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V. DONNE E POLITICA (a cura di T. Noce, V. Messerini) 1. Parole e immagini di donne nello spazio pubblico (1946-1981) (T. Noce) La militanza femminile nel dopoguerra: donne nei partiti e nelle associazioni L'ingresso delle italiane in politica è sancito dal Decreto legislativo luogotenenziale del febbraio 1945, che estende alle donne i diritti politici. Non tutte le donne possono votare, sono escluse dal voto le prostitute che lavorano fuori dai bordelli. Tale discriminazione viene abrogata nel 1947. (Fig. 139, 140 Fatima Previtera Bozzoni, pisana, e Primetta Cipolli Marrucci, livornese, candidate alla Costituente per il PCI nel collegio Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara) L'appello al voto lanciato dai partiti alle donne ricalca la concezione di femminilità del tempo: viene chiamato in causa il ruolo materno, il "dovere" di scegliere per il bene di un altro, non il "diritto" di esercitare la cittadinanza. (Fig. 141) Per osservare la militanza femminile bisogna tener presente che la politica come attività che riguarda il potere si ritrova anche in organizzazioni che operano all’interno di uno Stato, a livello infrastatuale, a cominciare dai partiti e dai sindacati e a finire con movimenti sociali del tipo più vario. Anziché continuare a descrivere la vita politica come uno spazio d’assenza femminile e a insistere su narrazioni che minimizzano sistematicamente i momenti di intervento delle donne, bisogna valutare invece con metro politico gli eventi nei quali le donne partecipano alla storia. (Michelle Perrot, storica) Con il diritto di voto le donne diventano a pieno titolo soggetti politici. I partiti che aspirano al governo e all’egemonia nella società non possono più fare a meno del loro consenso. Il voto alle donne crea però non pochi problemi alla classe dirigente che si afferma nel dopoguerra. Sia nel mondo cattolico sia nello schieramento di sinistra sono ancora forti le resistenze alla partecipazione delle donne alla politica, un’ostilità diffusa verso il suffragio femminile è presente anche nella parte più conservatrice della società. Questi veti incrociati mirano a lasciare inalterata anche nel nuovo contesto la concezione corrente di femminilità. Il PCI, ad esempio, per dare un'immagine rassicurante della donna comunista non manca di promuovere concorsi di bellezza (Fig. 142 Concorso “Miss Vie Nuove”, 1950). Alle donne sono destinati all’interno di ciascun partito spazi separati; nel PCI, nel PSI e nei partiti minori si forma una Sezione femminile, nella DC il Movimento femminile. Così avviene anche nelle organizzazioni sindacali. La militanza nei partiti politici non esaurisce però lo spazio dell’attivismo femminile. Nel dopoguerra risorgono associazioni legate al movimento femminista emancipazionista di inizio secolo, come il Consiglio Nazionale Donne Italiane e l’Alleanza Femminile. Nascono anche nuove associazioni come l’Associazione Nazionale Donne Elettrici. Ma le associazioni più importanti sono invece il Centro Italiano Femminile (CIF) e l’Unione Donne Italiane (UDI), espressione del mondo cattolico e di quello della sinistra, sorte nell'autunno del 1944 per la formazione e la mobilitazione politica delle italiane. (Fig. 143 Pio XII e le donne del CIF; Fig.144 Gina Bertini Casarosa, qui con Mons. Camozzo, Presidente provinciale del CIF dal 1958. Prima di lei hanno ricoperto tale carica Lina Caraci e Teresa Toniolo. La Casarosa è eletta consigliera provinciale per la DC nel 1975) Le donne partecipano attivamente al clima di ricostruzione del paese. Molte di loro avevano già scelto di essere parte attiva della società durante l’occupazione tedesca e la Resistenza. (Figg. 145, 146 Giuseppina Pillitteri Guelfi, conosciuta col nome di partigiana, Unica, è tra le fondatrici dell'UDI pisana e candidata per il PCI alle prime elezioni amministrative; Giuseppina Pillitteri e Genny Bargagna)

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V. DONNE E POLITICA (a cura di T. Noce, V. Messerini)

1. Parole e immagini di donne nello spazio pubblico (1946-1981)

(T. Noce)

La militanza femminile nel dopoguerra: donne nei partiti e nelle associazioni

L'ingresso delle italiane in politica è sancito dal Decreto legislativo luogotenenziale del febbraio 1945, che estende alle donne i diritti politici. Non tutte le donne possono votare, sono escluse dal voto le prostitute che lavorano fuori dai bordelli. Tale discriminazione viene abrogata nel 1947. (Fig. 139, 140 Fatima Previtera Bozzoni, pisana, e Primetta Cipolli Marrucci, livornese, candidate alla Costituente per il PCI nel collegio Pisa-Livorno-Lucca-Massa Carrara)

L'appello al voto lanciato dai partiti alle donne ricalca la concezione di femminilità del tempo: viene chiamato in causa il ruolo materno, il "dovere" di scegliere per il bene di un altro, non il "diritto" di esercitare la cittadinanza. (Fig. 141)

Per osservare la militanza femminile bisogna tener presente che la politica come attività che riguarda il potere si ritrova anche in organizzazioni che operano all’interno di uno Stato, a livello infrastatuale, a cominciare dai partiti e dai sindacati e a finire con movimenti sociali del tipo più vario.

Anziché continuare a descrivere la vita politica come uno spazio d’assenza femminile e a insistere su narrazioni che minimizzano sistematicamente i momenti di intervento delle donne, bisogna valutare invece con metro politico gli eventi nei quali le donne partecipano alla storia. (Michelle Perrot, storica)

Con il diritto di voto le donne diventano a pieno titolo soggetti politici. I partiti che aspirano al governo e all’egemonia nella società non possono più fare a meno del loro consenso. Il voto alle donne crea però non pochi problemi alla classe dirigente che si afferma nel dopoguerra. Sia nel mondo cattolico sia nello schieramento di sinistra sono ancora forti le resistenze alla partecipazione delle donne alla politica, un’ostilità diffusa verso il suffragio femminile è presente anche nella parte più conservatrice della società. Questi veti incrociati mirano a lasciare inalterata anche nel nuovo contesto la concezione corrente di femminilità. Il PCI, ad esempio, per dare un'immagine rassicurante della donna comunista non manca di promuovere concorsi di bellezza (Fig. 142 Concorso “Miss Vie Nuove”, 1950).

Alle donne sono destinati all’interno di ciascun partito spazi separati; nel PCI, nel PSI e nei partiti minori si forma una Sezione femminile, nella DC il Movimento femminile. Così avviene anche nelle organizzazioni sindacali. La militanza nei partiti politici non esaurisce però lo spazio dell’attivismo femminile. Nel dopoguerra risorgono associazioni legate al movimento femminista emancipazionista di inizio secolo, come il Consiglio Nazionale Donne Italiane e l’Alleanza Femminile. Nascono anche nuove associazioni come l’Associazione Nazionale Donne Elettrici. Ma le associazioni più importanti sono invece il Centro Italiano Femminile (CIF) e l’Unione Donne Italiane (UDI), espressione del mondo cattolico e di quello della sinistra, sorte nell'autunno del 1944 per la formazione e la mobilitazione politica delle italiane. (Fig. 143 Pio XII e le donne del CIF; Fig.144 Gina Bertini Casarosa, qui con Mons. Camozzo, Presidente provinciale del CIF dal 1958. Prima di lei hanno ricoperto tale carica Lina Caraci e Teresa Toniolo. La Casarosa è eletta consigliera provinciale per la DC nel 1975)

Le donne partecipano attivamente al clima di ricostruzione del paese. Molte di loro avevano già scelto di essere parte attiva della società durante l’occupazione tedesca e la Resistenza. (Figg. 145, 146 Giuseppina Pillitteri Guelfi, conosciuta col nome di partigiana, Unica, è tra le fondatrici dell'UDI pisana e candidata per il PCI alle prime elezioni amministrative; Giuseppina Pillitteri e Genny Bargagna)

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Iscritte all’UDI in Toscana nel 1946

Provincia Circoli Iscritte Donne residenti Arezzo

89

6.546

154.132

Massa 31 2.027 99.849 Pisa 64 3.765 168.501 Grosseto 18 2.110 86.045 Siena 40 5.776 130.354 Firenze 260 60.000 426.611 Livorno 42 3.829 121.005 Lucca 16 1.968 182.218 Pistoia 14 1.600 106.893 Totale 574 87.621 1.475.608

Dopo la Liberazione le militanti occupano gli spazi lasciati loro dagli uomini e quei settori

dove più trova riscontro la secolare esperienza femminile. Si tratta dei campi d'azione politica più legati alle relazioni interpersonali: l' istruzione, il lavoro di cura, le politiche sociali. Le priorità dell'azione politica sono però legate anche ai bisogni di un paese sconvolto dalla guerra: casa, cibo, lavoro.

Nel dopoguerra le politiche sociali costituiscono uno dei terreni di scontro tra mondo cattolico e mondo della sinistra. Sull'educazione dei bambini e sulla distribuzione delle risorse si gioca una delle partite per il radicamento dei partiti nella società e le militanti ne sono consapevoli:

“Riacquistata la libertà nasceva prepotente in tutti il desiderio di una vita nuova, il bisogno

di ricostruire non solo strade e case, ma un modo nuovo di vivere basato sulla democrazia, sul confronto, sulla partecipazione. Le donne pisane di ispirazione cristiana compresero che eravamo di fronte ad un forte mutamento sociale e culturale e che occorreva aiutare tutte le donne a cogliere l’importanza di quanto stava avvenendo ed a vivere questo cambiamento da protagoniste. Il 21 marzo 1945 si costituiva a Pisa il Centro Italiano Femminile (C.I.F.)”.

Liliana Bonaccorsi, Donne del C.I.F., in 1945-1985 Centro Italiano Femminile di Pisa. 40 anni al servizio della società, Pisa, s.d.

Le donne intendono il lavoro svolto nei partiti e nelle associazioni come compiutamente

politico. Che si occupino di scuola o di colonie, che entrino a far parte dei comitati civici o tengano comizi, sono convinte di dare il proprio contributo alla costruzione di una società fondata sui valori in cui credono.

La guerra aveva lasciato Pisa in condizioni miserevoli, il primo impegno delle donne è quello di ricostruire il tessuto sociale della città andando incontro alle necessità materiali della popolazione.

Gli asili, le scuole e le colonie del CIF svolgono un'attività pluridecennale. Molto curati sono gli aspetti organizzativi e pedagogici, la professionalità del personale. (Fig. 147 Attività quotidiane alla colonie del CIF, anni ’50. Figg. 148-149 Le colonie del CIF a Calambrone, Fig. 150 Servizio sociale del CIF, 1950)

Negli anni Cinquanta le militanti dell'UDI e del CIF esprimono il loro impegno politico anche nelle colonie e negli asili:

“La scuola, come l’avremmo voluta e come i tempi esigevano che fosse, doveva essere scelta politica consapevole ed attiva [...] Si era di fronte ad un grosso impegno, con mezzi impari, la cui delicata posta in gioco (l’educazione) andava di pari passo con le aspirazioni diffuse nel Paese per la riforma delle sue strutture. Per noi, le istituzioni educative, dovevano essere trasformate

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radicalmente esigenza già da tempo presente tra le istanze dei movimenti popolari, istanze soffocate poi da un ventennio di dittatura e risorte in modo organico con la Liberazione attraverso i programmi dei partiti della classe operaia. [...] Gli Asili furono sorretti dalle organizzazioni operaie che si mobilitarono intorno ad essi: ci vennero aiuti da tutte le parti, in doni (ci fu offerto tra l’altro un pianoforte dalla famiglia Marchionneschi di Montescudaio) mezzi finanziari, viveri; l’epica lotta dei contadini mezzadri vide dirottare le regalie dovute fino allora ai padroni (polli, conigli, uova) agli Asili infantili di Carità di Pisa. Significative le raccolte di danaro fatte insieme da sezioni comuniste e repubblicane, tra le donne, i lavoratori: si ebbero soci anche a Santa Croce sull’Arno. [...] I controlli tutori impedirono che si realizzasse una maggiore apertura nella impostazione programmatica, comunque lo sforzo per imprimere alla Fondazione un carattere autenticamente democratico, crediamo non possa essere messo in dubbio. Gli asili Calandrini e Frassi sorsero come istituzione rivolta al popolo e noi abbiamo fatto del nostro meglio perché quel carattere conservassero”. Fatima Previtera Bozzoni, La rinascita (1945-1948), in AA.VV., La scuola per l’infanzia ieri e oggi, Pisa, 1976.

Le colonie e gli asili dell'UDI e del CIF hanno stili diversi, ma un fine comune: educare le

nuove generazioni ai propri ideali di riferimento. E' un fine che ha riconoscimento politico se l'UDI trova sostegno nel PCI, e se i governi a maggioranza democristiana assicurano alle colonie del CIF la presenza di funzionari dello Stato in occasioni impotanti quali le cresime e la distribuzione dei pacchi per la Befana, nonché cospicui finanziamenti. (Fig. 151 Vera Tarchi, ritratta in un momento della sua lunga carriera di direttrice di colonia. Fig. 152 Befana 1950 e Cresime alla Regina Mundi alla presenza di funzionari della Prefettura) Contributo statale agli Enti gestori delle colonie estive per l'anno 1951

ASCI Volterra 90.000 Ass. Naz. Combattenti e reduci di Pisa 630.000 Asili Infantili di Carità di Pisa 750.000 Istituto Don Bosco di Pisa 240.000 ACLI di Pisa 1.080.000 Ospizio Pro-Infanzia di Tirrenia 150.000 Comune di Pisa 645.000 ACI Castelmaggiore di Calci 210.000 ACLI Pontasserchio 105.000 Istituto Arcivescovile S. Caterina 900.000 Opera Cardinale Maffi di Calci 63.000 ASCI di Pisa 210.000 Sez. Diocesana PCA di S. Miniato 1.980.000 Sez. Diocesana PCA di Pisa 1.878.000 Sez. Diocesana PCA Istituto S. Bartolomeo di Putignano 210.000 Comitato Provinciale CIF di Pisa 8.700.000 Asili "Licia Rosati" Pisa 105.000 Terzo Ordine Francescano S. Giusto 210.000 Collegio Serafico dei Frati Minori di San Miniato 180.000 Seminario Vescovile di S. Miniato 180.000 Villaggio del Fanciullo di Pisa 1.080.000 A disposizione 989.000 Totale 21.641.000 Va sottolineato inoltre che le militanti che si occupano di educazione, assistenza e formazione

professionale hanno alle spalle corsi di studio e di formazione politica frequentati nelle associazioni o nelle scuole di partito. Sia da parte cattolica che comunista infatti si pone molta attenzione

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all'educazione politica delle donne. L'Azione Cattolica e le scuole di partito del PCI hanno fornito al Paese la maggior parte delle militanti della prima generazione repubblicana. (Fig. 153 Festa alla Scuola di Partito del PCI a Faggeto Lario, 1951)

L'attività politica delle donne nei primi decenni della Repubblica risente del clima di forte contrapposizione ideologica fra DC e PCI, in un quadro internazionale caratterizzato dalla guerra fredda. L’ adesione dell’Italia al Patto Atlantico, la bomba atomica, gli scontri per il lavoro nelle campagne e nelle fabbriche sono solo alcuni dei problemi della scottante agenda politica del tempo. (Fig. 154 Conferenza dell'UDI per promuovere la campagna contro la bomba atomica) Le lotte per l'uguaglianza e il femminismo

Accanto alle grandi battaglie politiche nazionali le militanti, pur rimanendo fedeli ai propri schieramenti ideologici, danno vita ad iniziative per superare le pesanti discriminazioni a carico delle donne che permeano la società italiana. Al riconoscimento dei diritti politici infatti non corrisponde nel dopoguerra quello di tutti i diritti civili.

Le donne non possono far parte delle giurie popolari; non possono accedere alla magistratura; percepiscono a parità di lavoro un salario inferiore a quello degli uomini; possono essere licenziate per causa di matrimonio; esse, infine, in base alle norme del codice civile del 1942 sono subordinate al marito nella famiglia.

La generazione di militanti uscita dalla guerra si impegna con campagne di sensibilizzazione, pressione sui governi, scioperi e lotte a colmare le distanze fra i sessi sul piano della parità giuridica. Le associazioni femminili portano avanti anche una riflessione generale sulla condizione femminile ed elaborarono strumenti per porvi rimedio. (Fig. 155 Giornata di studio del CIF 1952; Fig. 156 Dal 1954 il CIF nazionale promuove la Giornata della donna cristiana per "portare a conoscenza della pubblica opinione femminile il pensiero cristiano nei riguardi del problema della donna" (Amalia di Valmarana, allora Presidente nazionale del CIF). Qui momenti dell'incontro pisano del 1957; Fig. 157 Pisa 1957: Giornata della donna cristiana; Fig. 158 Convegno Nazionale del CIF 1964 e logo relativo; Fig. 159 L'8 marzo, un appuntamento annuale dell'UDI per portare in primo piano le istanze di emancipazione delle donne; Fig. 160 Pisa, anni Cinquanta, manifestazione organizzata dall'UDI per la pensione alle casalinghe).

Dal 1956 le donne sono ammesse nelle giurie popolari, sebbene all’inizio solo nelle Corti di Assise e nei Tribunali per minorenni in proporzione del 50% con i giurati uomini. Il 16 luglio 1960 viene firmato l’accordo interconfederale fra CGIL CISL e UIL, Confindustria e Intersind sulla parità di retribuzione, anche se solo a partire dal 1970 la giurisprudenza, con alcune sentenze importanti, riconosce tale principio. Nel 1963 si dà il varo alla legge che permette alle donne di accedere a tutte le carriere; nello stesso anno un'altra legge vieta di licenziare le donne per causa di matrimonio.

Bisognerà aspettare invece 30 anni (il nuovo diritto di famiglia verrà approvato nel 1975) perché le donne non siano più, almeno sul piano giuridico, sottomesse al marito. (Fig. 161 Fumetti dell'UDI che evidenziano le difficoltà delle donne nella famiglia tradizionale).

Alla fine degli anni ‘60 si affaccia alla maturità e sulla scena pubblica una nuova generazione di donne. Sono soprattutto studentesse, che partecipano al movimento che scuote le scuole e le università europee e statunitensi, un movimento, quello del '68, che si caratterizza per una forte carica antistituzionale e per una critica radicale ai costumi e alla mentalità correnti. A queste donne non basta più l’eguaglianza giuridica con gli uomini, esse individuano nel corpo femminile il luogo dove il potere maschile crea la gerarchia fra i sessi. Le femministe chiedono il riconoscimento sociale della differenza sessuale. Il fulcro della riflessione del movimento femminista si situa ora nella sessualità, un nodo che fino a quel momento la generazione di militanti uscita dalla guerra aveva posto in secondo piano.

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Gli anni Settanta sono anni di straordinaria partecipazione politica. L’UDI pisana, ad esempio, che negli anni Sessanta aveva conosciuto un calo di iscritte, registra un aumento delle socie. (Fig. 162, 163 Corteo dell’UDI, Incontri pubblici promossi dalle donne dell'UDI)

“Dall’ultimo Congresso provinciale, tenuto in preparazione di quello nazionale del 1973, la

crescita della nostra associazione è stata notevole. Da circa 600 iscritte che eravamo siamo arrivate a 1250-1300 (non tutti i circoli hanno ancora comunicato il numero), da una decina di Circoli che avevamo abbiamo ora esteso le tesserate ad altre zone e siamo complessivamente presenti in 34 località”. (Documentazione Casa della Donna)

UDI Comitato provinciale di Pisa, documento firmato dalla Presidente Giulia Nocchi, 1974: “... A Pisa si è registrato un fatto abbastanza insolito: si sono viste venire 45 donne

spontaneamente a chiedere la tessera nel corso della campagna elettorale, ma non solo, infatti dalla ripresa dell’attività ad ora altre 8 donne sono venute a chiedere la tessera. Siamo arrivate, a Pisa a 93 nuove iscritte di cui 53 venute alla sede spontaneamente” (Documentazione Casa della Donna).

In quegli anni le militanti della prima generazione riscoprono anche la loro storia, si torna a

parlare della guerra di Liberazione per mettere in risalto l'opera delle donne che parteciparono alla Resistenza. (Fig. 164 Manifesto del Convegno tenutosi a Pisa nel 1978 su donne e Resistenza)

Il confronto con le femministe mette in crisi l’UDI che acquisisce i loro temi e, in parte, il loro linguaggio. (Fig. 165 In questo manifesto femminista sono descritti gli ostacoli che una donna deve superare prima di diventare un individuo con una propria identità). L'UDI pisana negli anni Settanta interviene pubblicamente sugli eventi drammatici che investono la città e sulla situazione internazionale; allo stesso tempo l'associazione dà vita a iniziative che riguardano tematiche più vicine al movimento femminista, come la sessualità. (Figg. 166, 167 L'UDI festeggia l'8 marzo 1977; Documento dell'UDI che invita le donne a una presa di coscienza della subordinazione femminile)

Come problemi centrali condividiamo quelli sottolineati nella riunione dell’Esecutivo

nazionale dell’UDI cioè diritto di famiglia, nuovo rapporto donna-sessualità-maternità, interventi sulla scuola, abolizione del cumulo dei redditi del marito e della moglie. In più, per noi, anche applicazione della legge sulla tutela del lavoro a domicilio (Documentazione Casa della Donna. 1974).

Ma le tematiche femministe influenzano anche le donne iscritte ai partiti, specie quelli di

sinistra, ne è un esempio la copertina del Documento finale delle socialiste presenti al 40° congresso del Psi. (Fig. 168)

Un momento centrale della temperie degli anni Settanta e in particolare del percorso delle donne in politica è il referendum sul divorzio che avvicina le donne dell'UDI, isolate dal PCI su questo tema, al movimento femminista. (Fig. 169, 170 Documenti della campagna per il referendum sul divorzio; Fig. 171 Congresso straordinario dell'UDI, si discute della riforma del Diritto di famiglia).

A Pisa pullulano gruppi e collettivi di donne. Con il motto "il privato è politico" le femministe affermano la necessità di dare valore politico all'intera esperienza esistenziale degli esseri umani; per le donne è un passo necessario per acquistare visibilità. Date canoniche della politica al femminile come l'8 marzo diventano occasioni per scendere in piazza e mostrare il proprio desiderio di cambiamento. Le femministe immaginano un mondo nuovo, dove i rapporti umani siano senza gerarchie e dove le donne possano scoprire insieme la propria femminilità, separandola da quella costruita dal potere maschile e appiccicata sulle donne tramite l'educazione.

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Per le femministe trovarsi tra donne, trascorrere insieme il tempo del lavoro e della vacanza diventa un momento indispensabile di crescita personale e collettiva (Figg. 172, 173 Otto marzo 1977. Fig. 174-176 Insieme in vacanza; Incontri fra donne: Pinarella di Cervia, in un albergo dell'UDI, e presso Agape).

Nonostante le giovani donne dei gruppi si contrappongano alla generazione di militanti che le ha precedute, emergono anche molte somiglianze. Ad esempio, forse inconsapevolmente, le donne di Lotta Continua si pongono nel solco delle donne del dopoguerra quando decidono di condurre una battaglia per gli asili nido. Il 6 dicembre 1971 era stata approvata la legge n. 1044 sul “Piano quinquennale per l’istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato” e le donne pisane di Lotta Continua ne chiedono l’applicazione in città. L'iconografia del materiale di propaganda, in questo caso un volantino per le elezioni del 1975, che riproduce una donna con un bimbo in braccio ricorda quella del dopoguerra. Forse i problemi nodali delle donne non sono cambiati?

Particolarmente aspro è il confronto fra il femminismo e le donne cattoliche; le femministe accusano la Chiesa di essere una delle istituzioni che più ha oppresso le donne, educandole alla sottomissione e alla repressione della sessualità. E' difficile conciliare la sensibilità di fede con la radicalità e l'aggressività del linguaggio femminista, anche se con il Concilio Vaticano II si aprono degli spazi per una nuova e più aperta riflessione sul rapporto fra la Chiesa e le donne. Nel 1975 una apposita commissione istituita da Paolo VI pubblica un documento innovativo che riconosce l'oppressione che la società opera sulle donne. Lo scontro è però tesissimo sul divorzio e sull'aborto. (Fig. 177 Il CIF discute dei problemi del momento in un Convegno Provinciale nel 1976. Fig. 178 1977: mentre il Movimento per la vita celebra una funzione al Duomo le femministe tengono fuori dall'edificio una manifestazione a favore dell'aborto).

Sull'aborto si confrontano posizioni inconciliabili. Per le cattoliche la vita inizia sin dal concepimento e non appartiene alla madre, bensì a Dio. Le femministe credono invece che il generare sia una facoltà del sesso femminile e dunque la decisione della maternità spetta alla donna. In occasione del referendum del 1981 le femministe scendono in piazza con una serie di manifestazioni per difendere la legge. (Fig. 179, 180: Manifestazioni organizzate dalle femministe in difesa dell'aborto)

La sconfitta al referendum non rappresenta per le donne cattoliche un ripensamento sulla scelta di militanza, ma costituisce un momento di riflessione su come calibrare la propria attività in una società in mutamento che pone nuove sfide al messaggio cristiano.

“Nel C.I.F. raggiunsi la carica di Consigliera Provinciale prima, Consigliera Comunale poi

e, in alterni periodi, fui incaricata per la “Stampa”; ho cercato di essere disponibile come ho potuto, alternandomi tra due città e l’insegnamento che sempre più mi assorbiva, e i doveri familiari. Combattei convinta accanto a Gina Casarosa e le sue valide collaboratrici, le famose battaglie storiche contro il divorzio e contro l’aborto. Sconfitte in campo politico non ci arrendemmo e vennero luminose conquiste come le varie realizzazioni nella “Regina Mundi” e nella “S.Caterina” al Calambrone. Partecipai a convegni, organizzai qualche lezione a giovani colleghe offrendo un granellino della mia esperienza”. Anna Fantoni, Il Quarantennio, in 1945-1985 Centro Italiano Femminile di Pisa. 40 anni al servizio della società, Pisa, s.d.

Il movimento femminista chiede invece agli amministratori locali un riconoscimento

istituzionale. “Nel 1978 per iniziativa del Collettivo femminista comunista, del Collettivo del Liceo

Scientifico, con l’appoggio dell’UDI si raccolgono 2000 firme a sostegno dell’iniziativa per ottenere il Centro della Donna, uno spazio dove incontrarsi, discutere, organizzarsi. Nel 1979 La Provincia e il Comune riconoscono il diritto delle donne ad uno spazio autonomo e si impegnano a garantire loro una sede: la palazzina di via Galli Tassi. L’anno successivo in occasione dell’8 marzo il presidente della Provincia Orsini e il sindaco Bulleri rinnovano il loro impegno. L’8

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Marzo 1981 le donne del movimento decidono un’occupazione simbolica della palazzina, simbolica perché l’edificio è ancora inagibile. L’occupazione durerà una settimana. Si vuole ricordare alle istituzioni l’impegno preso”. (Documentazione della Casa della Donna)

La ricerca intende approfondire il sintetico quadro qui delineato, lumeggiare le diverse realtà

della provincia e osservare più da vicino il difficile rapporto tra le generazioni di donne che si sono avvicendate sulla scena politica pisana.

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2. Donne e voto

(V. Messerini)

Il 31 gennaio del 1945, con l'Italia divisa ed il Nord sottoposto all'occupazione tedesca, il Consiglio dei Ministri, presieduto da Ivanoe Bonomi, emanò un decreto che riconosceva il diritto di voto alle donne (Decreto legislativo luogotenenziale 1 febbraio 1945, n. 23). Venne così riconosciuto il diritto al suffragio universale, dopo i vani tentativi fatti dalla fine dell’800 dal movimento femminista ispirato da Maria Montessori.

Il 2 giugno del 1946 le donne votarono per il Referendum istituzionale e per le elezioni dell'Assemblea costituente, ma già nelle precedenti elezioni amministrative avevano esercitato il loro diritto all'elettorato attivo e passivo, risultando elette in numero discreto nei consigli comunali.

Già nel 1907 il movimento femminile cattolico, tramite la portavoce Adelaide Coari, aveva rivendicato oltre alla parità salariale e all'istruzione anche per le donne, almeno il voto amministrativo. Roberto Mirabelli si era fatto latore di questa proposta alla Camera, ma le richieste furono respinte in blocco.

Quando il 30 giugno 1912 si raggiunse il suffragio universale maschile, la Camera rifiutò, con una votazione avvenuta per appello nominale, la concessione del voto alle donne (209 contrari, 48 a favore e 6 astenuti).

Nel 1913 si concesse solo la modifica della normativa sino ad allora in vigore, che associava l’incapacità della donna a votare e ad essere eletta alla “incapacità per infermità di mente” e “per indegnità”, presentando separatamente la previsione che “le donne non possono essere iscritte nelle liste elettorali amministrative e non sono eleggibili agli uffici designati … dalla legge”.

La Costituzione del 1948 ha definitivamente riconosciuto pari diritti e opportunità ad entrambi i sessi: all’art. 3 nel quale si proclama il diritto di eguaglianza davanti alla legge; all’art. 37 sulla parità dei diritti delle donne lavoratrici; agli artt. 48 e 51, sul diritto di voto e di accesso alle cariche elettive.

Oggi, ancor più esplicitamente, abbiamo un pieno riconoscimento costituzionale del principio della piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e della parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, nell’art. 117 della Costituzione a seguito della modifica operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.

Il voto delle donne a Pisa Il processo di affrancamento della donna dalla subordinazione politica in cui si trovava nel

nostro paese alla metà del secolo scorso non si è completato. Dopo oltre cinquant’anni dal riconoscimento del diritto al voto alle donne e del loro diritto a essere presenti negli organi di governo delle istituzioni pubbliche, il numero delle donne elette rimane ancora limitato e la loro effettiva possibilità di partecipare ai processi decisionali risulta ridotta.

Nella Provincia di Pisa la situazione non si discosta rispetto a quella generale, anche se significative personalità femminili hanno contribuito alla crescita politica e culturale e allo sviluppo dell’intera comunità locale ed anche se, in aree isolate, legate a realtà locali, si presentano interessanti elementi di novità.

L’analisi dei dati sul numero delle votanti, delle astenute, delle candidature, delle elette e sulle loro caratterizzazioni sociali, culturali, politiche, nella nostra Provincia, è strumento efficace per evidenziare la stretta connessione tra l’estensione dei diritti politici alle donne e le trasformazioni dei rapporti sociali nonché lo sviluppo delle inesauribili potenzialità progressive del

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sistema locale. Gli stessi dati evidenziano altresì le resistenze ed i contrasti interni a questo sistema, che hanno impedito in passato, e impediscono tuttora, il superamento del divario creatosi nel corso dei secoli tra uomo e donna nell’esercizio del potere e nelle opportunità di sviluppo personale in tutti i campi.

Il rapporto donne ed istituzioni proietta i suoi riflessi sull’intero vissuto della nostra comunità e sui suoi scenari futuri. Tabelle di raffronto sulla presenza delle donne nelle istituzioni

Tab. I. PISA: ELEZIONI COMUNALI 1946

Suddivisione per sesso su: partecipazione al voto, candidati, eletti

totale elettori 48.949femmine 26.544 maschi 22.405

Maschi46%

Femmine54%

totale votanti 41.085 femmine 22.485 maschi 18.600

Maschi45%

Femmine55%

astensionismo 16,08% femmine 15,29% maschi 16,98%

Maschi

Femmine

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candidati per sesso su 270: femmine 19, maschi 251

Maschi93%

Femmine7%

eletti per sesso su 40: femmine 0, maschi 40

Maschi100%

Femmine0%

Tab. II PISA: ELEZIONI COMUNALI 1951

Suddivisione per sesso su: partecipazione al voto, candidati, eletti

totale elettori 55.011 femmine 29.670 maschi 25.341

Maschi46%

Femmine54%

totale votanti 51.289 femmine 27.633 maschi 23.656

Maschi46%

Femmine54%

astensionismo 6,76%

femmine 6,86% maschi 6,64&

Maschi

Femmine

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candidati per sesso su 306: femmine 12, maschi 294

Maschi96%

Femmine4%

eletti per sesso su 40: femmine 4**, maschi 36

Maschi90%

Femmine10%

**Donne elette:

Jone Dominuco DC Teresa Toniolo DC Fatima Privitera Bozzoni PCI Maria Cardini Timpanaro PSI

Nessuna donna assessore

Tab. III PISA: ELEZIONI COMUNALI 1999

Suddivisione per sesso su: partecipazione al voto, candidati, eletti

totale elettori 178.667 femmine 95.597 maschi 86.070

Maschi48%

Femmine52%

totale votanti 140.207 femmine 71.003 maschi 69.204

Maschi49%Femmine

51%

astensionismo 21,5%

femmine 23% maschi 20%

Maschi

Femmine

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candidati per sesso su 1.338: femmine 402, maschi 986

Maschi71%

Femmine29%

eletti per sesso su 448:femmine 109, maschi 339

Maschi76%

Femmine24%

Presenza femminile nei Consigli e nelle Giunte comunali della provincia di Pisa (1999)

consiglieri su 29 Comuni: femmine 109, maschi 339

Maschi76%

Femmine24%

assessori su 29 Comuni: femmine 33, maschi 75

Maschi69%

Femmine31%

Presenza femminile tra i Sindaci e i Vicesindaci della provincia di Pisa (1999)

sindaci su 29 Comuni: femmine 3, maschi 26

Maschi90%

Femmine10%

vicesindaci su 29 Comuni: femmine 5, maschi 24

Maschi83%

Femmine17%

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Elezioni comunali 1999 Composizione per sesso dei Consigli e delle Giunte comunali della provincia di Pisa

Consiglieri Assessori Comuni N.Abit.

M/F Femmine M/F Femmine Sindaco V.Sind.

Buti 5.201 16 5 4 2 F M Calci 5.504 16 4 4 2 M M Calcinaia 8103 16 5 4 1 M M Capannoli 4943 16 5 4 3 M M Casale Marittimo 923 12 3 2 0 M M Casciana Terme 3228 16 4 4 1 M M Castelfranco di Sotto 10834 20 3 6 1 M M Castellina Marittima 1816 12 5 2 2 M F Castelnuovo V. di C. 2678 12 3 2 1 M F Chianni 1614 12 4 2 0 M M Guardistallo 938 12 4 2 0 M M Lajatico 1475 12 1 2 0 M M Lorenzana 1030 12 4 2 1 M M Montecatini V. di C. 2178 12 2 2 0 M M Montescudaio 1367 12 3 2 0 M M Monteverdi Marittimo 755 12 3 2 1 M F Montopoli Val D'Arno 8870 16 3 4 1 M M Palaia 4417 16 4 4 1 F M Peccioli 4989 16 4 4 1 M M Pomarance 7120 16 4 4 1 M M Ponsacco 12131 20 4 6 1 M M Pontedera 26393 20 3 6 1 M M Riparbella 1318 12 3 2 0 M M San Giuliano Terme 18188 20 4 6 2 M M San Miniato 25352 20 6 6 3 M F Santa Croce sull'Arno 12345 20 5 6 4 M F Terricciola 3815 16 3 4 1 M M Vicopisano 7584 16 4 4 1 F M Volterra 12879 20 4 6 1 M M Totale 207988 448 109 108 33 3F 5F

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Tab. IV PISA: ELEZIONI PROVINCIALI 1951

Suddivisione per sesso su: candidati, eletti totale elettori 243.270 totale votanti 230.228 astensionismo 5,36 % dati disarticolati per sesso al momento non disponibili

totale candidati 90: femmine 2, maschi 88

Maschi98%

Femmine2%

totale eletti 30: femmine 1**, maschi 29

Maschi97%

Femmine3%

**eletta Maria Cardini Timpanaro

Tab. V PISA: ELEZIONI PROVINCIALI 1999

Suddivisione per sesso su: partecipazione al voto, candidati, eletti

totale elettori 328.687 femmine 171.743 maschi 156.944

Maschi48%

Femmine52%

totale votanti 244.355femmine 124.358 maschi 119.997

Maschi49%Femmine

51%

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astensionismo 25,7 %femmine 28 %, maschi 24 %

Maschi

Femmine

candidati per sesso su 177:

femmine 36, maschi 141

Maschi80%

Femmine20%

eletti per sesso su 30:femmine 6, maschi 24

Maschi80%

Femmine20%

Presenza femminile nel Consiglio e nella Giunta provinciali (1999)

30 Consiglieri 6 femmine, 24 maschi

Maschi80%

Femmine20%

8 Assessori3 femmine, 5 maschi

Maschi62%

Femmine38%