Urbania Jeans

4
Lungo la strada statle 73 bis si alternano le aziende con nomi che richiamano al tessile. In quella che era “La valle del jeans”, però, sono rimasti solo i cervelli delle ditte, mentre la produzione è stata spostata all’estero. E solo nell’ultimo anno alle liste di mobilità del comune si sono iscritti in 104, 83 del settore mani- fatturiero. pagina 2 Incubo disoccupazione nell’Eden del denim L’inchiesta a Urbania Ogni giorno partivano 40.000 paia di jeans con i cartellini dei marchi italiani più importanti: Pop 84, Carrera, Jesus. Erano gli anni ‘80. Oggi la produzione è stata spostata all’estero e di manodope- ra locale c’è sempre meno bisogno. Storia di un distretto industriale nato negli anni ‘50 per idea di un prete. a pagina 4 Quel prete che cuciva i pantaloni per ‘Jesus’ La storia Come un metro denim che costa 5 euro diventa un jeans da 200. Il passaggio chiave è in lavanderia: è lì che si decide- rà il valore finale del pantalone. E per le produzioni più a buon mercato, c’è una trasferta in Romania dove però avviene solo il taglio. L’unica operazione rima- sta in terra urbanese è lo stiro. a pagina 6 Cinque euro di stoffa in negozio sono 200 Il percorso il Ducato totale.qxp 26/03/2010 16.48 Pagina 1

Transcript of Urbania Jeans

Page 1: Urbania Jeans

Lungo la strada statle 73 bis si alternanole aziende con nomi che richiamano altessile. In quella che era “La valle deljeans”, però, sono rimasti solo i cervellidelle ditte, mentre la produzione è stataspostata all’estero. E solo nell’ultimoanno alle liste di mobilità del comune sisono iscritti in 104, 83 del settore mani-fatturiero.

pagina 2

Incubo disoccupazionenell’Eden del denim

L’inchiesta a Urbania

Ogni giorno partivano 40.000 paia dijeans con i cartellini dei marchi italianipiù importanti: Pop 84, Carrera, Jesus.Erano gli anni ‘80. Oggi la produzione è stata spostata all’estero e di manodope-ra locale c’è sempre meno bisogno.Storia di un distretto industriale natonegli anni ‘50 per idea di un prete.

a pagina 4

Quel prete che cucivai pantaloni per ‘Jesus’

La storia

Come un metro denim che costa 5 eurodiventa un jeans da 200. Il passaggiochiave è in lavanderia: è lì che si decide-rà il valore finale del pantalone. E per leproduzioni più a buon mercato, c’è unatrasferta in Romania dove però avvienesolo il taglio. L’unica operazione rima-sta in terra urbanese è lo stiro.

a pagina 6

Cinque euro di stoffain negozio sono 200

Il percorso

il Ducato

totale.qxp 26/03/2010 16.48 Pagina 1

Page 2: Urbania Jeans

il Ducato

2 3

DOSSIER

Così la crisi fa le scarpealla capitale del pantalone

Intere generazioni di urbanesi sono cresciute lavorando il denim

Tra fabbriche in fallimento e operai cassaintegrati. Viaggio nella ex “Valle del jeans”

Il glossario

Garantisce al lavoratore un reddito sostitutivo. E’

richiesta dalle aziende in momentanea crisi di mercato

e può durare al massimo 13 settimane. Si percepisce

meno dell’80% dello stipendio che è a carico dell’Inps

Cassa integrazione

ordinaria

Può essere chiesta dalle aziende con più di 15 dipendenti

in casi di crisi particolarmente rilevante o sogetta a falli-

mento o in riconversione. Ha durata diversa in base ai casi

Cassa integrazione

straordinaria

E’ dove vengono inseriti i lavoratori licenziati da imprese

con oltre 15 dipendenti per cessazione, trasformazione

o riduzione di attività. La durata dell’iscrizione è in base

all’età del lavoratore (massimo 36 mesi)

Liste di mobilità

Tarcisio Galavottipasseggia calmo inquello che è ancorail suo studio. Si af-faccia dalla fine-stra e vede le mac-

chine passare lungo la statale73 bis. E' la strada che collegaUrbania a Sant'Angelo in Vadoe Mercatello sul Metauro, pae-si che un tempo formavano la"Valle del jeans". Galavotti non si siede quasimai mentre rac-conta gli episodiche hanno por-tato lui e il suosocio, Alessan-dro Giuliani, achiedere lo statodi liquidazionecon concordatopreventivo sullaconcessione deibeni della loroazienda, la Ita-lian Fashion."Ci sono due ca-tegorie di im-prenditori: una investe sulla'casa', cioè sull'arricchimentopersonale, l'altra sull'aziendaper farla crescere e svilupparesempre di più. Io e il mio sociofacciamo parte di questa se-conda categoria e abbiamo in-vestito molto nella nostra so-cietà", dice con voce tranquil-

la.Secondo il Cerved Group, so-cietà che valuta la solvibilità diimprese e persone, da gennaioa settembre 2009 in Italia sonostate 664 le aziende che sonostate costrette a chiedere lostesso tipo di fallimento dellaItalian Fashion; il settore piùcolpito è quello manifatturierodato che 53% di questi falli-menti ha riguardato impresetessili. In questa classifica nonproprio lusinghiera, le Marche

sono la quartaregione, con 70richieste. Sem-pre secondo ilCerved, nel solotrimestre ago-sto-settembre inItalia sono statea p e r t e 1 . 7 3 5procedure falli-mentari.La ditta di Gala-votti e Giuliani,era nata nel 1984ad Acqualagnaper commercia-

lizzare jeans. L'anno dopo si ètrasferita ad Urbania e nel 2002ha raggiunto il fatturato recorddi 23 milioni di euro, 11 deiquali grazie a Maggie, il mar-chio che aveva in licenza. Era ilmomento più florido dell'a-zienda che contava 65 dipen-denti. L'anno prima era stata

presa la decisione di fare un in-vestimento importante comela costruzione della sede in cuisi trova attualmente lo studiodi Galavotti: 1.500 metri quadridi uffici con unafacciata che ri-chiama le strut-ture delle indu-s t r i e i n g l e s idell''800 e congli interni inmattoncini ros-si. Costo: 5 mi-lioni di euro.Proprio per laspesa fatta per lastruttura, i duetitolari hannoricevuto il pre-mio per la "valo-rizzazione dell'entroterra"dalla Confindustria provincia-le. Poi la discesa. Nel 2006 i dipen-denti erano diventati 40 e il fat-turato dimezzato. "Alcuni in-vestimenti forse li abbiamosbagliati, ma se ci troviamo inquesta situazione è perchè noneravamo più competitivi suicosti. E per fortuna che aveva-mo due marchi in licenza, altri-menti molto probabilmenteavremmo chiuso prima", diceGalavotti. "Io e il mio socio ab-biamo chiesto un tipo partico-lare di fallimento perchè èquello che consente di garanti-re al massimo i creditori. Ioquando esco per Urbania vo-glio camminare a testa alta. Enon si pensi che per un im-prenditore sia facile prenderequesta decisione, ma non ave-vamo più altra scelta. E le ban-che non ci hanno aiutato". Ora qui arriverà una multina-zionale indiana e questo di-venterà il loro showroom e se-de di rappresentanza. Nonavranno bisogno dei 17.500metri quadri di capannoni in-dustriali pieni di macchinariche saranno ceduti per pagarei debiti. La produzione infattirimarrà in Egitto.Egitto e nord Africa sono l'ulti-ma frontiera delle delocalizza-zioni. Prima si andava in Ro-mania, ma ora comincia ad es-sere poco conveniente portarela produzione lì dopo che Bu-carest è entrata nell'UnioneEuropea. Nel corso degli anniinfatti da Urbania gran partedella produzione è stata spo-stata e ora non stanno che ri-manendo facciate di uffici, al-cuni anche progettate da ar-chitetti importanti. Ad Urba-nia c'è il cervello delle aziende,le braccia sono altrove. Per questo probabilmente Ga-lavotti verrà assunto dalla nuo-va proprietà. "Per la mia espe-rienza nel settore. Hanno biso-gno di figure professionali con

il profilo come il mio, Magaripiù avanti mi faranno farel'amministratore delegato",dice senza che nella voce sisenta il disturbo di passare dal-

la situazione diimprenditore aquella di impie-gato-salariato,anche se di otti-mo livello. Oltre agli operaiimpiegati nellaconfezione deipantaloni, a vi-vere una situa-zione di crisi so-no anche tuttiquelli impegnatinell'indotto: sti-rerie, lavanderie

e ditte di trasporto. Poco più avanti rispetto la Ita-lian Fashion c'è la Stir Control,stireria con 24 anni di storia al-le spalle. "Qui una volta si lavo-rava tutto l'anno, oggi si va astagioni: da metà novembre afebbraio e da maggio a luglio",dice il titolare, Giovanni Dini. Isuoi dipendenti sono venti, maora a lavoro nel grande capan-none sono solo dieci. "Faccioesaurire le ferie che hanno inarretratato, poi scatta la cassaintegrazione a turno. Una set-timana uno, la settimana dopoun altro". A partire dal settem-bre 2009, nei mesi in cui si la-vora meno gli operai sono statiin cassa integrazione a gruppidi 5-6 alla volta.

E questa situazione non ri-guarda solo la Stir Control. LaLeontex è una lavanderia stori-ca di Peglio, comune subitofuori Urbania. Negli anni No-vanta aveva più di cento dipen-denti, tra amministrativi ed

operai e nel 1993 aveva un fat-turato di 18,6 miliardi di lire.Oggi le persone che ci lavoranosono diventate una quaranti-na. "L'anno scorso abbiamofatto 60-70 ore di cassaintegra-zione a testa e la nostra azien-da aveva esaurito quella ordi-naria", racconta Fausto Fala-sconi delegato sindacale Cisl."Nel 2009, 6-7 dipendenti sonostati messi in mobilità. Hannotutti tra i 40 e i 50 anni. Alcuninon hanno ritrovato lavoro, al-tri si, ma di questi non mi pareche qualcuno lo abbia ritrova-to nel tessile ", continua Fala-sconi.La musica non cambia se siascoltano le parole di AdelindaTorcolacci, anche lei delegataCisl, alla ditta Ganzo: “Noi sia-mo 45 operaie e una quindici-na di tecnici. L’anno scorso ab-biamo fatto tutti tre mesi dicassaintegrazione. E io, che la-

L’Italian

Fashion

fatturava

23 milioni

nel 2003

L’anno scorso

è fallita

Nel 2009

83 iscritti

su 104 alle

liste di

mobilità

urbanesi

erano tessili

I numeri del lavoro

Marche

Italia

2,3

milioni

113,2

milioni

13,4

milioni

578,1

milioni

3,6

milioni

109,8

milioni

9,2

milioni

339,9

milioni

5,9

milioni

223,1

milioni

Pesaro e Urbino 735

mila

4,8

milioni

23

mila

1,7

milioni

758

mila

Ore di cassa integrazione Ordinaria

2008 2009

Straordinaria

2008 2009

Totale

2008 2009

22,6

milioni

918,1

milioni

6,5

milioni

Urbania

Pesaro e Urbino

n.d

2.052

n.d

1.901

24

1.337

62

2.266

Iscritti

liste di mobilità2005 2006 2007 2008 2009

104

4.141

I dati nazionali sono dell’Inps; quelli provinciali e comunali della provincia di Pesaro e UrbinoScritto dal professor Augusto

Calzini nel 1995, è il libro gelosa-

mente

conservato da molti imprenditori e

abitanti urbanesi perchè racconta

la loro storia.

Contiene molte informazioni sul

distretto industriale del jeans, i

profili delle industrie e dei loro

creatori.

Il testo è in italiano, ma riporta la

traduzione in inglese nelle pagine

a fronte.

IL LIBRO

voro part-time, sono andataavanti con uno stipendio di 550euro. E’ normale che la primaspesa su cui si taglia è il super-fluo. Ma io non voglio nemme-no lamentarmi, anche perchèso che ci sono situazioni peg-giori della mia. La mia aziendaaveva assicurato me e le miecolleghe che saremmo tornatia lavoro e per fortuna così è sta-to. Per quanto riguarda que-st’anno, era stata nuovamenterichiesta la cassaintegrazione,ma per ora siamo riusciti adevitarla”.

I lavoratori che perdono il po-sto si iscrivono alle liste di mo-bilità. E così hanno fatto anchequelli della Leontex. Ma nonsono stati i soli. Nel solo comu-ne di Urbania nel 2009 ci sonostate 104 iscrizioni, di cui 83provenienti proprio dal settoremanifatturiero. Nel 2008 eranostate 62 e l'anno prima solo 24. Ancora peggiore è la situazionese si guardano le ore di cassaintegrazione. Quelle fatte daglioperai della Stir Control, dellaGanzo e da quelli della Leontexvanno a sommarsi a un mare di

ore che hanno interessato i la-voratori di tutte le Marche, masoprattutto della provincia diPesaro-Urbino. Nessun'altroterritorio ha visto un aumentocosì forte di questo ammortiz-zatore sociale. Secondo la Con-findustria provinciale a Pesa-ro-Urbino tra il 2008 e il 2009 leore di cassaintegrazione,straordinaria e ordinaria, sonopassate da 758.121 a 6.533.538.In percentuale il balzo è statodel 761%. Nello stesso periodoin Italia l'aumento è stato me-no del doppio, cioè del 311% e

nella Marche del 283%."Speriamo - dice Falasconi -che la situazione migliori. Dal-l'inizio dell'anno abbiamo fat-to solo poche ore di cassa inte-grazione e per quanto riguardala mia ditta è arrivata una nuo-va commessa che per il mo-mento ci fa respirare"."Se negli anni- dice Galavotti -fossimo stati capaci di creareun consorzio con un marchioproprio oggi non saremmo inquesta situazione. Dovevamoformare un'unione tra im-prenditori, ma non lo abbiamo

fatto. Potevamo chiamarlo "Lavalle del jeans" e sono sicuroche molti grandi marchi avreb-bero inserito nella propria col-lezione uno o due capi che ve-nivano da questa zona. Qui pe-rò siamo abituati a guardaretutti al proprio orticello e inpochi hanno la cultura delmarchio". Mentre dice queste parole, Tar-cisio Galavotti è ancora alla fi-nestra del suo studio, guardafuori a vedere quello che ci sa-rebbe potuto essere e invecenon c'è.

A destra, la sede della Italian

Fashion. L’azienda è fallita ed è

stata acquisita da una

multinazionale indiana.

Sopra, la porta chiusa dell’outlet

totale.qxp 26/03/2010 16.48 Pagina 2

Page 3: Urbania Jeans

il Ducato

4 5

DOSSIER

metaforicamente. Ha lavoratopresso diverse aziende, ha gira-to in macchina l'Italia per par-tecipare alle contrattazioni na-zionali con l'associazione dellepiccole e medie imprese deltessile e per questo si definisce"il sindacalista delle aziende".Oggi, dal suo studio di consu-lente del lavoro, torna indietrocon la mente per raccontaredegli anni passati, quando era

collaboratore delmaggiore prota-gonista di questav i c e n d a , d o nCorrado appun-to. "Questo è unterritorio che vi-ve di mode. Seuno fa una cosapoi molti lo se-guono. Era avve-nuto già prece-dentemente conl ' a l l e v a m e n t od e l l e g a l l i n eovaiole. Poi ven-

ne la fase dell'industria". Così icapannoni che fino a quel mo-mento erano stati pieni di galli-ne ruspanti, ora vengono occu-pati da macchine per cucire. Nulla sarebbe iniziato, però,senza don Corrado. Chi lo haconosciuto dice di lui che eraunprete sui generis. "Era unmanager - racconta Igino Silve-stri che ha lavorato per moltianni con lui - e quando dicevamessa non faceva la predica.Ma quando eravamo in giro sifermava spesso per pregare.Col fatto che eradelegato per lacontrattazionesindacale dellaU n i o n t e s s i l ev i a g g i a v a m omolto insieme.Guidava semprelui e non si sape-va mai quando sitornava a casa.La madre i primitempi si preoc-cupava, ma poiha smesso. Anzig l i s e m b r a v astrano quando quelle pochevolte che è accaduto, ha visto ilfiglio tornare alle 19.00", rac-conta Igino. Negli anni è appar-so un articolo su di lui pure sulsettimanale inglese "Time".Per un periodo Don Corrado,morto poi nel 1991, produsse ijeans anche per il marchio "Je-sus", così spesso si sentiva direche era "il prete che faceva ipantaloni a Gesù"."All'inizio la produzione ri-guardava abiti e non jeans. Lalavorazione del denim arrivò in

Questa è una storiacon un nome, uncognome e una da-ta. Il nome è quellodi don Corrado Ca-tani, prete sui gene-

ris e con una doppia vocazione:quella ecclesiale e quella im-prenditoriale. La data è il '56con la guerra alle spalle e in pie-no piano Marshall.

Don Corrado, laureato alla"Scuola Canto-rum" del Vatica-no, tornò a Ur-bania da Romacon l'incarico dioccuparsi del-l 'amministra-zione dei beniecclesiastici. Di-ventò esperto inmateria fiscale eamministrativae per queste suec o m p e t e n z evenne inviato aModena dovec'era un convento di suore indifficoltà. Erano gli anni '50, laguerra era finita da poco e inItalia si parlava del segretariodi stato americano GeorgeMarshall. Il governo statuni-tense infatti aveva studiato unpiano per aiutare i paesi euro-pei appena usciti dal conflittomondiale. Anche in Italia quin-di si imparò presto cosa signifi-casse il suo nome: finanzia-menti economici per la ripresaeconomica del Paese. Proprio grazie a questi soldi il

convento femminile modene-se aveva comprato delle mac-chine elettriche per cucire abi-ti per gli orfani. Il sistema chereggeva il convento venne peròmesso in crisi da un funziona-rio statale che contestò delle ir-regolarità fiscali. Il Vaticanomandò don Corrado che du-rante la sua visita notò le mac-chine industriali, così diverseda quelle che proprio lui avevamesso a disposizione delledonne urbanesi per conto del-l'Opera Diocesana Assistenza.Erano vedove di guerra o condifficoltà di sussistenza a cuidon Corrado aveva fornitomacchine per cucire a mano-vella o a pedale. Perché quelle macchine non

potevano essere usate anche aUrbania? Così la prima mac-china 'moderna' arrivò nel-l'antica Casteldurante. Era il1956 e, sempre grazie a donCorrado, arrivarono le com-messe e si cominciò a lavorare. Renzo de Angeli ha attraversa-to la storia di del distretto indu-striale di Urbania, non solo

pena avremmo accumulato 3-4.000 euro faremo iniziative di-verse, come borse lavoro percassaintegrati o disoccupati".Per questa volta hanno parteci-pato solo la giunta e gli assesso-ri, ma nel futuro anche aziendeo singoli cittadini potrebberocontribuire a formare un buongruzzolo: "Manderemo dellelettere agli istituti di credito,agli esercizi commerciali, alleimprese per fare in modo chequesta iniziativa sia presa sem-pre più sul serio". A chiedere un aiuto al Comunesono state spesso famiglie mo-noreddito, o in cui entrambi iconiugi si sono trovati senza la-voro oppure famiglie numero-se. "Molte persone che in questianni hanno perso il lavoro e sisono trovate in difficoltà sonooperai che lavoravano nel tessi-le". Proprio da questo settore pro-vengono molte richieste: "Lacrisi non è ancora finita. La Pro-vincia e la Regione aiutano eagevolano la creazione d'im-prese, però si fa fatica soprat-tutto in una piccola realtà, doveè ancora più faticoso". Il settoretessile non è più quello di unavolta ed è difficle individuarneuno nuovo per rilanciare l’eco-nomia urbanese. Per ora ci pen-sano gli assessori.

"Ad Urbaniagli ammi-nistratorid a n n ol ' e s e m -p i o " .

Queste parole sul sito internetdell'amministrazione annun-ciano l'iniziativa del Comuneper aiutare i lavoratori in diffi-coltà. Gli stipendi, o meglio i gettonidi presenza, degli assessori edel presidente del consiglio so-no finiti dritti in un fondo peraiutare le persone disagiate.Anche i consiglieri hanno con-tribuito, ma solo quelli di mag-gioranza. "A Natale avevamoraccolto 6.000 euro e abbiamoindetto il bando a cui hanno ri-sposto 36 famiglie con l’Isee,l’indicatore della situazioneeconomica equivalente, pari oinferiore a 9.000 euro. Siamo ri-usciti a soddisfare tutte le ri-chieste consegnando buonispesa con valori variabili tra i100 e i 200 euro". Loretta Car-nevali, assessore alle Politichesociali, racconta questa propo-sta: "E' una di quelle iniziativeconcrete che avevamo promes-so in campagna elettorale percombattere la crisi e l'abbiamomantenuta. Ad oggi il fondo èesaurito, ma rimane attivo. Ap-

un secondo momento, intornoalla metà degli anni '70", ricor-da De Angeli. Le prime indu-strie che nacquero erano faco-niste, vivevano cioè delle com-missioni che i grandi marchifacevano. Molti dei jeans Car-rera che poi andavano a finirenei negozi di tutta Italia parti-vano da Urbania. E con l'arrivodelle grandi commissioni, in-torno alle produzioni del pan-talone fiorì l'indotto. Stireriesoprattutto, ma anche lavan-derie e ditte di trasporto. Gene-razioni di urbanesi hanno por-tato a casa il doppio stipendio,moglie e marito, grazie al lavo-ro sul jeans o intorno ad esso.Da qui sono partite molte inno-

vazione sui pro-cessi di lavora-zione. Il denim èun tessuto 'duro'e prima di tra-s f o r m a r s i i npantalone ha bi-sogno di esserelavato e ammor-bidito. E a Urba-nia hanno co-minciato a farlo el ' h a n n o f a t t omeglio di altri.Per queste ope-razioni venivanousate grandi la-

vatrici, asciugatrici ed essica-toi dove venivano messi i pan-taloni ancora piegati. Perquanto fossero grandi questimacchinari, i jeans rimaneva-no compressi e non si ammor-bidivano di molto. Da qui l'ideadi fare tutto più ampio in modoche i pantaloni quasi 'volasse-ro' dentro. I primi cesti delle la-vatrici vennero commissionatiin Germania, perché nessunoin Italia era in grado di farli."L'assemblatura dei pezzi in-

vece fu fatta da un meccanicodi una ditta di Urbania, laLeontex, così come la rivestitu-ra esterna fatta da un fabbrocon delle lamiere tagliate e uni-te con delle viti, in manieramolto artigianale. Infatti dopoquattro mesi di lavoro da fuorilo stabilimento si sentiva il ru-more, non per il motore o per ilcesto dentro, ma perché si sta-vano allentando le viti", rac-conta De Angeli. Con questa nuova lavorazionele commesse aumentarono."Nessuno - spiega De Angeli -faceva i jeans morbidi comenoi e senza le strisce che rima-nevano prima perché restava-no appiccicati". Intorno agli an-ni '90 le lavan-derie urbanesierano in gradodi eseguire 50diversi tipi di la-vorazione, al-cuni inventan-doli di sanapianta. Lo stonewash e la sab-biatura sonostate messe ap-punto in questavalle. "Si mette-vano a lavarecon delle vere eproprie pietre, spesso di pomi-ce, che sfregando sul tessutocreavano delle striature; la sab-biatura invece consiste nello"sparare" la sabbia con dellepistole ad aria compressa sulpantalone per creare delle sfu-mature marroncine", raccontaDe Angeli.Tra il 1984 e il 1985 da Urbaniapartivano 40.000 pezzi al gior-no, tutti di marchi importanti:Pop 84, El Charro, Trussardi esoprattutto Carrera. Proprio

l'importanza di questi com-mittenti, paradossalmente,negli anni si trasformò nelladebolezza del distretto. "Molteditte erano in balia delle com-messe, soprattutto di Carrerache aveva sempre il termome-tro della situazione grazie apersone di fiducia che riuscivaad inserire nei consigli d'am-ministrazione delle aziende lo-cali", ricorda De Angeli. Così molte ditte fecero unosforzo in più. Fornivano aiclienti il prodotto finito e in-scatolato. Questo già accedevaprecedentemente in realtà, masenza l'accuratezza che si cer-cava ora. Si era passati dal cari-care i tir di jeans imbustati, a

inscatolarli permodello, taglia econ l’etichetta sulpacco che indica-va la destinazionefinale. Nonostante l'im-pegno, il sistemaentrò in crisi: lac o m m i t t e n z aspesso era unam o n o c o m m i t -tenza e non erapiù redditizia. So-lo pochi impren-ditori sono riusci-ti a realizzare un

marchio proprio, come Jecker-son, ideato da Franco Stocchi. Il resto è storia di oggi con il tra-sferimento delle produzioniall'estero, in Romania soprat-tutto. E il sogno mancato dellarealizzazione di un consorziocheriunisse le aziende e cheavrebbe consentito di reagiremeglio ai periodi di crisi, comel'ultimo. "Anche don Corradoprovò a farlo - ricorda Igino Sil-vestri - e se non c'è riuscitolui…"

L’iniziativa messa in campo dal Comune

E l’assessore aiuta l’operaio

Di lui si dice

che aveva

una doppia

vocazione:

religiosa

e da

imprenditore

Stone wash e

sabbiatura

sono alcune

lavorazioni

ideate

in questa

valle

Il jeans sotto la tonacaIl personaggio Il pionere da cui tutto partì 54 anni fa

A sinistra, in

piccolo, una

foto di don

Corrado Catani

con alcune

donne

impegnate

nella cucitura

con macchine

elettriche; al

centro, un

grande

macchinario

per il lavaggio

dei jeans.

Le dimensioni

maggiori di

queste

macchine

furono

introdotte

nelle

aziende

urbanesi

Da Urbania

partivano

40.000 pezzi

al giorno per

marchi

nazionali e

internazionali

Don Corrado Catani è il prete

che ha portato a Urbania

la prima macchina tessille

industriale e da lì è iniziata

l’industrializzazione del territorio.

Tra alti e bassi

Storie made in UrbaniaI Jeckerson e la pubblicità dello scandalo

L'idea di un golfista, sponsorun dj, il coraggio, e i soldi, di un

imprenditore. Così è nato il mar-chio Jeckerson. L'intuizione ven-ne ad Alessandro Chionna suicampi da golf. I golfisti infattihanno bisogno di asciugare lemani per avere maggiore sensibi-lità. Da qui l'idea di mettere unatoppa in alcantara sulla cosciasenza perdere tempo nel cercarel'asciugamano nella borsa. Carlo,fratello di Alessandro e nel girodel tessile, arrivò ad Urbania percommissionare il modello alleditte produttrici. Senza ricevererisposte entusiastiche. Carlo in-fatti era un tipo stravagante, coicapelli lunghi, che faceva anche ildj e soprattutto senza una societàalle spalle che garantisse il paga-mento della commessa. Molti im-prenditori quindi rifiutarono laproposta. Inizialmente ancheFranco Stocchi, proprietario del-la Blue Line, che però ci ripensò.E così i due costituirono la Fas-hion Time. I jeans piacevano e isoldi entrarono. E arrivarono pu-re i litigi. Il binomio Stocchi-Chionna si ruppe. Per liquidare ilsocio, Stocchi valutò la metà delvalore del marchio 9,2 milioni dilire. Chionna accettò e fece un al-tro marchio che chiamò proprio9.2. Una beffa se si pensa che nel2007 il marchio ha fatturato 48 mi-lioni di euro. Nel maggio 2008Stocchi ha ceduto il brand a unfondo inglese, Stirling Square Ca-pital e Sirius Equity, per circa 140milioni di euro.

Per un periodo ad Urbania, enon solo, circolò una voce:

don Corrado faceva la pubblici-tà ai jeans Jesus. Lui li produce-va, certo, ma quella della promo-zione era tutto un equivoco. "Ungiorno don Corrado - raccontaRenzo de Angeli, che è statosuocollaboratore - partecipò a unatrasmissione televisiva su un'e-mittente francese. Il conduttore

gli chiese cosa pensasse del ma-nifesto che pubblicizzava il mo-dello Jesus corto indossato dauna ragazza a cui avevano foto-grafato solo il di dietro. Lui ri-spose che era un bel vedere. Al-cuni capirono che era un bel se-dere. E su questa battuta e sulfraintendimento si è creata lavoce che facesse la pubblicità".Oggi si direbbe pubblicità occul-ta , ma don Corrado non vide un

ALCUNI MARCHIPRODOTTI A URBANIA

CARRERANasce a metà degli anni ‘60

in provincia di Verona

TRUSSARDINasce a Bergamo nel 1911

come azienda di guanti

JECKERSONNasce a Urbania nel 1995

dal binomio Stocchi-Chionna

OriginiForse nati a Genovadove veniva esportatoun tipo di fustagno bluche serviva per le veledelle navi. Il termineinglese blue-jeansinfatti si pensa derividalla frase bleu deGêne (blu di Genova)

1850In America la comunità mineraria richiede un paio dipantaloni da lavoro resistenti e durevoli.

Anni ’50Arriva in Europa indossatodalle armate americanevincitrici del conflitto mondiale appena concluso.Il boom arriva con il cine-ma e il rock'n'roll che lifanno entrare nelle case

Anni ’60Diventa l'indumento della ribellione giovanile. Il '68 ele rivolte scelgono il blue jeans come uniforme

Anni '80La tendenza yuppie impone il jeans fir-mato. Nascono i marchi che segnerannole mode successive

Anni '90I modelli di jeans sono sempre piùnumerosi: “finto trasandato”, con appli-cazioni colorate di altri materiali, e dimodelli con inserti di pizzo e strass

LA STORIA IN TAPPE

totale.qxp 26/03/2010 16.48 Pagina 4

Page 4: Urbania Jeans

il Ducato

6

DOSSIER

Salve, sono un panta-lone. O meglio, so giàche 'da grande' lo sa-rò. Precisamente di-venterò uno di queipantaloni azzurri

con delle striature. So che michiameranno jeans. Per ora so-no lungo solo un metro e faccioparte di un rotolone di denimstipato dentro un grande ma-gazzino della zona industrialedi Fermignano. Insieme a me cisono altri 6-700 mila metri ditessuto. Per ora il mio costo è li-mitato. Si aggiraintorno ai 5-6euro. Per cresce-re non impiegot a n t o t e m p o.Due mesi circa esarò un bel pan-talone e il miovalore sarà circa30 volte maggio-re. E in questoperiodo avrò an-che la possibilitàdi viaggiare. Maandiamo in ordi-ne.Per ora me ne sto in uno stabi-limento a Fermignano insiemea tanti altri metri di denim. Ma-gari proprio in questo momen-to, mentre parlo con voi, uncliente è nella sede centraledell'azienda che mi possiedeper commissionare uno stockdi pantaloni di cui farò parte.Non so se il cliente è arrivatoqui in provincia di Pesaro-Ur-bino già con un'idea precisadel taglio e del modello oppurechiederà all'azienda di stu-diarne uno per conto suo. Io in-tanto devo superare dei test diroutine e aspettare cosa vor-ranno fare di me. Se il cliente mi vuole in tempirapidi andrò in Romania; se in-vece è disposto a spendere unpo' di più e avere un prodotto dimaggiore qualità resterò qui inItalia. Come faccio a crescerepiù rapidamente pur dovendoandare a 1850 km chilometri didistanza, vi starete chiedendo.Il tempo che impiego per anda-re e tornare viene recuperatograzie alla maggiore flessibilitàche il mondo del lavoro rume-no garantisce. Che io vada in

Romania ci sono il 50% dellepossibilità. Infatti, mediamen-te, la metà delle operazioni ditaglio avviene in Romania, l’al-tra in Italia. Se dovessi andarenella Terra di Dracula, quindiverrò solo tagliato. Per tutti noipiccoli metri, la cucitura inve-ce avviene ancora a Fermigna-no. Nel frattempo il mio valoresarà aumentato: le operazionidi taglio e cucito incidono per il20% su quello che sarà il mioprezzo finale. Poi per me ci sarà una delle

operazione piùimportanti e chedeciderà granparte del mio va-lore: il lavaggio.E' qui che si sta-bilirà se sarò unp a n t a l o n e d iqualità media,da indossare tut-ti i giorni o se sa-rò uno da mette-re in occasioni incui far fare unabella figura a chemi indossa.Pro-babilmente an-

drò in una lavanderia del cen-tro Italia, quasi sicuramente inCampania. Qui ad Urbania in-fatti la società cui appartengolavora solo con una lavanderia. Poi sarò stirato e questo avver-rà sicuramente qui ad Urbania.Un'operazione semplice cheinciderà per un altro 10% sulprezzo finale. Ed eccomi qui. Sono diventatoun bel pantalone. Se il mio è uncliente importante e mi mette-rà un cartellino molto cono-sciuto potrei arrivare a costareanche 200 euro o di più. Se sarònella media arriverò a 120-150euro. Fino a 4 anni fa, quandonon c'era la crisi di cui tutti par-lano, sarei potuto arrivare a co-stare anche 400. In tutto ciò, c'è anche il margi-ne di guadagno della societàche materialmente mi ha pro-dotto. Ma questo non ve lo dicoquant'è.Per ora sono qui e aspetto il mioturno. Prima poi arriverà e ma-gari arriverò in uno dei vostriarmadi. Arrivederci a presto,quindi.

“Vi dico come divento un jeans”Un metro di denim da cinque euro diventa un pantalone da 200 in sei operazioni

Si parte da un magazzino a Fermignano, si torna a Urbania dopo due mesi

A destra,

strati di

tessuto

denim

accatastati

“Sono un

pezzo

di stoffa

e forse

entrerò in

uno dei vostri

armadi”

Si parte da un rotolone di denim;

un metro di stoffa costa 5 euro

Il disegno del pantalone puà essere

fatto in azienda o può essere proposto

direttamente dal cliente committente

Il taglio è un’operazione semplice;

alcune aziende lo fanno all’estero per

risparmiare sul costo della manodopera

In lavanderia è il passaggio che incide

di più sul valore finale. Il lavaggio

influisce sul 50% del prezzo

Dopo le rifiniture il jeans è pronto.

Le ditte urbanesi si sono specializzate

nel fornire un prodotto già inscatolato

Arrivato in negozio il prezzo del

pantolone è lievitato. I modelli più

lavorati costano anche 200 euro

totale.qxp 26/03/2010 16.48 Pagina 6