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Diagnostica e prove non distruttive: tecnologie e competenze per l’affidabilità di strutture, impianti e mezzi di trasporto, in ottemperanza dello scenario normativo e legislativo. Genova, 13 Ottobre 2016 Convegno USO AVANZATO DELLA TERMOGRAFIA NELL’ANALISI DEI GIUNTI SALDATI Galietti Umberto Diagnostic Engineering Solutions S.r.l. Politecnico di Bari Sommario In questo lavoro diverse teniche termografiche sono state utilizzate per lo studio e la caratterizzazione di differenti tipologie di giunti saldati. In particolare saranno mostrati tre casi relativi a tre diverde applicazioni e cioè: il monitoraggio del processo di saldatura di lamiere di alluminio, il controllo non distruttivo con una tecnica termografica stimolata di giunzioni saldate sottili e lo studio a fatica di giunti saldati in acciao. I risultati ottenuti mostrano come la tecnica termografica possa essere utilizzata per caratterizzare la qualità di una giunzione saldata dalla fase di processo a quella di servizio.

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Diagnostica e prove non distruttive: tecnologie e competenze per l’affidabilità di strutture,

impianti e mezzi di trasporto, in ottemperanza dello scenario normativo e legislativo.

GGeennoovvaa,, 1133 OOttttoobbrree 22001166

Convegno

USO AVANZATO DELLA TERMOGRAFIA NELL’ANALISI DEI GIUNTI SALDATI Galietti Umberto Diagnostic Engineering Solutions S.r.l.

Politecnico di Bari

Sommario In questo lavoro diverse teniche termografiche sono state utilizzate per lo studio e la caratterizzazione di differenti tipologie di giunti saldati. In particolare saranno mostrati tre casi relativi a tre diverde applicazioni e cioè: il monitoraggio del processo di saldatura di lamiere di alluminio, il controllo non distruttivo con una tecnica termografica stimolata di giunzioni saldate sottili e lo studio a fatica di giunti saldati in acciao. I risultati ottenuti mostrano come la tecnica termografica possa essere utilizzata per caratterizzare la qualità di una giunzione saldata dalla fase di processo a quella di servizio.

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INTRODUZIONE La termografia è una tecnica di rilevamento a distanza, o telerilevamento, tramite infrarosso termico, infatti, consente l'acquisizione di dati su oggetti o fenomeni mediante la rilevazione dell'energia irradiata in una data regione dello spettro elettromagnetico, denominata infrarosso

termico e caratterizzata da lunghezze d'onda comprese tra 3 e 14 [m]. Tale tecnica fornisce, di un oggetto fermo o in movimento e posto a qualunque distanza, un’immagine termica, senza richiedere alcun contatto fisico e senza influenzare in alcun modo la temperatura superficiale della sorgente irradiante. In questo lavoro tale tecnica è stata utilizzata in tre diverse applicazioni per lo studio di giunti realizzati con differenti tecniche di saldatura. Lo scopo è quello di mostrare le potenzialità delle varie tecniche termografiche nel caratterizzare in toto un componente saldato, dala fase di processo a quella di servizio. La prima applicazione riguarda il monitoraggio del processo di saldatura denominato Friction Stir Welding (FSW). In particolare verrà mostrato come il semplice monitoraggio della temperatura durante il processo di saldatura può fornire importanti informazioni circa l’andamento del processo di saldatura. Tuttavia, ai fini di poter correlare i parametri di processo a parametri termici, la sola temperatura risulta non significativa e si rende necessario lo studio di altri parametri caratteristici legati alla variazione di temperatura nel tempo (analisi della fase di riscaldamento e raffreddamento). La seconda applicazione riguarda il controllo non distruttivo di un giunto saldato con tecnica a resistenza. In questo caso è stata utilizzata una tecnica termografica che si avvale di una stimolazione periodica esterna (lock-in thermography). Le tecniche termografiche stimolate principalmente utilizzate nell’ambito dei controlli non distruttivi sono: la tecnica pulsata (Pulsed Thermography, PT) [1], la tecnica lock-in [2] (Lock-in Thermography, LT) e la Pulsed Phase Thermography (PPT) [3]. Tali tecniche permettono la rilevazione dei difetti grazie al differente comportamento termico di quest’ultimi rispetto al materiale base cioè, considerato privo di difetti. Infatti, durante una stimolazione termica, i difetti possono apparire con temperature più alte o più basse rispetto alle aree non difettate. L’ultima applicazione riguarda lo studio a fatica di giunti saldati con tecnica ad arco elettrico. In questo caso la tecnica utilizzata è denominata Analisi termoelastica delle sollecitazioni (Thermoelastic Stress analysis-TSA) principalmente impiegata nella meccanica sperimentale ma, come si esporrà nei successivi paragrafi, può essere utilizzata come tecnica NDT per la diagnosi di cricche e per il monitoraggio del danneggiamento a fatica dei materiali. CASO DI STUDIO I: CONTROLLO DI PROCESSO Il primo caso studio riguarda il monitoraggio del processo di saldatura: è stata studiata l'influenza dei parametri di processo sulle proprietà meccaniche di giunti saldati in lega di alluminio AA 5754 H111 dello spessore di 6 mm, mediante la tecnica della Friction Stir Welding (FSW). Le analisi compiute hanno coinvolto parametri di processo quali velocità di avanzamento e velocità di traslazione, imposte all'utensile durante la saldatura. Nel corso delle prove eseguite sono state monitorate le temperature raggiunte per mezzo di termocoppie e di termocamere a infrarossi. Il processo di Friction Stir Welding (FSW) è un metodo di saldatura allo stato solido in cui il materiale è sottoposto a un’azione di estrusione e di mescolamento da parte di un utensile (tool) che ruota e trasla lungo la linea di giunzione. La tecnica di FSW è stata scoperta e brevettata dal “The Welding Institute” (TWI) di Cambridge nel 1991 [4-6]. Lo scopo di questo caso di studio è quello di approfondire il comportamento della lega AA 5754 H111 saldata in configurazione butt-joint con il processo di FSW. È stato sviluppato uno studio dell’influenza dei parametri di processo sulle proprietà macrostrutturali e meccaniche ed è stato condotto un monitoraggio delle temperature nel materiale, durante lo stesso processo. Si è ritenuto che il fatto di conoscere le mappe termiche per diverse combinazioni di parametri di processo avrebbe potuto fornire importanti informazioni circa

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la quantità di calore in gioco durante la saldatura; invero, l’input termico è in grado di influenzare direttamente numerose proprietà dei manufatti finali, quali le tensioni residue, le dimensioni dei grani e la resistenza meccanica. Normalmente la distribuzione delle temperature nel processo di FSW è stata approfondita mediante l’implementazione e lo sviluppo di modelli analitici e/o numerici, i quali però, spesso, non sono stati in grado di rappresentare fedelmente alcuni fenomeni che si verificano durante il processo di FSW, come per esempio l’asimmetrica distribuzione delle temperature e dei flussi di materiale che si verificano in questo tipo di giunti. Materiali Le saldature FSW sono state condotte utilizzando delle lamiere in lega di alluminio AA 5754 H111 di dimensioni 200 mm x 100 mm x 6 mm prodotte mediante laminazione. La composizione chimica e le principali proprietà meccaniche della lega AA 5754 H111 sono riportate nelle Tabelle 1 e 2.

Tabella 1 - Composizione chimica della lega AA5754 H111

LEGA Si Fe Cu Mn Mg Cr Ni Zn Ti Altri elementi AA5754-H111 0,40 0,40 0,10 0,50 2,60-3,60 0,30 0,05 0,20 0,15 0,05

Tabella 2 - Proprietà meccaniche e fisiche della lega AA 5754 H111

LEGA Rm [MPa

]

Rp (0.2) [MPa]

HB E [MPa]

Densità [g/cm3]

Conducibilità termica [W/m°C]

Calore specifico [Cal/kg°C]

AA5754-H111

190 80 52 70.000

2,65 (a 20°C)

138 (a 20°C) 0,213 (a 20°C)

Attrezzatura e setup Tutte le prove di saldatura sono state eseguite in controllo di posizione su una macchina FSW a controllo numerico denominata ESAB LEGIO e dotata di 4 assi. Le acquisizioni termiche superficiali di tutte le prove eseguite sono state realizzate utilizzando due termocamere. In particolare, sono stati acquisiti i campi termici lungo la direzione di saldatura, mediante una termocamera a infrarossi di tipo differenziale, denominata sc X6540, prodotta da Flir, avente una sensibilità termica (NETD) < 20 mK e un rivelatore fotonico InSb da 640 × 512 pixel. Mentre, in direzione perpendicolare alla direzione di saldatura, le temperature sono state monitorate con una termocamera denominata sc 640 FLIR IR, con sensibilità termica (NETD) < 60 mK e con un rivelatore microbolometrico di risoluzione di 640 × 480 pixel. Il set-up delle termocamere, impiegato per le prove è mostrato in Fig. 1.

a

+

b

Fig. 1. Set-up delle termocamere

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Tutte le acquisizioni termiche superficiali sono state eseguite con una frequenza di 15 Hz e si è resa necessaria la verniciatura delle superfici delle lamiere da saldare, al fine di uniformarne l’emissività (Ɛ=0,95). Oltre al monitoraggio delle temperature sulla superficie dei giunti, sono state misurate le temperature anche all'interno dei pezzi, mediante l’impiego di dodici termocoppie di tipo N, aventi una guaina di diametro di 1 mm. Un termometro digitale è stato usato per collegare le termocoppie a un PC su cui è stato installato il sistema di acquisizione dei dati. La frequenza di acquisizione impiegata per le termocoppie è stata di 2 Hz. Le termocoppie sono state fissate all’interno dei dodici fori che sono stati preventivamente realizzati nei pezzi da saldare, secondo il layout mostrato in Fig. 2.

Fig. 2. Layout delle termocoppie

Risultati Le acquisizioni dei cicli termici subiti dal materiale hanno fornito delle informazioni molto importanti. Mediante il monitoraggio delle temperature è stato infatti verificato che, in tutte le prove effettuate è riscontrabile un’evidente asimmetria termica tra l’Advancing Side e il Retreating Side, a supporto di quanto ampiamente documentato in letteratura riguardo al processo di FSW, laddove si afferma che tale metodologia di saldatura dà origine a flussi plastici e a giunti completamente asimmetrici, nonché a denominazioni differenti dei due lati del cordone di saldatura (Advancing e Retreating Sides, designati in base alle direzioni della velocità di rotazione e di avanzamento dell’utensile). I cicli termici rilevati per tutti i giunti hanno infatti dimostrato che i valori di picco delle temperature erano sempre maggiori lungo il Retreating Side rispetto a quelli monitorati sull’Advancing Side. Quanto appena riportato è rappresentato in Fig. 3, in cui sono stati riportati gli istogrammi delle temperature misurate nella sezione centrale dei giunti rispettivamente per la prima replicazione (Fig. 3.a) e per la seconda replicazione (Fig. 3.b).

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a

b Fig. 3. Istogramma delle temperature massime registrate lungo l’Advancing e il Retreating Side per

tutti I giunti saldati e confronto delle Tmax rilevate nella prima replicazione (a) e nella seconda replicazione (b)

Gli andamenti termici misurati con le termocoppie nelle sezioni A, B e C (cfr. riferimenti in Figura 2) e nei relativi rilievi a distanza di 5 mm dalla linea di giunzione, hanno mostrato andamenti delle temperature non uniformi lungo la direzione di avanzamento dell’utensile. La Fig. 4 mostra un esempio di tale disuniformità termica, ove è possibile scorgere i cicli termici registrati sia sul Retreating Side, sia sull’Advancing Side in corrispondenza delle sezioni A, B e C per la prova T1 (n=500 RPM; v=20 cm/min).

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Fig. 4. Confronto dei cicli termici misurati lungo l’Advancing e il Retreating Side per il test T1 (n=500 RPM; v=20 cm/min) nelle sezioni A, B e C dei

giunti saldati FSW

La non uniformità termica lungo la linea di giunzione riscontrata per mezzo delle termocoppie è stata anche confermata dalle mappe termografiche acquisite fissando un determinato istante di tempo; esse sono raffigurate nella Fig. 5.

Fig. 5. Mappe termiche dei giunti saldati FSW a un determinato istante di tempo

Per quanto riguarda invece le sequenze temporali dei dati termici acquisiti per ciascuna prova, queste sono state elaborate mediante il software Matlab. La Fig. 6 mostra le mappe delle Tmax riguardanti la replicazione effettuata per ogni prova. Tali mappe sono state registrate con la termocamera Flir SC 640 e ognuna di esse individua le temperature massime raggiunte da ciascun pixel durante la prova, indipendentemente dal tempo.

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Fig. 6. Mappe Termiche ottenute per i test. a: Test 1 (v = 20 [cm/min] - n = 500 [RPM]); b: Test 2 (v = 30 [cm/min] - n = 700 [RPM]); c: Test 3 (v = 20 [cm/min] - n = 700 [RPM]); d: Test 4 (v = 30 [cm/min] - n = 500

[RPM]) I campi termici mostrati in figura 6 sono conformi ai dati ottenuti dalle termocoppie: ogni prova esibisce una distribuzione non uniforme delle Tmax e ciò è indicativo del fatto che le condizioni di stazionarietà del processo, per tutta la lunghezza delle saldature, non paiono essere siano state raggiunte. Questo significa che per ottenere delle condizioni stazionarie - utilizzando gli stessi parametri di processo impiegati in questo lavoro - è necessaria una lunghezza maggiore delle lamiere da saldare. I differenti valori della temperatura massima raggiunta durante il processo di saldatura causano probabilmente differenze strutturali e delle proprietà meccaniche del giunto lungo la direzione di saldatura. Tuttavia la misura delle temperature è influenzata da altri fattori esterni come ad esempio le condizioni ambientali e il set-up di prova usato. Per questi motivi è difficile correlare i valori di Tmax con i parametri di processo. Un parametro termico più sensibile ai parametri di processo è la velocità di riscaldamento del giunto durante la prova che è strettamente correlata con la potenza fornita nel tempo durante il processo. La velocità di riscaldamento può essere valutata considerando la pendenza del tratto di riscaldamento di un generico profilo termico. In questo caso tale parametro è stato valutato in due sezioni del giunto sul retreating e advancing side in modo da ottenere un totale di 4 valori per ogni prova. I punti di misura sono posizionati a 120 (a1 e a2 in Fig. 7 (a)) e 20 mm (b1 e b2 in Fig. 7 (a)) dalla sezione A caratterizzata da una fase transitoria del processo dovuta alla penetrazione dell’utensile. Per ogni profilo termico di ogni punto di misura è stata valutata la massima pendenza della curva di riscaldamento (denominata MSHC).

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Fig. 7. (a) Posizione dei punti di misura utilizzati per la valutazione delle pendenze lungo la direzione di saldatura, (b) Profilo termico ottenuto per i punti a1, a2, b1 e b2 (test R1T3)

Fig. 8. Valutazione della pendenza di riscaldamento a 20 e 120 mm dalla sezione di ingresso: confronto sul (a) retreating side, (b) advancing side, test R1T3

Le pendenze massime sono state valutate analizzando i filmati termografici. In particolare, la pendenza è stata ottenuta considerando la regressione lineare su 70 dati di temperatura acquisiti durante la fase di riscaldamento (Fig. 8). In Tabella 3 sono riportati i valori di pendenza espressi in termini di misure angolari (gradi) rispetto all’asse orizzontale dei tempi. Tabella 3 - Valori di pendenza determinati nelle varie prove

Travel Speed [cm/min]

20 30

Ro

tati

on

Sp

ee

d [

RP

M]

500

R1T1 R2T1 R1T4 R2T4

a1: MSHC: 87,246° a1: MSHC: 87,587° a1: MSHC: 87,968° a1: MSHC: 87,575°

a2: MSHC: 86,800° a2: MSHC: 87,433° a2: MSHC: 87,911° a2: MSHC: 88,448°

b1: MSHC: 86,051° b1: MSHC: 86,596° b1: MSHC: 89,066° b1: MSHC: 86,883°

b2: MSHC: 85,825° b2: MSHC: 86,161° b2: MSHC: 86,846° b2: MSHC: 87,229°

700

R1T2 R2T2 R1T3 R2T3

a1: MSHC: 87,229° a1: MSHC: 87,480° a1: MSHC: 88,140° a1: MSHC: 88,530°

a2: MSHC: 87,911° a2: MSHC: 87,735° a2: MSHC: 88,146° a2: MSHC: 88,319°

b1: MSHC: 87,117° b1: MSHC: 86,528° b1: MSHC: 87,371° b1: MSHC: 87,735°

b2: MSHC: 87,921° b2: MSHC: 87,998° b2: MSHC: 87,371° b2: MSHC: 88,228°

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E’ stata condotta un’analisi statistica al fine di valutare l'influenza delle temperature sulla resistenza meccanica dei giunti. In particolare, il parametro termico scelto come variabile di risposta è stato il valore massimo della pendenza della curva di riscaldamento di determinati punti di misura, fissati lungo la direzione di saldatura (descritti nei precedenti paragrafi). Questo parametro è stato denominato Maximum Heating Slope Value – MSHC. I parametri di processo che sono stati considerati per l’analisi sono stati: la velocità di rotazione (n), la velocità di traslazione dell’utensile (v), la posizione del campione esaminato (p) e il lato della saldatura. L'ANOVA ha mostrato che la pendenza di riscaldamento è influenzata dalla velocità di rotazione, dalla posizione dei campioni e dalla velocità di traslazione dell’utensile. Anche per questo step di analisi è stato formulato un modello empirico mediante un'analisi di regressione, al fine di correlare i valori di MSHC con un dato valore di velocità di traslazione, di rotazione e per una data posizione. Il modello ottenuto è:

pnvMSHC 00688.0002668.00722.0558,83

I diversi dati termografici acquisiti hanno messo a disposizione quindi un quadro completo di informazioni riguardanti le temperature raggiunte sia in superficie che all’interno del materiale, durante tutto il processo di FSW. Pertanto tali monitoraggi termici possono rappresentare una base importante per la messa a punto di una procedura di controllo del processo. CASO DI STUDIO II: CONTROLLO NON DISTRUTTIVO Il secondo caso di studio riguarda il controllo non distruttivo di giunti saldati di lamiere in alluminio attraverso saldatura elettrica a resistenza. Le proprietà meccaniche dei giunti saldati possono essere compromesse dalla presenza di difetti generati in fase di processo o di danneggiamenti dovuti a severe condizioni di esercizio. A tal riguardo, risulta di importanza rilevante la diagnosi di tali difetti mediante tecniche non distruttive quali, ultrasuoni [7], liquidi penetranti, raggi-x e termografia [8], [9]. Le tecniche termografiche principalmente utilizzate sono: la tecnica pulsata (Pulsed Thermography, PT) [4], la tecnica lock-in [5] (Lock-in Thermography, LT) e la Pulsed Phase Thermography (PPT) [6]. Tali tecniche permettono la rilevazione dei difetti grazie al differente comportamento termico di quest’ultimi rispetto al materiale base cioè, considerato privo di difetti. Infatti, durante una stimolazione termica, i difetti possono apparire con temperature più alte o più basse rispetto alle aree non difettate. Questo comportamento come già detto, è dovuto alle differenti proprietà termo-fisiche del materiale coinvolte nei fenomeni di trasmissione del calore quali: la conducibilità termica, la capacità termica a pressione costante e la densità del materiale. Teoria tecnica Lock-in La tecnica termografica lock-in è basata sulla generazione di onde termiche all’interno del provino ottenute depositando periodicamente calore sulla superficie dello stesso [4]. Il risultante campo termico oscillante in regime stazionario può essere registrato per mezzo di una termocamera IR. La risposta termica del materiale può essere ricostruita misurando l’evoluzione della temperatura sulla superficie del provino. A tal fine possono essere utilizzati vari algoritmi di analisi dei dati che permettono di ottenere informazioni sia sull’ampiezza che sulla fase dell’onda termica. Le informazioni di fase risultano indipendenti da variazioni locali di riscaldamento dovuti ad esempio a variazioni di emissività della superficie ed inoltre, rispetto all’ampiezza del segnale, consentono di penetrare più in profondità all’interno del materiale. Nell’immagine di fase i difetti appaiono con una fase differente rispetto al materiale omogeneo non difettato. Inoltre la fase dell’onda termica è relazionata direttamente alla profondità raggiunta. Infatti se si considera un piano semi-infinito stimolato con una sorgente oscillante ed uniforme di calore con una frequenza di pulsazione ω, ci si può condurre ad un problema matematico monodimensionale nel quale la temperatura è funzione della profondità z e del tempo t, attraverso l’espressione [4]:

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(1) con T0 temperatura superficiale del provino e µ la lunghezza di diffusione termica espressa come:

(2) con k, conducibilità termica, ρ, densità del materiale e cp capacità termica a pressione costante e quindi α=k/ρcp è la diffusività termica. La lunghezza dell’onda termica e la sua velocità di propagazione sono:

2

2 fv

(3)

con f=ω/2π frequenza dell’onda termica. Considerando l’equazione 1, la relazione che lega direttamente la profondità z con la fase dell’onda 𝜑 è:

(4) Essendo µ inversamente proporzionale alla frequenza di eccitazione f, comporta che frequenze elevate restringono l’analisi a zone sub-superficiali, mentre basse frequenze, permettono di investigare più in profondità, anche se si ha una velocità di propagazione molto bassa [4]. Materiali e setup Sono state analizzate diverse saldature su provini saldati in alluminio; le saldature sono di tipo elettrico a resistenza. Le prove sono state eseguite utilizzando come sorgente termica un laser a fibra di itterbio (P=30W, dimensione dello spot 7 mm) e una termocamera raffreddata FLIR X6540sc con lente da 50mm. Il set up adottato è quello per trasmissione come in Fig. 9 con risoluzione geometrica 1 pixel=0.07 mm.

Fig. 9. Setup sperimentale in trasmissione

Risultati Di seguito sono mostrati i risultati ottenuti dall’analisi dei cordoni di saldatura. In Fig. 10 sono visibili la saldatura analizzata e l’immagine di fase ottenuta dall’analisi lock-in in cui non risultano essere visibili anomalie.

)2

cos(),( /0

z

teTtzT z

22

pc

k

2

fz

zz

22

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11 11

Fig. 10. Immagine nel visibile e immagine di fase saldatura senza anomalie

Nelle Fig. 11 e 12 sono mostrate alcune anomalie caratteristiche rilevate lungo due cordoni di saldatura.

Fig. 11. Anomalie rilevate lungo il cordone di saldatura attraverso le immagini di fase

Fig. 12. Anomalie rilevate lungo il cordone di saldatura attraverso le immagini di fase

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CASO DI STUDIO III: CARATTERIZZAZIONE MECCANICA - VALUTAZIONE LIMITE DI FATICA Il terzo caso di studio riguarda la caratterizzazione meccanica dei giunti saldati; sono presenti in letteratura procedure consolidate per la valutazione del limite di fatica dei materiali dall’analisi dell’evoluzione della temperatura superficiale, durante una prova di fatica a carichi crescenti [1-9]. I metodi classici per la valutazione del limite di fatica richiedono tempi di prova molto lunghi e una grande quantità di provini con conseguente aumento dei costi per questo, metodi accelerati come i metodi termici, riscuotono notevole interesse sia per i materiali base che per i giunti saldati. I metodi termici utilizzati in letteratura [10-18], consentono la determinazione del limite di fatica di provini standard e presentano qualche problema per materiali differenti dall’acciaio. In particolare i metodi tradizionali richiedono la determinazione delle sorgenti di calore e quindi delle aree deformate plasticamente. Sono presenti in letteratura vari lavori in cui sono utilizzati metodi termici accelerati per lo studio del comportamento a fatica di giunti saldati che forniscono informazioni sullo stato di tensione [19-20] e qualche indicazione sulla possibilità di utilizzare l’infrarosso per la valutazione del danneggiamento o della propagazione di cricche [21-23]. Si propone di utilizzare le tecniche termografiche consolidate per valutare il limite di fatica per i materiali base, anche per i giunti saldati e soprattutto sarà presentato un nuovo metodo basato su segnale di fase del segnale termoelastico per la valutazione del limite di fatica di giunti saldati. Sono stati eseguiti dei test di fatica su tre giunti saldati in acciaio Fe 360. L’intera prova è stata monitorata con una termocamera in modo da acquisire ad intervalli regolari di tempo, immagini termoelastiche e sequenze termografiche. Risultati molto promettenti derivano dall’analisi dell’evoluzione del segnale termoelastico di fase: variazioni nel valore della fase indicano un comportamento non elastico e dissipazioni plastiche nel materiale [21-23]. Le variazioni di fase sono dovute agli alti gradienti di stress e al comportamento plastico del materiale all’apice della cricca con conseguente perdita delle condizioni adiabatiche. Nel lavoro è presentato un nuovo metodo basato sull’analisi dell’evoluzione della fase nel tempo che risulta più semplice e con un elevato rapporto segnale rumore rispetto alle tecniche termografiche tradizionali e che quindi può essere usato con successo anche con materiali come le leghe di alluminio difficili da analizzare. Teoria I materiali metallici durante un processo di carico ciclico in una prova a fatica manifestano un caratteristico riscaldamento direttamente legato al danneggiamento. Chrysochoos et al [11] hanno dimostrato che l’anomalia, intesa come presenza di una zona di riscaldamento localizzato e di entità superiore rispetto al resto del campo osservato, rappresenta una probabile indicazione del punto in cui si manifesta la formazione del difetto. Le variazioni di temperatura nel mezzo dipendono anche dalla diffusività del materiale e sono indotte, non solo dalle sorgenti volumiche dissipative, ma anche dalle sorgenti di accoppiamento termoelastico e dagli scambi di calore con l’ambiente circostante [24]. La quantità di calore dissipata dal materiale per unità di volume e per ciclo, da cui dipende la distribuzione della temperatura, caratterizza meglio l’entità del danneggiamento e rimane invariata cambiando la frequenza di prova e la geometria del provino. Si applica in questo caso, il modello termomeccanico sviluppato da Chrysochoos et al [11], ottenuto da equazioni di stato termodinamiche, ad un giunto saldato in acciaio di sezione rettangolare, sottoposto a sollecitazione ciclica nella direzione dell’asse maggiore fino alla rottura per fatica. Nel caso di sollecitazione uniassiale con carico sinusoidale e condizioni lineari elastiche si ha:

tT

E

Et

T

E

ET

TC m 2cos

4

1sin

1 2

22

(5)

con σm e Δσ rispettivamente, stress medio e ampiezza di stress e ω pulsazione della frequenza di carico.

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L’equazione precedente mostra come la risposta termica di un corpo solido sottoposto ad un carico puramente sinusoidale sia la somma algebrica di una prima componente, di pulsazione ω pari alla pulsazione di carico, che è funzione sia dell’ampiezza di carico che del carico medio e di una seconda componente funzione del quadrato dell’ampiezza di carico, di pulsazione 2ω, [25-27]. Filtrando il segnale in 2ω, trascurando le variazioni del modulo di Young E con la temperatura ed esprimendo il calore specifico a deformazione costante in termini di calore specifico a pressione costante, si ottiene la relazione tra la variazione di temperatura in un solido e la variazione della traccia del tensore degli sforzi per uno stato piano di tensione:

(6)

con K0 costante termoelastica del materiale espressa come K0= /ρ*CP dove CP è il calore specifico a pressione costante. Si sottolinea che questa semplice relazione lineare è valida nelle ipotesi di materiale isotropo ma soprattutto in condizione lineari elastiche e localmente adiabatiche. Il che significa sia la mancanza di scambio termico per il gradiente di temperatura che ingenera a seguito delle sollecitazioni, sia l’assenza di fenomeni dissipativi quali quelli presenti in fase di creazione e soprattutto propagazione del danneggiamento [23]. Nel caso di condizioni non adiabatiche, si verifica sia una variazione dell’ampiezza del segnale che soprattutto una differenza di fase tra segnale termoelastico e segnale di riferimento. Un segnale di riferimento fornito ad esempio da una cella di carico o da un estensimetro posto sul provino è usato per filtrare il segnale termoelastico mediante un’unità lock-in amplifier. Il segnale termoelastico ed il segnale di riferimento possono essere rappresentati come due vettori che ruotano alla stessa velocità angolare (stessa frequenza) con un ritardo di fase costante. Il segnale termoelastico può essere quindi rappresentato mediante il suo modulo R (immagine R) e l’angolo di fase rispetto al segnale di riferimento (immagine di fase). In realtà l’applicabilità di questi metodi ai giunti saldati è difficoltosa perché la geometria della cricca non è nota e le proprietà del materiale sono irregolari a causa della presenza del cordone di saldatura. Le variazioni di temperatura nei giunti saldati dovute al danneggiamento a fatica inoltre sono molto piccole in quanto i meccanismi di rottura sono differenti da quello che avviene nei provini lisci standard dove si raggiungono temperature molto più alte. In questo lavoro si dimostra che il segnale di fase termoelastico può essere usato per monitorare il danneggiamento a fatica dei giunti saldati. Materiali e setup Lo studio è stato condotto su tre giunti saldati in acciaio Fe360 le cui dimensioni e geometria sono riportate in Fig. 13. I giunti sono stati saldati testa a testa dopo cianfrinatura a 45° mediante saldatura ad arco. Prima delle prove, i provini sono stati verniciati con vernice nera opaca in modo da rendere uniforme l’emissività delle superfici trattate ed evitare eventuali riflessi dovuti a sorgenti di calore poste nelle vicinanze dei provini durante la prova. Le prove sono state condotte su una macchina di carico servoidraulica Instron Schenk pc400m con capacità di carico statico pari a ±250 [kN] mentre le acquisizioni di tipo termoelastico (AC) e quelle di tipo termografico (DC) sono state effettuate mediante l’utilizzo della termocamera DeltaTherm 1560 dotata di un detector costituito da una matrice di sensori di tipo fotovoltaico di antimoniuro di indio (InSb), sensibili a radiazioni termiche di lunghezza d’onda comprese tra 3 e 5 µm. Per la correlazione del segnale termoelastico si è usato come segnale di riferimento il segnale derivante dalla cella di carico della macchina di prova. Due estensimetri uniassiali sono stati posti sui lati dei provini (Fig. 13) in modo da valutare eventuali flessioni parassite dovute a eventuali distorsioni derivanti dal processo di saldatura o al mancato allineamento nelle morse della macchina di carico. I provini sono stati sottoposti ad una prova di fatica a trazione con un rapporto di carico R = 0.1 ad una frequenza di 18 Hz. La procedura di prova ha previsto l’applicazione di step di carico della durata di 20000 cicli come indicato in Tabella 4, corrispondenti a determinati valori dell’ampiezza di stress, a partire da un’ampiezza di stress di 50 MPa.

210 TKT

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L’intera prova è stata monitorata con termocamera ad infrarosso, provvedendo, ad intervalli regolari di tempo, all’acquisizione ad alla registrazione di immagini termoelastiche e di sequenze termografiche. Per meglio valutare la misura di temperatura superficiale che consente di osservare l’insorgenza e l’evoluzione di fenomeni dissipativi e di rottura del materiale, si è deciso di isolare termicamente il provino racchiudendo lo stesso in una camera isolante in legno con una sola apertura frontale per consentire l’indagine con la termocamera (Fig. 14a)). L’utilizzo di uno specchio a superficie riflettente anteriore ha permesso in contemporanea il monitoraggio delle superfici anteriore e posteriore del provino e ha consentito attraverso la valutazione del segnale termoelastico, la valutazione di eventuali sollecitazioni di flessione nel piano e fuori dal piano del provino (Fig. 14b)). I dati estensimetrici hanno evidenziato la presenza di flessioni fuori dal piano sostanzialmente trascurabili come anche confermato dai valori medi del segnale termoelastico sulle due facce del provino.

Fig. 13. Dimensioni e geometria dei provini utilizzati e posizione degli estensimetri

Tabella 4: Prove eseguite sui giunti saldati

N° step Specimen 1 Specimen 2 Specimen 3

ΔF [N] Δσ nom [MPa] ΔF Δσ nom [MPa] ΔF Δσ nom [MPa]

1 9000 50 9000 50 9000 50 2 14400 80 14400 80 14400 80 3 19800 110 19800 110 19800 110 4 25200 140 25200 140 25200 140 5 30600 170 30600 170 30600 170 6 33300 185 33300 185 33300 185 7 36000 200 36000 200 36000 200 8 38700 215 38700 215 38700 215 9 41400 230 41400 230 41400 230 10 44100 245 44100 245 44100 245 11 46800 260 46800 260 46800 260 12 49500 275 49500 275 49500 275 13 broken broken 52200 290 54900 290 14 broken broken 54900 305 broken broken

a) b)

Fig. 14. a) Set-up che mette in evidenza la camera isolante utilizzata durante le prove; b) Immagine termografica acquisita durante la prova. E’ evidente il flusso di calore dal basso verso l’alto causato dall’olio

presente nell’attuatore inferiore.

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Risultati L’obiettivo di questo studio è stato la valutazione del danneggiamento a fatica di giunti saldati in acciaio mediante l’utilizzo di dati termografici e termoelastici. In particolare tale valutazione è stata condotta monitorando e analizzando la temperatura superficiale del provino e la variazione del segnale termoelastico di fase. Le immagini termografiche e termoelastiche sono state processate tramite software Matlab® in modo da eliminare eventuali fonti di rumore e consentire quindi una migliore localizzazione delle zone danneggiate sulla superficie del provino. Ad esempio, come si nota dalla Fig. 14b, il provino durante la prova è interessato da un flusso di calore verticale dal basso verso l’alto generato dall’olio caldo che circola nell’attuatore inferiore. Tale flusso tende a nascondere eventuali fonti di calore dovute a zone danneggiate per cui è necessario filtrare i dati termografici al fine di individuare il prima possibile eventuali cricche. La valutazione del danneggiamento nel tempo è stata ottenuta monitorando la variazione di temperatura massima e di fase massima. Dopo una fase di filtraggio sulle immagini di temperatura e di fase, si è proceduto a sottrarre ad ogni immagine analizzata, un’immagine di riferimento relativa ai primi step di carico caratterizzati dalla mancanza di danneggiamento. Le variazioni di temperatura massima ∆Tmax e di fase massima ∆Φmax sono state ottenute considerando un’area che racchiude il cordone di saldatura sul lato frontale e sul retro dei provini. Le Fig. 15a e b mostrano un esempio di tale valutazione sul provino 1 nella vista frontale. Le immagini acquisite durante i vari step di carico mostrano come sia difficile identificare le aree danneggiate sulle immagini di temperatura perché i danneggiamenti sono dovuti alla formazione di cricche che provocano variazioni di temperatura molto contenute. Del resto tali risultati erano attendibili in quanto i meccanismi di rottura e quindi di danneggiamento sono differenti da ciò che avviene nei provini lisci standard. In quest’ultimi l’aumento di temperatura dovuto al raggiungimento delle condizioni plastiche interessa tutto il provino ed è molto rilevante per cui risulta più semplice la misura di temperatura anche con termocamere con una risoluzione termica non troppo spinta. Nei giunti saldati si ha a che fare con fenomeni locali quali la formazione di cricche e quindi con aumenti di temperatura localizzati che necessitano l’utilizzo di termocamere più performanti. Le variazioni di fase risultano elevate e consentono una localizzazione più precisa delle zone danneggiate. Tali variazioni del segnale termoelastico sono indice di un comportamento non elastico del materiale e di dissipazioni plastiche. Gli alti gradienti di stress all’apice delle cricche e il raggiungimento delle condizioni plastiche coincidono con il mancato raggiungimento delle condizioni adiabatiche con conseguente variazione di fase tra segnale termoelastico e segnale di riferimento. I lavori di Patterson [13, 14] hanno mostrato che il comportamento del segnale di fase all’apice di una cricca è caratterizzato da una doppia inversione di segno dovuta agli effetti appena citati che hanno un’opposta influenza sul segnale. Nel nostro caso non notiamo inversione per fase iniziale del danno (assenza di una vera e propria cricca superficiale). Il segnale di fase quindi, può essere utilizzato come parametro per l’identificazione e la valutazione del danneggiamento a fatica dei giunti saldati.

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Fig. 15. Evoluzione della temperature a) e della fase b) sul provino 1, vista frontale.

a) b) a) b) Fig. 16. Valutazione del limite di fatica mediante utilizzo della variazione della temperatura a) e della variazione di fase b), provino 1 vista frontale

Tabella 5: Limiti di fatica sul fronte e sul retro dei provini.

Fatigue Limit σL [MPa] Fatigue parameter

∆T [°C] ∆φ [°]

Fe 360 front rear front rear

specimen 1 121 121 110 112

specimen 2 123 123 124 125

specimen 3 128 128 132 125

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Le considerazioni fatte ed i risultati sperimentali hanno spinto gli autori a proporre la variazione di fase piuttosto che la variazione di temperatura nella determinazione del limite di fatica dei materiali. Le Fig. 16a e b mostrano i diagrammi ottenuti riportando i valori di variazione di fase e temperatura

in funzione dei corrispondenti valori di Δ [1]. I punti ottenuti sono disposti secondo due serie di dati ben distinte che descrivono il diverso comportamento del materiale. La regressione lineare tra le due rette permette di ottenere il valore del limite di fatica cercato. La Fig. 16 e la Tabella 5 mostrano come l’uso della fase per la valutazione dei provini saldati in acciaio porti a risultati confrontabili con quelli ottenuti usando la temperatura come parametro caratteristico. I risultati ottenuti sono in linea con quelli indicati in letteratura dalle norme che indicano per questa tipologia di giunti un range di valori compresi tra 80 MPa e 112 MPa per il limite di fatica [28]. La Tabella 5 indica sostanzialmente gli stessi valori del limite di fatica ottenuto nella zona frontale e retro del provino. CONCLUSIONI Le tecniche termografiche si sono rivelate un potente strumento di controllo nei diversi casi di studio presentati. In particolare per quanto riguarda il controllo di processo di FSW è stato possibile valutare l’importanza delle molteplici variabili (parametri di processo, configurazione di saldatura, materiali, spessori da saldare, etc.) grazie allo studio e al controllo delle temperature superficiali sui giunti saldati. Nel caso dell’analisi condotta è stato possibile dimostrare agevolmente la non stazionarietà della metodologia di FSW messa a punto in termini di temperature massime raggiunte durante il processo. Si è dimostrato anche che la temperatura massima raggiunta durante il processo di saldatura non è il parametro ottimo per la valutazione dei diversi parametri del processo, infatti dall’analisi dell’andamento della temperatura nel tempo (pendenza della curva di riscaldamento) è stato possibile ottenere risultati più significativi. Per quanto riguarda il secondo caso di studio relativo al controllo non distruttivo sui giunti saldati la tecnica lock-in si è dimostrata molto valida nell’identificazione dei difetti dopo le operazioni di saldatura e nella rilevazione delle disomogeneità superficiali. Infine nel terzo caso di studio è stata valutato il limite di fatica di alcuni giunti saldati sia attraverso la rilevazione della temperatura superficiale sia attraverso la tecnica termoelastica di analisi delle sollecitazioni. Sono stati testati a fatica tre giunti saldati in acciaio Fe 360 per il monitoraggio del danneggiamento al variare del numero di cicli. Al classico parametro caratteristico utilizzato per monitorare il danneggiamento a fatica quale la temperatura, si è affiancata la variazione di fase indice di un comportamento plastico del materiale e della mancanza delle condizioni adiabatiche. I dati termoelastici ed in particolare il segnale di fase può quindi essere usato per valutare il limite di fatica nei giunti saldati con un rapporto segnale/rumore molto più alto e una fase di processing dei dati più semplice rispetto all’utilizzo della temperatura. Il metodo proposto può essere effettivamente usato per monitorare le strutture reali saldate in quanto le prove hanno mostrato che la differenza tra fronte e retro del provino non è significativa, inoltre, la variazione di fase avviene in modo repentino appena viene superato il limite di fatica ed è semplice monitorare i dati termoelastici ogni 20-30 secondi. Bibliografia [1] Maldague, X. P. V. (2001) Theory and practice of infrared technology of non-destructive testing,

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Brevi cenni biografici sull’autore

Umberto GALIETTI, laureato in Ingegneria meccanica nel 1993 presso la Facoltà di ingegneria del Politecnico di Bari, dottore di ricerca in Progetto e Costruzione di macchine nel 1997 presso l'Università degli studi di Firenze, Ricercatore Universitario nell'aprile 1999 presso la Facoltà di ingegneria del Politecnico di Bari, Professore Associato nel novembre 2002 presso la Facoltà di ingegneria del Politecnico di Bari. Socio fondatore e presidente della società Spin-Off del Politecnico di Bari, Diagnostic Engineering Solutions s.r.l., nata nel Novembre 2010.

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