Montanari del 1683 (Della Moneta) in cuiquesto economista parla del mondo come una sola citt, in cui si faperpetua fiera di ogni mercanzia.

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  • Ma il denaro incorpora anche la necessaria astrazione su cuiil capitalismo deve basarsi per la circolazione del lavoro sociale.Non esistono due monete fisicamente identiche, o due banconoteidentiche, ma circolano come equivalenti. Lo scambio dunque si ac-contenta di uno standard medio, ideale. Per garantire la circolazione,il capitalismo astrae dalle differenze individuali. Questo vale per ildenaro perch vale innanzitutto per il lavoro. Di conseguenza valeper ogni merce (si pensi ai contratti standard dei commodity deriva-tives). Lavoro, valore, denaro. Questo il triangolo aureo della valo-rizzazione del capitale, queste sono le coordinate della sua accumu-lazione.

    Introduzione del 57

    Si tratta del testo di metodo forse pi famoso che Marx ab-bia mai scritto. Lautore inizia cos: il nostro tema innanzitutto laproduzione materiale, il punto di partenza costituito naturalmen-te dagli individui che producono in societ... dalla produzione degliindividui socialmente determinata. Questo ha diverse implicazioni:

    - sottolinea le peculiarit delluomo quale animale che pro-duce in societ e la societ, ovvero che crea le condizioni materialidella propria esistenza;

    - evidenzia la necessit di partire dalla produzione materiale,esponendo il materialismo come posizione filosofica non astratta opregiudiziale ma storica, evolutiva, naturale;

    - spiega che lindividuo isolato non esiste e che dunque ilrapporto tra societ e individuo quello di una legge generale rispet-to a una sua specificazione concreta.

    La produzione sempre produzione giunta a un certo stadiodi sviluppo. Ma le esigenze politiche degli economisti postricardia-ni hanno fatto tornare di moda il povero Robinson sullisola deserta.Tuttavia, sebbene la storia sia divisa in epoche distinte, con proprieleggi, tutte le epoche della produzione hanno certi caratteri in co-mune. il famoso e importante concetto di produzione in genera-le. Marx spiega che esiste un elemento comune nei diversi modi diproduzione che, messo in evidenza, ci risparmia una ripetizione.Ora questa espressione potrebbe suonare a prima vista come un cu-rioso understatement, ma in realt si riferisce a unidea molto preci-

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  • sa. Come aveva osservato Leibniz nel Discorso di metafisica del1686, una teoria deve essere pi semplice dei dati da essa spiegati,deve appunto risparmiarci ripetizioni, altrimenti si riduce a una meraelencazione di fatti. Marx qui riprende questa idea di Leibniz (la ci-tazione probabilmente diretta, data la stima sconfinata che Marxaveva per questo filosofo) e spiega che la concezione materialisticadella storia appunto una teoria, pone capo a leggi, non solo la sto-ria delluomo sulla Terra. La produzione in generale dunque unastrazione scientifica e in quanto tale ci risparmia una ripetizione.

    Lastrazione sulla base della quale possibile giungere alconcetto di produzione in generale , come detto, unastrazione rea-le. La generalizzazione della produzione di merci getta ogni culturae civilt nel calderone del mercato mondiale. Lo sviluppo della pro-duzione mercantile storicamente un potente livellatore di condizio-ni, tradizioni, specificit. In quanto esiste una produzione generale,esiste una produzione in generale, cio una produzione che tendeprepotentemente ad astrarre dalle condizioni del singolo lavoro, set-tore o paese. La produzione in generale dunque il dominio del mer-cato mondiale, del lavoro astratto, del capitale. Ci si pu domandarese a partire da questo aspetto di metodo Marx esponga quale leggeritiene valere nella produzione in generale. Marx ne parla meglionel paragrafo di metodo, ma alcuni aspetti li espone anche in questaprima parte. Spiega infatti che la produzione , in primo luogo, ap-propriazione della natura da parte dellindividuo entro e medianteuna determinata forma di societ. dunque, in primo luogo, un rap-porto di propriet. Originariamente questa appropriazione avviene informa di propriet collettiva da cui poi si sviluppa la storia (cio ilmodo di produzione asiatico, prima forma statale). Quanto pi le for-me di propriet si specificano per tenere dietro allo sviluppo dellaproduzione, tanto pi la legge del valore, ovvero il risparmio deltempo di lavoro necessario, viene a regolare coscientemente il pro-cesso produttivo, fino alla societ socialista in cui la legge divienedominio delluomo sulla produzione, viene realizzata fino a sparire.

    Marx chiude il paragrafo sintetizzando cos: Per riassume-re: esistono determinazioni comuni a tutti gli stadi della produzione,che vengono fissate dal pensiero come generali, ma le cosiddettecondizioni generali di ogni produzione non sono altro che questi mo-

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  • menti astratti con i quali non viene spiegato alcuno stadio storicoconcreto della produzione.

    Leggendo quanto precede questo brano si comprende il sen-so profondo del concetto di produzione in generale che questo: laproduzione capitalistica, forma pi astratta e perfetta di economiamercantile, nasconde lo sfruttamento sotto una veste di eguaglianza,apparenza che pu essere superata analizzando le leggi generali dellaproduzione, o le leggi della produzione in generale. Lastrazione puessere fatta solo sulla base di un determinato sviluppo economicodella societ, e in questo senso determinata.

    Nel secondo paragrafo Marx si occupa dellanalisi dei rap-porti organici tra produzione, circolazione, scambio e consumo dellemerci. La produzione produce le merci (un oggetto per il soggetto)e i bisogni (un soggetto per loggetto). Vi dunque identit traproduzione e consumo, ma unidentit dialettica. Le leggi dellaproduzione si impongono alla distribuzione. Da qui linsulsagginedei riformisti, dice Marx riferendosi a Stuart Mill, che danno pereterne e naturali le leggi della produzione, per storiche e modificabiliquelle della distribuzione. Il rapporto tra produzione e distribuzioneconsumo non pu essere estrinseco ma organico. Produrre significaconsumare e predisporre i mezzi per la produzione. Daltronde laproduzione crea il materiale per il consumo e gli stessi consumatori(paga i salari, crea le mode). Per questo Marx pu concludere che laproduzione immediatamente consumo, il consumo immediata-mente produzione, ciascuno immediatamente il suo opposto. Vi reciproca indipendenza e necessariet. Da qui nulla di pi sempliceche parlare di identit di produzione e consumo, alla Say.

    Parlando di distribuzione, la cui struttura interamente de-terminata dalla struttura della produzione (e basta entrare in unipermercato per capirlo), Marx espone un concetto che poi ampliernel Capitale, ossia il concetto di duplicit del lavoro e dello stessocapitale. Questa duplicit qui attiene ai rapporti tra produzione e di-stribuzione. Lidea questa: la produzione produzione di un benespecifico, di un valore duso. Nella distribuzione, si scambia denarocontro valore duso. Ci che rileva dunque la determinazione delvalore di scambio, il capitale e il salario come distribuzione del pro-dotto sociale. In questo senso, la distribuzione astratta e la produ-zione concreta, anche se non nel senso banale delleconomia bor-

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  • ghese secondo qui la produzione eterna e la distribuzione ha unastoria. Il processo produttivo modifica, plasma il modo di distribu-zione e di scambio. Lo scambio generalizzato presuppone la divisio-ne del lavoro e la propriet privata. In definitiva, si tratta di momentidi una totalit organica.

    La terza parte della Introduzione dedicata al metodo del-leconomia politica. Una definizione che va compresa nel contestodella critica della teoria economica che Marx andava facendo. Sitratta dunque di una critica del metodo della scienza borghese per farrisaltare il corretto metodo scientifico. Spiega Marx:

    Sembra corretto cominciare con il reale ed il concreto, conleffettivo presupposto, quindi per esempio nelleconomia con la po-polazione, che la base e il soggetto dellintero atto sociale di pro-duzione. Ma ad un pi attento esame, ci si rivela falso. La popola-zione unastrazione, se tralascio ad esempio le classi da cui essa composta. A loro volta queste classi sono una parola priva di sensose non conosco gli elementi su cui esse si fondano... Se cominciassiquindi con la popolazione, avrei una rappresentazione caotica del-linsieme e, ad un esame pi preciso, perverrei sempre pi, analitica-mente, a concetti pi semplici; dal concreto rappresentato ad astra-zioni sempre pi sottili, fino a giungere alle determinazioni pi sem-plici. Da qui si tratterebbe poi, di intraprendere di nuovo il viaggioallindietro, fino ad arrivare finalmente di nuovo alla popolazione,ma questa volta non come a una caotica rappresentazione di un in-sieme, bens come a una totalit ricca, fatta di molte determinazionie relazioni. La prima via quella che ha preso leconomia politicastoricamente al suo nascere... non appena questi singoli momenti fu-rono pi o meno fissati e astratti, cominciarono i sistemi economiciche salgono dal semplice come lavoro, divisione del lavoro, biso-gno, valore di scambio allo Stato, allo scambio tra le nazioni e almercato mondiale. Questo ultimo , chiaramente il metodo scientifi-camente corretto. Il concreto concreto perch sintesi di molte de-terminazioni ed unit, quindi, del molteplice. Per questo esso apparenel pensiero come processo di sintesi, come risultato e non comepunto di partenza, bench sia leffettivo punto di partenza e percianche il punto di partenza dellintuizione e della rappresentazione.Per la prima via, la rappresentazione piena viene volatilizzata adastratta determinazione; per la seconda, le determinazioni astratte

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  • conducono alla riproduzione del concreto nel cammino del pensie-ro.

    Questo importante brano contiene lesposizione pi ampiadel metodo dellastratto e del concreto lasciataci da Marx, la cui es-senza dunque lastrazione, il riconoscimento che occorre partiredalle determinazioni astratte, le leggi di movimento del reale, le cau-se da cui poi muove il processo che conduce al concreto, alla sintesidi tutte queste leggi, lunit del molteplice. In tal modo al pensiero dato di seguire la strada percorsa dallo sviluppo del reale.

    Naturalmente, sempre la coscienza che astrae. Nulla di pifacile, dunque, che concepire il prodotto della coscienza, lidea,come motore primo: per la coscienza... la coscienza filosofica... ilmondo pensato la sola realt. Da quali categorie partire allora peresporre la scienza? Si sarebbe tentati di dire: dalla categoria pi sem-plice. Ma il rapporto tra denaro e capitale un esempio di categoriasemplice, il denaro, preesistente alla categoria pi complessa e re-cente, il capitale, che per adesso la subordina e la determina. La ca-tegoria pi concreta, dunque, come il capitale, imprime il corso disviluppo alla categoria pi semplice e astratta. In questo senso spiega Marx il cammino del pensiero astratto che sale dal sempliceal complesso, corrisponderebbe al processo storico reale. E subitodopo Marx fa lesempio della categoria del lavoro. Cosa c di piimmediato e antico del lavoro? Smith comp un enorme progresso,spiega Marx, generalizzando lattivit produttrice di ricchezza, il la-voro. Questo progresso nel pensiero fu il risultato del cammino delreale:

    Lindifferenza verso un lavoro determinato corrisponde auna forma di societ in cui gli individui passano con facilit da unlavoro ad un altro e in cui il genere determinato del lavoro per essifortuito e quindi indifferente.

    Dunque il lavoro astratto non un prodotto della mente del-leconomista, ma del capitalismo. Sebbene il lavoro sia una catego-ria primigenia, nella sua forma moderna il prodotto di condizionistoriche e dunque valido come categoria pienamente sviluppatasolo nella societ borghese. Lanalisi della categoria moderna di la-voro getta una luce sul suo sviluppo complessivo. E qui giungiamoad un punto chiave del metodo marxista:

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  • La societ borghese la pi complessa e sviluppata orga-nizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono isuoi rapporti e che fanno comprendere la sua struttura, permettonoquindi di capire al tempo stesso la struttura e i rapporti di produzionedi tutte le forme di societ passate, sulle cui rovine e con i cui ele-menti essa si costruita, e di cui sopravvivono in essa ancora residuiparzialmente non superati, mentre ci che in quelle era appena ac-cennato si svolto in tutto il suo significato ecc. Lanatomia delluo-mo una chiave per lanatomia della scimmia.

    Ci significa che lo sviluppo del processo pone capo a unaastrazione reale: il lavoro astratto, la generalizzazione dello scambiodi merci, il dominio del valore di scambio. Ci crea le condizioni perlo svilupparsi di categorie astratte, attraverso le quali possibile stu-diare anche le societ precedenti: leconomia borghese fornisce lachiave per leconomia antica, se per si evitano le robinsonate deglieconomisti borghesi. Marx mette infatti in guardia contro una distor-sione in senso teleologico e funzionale (la storia come progressivarealizzazione di un disegno preordinato) di questa concezione. Ilpunto centrale invece che le forme pi sviluppate consentono dicomprendere meglio le leggi di sviluppo dei processi. Questo ci per-mette anche di comprendere meglio il concetto di produzione in ge-nerale. Si pu parlare di produzione in generale proprio a partire dal-le forme pi sviluppate che generalizzano le leggi di funzionamentoembrionalmente presenti in societ precedenti: realizzano la produ-zione in generale generalizzando la produzione. Inoltre, questa leggespiega anche da dove partire nellanalisi di una materia.

    Sarebbe dunque inopportuno ed erroneo disporre le catego-rie economiche nellordine in cui esse furono storicamente determi-nanti. La loro successione invece determinata dalla relazione in cuiesse si trovano luna con laltra nella moderna societ borghese, equestordine esattamente linverso di quello che sembra essere illoro ordine naturale o di ci che corrisponde alla successione dellosviluppo storico.

    Con il che Marx fornisce anche il metodo con cui esporre lamateria economica, oltre che studiarla.

    Chiude lIntroduzione una breve disamina del rapporto traarte e societ. Marx spiega che esiste una relazione ma non affattodiretta. Vi sono periodi di fioritura dellarte senza rapporto con lo

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  • sviluppo della societ. Ma se vero che larte greca, larte classicaper eccellenza, legata alla mitologia greca, perch suscita ancora innoi godimento estetico? Perch vi riconosciamo per molti aspettiuna norma e un modello inarrivabili? Proprio perch essendo lasociet poco sviluppata, larte era libera dalla necessit di compren-dere, la natura dominava la coscienza, la tecnologia era subordinataalle forze naturali. Come si pu concepire Achille con la polvere dasparo? Larte greca larte di un passato che non pu tornare, e perquesto cinteressa.

    Appendici

    Nellappendice al libro sono riportate le recensioni di Engelse il carteggio intercorso tra Marx e vari esponenti socialisti sui temidel libro. Tra le cose interessanti che emergono, la principale riguar-da il rapporto tra Marx ed Hegel. I fondatori del marxismo trovaronoil metodo dialettico buttato nella soffitta della filosofia, lo liberaronodella polvere e delle ragnatele, ne sottoposero a critica gli aspetti de-boli legati allidealismo hegeliano liberandone il potenziale euristicoe rivoluzionario, dimostrando la necessit di un metodo dialetticoper comprendere la storia e anche la storia del pensiero, aspetti ine-vitabilmente connessi: il lavoro... in pari tempo esposizione delsistema e critica dello stesso per mezzo dellesposizione, dice Marxin una lettera a Lassalle.

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  • Ancora una volta sulla teoria del valore

    Nonostante si discuta da sempre, nellambito del marxismo,di teoria del valore, rimangono alcuni punti non del tutto chiariti. Alivello generale, la struttura della teoria appare definita, cos come ilsuo ruolo euristico, le sue conseguenze politiche e le sue debolezzetecniche; tuttavia ci sono ancora diverse incertezze su quanto andarein l nella critica alle specifiche scelte compiute da Marx nella tratta-zione di questi temi. Qui ne discuteremo alcuni; nellappendice cite-remo brevemente dei lavori ad essi relativi, a partire dalla sezionedel III libro del Capitale dedicata a questo punto.

    Introduzione

    la legge del valore che determina i prezzi di produzione.(Marx)

    La teoria del valore il cuore dellanalisi economica del ca-pitalismo condotta da Marx e dai marxisti dopo di lui. Sulla base diquesta teoria, il marxismo ha analizzato le tendenze di fondo del si-stema capitalistico, dedicandosi soprattutto a studiare i legami traeconomia e lotta di classe e lesito che le lotte operaie possono averesulla possibilit di sostituire allattuale modo di produzione un siste-ma di pianificazione cosciente del processo produttivo. Nei testi in-troduttivi di economia marxista si legge spesso che il valore dellemerci la somma del lavoro direttamente e indirettamente impiegatoper crearle e che questo vale anche per la merce che produce tutte lealtre, la forzalavoro, il cui valore (il salario) pu essere concepito asua volta come insieme di merci. Il profitto del capitalista deriva dal-la propriet peculiare che ha la merce forzalavoro di valorizzare ilcapitale investito producendo pi valore di quello in essa incorpora-ta; questa propriet il riflesso di una condizione storica, per cui allaclasse lavoratrice impedito laccesso dei mezzi di produzione, eche la costringe dunque a vendersi alle condizioni stabilite dalla con-troparte. Si spiega anche che ai fini della determinazione del valoreconta esclusivamente il lavoro astratto (cio la capacit lavorativa

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  • genericamente in possesso di ogni lavoratore) e solo per il tempo dilavoro socialmente determinato (ovvero, nelle condizioni tecnichemedie di produzione). Le diverse merci si scambiano sulla base dellacomparazione delle diverse grandezze di valore, ovvero del lavorocomplessivo necessario per produrle.

    Questa sommaria descrizione contiene in s elementi corret-ti, e permette di capire molti aspetti del capitalismo, ma allo stessotempo rischia di fuorviare e nascondere altrettanti aspetti centrali.Affrontando le debolezze di questa visione riduttiva della teoria eco-nomica marxista, cercheremo di fornire un quadro di questa teoriapi vicino al suo spirito e al suo compito.

    Valore, natura e societ

    Occorre cominciare questa indagine dal problema della spe-cificit o meno della legge del valore nellambito del modo di produ-zione capitalistico. Come vedremo meglio dopo, alcuni autori, di cuiil pi noto forse Lippi, accusano Marx di naturalismo, cio di ri-durre la formazione dei prezzi in questa societ allapplicazione dileggi naturali, alla cosiddetta produzione in generale. A nostrogiudizio, Marx ritiene che esista realmente una legge generale dellaproduzione: essa la modalit con cui ogni formazione sociale prov-vede alla riduzione del tempo di lavoro necessario.

    Pi in generale, il materialismo storico spiega che la creazio-ne e la gestione dei mezzi di produzione sono la base della compren-sione di ogni periodo storico e devono perci costituire il fulcro diogni spiegazione dello sviluppo sociale. I rapporti di produzione pla-smano le epoche storiche.

    A ci si aggiunge la fondamentale osservazione di Marx sulrapporto tra successione delle epoche, sviluppo delle tendenze delprocesso produttivo e chiarificazione teorica. Il capitalismo rappre-senta il culmine di tutti i processi sociali, di tutte le tendenze operan-ti con gradi diversi di profondit e rilevanza nelle altre epoche stori-che (storiche, cio venute dopo la nascita della propriet privata).Per questo il modo di produzione pi dinamico, pi contraddittorioe pi rivoluzionario della storia. Pi che della produzione in generaleoccorre dunque parlare della produzione al suo culmine. Il capitali-smo come uno specchio che ingrandisce, ma insieme deforma, le

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  • relazioni sociali come anche il funzionamento della legge del valoredi ogni altra epoca, consentendo di analizzare tutto ci con molta pichiarezza, ma in forma rovesciata. Il primo rovesciamento sta pro-prio nel contenuto della legge che sembra incentrata sullo scambio,mentre rappresenta determinate relazioni nel processo produttivo,sembra delineare un quadro di uguaglianza mentre incorpora la real-t brutale dello sfruttamento.

    Occorre dunque partire da questo: la legge del valore (loscambio di merci) una relazione sociale fra le classi. In particolare la forma che la divisione sociale del lavoro tra le classi prende inuna societ in cui la produzione si svolge in unit indipendenti noncoordinate ma concorrenti tra loro.

    Per Marx la grandezza di valore sempre e solo il lavoro in-corporato, la sostanza il lavoro astratto. Ma questa posizione non n fisicalista n additiva. Ci spieghiamo.

    Questa posizione non basata tanto su aspetti fisici (solo illavoro umano accresce la ricchezza materiale), infatti non ci vollenessun lavoro per creare giacimenti di minerali, n il lavoro umanoche produce lenergia solare, le maree, i venti ecc. Pi in generale,non esiste alcun ramo dellindustria (o dellagricoltura) che non ab-bia componenti naturali nel senso di non create dal lavoro umanodiretto. Il lavoro umano dunque, non ha lesclusiva della creazionefisica del valore. Allo stesso modo, questa posizione non si basa sul-laddizione del valore delle merci. La direzione non dalla singolamerce alla societ, ma dal lavoro sociale alla singola merce. il veloche la produzione mercantile fa calare sulla scienza che conduce aritenere che il senso della connessione tra le unit produttive vadadal singolo al tutto. Seguendo questa idea, la scuola classica di teoriaeconomica ragionava cos per spiegare il valore delle merci: la sinte-si che il mercato compie delloperare delle unit produttive trasfor-ma il lavoro speso nella produzione da ciascuna di esse in un valoresociale (il tempo di lavoro sociale, o, a questo livello dellanalisi lostesso, il prezzo di produzione). Le unit produttive meno efficientidella media scompaiono, quelle pi efficienti si espandono e in que-sto modo si sviluppano i diversi settori della produzione. Sebbenequesta prospettiva contenga elementi di verit, parte da un punto diosservazione errato per spiegare le cose. Questo perch anche glieconomisti borghesi migliori rimangono impigliati alla superficie dei

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  • fenomeni e non riescono a penetrarne larcano. Cos, in questo cam-po, arrivano a negare, o comunque a trascurare, linevitabile naturasociale della produzione solo in quanto questa socialit non imme-diata, non visibile in superficie, di pi, perch la superficie dei fe-nomeni (il mercato) nega la forma sociale della produzione. In real-t, il valore non si produce fondamentalmente per laggregazione deivalori individuali ma per la scomposizione del valore sociale com-plessivo.

    Secondo Marx il valore una relazione sociale. Sotto il pia-no delle merci vi sono le necessit di riproduzione del sistema che siesprimono attraverso lo scambio di merci non sono scambio di mer-ci. Nel valore si esprime una qualit sociale, precedente allo scambiodi quella singola merce e delle merci tout court. Questa qualit so-ciale la capacit lavorativa, il lavoro inteso come mezzo di appro-priazione della ricchezza esistente da parte della specie umana. Il la-voro non crea tutta questa ricchezza, ma la mette a disposizione del-la societ. Senza il lavoro umano potrebbe esistere la ricchezza in s,ma non esisterebbe per luomo, proprio come i giacimenti di carbo-ne, doro e di petrolio esistevano da millenni ma non costituivano al-cunch di utile prima che il lavoro umano li conducesse nellorbitadel processo produttivo1. Questa considerazione vale per ogni epocastorica. La legge del valore non che la forma assunta dal metodo diappropriazione di ogni ricchezza nelle societ mercantili. Non esistedunque nientaltro che lavoro nelle merci perch luomo non ha altrimodi di produrre le condizioni della propria esistenza che tramite illavoro. Per far questo, luomo si serve di strumenti (che in determi-nati contesti divengono capitale), ma questi strumenti non mutano senon lefficacia con cui il lavoro umano produce. Il feticismo deri-vante dalla produzione di merci rovescia questo rapporto e rende

    1 Questa la ragione per cui il lavoro animale non produce valore seppure,ovviamente, produce ricchezza. Sarebbe possibile dimostrare che una cop-pia di buoi che tira laratro, ad esempio, mangia meno calorie di quelle cheaiuta a produrre. Fisicamente, luomo estrae dunque un sovrappi da questibuoi (se no non li utilizzerebbe), ma questa ricchezza entra nel computodella ricchezza sociale solo in quanto vi sono degli uomini che se ne appro-priano. I buoi, al pari di ogni altro mezzo di produzione, non valorizzano ilcapitale, non sono che strumenti della divisione sociale del lavoro, la lororicchezza appartiene alluomo.

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  • questi strumenti produttivi in s, fa delluomo il carburante per laproduzione di questi mezzi. Ora, anche vero che i mezzi di produ-zione sono opera del lavoro umano e di altri mezzi di produzione ecos via sino al solo lavoro. Ma non in questo senso filologicoche la teoria del valore fornisce una spiegazione della divisione so-ciale del lavoro nel capitalismo. ovvio che sia il lavoro umano aprodurre tutto. O si trovano forse alberi di computer? di automobili?di mattoni?, ma non questo il cuore dellanalisi del valore. Laspet-to vitale non la creazione fisica di nuovi beni ma il modo con cui leclassi producono e si appropriano di tali beni.

    Contrariamente allidea di Lippi e altri, in Marx, nel mate-rialismo storico, non c traccia di naturalismo, se con questo ter-mine sintende la tendenza a considerare una certa condizione natu-rale, normale e valutare le altre per differenza. Al cuore dellanalisimarxista c una visione dialettica della realt. Questa visione ciconsente di dire che il capitalismo e non la continuazione storicadelle epoche precedenti, lo in una forma rovesciata ed insiemeestremizzata. Utilizzando la logica classica, dobbiamo dire che unaforma la continuazione delle precedenti o ne la negazione (5 pi5 fa 10 e 10 il risultato delladdizione, nientaltro). Ma la storianon funziona cos. Il materialismo storico riconosce la profonda con-traddittoriet dello svolgersi concreto della storia e sottolinea questalegge: la forma di sviluppo superiore conserva e insieme nega la for-ma precedente. Non ci sono contrapposizioni assolute, ma un pas-saggio rivoluzionario (e per inciso, questa legge di sviluppo vale an-che per le teorie scientifiche). Il capitalismo sta alle epoche storicheprecedenti come la pianta al seme: per crescere ha dovuto negare lesue forme precedenti (i semi che restano semi non diventano piante),ma ne anche la continuazione rivoluzionaria2.

    2 A questa posizione, che appunto storica e dialettica, non naturalista,potremmo contrapporre, quale alternativa, lidea che il capitalismo ha pro-dotto una tale frattura nello sviluppo sociale da creare nuove leggi di fun-zionamento della societ, senza alcun rapporto con le leggi del passato. Inquesto senso, si potrebbe dare lidea che in passato cera sfruttamento (dal-tronde la sua visibilit rende difficile negarlo) e oggi non c pi ecc. Que-sta frattura si sarebbe originata, presumiamo, con il sorgere delle condizionidella produzione capitalistica (essenzialmente lespropriazione dei contadi-ni), dato che altri aspetti del capitalismo non sono nuovi nella storia (il mer-

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  • Se si accetta questa impostazione dialettica e rivoluzionariadello sviluppo storico non si ha difficolt a comprendere che nellalegge del valore, in tutte le sue diverse realizzazioni concrete, con-servata e insieme negata la realt della produzione sociale. Daltraparte, le leggi che si impongono alluomo, che esso non controlla,cio le leggi di movimento della produzione capitalistica, possonoessere definite leggi di natura solo allinterno di un determinato gra-do di sviluppo delle forze produttive. La legge del valore esprime lenecessit di sviluppo delle forze produttive ed solo in questo sensoche naturale. Cos nella Grecia classica era naturale la schiavi-t e oggi naturale il lavoro salariato. La sostanza comune di que-sta naturalit sta nella divisione sociale del lavoro e nellappropria-zione dei risultati di questo lavoro. in questo senso che Marx parladi leggi di natura.

    Al contrario, gli economisti borghesi utilizzano lidea delnaturalismo come forma di apologetica (la storia sempre statacos, dunque non c da lamentarsi, oppure, rovesciando questa ideaper arrivare agli stessi risultati spiegano: il capitalismo del tutto di-verso dalle societ precedenti ecc.). Queste due visioni metafisiche,ugualmente inconcludenti, definiscono per differenza la posizioneteorica marxista.

    Lo si vede chiaramente nella distinzione tra valore di scam-bio e valori duso. Contro gli economisti borghesi, occorre spiegareche il valore duso totalmente subordinato alle leggi di scambio ba-sate sul tempo di lavoro necessario. Ma contro metafisici di altro ge-nere occorre ribadire che il valore duso ineliminabile da ogniscambio umano e che per quanto si possa deprecare il concreto usoche si fa di un bene, lappropriazione umana avviene se e solo se rivolta a un qualsivoglia uso di quel bene. La legge del valore nega(in quanto subordina) il valore duso ma insieme lo conserva (perchquesto ineliminabile). Si tratta di una concezione naturalista?,non pensiamo lo sia pi di quella che riconosce luomo come un es-sere vivente che passato attraverso levoluzione biologica al pari diogni altro. Non si pu negare che levoluzione specifica delluomoabbia posto capo a fatti straordinariamente nuovi, almeno per questoangolo di universo, come la coscienza, il linguaggio ecc., ma questonon pu farci cadere in una posizione isolazionista (che sarebbe il

    cato, la democrazia, ecc.).

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  • preludio inevitabile di una visione metafisica religiosa del tipo luo-mo diverso perch ha lanima o cose del genere). Possiamo direche il capitalismo sta alla storia come luomo alla natura. Propriocome luomo per vivere deve rispettare talune leggi biologiche, cosvale per il capitalismo. Anche in un raffinato ristorante alla moda,luomo assume proteine e lipidi come un leone che divora una predanella savana, seppur senza contorno di sangue e ruggiti. Un raffinatocorteggiamento fatto di fiori, sguardi e passione pone capo comun-que alla riproduzione generazionale della specie, proprio come perogni altro mammifero. Se si nega questa semplice constatazione ciresta, come unica alternativa, il primo capitolo della Genesi.

    Tutto questo d senso alla nota affermazione di Marx nellalettera a Kugelmann: le leggi di natura non possono essere abolite.Possono invece mutare forma secondo le modalit specifiche di ogniepoca. Questa la produzione in generale. Perch possiamo adope-rare il concetto di valore per analizzare ogni societ mercantile? Perla stessa ragione per cui le leggi dellevoluzione spiegano la sorte diogni animale. Dire che lameba, lelefante e il delfino si evolvonosulla base delle stesse leggi non significa negare che ognuno ha unapropria storia biologica specifica, che merita di essere studiata e de-scritta. Alle leggi dellevoluzione dedicato il primo libro del Capi-tale, alla storia specifica del capitalismo il resto dellopera. E qual-cuno ciancia di contraddizione tra primo e terzo volume...

    Valore e lavoro

    Se si comprende il senso della produzione in generale, sicomprende anche il senso del rapporto tra valori e prezzi. Partiamoda questa domanda: nel capitalismo esistono i valori? O esistonosolo i prezzi? Farsi questa domanda equivale a chiedersi: esistono glianimali o esistono le specie animali? Detto altrimenti, implica unaconfusione di piani euristici. Se daltra parte il valore una categoriache ha una portata generale, ha anchesso una vita piuttosto breve sulpiano storico (57.000 anni, propone Engels nella prefazione al terzolibro del Capitale). C invece una categoria che ancor pi genera-le. Infatti, prima della nascita della produzione di merci, i beni nonhanno valore; vengono appropriati direttamente dalla societ. La fa-mosa immagine ricardiana dei cacciatori che si scambiano le rispetti-

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  • ve prede in base al lavoro contenuto non ha ovviamente senso, per-ch richiede appunto lesistenza di scambi generalizzati, una fasesuccessiva della storia umana.

    Ma anche prima dello scambio non si potr negare che esi-stesse il lavoro umano. Come infatti poteva luomo appropriarsi deifrutti (suoi e della natura) se non tramite lavoro? Persino la terra pifertile deve essere seminata, anche lanimale pi lento va catturato eucciso. Il lavoro precede dunque lo scambio di merci. Anzi, storica-mente parlando, la porzione senza merci costituisce gran parte del-la storia umana. Il punto : esistevano leggi di funzionamento diqueste economie? Ovvero, in sostanza, esistevano dei metodi sullabase dei quali i membri della societ suddividevano compiti e risul-tati? Basandoci sulle conoscenze disponibili non possiamo che ri-spondere affermativamente: in queste societ esiste una divisione dellavoro e del prodotto. Si tratta di una divisione collettiva, regolata, enon si basa sullo scambio di merci ma sul lavoro collettivo e imme-diatamente sociale di tutto il gruppo, che poi divide al suo interno irisultati di questo lavoro. Anche in queste epoche il lavoro allabase della produzione sociale (nel senso spiegato). Non si pu dun-que identificare valore e lavoro; occorre invece comprendere che illavoro una modalit generale con cui luomo si appropria della ric-chezza e che il valore la forma che quella modalit assume nellesociet mercantili, con delle ulteriori diverse specificit storiche(come i prezzi di produzione). Teoria del valorelavoro dunqueuna definizione assai imprecisa, sviante della concezione marxista.Una formulazione pi corretta sarebbe quella di teoria del lavoro. Illavoro lelemento decisivo, il valore la a forma presa dal lavoroper un breve tratto storico. Non si tratta qui di lavoro salariato vis vis capitale, non si tratta della questione se il capitale sia produttivoo lo sia solo il lavoro (nel senso del lavoro degli operai salariati), unaquestione ben pi limitata in sede storica. Si tratta della forma uni-versale di contatto tra uomo e natura3. A dimostrazione che Marxdava importanza decisiva a questo aspetto e non gi al micragnosocalcolo del lavoro fisicamente incorporato nella singola merce sta

    3 Non discuteremo oltre di questa tesi, peraltro ben nota ed esposta, adesempio, nellIdeologia tedesca. Daltra parte, ci sentiamo di dire che lo-nere della prova di una possibile altra forma di contatto spetta a chi negaquesta posizione.

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  • laffermazione nella nota lettera a Kugelmann in cui difende la teoriadel valore con questo argomento: quando la classe operaia sciopera,il paese si ferma e con ci si ferma tutto, la valorizzazione del capi-tale e la possibilit per tutta la societ di produrre alcunch. Ecco ilsenso del rapporto tra lavoro e valore, un senso sociale. La teoria,anche metodologicamente parlando, va dal sociale al particolare, dairapporti tra le classi al prezzo relativo e non viceversa. Non lag-gregazione di migliaia di ore di lavoro contenute nelle singole mercia darci lidea della produzione sociale, il lavoro collettivo dellaclasse lavoratrice che costituisce il fondo da cui ogni capitale attingee da cui, alla fine di tutte le beghe tra capitalisti, emergono i prezzirelativi.

    Il lavoro la sostanza del valore delle merci in quanto ilmezzo di appropriazione di ogni ricchezza materiale o meno, natu-rale o sociale4. Per poter essere efficace come mezzo di appro-priazione, esso deve essere diviso in modo efficiente. Le diverse rea-lizzazioni storiche della legge del valore sono altrettanti casi concreticon cui si sviluppa la divisione del lavoro in una certa epoca. A ognilivello di sviluppo delle forze produttive corrisponde un metodo didivisione del lavoro. Quello specifico metodo incorpora il funziona-mento dei rapporti di produzione dellepoca, ovvero, in ultima anali-si, il livello raggiunto dalle forze produttive. Incorpora inoltre lo spe-cifico operare delle leggi di funzionamento dellappropriazione so-ciale della ricchezza, leggi specifiche di ogni epoca come luniformi-t del saggio del profitto ecc., che per possiamo compendiare anchequi con una legge: la legge del risparmio del tempo di lavoro. Essen-do il lavoro la sostanza di ogni rapporto uomonatura, il suo uso e ilsuo risparmio costituiscono lessenza di ogni sistema economico.Come diceva Marx, il risparmio di lavoro lessenza delleconomia.

    Come si vede, noi proponiamo lestensione del rapporto la-voroproduzione ben oltre lambito della societ mercantile, ritenen-

    4 Poniamo questi termini tra virgolette perch, per quanto andiamo spiegan-do, non c nessuna divisione tra queste specificazioni. Se una trib primiti-va entra in una valle dove mai uomo ha messo piede e inizia a cibarsi deifrutti che pendono dagli alberi, trasforma queste ricchezze (certo non createdal lavoro umano) in ricchezza sociale per lappunto nellatto di appropriar-sene. Allo stesso modo, anche il settore pi umano della produzione sibasa su leggi naturali non prodotte ma utilizzate dalluomo.

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  • do il lavoro la fonte non solo e non tanto dei prezzi delle merci madella possibilit stessa della produzione e dellappropriazione deiprodotti.

    Con il generalizzarsi degli scambi, la societ deve trovare unmetodo di divisione sociale e tecnica del lavoro coerente con lo svi-luppo della produzione delle merci. Poich il modo di distribuzionee di scambio rappresenta la realizzazione del processo produttivo,nello scambio non possono che essere verificate e convalidate le leg-gi della produzione. La legge del valore rappresenta questo passag-gio. Essa ci parla infatti dello scambio (spiegando come avvengonogli scambi di merci) per rappresentare in realt le leggi di movimen-to della produzione. La legge del valore dunque solo secondaria-mente una teoria degli scambi, mentre nella sostanza una teoriadello sviluppo storico dellepoca della propriet privata. Linversio-ne scambioproduzione non casuale, rappresenta invece fedelmen-te quanto avviene da un punto di vista storico, reale. Quando i pro-dotti nascono come merci, la loro produzione effettuata con il finedello scambio. Lo scambio realizza la produzione, la produzione indirizzata allo scambio. Se uno scambio avviene liberamente, senzacoercizione, perch si scambiano equivalenti. Su un mercato im-personale avvengono scambi di equivalenti sociali. Marx spiega al-linizio del Capitale che cosa ci sia di equivalente in due merci di-verse: il lavoro astratto in esse contenuto. Occorre sottolineare che ilmetodo prescelto per questa dimostrazione assai problematico(una sorta di eliminazione successiva). A nostro giudizio, sarebbestato meglio spiegare pi semplicemente il ruolo del lavoro nel pro-cesso storico complessivo, sottolineando che il modo con cui la so-ciet scambia i prodotti non pu essere separato dal modo in cui liproduce, dal modo di produzione dominante. Un determinato rappor-to di produzione determina il carattere di unepoca e dunque, tra lealtre cose, il metodo con cui si scambiano le merci. Questo implicache anche prodotti posti al di fuori della sfera dominante sono ricon-dotti ad essa. Se, ad esempio, una determinata societ ha raggiunto ilgrado di sviluppo che prevede uno scambio di merci, anche la produ-zione non mercantile verr attratta ineludibilmente da queste leggi:

    In seno ad una societ dominata dalla produzione capitali-stica, anche il produttore non capitalista dominato dalle idee capi-talistiche. (Marx, Il capitale, III, p. 65)

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  • Ecco perch il movimento cooperativo non mai stato alter-nativo alla societ esistente, ma ne ha invece riprodotto le logiche,ecco perch lo sviluppo del capitalismo comporta la rovina della pic-cola azienda a conduzione familiare ecc. La legge del valore rappre-senta un certo grado di sviluppo sociale dellumanit, non il lavoroche fisicamente contenuto in una merce e nemmeno nellinsiemedelle merci.

    Il sovrappi

    Per sopravvivere, una societ (ma anche una specie), devetrovarsi almeno nelle condizioni che Marx chiama di riproduzionesemplice. Che trovi queste condizioni, come succede a piante e ani-mali, o che le crei, come fa luomo, poco importa. La riproduzionerichiede talune condizioni biologiche inevitabili, come la disponibili-t di cibo, condizioni climatiche e cos via. Questo vale per tutti glianimali, compreso luomo. La riproduzione semplice richiede chenon mutino le condizioni in cui si svolge il processo.

    Lo stato di riproduzione semplice per la specie umana chenon trova le condizioni della propria esistenza nellambiente, ma lecrea richiede che la produzione avvenga con le medesime tecniche,con limpiego delle identiche quantit e qualit di lavoro ecc. Ovvia-mente, lo stato di riproduzione semplice implica lassenza di ognisviluppo. Se si d uno sviluppo, anche solo quantitativo, perch lariproduzione ha superato lo stadio dellequilibrio e produce o si ap-propria di pi risorse di quante ne consumi. Questa eccedenza, chepu essere in termini fisici o monetari, costituisce il fondo da cui lasociet preleva per lo sviluppo ulteriore. Proprio come per ogni altraparte del prodotto sociale, questo sovrappi seguir le leggi preva-lenti di quellepoca. Se la produzione avviene in modo direttamentecollettivo tramite lappropriazione di gruppo dei beni, leventualesovrappi verr utilizzato collettivamente per lo sviluppo del benes-sere del gruppo ecc.

    La nascita del sovrappi ha avuto effetti sconvolgenti sullastoria umana, che da allora diviene la lotta per lappropriazione diquesto sovrappi. Per molto tempo il sovrappi viene appropriato dauna classe o casta che se ne serve per migliorare le proprie condizio-ni materiali distaccandosi al contempo dalla partecipazione al lavoro

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  • materiale. In ogni modo di produzione il sovrappi costituisce il mo-tore dello sviluppo storico, rappresenta lefficienza con cui quelmodo di produzione in grado di svilupparsi nel tempo. Questa veri-t, che vale anche per i tempi antichi, non poteva per essere com-presa al tempo. Sebbene i padroni degli schiavi estraessero sovrap-pi sotto forma di lavoro coatto dalla massa degli schiavi e con que-sto sovrappi vivessero meglio di questi ultimi, limpiego del so-vrappi nella produzione, pure ovviamente presente, non ne costitui-va il fine. Avveniva e basta. Senzaltro, i padroni delle miniere e i la-tifondisti capivano che frustando di pi gli schiavi potevano estrarnepi lavoro, ma non era questo il punto chiave, come anche dimo-strano le scarse interazioni tra la scienza e la produzione. Questo di-pendeva dalla profonda socialit nelle condizioni di vita della classedominante nelle epoche precapitalistiche. I patrizi romani non eranoin competizione tra loro sotto il piano economico. Cerano, ovvia-mente, degli scontri tra questa o quella cricca, ma questi scontri nonconcernevano tipicamente la lotta per i mercati di produttori indipen-denti.

    La contraddizione del capitalismo che i singoli capitalistisono insieme nemici e alleati lun laltro. Sono nemici per i mercatie sono alleati contro la classe lavoratrice. Il singolo schiavista nonavrebbe ricavato che benefici marginali dallo sviluppo di nuove tec-niche produttive, senza contare che era molto pi semplice procurar-si nuovi schiavi. Questo rendeva la societ molto pi statica. Il so-vrappi galleggiava, finendo spesso in usi del tutto improduttivi, chegarantivano la sopravvivenza dei rapporti di produzione dominantiproprio impedendone lo sviluppo. Il capitalismo sorto quando lac-cumulazione di capitale, cio del sovrappi del passato iscritto nellenuove forme produttive, ha raggiunto un tale livello da produrrecambiamenti qualitativi, non solo nella produzione, ma nella co-scienza delle classi. La lotta per il sovrappi divenuta cosciente.Leconomia politica classica rappresenta al meglio la coscienza dellanatura e del ruolo di questo sovrappi.

    Nelle epoche precedenti, la lotta per il sovrappi aveva altreforme. Cos, i contadini che durante tutto il Medioevo combattevanocontro i feudatari non pensavano di lottare per avere meno obblighidi lavoro gratuito, ma per cause morali, religiose. Le loro opinioniindividuali per, nulla ci dicono sulle reali ragioni per cui si determi-

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  • narono questi conflitti. Nel capitalismo la lotta per il sovrappi di-viene la motivazione dietro a ogni azione umana. La massimizzazio-ne dei profitti non solo lo scopo delluomo in quanto proprietariodei mezzi di produzione, ma legittima ogni attivit umana. Larte, lascienza, i rapporti personali si reggono sulla capacit di valorizzareil capitale. Lutile diviene misura di tutte le cose. Luomo viene ri-dotto a un automa che massimizza la propria utilit, cio i profitti, inogni frangente. La lotta accanita per il plusvalore, cio la forma mo-netaria del sovrappi, diviene il motore scoperto della storia, con ilsuo riflesso: la lotta di classe. Il capitalismo ricapitola e chiarificatutta la storia umana e Marx pu dire, alla luce dello sviluppo ca-pitalistico, che tutta la storia storia di lotta delle classi.

    Cos, lavoro e sovrappi costituiscono le pietre angolari diun determinato processo produttivo. Possiamo dire che un rapportodi produzione in ultima analisi un metodo sociale di ripartizionedel lavoro e del sovrappi tra le classi. La legge del valore assolveprecisamente questo ruolo: ci spiega come vengono suddivisi il lavo-ro e il plusvalore nella societ mercantile.

    Il lavoro produttivo

    Per completare la discussione sul presunto naturalismo diMarx ci rimane da discutere della concezione di lavoro produttivo.Anche in questo caso dobbiamo ricorrere alle leggi di sviluppo dellaproduzione: il lavoro produttivo nel capitalismo una forma specifi-ca di lavoro produttivo che rende macroscopica e insieme rinnegalessenza del lavoro produttivo in generale. Esiste un lavoro produt-tivo prima del valore? Ovviamente s, dato che il sovrappi esisteanche prima dello scambio di merci e il lavoro produttivo il lavoroche accresce il sovrappi. In una societ di cacciatori e raccoglitori, produttivo il lavoro di un uomo che raccoglie dieci chili di fruttaconsumandone solo cinque, mentre improduttivo il lavoro di un ti-zio che viene nutrito per elevare preghiere agli animali totemici per-ch facilitino la caccia. Trattandosi di una societ in cui il lavoro direttamente sociale, il lavoro anche facilmente distinguibile per lasua natura di lavoro produttivo o meno. La cosa molto meno chiaranel capitalismo, a causa delloperare delle leggi della concorrenza.Un capitalista vale esclusivamente in base alla propria quota di capi-

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  • tale e nullaltro. Che il capitale abbia una determinata composizioneo determinate qualit concrete, nulla toglie alla parit di trattamentoche ogni capitalista deve ricevere. Questa legge, che essenziale peril funzionamento del capitalismo, nega ma insieme conserva la realtdel lavoro produttivo. Questo significa, in concreto, che essa opera adanno di alcuni capitalisti ma a favore della classe capitalista tutta.Marx spiega che nel capitalismo produttivo il lavoro che valorizzail capitale, indipendentemente dalla sua caratteristica di lavoro effet-tivamente produttivo. Senza questa contraddizione il capitalismo nonfunzionerebbe. Eppure nemmeno il capitalismo pu violare le leggidi natura. Per argomentare la posizione appena descritta possiamodescrivere un esempio molto chiaro. Poniamo la situazione di un ca-pitalista che affitta determinati attrezzi a dei ladri che se ne servonoper rapinare banche. Il capitalista spende una somma di denaro peracquistare questi mezzi di produzione e ne ricava una somma mag-giore. Il lavoro dei ladri accresce il suo capitale ed dunque produt-tivo. Ma questo lavoro accresce il sovrappi sociale? Naturalmenteno, il furto non fa che trasferire il valore del bene sottratto, non lomoltiplica. Un altro esempio del tutto analogo il gioco dazzardo. sin troppo ovvio che lotterie e giochi sono semplici movimenti didenaro, non creazione di nuovo valore, eppure il croupier o laddettoalla ricezione delle schede del lotto sono produttivi, assai produttiviin effetti, per i loro padroni. Prendiamo ora il caso del sistema credi-tizio. Ai tempi di Lutero lidea che si potesse ricavare un profittosemplicemente prestando a interesse soldi altrui era ritenuta immora-le e fonte di corruzione. Effettivamente non si vede quale contributodia il semplice prestito di denaro alla produzione. Daltra parte, lebanche potrebbero obiettare di essere fondamentali selezionando iprogetti imprenditoriali, fornendo servizi di liquidit e dunque rego-larizzando il processo produttivo ecc. Se poi entriamo nel settoredella circolazione delle merci, distinguere quale lavoro accresca ilsovrappi sociale e quale no difficile a dirsi, anche perch la formaproduttiva capitalistica fa sembrare produttivo e necessario del lavo-ro che non lo (si pensi al personale addetto alla difesa delle merci edella propriet privata in genere, agli addetti al marketing ecc.). Adogni modo persino il capitalismo riesce a capire quali siano i lavoridavvero produttivi e come spieg Baran: sebbene non esiste unanetta linea divisoria tra il lavoro produttivo e improduttivo eseguito

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  • nella societ capitalistica ma piuttosto uno spettro che corre dal lavo-ro completamente improduttivo da un lato al lavoro completamenteproduttivo dallaltro, in periodi di emergenza, questo problema ri-solto pi o meno felicemente. I lavoratori improduttivi sono arruolatinellesercito mentre i lavoratori produttivi ottengono il rinvio. (P.Baran, Saggi marxisti, p. 260)

    Il punto che comunque esiste una differenza teorica e an-che reale tra lavoro produttivo e lavoro produttivo in senso capitali-stico. Di nuovo, la differenza una negazionecontinuazione. Ognisociet ha il lavoro produttivo pi idoneo al suo sviluppo. Nel capi-talismo, lapplicazione della legge del lavoro produttivo diretto sa-rebbe nefasta, distruttiva e peraltro anche concettualmente impossi-bile, perch la produzione e il lavoro nel capitalismo non sono diret-tamente sociali. il confronto con il mercato, dunque la trasforma-zione del lavoro in valore, che dimostra se e quanto il lavoro erogatoe la produzione effettuata sono socialmente necessari.

    Lo stesso ragionamento valido per il lavoro produttivo e im-produttivo si applica al lavoro complesso. Tecnicamente, facileconcepire il lavoro complesso come multiplo del lavoro semplice edescrivere questo multiplo con una matrice di coefficienti di produ-zione. In uneconomia pianificata, le risorse che la societ mette adisposizione di ogni mestiere sono gi quelle finali e dunque sonoimmediatamente quantificabili, consentendo una computabilit deicoefficienti ex ante. Ma nel capitalismo, la validazione sociale dellemerci, comprese le diverse forzelavoro, dipende dal mercato. Seuno ha speso dieci anni per diventare medico ma poi rimane disoc-cupato e deve accettare il lavoro di operaio generico, che ne delmultiplo? Se gli idraulici sono introvabili e dunque si fanno pagaresalati, di nuovo, che ne del loro vero coefficiente? La divisionedel lavoro, che anarchica, rende il calcolo dei coefficienti impossi-bile e soprattutto inutile, perch, per riprendere lesempio visto pri-ma, il medico divenuto operaio non pu pretendere, sulla base deicosti effettivamente sostenuti per la propria istruzione, di essere pa-gato pi dei suoi colleghi. Poich questi errori influenzano la pro-duzione di tutte le merci, leventuale cognizione dei costi storica-mente sostenuti per produrre lavoro qualificato nulla ci dice sul suoeffettivo valore, proprio come succede per tutte le altre merci.

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  • La teoria del valore

    La quantit di lavoro non ha un valore, non una merce,ma ci che trasforma le merci in valore. (Marx)

    A questo punto dovrebbe essere chiaro che il materialismostorico non affatto naturalista, e che il rapporto contraddittorioche c tra legge di funzionamento e sua forma storicamente specifi-ca non implica una societ astratta, ideale a cui rapportare per diffe-renza questa o quellesperienza storica. Il capitalismo invece lepo-ca in c