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Corso di fisica generale a cura di Claudio Cereda – rel. 4.3 settembre 2004 Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 1 V.1. Le forze elettriche 1.1 Fenomeni elettrici elementari 1.1.1 FATTI TRATTI DALLA ESPERIENZA QUOTIDIANA Il mondo in cui viviamo è dominato dalla elettricità ed esistono anche fenomeni di esperienza comune nei quali si evidenziano forze di natura diversa da quelle elastiche, d'attrito o d'urto su una questione essenziale: sono forze sia attrattive sia repulsive. Fanno però parte della esperienza quotidiana la elettrizzazione e relativa repulsione dei capelli asciutti e spazzolati, la difficoltà nel separare fogli di carta e superfici plastiche che in giornate particolarmente secche ten- dono a rimanere incollate e a riattaccarsi dopo essere state separate, fe- nomeni di attrazione e repulsione nelle vicinanze di uno schermo Tv o del monitor di un computer. Teniamo presente però che, al di là del come ci appaiono sul piano sen- soriale, quasi tutte le proprietà elementari della materia hanno origine elettrica perché sono le forze di origine elettrica che tengono insieme gli atomi e che determinano le interazioni tra essi a formare i solidi ed i li- quidi. Per evidenziare i fenomeni elettrici sul piano qualitativo è stato storica- mente utilizzato uno strumento (l’elettroscopio) che, opportunamente per- fezionato, è diventato uno strumento quantitativo per la misura di una importante grandezza elettrica: l’elettrometro come misuratore del potenziale. Quando l’elettroscopio viene posto a contatto con un corpo elettrica- mente carico le foglie dell’elettroscopio divergono e rimangono aperte. Se il pomello A viene toccato con le mani le foglie dell’elettroscopio si riportano in posizione verticale. Per ora non indagheremo il meccani- smo di funzionamento e utilizzeremo l’elettroscopio come indicatore dello stato di elettrizzazione. 1.1.2 L’ELETTRIZZAZIONE PER STROFINIO Da tempi molto remoti si è osservato che, strofinandole tra loro, molte sostanze acquistano la capacità di attirarsi o respingersi e se le si mette a contatto con l’elettroscopio le foglie dello strumento divergono. L’esperienza dello strofinare non è in realtà fondamentale; ciò che conta è il contatto tra corpi eterogenei e lo strofinio serve a migliorare il con- tatto stesso. Quando due corpi eterogenei vengono posti a contatto alla superficie di separazione avvengono sempre trasferimenti di elettroni 1 dall’uno all’altro dei due corpi. Il processo è basato sulla diffusione degli elettroni e sulla loro tendenza a ripristinare una sorta di equilibrio tra le rispettive concentrazioni: si tratta di qualcosa di simile a quello che fanno due gas inizialmente sepa- rati se vengono posti in uno stesso contenitore. Il fenomeno quantistico 1 L’elettrone è uno dei componenti fondamentali della materia ed è anche il granulo elementare di elettricità. Dell’elettrone ci occuperemo molto a fondo nei prossimi capi- toli. a Fenomeni elettrici elemen- tari a La legge di Coulomb a Il dipolo a Il vettore campo elettrico a Come si calcola il campo e- lettrico L’elettroscopio a foglie A – sferetta metallica; B – supporto materia plastica; C,D – foglie metalliche sottili; E – contenitore vetro e metallo L'elettroscopio funziona sull'equilibrio tra la forza elet- trica repulsiva agente sulle foglie e la forza peso Nella figura di sinistra è rappresentato un elettroscopio da laboratorio dimostrativo quando il gatto strofina il vetro: il primo diventa nega- tivo e il secondo positivo; una tipica attrezzatura da laboratorio per la elettrizzazione da strofinio: panni, aste in vetro e plastica, elettroscopio

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Corso di fisica generale a cura di Claudio Cereda – rel. 4.3 settembre 2004

Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 1

V.1. Le forze elettriche

1.1 Fenomeni elettrici elementari 1.1.1 FATTI TRATTI DALLA ESPERIENZA QUOTIDIANA Il mondo in cui viviamo è dominato dalla elettricità ed esistono anche fenomeni di esperienza comune nei quali si evidenziano forze di natura diversa da quelle elastiche, d'attrito o d'urto su una questione essenziale: sono forze sia attrattive sia repulsive. Fanno però parte della esperienza quotidiana la elettrizzazione e relativa repulsione dei capelli asciutti e spazzolati, la difficoltà nel separare fogli di carta e superfici plastiche che in giornate particolarmente secche ten-dono a rimanere incollate e a riattaccarsi dopo essere state separate, fe-nomeni di attrazione e repulsione nelle vicinanze di uno schermo Tv o del monitor di un computer. Teniamo presente però che, al di là del come ci appaiono sul piano sen-soriale, quasi tutte le proprietà elementari della materia hanno origine elettrica perché sono le forze di origine elettrica che tengono insieme gli atomi e che determinano le interazioni tra essi a formare i solidi ed i li-quidi. Per evidenziare i fenomeni elettrici sul piano qualitativo è stato storica-mente utilizzato uno strumento (l’elettroscopio) che, opportunamente per-fezionato, è diventato uno strumento quantitativo per la misura di una importante grandezza elettrica: l’elettrometro come misuratore del potenziale. Quando l’elettroscopio viene posto a contatto con un corpo elettrica-mente carico le foglie dell’elettroscopio divergono e rimangono aperte. Se il pomello A viene toccato con le mani le foglie dell’elettroscopio si riportano in posizione verticale. Per ora non indagheremo il meccani-smo di funzionamento e utilizzeremo l’elettroscopio come indicatore dello stato di elettrizzazione.

1.1.2 L’ELETTRIZZAZIONE PER STROFINIO Da tempi molto remoti si è osservato che, strofinandole tra loro, molte sostanze acquistano la capacità di attirarsi o respingersi e se le si mette a contatto con l’elettroscopio le foglie dello strumento divergono. L’esperienza dello strofinare non è in realtà fondamentale; ciò che conta è il contatto tra corpi eterogenei e lo strofinio serve a migliorare il con-tatto stesso. Quando due corpi eterogenei vengono posti a contatto alla superficie di separazione avvengono sempre trasferimenti di elettroni 1 dall’uno all’altro dei due corpi. Il processo è basato sulla diffusione degli elettroni e sulla loro tendenza a ripristinare una sorta di equilibrio tra le rispettive concentrazioni: si tratta di qualcosa di simile a quello che fanno due gas inizialmente sepa-rati se vengono posti in uno stesso contenitore. Il fenomeno quantistico

1 L’elettrone è uno dei componenti fondamentali della materia ed è anche il granulo elementare di elettricità. Dell’elettrone ci occuperemo molto a fondo nei prossimi capi-toli.

Fenomeni elettrici elemen-tari

La legge di Coulomb

Il dipolo

Il vettore campo elettrico

Come si calcola il campo e-lettrico

L’elettroscopio a foglie A – sferetta metallica; B – supporto materia plastica;C,D – foglie metalliche sottili; E – contenitore vetro emetallo L'elettroscopio funziona sull'equilibrio tra la forza elet-trica repulsiva agente sulle foglie e la forza peso Nella figura di sinistra è rappresentato un elettroscopioda laboratorio dimostrativo

quando il gatto strofina il vetro: il primo diventa nega-tivo e il secondo positivo; una tipica attrezzatura dalaboratorio per la elettrizzazione da strofinio: panni,aste in vetro e plastica, elettroscopio

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coinvolto è noto come effetto tunnel ed è lo stesso su cui funzionano i moderni nanoscopi che hanno raggiunto risoluzioni inferiori a 10–9 m. Si possono così mettere in ordine le diverse sostanze a seconda della maggiore o minore tendenza a perdere elettroni e costruire una tabella come quella qui a fianco rappresentata detta tabella di triboelettricità 2. Due materiali presenti nella tabella producono una maggiore elettrizza-zione reciproca quanto più sono distanti tra loro nella tabella. Nell’eseguire l’esperienza della elettrizzazione per strofinio si osserva che mentre sostanze quali il legno, il vetro, la plastica, il cuoio, la gomma si caricano agevolmente, altre sostanze quali i metalli richiedono, per e-videnziare l’elettrizzazione, di essere maneggiate attraverso un manico fatto da una delle sostanze precedenti (ciò ci porterà alla distinzione tra isolanti e conduttori).

1.1.3 ELETTRICITÀ POSITIVA E NEGATIVA Nell’eseguire l’esperienza della elettrizzazione per strofinio si osserva che i due corpi elettrizzati per strofinio, una volta allontanati, tendono ad attirarsi; si osserva anche che i corpi che sono stati strofinati si pos-sono dividere tra loro in due categorie A e B: i corpi di tipo A si respingono tra loro e la stessa cosa fanno i corpi

di tipo B ogni corpo di tipo A attira ogni corpo di tipo B corpi omogenei appartengono sempre ad una stessa classe

Questi fenomeni hanno portato ad assegnare alle due classi una valenza legata alla elettricità: le sostanze di tipo A, cui appartiene il vetro, sono state associate alla elettricità vetrosa (o positiva); le sostanze di tipo B, cui appartiene l’ambra3 sono state associate all’elettricità resinosa (o negativa). Oggi sappiamo che l’elettrizzazione di un corpo solido è sempre dovuta a perdita o acquisto di elettroni (carichi negativamente) e pertanto quan-do un corpo è carico positivamente vuol dire che ha perso elettroni e non che ha acquistato cariche positive. Alla luce di quanto indicato nella tabella sulla triboelettricità osserviamo che non ha senso associare in maniera assoluta una sostanza ad un de-terminato tipo di elettricità; infatti il vetro si carica positivamente se vie-ne strofinato con la seta o con il pelo di gatto (che ricevono gli elettroni ceduti dal vetro e diventano negativi), ma lo stesso vetro strofinato con l’amianto (Franklin che introdusse la distinzione non lo sapeva) si carica negativamente. Le sostanze che si trovano alla estremità inferiore della tabella sono tutte le resine plastiche che, a partire dagli anni 60 del 900, hanno invaso ogni ambiente e momento della nostra vita. Così sono comparse nuove, semplici, molteplici e spesso fastidiose esperienze di elettrizzazione.

2 Dal greco tribein (sfregare) 3 Resina naturale derivata dalla fossilizzazione delle resine appiccicose delle conifere e che ha dato il nome all’elettricità e poi all’elettrone (dal greco elektron).

B. Franklin introduce la distinzione tra elettricitàpositiva (vetrosa) e negativa (resinosa). Lo stessoFranklin avanzerà le prime ipotesi sulla dipendenzadella forza dall’inverso del quadrato della distanza

sulla base della triboelettricità si possono definirela elettricità positiva e negativa ed individuare leprime leggi che riguardano l'interazione tra esse

Amianto Pelo di coniglio Vetro Capelli Nylon Mica Lana Quarzo Pelo di gatto Piombo Seta Pelle umana Alluminio Carta Cotone Acciaio Legno Ambra Rame Ottone Argento Oro Gomma Poliestere Polistirolo Poliuretano

tend

enza

a pe

rder

e elet

troni

nel

cont

atto

recip

roco

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1.1.4 CONDUTTORI ED ISOLANTI Si è già osservato che i metalli si caricano per strofinio solo se sono im-pugnati attraverso un manico di vetro o di resina. Si vede anche che, mentre un pezzo di vetro strofinato possiede proprietà elettriche solo nella zona in cui è stato strofinato, il metallo strofinato ridistribuisce immediatamente la proprietà elettrica sull’intero corpo. Questo fatto ci porta a stabilire una ulteriore classificazione delle sostan-ze in due classi: conduttori ed isolanti. (4)

Chiamiamo isolanti quei materiali caratterizzati da elevata difficoltà nello spostamento delle cariche elettriche e conduttori quelli nei quali le cariche elettriche (con o senza trasporto di materia) si muovono in maniera rela-tivamente libera. Negli isolanti, quando si deposita su di essi della carica elettrica, tale ca-rica rimane tendenzialmente collocata dove è stata posta. Sono isolanti quasi tutti i materiali organici ed inorganici allo stato solido (con la ecce-zione dei metalli), la maggioranza dei liquidi (con la eccezione delle so-luzioni acide, basiche o saline) e i gas in condizioni ordinarie. Nei conduttori, quando si deposita una carica elettrica, tale carica si ridi-stribuisce fino al raggiungimento di un particolare tipo di equilibrio le cui caratteristiche saranno analizzate nel prossimo capitolo. Siamo ora in grado di spiegare come funziona l’elettroscopio: quando un corpo carico viene posto a contatto con la sfera metallica una parte della carica si trasferisce sull’elettroscopio e pertanto le due foglie, che risulta-no cariche allo stesso modo si respingono. Si spiega anche perché basta toccare la sfera per scaricare l’elettroscopio: il corpo umano e la terra sono dei conduttori e quando si tocca l’elettroscopio la carica si ridistri-buisce su un conduttore molto più grande sostanzialmente annullandosi. Anche se siamo abituati a pensare agli isolanti come ai nemici della elet-tricità è singolare sul piano storico il fatto che i materiali solidi che oggi chiamiamo isolanti siano stati chiamati storicamente materiali elettrici per-ché è dal loro contatto che si osservarono le prime forme di elettricità. Per esempio, Alessandro Volta nella lettera del 20/3/1800 al Presidente della Royal Society sir Joseph Banks in cui descrive l'invenzione della pi-la si esprime così a proposito del fatto che la sua nuova apparecchiatura non utilizza i comuni materiali elettrici (gli isolanti) ma i conduttori: “in-vece di consistere come le bottiglie o le batterie elettriche ordinarie, in una o più lamine isolanti, in strati sottili di quei corpi reputati essere i soli elettrici, armate di condut-tori o corpi così detti non elettrici…” (5)

L’elettricità può anche essere trasferita per contatto di corpi carichi ma questo tipo di elettrizzazione (che determina una ridistribuzione di cari-ca) funziona bene solo con i conduttori data la tendenza degli isolanti a mantenere le cariche non equilibrate esattamente dove sono state create. Pertanto, mentre è piuttosto semplice scaricare un conduttore (basta porlo a contatto con un conduttore scarico molto più grande, per esem- 4 Esiste anche una categoria intermedia di elementi del IV gruppo detti semiconduttori (carbonio, silicio, germanio) che si sono rivelati strategici a partire dagli anni 60 per lo sviluppo della moderna elettronica e microelettronica. Il termine semiconduttori sta ad indicare un comportamento intermedio tra isolante e conduttore. 5 Opere scelte di A. Volta ed. Utet pag. 514.

dopo lo strofinio la carica dell’isolante rimanedove è avvenuto lo strofinio invece nei condutto-ri la carica si ridistribuisce sulla intera superficie

isolante conduttore

Alessandro Volta una curiosità: l'elettricità na-sce associata agli isolanti chesono chiamati corpi elettricimentre i conduttori sono dettinon elettrici

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pio la terra), è molto più arduo scaricare un isolante ed è altrettanto ar-duo spostare le cariche equilibrate sempre presenti su di esso. Per questa ragione quando si compiono esperimenti di elettrostatica che comportino l'utilizzo di isolanti bisogna prestare molta attenzione ai det-tagli: se si maneggia un isolante occorre controllare che non sia già cari-coperché basta la presenza di cariche residue per determinare risultati inattesi e insensati.

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1.2 La legge di Coulomb 1.2.1 LA CARICA ELETTRICA E LA SUA CONSERVAZIONE La grandezza fisica che descrive la capacità dei corpi di evidenziare inte-razioni di tipo elettrico e che determina la intensità delle forze elettriche è detta carica elettrica e il fenomeno di ridistribuzione della carica sui corpi è detto elettrizzazione. La carica elettrica è già presente in natura come costituente elementare della materia. Essa si presenta sempre in granuli elementari sull’elettrone e sul protone con cariche identiche e di segno opposto. Inoltre in tutti i fenomeni associati con la ridistribuzione di carica elettrica in un sistema isolato la somma algebrica delle cariche elettriche rimane costante. La carica elettrica, per quanto ne sappiamo, a differenza della massa è indistruttibile. Questa legge di conservazione della carica elettrica costituisce una delle grandi leggi della fisica ampiamente confermata dall’esperienza e posta addirittura alla base delle modalità di costruzione delle nuove te-orie.

1.2.2 LA BILANCIA DI TORSIONE DI COULOMB Lo studio della elettricità ha avuto luogo nel corso del 700 in un conte-sto in cui non si aveva alcuna conoscenza sulla sua origine microscopica e si pensava piuttosto ad una sostanza fluida ma il modello di interazio-ne gravitazionale ha comunque spinto a ricercare leggi di interazione tra cariche puntiformi. Nel 1785, usando una bilancia di torsione, lo scienziato francese Charles Augustin de Coulomb scoprì per via sperimentale la legge di interazione della cariche puntiformi. Le ricerche di Coulomb si collocano a fine 700 quando si sta passando dalla fase in cui l’elettricità è una sorta di gioco da salotto (in cui si cer-cano ed evidenziano le sensazioni prodotte dalla elettrizzazione sul cor-po umano) ad uno studio più sistematico e dunque quantitativo. Le forze elettriche di interazione tra corpi estesi dipendono, in maniera complessa, dalla forma dei corpi e dalla distribuzione della carica su di essi e pertanto non esiste una legge semplice e di natura generale; tale legge si può invece enunciare nel caso di cariche puntiformi. Il concetto di carica puntiforme è una astrazione, fatta per ragioni di convenienza, si-mile a quella di punto materiale. Dal punto di vista operativo diremo che una carica puntiforme è la carica di un corpo le cui dimensioni siano piccole rispetto a tutte le altre distanze coinvolte. Nella bilancia di Coulomb un filo molto sottile di argento a regge una sbarretta b isolata con ceralacca che reca ad un estremo una sferetta di sambuco c e all'altro un contrappeso d. La parte superiore del filo è col-legata ad una vite micrometrica che consente una lettura accurata degli angoli. Una seconda sfera c' identica a c viene fissata rigidamente ad un sostegno e. Il tutto viene racchiuso in un cilindro di vetro che assicura la protezione contro correnti d'aria e consente una lettura delle distanze angolari tra le due sferette. Coulomb aveva effettuato precedenti studi sulle caratteristiche di elasti-cità dei fili e ciò gli consentiva di ricondurre le distanze tra equipaggio fisso e mobile alle forze corrispondenti.

Il principio di conservazione della carica: la caricatotale di un sistema isolato è costante

fine 700: dai giochi da salotto rappresentati inquesta stampa con Coulomb si passa ad unavisione quantitativa dei fenomeni elettrici

Charles Augustin de Coulomb 1736-1806 scopre la pri-ma legge quantitativa sulla interazione tra cariche elettriche

a

b c e d

c'

Schema di bilancia di torsione e modellino ottocen-tesco della stessa; la bilancia opera solo con cari-che dello stesso segno perché è in grado di misura-re solo forze repulsive

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Egli descrive così il suo esperimento: Si carichi un piccolo conduttore a spillo conficcato in una barretta di ceralacca e lo si inserisca nella apertura dello strumento in modo che la testa dello spillo vada a toccare la sferetta c che, a sua volta, tocca la sferetta c'. Dopo aver rimosso lo spillo, entrambe le sfere, che portano la medesima carica si respingono sino ad una certa distanza deducibile dalla lettura della scala. A questo punto si ruota l'indicatore in alto nel verso della freccia per avvolgere il filo di sospensione e trovare le distanze tra le sferette in corrispondenza di angoli di rotazio-ne diversi. In questo modo Coulomb riuscì a stabilire la dipendenza di F dall'inver-so del quadrato della distanza. Lo stesso risultato era già stato ottenuto con una metodologia meno diretta, ma più accurata, da Cavendish (l’inventore della bilancia di torsione) nel 1771. Ma queste ricerche rima-sero sconosciute e furono pubblicate da Maxwell solo nel 1879. Il caso delle forze attrattive non è indagabile con la stessa bilancia per-ché quando le distanze risultano piccole il sistema non è stabile e le due sferette finiscono per venire a contatto annullando la carica. Per queste ragioni Coulomb progettò un secondo dispositivo teso a verificare la in-terazione tra cariche di segno opposto Diversamente dall'esperienza di Cavendish per la misura della costante gravitazionale, in cui le masse coinvolte erano note, nella esperienza di Coulomb non c'era modo di misurare la carica sulle sfere. Coulomb ag-girò l'ostacolo nel modo seguente: pose in contatto due sfere identiche, una carica e l'altra scarica e poi le allontanò. In tal modo poté affermare (per simmetria) che la carica rimasta era la metà di quella originale e veri-ficò che, in tal caso, la forza si riduceva a metà. Attraverso la ripetizione di esperimenti di questo tipo Coulomb arrivò ad affermare che la forza era direttamente proporzionale al prodotto delle cariche coinvolte.

1.2.3 L’ENUNCIATO DELLA LEGGE Gli esperimenti di Coulomb non erano molto accurati a causa delle di-mensioni delle sfere e della scarsa precisione nella misura delle forze. Inoltre venivano condotti in aria che, seppur debolmente, influenza i ri-sultati. Ciò nonostante Coulomb fu molto abile nell'intuire ed enunciare la validità di una legge che sarebbe stata indirettamente confermata dalle successive analisi dei diversi fenomeni elettrici. Il suo enunciato per quanto riguarda la intensità della forza è il seguente: la forza di interazione tra due cariche puntiformi nel vuoto è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche e inversamente proporzionale al quadrato della distanza:

F = k q1 q2

r2 (V.1.1)

dove F è la forza di interazione q1 e q2 sono le cariche che interagiscono r è la distanza tra le due cariche k è una costante universale di proporzionalità il cui valore di-

pende dal sistema di unità di misura scelto. L’enunciato completo della legge richiede però di precisare che: le forze compaiono a coppie e rispettano la III legge della dinamica le due forze hanno come retta di applicazione la congiungente

Coulomb valuta il valore della carica attraverso con-siderazioni di simmetria basate sulla ammissione delprincipio di conservazione della carica.

q

12 q 1

2 q

La legge di Coulomb: F = k q1 q2r2

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le due forze sono attrattive per cariche di segno contrario e repulsive per cariche dello stesso segno

La questione se esistessero due fluidi elettrici o uno solo è stata ampia-mente discussa nel 700. I fenomeni indicavano infatti solo la repulsione tra materiali dello stesso genere e la attrazione tra un tipo e l’altro di ma-teriale (per esempio il vetro con l’ambra). Una scuola sosteneva la esi-stenza di 2 fluidi elettrici mentre l’altra sosteneva la esistenza di un solo tipo di elettricità e spiegava attrazione e repulsione come effetti di ca-renza ed eccesso (da qui sono venuti i nomi positivo, visto come aumen-to, e negativo legato alla carenza di fluido). La forza di repulsione esercitata su una carica ha lo stesso verso del vet-tore posizione che va dal punto di applicazione verso la seconda carica, mentre quella di attrazione ha verso opposto. La legge di Coulomb tiene già conto del segno delle cariche perché il prodotto di due numeri positivi e di due numeri negativi (forza repulsi-va) è positivo, mentre il prodotto di un numero positivo per uno negati-vo è negativo. Pertanto usando la notazione vettoriale, si scriverà in ogni caso:

F = k q1 q2

r3 r = k q1 q2

r2 vers(r) (V.1.2)

mentre per la forza gravitazionale, poiché le masse sono positive sempre e la forza è attrattiva:

F = − G m1 m2

r3 r = − G m1 m2

r2 vers(r) (6) (V.1.3)

La somiglianza tra la forza elettrica e la forza gravitazionale ci consente di affermare immediatamente una importante proprietà delle forze cou-lombiane: le forze coulombiane sono forze conservative, cioè il lavoro da esse compiu-to nel portare una carica da un punto ad un altro non dipende mai dalla traiettoria seguita. 7

1.2.4 IL COULOMB E LA COSTANTE DELLA FORZA Nel S.I. l'unità di carica è il coulomb (C) e la sua definizione viene data tramite la unità di corrente elettrica Ampere (simbolo A) che viene defini-ta operativamente attraverso le misura delle interazioni tra fili percorsi da correnti.

1 C = 1 A × 1 s La carica elettrica di 1 C corrisponde alla carica che attraversa una se-zione di circuito elettrico percorsa dalla corrente elettrica di 1 A per 1 s. Data la definizione del Coulomb, la costante della forza k che compare nella equazione (V.1.1) può essere determinata sperimentalmente e vale:

k = 8.99 × 109 N m2 / C2

Pertanto si dice che due cariche puntiformi di 1 C poste alla distanza di 1m inte-ragiscono con una forza pari a 8.99 × 109 N. Si osservi che con numeri così 6 Ricordiamo che la quantità

rr detta versore r, si indica con vers(r) corrisponde ad un

vettore di modulo 1 con la stessa direzione e verso del vettore r. 7 Si consiglia di rivedere i capitoli sulla energia e in particolare quelli sulla energia po-tenziale che saranno richiamati e utilizzati a fondo nel seguito.

r Fre

Fat

r stesso segno: forza repulsiva segno contrario: forza attrattiva

La forza di Coulomb è conservativa e ciò ci con-sentirà di definire una energia potenziale elettrica

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grandi la relazione appena enunciata risulta poco praticabile sul piano sperimentale. Nel Sistema Internazionale la legge di Coulomb si scrive solitamente dando alla costante k la forma:

F = 1

4πε0 q1 q2 r2 (V.1.4)

e la costante ε0 è chiamata costante dielettrica del vuoto. Ovviamente si tratta solo di un modo diverso di scrivere k; dal confronto delle due scritture si ha:

ε0 = 1

4πk = 1

36π×109 C2 / N m2 = 8.85 × 10−12 C2 / N m2 8

Questa abitudine ad indicare la costante con ε risale al fatto che in mol-te applicazioni legate alla determinazione della forza di sistemi di cariche distribuite nello spazio comparirebbe, per effetto dei calcoli, la costante 4π nei risultati. Così facendo il 4π si semplifica e rimane solo ε. Il valore 4π deriva dal fatto che mentre le somme di grandezze relative all'intero piano determinano la comparsa del valore dell'angolo giro (2π radianti) la stessa cosa eseguita relativamente all'intero spazio produce la compar-sa del corrispondente valore di angolo giro calcolato su una sfera (pari a 4π steradianti). 9

1.2.5 COULOMB ED ELETTRONE Visto che non esistono cariche elettriche di valore inferiore all’elettrone sembrerebbe naturale assumere l'elettrone come unità di carica. Facendo così la carica di un corpo sarebbe sempre rappresentata da un numero intero, pari al numero di elettroni acquistati o perduti durante il processo di elettrizzazione. Tuttavia, poiché al momento della scoperta dell'elettrone, l'unità di cari-ca era già stata fissata, si preferì misurare sperimentalmente la carica del-l'elettrone. La carica dell'elettrone (o carica elementare, indicata dal sim-bolo e) è pari a:

1 e = 1.602 × 10−19 C da cui si ha che:

1 C = 6.24 × 1018 e Come vedremo studiando più a fondo i fenomeni elettrici il C è una uni-tà di misura improponibile per i fenomeni di natura elettrostatica perché la forza di repulsione tra cariche dello stesso segno rende praticamente impossibile riuscire a collocare su di un corpo di dimensioni accettabili l'unità di carica. Altrettanto non accade quando si opera con le cariche in moto. In quel caso è assolutamente normale trattare con movimenti

8 In realtà nel S.I. tutte queste grandezze si legano al valore della velocità della luce nel vuoto tramite le costanti del magnetismo. Il valore migliore per ε0 risulta = 8.854188⋅10–12 cui corrisponde un valore di k = 8.98755⋅109 che con 3 cifre significati-ve viene arrotondato a 8.99⋅109. La questione viene ripresa nel capitolo dedicato alle onde elettromagnetiche. 9 La definizione dell'angolo solido in questo testo si trova nel capitolo dedicato alla mi-sura delle unità fotometriche nella parte IV.

quando si carica fortemente il corpo umano (te-nendolo ben isolato rispetto a terra) si hanno fe-nomeni suggestivi come questo

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di cariche di qualche C al secondo. Dovremo pertanto abituarci, quando si lavora con cariche statiche, ad operare con i sottomultipli del C.

1.2.6 APPLICAZIONI DELLA LEGGE DI COULOMB Un confronto tra forza elettrica e forza gravitazionale Per avere una idea delle intensità delle forze elettriche proviamo a confrontare la forza elettrica e quella gravitazionale tra due particelle identiche, per esempio, due elettroni.

FCoul = k e2

r2 mentre Fgr = Gm2

r2

dove si è indicato con m la massa dell'elettrone m = 9.11 × 10−31 kg. Per-tanto: FcoulFgr

= k e2

Gm2 = 1.6022 × 10−38 × 9.00 × 109

6.67 × 10−11 × 9.112 × 10−62 = 4.18 × 1042

La situazione non cambierebbe di molto se invece di considerare gli e-lettroni si considerassero i protoni la cui massa è 2000 volte più grande. Invece di 1042 ci verrebbe 1038 che è sempre un numero molto grande. Dunque quando si studiano fenomeni di natura elettrica nel mondo de-gli atomi, delle molecole o dei nuclei, si possono trascurare completa-mente le forze gravitazionali rispetto a quelle elettriche. Solo nei pro-blemi di natura astronomica, riguardanti corpi dotati di grande massa (pianeti o stelle), le forze gravitazionali diventano dominanti. ☺ La forza elettrica su scala atomica e su scala nucleare Quanto vale la forza elettrica di attrazione tra protone ed elettrone nell’atomo di i-drogeno? Tenere presente che la distanza media è di 0.53×10-10 m. Determinare poi la forza repulsiva tra due protoni in un nucleo atomico tenendo presente che la distanza tipica per le particelle nucleari è dell’ordine di 2×10-15 m

Fatomo = k e2

r2 =9.00 × 109 ×(1.602 × 10−19)2

(0.53×10-10)2 =8.2×10-8 N

Fnucleo = k e2

r2 =9.00 × 109 ×(1.602 × 10−19)2

( 2×10-15)2 = 58 N

Come si vede tra i due valori ci sono ben 9 ordini di grandezza; inoltre, visto che i nuclei atomici sono molto stabili aspettiamoci che nel nucleo agisca qualche forza attrattiva molto più intensa di quella elettrica. ☺ Equilibrio tra forza elettrica e forza gravitazionale Due masse puntiformi m a distanza r si attirano gravitazionalmente e si respingono elettricamente grazie alla repulsione delle due cariche q che si trovano su ogni

massa. Dimostrare che si ha equilibrio se m = kG q. Nel caso le cariche siano

due protoni quanto devono valere le masse m?

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Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 10

In equilibrio si ha G m2

r2 = k q2

r2 e da qui si ottiene m = kG q

Se le cariche sono protoni con carica e = 1.602×10–19 C si ha:

m = kG q =

9.00×109

6.67×10–11 × 1.602×10–19 = 1.86×10–9 kg.

☺ Equilibrio tra cariche elettriche Quattro cariche positive di valore Q sono collocate nei vertici di un quadrato di lato l. Determinare il valore di una carica negativa q da collocare nel centro in modo che tutte le cariche del sistema siano in equilibrio. Stabilire infine se la configurazione ottenuta sia di equilibrio stabile o instabile.

Per ragioni di simmetria la carica q collocata nel centro è in equilibrio qualsiasi sia il suo valore (su di essa agiscono 4 forze con la stessa inten-sità e collocate lungo le diagonali con versi antiparalleli che pertanto si fanno sempre equilibrio). La situazione è diversa nei vertici del quadrato. Sulle cariche Q agiscono 4 forze: due forze repulsive dovuto alla interazione con le cariche sui vertici

adiacenti; sono ortogonali tra loro e dirette come i lati; il modulo è:

F = k Q2

l2

una forza repulsiva esercitata dalla carica sul vertice opposto, diretta

come la diagonale e di modulo F' = k Q2

( 2l )2 = k Q2

2l 2

una forza attrattiva esercitata da q, diretta come la diagonale e di

modulo F" = k Qq

l

22 = k

2Qq l 2

Si ha equilibrio quando la somma vettoriale delle 4 forze si annulla e ciò accade se le forze hanno la stessa componente lungo la diagonale10; ciò equivale alla condizione:

k Q2

l2

1

2 + 1

2 + 1

2 = k 2Qq l 2 ovvero:

q = 12

2

2 + 1

2 Q =0.957 Q

Se la carica q viene spostata anche di poco dal centro la situazione divie-ne immediatamente instabile perché se per esempio ci si muove lungo la diagonale la forza F" aumenta per una carica (quella verso cui avviene l'avvicinamento) ma diminuisce per la carica ad essa contrapposta e ciò determina una definitiva rottura delle condizioni di equilibrio. ☺

10 in realtà il problema presenta una tale simmetria che andrebbe bene anche l'annul-lamento della proiezione lungo una delle direzioni dei lati

F

F

F '

F"' Q

Q Q

Q

q

l

l2

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Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 11

Anche un piccolo squilibrio elettrico può determinare grandi effetti in termini di forze. Due gocce d'acqua di raggio r poste a distanza d si attirano gravitazionalmente. Le due gocce risultano essere in equilibrio se si aggiunge ad entrambe un elettrone. Determinare il raggio delle gocce ed usare tale risultato per confrontare la carica dell'elettrone con la carica di tutti gli elettroni presenti in ciascuna goccia.

Osserviamo in via preliminare che la soluzione del problema non dipen-de dalla distanza d infatti sia la forza elettrica sia quella gravitazionale di-pendono da d allo stesso modo e la dipendenza si semplifica nella equa-zione; si avrà equilibrio se: G m 2 = K e2 dove m dipende dalle dimensio-ni r delle gocce.

m = KG e =

9.00⋅109

6.67⋅10–11⋅ 1.602⋅10–19 = 1.86⋅10–9 kg = 1.86⋅10–6 g

m = 43 π r3 δ e pertanto dovrà essere:

r = 3 3m

4πδ =

3 3⋅1.86⋅10–9

4π⋅103 = 7.63⋅10–5 m = 0.076mm

Nella molecola d'acqua sono presenti 2 atomi di idrogeno (2 elettroni) e 1 atomo di ossigeno (8 elettroni) per un totale di 10 elettroni; d'altra par-te la massa d'acqua considerata (visto che il peso molecolare µ dell'acqua è 18 g/mol) corrisponde ad un numero n di moli pari a:

n = mµ =

1.86⋅10–6

18 = 1.033⋅10–7 moli

Le molecole presenti sono dunque: Nm = n NA = 1.033⋅10–7⋅6.02⋅1023 = 6.22⋅1016 molecole Gli elettroni presenti in una goccia sono pari a: N = Nm⋅10 = 6.22⋅1017 elettroni Ne basta uno solo in più o in meno per bilanciare la forza gravitaziona-le! ☺ Ripassiamo il calcolo vettoriale Tre cariche elettriche positive q1 = 1.00 nC, q2 = 0.50 nC, q3 = 1.00 nC formano un triangolo rettangolo con cateti r12 = 10.0 cm e r23 = 4.0 cm. Determinare:

a) l'angolo α formato tra i vettori r12→ e r13

→ b) I moduli delle forze F13 e F23 esercitate dalle cariche 1 e 2 sulla carica

c) Le componenti Rx e Ry della forza R→ = F13→ + F23

d) Il modulo R e l'angolo β formato da R→ con il vettore r12→ .

Si consiglia di aiutarsi con una ordinata rappresentazione grafica e di far coincidere le direzioni dei vettori posizione con quelle degli assi.

e

m

e

m

Fg Fe

d

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Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 12

Nella immagine qui a lato è stata tracciata a grandi linee la situazione da analizzare.

Si osserva subito che tan α = 410 = 0.4 da cui α = 21.801°

Per trovare F13 tramite la legge di Coulomb è necessario calcolare r13

r13 = r12

cos α = 10.77 cm = 0.108 m

F13 = k q1 q3 r132 = 8.99⋅109

10–9⋅10–9

0.1082 = 7.71⋅10–7 N

F23 = k q2 q3 r232 = 8.99⋅109

10–9⋅0.5⋅10–9

0.042 = 28.1⋅10–7 N

Rx = F13 cos α = 7.17⋅10–7 N Ry = F13 sin α + F23 = 30.97⋅10–7 N

tan β = Ry Rx

= 30.977.17 = 4.32 da cui β = tan–1 (4.32) = 77.0°

R = Ry / sin β = 31.8 N

q1 q2

q3 F13→

F23→

R→

α

β

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1.3 Il dipolo 1.3.1 COS’È E COME NASCE Il sistema di cariche più semplice che si possa studiare dopo la carica puntiforme è quello costituito da due cariche uguali e con segno contra-rio; un tale sistema è detto dipolo. La ragione per la quale si studia in fisi-ca il comportamento dei dipoli è data dal fatto che sia gli atomi, sia le molecole, in prima approssimazione, possono essere considerati dei di-poli. Consideriamo per esempio un atomo di idrogeno che si trovi in presen-za di altre cariche positive. A causa di ciò la nube elettronica verrà re-spinta e l'atomo perderà la sua originaria simmetria sferica per assumere una simmetria di tipo longitudinale che sarà poi schematizzata come un dipolo.

1.3.2 IL MOMENTO DI DIPOLO Le caratteristiche elettriche di un dipolo sono descritte da una grandezza vettoriale detta momento elettrico di dipolo: pe = q l (V.1.5) Il vettore l ha direzione e verso dalla carica negativa a quella positiva e la sua intensità |l| = l viene chiamata braccio del dipolo. Il vettore pe è diret-to come il vettore l. A prima vista si potrebbe pensare che, essendo elettricamente neutro, il dipolo non subisca interazioni elettriche, ma si tratta di una conclusione affrettata. Il dipolo interagisce perché le due cariche di cui è costituito sono collocate in punti diversi dello spazio. Eseguendo i calcoli che proponiamo come esercizio qui di seguito si scopre che la interazione a grande distanza tra dipoli decresce come la quarta po-tenza della distanza ed è proporzionale ai momenti di dipolo.

1.3.3 ESERCIZI DI APPROFONDIMENTO: INTERAZIONE TRA DIPOLI Consideriamo la interazione tra due dipoli identici aventi un asse in comune; indi-chiamo con r la distanza tra i dipoli e supponiamo che tale distanza sia molto mag-giore del braccio, r >> l. Ci proponiamo di determinare la forza di interazione.

La forza di interazione è formata da 4 componenti: due forze di attra-zione tra cariche di segno contrario e due forze di repulsione tra cariche dello stesso segno. Così:

F = + k (−q) (−q)

r2 + k (+q) (+q)

r2 + k (−q) (+q) (r − l)2 + k

(−q) (+q) (r + l)2 =

= k q2

2

r2 – 1

(r – l )2 – 1

(r + l )2

e dopo alcune trasformazioni algebriche di tipo semplice si ottiene:

F = − 6q2l2 k ⋅ r 2 − (l 2/3)r 2(r 2 − l 2)2

Sostituendo pe al posto di q l e trascurando i termini in l 2 che risultano molto minori di quelli in r2 otteniamo:

pe

l q q

il momento elettrico di dipolo ne descrive tutte le caratteristiche importanti per le interazioni

pe

r l

gli atomi e le molecole in presenza di cariche elet-triche si deformano e si trasformano in un dipolo

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F ≈ − 6pe

2 kr 4

Questa espressione può essere facilmente generalizzata al caso di intera-zione tra dipoli di momento p1e e p2e:

F ≈ − 6p1ep2e4πε0r4 (V.1.6)

dunque due dipoli con momento di dipolo sulla stessa retta e nello stesso verso sono attirati tra loro e la forza di attrazione è proporzionale al prodotto dei momenti di dipolo e inversamente proporzionale alla quarta potenza della distanza. La intera-zione tra dipoli diminuisce molto più rapidamente di quella tra cariche puntiformi al crescere della distanza. Lasciamo allo studente il compito di dimostrare che, nel caso di dipoli di verso opposto, la forza è repulsiva ed ha ancora la stessa intensità della equazione (V.1.6). Nel caso di dipoli disposti perpendicolarmente rispetto all'asse su cui si misura la interazione bisogna comporre vettorialmente le forze e si arri-

va a trovare F' = F2. Anche questo calcolo viene lasciato per esercizio.

Osserviamo che la forza di interazione tra dipoli dipende sia dalla mutua disposizione sia dalla distanza e ciò è in contrasto con le caratteristiche delle forze centrali (come quella gravitazionale e quella coulombiana) che dipendono solo dalla distanza tra i corpi interagenti. Le forze nucle-ari hanno proprietà di questo tipo. La interazione tra dipoli gioca un ruolo estremamente vitale in fisica. Si è infatti scoperto che qualunque sistema di tipo elettrico formato da ca-riche disposte in maniera asimmetrica e tali che la somma algebrica sia nulla, si comporta, in prima approssimazione come un dipolo. Ciò per-mette di dare una buona spiegazione del comportamento delle forze di interazione molecolare.

esempi di interazioni molecolari in cui sono coinvolti idipoli: ione-dipolo, legame idrogeno, ione-dipolo indot-to, dipolo-dipolo indotto

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1.4 Il vettore campo elettrico 1.4.1 QUALCHE OSSERVAZIONE SUL CONCETTO DI CAMPO Una delle dispute filosofiche sorte immediatamente dopo l’affermarsi della teoria newtoniana della gravitazione riguardò la modalità di trasmissione della interazione gravitazionale. Il panorama scientifico europeo, prima di Newton, era propenso ad accettare la teoria cartesiana dei vortici se-condo la quale l’universo è composto da materia sottile che trasmette movimento attraverso una complessa azione di vortici. La teoria della gravitazione newtoniana per un verso distrugge l’idea dei vortici cartesiani (incompatibili con alcune conseguenze della gravita-zione), ma per l’altro non si pronuncia sulla origine della gravitazione e sulla modalità di trasmissione della interazione. Newton nello Scolio Generale ai Principia afferma, dopo aver descritto la gravità come un fenomeno che riguarda ogni singola particella di ma-teria, non ho ancora potuto dedurre dai fenomeni la ragione di tali proprietà della gravità, e non immagino alcuna ipotesi. Perché tutto ciò che non può essere dedotto dai fenomeni è una ipotesi: e le ipotesi, siano esse metafisiche, fisiche, meccaniche o di qualità occulte, non devono essere accettate dalla filosofia sperimentale. In questo ge-nere di filosofia le proposizioni si deducono dai fenomeni naturali generalizzando in seguito per induzione. In tal modo abbiamo potuto conoscere l’impenetrabilità, la mobilità, la forza dei corpi, le leggi del movimento e della gravità. Ed è sufficiente che la gravità esista, che agisca secondo le leggi da noi enunciate, e che possa spiegare tutti i movimenti dei corpi celesti e del mare. La teoria newtoniana si rivelerà vincente e spazzerà via nel giro di una cinquantina d’anni le ipotesi cartesiane che tendevano a spiegare l’azione a distanza come una azione che si propagava per contiguità. In questo quadro tutta la fisica, compresa l’ottica verrà interpretata in chiave cor-puscolare. Non ci si chiederà, in mancanza di fenomeni che pongano il problema, se la gravitazione si propaga a velocità finita o infinita; cosa accade ad una data massa quando in un punto diverso appare istantaneamente una seconda massa? L’interazione gravitazionale si propaga con una velocità infinita oppure no? Nel modello newtoniano il problema sembra insensato perché la massa esiste da sempre. Così il modello newtoniano, basato sul non chiedersi cosa sia la gravità ma sul prendere atto della sua esistenza con determinate caratteristiche, si afferma progressivamente e con esso si fa strada l’idea di interazioni che si propagano a velocità infinita e che sono sempre l’effetto di interazioni tra corpuscoli. Eppure esistono in fisica, e sono già ben noti ai tempi di Newton, fe-nomeni che si propagano per contiguità: il suono, le onde sull’acqua. In questi fenomeni la perturbazione ondosa si trasmette attraverso un mez-zo mediante l’azione delle particelle di un mezzo su quelle contigue e non richiede le azioni a distanza ma semmai il suo opposto e cioè l’azione per contatto. Sul lungo periodo hanno avuto ragione entrambe le ipotesi: la gravita-zione per propagarsi non ha bisogno di un mezzo materiale che trasmet-ta per contiguità i suoi effetti, ma è anche vero che la propagazione della gravitazione, così come di qualsiasi altro fenomeno non avviene istanta-

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neamente e le equazioni che descrivono la propagazione del fenomeno assomigliano a quelle della propagazione ondosa (con una differenza non banale: il mezzo non serve e la propagazione può avvenire nel vuo-to).

1.4.2 IL VETTORE CAMPO GRAVITAZIONALE Per fornire una descrizione quantitativa della capacità delle masse di de-terminare proprietà di attrazione nello spazio che le circonda introdu-ciamo una nuova grandezza fisica g che chiameremo vettore campo gravita-zionale data dal rapporto tra la forza gravitazionale che si esercita su un corpo di prova e la massa gravitazionale del corpo stesso:

g = Fm (V.1.7)

Ma, in base alla legge di gravitazione, il rapporto Fm non dipende da m

perché se F è dovuta alla sovrapposizione di forze di origine gravitazio-nale, ciascuna delle componenti è proporzionale alla massa e pertanto, dividendo per la massa del corpo di prova avremo una grandezza che non dipende dal particolare corpo considerato. Spieghiamoci con un esempio: un corpo disposto sulla superficie lunare risentirà prevalentemente di 3 attrazioni gravitazionali, quella della Luna, della Terra e del Sole. Queste 3 forze determineranno una risultante che dipende anche dalla massa del corpo di prova, ma il campo corrispon-dente dipenderà esclusivamente da dove siamo e da quali corpi ci cir-condano. • Dunque il primo aspetto del concetto di campo è quello di essere un

descrittore degli effetti gravitazionali indipendente dalla massa del corpo sul quale tali effetti agiscono. Trattandosi di una forza diviso una massa il campo ha le dimensioni di una accelerazione e, in effetti, quando il corpo generatore è uno solo, corrisponde a quella che chiamiamo accelerazione di gravità. Nel caso degli effetti gravitazionali dovuti all’azione di un solo corpo di massa M a distanza R si ha:

g = GMr2

La intensità del campo gravitazionale è determinata dalla massa del corpo che lo genera (sorgente del campo) e dalla distanza tra questo cor-po e il punto considerato; non dipende invece dalla massa del corpo di prova. Dal punto di vista fisico la intensità viene a coincidere con l'accelera-zione del corpo di prova e poiché l'intensità non dipende dalla massa del corpo di prova ne consegue che, in un campo gravitazionale, tutti i corpi si muovono con la stessa accelerazione indipendentemente dalla loro massa.

• Ma il campo non è solo un artificio matematico per descrivere gli ef-fetti gravitazionali; come abbiamo osservato nel paragrafo precedente esso esprime un contenuto più sottile; per la fisica di oggi si tratta di un elemento della realtà. Qualunque interazione si propaga a velocità finita e se in questo istante si dovesse verificare in un punto dello spazio distante da noi 2 anni luce un fenomeno di creazione di mate-

Il vettore campo gravitazionale corrisponde allaaccelerazione di gravità

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ria, noi ne verremmo informati dalla percezione di un campo tra due anni. Tutto ciò assomiglia ad un tentativo di spaccare un capello in quattro, ma non è così. La fisica ha la pretesa di descrivere l’universo e il suo ruolo non viene meno perché certe fenomeni non apparten-gono alla nostra percezione comune; anzi.

1.4.3 IL CAMPO COULOMBIANO Come per il campo gravitazionale introdurremo ora il concetto di cam-po elettrico, una grandezza che serve a descrivere il modo in cui un si-stema di cariche elettriche influenza lo spazio circostante rendendolo sede di una sorta di deformazione che si esplicita come forza elettrica quando in un punto viene collocata una carica in grado di interagire con le cariche originarie. Dal punto di vista terminologico useremo la dizio-ne di cariche generatrici del campo e carica esploratrice del campo. Le cariche generatrici saranno gli agenti del processo mentre la carica esplo-ratrice sarà la nostra sonda in grado di indagare le azioni prodotte dalle cariche generatrici. Naturalmente la distinzione tra carica generatrice e carica di prova o ca-rica esploratrice è del tutto fittizia perché, dato il carattere reciproco del-la interazione, i due ruoli possono essere scambiati. La ragione per la quale i campi vengono molto più studiati in elettricità che non in riferimento ai fenomeni gravitazionali sta nel fatto che men-tre nel caso della interazione gravitazionale solitamente si ha un solo centro di forza principale, nel caso della elettricità è del tutto normale trattare con sistemi di numerose cariche distribuite nello spazio nessuna delle quali gioca un ruolo di prima donna. Nel ragionare in termini di campo ci rappresenteremo l'interazione elet-trica secondo il seguente schema

la carica genera un campo influenza carica

con ogni carica che produce un campo in grado di influenzare le altre cariche. Il campo elettrico nella concezione moderna è una forma di esistenza della materia. Esso esiste indipendentemente dalla nostra conoscenza di esso e può es-sere rivelato dagli effetti che determina sui diversi oggetti fisici, per e-sempio sugli strumenti di misura. Consideriamo dunque un insieme di n cariche, non importa di quale se-gno, collocate nello spazio e indaghiamo come queste cariche, supposte in equilibrio (e quindi mantenute da qualche causa esterna nelle rispetti-ve posizioni) influenzino una generica carica elementare δq collocata in un punto dato P dello spazio. Supponiamo che la carica δq sia piccola in modo di trascurare la pertur-bazione che essa genera sulle diverse cariche generatrici. Ciascuna carica generatrice determinerà su δq una forza diretta lungo la congiungente, attrattiva o repulsiva a seconda che i segni siano discordi o concordi, e di intensità inversamente proporzionale al quadrato della distanza. In figura abbiamo indicato in rosso le cariche positive e in ver-de quelle negative. Nel punto P riscontreremo la presenza di una forza F risultante delle di-verse forze Fi dovute alle diverse cariche generatrici.

cariche generatrici e carica esploratrice: ilcampo viene visto come la modalità con cui lecariche generatrici rendono lo spazio sede diforze elettriche

q1 q2

q3

q4

q7

q5

q6

δq

F7

F5

F1 F6

P

F3

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F = ∑ Fi La grandezza fisica caratteristica del campo elettrico è una quantità vet-toriale chiamata vettore campo elettrico, E definita come:

E = Fδq (V.1.8)

Si osservi che poiché l'interazione elettrica (in base alla legge di Cou-lomb) è sempre proporzionale alla carica su cui agisce, il rapporto F/δq è indipendente dalla particolare carica δq considerata. Si osservi ancora che anche il verso di E non dipende dal segno di δq perché se δq cambia segno anche la forza si inverte e il loro rapporto non cambia. Poiché il verso del campo elettrico coincide con quello della forza quan-do la carica esploratrice è positiva e poiché il campo è indipendente dal-le caratteristiche della carica esploratrice, solitamente si assume come positiva tale carica. Anche noi ci adegueremo a questa consuetudine e dunque, a meno che sia dichiarato diversamente in modo esplicito, sup-porremo d’ora in poi che le cariche di prova siano positive.

1.4.4 LA RAPPRESENTAZIONE DEL CAMPO ELETTRICO Un metodo efficace di rappresentare il campo elettrico è quello propo-sto da Michael Faraday (1791-1867) basato sulle linee di forza. Nella concezione di Faraday le linee di forza non sono una finzione ma-tematica ma rappresentano una sorta di realtà fisica. Le interazioni tra cariche si trasmettono come deformazioni dello spazio fisico ed è attra-verso questo paradigma che Faraday analizzerà, seguito poi da Maxwell che ne opererà la matematizzazione, i diversi fenomeni elettromagnetici. Una linea di forza11 è una linea (retta o curva) la cui tangente in ogni pun-to coincide con la direzione del campo elettrico in quel punto. Alla linea di forza si assegna un verso di percorrenza identificandolo con quello del campo elettrico. Se la carica generatrice è positiva la forza che agisce su una carica positi-va è repulsiva e dunque il campo ha la stessa direzione e verso del raggio vettore, mentre se la carica è negativa ha verso opposto. Pertanto le li-nee di forza si originano in corrispondenza delle cariche positive e ter-minano sulle cariche negative. Si suppone inoltre di disegnare le linee di forza più o meno addensate a seconda della intensità del campo elettrico. Se si conviene di disegnare le linee di forza in maniera che inizino o terminino su una carica o all’infinito si osserverà subito che la densità di linee di forza su una superficie ortogonale alla linea di forza decresce come l’inverso del quadrato della distanza dalla carica che le genera e questo è proprio ciò che accade anche al campo (per effetto della legge di Coulomb). In Figura si è rappresentato un fenomeno individuato da linee (raggi) che si dipartono da una sorgente. Tali linee vanno verso l’infinito. Come

11 Sarebbe meglio parlare di linea di campo perché nel caso del campo magnetico la dire-zione del campo non coincide con la direzione della forza.

Michael Faraday (1791-1867)

il vettore campo elettrico

E F

E

F

La linea di forza dà il verso e la direzione del campo; laforza è parallela o antiparallela a seconda del segnodella carica; la densità di linee descrive la intensità delcampo.

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si osserva, raddoppiando la distanza le stesse linee cadono su una super-ficie 4 volte più grande e pertanto la densità di linee diventa un quarto proprio come accade al campo elettrico. Quanto descritto consente di osservare che qualsiasi fenomeno che varia con la legge dell’inverso del quadrato della distanza è descrivibile tramite la densità delle linee e che qualunque fenomeno che irradia nello spazio conservandosi deve decrescere in in-tensità con l’inverso del quadrato della distanza (è quanto accade per esempio alla intensità di una sorgente luminosa e questo comportamento viene utilizzato in astronomia per stimare la distanza delle stelle una volta che si sia potuta stimare, con qualche altro metodo, la loro luminosità intrin-seca, cioè l'energia emessa nell'unità di tempo). Le linee di forza non devono essere accreditate di alcun significato di-verso dall’essere una pura e semplice rappresentazione del campo. Non si deve pensare che il campo sia fatto di linee di forza come una spazzo-la è fatta di setole. Basta pensare che teoricamente potremmo disegnare una linea di forza per ogni punto e dunque ne dovrebbero esistere infi-nite. Oggi si utilizzano le linee di forza solo come uno strumento di descri-zione e visualizzazione del campo, ma storicamente le cose sono andate diversamente e le linee di forza, come si è già sottolineato, venivano vi-ste come reali deformazioni dello spazio fisico tanto da far sì che le gran-dezze della analisi vettoriale usate per descriverlo siano state mutuate con cettualmente e terminologicamente dalla meccanica dei fluidi (linee di corrente, rotori, divergenze, flussi, …). Dietro la descrizione del campo attraverso le linee di forza sta la necessi-tà, presente in tutta la fisica classica, di pensare ad ogni dominio della fisica come ad un pezzo della realtà posto l’uno dentro l’altro come in una serie di scatole cinesi. Lo spazio sarebbe una sorta di contenitore in cui operano i diversi livelli del reale: la materia (di cui si occupa la gravi-tazione), il calorico (di cui si occupa la termodinamica), il fluido elettrico e quello magnetico (che si esplica nell’etere elettromagnetico), la luce che si esplica nell’etere luminifero, eccetera. Quando si sollecita un corpo solido elastico nascono al suo interno del-le linee di tensione che ci danno un’idea degli sforzi interni (provare a snervare un pezzo di plastica per rendersene conto) e, all’inizio, l’effetto dei campi viene visto come deformazione di un ipotetico spazio (l’etere elettromagnetico) nel quale le interazioni si trasmettono per contiguità at-traverso la deformazione del mezzo stesso (come si trasmette la defor-mazione della superficie dell'acqua prodotta da un sasso). Questo spazio, alla luce delle teorie di Maxwell della seconda metà dell’800, dovrebbe avere le proprietà di un solido elastico molto rigido e contemporaneamente essere del tutto penetrabile dai corpi materiali. La discussione sulla natura e le caratteristiche dell'etere ha avuto termine solo con l'affermarsi della teoria della relatività ristretta che eliminando l'idea di sistema di riferimento privilegiato per il campo elettromagnetico elimina anche il substrato che ne doveva discendere. Anche se oggi, al-cuni elementi di meccanicismo insiti nelle teorie ottocentesche ci fanno sorridere si tenga presente che la teoria della relatività avanzata nel 1905 è stata accettata dalla comunità scientifica solo gradualmente e in un tempo dell'ordine dei 15 anni.

l'intensità dei fenomeni che vanno come 1/r2 puòessere descritta dalla densità delle linee di campo

l 2l σ 4σ

campo radiale della carica puntiforme

campo di dipolo e campo di due cariche identiche

campo di dipolo visto da lontano con le lineee diforza che si diradano e si chiudono all'infinito

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In questa pagina e nella precedente sono state rappresentate esemplifi-cativa le caratteristiche delle linee di forza di alcune distribuzioni di cari-ca tipiche. La carica puntiforme presenta linee di forza di tipo radiale che vanno verso l’infinito. Il dipolo ha un campo elettrico più intenso in vicinanza delle due cari-che e nella zona compresa tra esse. Le linee di forza tendono a chiudersi sempre più lontano verso l’infinito come si nota nella seconda delle due rappresentazioni del campo di dipolo. Due cariche identiche ma dello stesso segno sono caratterizzate da una sorta di repulsione delle linee di forza. Seguono poi due distribuzioni con 4 cariche: la prima presenta cariche simmetriche e la simmetria si ripercuote nell’andamento delle linee di forza. Nella seconda non c'è simmetria ma si può osservare bene la pre-senza di zone in cui si ha una influenza multipla e di zone in cui a causa della distanza prevale l'effetto della singola carica. Concludiamo mettendo in guardia contro un errore molto diffuso: quel-lo di pensare che la linea di forza rappresenti anche la traiettoria delle cariche immerse nel campo. Non è così perché in generale il vettore velocità, che ha la direzione del-la traiettoria, non ha la stessa direzione della accelerazione (e dunque della forza). Ciò accade solo quando la linea di forza è rettilinea e il vet-tore velocità iniziale ha la stessa direzione della forza. Per esemplificare viene rappresentata qui a fianco la traiettoria di una particella carica positivamente che partendo dal valore di velocità indica-to si muove nel campo elettrico rappresentato dalle linee di forza che sono state disegnate dovute all'azione di due cariche positive l'una dop-pia dell'altra e di una negativa con valore uguale alla seconda. Si può os-servare che la linea di forza ha la capacità di piegare la traiettoria ma si osserva anche che dopo aver compiuto un orbita intorno alla particella negativa la nostra particella riesce a sfuggire all'attrazione e se ne va ver-so l'infinito.

attenzione a non confondere la linea di forza con latraiettoria di una particella in moto

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1.5 Come si calcola il campo elettrico 1.5.1 LA CARICA PUNTIFORME La carica puntiforme determina un campo di tipo radiale, uscente per quelle positive ed entrante per quelle negative. La sua intensità deriva immediatamente dalla legge di Coulomb e vale:

E = 1

4πε0 Q r2 (V.1.9)

1.5.2 UN SISTEMA DI CARICHE: PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE Poiché il campo è, in base alla definizione, una grandezza vettoriale, si può sempre calcolare il campo di un sistema eseguendo la somma vetto-riale dei campi di ogni singola carica. Questa proprietà prende il nome di principio di sovrapposizione ed è partico-larmente utile perché consente di ricondurre tutte le proprietà del cam-po elettrico generato da un sistema complesso di cariche alle proprietà del campo di ogni singola carica puntiforme. Tale calcolo può essere piuttosto complesso e ci limitiamo a fornire un esempio che serve a richiamare le tecniche d’uso del calcolo vettoriale. Come si vede il processo di calcolo consiste nel determinare direzione e modulo dei vettori coinvolti e ciò richiede sia l’uso della legge di Cou-lomb sia l’uso della goniometria per risalire agli angoli necessari al calco-lo delle componenti. Determinazione del campo elettrico con uso del calcolo vettoriale Determinare il campo nel baricentro di un triangolo isoscele di base b = 2m e angoli alla base α = 70° sapendo che nei vertici sono collocate 3 cariche uguali di carica q = 2.00×10–7 C con q1 e q2 positive e q3 negativa.

Ricordiamo che il baricentro G divide la mediana in parti una doppia dell’altra e dopo aver individuato G disegniamo sulla figura i 3 campi E1, E2, E3 la cui somma vettoriale ci fornirà il campo E richiesto. Fissiamo un sistema di riferimento xGy le componenti del campo elet-trico si troveranno sommando le diverse componenti elementari. I moduli dei diversi campi richiedono la determinazione delle distanze G1, G2, G3.

tg α = h

b/2 ⇒ h = b2 tg α = 2.747 m

GH = 13 h = 0.916 m r1 = G1 =

23 h = 1.832 m

r2 = r3 = G2 = GH 2 + 2H 2 =1.356 m

In tutti i calcoli relativi al campo si tratta di valutare la quantità k q /r2 in cui k q ha sempre lo stesso valore 8.99×109×2.00×10–7 = 1.80 × 102 N m2 /C

E2 = E3 = k q r22 =

1.80 × 102

1.3562 = 0.979 N/C

E

x y

linee di forza per una carica puntiforme

q1

q2 q3

G

E1

E2

E3

H

x

β

y

α

Corso di fisica generale a cura di Claudio Cereda – rel. 4.3 settembre 2004

Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 22

E1 = k q r12 =

1.80 × 102

1.8322 = 0.536 N/C

Il vettore E1 ha componenti E1x = 0 e E1y = – E1 Il vettore E2 + E3 ha componenti E23x = 2E2 cosβ e E23y = 0

Dobbiamo dunque calcolare cosβ = b/2r2

= 0.737

Ex = E1x + E2x + E3x = 2E2 cosβ = 1.444 N/C Ey = E1y + E2y + E3y = –E1 = – 0.536 N/C

E = Ex2 + Ey2 = 1.540 N/C

tg γ = EyEx

= – 0.371 ⇒ γ = – 20.4°

☺ Determinazione di una condizione di equilibrio come effetto dell'annullamento del campo Due cariche q1 = +Q e q2 = –3Q sono collocate lungo una retta orientata a distanza l. Dopo aver scelto opportunamente l'origine del sistema stabilire se esistono dei punti lungo l'asse per i quali il campo si annulla

Collochiamo l'origine in corrispondenza di una delle due cariche come in figura e analizziamo cosa accade a sinistra di q1 nella zona compresa tra le due cariche e oltre q2. Nel primo caso si ha x < 0 e

E1 = k Qx2 E2 = k

3Q(l – x) 2

I due vettori campo sono antiparalleli e si ha equilibrio se E1 = E2 e cioè:

k Qx2 = k

3Q(l – x)2 ⇔

(l –x)2

x2 = 3

Se indichiamo con α = xl < 0 avremo che (

1α – 1)2 = 3 o anche

1α – 1

= – 3 . Dunque deve essere 1α = 1 – 3 e cioè α =

11 – 3 ≈ – 1.37

Nel secondo caso i due vettori risultano paralleli e pertanto nei punti in-terni il campo non si può annullare. Oltre q2 i vettori sono nuovamente antiparalleli ma non si può mai avere equilibrio perché E2 > E1 per ogni x infatti la carica è maggiore e la di-stanza minore. ☺ Determinazione delle caratteristiche delle cariche generatrici a partire dallo spettro delle linee di forza Nella immagine qui a lato sono rappresentate le linee di forza di due cariche scono-sciute. Determinarne il segno e la intensità relativa.

q1 q2 l

O

x

q1 q2

O

x E1 E2

P

q1 q2

O

x

E1 E2 P

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Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 23

Le linee di forza si dirigono dalla carica di sinistra verso quella di destra pertanto quella di sinistra è positiva mentre l'altra è negativa. Dalla carica di sinistra partono 32 linee di forza e di esse solo 8 arrivano sulla seconda carica (le altre vanno all'infinito o si chiudono su altre ca-riche non rappresentate). Pertanto la prima carica ha una intensità 4 vol-te più elevata della seconda. ☺

1.5.3 IL CAMPO DI DIPOLO Il campo elettrico generato da un dipolo risulta essere direttamente proporzionale al momento di dipolo e inversamente proporzionale al cubo della distanza. La direzione modifica solo le costanti moltiplicative. Anche questo risultato va tenuto presente perché verrà utilizzato per spiegare la interazione tra le molecole (dipoli) e le nubi elettroniche di altre molecole. Si consiglia di eseguire per esercizio il calcolo lungo la direzione del di-polo e lungo l’asse del dipolo distanza r >> l. Si troverà rispettivamente:

E|| = 2pe

4πε0r3 E⊥ = pe

4πε0r3

Inoltre è bene memorizzare l’andamento delle linee di forza già presen-tato nel paragrafo precedente e che presenta peculiarità da memorizzare sia in vicinanza sia in lontananza dalle cariche. Il campo di dipolo va tenuto presente nelle applicazioni alle interazioni molecolari perché, pur essendo meno intenso di quello ionico, sarà co-munque in grado di determinare sia la nascita di nuovi dipoli sia la inte-razione con altri dipoli già esistenti.

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Quinta parte: L'elettromagnetismo - Cap. 01: Le forze elettriche pag. 24

elettrizzazione per strofinio conduttori e isolanti due tipi di elettricità

dipolo e molecole

Fenomeni elettrici elementari

la legge di Coulomb

conservazione della carica elettrone e Coulomb

costante dielettrica

vettore campo elettrico

dalla forza al campo linee di forza e rappresentazione il calcolo del campo