Valentini, Scienza sacra e geometria

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Scienza Sacra e Geometria Quel che rende problematico discorrere in modo accettabilmente serio di elementi della Dottrina Tradizionale (di elementi, cioè, che non hanno le radici nel mondo moderno o nel progresso) non è tanto la difficoltà di acquisirne in anticipo una certa esperienza, quanto la difficoltà di versare, poi, tale esperienza nei segni e nei suoni del linguaggio comune: un mezzo che di regola riesce a trasferire contenuti sottili nella stessa misura in cui una matita può copiare un “oggetto” a quattro dimensioni su un foglio di carta. Le leggi che regolano il mondo del foglio, infatti, trasformeranno il nostro oggetto in una proiezione bidimensionale distorta di una proiezione tridimensionale, distorta della sua identità originaria: in un’ombra, dunque, che andrà a disegnarsi sulle furbe retine dell’uomo moderno, come sulla parete di fondo dell’infelice caverna platonica. Se non fosse in qualche modo possibile superare l’impasse, peraltro, dovremmo accontentarci di avere dei fatti sacri o tradizionali una 3

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Articolo di Luca Valentini sulla Scienza sacra e la geometria

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Scienza Sacra e Geometria

Quel che rende problematico discorrere in modo accettabilmente serio di elementi della Dottrina Tradizionale (di elementi, cioè, che non hanno le radici nel mondo moderno o nel progresso) non è tanto la difficoltà di acquisirne in anticipo una certa esperienza, quanto la difficoltà di versare, poi, tale esperienza nei segni e nei suoni del linguaggio comune: un mezzo che di regola riesce a trasferire contenuti sottili nella stessa misura in cui una matita può copiare un “oggetto” a quattro dimensioni su un foglio di carta. Le leggi che regolano il mondo del foglio, infatti, trasformeranno il nostro oggetto in una proiezione bidimensionale distorta di una proiezione tridimensionale, distorta della sua identità originaria: in un’ombra, dunque, che andrà a disegnarsi sulle furbe retine dell’uomo moderno, come sulla parete di fondo dell’infelice caverna platonica. Se non fosse in qualche modo possibile superare l’impasse, peraltro, dovremmo accontentarci di avere dei fatti sacri o tradizionali una conoscenza limitata. Tanto limitata, anzi, da eguagliare l’atto di fede cieca cui uno dei tanti falsi della storia potrà un giorno spacciare un’ossidata caffettiera napoletana per il Santo Graal. Ma, se è vero che nessuna protesi tecnologica potrà mai aiutare l’uomo dell’ultima età a individuare con certezza, fra due sole pietre coeve, quella sulla quale ebbe a posare il capo Giacobbe, è altrettanto vero, per fortuna, che un organo imponderabile proprio consente all’uomo della Tradizione di stabilire, con l’aiuto di Dio, un filo diretto fra la Terra e il Cielo. Per tale via relativizzatosi in una data forma (un disegno, un oggetto, un essere animale, uno scritto o un evento), il messaggio tradizionale potrà allora, in quanto espressione olografica di un assoluto, non solo essere decodificato e codificato nuovamente da chi ne possegga la Chiave, ma anche e soprattutto essere sperimentato da chiunque e a qualsiasi livello. Ponendosi, infatti, la struttura simbolica come MEZZO fra il sensibile e

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l’intelligibile e come RAPPORTATORE di questi stati, lascerà di conseguenza fluire verso il Suolo tanta “luce” per quanta quest’ultimo potrà assorbirne naturalmente, e ciò si può credere che essa esegua calcolando attimo per attimo la” capacità” del vaso comunicante ovvero, in altre parole, “misurando la Terra”. Diviene così comprensibile la ragione che induceva gli antichi maestri a riservare ai "Geometri” l’accesso alle scuole iniziatiche: non gli agrimensori comuni intendevano privilegiare, ma chi in qualche modo riusciva a raggiungere il tra della Terra e del Cielo, da sempre luogo geometrico dell’Uomo Universale. Pitagora, ad esempio, che viene tuttora ricordato ai giovani studenti esclusivamente per il Teorema e le tavole di Moltiplicazione, lungi dall’essere soltanto un filosofo appassionato di matematica era, in più, la forma vivente di un simbolo: né il suo nome era casuale, derivato, infatti, dalla Pitia delfica, né il culto pitagorico per Apollo delfico, divinità che costituisce l’espressione somma della religiosità iperborea ed indoeuropea, né i rapporti con Aboris iperboreo, sacerdote apollineo, né la leggenda per cui sarebbe stato lo stesso Apollo a generare Pitagora, né il suo sigillo, il Pentalfa, che già al superficiale livello di tracciato costituisce la miglior proiezione bidimensionale della miglior proiezione tridimensionale del triangolo a quattro dimensioni, una delle quali è la chiave che può liberare l’uomo dai ceppi del tempo. Evidenziamo, inoltre, come il simbolo del Pentagono Stellato lo si ritrovi sovrapposto al portale d’ingresso della misteriosa costruzione federiciana di Castel del Monte, dettando le proporzioni della costruzione: l’analogia, poi, tra la funzione di collegamento tra il Cielo e la Terra assegnata all’intero edificio, per il continuo ripetersi di forme ottagonali, ed il significato armonico che presenta “l’uomo-microcosmo” di Agrippa di Nettesheim, alla nostra analisi non appare casuale. Con questo particolare tipo di Geometria i Pitagorici erano riusciti a restituire alle espressioni formali dei Numeri e dei Tracciati la dignità originaria, individuandone, con esattezza, la Funzione in funzione della Forma, quando non anche codificando nuovamente gli assoluti nelle strutture triadiche di cui avevano fatto perciò oggetto di culto. Gli impegnativi qualificatori (Perfetto, Sublime, Sacro, Divino) che assegnavano ai loro triangoli trovano, allora, giustificazione nel fatto che, a precise proprietà geometriche, ne corrispondevano altre, altrettanto precise e di livello decisamente non umano, che affioravano alla meditazione come potenzialità imprigionate nei “lati” negativi di questo mondo: vincoli che ci rendono illusoria una struttura composta di soli angoli, come pure l’idea di poter disporre di tempo “libero”. Ricordiamo, inoltre, che il Triangolo Perfetto è costruito con i lati di 3, 4 e 5 unità rispettivamente, e che fornisce soluzioni intere alla dimostrazione del Teorema, generando al tempo stesso un angolo Retto; quello detto Sublime, invece, ha la base pari alla parte minore del segmento, la cui sezione aurea è la misura del cateto (proporzioni che ne fanno uno dei raggi del Pentalfa): entrambi sono schematizzazioni della Legge Ciclica, anche se a livelli differenti. Ricordiamo, ancora, che il Triangolo Sacro ha gli angoli alla base ricavati dalla bisezione dell’angolo retto del vertice, e che è esso la bisezione di un quadrato lungo una diagonale; quello detto Divino, invece, è un particolare triangolo equilatero, che esprime, in via esclusiva, una triplicità in equilibrio, è il “Centrum in Trigono Centri” della tradizione ermetica, espressione angolare dell’Unità Primordiale, che va a definirsi nei suoi tre attributi di Luce, Calore ed Energia. Nel Trono del Triangolo Sacro, iconostasi perfetta della Manifestazione, va, quindi, a iscriversi, quaternizzando la propria essenza ternaria, l’ineffabilità del Triangolo Divino: ecco come la genesi di un Universo si condensa nella genesi geometrica di un Simbolo, la cui espressione numerica è la Decade e il cui nome che può pronunciarsi è Tetraktys. Questo termine greco, talmente sacro ai Pitagorici da indurli a formulare su di esso il giuramento iniziatico, significa letteralmente “Quadruplice Emanazione”, e il termine sanscrito Ksitih, dal quale deriva direttamente “ktys”, avverte che il Nomenclatore intendeva individuare in questa struttura mistica anche una Dimora. Non possiamo non notare, a questo punto, come la voce della Tradizione parli sempre una stessa lingua. Emanazioni, Lettere, Numeri si trovano, infatti, nella Decade Pitagorica, nelle Sephiroth dell’Albero cabalistico e nelle Maqamat del Verbo nell’esoterismo islamico: quattro Mondi sono condensati nella Tetraktys, quattro ne presuppone la Qabalah e ancora quattro l’ermeneutica spirituale coranica (tàwil). Nessuna figurazione simbolica si troverà mai di Dio quale Essenza Assoluta. Egli è l’inesprimibile Uno-Non-Uno della Matematica Sacra, l’Ain Soph dei

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Mekubalim, la Divinità Nascosta nell’alam al-Asrar, il Mondo dei Segreti che non possono essere rivelati: è il Tao che, pur producendo l’Uno, continua a restare l’Origine che non è un’origine. Ma il mistero del Tutto che sta dentro e fuori dell’Opera Sua ci conduce al Triangolo, che non è equilatero, pur avendo quattro elementi per lato, all’Albero della Vita, che ha le radici nei rami e i rami nelle radici, alla proiezione terrena di un Cubo Celeste (la Kàba), tracciata dal Piede del Primo Uomo lungo i contorni di un’ombra. Ovunque, trascendendo i limiti del tempo storico, ci si trovi innanzi alla Tradizione, lì si avvertirà la Presenza di Dio, che, nonostante i coefficienti di “stranezza” delle strutture simboliche e l’incredulità dei profani, da sempre fissa la sua più grande Dimora (Bayt Allahi’lakbar) proprio nel Cuore degli uomini:”Bisogna cercare il luogo da cui non c’è ritorno e rifugiarsi nel Purusha primordiale donde è venuto l’impulso originario…Quel luogo, né il sole, né la luna, né il fuoco lo rischiarano; quella è la mia suprema dimora”(Bhagavad-gità, XV, 4 e 6). Questo cuore sottile, che ha, col muscolo pulsante cui dobbiamo la vita, profonde relazioni analogiche, conserva nel simbolo la sua classica forma, specie in quelle tradizioni come l’Islam e il Cristianesimo nascente, nelle quali l’Alchimia è germogliata come nel più fertile dei terreni; altrove esso è, invece, più semplicemente indicato da una forma triangolare. Il tema non ci consente di occuparci del Cuore simbolico al di là della sua configurazione geometrica, e questo ci porta intanto a notare che il triangolo equilatero (che col vertice in alto ne è l’espressione assiale superiore e col vertice in basso quella inferiore) è una delle figure più ricorrenti nel simbolismo sacro. Ciò non vuol dire che uno stesso simbolo coagula funzioni diverse o addirittura antitetiche, ma, più profondamente, che tutte queste funzioni sono riconducibili ad un’unica funzione assiale archetipa, che è, poi, quella espressa dall’Equiangolo Divino. Renè Guènon, che è il passaggio obbligato per chi voglia dedicarsi a ricerche di questo tipo, nota giustamente quali rapporti stretti vi siano tra il Cuore e la Coppa sacrificale, i cui simboli

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geometrici coincidono, peraltro, nel modo già visto. Nel medesimo contesto il tradizionalista francese riferisce che, nelle rivelazioni simboliche fatte a Marie de Vallees, sono menzionate una tavola rotonda di diaspro “che rappresenta il Cuore di Nostro Signore” e la Sorgente Quaternaria di un giardino (l’Eden) “che è il S.Sacramento dell’altare”; più avanti, nota ancora la “curiosa” complementarietà esistente nelle tradizioni antiche fra il simbolo assiale della Lancia e quello della Coppa: si ricordi, tra l’altro, come il Santo Graal fosse una coppa che raccolse il sangue e l’acqua, che fuoriuscirono dalla ferita al fianco del Cristo, procurata dal centurione Longino (dal greco logkè o dal latino lancea, appunto lancia!) e come tale episodio abbia una stretta relazione con la rugiada emanata dall’Albero della Vita. Va notato, intanto, che questi rapporti si ritrovano “stranamente” in una delle più comuni pratiche augurali del mondo: quella degli innamorati che, dopo aver tracciato un cuore con le proprie iniziali, lo trapassano con una freccia. Una sciocca superstizione? In materia di simboli nulla è mai veramente banale od occasionale, e molte “superstizioni” spesso costituiscono l’irriconoscibile affioramento di un’antica Scienza, che si è andata perdendo lungo la strada diabolica del progresso. Il profondo simbolismo che unisce la Lancia alla Coppa (incommensurabile con la moderna visione delle cose) è, invece, drammaticamente riconoscibile negli eventi che, duemila anni or sono, “restaurarono il Regno” nel Luogo del Cranio. Evitando tutte le molteplici altre implicazioni simboliche di tali accadimenti, ci importa in questa sede evidenziare soltanto che, quando una Quaternità Mobile (che non è un camion!) penetra in una Decade, vi si fissa in una nuova forma, nella quale entrambe le precedenti si annullano. L’operazione, le cui microanalogie appaiono evidenti, costruisce geometricamente l’immagine tanto caratteristica del cuore. Capovolta, tale immagine mostrerà l’Alfa sopra l’Omega: in maiuscolo la prima e in minuscolo il secondo, come prescrive la Tradizione e come appare nel monogramma del Cristo, che unisce ciclicamente l’inizio del Mondo del Cielo alla fine del Mondo della Terra. Queste parole, o meglio termini, Cielo e Terra, indicano, sempre, nei testi tradizionali, due precise modalità d’esistenza: “ Tutto nel mondo – dice lo Zohar – è diviso in due parti, in cui l’una è visibile e l’altra invisibile. Ciò che è visibile non è che il riflesso di ciò che è invisibile: il Cielo ha prodotto la Terra, che ne è la parte visibile” (Zohar – I, 39b). Bisogna notare, ora, che i processi di discesa dell’Energia Luminosa avvengono sempre attraverso un piano di divisione fra i due anzidetti stati: uno specchio d’acqua, come lo si definisce, che se per un verso assolve ad una precisa funzione rigeneratrice, per un altro verso costituisce l’indispensabile mezzo per giungere a nuove modalità d’esistenza, che sono “Terra” per le precedenti e “Cielo” per le successive. Senza questo specchio, grazie al quale viene palesato il senso dell’analogia, determinando un’applicazione che deve essere necessariamente inversa, né la Terra potrebbe essere l’immagine speculare del Cielo, né “gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi”(Matteo, XX, 16), rappresentando ciò che più grande nell’ordine metafisico come piccolo nell’ordine della manifestazione:”Colui che fra voi è più piccolo, quello è il più grande”(Luca, IX, 48). Esaminando i 64 esagrammi dell’I-Ching nella classica disposizione in quadrato, ad esempio, potremo verificare che, rispetto al piano di riflessione centrale, l’esagramma K’un che è il primo yin, non ha riscontro nell’esagramma opposto, bensì in quello riflesso, Ch’ien, che è l’ultimo yang. In uno stadio cosmogonico precedente, la Geometria Sacra traccia la riflessione del triangolo rettangolo-isoscele nella sua ipotenusa, a formare il Primo Quadrato: quello che, prima di “cadere” di 45 gradi nella stabilizzazione della materia, aveva le modalità riflesse del Cielo e della Terra contigue nei due angoli orizzontali (bisecati dallo specchio) e opposte nei due verticali, enantiomorfi soltanto nella “sostanza”. Proprio la caduta di un’ottava ha imprigionato l’uomo nella gravità materiale: il modo geometrico per liberarsi è quello di ruotare di 45 gradi al contrario, intorno al Centro e di eseguire poi l’Operazione del Cuore. Il Segreto sta, ancora una volta, in una Riflessione, come un anonimo sufi:

“Il Profeta, ogni volta che ne ha bisogno, gira lo Specchio della sua anima verso il Mondo

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Santo e ne riceve la Conoscenza e la Vera Realtà”.

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