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3/7/2016 Uomini che amano le donne (e che le sostengono)

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DI F IL IPPO P IVA

Uomini cheamano le donne

(e che lesostengono)

Donne e lavoro. Un binomio che si è certamente evoluto nelcorso degli ultimi decenni: le regole sociali che volevano lalavoratrice solo ed esclusivamente incastonata in ruoli ben

predefiniti, alle spalle di un capo o di un responsabile ovviamenteuomo, sono state via via smantellate. E così oggi troviamoeccezionali esempi di donne in carriera, ingegneri, dirigenti

d'azienda, addirittura astronaute.

“Di passi in avanti ne sono stati fatti tanti – commenta Simone Ovart,

presidente dell’agenzia dell’Onu Un Women, in prima linea nella lotta per la

parità dei sessi -, ma . Quando nelle

grandi compagnie si aprono posizioni di prestigio, molte volte le candidate

donne partono ancora in netto svantaggio, specialmente se giovani. Che cosa

si teme? La maternità, innanzitutto, che da noi viene ancora vissuta quasi

come un handicap. Ma il problema non è una prerogativa dell’Italia: basta

pensare che a livello europeo, a parità di livello e di incarichi, una

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non ci si può di certo accontentare



1�

Regista e sceneggiatore, tra le sueopere anche “Santa Maradona” e ilrecente campione d'incassi “Io che amosolo te”Le donne che lavorano nel cinema sono tante e celebri. Ma quello del regista sembra

ancora un lavoro principalmente per uomini.

In ambito artistico è sempre difficile generalizzare. Quando si guarda un film, magari

un bel film, non si può pensare assurdità come “ah, si vede che lo ha diretto una

donna”. Ogni regista ha la propria sensibilità, il proprio modo di esprimersi, e ridurre

tutto quanto a una semplice questione di sesso significa stereotipare, banalizzare,

credo anche mancare di rispetto. Per questo, per esempio, storco il naso quando sento

qualcuno dire che Kathryn Bigelow dirige come un maschiaccio. No, è sbagliato, lei

dirige come se stessa. In ogni caso è innegabile: in Italia, in particolare, il regista è

ancora prevalentemente uomo. Non saprei dire perché, forse si pensa ancora che chi

sta al comando debba essere un maschio, e penso che questa sia una fonte di grande

debolezza sociale. Le donne italiane sono molto in gamba, e dobbiamo trovare il modo

dipendente donna guadagna il 16% in meno del proprio collega uomo”. Le

discriminazioni di genere, insomma, continuano a essere un problema vivo,

anche se la mentalità collettiva e l’atteggiamento della società sono in rapida

evoluzione: sono sempre più frequenti i casi di mamme in carriera che

riescono a gestire alla perfezione famiglia e lavoro, molte volte anche grazie

all’aiuto e al sostegno del proprio partner. Già, perché di uomini che amano

le donne e che le vogliono forti, indipendenti e protagoniste – ma senza facili

buonismi, o sconti sessisti profondamente offensivi – ce ne sono tanti. E

spesso sono grandi professionisti pronti a condividere la scrivania, o a

duellare lealmente per un incarico, con le proprie colleghe. Ne abbiamo

intervistati alcuni, che ci hanno raccontato come procede il percorso verso la

completa uguaglianza di opportunità nei loro settori.

Contribuisci anche tu a promuovere la riduzione delle disuguaglianze di

genere. la campagna promossa dalle Nazioni Unite che

promuove la parità di genere.

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di valorizzarle, anche al cinema. Ci sono registe pazzesche, da Maria Sole Tognazzi a

Cristina Comencini, fino a Valeria Golino, che con la sua opera prima, Miele, ha fatto

un piccolo capolavoro.

Che cosa può regalare al mondo del cinema una maggiore apertura alle donne, anche

nel ruolo di registe?

Innanzitutto nuove sfaccettature. Sarebbe bello un cinema con più donne, ma anche

con più giovani e con più professionisti provenienti da culture diverse. Ecco, le

differenze fanno un gran bene al cinema. Per il resto, regia a parte, penso che servano

più ruoli femminili belli, più storie di donne da raccontare e da portare sul grande

schermo. L’appello, in questo caso, è rivolto anche a tutte le bravissime sceneggiatrici

che lavorano in questo campo.

2�

Architetto e ingegnere, direttore delMIT Senseable City Lab, fondatore dellostudio Carlo Ratti Associati di TorinoL’architettura, nel mondo e in particolar modo in Italia, è un settore che offre

possibilità concrete di sviluppo professionale anche alle donne?

Assolutamente! Anzi, io arriverei quasi a dire che l’architettura è donna. La

rivoluzione che porta l’uomo a costruire case e villaggi molte migliaia di anni fa –

all’inizio dell’era Neolitica – parte proprio dalla donna e dal suo ruolo chiave nella

società. Un grande studioso americano, Lewis Mumford, ha scritto che la forma dei

primi insediamenti umani, oltre 10,000 anni fa, è stata a tutti gli effetti determinata

dalle donne, a partire della necessità di creare “un nido collettivo nel quale proteggere

e far crescere i più piccoli”. Anche oggi, la professione dell’architetto ci impone un

confronto continuo con quelle antiche forme – per quanto, ovviamente, operando con

strumenti nuovi. L’osservazione della vita domestica rimane sempre il punto di

partenza per la progettazione degli spazi che abitiamo. Nei nostri uffici, senza fare

positive discrimination, abbiamo molte donne e cerchiamo sempre di creare team di

lavoro misti. Credo che la “diversità” faccia davvero la differenza in ogni attività di

gruppo. Anche quella tra uomo e donna. Senza contare che l’architettura oggi sta

cambiando, da molti punti di vista. Si tratta sempre di progettare interfacce che

consentano una relazione tra noi e l’ambiente che ci circonda. Ma questo ambiente è

oggi nuovo, ibrido, fatto allo stesso tempo di elementi materiali e di digitali: di bit e

atomi. In questa nuova fase, quello di cui c’è più bisogno è una sensibilità specifica,

legata all’interazione, per cui le donne sono molto portate.

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Quali sono le principali difficoltà che, secondo lei, bisogna ancora superare per

raggiungere la parità dei sessi in questo settore?

Forse le resistenze sono nel raccordo con il mondo della costruzione – ancora molto

machista. Quand’ero studente a Torino circolava una battuta, secondo la quale ogni

architetto sarebbe una figura ibrida, indecisa tra la mascolinità dell’ingegnere e la

femminilità dello stilista (il detto originale era più colorito…). Per il resto l’obiettivo è

sempre quello di avere delle idee valide, essere curiosi e voler cambiare lo stato delle

cose – in questo non ci sono differenze tra uomini e donne.

Ci sono donne architetto che l’hanno ispirata con il loro lavoro? Se sì, in che modo

hanno saputo rendere uniche le loro opere?

Moltissime. Mi piace l’irachena Zaha Hadid, che pure ha il carattere di un

maschiaccio (un mio ex studente portava ancora un bernoccolo in testa, causato a suo

dire da un oggetto contundete che lei gli scaraventò addosso in uno scatto d’ira).

Apprezzo molto Odile Decq, per la sua capacità di reinventare l’interazione con lo

spazio. E poi ci sono alcune straordinarie coppie, di vita o professionali: da Afra e

Tobia Scarpa, ad Aino Maria e Alvar Aalto (i vasi della prima sono iconici quanto le

opere del secondo), fino a Charlotte Perriand e Le Corbusier, con le loro

intramontabili “chaise longue”.

3�

Chef, due stelle Michelin per il suoristorante “Sadler” di Milano, e MorenoCedroni, chef, due stelle Michelin per ilsuo ristorante “La Madonnina delPescatore” di Senigallia (An)L’ambiente dell’alta cucina è maschilista?

Claudio Sadler: “No, assolutamente. Il maschilismo c’è dove manca la cultura. È vero

che la maggior parte degli chef è di sesso maschile, ma questo credo sia dovuto

principalmente al fatto che si tratta di un lavoro duro, che richiede moltissimi

sacrifici, in termini di fatica e di tempo. E che dunque richiede molti compromessi,

anche quando si tratta di famiglia e di tempo libero da dedicare ai propri figli.

Nonostante questo, però, le grandi chef donne ci sono e sono molto, molto brave. Basta

pensare a Rosanna Marziale, ad Annie Féolde, a Viviana Varese o a Luisa Valazza.

Professioniste incredibili.

Moreno Cedroni: “Se per alta cucina si intende la ristorazione di livello, basta

guardare quante donne meravigliose troviamo come sommelier, o come direttore di

sala, per renderci conto che non ci sono differenze di genere. Se invece si guarda solo

al ruolo dello chef, beh, allora sì, forse c’è ancora una maggioranza di uomini. Ma



questo perché fino a non molto tempo fa la donna era vincolata in casa, a prendersi

cura dei figli, a sbrigare le faccende. È sempre stata la regina della cucina, ma solo di

quella domestica. Ora invece tutto sta cambiando, anche noi uomini stiamo

imparando ad assumerci le nostre responsabilità per quanto riguarda la casa, e

dunque le donne possono dedicarsi anche ad attività molto impegnative dal punto di

vista del tempo richiesto. Come essere chef”.

Qual è il vero valore aggiunto che le donne possono portare in un contesto di alta

cucina?

C.S. : “Senza alcun dubbio il senso estetico per la composizione dei piatti e una grande

sensibilità nel gusto. Le donne sono spesso abilissime, e se sono guidate da una

grande passione, quella che porta a studiare, affrontare sacrifici e continuare a

sperimentare, possono raggiungere livelli altissimi”.

M.C. : “Le donne in cucina hanno un sacco di ottime qualità, possono portare

buongusto, originilità nelle creazioni dei vari piatti. E un certo occhio femminile che,

diciamolo, non guasta mai”.

4�

Presidente di Talent Garden, networkeuropeo di coworking specializzato ininnovazione digitaleIl settore della tecnologia è ancora un baluardo tipicamente maschile? No, ovviamente il numero di uomini è preponderante, ma le donne che scelgono di

seguire percorsi di studio in ambito STEM (Science, Technology, Engineering and

Mathematics) stanno crescendo. Noi ne abbiamo evidenza guardando al numero di

talenti “al femminile” che abitano i nostri campus e che lavorano nel campo

dell’innovazione e del digital. Sono molte anche le donne che partecipano ai nostri

corsi di formazione sulla tecnologia, come UX Design e Coding. Il quadro è molto

positivo.

Quali sono i pregiudizi che le donne devono ancora vincere per lavorare nel comparto

tecnologico? Parlare di pregiudizi li alimenta, è meglio focalizzarsi sulla creazione di

opportunità. Esistono oggi molte realtà dove le donne, possono trovare gli strumenti

per realizzare e far crescere i propri progetti. Quello che è importante è capire quali

sono le proprie passioni e trasformarle in lavoro.

Che cosa possono apportare le donne come valore aggiunto al comparto tecnologico?

Da un’analisi delle conversazioni sui social intorno al mondo delle startup risulta che

le donne sono molto attive su temi come project management, coding, Internet of



Things e sharing economy. Sicuramente ambiti che hanno un forte impatto sulla

tecnologia e sull’economia di oggi, e che in futuro acquisteranno sempre un maggiore

valore.

5�

Artista della luce, celebre per le sueinstallazioni e per le sue performancealla lavagna luminosaIl pittore, lo scultore, l’artista. L’arte è ancora una prerogativa degli uomini?

No, assolutamente, quello è un vecchio retaggio che è stato ormai superato da tempo.

C’è stato un momento della storia del Novecento in cui le donne si sentivano

particolarmente escluse da quello che era il panorama artistico, ma quello è un

capitolo chiuso. Oggi il mondo è pieno di bravissime artiste, anche nel mio campo delle

installazioni luminose. Mi viene in mente, per esempio, Jenny Holzer, che è

amatissima e assolutamente riconosciuta per il suo talento.

L’arte del futuro, insomma, vedrà sempre più protagoniste al femminile?

L’arte di uomini e donne dovrà continuare a viaggiare insieme. E soprattutto dovrà

essere sempre buona arte. Potrà risultare non immediatamente percepibile, magari

darà anche un po’ di fastidio, ma dovrà sempre invitare a pensare. Per il resto sarà

l’opera a parlare, e non il sesso di chi l’ha compiuta.

è la campagna promossa dalle Nazioni Unite e lanciata a settembre 2014

da Emma Watson in qualita’ di Ambasciatrice UN Women che promuove la parità di

genere.

È nata con l’obiettivo di sensibilizzare e coinvolgere un miliardo di uomini perché si

facciano promotori attivi della riduzione delle disuguaglianze di genere. La sfida è

ambiziosa. Per accelerare il raggiungimento degli obiettivi è nato il progetto IMPACT

10X10X10 che coinvolge 10 CEO di aziende multinazionali, 10 capi di stato, 10 presidi

di Università che s’impegnano a definire un piano di azioni concrete per consentire il

raggiungimento dell’uguaglianza di genere a livello globale.

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Filippo PivaClasse 1987. Ho lavorato in redazioni di tv, web e carta

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